Il Mosai K o i
Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: ilmosaiko @tiscali.it
Il secondo Natale E
A u g u r i !
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Anno 2 - n° 11 - 12, novembre - dicembre 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)
Il mondo della droga sembra lontano ed è tristemente vicino
polvere bianca
Gli sbagli dei giovani e gli sbagli degli adulti Simona Lucarno
Antonella Mariotti cco il secondo Natale di «Mosaiko». Un anno di lavoro, di sogni e di speranze hanno percorso le pagine di questa rivista che è diventata una vera e propria finestra sul mondo dei giovani. Cosa pensano? Cosa sognano? Come si preparano alla vita da adulti? Ma soprattutto: i ragazzi come vedono il mondo che li circonda? Erano queste le domande che hanno spinto Mimma Franco, l’editore e vero motore della rivista, e me come direttore responsabile, a dare il via a questo progetto. Forse non siamo riuscite a dare voce a tutti i colori del “mosaiko”, forse le pagine della rivista sono troppo poco per tutti quei ragazzi che vogliono raccontarsi: ma sono comunque un inizio, uno spazio, una moltitudine di voci. Cercheremo di proseguire in questa avventura con nuove inziative, altri stimoli e molta passione, perché crediamo nei giovani che credono in questo progetto. Certo Mosaiko ha bisogno di aiuto, per non rimanere una voce colorata sì ma isolata, i giovani hanno bisogno della partecipazione degli adulti. Quella partecipazione che vorremmo fosse estesa a tutti coloro che credendo nel futuro, credono nei nostri ragazzi. Vi aspettiamo, anzi i ragazzi aspettano che gli adulti rispondano alle loro domande, alla loro voglia di esserci nella vita, nella scuola, nel mondo che ogni giorno li mette alla prova. E da parte di tutta la redazione del Mosaiko:
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edo il mondo della droga distante dal punto di vista mio strettamente individuale e al tempo stesso vedo che la possibilità di entrarvi è in realtà più vicina di quanto sembri, tristemente vicina. E’ come se fosse un mondo parallelo, nemmeno troppo lontano, nemmeno troppo nascosto, una sorta di retroscena della facciata sociale che tende a mimetizzarsi più che a occultarsi e che proprio per questo può condurre la sua esistenza in un modo tutto sommato indisturbato. Il portale d’accesso può essere ovunque e chiunque; anche nelle scuole forse, ma credo che queste siano piazze di scambio più che il magazzino principale. Ed è anche difficile dire se è veramente così, se le scuole siano realmente coinvolte o se siano solo, come altri luoghi in cui si trovano molte persone, un contenitore di diverse tipologie sociali. Come si fa a smascherare gli eventuali responsabili se questi si mimetizzano e come si fa ad essere sicuri che non vi siano altri camaleonti sfuggiti anche alla ricerca più attenta? Spesso si sente “Non me lo dire, sembrava un così bravo ragazzo!”oppure”Ma no! Una ragazzina così perbene e carina…”. Ogni tanto i giornali locali se ne saltano fuori con notizie che provocano nella gente reazioni di questo genere; e nella retata magari individui il tuo compagno di classe alle elementari o la figlia del vicino. Il mondo della droga è come un flui-
do che scorre tra le fenditure e le crepe della società; infiltrazioni forse o magari mancanze della società stessa? Il problema non è tanto il coinvolgimento della scuola, piuttosto il suo ruolo e il ruolo di tutti. Il problema è il non tollerare il “drogato” e considerarlo un individuo pericoloso, una minaccia per l’immagine dell’istituto o per il quartiere. Il “drogato” prima di tutto è un dipendente. E prima di fare del male agli altri lo fa a se stesso. Ogni dipendenza porta progressivamente ad una perdita inconsapevole, non accettata dal dipendente stesso ma abbastanza evidente, della volontà originaria, fino