Il Mosai K o i
Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: ilmosaiko @tiscali.it
Al via il concorso per le Scuole Secondarie di 1° e 2° grado
“Stupefacente è solo la nostra creatività”
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Anno 2 - n° 10 - ottobre 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)
Come nasce un artista Da una stanzetta d’asilo ai palcoscenici di tutta Europa
Ecco quanta testardaggine (e quanto talento) serve per diventare ballerini A cura di Mimma Franco Diego Brichese è un ragazzo di Castelnuovo Scrivia, cresciuto come tutti gli altri tra la scuola e la piazza, lontano dalle suggestioni artistiche della città e dalle seduzioni del palcoscenico, mai costretto dai genitori ad appassionarsi alla danza e mai introdotto negli ambienti giusti come succede ai figli d’arte. Anche la scintilla cascata tra le aule della scuola materna e la palestra di periferia, però, può trasformarsi in un incendio che brucia le tappe di una carriera professionale: Diego oggi vive in Olanda e lavora al fianco dei più noti professionisti. Scopriremo insieme come sia potuto succedere tutto questo e quali siano le doti che portano così lontano ascoltando dalla viva voce di Diego il racconto della sua avventura professionale, racconto che Diego, solitamente schivo e poco incline a farsi pubblicità, ha accettato di rilasciare alla redazione del Mosaiko per infondere coraggio e speranza a tutti i bambini e ragazzi che hanno un sogno nel cassetto.
Il bando del concorso a pagina 6
Carlotta Ruotolo ha realizzato il disegno del manifesto
Tutto nasce una sera di luglio, quando mia mamma mi obbliga ad andare a vedere il saggio di fine anno del corso di danza che mia sorella frequentava. Nella scuola erano tutte ragazze ad eccezione di un ragazzo mio amico e coetaneo; non so cosa mi successe, ma decisi che l’anno successivo anch’io sarei salito su quel palcoscenico per ballare. Iniziai così a conoscere la danza frequentando la palestra di Margherita Roda negli anni in cui Margherita aveva solo una stanza adibita a sala per la danza, nella vecchia scuola materna delle suore. Ricordo che la mia prima lezione di danza jazz fu un disastro: rimasi per tutto il tempo seduto in un angolo perché
mi vergognavo di iniziare la lezione. Fino a qualche mese prima l’attività sportiva che praticavo era il basket e ancor prima il calcio; improvvisamente mi trovavo a praticare un’attività fisica completamente diversa da quella esercitata fino ad allora. Frequentai la scuola di Margherita per vari anni durante i quali la danza assorbì sempre più le mie energie, fino a diventare fondamentale nella mia vita. Fu in quel periodo che mi accorsi che il mio sogno era cambiato, nel mio futuro non c’erano più né computer né programmazione, materie che studiavo a scuola, rimaneva solo la voglia insopprimibile di diventare un ballerino. L’occasione che diede svolta alla mia vita mi giunse con la partecipazione a “Vignale Danza”: fu in quell’occasione
che quasi per gioco, frequentando le lezioni di danza contemporanea e jazz, per le quali avevo vinto la borsa di studio, chiesi di frequentare le lezioni di danza classica nelle quali venivano selezionati i ragazzi e le ragazze per accedere alla celebre Accademia del Teatro Nuovo di Torino, il grande regno della Danza. I miei genitori non sapevano niente di quello che mi frullava in testa e delle mie aspirazioni di ballerino, fino a quando mi presentai un giorno dicendo loro che volevo andare a Torino a studiare “danza” perché avevo “passato” l’audizione (in gergo “passare” significa che ce l’hai fatta, che hai superato la selezione). Miravo in alto, e chiedere al-
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Diego Brichese
Perché gli inglesi guidano a sinistra e tappezzano di moquette la cucina?
Culture incomprensibili e incomprensioni culturali
pag.3
Tutte quelle cose che facciamo diversamente e un po’ ci fanno diversi
pag.4 Silvia Pareti (“inviata” in Gran Bretagna)
I disegni proibiti di Klimt a Pavia GLI EVENTI CULTURALI , TRA COMPROMESSO E PASSIONE di Elisa Pareti Nel labirinto mentale di chi uccide CRIMINE A CASTELNUOVO di Marta Lamanuzzi
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ogliamo parlare delle differenze tra culture? E parliamone insomma, non sono mica un tabù. Immersa in questa società stratificata, multietnica e culturalmente anche più che eterogenea non potevo fare a meno di notarle. Sono la cosa più evidente in fondo, quella che attira l’occhio. Prima ancora di cercare di capirne il senso, prima di apprezzarne i meriti, ecco che le differenze gettano un’ombra improvvisa di dubbio sulle nostre certezze. Ci sono altri modi di fare le stesse cose allora! Bella scoperta direte, eppure è strano, e strano è certe volte cercare di capirne il senso. Guidare a destra per esempio sembra una legge universale, qualcosa di insindacabile e indiscutibile, nessun senso avrebbe il chiedersi perché o decidere di cambiare le cose; invece, invece si può benissimo guidare a sinistra e sarebbe in fondo proprio lo stesso. Ma abituarsi è tutt’altra cosa, quando attraversi e guardi dalla
segue a pag.4
pag.5
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Quando il volontariato accende gli affetti LAVORARE PER TELEFONO AZZURRO di Elisa Santi “Fabula” - Il racconto del Mosaiko S T R E G A di Livia Granata
PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7
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Come la mia famiglia di appoggiarmi non era semplice, penso che non sia stato facile per loro prendere la decisione di lasciarmi studiare danza classica andando per di più a vivere a Torino. Capirono subito che era quello che desideravo fare e che era importante per me provare. L’unica condizione che mia madre mi pose era che dovevo terminare gli studi intrapresi e conseguire la maturità. Per due anni frequentai l’Accademia di danza dalle 8 alle alle 13, e nel pomeriggio mi recavo dall’altra parte di Torino per frequentare una “scuola superiore” serale fino alle 23.00. Era faticosissimo: Accademia di giorno con prove fisiche estenuanti e alla sera lezioni scolastiche pur di tener fede alle mie aspirazioni e diventare un ballerino... Alla fine riuscii a diplomarmi e mi accorsi che uno dei grandi ostacoli era infine superato: oramai avevo più tempo per concen-
trarmi sulle mie lezioni di danza. La mia formazione tecnica come ballerino professionista incomincia quindi a Torino, quando inizio a studiare non solo danza classica, ma anche danza contemporanea, jazz, repertorio, passo a due, storia della danza e musica. La mia formazione direi che inizia abbastanza tardi, ma per fortuna le prime soddisfazioni si vedono subito, dopo il primo anno di Accademia la compagnia di danza Teatro Nuovo mi inserisce nel cast per una produzione e sorpresa grossa che mi capitò era che tutta la “compagnia” andava a fare spettacolo in Tunisia, quindi non solo ballavo con una compagnia importante e di professionisti, ma andavo anche in tournée all’estero. Fu un esperienza indimenticabile, avevo una piccola parte
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nasce
decisamente marginale, ma ero al settimo cielo. Pian piano negli anni che seguirono il Direttore artistico della Compagnia del Teatro Nuovo mi inseriva sempre di più nelle produzioni fino ad offrirmi, una volta finita l’Accademia, un contratto come ballerino. Rimasi a Torino fino al 2000, il repertorio mi piaceva, e ormai ballare era diventato la mia professione, la mia nuova vita, il mio futuro, come qualsiasi altro lavoro. Il mio destino era stato segnato, ora dovevo solo acquisire professionalità e man mano che il tempo passava diventavo sempre più utile all’intera Compagnia, ballavo sempre di più e a volte mi capitava di fare la parte da protagonista o avere comunque parti di rilievo. Volevo provare altre emozioni professionali, confrontarmi con altri colleghi, imparare altre tecniche, danzare sotto la direzione professionale di altri
coreografi, vivere la realtà di altri teatri; ne parlai anche con la mia piccola zia Rosy che mi disse semplicemente che era giunto il momento di iniziare a “volare con le mie ali”. Dopo aver fatto numerose audizioni in giro per l’Europa riuscii a trovare lavoro in una compagnia tedesca nella città di Gelsenkirchen (gli interisti dovrebbero conoscerla per lo Shalke 04 ). Le condizioni di lavoro a Torino, come un po’ in tutta Italia, per un ballerino non sono molto convenienti a livello contrattuale e quindi decisi di andare a lavorare in Germa-
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nia. L’inizio fu molto difficile, la mia vita cambiava completamente per la seconda volta e a peggiorare le cose fu anche il problema della comunicazione: non parlavo Inglese e nemmeno il Tedesco. Con moltissima fatica (e tanti mal di testa) imparai l’inglese, la mia vita ricominciava con altri cambiamenti, la mia nuova casetta (Torino era sempre un bel ricordo ma alle spalle) era un pò più accogliente al mio rientro e nel frattempo iniziavo anche ad avere qualche amicizia nell’ambito della nuova Compagnia. Gli anni passati in Germania, anche se non furono molti, mi aiutarono a conoscere il mondo della danza a livello internazionale, era la prima volta che avevo modo di lavorare al di fuori dell’Italia e mi resi conto delle mille differenze, sia a livello burocratico che artistico. Dopo circa due anni in Gelsenkirchen sentii la necessita’ di cambiare compagnia, così iniziai a fare altre audizioni e dopo vari tentativi trovai lavoro in INTRODANS. Iniziai a lavorare in INTRODANS nell’agosto del 2002 e tutt’ora sono uno dei loro ballerini. La mia carriera con l’arrivo in INTRODANS si è arricchita molto, ho avuto modo di lavorare con coreografi di fama internazionale e poter aggiungere nelle mie esperienze lavorative nomi come Hans van Manen, Nacho Duato, Nils Christe, Patrick Delcroix, Lindsay Kemp e molti altri. Mi reputo sempre un ragazzo fortunato, ho iniziato quasi per scherzo e ora mi trovo a lavorare in una Compagnia di altissimo livello professionale. Il lavoro in INTRODANS è abbastanza pesante soprattutto per il fisico, gli spettacoli du-
un
artista
segue dalla prima
rante una stagione sono più o gente che mi ha sempre visto particolare va alla mia famimeno 100, e se aggiungiamo fino ai miei 18 anni, le perso- glia, i miei zii e zie, nonni e che la maggior parte delle vol- ne, gli amici con i quali quasi cugini ... tra tutti un abbracte dobbiamo viaggiare in auto- ogni giorno scambiavo quattro cio speciale a mia zia Rosy. bus da una città all’altra il rit- c h i a c c h i e r e , mo si fa parecchio stancante, sentire come ma questa è la mia vita, la vi- stanno e riscota che ho sempre sognato e prirsi, tenersi che giorno dopo giorno mi fa in contatto diventare sempre più consape- nonostante la vole dell’uomo che sono di- l o n t a n a n z a , ventato accumulando un note- perché quando vole bagaglio di esperienze si coltivano professionali e umane da do- valori autentinare, forse, un giorno ad altri. ci né il tempo I miei genitori in tutto questo né i chilometri sono stati e sono tutt’ora una possono speparte fondamentale della mia gnere la fiamcarriera. Quando ballavo a To- ma. rino mi venivano quasi sempre Approfitto di a vedere, anche se avevano questa opporgià visto lo spettacolo tante tunità per savolte; ora la situazione è un lutare tutti, po’ diversa, la distanza è mol- ringraziare anta, ma so che sono sempre vi- che coloro che cino a me. con una parola Se guardo a tutte le vicende o con un sorriche mi hanno trasformato in so mi sono ciò che sono oggi, mi accorgo sempre stati Davide Brichese sul palcoscenico che non ci sono solo momenti vicini. (a sinistra nelle foto) belli e soddisfazioni, ma anche Un pensiero momenti difficili e purtroppo molte delusioni. Devo dire, però, che dalle situazioni critiche che ho vissuto sono riuscito ad estrapolare sempre la parte positiva, Giochi gonfiabili da interno o esterno... cercando ogni volta di supeper le feste dei vostri bambini rare gli ostacoli e di resistere come un mulo testardo per raggiungere la meta e diventando così ogni giorno più forte. Spesso penso a Castelnuovo Scrivia, per me tutto è rimasto come era quando l’ho lasciato anche se ogni volta INFO e che torno a casa noto i camPRENOTAZIONI biamenti. Quando sono a casa cerco di godermi ogni momento che trascorro nel “mio” paese, dall’orchestra con la formula self-service che suona in piazza il sabarisparmi sulle spese di trasporto to sera alla festa medioevale. w w w . d o c t o r g r e e n . i t E’ bellissimo essere lì, tra la
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disegni
proibiti
di
Klimt
a
Pavia
G l i e v e n t i c u l t u ra l i , t ra c o m p r o m e s s o e p a s s i o n e Tu t t i i r e t r o s c e n a d e l l a m o s t r a e q u a l c h e u t i l e s u g g e r i m e n t o Elisa Pareti
E’
sempre la stessa storia… cambiano i luoghi, gli eventi, i nomi dei potenti e quelli dei sognatori ma è sempre la stessa favola e raccontandola per l’ennesima volta ci sembra di illuminare un po’ di più la trama e l’ingranaggio della vita. Gli eventi culturali sono quasi sempre parti difficili, un complicato e spesso bellicoso rapportarsi con gli altri, una terra impraticabile nella quale l’unico sentiero che si delinea è quello del compromesso. Quando nasce un’idea il concepimento è sempre dei più puri, l'ispirazione vera beve alla fonte dell’immaginazione, senza pericolo di inquinamenti e di porcherie varie. Crescendo è un’altra storia, è un aborto continuo di sogni, progetti, iniziative, pochissimi sopravvivono strappati all’ideatore, inglobando altre idee, cercando appoggi e sostentamento. Nato Mosaiko, è stata dura riuscirlo a crescere solo con il nostro entusiasmo, senza contributi esterni e con serie difficoltà a rientrare nelle spese o trovare qualche pubblicità. Ma così si è mantenuto libero, impegnato nel sociale, un mondo felice per esprimersi e confrontarsi. Eppure, quando servono i soldi, bisogna cercare l’appoggio delle istituzioni, degli enti e delle persone potenti. Questa forma di mecenatismo antico
Gustav Klimt, Le sirene II Olio su tela - 1904/07
dove la redazione del Mosaiko presentò un progetto poco dispendioso e nel quale tutti i giovani potessero partecipare attivamente. Un’idea semplice ma pratica e con quel tocco rivoluzionario che permise di vincere il concorso toscano. La novità non è insita tanto nel progetto quanto nel ribaltamento dei consueti meccanismi. Intanto, come in Mosaiko, sono i giovani ad elaborare un piano per salvare se stessi e i propri coetanei dalle insidie della tossicodipendenza, non un intervento esterno di psicologi e dottori, e poi la volontà di combattere utilizzando il nostro linguaggio, quello delle mode giovanili e delle tecniche pubblicitarie ad effetto, che purtroppo chi vuol rovinarci conosce molto meglio di chi, con saggi consigli, ha sempre
Gustav Klimt, Le tre età della donna Olio su tela - 1905
come il mondo è da sempre l’unica fonte di sostentamento dei giornali e non solo. Soldi per pubblicità. Uno scambio equo ma impari nel quale chi ha il denaro ordina e chi ha le idee manda giù il rospo e spesso finisce col tradirle ed ubbidire. Ora siamo alle prese con l’organizzazione di un concorso per i ragazzi, un evento importante nato dalle riflessioni sui disagi giovanili e sulle tossicodipendenze, problematiche su cui il Mosaiko aveva avviato una difficile riflessione che è poi sfociata nell’organizzazione di una conferenza dedicata alle dipendenze patologiche. La conferenza a sua volta offrì lo spunto per partecipare a un concorse nazionale a Firenze,
cercato di metterci in guardia. Ora quest’idea ha bisogno di contributi e c’è chi si è dimostrato disposto ad accordarli. Consegnandola nelle mani dei nostri mecenati ci auguriamo che capiscano, e che ne salvaguardino l’essenza, la volontà dei giovani di comunicare in modo efficace con i loro coetanei, senza intermediari e nel modo più efficace possibile. Sarebbe bello premiare più ragazzi possibile, ovviamente secondo le età e le capacità di ognuno, così come un premio andrebbe sicuramente dato alle scuole che partecipano con il maggior numero di studenti, affinché questo concorso dimostri veramente la forza della partecipazione contro la droga. Se in tanti risponderan-
no all’appello sarà già per tutti una vittoria. Giornali, concorsi, mostre, tutti hanno a che fare con qualche tipo di compromesso. A Pavia dal 24/09/05 al 4/12/05 è ospitata al castello visconteo una mostra: Gustav Klimt disegni proibiti. Il titolo è sicuramente stuzzicante. In una stanza sono stati esposti 50 disegni di Klimt e in un’altra si può vedere un incisione del Pollaiolo. Un mio amico che ha visto la stessa mostra a Parigi mi ha detto che lì erano stati esposti circa 160 disegni, quadri di Klimt ed altre opere. E’ normale che a Pavia sia tutto più in piccolo, anche il gruppo che si occupa dell’organizzazione della mostra, l’ALEF di Pavia, è giovane e non ha molte possibilità. Klimt, aveva disegnato oltre 4000 fogli, schizzi preparatori per i suoi dipinti o prodotti per il proprio piacere, comunque realizzati per un uso personale e non in previsione di un’esposizione pubblica (e così fu finchè visse). I 50 disegni ospitati a Pavia, tracciati rapidamente dall’autore su carta da pacchi o carta giapponese lucida, vengono dalla collezione Sbarasky di New York che possiede un consistente nucleo grafico dell’artista. Sono raffigurate principalmente modelle nude, alcune in posizioni erotiche, alcune grasse, magre, incinte o con uomini al fianco. Niente di proibito anche se, dal punto di vista della vigilanza, in mostra andrebbero messi i volti dei visitatori. Davanti ai disegni nei quali si affacciano in primo piano le parti intime femminili la gente reagisce in mille modi, c’è quello che chiama l’amico al cellulare e gli fa un’analisi accurata dell’immagine, c’è quello che si copre subito la faccia per poi avvicinarsi sempre di più con imbarazzo ed un dissimulato interesse al vetro protettivo, c’è chi è totalmente indifferente e freddo e c’è quasi sempre una donna che dice “O mamma mia!” e tenta di spingere il suo uomo un po’ più avanti. L’imbarazzo forse può essere dato dal luogo formale che contrasta con la disponibilità sessuale delle modelle ritratte da Klimt, ma non aspettatevi una mostra pornografica. Vi racconto un aneddoto riportato da Arthur Roessler sul rapporto tra Klimt e le modelle che posavano nel suo atelier. Una volta una delle ragazze, Herma, che abitualmente po-