a farla coincidere con la volontà del più forte. Cosa succede se il più forte è l’ “amico” che ti incita a drogarti? Cosa succederebbe se il più forte fosse la scuola o qualche altro organo sociale? Sinceramente mi spaventa di più la seconda risposta, mi spaventa constatare che chi potrebbe far qualcosa o avrebbe dovuto farlo non l’ha fatto o non abbastanza. Mi fa arrabbiare che chi potrebbe essere forte e saggio è solo arido e passivo, più ancora di chi è dipendente. Perché chi è dipendente, ed è diverso da chi prova per curiosità, è spessissimo una persona che soffre, a volte senza rendersene conto, qualunque sia il grado della sofferenza, fosse anche senso di inferiorità piuttosto che incomprensioni famigliari. Ma chi è arido non prova niente, può solo far finta di scandalizzarsi, di preoccuparsi. Il peggio è che si può dar fiducia ad una persona che vuole realmente darsi da fare, ma quando ci si trova all’inter-
Michele Mainoli, La droga - olio su tavola, 1978
segue a pag. 2
Caro Gesù Bambino I ragazzi del Mosaiko scrivono la loro letterina ideale a Gesù Bambino (o a chi per Lui). Desideri, emozioni e sfoghi lanciati lassù, in un cielo natalizio un po’ affumicato e nebbioso, offuscato da troppe luci. Alle pagine 4, 5 e 7
L’amicizia tra un marine e un cucciolo iracheno fa notizia, l’uso di armi chimiche a Falluja invece no CANI IRACHENI di Mauro Mainoli
pag.3
pagg.4, 5 e 7
Il Natale visto dal Mosaiko CARO GESU’ BAMBINO Le letterine natalizie della redazione
la voce fuori campo E LI CHIAMANO DISABILI... Riflessioni ad alta voce sul libro di Candido Cannavò
pag.6
pag.8
Pianeta cane n.7 LE RISPOSTE ALLE DOMANDE PIU’ FREQUENTI di Paola Maggi
A pag.6: Natale è tempo di bilanci... GRAZIE MOSAIKO! di Mimma Franco
CONTINUATE COSI’! di Laura Spantigati
2 progetto grafico favolarevia
polvere bianca segue dalla prima (Simona Lucarno)
no di organi che in quanto tali sono una pluralità di persone, per una che si interessa ce ne sono tre che hanno altro da fare. Sarò pessimista o poco fiduciosa, ma la conicità e la freddezza sono malattie oggi troppo diffuse. Vero o no, senza pretendere che tutti i ragazzi la pensino così, anzi spe-
rando che ci sia qualcuno più ottimista, l’opinione di una ragazza che ha i suoi grattacapi come tutti è questa. Posso immaginare quale sia quella di chi si sente vittima di tanto accademico distacco. Di chi si sente rifiutato, giudicato per aver scelto la soluzione sbagliata a un suo problema, di chi si sente additato come un animale feroce e finisce o per scappare in se stesso con la sensazione di venire braccato o per autoconvincersi di essere un pericolo e compiacersene. La volontà di chi è dipendente è la volontà del più forte. Se i dati dicono che il 60% degli studenti farebbe uso di droghe ed in molti casi il consumo avverrebbe all’interno degli stessi edifici scolastici, credo che la scuola si sia messa i piedi in testa da sola. Forse dare un modello di rigorismo eccessivo non è sempre il metodo giusto per far crescere diritta la piantina e anche questa metafora andrebbe interpretata con il giusto spirito: il paletto non serve per imporre alla piantina come deve crescere, ma serva a sostenerla. Il paletto non deve pretendere di essere l’unico tutore della piantina, perché per crescere questa ha bisogno anche di altro. Quando si ha un ruolo
così importante e così bello credo (e sarebbe preoccupante se non ci credesse chi questo ruolo lo ha) di avere a che fare con dei ragazzi, di avere la possibilità di aiutarli perché bisogna allontanarli, sottovalutarli, giudicarli? Ribadisco che la scuola dovrebbe preoccuparsi del suo
ruolo. Agli occhi di molti ragazzi i coetanei, gli amici, i conoscenti che fanno uso di droga (ma lo stesso discorso vale per qualsiasi altro tipo di dipendenza) non sono visti né come dei miti da imitare né come dei lebbrosi da evitare; sono visti con una rabbia amichevole, con il sentito dispiacere di chi ha la consapevolezza del valore della vita e vede un altro sprecarla, e in questo forse i giovani sono ancora più moralisti che gli adulti. Ma il moralismo dei giovani è “dei giovani” sia in senso soggettivo che oggettivo del complemento: è il moralismo che fanno i giovani, ma è anche il moralismo per i giovani. E’ un moralismo sentito, coinvolto, soprattutto sincero, spesso ascoltato e accettato. Non è un moralismo impartito e calato dall’alto, visto come un’imposizione, un limite alla propria libertà di
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pensiero e quindi rifiutato. C’è da dire che i ragazzi capiscono, ma l’orgoglio è tanto. E gli adulti capiscono, ma l’orgoglio è tanto. Quando la madre dice al figlio “ Non ti drogare” è spinta da una sincera preoccupazione materna. Ma l’inghippo credo possa essere individuato proprio nel fatto che si tratti di una preoccupazione. Tra coloro che si interessano, infatti, c’è poi da fare una distinzione: chi, consapevole del problema, se ne preoccupa e corre ai ripari e chi, consapevole del problema, se ne occupa e corre al fronte. Gli adulti dovrebbero preoccuparsi perché è giusto tenere alla salute dei ragazzi, ma non preoccuparsi per essere a posto con la coscienza, perché è un dovere più che un piacere o perché è giusto (come dicono sempre i genitori). In questo modo scatta un meccanismo che fa sentire il ragazzo quasi privato di fiducia, amalgamato alla massa a cui la società ha attribuito connotazione negativa e ci sono poche altre cose che provocano in un giovane un irrefrenabile impulso di “ribellione” come essere considerato uno tra tanti, incapace di sapere cosa è bene e cosa è male, privato anche della sua sacra individualità e dover stare in silenzio senza discutere dopo frasi del tipo “ Perché io sono tuo padre e tu sei solo un ragazzino”. Mai far vedere ai ragazzi di essere preoccupati per loro, ma farlo capire. Purtroppo un instabile sostegno o un paletto troppo rigido, una società stereotipata che mostra tramite i media le sue pecche anziché informare, generando così ignoranza, sono un terreno fertile per le dipendenze e troppo duro per permettere una redenzione.
E’ già difficile uscire da un tunnel, è già difficile dover correre dietro ai modelli e perdere la propria identità, se se ne esce e ci si rende conto del male che ci si è fatti è difficile accettarsi, ricominciare, non vedo quale diritto abbia quel mondo che non ha porto prima il suo aiuto di giudicare ora e negare nuovamente il suo supporto. Il problema della droga, per me, è in evidente polemica con quelle che ne sono le cause più che gli effetti. Sono quasi sicura che tanti altri giovani posti di fronte al problema farebbero un discorso magari diverso ma sempre volto indietro nell’ordine cronologico degli eventi. Può essere interpretato come inconsapevolezza delle conseguenze? Credo che tutti i ragazzi sappiano che la droga nel migliore dei casi fa male, nel peggiore uccide. Il problema è che i giovani sentono che si può far qualcosa e non accettano che non si faccia; quando provano a farlo difficilmente trovano chi li sostiene. E poi che senso ha parlare solo della droga senza prima parlare di come sconfiggerla? Anzi, che senso ha fermarsi a parlarne quando si potrebbe agire? Se le istituzioni ispirano così poca fiducia ai giovani da essere oggetto di critiche e dimostrazioni di dissenso, anziché corazzarsi e ripararsi dietro un “gli adulti siamo noi e voi non capite niente”, potrebbero dimostrare, se è vero, di avere realmente a cuore il problema, ammettendo limiti e sbagli, riparando le crepe, ponendo così fine a quelle infiltrazioni, preoccupanti per gli adulti, tristi per i ragazzi. Sempre che si tratti di infiltrazioni… Mancanze forse? E di chi?