sava per Klimt non si fece più vedere e il pittore incuriosito da questa improvvisa assenza chiese ad una sua collega di informarsi sull’accaduto, temendo qualcosa di grave. Il giorno dopo la modella tornò e con aria trionfante dichiarò che Herma stava bene, fin troppo visto che era incinta. In quello stato si vergognava di andare all’atelier di Klimt. La modella gli raccontò con tono canzonatorio che la famiglia di Herma si trovava così senza nessuna rendita. Klimt sorridendo mandò a chiamare la futura mamma e le spiegò che poteva ancora continuare il suo lavoro e inoltre non doveva più preoccuparsi dei problemi finanziari perché ci avrebbe pensato lui. Alle belle arti insegnanti e modelle criticarono violentemente questa scelta. Questa storiella ricorda le qualità umane del pittore e la sua generosità nei confronti delle modelle e delle loro famiglie. Il corpo di Herma ispirò un capolavoro di Klimt “La speranza” del 19071908. I disegni non sono male, potete farvi un’idea sfogliando il catalogo esposto nella biglietteria della mostra, pensate che ognuno di questi disegni costa più di 58.000 €, la stanza nella quale sono contenuti è raffreddata con aria condizionata (poverine le ragazze che fanno vigilanza all’interno e passano cinque ore al freddo tutti i giorni!) e vi sono luci bassissime perché i disegni sono molto più delicati dei quadri. Se bisogna cercare qualcosa di proibito non lo si deve cercare nei disegni ma nei prezzi. Il biglietto d’entrata costa 7 €, vi posso suggerire di chiedere se avete diritto ad uno sconto ma difficilmente avrete l’elenco completo delle agevolazioni (per chi ha più di 65 anni e per chi ha delle tessere particolari), per cui se volete entrare chiedete il biglietto cumulativo della mostra di Klimt e del castello visconteo, almeno vi daranno un biglietto per la mostra a 5 € e se vorrete, dopo, presentandolo alla biglietteria del castello potrete vedere anche questo pagando 4 € invece che 8 €. Il giorno dell’inaugurazione il 23/09/05 non si pagava, ma l’ingresso era ad invito… le categorie prescelte erano i giornalisti, i vigili e le autorità. Un buffet (preparato dalle stagiste), visita guidata alla mostra e per chi voleva anche al castello, i motivi della bella accoglienza riservata a giornalisti ed autorità sono facilmente intuibili, per i vigili ci vuole uno sforzo di immaginazione in più. Il bookshop è pieno di gadget graziosi, bellini come regalini per Natale (anche se un po' cari), vanno a ruba gli ombrelli e i tarocchi, da notare che tutti gli oggetti ed i libri rappresentano le opere più famose di Klimt e non i disegni in mostra. Ciò che costa poco invece è proprio la manodopera, le ragazzine che sono state messe a lavorare, spesso cinque ore al giorno per due mesi e mezzo (compresi sabati e domeniche) e che al termine di questo “stage”, se non verranno mandate via strategicamente prima, riceveranno in tutto 400 €
o 1000 € (le più fortunate). Devono persino improvvisarsi guide quando occorre, e pensate che va bene se prendono 1 o 2 € all’ora mentre i visitatori per una visita guidata di 45 minuti pagano 80 €. Ma in tutta questa fiera commerciale ricordiamo che l’Italia è una museo a cielo aperto e seppur mai troppo pubblicizzate ci sono tante mostre gratuite (spesso anche all’estero l’arte è considerata un bene a disposizione di tutti), esposizioni e monumenti che attendono i loro visitatori poveri o ricchi che siano.
te, addirittura venivano offerte ai visitatori delle belle locandine in una e nell’altra un buono per sconti nei negozi o la possibilità di vedere altre mostre, musei o luoghi d’arte della città. Tutti uscivano più ricchi e più felici, con la bellezza impressa per sempre nelle loro menti. Ricordiamo infine le idee dello stesso Klimt che portarono ad una rottura con il Künstlerhaus (un’associazione che monopolizzava il panorama artistico viennese) e che insieme ai suoi seguaci sosteneva la necessità di sprovincializzare la vita ar-
Gustav Klimt, La speranza I Olio su tela - 1903
Porto come esempio due mostre del nostro territorio, gratuite e stupende… quella di “Morbelli e Barbino. Dalla poetica della natura all’impegno sociale.” ospitata nella Galleria Carlo Carrà di Palazzo Guasco dal 20 marzo al 13 giugno 2004, e a Tortona la mostra “Venezia prima della Biennale. La pittura veneta dall’unità d’Italia al 1895 nelle collezioni private”. Uscendo da quei corridoi e da quelle sale non ci si poteva sentire rapinati o delusi, entrambe erano mostre gratuite, ma molto organizza-
tistica viennese e di conferire alle mostre un carattere non commerciale. Eppure non si vive di utopie… ma di compromessi, e per ogni evento culturale troverete sempre le persone appassionate che daranno tutte se stesse per la riuscita dell’evento e quelle che investiranno i soldi e comanderanno. Per la riuscita dell’impresa servono tutte e due le componenti… è sempre la stessa storia e noi che soldi ne abbiamo pochi come al solito ci mettiamo l’entusiasmo.
4 Nel labirinto mentale di chi sopprime la vita
Crimine a Castelnuovo...
La difficile analisi dell’orrore Marta Lamanuzzi
conducibile a rigidi nòmoi (re- ne premeditato o non premegole). Il rossore di una perso- ditato, overkilling, assassino na irritata è identico a quello insicuro che spara o colpisce enerdì 21 ottobre alle di una timida, così come la le vittime più di quanto sia nenove e un quarto di sera stessa composizione chimica cessario per ucciderle, o unsono entrata nella sala accomuna le lacrime di gioia a derkilling assassino preciso ed Pessini di Castelnuovo, molti quelle di dolore. La vera psico- essenziale. Tra le attrezzature posti erano già occupati, mi logia oggi non si ferma alla ra- più moderne a disposizione sono seduta in prima fila e sozionalità, nella cui ricerca os- dei criminologi vi è uno struno stata letteralmente calamisessiva Marx riscontrava la cri- mento fotografico in grado di tata dalle parole dei relatori si dell’Occidente, ma cerca di immortalare tutto lo spazio Osvaldo Zacchetti, medico cogliere il carattere analogico che lo circonda, a 360°. Collivineurologo, e Piercarlo Collivi(aldilà della logica) delle emo- gnarelli passando in rassegna gnarelli, avvocato e criminolozioni. Infatti per formulare una altri celebri casi e illustrando go. I due Professori hanno buona perizia psichiatrica le per mezzo di diapositive agpuntato ciascuno il proprio ritabelle e i metodi nomotetici ghiaccianti immagini di prota(basati su re- gonisti di suicidio o omicidio, gole) non ba- soprattutto bambini, ha anastano, spesso lizzato ed esplicato gli studi e per capire un le osservazioni ad essi applicasoggetto è ti. Infine tre casi simili, tutti i n e c e s s a r i a crimini compiuti in famiglia da anche intui- giovani benestanti intorno ai zione sogget- 18 anni. 1975, Doretta Granetiva. Dopo ris uccide i genitori, nonni e il questa pano- fratellino di 13 anni insieme al ramica intro- fidanzato. 1990, Pietro Maso duttiva ricca uccide i genitori insieme agli di illustri rife- amici. 2002, Erika Denaro e rimenti il Pro- Omar Favaro uccidono madre Da sinistra: Piercarlo Collivignarelli e Osvaldo Zacchetti fessore ha e fratellino undicenne di lei. In poi focalizza- queste follie a deux c’è semflettore sullo stesso problema: to l’attenzione sull’atto crimi- pre una personalità forte e una il crimine. nale. Nel corso della storia la succube che inevitabilmente la Esordisce Zacchetti: “Dove sta criminologia ha fatto molti segue. Sconcertante il movenla coscienza di un criminale? progressi. Nel 1981, Pacciani, te: il denaro. Giunti alla magPerché uccide? Pazzia? Volontà il mostro di Firenze, due vitti- giore età, l’età dell’indipenomicida? Doppia personalità? me a sera alle quali asportava denza, questi giovani, essenSchizofrenia?”. Si tratta di rispettivamente il seno sinistro do stati sempre abituati ad qualcosa di concreto, di sciene il pene, non viene sottoposto una vita agiata e facile hanno tificamente dimostrabile, la ad alcuna perizia psichiatrica. cercato la via più facile per mente non è altro che il risulTale individuo presentava in- raggiungere l’autonomia ecotato dell’attività neuronale. Vi vece evidenti parafilie (dege- nomica: il patrimonio dei genisono zone della corteccia cerenerazioni del sesso) come vo- tori. brale, i lobi frontali, che fino yeurismo, feticismo, sadismo, Aldilà dell’interesse e dell’atpochi decenni anni fa erano risviluppatesi in lui dal momen- tualità delle tematiche affrontenute mute, prive di funzione to in cui aveva visto la sua fi- tate la conferenza mirava a inrilevante. Oggi invece sappiadanzata che mostrava il seno durci ad una maggiore attenmo che sono un’importante sinistro all’amante. All’epoca zione, a essere tutti un po’ psisede di comando e che lesioni vi erano o disfunzioni cellulari di quemeno tecste aree possono provocare fenologie e nomeni di doppia personalità minor tuo inerzia totale che può esplotela degli dere in raptus improvvisi. Gli indizi. La individui che riscontrano quecriminoloste patologie hanno atteggiagia è una menti “esagerati” e non riescoscienza no a prevedere le conseguenpluridiscize delle loro azioni, reagiscoplinare in no esclusivamente in rapporto cui conalle circostanze presenti, agli fluiscono stimoli immediati. sociologia, La parola passa a Collivignap s i c o l o - Da sinistra, in prima fila: Marta Lamanuzzi, il Sindaco di relli: “Porto il discorso sulle gia, tana- Castelnuovo Gianni Tagliani, il Tenente Cristiano Desideri nuvole. Le emozioni non sono tologia, in- (Com. CC Tortona), il M.llo Salvatore Fiorentino (Com. tangibili, la psicologia pertandagine chi- Staz. CC - Castelnuovo). to non è una scienza esatta, è mica e biouna semiscienza”. Spesso gli chimica, medicina legale. Il cologi poiché diversi elementi psicologi che compaiono in tesuo scopo è individuare l’of- come l’enuresi, la violenza levisione fanno divulgazione fender (esecutore del crimine), contro gli animali, la piromaspicciola, propongono una studiarlo ed elaborare un pos- nia e atteggiamenti insoliti ci psicologia semplicistica, acsibile percorso di rieducazio- permettono di individuare un cessibile a tutti. In realtà la ne. Vi sono numerose differen- soggetto tendenzialmente pepsukè (anima) umana non è riziazioni criminologiche: crimi- ricoloso.
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Culture incomprensibili e incomprensioni culturali segue dalla prima (Silvia Pareti)
parte sbagliata (a Londra lo hanno scritto per terra ad ogni attraversamento con tanto di frecce qual è la direzione corretta), aspetti l’autobus che va nella direzione opposta e per di più vuoi salirci dall’altra parte, e ti chiedi se anche da pedone sarebbe opportuno tenere la sinistra sul ciglio della strada (ovviamente sì) e quando incroci un altro pedone (e qui la questione è più controversa) per evitare lo scontro. Ma ci sono differenze più curiose alle quali la mia razionalità non trova risposta. Perché, tanto per fare un esempio, fanno così tanta informazione per gli incendi, prove di evacuazione, sistemi costosi di allarme e tre tipi di estintori e poi, incomprensibilmente ignorano i principi più elementari di sicurezza e costruiscono collegi dove tutto, ma proprio tutto è un appetitoso invito alle fiamme? Carta da parati, poltrone, legno ovunque e soprattutto moquette. Ma sorge spontanea una più inquietante domanda, perché diavolo tappezzano di moquette persino la cucina!?! Non vorrei sbagliarmi, ma credo che non sia facilmente pulibile e in cucina ci può finire sopra di tutto, briciole, liquidi e quant’altro. Ho pensato a lungo a questi interrogativi, avevo di meglio da fare, tanto per la cronaca, ma ero curiosa di capire. Beh, una spiegazione più o meno l’ho trovata. Questi inglesi adorano andare in giro scalzi, e se ci pensate la moquette e più tiepida e confortevole, così morbida, e non è nemmeno scivolosa. Sarà igienico? Certo che no, ma visto e considerato che a piedi nudi escono anche in strada, sinceramente non credo si pongano neppure la domanda. No, non si può certo dire che brillino per pulizia qui, e avendo docce e bagni in comune con ragazzi e ragazze dai 18 in su me ne rendo conto. Un’altra delle cose incomprensibili è il perché sia così difficile per loro cucinare la pasta, farla cuocere intendo, ma il tema cucina merita un capitolo a parte, vi racconterò le bizzarrie di cui sono testimone una prossima volta. Se volete immaginare una scenetta gustosa, ne ho una che vi sorprenderà. Immaginate di mandare lo stes-
so messaggio a due amici, un inglese e uno spagnolo. <Ci vediamo al pub dopo cena>. Ok, non siete stati molto precisi ma cosa pensate succederebbe? Beh, che verso le 22 circa, finito di cenare e di prepararvi, arriverete al pub dove l’inglese vi aspetta dalle 20, avendo finito di cenare alle 18.30, aspetterete fino alle 23.30 e proprio quando il pub chiude, sulla via del ritorno incontrerete lo spagnolo che si e’ seduto a tavola alle 22 e ora è pronto per uscire. Troppo tardi, l’inglese è già ubriaco ed è meglio portarlo a dormire, per lui la mattina è lunga, il pomeriggio non esiste perché finisce il pranzo alle 13 e alle 17 è già in cucina. Per lo spagnolo non esiste la mattina, ormai che è pronto vuole uscire e dalle sue parti tornare prima delle 4 assolutamente non esiste. Se va a ballare poi esce
lo dirvi che io sono quella col piumino e le nude sono le ragazze inglesi, ma non chiedetemi come mai. Abitudine? Pelle coriacea insensibile alla temperatura invernale? Non saprei dirlo con certezza, tanto più che a volte la contraddizione si somma nella stessa persona. Stivali di pelo e gonnellina estiva o maglione di lana e gambe nude. Fatto sta che se guardi fuori dalla finestra come è vestita la gente per capire che tempo fa, rischi di prendere una grande cantonata. Passiamo ora ai supermercati, che sono tutto fuorché un invito a comprare. Sfido io a fare una spesa come si deve con in mano il cestino da reggere (ma quanto è comodo il carrello da riempire all’inverosimile e che si spinge con un dito e magari, lo abbiamo fatto tutti, ci si può anche appoggiare e farsi regge-
dalla disco a mattina inoltrata, verso le 9 intendo, e se ancora non è stufo può continuare fino a fine mattinata con uno dei tanti locali che propongono “after”, ma se poi è proprio recidivo può consumare le ultime energie al “re-after” fino quasi alle 15. Tutte queste ore di divertimento non faranno male? Gli inglesi in disco ci vanno dalle 20 alle 2 e in Italia ci accontentiamo di ballare dall’una alle 5, non abbiamo il fisico per resistere 13 ore di fila. Adesso vi propongo un indovinello, anche questo frutto di esperienza di vita vissuta. Ci sono due ragazze, nello stesso posto, anche l’ora e il periodo dell’anno sono uguali, non cambia l’esposizione al sole, né al vento, niente. Eppure una indossa infradito, mini inguinale e canotta fashion, l’altra scarpe da ginnastica, pantaloni, piumino e sciarpa. Come si può spiegare? In effetti la soluzione non c’è, posso so-
re se la spesa si protrae per ore!). Non si può resistere col cestino in mano più di tanto e soprattutto quando è pieno…la spesa e’ finita. Non importa se hai comprato tutto o no. Altra differenza? Le prese della corrente, grosse, ingombranti, con i tre denti a formare un triangolo, una manna per il mercato degli adattatori, tanto più che si fondono con regolarità, sì, perché ovviamente anche il voltaggio è diverso. Perché noi beviamo l’acqua comprata e loro semplicemente aprono il rubinetto? O noi sappiamo qualcosa che loro non sanno… oppure, ci piace trattarci bene. Perché in tutta la città non ho ancora visto un bidone per il riciclaggio dei rifiuti? Oh, non sarà che gli italiani, così incivili e poco ecologici, si fanno battere dagli inglesi? Per terminare, la tastiera del computer: qui le tastiere le lettere accentate non le hanno, ma è anche vero che in inglese non esistono, quindi se leggete questo articolo con tutti (o quasi) gli accenti a posto è solo perché qualcuno ascolterà le proteste dei computer italiani e impaginerà in stile spaghetti e mandolino.