Bar - Pizzeria - Paninoteca
Locale Climatizzato Aperto tutti i giorni dalle 17:00 alle 01:00 Festivi dalle 11:00 alle 02:00 Via Masnaco Nicolosio (Area Crespi) Castelnuovo Scrivia (AL) Tel. 340 1854008 - 349 5751878
MUSICA DAL VIVO tutti i Giovedì sera Venerdì sera KARAOKE Progetto grafico e impaginazione: Favolarevia - Mauro Mainoli Fotografie: favolarevia Redazione Direttore Resp.: Antonella Mariotti Presidente: Mimma Franco Anna Bruni - Giovanna Spantigati Paola Maggi - Elisa Pareti - Mauro Mainoli - Silvia Pareti - Marta Lamanuzzi - Livia Granata - Giada Gatti Simona Lucarno - Davide Varni Elena Pisa - Paolo Pareti - Marcello Spinetta - Giorgia Bresciani - Cecilia Sacco - Andrea Accatino
Proprietà artistica letteraria Casa Editrice Favolarevia Via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)
Piccoli Piccoli Lisa R. Magnaghi - Cecilia Mariotti Martina Ruta - Sofia Falchetto - Daniele Accatino - Marta Poggio - Fabio Porta Scarta - Claudia Poggio Federica Marini - Marta Chiapedi. Collaboratori Claudio Bertoletti - Elio Pisa - Manuela Gandolfi - Paola Picena
Illustrazioni Carlotta Ruotolo Vietato riprodurre senza autorizzazione testi, fotografie e impostazione grafica
Decoratore - Progettista d’Ambienti Cartongesso e controsoffittature di vari tipi
Claudio Bertoletti
Imbianchino via Emilia Sud, 22 15055 Pontecurone
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K r i t i k a
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Cani iracheni
L’ a m i c i z i a t r a u n m a r i n e e u n c u c c i o l o i r a c h e n o f a n o t i z i a , l’uso di armi chimiche a Falluja invece no Mauro Mainoli
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delle ore 13, chiusura del notiziario: un mezzobusto dai toni rassicuranti ci informa che, dopo tante brutte notizie provenienti dall’Iraq (“brutte notizie” starebbe ad indicare l’indicibile abisso di orrore in cui è sprofondata la nazione), fi-
nalmente si può raccontare una storia a lieto fine. Segue servizio su un giovane marine che incontra tra le macerie di qualche martoriata cittadina irachena un cucciolo spaurito (difficile d’altronde, immaginarlo che zampetta felice tra i cadaveri) e se ne innamora, trasformandolo nel suo inseparabile compagno di missioni. Vengono mostrate le foto del cagnolino che compie azioni di guerra insieme al suo nuovo padrone. Un brutto giorno, però, anche il cane, ormai piuttosto cresciuto, è missing in action, disperso durante un’operazione militare, e il marine deve rassegnarsi a tornarsene in patria senza il suo inseparabile amico. Ma non si dà per vinto: dopo incredibili ricerche e un frenetico scambio di foto e di passaparola tra commilitoni, riesce a riconoscerlo fra i cani chiusi in qualche gabbia di uno dei tanti zoo devastati dalla guerra, lo riabbraccia e se lo porta a casa, nella sua grossa e
bianca villa americana, dove l’eroico cane corre felice sul prato dell’enorme giardino. Il servizio termina con l’inquadratura della piastrina appesa al collo del cane, un’onorificenza conquistata sul campo: targhetta blu a forma di osso, con la dicitura «war dog», cane di guerra. Tutto vero
e tutto trasmesso da uno dei più importanti organi d’informazione televisiva in orario di grande ascolto, con tanto di commento musicale in perfetto stile TG2. Rainews 24, canale satellitare d’informazione, ore 7.40 circa del giorno precedente, fascia d’ascolto dedicata ai pochissimi che guardano le notizie prima di andare a lavorare: passano le immagini di Falluja, la strage nascosta, il documentario di Sigfrido Ranucci e Maurizio Torrealta che documenta l’uso di armi chimiche, in particolare del fosforo bianco e di un agente simile al napalm, l’MK77, durante l’attacco americano a Falluja, 65 chilometri a ovest di Baghdad, 350.000 abitanti (600.000 contando gli agglomerati di periferia). Una galleria di orrori che può evocare un’immagine sola: l’inferno. Corpi ustionati, a volte fusi dal calore, sorpresi nel sonno o in cucina, annientati mentre