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la voce fuori campo Quando il volontariato diventa dimensione di vita
La mia esperienza a Telefono Azzurro Aiutare gli altri e scoprire affetti autentici
Elisa Santi
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Marzo 2005 ore 17:30: sono dottoressa in Lingue, sono laureata! Che emozione! Il primo grande traguardo l’avevo raggiunto. I professori con la tonaca nera, la discussione della Tesi, la proclamazione, i fiori, gli ap-
Milano. Si svolge tutto molto rapidamente e pochi giorni dopo il colloquio mi assumono. In poco tempo sono catapultata in una dimensione tutta nuova, sono un’operatrice Front-line di TELEFONO AZZURRO. Ma cos’è TELEFONO AZZURRO? È una Linea telefonica Gratuita attiva su tutto il territorio nazionale; aiuta i bambini e i ragazzi in difficoltà fino ai 17
Elisa Santi (al centro)
Progetto grafico e impaginazione: Favolarevia - Mauro Mainoli Fotografie: favolarevia Redazione Direttore Resp.: Antonella Mariotti Presidente: Mimma Franco Anna Bruni - Giovanna Spantigati Paola Maggi - Elisa Pareti - Mauro Mainoli - Silvia Pareti - Marta Lamanuzzi - Livia Granata - Giada Gatti Simona Lucarno - Davide Varni Elena Pisa - Paolo Pareti - Marcello Spinetta - Giorgia Bresciani - Cecilia Sacco - Andrea Accatino
Proprietà artistica letteraria Casa Editrice Favolarevia Via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)
Piccoli Piccoli Lisa R. Magnaghi - Cecilia Mariotti Martina Ruta - Sofia Falchetto - Daniele Accatino - Marta Poggio - Fabio Porta Scarta - Claudia Poggio - Federica Marini - Marta Chiapedi. Collaboratori Claudio Bertoletti - Elio Pisa. Illustrazioni Martina Delfanti - Carlotta Ruotolo Vietato riprodurre senza autorizzazione testi, fotografie e impostazione grafica
plausi degli amici e dei parenti… insomma un’esperienza unica! Dopo quella data il riposo più assoluto, niente più libri, appelli d’esame, stress… ma a lungo andare anche il riposo stanca, e aveva stancato anche una pigrona come me! È stato così che sul sito Stage & Placement della mia Università ho reperito un buon numero di indirizzi di aziende che mi offrissero l’opportunità di fare un’esperienza nel mondo del lavoro. Tra le 15 domande spedite vengo contattata a Maggio dall’associazione SOS IL TELEFONO AZZURRO, con sede a
anni. L’ 19696 è sempre attivo, sia di giorno che di notte, tutti i giorni dell’anno, festivi compresi. Questa associazione dispone anche di una Linea Istituzionale a tariffa agevolata (199.15.15.15) cui possono rivolgersi i ragazzi di un’età compresa tra i 15 e i 17 anni e gli adulti che desiderano confrontarsi riguardo situazioni in cui sono coinvolti minori. A TA lavora un’equipe di psicologi e pedagogisti esperti di problematiche dell’infanzia. Queste operatrici ascoltano la situazione di disagio riportata dal minore e gli offrono uno spazio di ascolto. In gravi casi di maltrattamenti o abusi TA
contatta e collabora con i Servizi Sociali presenti sul territorio, con l’ASL, con gli Assistenti Sociali e a volte anche con le Forze dell’Ordine. Dal 10 Maggio lavoravo anch’io a TA. Qualcuno si chiederà cosa c’entri la mia Laurea in Lingue… Quello che volevo era un’esperienza di lavoro ma anche un’esperienza di vita, qualcosa che mi arricchisse sotto il profilo umano, di cui essere orgogliosa. TA era perfetto! Sei parte del meccanismo dal primo giorno, se non rispondi al telefono, i bambini non possono avere un aiuto concreto. Lingue o non lingue era quello che volevo in quel momento, senza trascurare che io adoro i bambini. La mia mansione principale, e non facile, era la prima accoglienza riservata ai tantissimi bambini che ogni giorno chiamano I’19696 da tutta l’Italia. Queste le domande di rito: “Come ti chiami?” “Quanti anni hai”? “Da quale città ci stai chiamando?” “Perché oggi hai deciso di chiamare TA?” TA ascolta tutti i bambini, anche quelli che chiamano semplicemente per raccontare una barzelletta o per chiacchierare un po’ dei litigi con il fidanzatino o la sorellina. Un aiuto immediato, a 360 gradi e gratuito, sia da telefono fisso, sia da cellulare, di giorno e di notte. Questo lavoro mi ha impegnato davvero moltissimo, si lavora anche il Sabato e la Domenica, treno la mattina prestissimo e ritorno a volte la sera tardi. Per questo devo ringraziare i miei genitori, hanno anche loro “lavorato” insieme a me, portandomi ogni giorno alla stazione e facendo l’impossibile per assecondarmi, anche quando, forse, avrebbero preferito sdraiarsi sul divano o passare una Domenica al mare o in piscina. GRAZIE. L’ambiente di lavoro però ripaga tutte le fatiche e ha reso
questi 4 mesi un periodo veramente unico, che non dimenticherò mai. Colleghe di lavoro davvero fantastiche, prima di tutto amiche, gentili,disponibili, nessuna rivalità. II lavoro a TA è più di una semplice professione, bisogna sentirlo dentro, è una MISSIONE. Obiettivo unico e principale: La difesa dei diritti dei bambini. Il 16 Settembre era il mio ultimo giorno di lavoro, non ho avuto il coraggio di salutare nessuno alla fine del turno; avrei sicuramente pianto, nonostante fossi pienamente consapevole che l’imminente inizio dei corsi universitari non mi avrebbe permesso di continuare la mia MISSIONE a tempo pieno. Così ho fatto una scelta: diventare Volontaria Attiva di TA, per continuare ad aiutare quelle splendide persone che danno l’anima per quello in cui credono, che lavorano con il cuore, e con il cuore ti offrono un’amicizia incondizionata. Giuro di non avere mai conosciuto persone così in tutta la mia vita, persone vere, buone, sincere, e al giorno d’oggi purtroppo rare. Persone che non posso e non voglio dimenticare. Da un mese mi sono trasferita a Milano, frequento i corsi della Laurea Specialistica. La famiglia è a casa ma qui ho TA, la mia seconda famiglia. Tre ore la settimana di risposta telefonica per continuare ad essere parte di questa grande macchina. TA è stata la mia prima esperienza di volontariato, mi ha lasciato il segno, un segno indelebile. Non voglio smettere di portare avanti quello in cui credo. TA è una grande Famiglia, un meraviglioso gruppo, un’associazione straordinaria. TA aiuta tutti i bambini e aiuta anche noi, che un po’ bambini li saremo per sempre.
Complimenti graditi
C
omplimenti e ancora complimenti alla redazione de “Il Mosaiko”, complimenti per l’impegno che vi siete presi, complimenti perché scrivere e dedicare del tempo mensilmente credo non sia una cosa facile e credo richieda una grande costanza e dedizione. Complimenti perché ho notato una gioiosa e trasparente motivazione a voler crescere comunicando a cuore aperto a tutti coloro che hanno come voi voglia di dire o raccontare o denunciare che crescere e divenire persone responsabili è faticoso e meraviglioso nel contempo. Complimenti perché seminare e aspettare che il raccolto dia i suoi frutti richiede grande forza in una società dove tutto sembra essere ora e subito, dove la qualità non sembra essere più un requisito importante. Scommettere su un progetto così impegnativo come quello sul quale state puntando è quindi decisamente lodevole. Nota per chi vuole inviare i suoi scritti
Mariuc., vostra affezionata lettrice. Ringraziamo la nostra gentile lettrice e ringraziamo tutte le persone (e sono moltissime) che ci hanno scritto per testimoniarci il loro affetto, per darci consigli e suggerimenti, per proporre articoli, recensioni e poesie. L’indirizzo di posta elettronica è: ilmosaiko@tiscali.it
La rubrica Una voce fuori campo è espressamente dedicata alla pubblicazione di articoli, saggi, racconti, componimenti poetici o segnalazioni di chiunque desideri far uscire la propria voce dalle mura di casa. L’indirizzo a cui inviare il materiale è: Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) e-mail: ilmosaiko@tiscali.it La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.
critica
Million Dollar Baby
Al via in questi giorni il
Concorso nazionale per la scelta di un logo o di una frase
Stupefacente è solo la nostra creatività...
la
di Simona Lucarno
I
l rintocco acuto della campanella scandisce i tre minuti, round dopo round. Sinistro, destro, montante… danzando sempre in punta di piedi sul ring per conquistarti il rispetto di chi incrocia i guantoni con i tuoi. Luci, applausi, concentrazione, equilibrio tra mente, braccia, gambe, impeto… un’ascesa inesorabile, un colpo elegante e preciso come una stoccata, pulsante di forza: KO. Un passo in più verso il titolo. Maggie (Hilary Swank) è lì, tra gli spalti, sotto il cappuccio; il suo match quella sera l’ha già avuto, l’ha vinto, ma è il titolo che vuole ed è disposta a tutto, rischiare tutto per un sogno che nessun altro vede a parte lei. Riscattarsi da una famiglia ingrata, da una vita che, a trentuno anni, non le ha dato ancora nessuna gioia. Solo Frankie (Clint Eastwood) può insegnarle come fare e portarla alla gloria. Nemmeno lui vede da subito il sogno di Meggie, ma il suo amico ex-pugile, nonché custode della palestra Hit Pit, Scrap (Morgan Freeman) legge nei progressi della ragazza una garanzia di successo. La testardaggine, il talento, la passione di Maggie fanno breccia nella scettica e arida corteccia dell’anziano allenatore: è diventata il suo pugile e Frankie il suo “capo”. L’uno è per l’altro la realizzazione di quella famiglia che entrambi vorrebbero ma non hanno. Riscoprire le piccole gioie come mangiare una fetta di torta al limone assieme. Boxe e sentimento, un connubio naturale, ma così ignorato da tanti. Giorno e notte, con una corda, un sacco veloce e un paio di guantoni, sforzo dopo sforzo, tra dolore e gioia, in giro per il mondo Maggie si avvicina al suo sogno, è un astro nascente. E più la famiglia l’allontana, la delude, la deride, più stringe i denti, determinata e tra il suono delle cornamuse tutti l’acclamano: “Mocuishle!” Il dolore del passato sfuma nel presente per entrambi. Ed ecco il giorno tanto atteso. Los Angeles, andata aereo, ritorno macchina. Si combatte per il titolo. L’adrenalina si fonde con i brividi freddi di chi sa di avere davanti agli occhi l’opportunità della vita e non vuole lasciarsela sfuggire. Mocuishle contro The Blue Bear, una potenziale assassina. La campanella suona: “Boxe!” Maggie incassa, subisce, sopporta colpi scorretti durante i primi round. Sa che a volte per tirare un colpo vincente bisogna arretrare… ma che se si arretra troppo, non si combatte più. Allora reagisce, è inarrestabile, vuole quel sogno, il titolo sarà suo. Ma l’Orsa non perdona. La campanella chiude un altro round; gli sgabelli sono già posizionati ai due angoli; Maggie abbassa la guardia e un colpo fuori tempo l’atterra proprio su quello sgabello rosso, tra il collo e la spalla. E tutto sfuma, torna il dolore. Doveva proteggersi, proteggersi continuamente, lo diceva sempre Frankie, Frankie è una a cui piace ripetersi. Tutto si spegne. Corsa in ospedale… Non camminerà più, non respirerà più da sola, paralizzata. Perde anche una gamba per le piaghe da decubito. Frankie non se lo perdona; già Scrap al suo 109° incontro perse un occhio per colpa sua, non può perdere anche Mocuishle. Da un ospedale all’altro, sei ore in ambulanza: andata aereo, ritorno macchina, l’aveva deciso Maggie. Ma non può sopportare di rimanere così fino a quando non sentirà più la voce dei suoi fans tifare per lei. Frankie ora non può darle quello che chiede. Ma è testarda e decide di farla finita, perché è questo che vuole. Si stacca la lingua a morsi e stava quasi riuscendo a morire dissanguata; i medici la salvano appena in tempo. Anche se salvarla è come ucciderla. Perennemente sotto sedativi, per evitare che ci riprovi, non è più lei, non è giusto. Frankie sa che Maggie non ha rimpianti, ha avuto la sua possibilità e ora ha quell’ultimo desiderio: combattere fino alla fine, come ha fatto sempre, non lasciare che il tempo si porti via tutto. Quella sera le baciò la fronte “Mocuishle vuol dire mio tesoro, mio sangue”. Maggie sorride, come una volta, sa che il “capo” sta per esaudire il suo ultimo desiderio: Frankie le è stato vicino fino alla fine. E così stacca il respiratore, Maggie si addormenta; poi le inietta troppa adrenalina, Maggie dormirà per sempre. Le bacia la guancia. Mocuishle era tornata felice. Da quel giorno Frankie non tornò mai più alla Hit Pit. Una storia emozionante, un vero capolavoro firmato Clint Eastwood; una pellicola sublime per gli amanti del pugilato e non solo. Uno scrigno che si fa specchio di valori, sogni, speranze, sentimenti, a tratti un po’ amaro e duro nell’affrontare problematiche attuali quali l’eutanasia, le incomprensioni familiari e il superamento dei pregiudizi personali. Non per nulla vincitore di quattro premi Oscar.
Ecco il testo completo del bando Articolo 1 Il Comune di Tortona (AL), la Consulta Comunale Giovani di Tortona, l’ASL20 - Dipartimento Interaziendale delle dipendenze e la Casa Editrice Favolarevia, organizzano un concorso nazionale denominato “Stupefacente è solo la nostra creatività”, riservato agli studenti che frequentano la Scuola Secondaria di primo grado (Scuole Medie) e la Scuola Secondaria di 2° grado (Scuole Superiori).
Articolo 2 Possono partecipare al Concorso tutti gli studenti individuati all’art.1 del presente bando, singolarmente o in gruppo, con un lavoro scritturale o figurativo. Il concorso invita gli studenti a creare un logo o inventare una frase per la campagna di lotta alle dipendenze patologiche. Il logo potrà essere realizzato con materiali vari, su supporto cartaceo, formato del foglio A4. Lo slogan deve contare un massimo di 60 (sessanta) caratteri e deve essere scritto in stampatello o preferibilmente dattiloscritto o scritto con mezzi informatici. Le opere dovranno essere inedite, non presentate né segnalate in altri concorsi. Dell’autentici-
Il materiale dovrà essere inviato in almeno tre copie in busta chiusa, a cura della scuola di appartenenza, completo di nome, cognome, indirizzo e numero di telefono dell’allievo e della scuola, al seguente indirizzo:
Articolo 4 La Commissione esaminatrice dei lavori sarà composta da: Gianluca Silvestri, Assessore ai Servizi Sociali della Città di Tortona; Annamaria Carniglia, Assessore alla Cultura e
Concorso “Stupefacente è solo la nostra creatività” Redazione de Il Mosaiko Kids Via Carlo Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)
Articolo 5
Articolo 3 I lavori dovranno pervenire, in almeno tre copie come sopra specificato, a mezzo del servizio postale entro e non oltre il giorno 20/03/2006. I lavori inviati, indipendentemente dall’eventuale riconoscimento, potranno essere utilizzati nelle forme e nei modi voluti dal Comitato Organizzatore. Per la legge 695/76 “Tutela della privacy” si dichiara che il Comitato Organizzatore tratterà i dati di cui disporrà al solo fine dello svolgimento dei rapporti con gli intercorrenti. In relazione a tale trattamento potranno essere esercitati i diritti previsti dall’art. 13 della predetta legge.
Alessandra Dellacà, giornalista de La provincia Pavese; Giovanna Spantigati, giornalista; Michela Fanchini, grafico pubblicitario; Claudio Bertoletti, decoratore artistico; Giovanna Franzin, insegnante; Marta Lamanuzzi, Livia Granata, Simona Lucarno, Silvia Pareti, Davide Varni (Redazione de “Il Mosaiko Kids”). Il giudizio della Commissione è inappellabile.
N° 100 opere selezionate verranno raccolte in un libro edito per i tipi della Casa Editrice Favolarevia. Accanto all’opera saranno riportati i nomi e i cognomi degli autori e la scuola di appartenenza.
Istruzione della Città di Tortona; Costantino Gilardengo, Direttore SOC-SERT ASL 20 di Alessandria; Luigi Bartoletti, Responsabile SERT Tortona; Mimma Franco, Presidente casa editrice Favolarevia; Antonella Mariotti, giornalista del quotidiano torinese La Stampa e direttore responsabile del mensile per ragazzi “Il Mosaiko Kids”; Selma Chiosso, giornalista de La Stampa - Alessandria;
I n g r o s s o
classe vincente. Ulteriori premi verranno assegnati dalla Commissione giudicatrice.
Articolo 7 Gli autori delle opere premiate riceveranno comunicazione telefonica dell’avvenuta selezione. I nominativi dei premiati verranno divulgati a mezzo stampa. Le composizioni inviate non verranno restituite.
Articolo 8 La premiazione in cerimonia pubblica avverrà nel mese di maggio 2006. E’ indispensabile, per il ritiro del premio, la presenza personale o per delega.
Articolo 9
Articolo 6 I premi saranno così suddivisi: 1° premio assoluto per la Scuola Secondaria di 2° grado: € 2.000,00 alla Scuola di appartenenza e macchina fotografica digitale all’alunno o alla classe vincente. 1° premio assoluto per la Scuola Secondaria di 1° grado: € 1.500,00 alla scuola di appartenenza e macchina fotografica digitale all’alunno o alla
Per qualsiasi informazione è attiva la segreteria della Redazione de “Il Mosaiko Kids”, tel. 0131 856018 oppure 338 5369664, e-mail ilmosaiko@tiscali.it
Articolo 10 Il presente bando sarà pubblicato su quotidiani e settimanali. Tortona, lì 28 Settembre 2005.
o r t o f r u t t i c o l i
Trovamala Mario
Strada Secco, 5 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)
BdiaVenicia r Se pTatiana ort Via Mazzini, 50 Isola Sant’Antonio (AL) Tel. 0131 857569
tà dei lavori si ritengono responsabili i concorrenti.
LOCALE
Progetto grafico Favolarevia
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Centro studi
Alexandria
Spalto Borgoglio 59 - 15100 Alessandria Tel - fax: 0131 442483 E-mail: info@centrostudialexandria.it
Scuola Elementare Paritaria (per bambini di 5/6 anni)
SKY
British Institutes Deutsch Institut Instituto Velàzquez
La scuola Elementare Paritaria Bilingue rappresenta ormai nella nostra città un punto di riferimento. Presso la nostra scuola le lezioni di molte materie, soprattutto del gruppo scientifico, si svolgono in Lingua Inglese. Inoltre nel momento in cui i bambini conseguono la Licenza Elementare sono in grado di utilizzare l’evoluta padronanza della Lingua Inglese acquisita, per conseguire anche le prime Certificazioni Linguistiche Internazionali.
Pikkoli
Pikkoli CLEO LA FORMICA
I l te r r ibi le dramm a de i f unghi blu
Missione per l’ agente Aifos e il mitico Jack C h i h a a v v e l e n a t o l a C o n t e s s a?