pregavano, mentre fuggivano, mentre aspettavano indifesi l’apocalisse. Accanto ai combattenti con uniformi militari, donne, bambini, anziani, civili inermi e avvolti ancora nei loro abiti grottescamente intatti: il fosforo bianco brucia le molecole che contengono ossigeno, devastando le
mucose e tutte le parti di un organismo vivente con cui viene in contatto, ma lascia integri i vestiti. Dopo l’attacco americano del novembre 2004 a Falluja si contarono 36.955 case distrutte (dati ufficiali), 1.200 – 1.600 «combattenti nemici» morti (dati del Pentagono), nulla si sa dei feriti (ma un’idea ce la possiamo fare guardando il noto filmato del marine che trucida un ferito innocuo disteso all’interno di una moschea), «nessun civile ucciso» secondo le affermazioni del generale Sattler, centinaia e centinaia di vittime civili secondo il Centro per la Democrazia e i Diritti Umani di Falluja, che ha mostrato al Parlamento Europeo una sequenza fotografica che è impossibile guardare nella sua interezza se si conserva anche un solo briciolo di capacità di immedesimazione (archivio fotografico disponibile su www.rainews24.it, insieme a tutto l’agghiacciante e inconfu-
tabile materiale necessario per farsi un’idea di quel che successe a Falluja nel novembre 2004). Scorrono le immagini del servizio di Ranucci e Torrealta, ma scorrono solo prima delle 8 del mattino e solo per chi si è messo sul tetto una parabola. Entra in poche case italiane ad ora di colazione l’orrore di un nuovo ordine mondiale, e agli Italiani più accorti torna in mente qualcosa di tragicamente vecchio: nel 1935 il nostro esercito esportò la democrazia in Etiopia avvolgendola in calde pillole di fosforo bianco. Allora si trattava di mettere a tacere la «gazzarra negussita», oggi si deve estirpare il cancro del terrorismo. Ad ogni epoca il suo nemico, a farne le spese quasi sempre chi chiede solo di terminare la giornata senza troppi sacrifici e senza troppa sofferenza, pregando quel Dio benevolo che veglia sull’armonia familiare e sui piccoli commerci di bottega e ignorando quel Dio iracondo che infiamma le armate e succhia avidamente le vite di chi si convince al martirio. L’esercito più potente della terra ha atteso con professionalità la rielezione di un presidente che si definisce “rinato in Cristo” per coprire con una pioggia di fosforo bianco un’intera cittadina densamente popolata. Rainews 24 documenta tutto, e tra le tante creature rimaste a giacere nella polvere delle macerie, per un attimo una telecamera di qualche giornalista poco embedded inquadra le carcasse di due cani stesi uno accanto all’altro, nessun segno di proiettili o di schegge, consumati dallo stesso fuoco che ha ucciso le persone senza lasciare sul corpo alcuna ferita. Vittime dello «Shake and bake», «scuoti e cucina», come le riviste specialistiche militari definiscono l’effetto combinato di esplosivi e fosforo bianco. Due cani sfortunati, molto più sfortunati di quell’altro cucciolo che aveva saputo mettersi dalla parte giusta al momento giusto e ora corre felice in un prato americano invece di giacere nella polvere contaminata di Falluja. Ma questa non è una “buona notizia” e non disturberà il pranzo di chi guarda il TG2. Dei cani morti di Falluja ad ora di pranzo non è opportuno parlare. Dei loro padroni neanche.
Due fotogrammi del filmato che è possibile vedere sul sito www.rainews24.it: elicotteri americani riversano una pioggia di fosforo bianco sulle abitazioni di Falluja. A sinistra: una foto scattata da Jeff Englehart, il marine intervistato da Rainews 24. Jeff Englehart ha ammesso di avere sparato sui civili, di aver ricevuto l’ordine di considerare target anche i bambini di 10 anni, di aver ascoltato alla radio del suo mezzo blindato l’ordine di usare il fosforo bianco, di essere stato testimone oculare dei cadaveri di civili bruciati dal fosforo.
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Caro Gesù Ba Il Natale visto Caro Gesù Bambino (per me che credo), cara Vanna Marchi (per chi crede nella cartomanzia), cara Filosofia (per i fans di Platone ed Aristotele), cara Psicologia (per le menti scientifiche), ciò che desidero per questo Natale sono alcune risposte. Non chiedo la risoluzione dei grandi problemi del mondo, di quelli politici ed ambientali che sono nelle mani dei potenti, né, tanto meno, di quelli che non sono neppure nelle mani dei potenti come le catastrofi naturali. Non mi sono del tutto ignoti e so benissimo che noi giovani siamo il futuro del mondo e che questi problemi saranno presto nelle nostre mani, ma temo che questo mondo e i suoi grandi problemi debbano aspettare ancora per qualche anno e intanto che ci aspettano noi possiamo pensare al nostro mondo, al piccolo universo a cui apparteniamo. Non si tratta del mondo del quale percepiamo l’eco dai telegiornali, anche se questo eco si fa più chiaro e insistente man mano che cresciamo, né del mondo di cui spesso vogliamo dimostrare di sapere tutto ma di cui in realtà sappiamo ancora così poco. Sto parlando di un mondo che è alla nostra portata poiché lo viviamo tutti i giorni, è la nostra realtà quotidiana. Anche questo mondo costituito dai nostri amici, conoscenti e coetanei, da ragazzi che abitano nel nostro Paese, nella nostra città, ha dei problemi, ed è riguardo a questi problemi che mi pongo delle domande. Al pomeriggio chi frequenta una scuola media o superiore dovrebbe studiare, almeno un po’, per il suo futuro, mica per altro, e fare un po’ di sport, per la sua salute, per divertirsi. Invece c’è chi passa il pomeriggio nell’inerzia totale, rinscemendosi davanti ad un videogioco, accendendosi uno spinello di tanto in tanto o facendosi un viaggetto mentale con qualche pasticca… Perché? Siamo fortunati, le nostre famiglie sono piuttosto benestanti, non solo non ci mancano i beni di prima necessità, ma spesso i genitori ci foraggiano generosamente per permetterci di divertirci. Qualcuno però spende (anche se mi sembra più appropriato: butta via) notevoli somme di denaro in fumo, cocaina e altri stupefacenti che provocano danni gravi e permanenti all’organismo… Perché? Al sabato sera possiamo andare a mangiare fuori, al cinema, a ballare, ad un concerto, in qualche locale delle vicinanze. Non viviamo in una metropoli, ma neppure sul Tibet. Però c’è chi a tutte queste alternative preferisce quella di gelare all’aperto o soffocare a casa di qualcuno per condividere quei geniali formati collettivi di canne o qualche pista di quelle non asfaltate né da sci… Perché? Marta Lamanuzzi, 17 anni.
Storie ordinarie di vittorie straordinarie Caro Gesù bambino, quest’anno mi permetto di segnalarti alcuni regali che devi recapitare con la posta celere perché queste persone lo meritano davvero. Dovresti consegnare un gigantesco dono a Brice Mellen. E’ un ragazzo americano di diciassette anni con la passione per i videogiochi, e gli piacciono così tanto che riesce a vincere senza usare lo schermo. Anzi, a volte ridicolizza gli avversari giocando spalle al video. Ma non lo fa per superbia o presunzione; per lui non fa differenza, infatti è cieco dalla nascita. Si è avvicinato ad un mondo che tutti considerano ancora soggiogato ai voleri del pubblico vedente. Ha provato, ha sbagliato, ha riprovato senza arrendersi. Ha cominciato chiedendo aiuto a chi gli stava vicino, poi ha memorizzato i suoni collegati alla pressione dei tasti (si, esistono i suoni, oltre alle figure che si muovono), e nel torneo giovanile di videogames ha battuto tutti gli sfidanti (vedenti) ad una gara di arti marziali virtuali, raggiungendo il primo posto. Brice ha indubbiamente mostrato, ancora una volta, che gli handicap non sono baratri incolmabili ma solo barriere che cedono alla forza di volontà. Un altro grosso regalo va al professor Hawkings, il famoso fisico che da anni rivoluziona il mondo della fisica col solo aiuto della mano destra, l’unico arto che riusciva ancora a muovere. Il brillante fisico è afflitto dalla sclerosi laterale amiotrofica, una malattia degenerativa che paralizza gradualmente tutto il corpo ed impedisce anche i movimenti più comuni, come la respirazione. Ormai da un anno, Hawkings ha perso anche l’utilizzo della mano che riusciva a muovere. Era paralizzato completamente. Ma non si è arreso, e ora continua a sovvertire la fisica e a diffonderla alle persone, che rimangono sempre più colpite dalla fermezza di questo genio che comunica solo col movimento degli occhi. E in questo caso si supera la semplice forza di volontà, ma è necessaria una fermezza, una determinazione e una disperata voglia di vivere che pochi posseggono, e tra questi pochi non ci sono le persone “normali”. Ed ora vorrei molti altri regali, da dare a tutti gli atleti che nel 2006 andranno a Torino per partecipare non alle Olimpiadi ma alle Paraolimpiadi, un evento di cui pochi parlano, che viene nascosto, come una vergogna da tenere segreta. Eppure il messaggio dello sport non è sempre stato quello di abbattere le barriere e superare i pregiudizi? E questo messaggio lo possono diffondere meglio loro di tutti i vari campioni più o meno gonfiati. Questi sono stati solo tre esempi. Per favore, caro Gesù Bambino, porta tanti doni non solo a loro ma anche a tutte le persone che devono lottare contro qualcosa più grande di loro. Per ricordargli che non sono sole. Per ricordargli che sono d’esempio per tutti noi. Grazie. Ciao. Davide Varni, 16 anni.