Se conda e ul t ima pun tata
di Sofia Falchetto
E
bbene, il colpevole era il cognato della contessa: il conte Napoleone de Carli. Lui,a sentire questa notizia si stupì e, come tutti i colpevoli, continuò ad affermare la sua innocenza; ma le prove erano infallibili. Come vi dicevo l’alibi era vero, perché passò tutti e tre i giorni nella sua stanza (cosa piuttosto strana in un conte mentre tutti si danno da fare), ma si era dimenticato di portare via dal suo cestino della spazzatura la boccetta vuota del veleno blu. Io l’avevo già capito anche perché aveva già minacciato la contessa, a causa della sua eccessiva voglia di salire al potere. Tornato il conte, si condannò l’imputato e, mentre gli altri festeggiavano il ritorno di Edegardo de Carli, il conte Napoleone se ne stette nella sua cupa cella a scontare la meritata pena. Ed anche questa missione, come del resto tutte, si concluse nel migliore dei modi (ovvio quando esse sono inventate da me stessa). In conclusione vi dico che io mi diverto moltissimo giocando in questo modo, se non ci avete mai provato ve lo consiglio, anche se non possedete animali domestici oppure non avete fratelli o sorelle potete ipotizzare che il vostro aiutante sia una pianta del vostro giardino, o addirittura la vostra scrivania o un vostro giocattolo. Non mi resta che augurarvi buon gioco e buona fortuna per le vostre missioni!!!
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p i k k o l i )
Prontuario dei giochi
Per cuccare, fare amicizie e darsi un’aria “da veri esperti”
Magic: the Gatering
di Davide Varni
N
di Fabio Porta Scarta
CAPITOLO 6: MAI FIDARSI DELLE APPARENZE!
L
e due formichine percorrevano il loro cammino in uno stretto sentiero, quando ad un tratto, qualcosa impedì il loro passaggio. Cleo notò che quella cosa era di forma cilindrica, fatta di un materiale a lei sconosciuto, pensò: “Strano però, come fa a riflettere sotto il sole?...” e disse a Dana: “Guarda! Che cosa sarà quello?”. Dana si avvicinò per guardare meglio cos’era e poi rispose: “Sembra…una piccola grotta!... e c’è anche una entrata.. ehi! Sento un odore di buono!”. Dana, attirata dall’odore zuccherino che proveniva dall’interno della lattina, entrò e scivolò dentro. “Aspetta Dana!” urlò Cleo, ma era troppo tardi. Sentì immediatamente la voce di Dana che rimbombava come l’eco. “Aiuto…uto…uto…non so nuotare…are…are…aiuto..uto..uto..”. Per un istante Cleo, presa dal panico non seppe cosa fare, poi cominciò a cercare qualcosa. Trovò un lungo bastoncino che prontamente infilò nell’apertura e gridò: “Dana! Mi senti? Afferra il bastoncino! Presto!”. Dana rispose, ma in modo quasi soffocato: “Non…rie…sco non ci arr…ivo sto affon…dando..glu!glu!”. Cleo cercò di avvicinarsi il più possibile, spingendo più giù il bastoncino e di nuovo gridò: “Dana, Dana! Prendi il bastoncino ti prego attaccati!”. Per pochi secondi, non sentì più la voce di Dana… Cleo cominciò ad avere i brividi…e…ecco! All’improvviso sentì il bastoncino tirare e Dana rispondere: “Si, ci sono! Tirami su!”. Cleo tirò con tutte le sue forze e all’ultimo strattone finalmente Dana fu fuori. Rimasero distese, esauste per la paura provata, le loro zampine non le reggevano in piedi. Passato lo spavento, Dana disse: “Grazie, Cleo, per avermi salvato la vita, la prossima volta guarderò bene dove metto le zampine!”.
Giallo
prima parte
on sapete cos’ è Magic l’adunanza? Il nome Richard Garfield vi ricorda un cartone animato con un pigro felino arancione come protagonista? Se dico stappare una terra bianca pensate a una dissetante bevanda gasata? Allora questo prontuario vi servirà come il pane perché Magic l’Adunanza è il primo e più famoso gioco di carte collezionabili del mondo. Un yugioh all’ennesima potenza. Con carte che i Pokemon impallidiscono al confronto. Se questo gioco continua a mietere nuovi adepti in tutto il mondo (con tornei in cui si disputano grosse cifre in denaro), è per quattro motivi: l’equilibrio, la profondità tattica, la varietà e… la bellezza grafica. Giocando a Magic, impersoniamo uno stregone che deve sconfiggerne un altro, usando le magie contenute nel nostro grimorio, che nello slang tipico di Magic indica proprio il libro delle magie/ mazzo di carte. Entrambi i contendenti partono con 20 punti vita, e lo scopo del gioco è far scendere quelli avversari fino a 0, impiegando magie, stregonerie, incantesimi istantanei e soprattutto creature. Ma tutto questo ben di dio di carte necessita di un costo per essere giocato, espresso in mana. Il mana è la quantità di energia magica, necessaria per fare qualunque mossa e ogni stregone lo riceve mettendo sul terreno delle terre che creano il mana ad ogni turno. Perché questo è un gioco a turni. L’avevate capito, vero? Una volta che si ha del mana, si possono seguire varie strade: o si evocano delle piccole creature, oppure si aspetta per avere abbastanza energia per evocare una creatura grande. Un altro concetto importante ma un po’ macchinoso è quello di tappare e stappare: tappare significa ruotare una carta di 90 gradi. Le terre devono essere tappate per produrre mana, le creature che attaccano vengono tappate e poi stappate il turno successivo. Questi articoli, però, non sostituiscono una buona lettura del manuale ufficiale, né verrete presi a un torneo se vi basate su queste poche informazioni: consideratele come un punto d’inizio. Si parte dalla creazione del proprio mazzo. Certo, escono tre espansioni di Magic all’anno, ognuna con decine di mazzi già confezionati, ma la soddisfazione di farsi un mazzo da soli non ha prezzo. Le diecimila carte già uscite sono suddivise per colori. Ne esistono cinque: bianco, rosso, blu, verde e nero. Fino a qualche tempo fa, ogni colore era studiato per avere delle determinate caratteristiche. Con l’aumento delle carte, queste differenze si sono appianate ma è meglio non sottovalutarle. Per prima cosa è importante capire che tipo di giocatori siete: programmatori e fanatici del controllo? Oppure impulsivi? Vi piace finire il gioco in fretta, o preferite distruggere senza pietà le carte avversarie? Qualsiasi sia il vostro stile di gioco, troverete sicuramente la combinazione di colori che fa per voi. (segue sul prossimo numero)
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di Marta Chiapedi e Federica Marini 4ª Elementare
U
Notturno
n lussuoso ristorante della città di Minerva è protetto da un sistema d’allarme molto sofisticato perché all’interno ci sono delle porcellane inglesi, quindi è molto difficile che accadano furti. Un furto è però si è verificato e allora i proprietari del ristorante hanno chiamato OOMurtix e OOChicca, le due investigatrici. Quello che preoccupa le due giovani è che una volta disattivato il sistema di allarme non è facile rimetterlo in funzione. OOChicca e OOMurtix, col consenMarta e Federica so dei proprietari, nascondono una ‘cimice’ nella cucina in modo che, se il ladro dovesse ritornare, riuscirebbero a scoprire chi è il colpevole. Questa piccola telecamera è tanto sofisticata che riesce anche a trasmettere i suoni emessi dal rapinatore. E’ notte fonda e mentre le due ragazze sorvegliano le riprese, il ladro decide di fare un altro colpo al ristorante. Entra senza problemi perché l’allarme era disattivato, raggiunge la cucina e introduce nel suo sacco la refurtiva, ma purtroppo si accorge della cimice e quindi la rompe con un gesto deciso. Il malvivente fugge portandosi via un servizio da tè inglese che pochi si possono permettere. Ma le due ragazze, grazie al fatto che, prima di essere spaccata, la cimice riesce a mostrare un’immagine in primo piano del rapinatore, lo arrestano. Il colpevole si chiama Rubadortuttomì ed era il figlio di un famoso ladro chiamato Senzaunalira. Le giovani investigatrici riescono a far confessare Rubadortuttomì e gli fanno promettere di non farlo mai più: sono davvero in gamba!!!