Caro Gesù Bambino, quest’anno per Natale vorrei la…Giustizia. Sì, esatto, proprio la Giustizia: il valore su cui ogni umana istituzione dovrebbe fondarsi, un diritto che dovrebbe essere garanzia per ogni essere umano, e che invece troppe volte viene calpestato, accantonato e dimenticato. Quante volte in un giorno vengono commesse tremende ingiustizie? Quante volte in un’ora una madre piange il proprio figlio? Quanti innocenti soffrono in un minuto? Troppi, sempre troppi. Tu hai ci hai insegnato che gli ultimi in questa terra saranno i primi nel regno dei cieli, che la giustizia non è terrena, ma divina… però non sarebbe bello se almeno una volta l’uomo imparasse dai suoi errori? Se riuscisse a regolarsi autonomamente e riuscisse ad agire in modo che le sue azioni non siano sempre ed esclusivamente cagione di dolore per coloro che lo circondano? Non sarebbe più… giusto… se parte dei torti che vengono inflitti fossero riparati non soltanto in quella vita che viene dopo questa, ma almeno in parte anche in quella che tuttora viviamo? Ma l’uomo è crudele, è consapevole che suo fratello soffre, e ben conscio di ciò continua ad agire in modo da perseguire sempre e solo i suoi obbiettivi, incurante di calpestare i diritti e la libertà di qualcun altro, incurante del fatto che a causa della sua sconsiderata condotta altri sono condannati alla sofferenza. Per questo, per Natale, ti chiedo la Giustizia, con la Giustizia anche la Pace non sarebbe più un’utopia, ma una realtà, perché in una società giusta retta da giusti la pace riesce a realizzarsi e a compiersi nella sua totalità. L’uomo è difficile da ammaestrare, o meglio è difficile riuscire ad insegnare all’uomo quale sia la giusta via da seguire e a convincerlo della sua validità, perché è una via stretta e tortuosa. Tu duemila anni fa ci hai provato, ci hai lasciato su una croce con la speranza di aver cambiato per sempre il mondo. Il mondo è cambiato, ma così tanto in meglio? Forse no, e forse perché non sei stato capito, le tue parole non sono state comprese, e non le comprendiamo appieno neppure ora, perché sono parole di amore, di pace, e di giustizia… ed è così difficile scegliere di incamminarsi su un sentiero difficoltoso, sorretti soltanto da valori astratti, al termine del quale non è garantita e promessa nessuna remunerazione per il nostro operato... al contrario è così facile lasciarsi sedurre e stregare dalle ambizioni, dai sogni di falsa e facile ricchezza, perché mai dovremmo scegliere la più impervia delle strade, quando possiamo percorrere la più spaziosa? Perché solo così potremo realizzare un solido terreno sul quale fare attecchire la Giustizia. Pertanto, a questo punto, modifico la mia richiesta iniziale… non voglio più la Giustizia, perché solo noi,e nessun altro, possiamo far sì che vi sia non una Giustizia vagheggiata e poi ignorata, ma una reale Giustizia; piuttosto ti chiedo l’Ispirazione, per far sì che gli uomini sentano la tua voce e si ricordino dei tuoi insegnamenti, l’Ispirazione che ci guidi lungo la via più impervia, e che permetta alla Giustizia di fiorire in tutto il suo splendore in questo mondo funestato da infiniti lutti. Livia Granata, 18 anni.