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a b u l a
S t r e g a Livia Granata
D
icevano fosse una Strega. Abitava fuori dal villaggio, in una vecchia casa di pietre dal tetto di legno scuro. Spesso, durante la notte, una luce filtrava dalle finestre chiuse, ed alcuni passanti la vedevano dalla vicina strada, affrettavano allora il passo, perché si diceva che la Strega stava creando viscide pozioni malefiche. La temevano, e molti non osavano nemmeno nominarla se non in un sommesso bisbiglio a bassa voce, sicuri che lei li avrebbe uditi e puniti se avessero osato parlare male di lei. Eppure mai ella aveva levato mano su di loro, mai la sua presenza aveva recato danno alcuno al villaggio ed ai suoi abitanti. Per questo essi lasciavano che vivesse in quella vecchia casa di pietre dal tetto di legno scuro. Scorrevano i giorni e gli inverni, passavo le albe e le stagioni. I figli crescevano fino a divenire genitori, ma mai il villaggio smise di vedere la tenue illuminazione di quella casa di cui nessuno aveva mai visto la padrona, se non come indistinta figura tra i cespugli e gli alberi che circondavano la sua abitazione. Sapevano che era alta e leggera, che aveva lunghi capelli corvini e la pelle bianca quanto la luna, lo sapevano i padri, i figli, i nonni ed i nipoti: perché lei non invecchiava, questo si raccontava. Aveva stretto un patto con i demoni, serva dei più oscuri signori. Ella non mangiava, non beveva, non era afflitta da nessuna delle preoccupazioni dei mortali, perché lei non era più mortale. Ne erano certi. Poi venne il giorno in cui il vento soffiò arido sul villaggio. Aveva un odore strano, odore sconosciuto. I contadini sanno riconoscere il profumo della primavera e quello dell’autunno, ma non quello della Guerra. Non conoscevano il vento dal sapore di Sangue. Ma quella mattina videro che qualcosa riempiva l’aria di un’inquietudine loro ignota. Si guardarono l’un l’altro, mentre raggiungevano i campi, senza trovare una spiegazione. E non fu data nessuna risposta, finché un giovane cavaliere non comparve all’orizzonte. Il cavallo da soma galoppava come mai avrebbe dovuto fare, portando lo straniero al villaggio. Al pozzo trovò sosta, presso la piazza di polvere e sassi. Lui discese, gridando, continuando a gridare e ripetere a chi accorreva che i banditi stavano arrivando, che un villaggio vicino era stato attaccato e dato alle fiamme, che lui era scappato, scappato in cerca d’aiuto. E furono lasciati i campi, furono riuniti gli uomini attorno al pozzo. “Dobbiamo scappare prima che ci uccidano tutti!”, urlò alla piccola folla Mardyn, il panettiere. “E’ la Strega! La Strega li ha invocati contro di noi!”, insistevano le donne. Il gruppo si animò di voci, discusse di fuga e di resistenza, con un disordine che il capovillaggio non tentò neanche di contenere. Alcuni uomini imbracciarono le zappe e le falci e dichiararono tra le suppliche delle mogli che non intendevano lasciare i loro averi e morire d’inedia. Passarono alcune ore, ore in cui il gruppo si assottigliò. Coloro che avevano deciso di fuggire lasciarono le loro case, portando i loro pochi averi, le donne ed i bambini negli anfratti del bosco. E lasciando il villaggio maledicevano la Strega. Gli altri si divisero in due gruppi. Alcuni restarono nella piazza, con i forconi in mano. Gli altri si nascosero nelle case, decisi a morire per i propri campi, per la propria terra, per la propria casa. Ed il giovane montò a cavallo e ripartì diretto ad un altro villaggio. Quando arrivarono, i banditi arrestarono i cavalli davanti ai contadini. Sembravano giganti davanti a formiche. Ed alcune formiche iniziarono a tremare. Il capo dei briganti, o quello che sembrava tale, guardò uno ad uno i villani. E rise. Rise sonoramente e rozzamente, con una voce roca e profonda. “Questa è una difesa? Volete combattere?”, sbottò divertito. I contadini sapevano che non avrebbero potuto vincere. Lo avevano sempre saputo, lo sapevano adesso davanti a venti uomini ed alle spade che pendevano dalle loro cinture. Ma non si mossero neanche davanti alla propria morte. Perché avevano deciso di morire nel sangue e non nella fame. E perché sapevano che non avrebbero comunque potuto scappare da banditi a cavallo. Un frullo d’ali ruppe il respiro già mozzato dei popolani e le risate dei briganti. Ma non interruppe né l’uno né le altre. Il Falco si posò sull’insegna della locanda ed osservò le due fazioni. Poi gridò. Lo stridulo verso attirò l’attenzione d’entrambi i contendenti, i vinti ed i vincitori. E l’animale spalancò le ali senza levarsi in volo, come per ergersi e mostrarsi nel suo splendore. Ma essi non sapevano ciò che egli voleva dire. “La Strega in forma d’uccello!”, gridò uno dei paesani. Non disse altro. Restò muto e con lui i suoi compagni. Urlarono invece i banditi, urlarono di paura quando videro i loro cavalli imbizzarrirsi, quando videro il loro corpo e quello dei loro destrieri coprirsi di macchie scure dalle lunghe zampe, macchie nere e pelose, veloci ed infide come i ragni di quelle terre. Gli insetti si radunarono a centinaia, a migliaia. Gli uomini del villaggio fuggirono nelle case, dai loro compaesani nascosti. Ma nessuno di essi fu toccato. I briganti furono l’unica preda dei ragni, mentre il Falco volava via. I cavalli si agitarono per poco. Presto le immonde bestie ebbero lasciato la loro pelle per insidiare i cavalieri, che caddero di sella nel dimenarsi per toglier gli insetti da sopra e sotto i vestiti. Punti, graffiati dalle loro stesse unghie, soffocati dai ragni sul volto, rantolavano istericamente sul terreno, cercando invano di liberarsi da quell’insano esercito d’innaturale accanimento. Alcuni riuscirono ad alzarsi in piedi, ma i loro stessi cavalli li scaraventarono nuovamente a terra con la potenza delle loro zampe. “Magia! Magia demoniaca!”, gridavano terrorizzati. Il grido del Falco si udì di nuovo. Nessuno vide l’uccello, ma tutti lo udirono. Cavalli, Ragni, Banditi e Villani. Ed i cavalli trottarono lentamente verso l’esterno del paese, placidamente insieme. Gli insetti si ritirarono, silenziosamente ed improvvisamente come si erano radunati. Ed i briganti fuggirono correndo, inciampando sui ciottoli o sui loro compagni, privi di ordine e totali prede della paura. I paesani uscirono con timore dalle case. E nulla era rimasto della strana battaglia. Rimasero senza parole, senza sguardi se non vuoti, per alcuni minuti. Lunghi minuti di sconcerto, quando udirono un nitrito. I più temerari decisero di seguir quel suono, percorrendo titubanti la via che i cavalli avevano seguito. Si affacciarono oltre le ultime case, mossero quasi tremanti nella direzione che riconoscevano esser quella della casa della Strega. Là trovarono le cavalcature dei banditi, tranquillamente intente a brucare l’erba sul prato che costeggiava la strada, vicini alla casa di pietre dal tetto di legno scuro. Restarono forse delle ore in attesa, titubanti. Poi videro che gli animali sembravano docili ed innocui e si avvicinarono loro, con lo sguardo fisso verso la casa della Strega. Riportarono i cavalli al villaggio e presto si trovarono a festeggiare il dono dei banditi e la salvezza del villaggio. Solo dopo alcuni giorni, dopo che i fuggiti furono richiamati e la vita iniziò a riprendere il suo corso, che qualcuno notò che venti erano stati i briganti e diciannove erano le bestie nella stalla, che presto sarebbero state vendute ad un mercante per finanziare la costruzione di un mulino. E molto tempo ancora occorse perché il villaggio si accorgesse che nella notte non c’erano più luci nella casa di pietre dal tetto di legno scuro.
la lettera del bisnonno e l’sms del bisnipote
l’importanza dello scrivere
un rito magico che non deve tramontare Giada Gatti
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ovistando tra i cimeli di famiglia vi sarà certo capitato di trovare diari o lettere di qualche bisnonna o trisnonno di cui ci si ricorda solo al 2 novembre. Quei fogli scritti a mano con tanta cura sono capaci di farci emozionare e di riportarci indietro nel tempo, per scoprire la storia della persona che ha confidato alla carta la propria gioia o la propria disperazione. Vi sono pagine che semplicemente raccontano com’era la vita allora, altre che narrano gli episodi più significativi vissuti da chi scrive e altri che contengono dolci parole d’amore, affidate ad un foglio per giungere dritte al cuore di colui che si ama. Ancora oggi, leggendo quelle antiche lettere, la storia che vi è scritta rivive e magari sarà tramandata alle generazioni future. E’ strano pensare che ciò che scriviamo oggi verrà letto da chi ci sarà dopo di noi, che saremo ricordati attraverso i nostri scritti poiché imprimendole sulla carta le parole vivranno per sempre. Attualmente, però, si è persa l’abitudine di annotare gli avvenimenti significativi e di scrivere lettere d’amore. I sentimenti si esprimono attraverso un sms, che poi verrà cancellato, quando la memoria del telefono cellulare sarà piena, e dimenticato con il passare dei giorni. Gli scritti, invece, se conservati, rimarranno per sempre, rendendo eterni i sentimenti e le sensazioni. Inoltre, chi li leggerà dopo di noi potrà imparare qualcosa dai nostri errori; penso che sia bello sapere che i nostri scritti potranno aiutare le generazioni future a risolvere i loro dubbi. I problemi, infatti, ritornano sempre identici anche se a distanza di anni e in un diverso contesto. Scrivere è anche un modo per fare chiarezza dentro di sé ed è un rifugio sicuro e tranquillo dagli affanni della vita quotidiana. E’ uno sfogo spontaneo dell’anima ma, allo stesso tempo, bisogna anche riflettere per ricercare le parole giuste, che rendano al meglio ciò che vogliamo esprimere. Possiamo scrivere per noi stessi oppure per comunicare qualcosa agli altri che non riusciamo ad esprimere con il dialogo diretto. Con la scrittura si scava nelle pieghe dell’anima, tirando fuori tutti i pensieri che appaiono disordinati nella nostra mente, ma che si riversano ordinatamente sulla pagina. Non c’è paragone tra un freddo sms, pieno di abbreviazioni, in cui i nostri pensieri si affollano confusi poiché non si riesce a farci stare tutto, e una lettera, nella quale non ci sono limiti di spazio e, quindi, di parola. Con un messaggio il pensiero è frenato e non si esprime interamente; si pongono, perciò, dei limiti alla nostra fantasia. Una lettera, invece, è più profonda, più “vera”, è una testimonianza del nostro modo di essere e di vivere nell’epoca in cui viviamo.
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