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Trovamala Mario Strada Secco, 5
Caro Essere Supremo,
tu che sei padrone del tempo, del ascolta, ovunque tu sia, ciò che u Sono una ragazza di 17 anni che, dalle sue esperienze tutto ciò che momenti felici, che riescono a far l’adrenalina, a farti sopportare qu In alternanza a questi periodi si su controllare, scivola via dalle mani Questo è quello che nell’essere um contrapposizione. Il sorriso e la la sfortunatamente, dipende dai pun decidere quale di essa si vuole sfo nella sua essenza, pur sempre “m Non importa, dunque, sapere qua se veramente si vuole arrivare a c proporzioni diverse l’una rispetto La filosofia dell’ “Uno, nessuno, c è singolo ma al tempo stesso molt all’infinito universo. Può sembrare ragioni a noi sconosciute. Alla fine Lo stesso vale per le esperienze c condividiamo la stessa fragilità. N possiamo formulare delle vaghe te conoscere non la possediamo. A m curiosità e ci permette di compier delle generazioni che verranno). Non tutto però è deciso dal destin presenta e da esse impariamo a c accompagnerà per tutta la vita e decisioni più importanti. Accanto stimola a combattere. Tutto questo discorso per ringrazia ed imparare dagli errori che ho co ringrazio soprattutto per questo, che ho trovato la forza di far eme esplodere.Visto che ci avviciniamo riuscire a farmi trovare un equilib quella che continuo a conservare bene. Riconosco che in questo per libero sfogo ad una parte di me sc serie difficoltà per gestirla, perch volte che l’ho soffocato per evita provando sensazioni nuove e appr e quanto sia prezioso sapersi gode Sono sicura che ognuno di voi avrà questo mi comprenderete. Auguro Buone feste a tutti!!! Elena Pisa, 17 anni.
15053 Castelnuovo Scrivia (AL)
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ambino... dai ragazzi del Mosaiko
foto Claudio Bertoletti
Cosa chiederei a Gesù … Il mondo è composto da tanti piccoli puntini, che uniti formano la sua immagine: gli uomini, l’ambiente e tutte le opere create dall’intelligenza e dall’abilità umana. L’immagine del mondo appare, però, sfocata e i puntini sembrano quasi distaccati tra loro, come se ognuno stesse cercando di ritrovarsi e di riconoscersi in mezzo agli altri. Attualmente, infatti, l’uomo sta errando alla ricerca della via che lo condurrà alla conoscenza di se stesso e che lo porterà ad accettarsi con tutti i suoi difetti e, infine, ad amarsi. Intanto, però, è accecato dalla violenza, che fin da piccolo entra a far parte della sua vita attraverso i cartoni animati, i quali sempre più spesso mostrano immagini di combattimenti e scontri. I bambini sono ormai abituati a vedere i loro eroi preferiti che si sfidano a duello e sono portati a pensare che anche le persone umane si scontrino in continuazione. Poi, crescendo, capiscono che gli uomini sono mortali, a differenza dei loro eroi, ma non rimangono stupiti più di tanto, visto che anche nei loro cartoni animati accadono fatti dolorosi. E’ davvero giusto, però, che i bambini comprendano già dalla televisione la dura e fredda realtà? L’infanzia dovrebbe essere un periodo spensierato e felice, nel quale si cercano di trasmettere a un bambino i valori più importanti, altrimenti sarà scontato per lui che due persone si uccidano, come nei cartoni. Quando diventerà grande, non farà niente per migliorare una situazione per lui abituale. Situazione che vede l’uomo, in preda alla violenza, annientare prima di tutto se stesso. In quest’epoca di consumismo sfrenato, spesso le persone diventano schiave degli oggetti e non si accontentano più di niente, portandosi dentro un grande senso di insoddisfazione. Nei casi peggiori la droga, il fumo e l’alcool incatenano l’uomo, non rendendolo più padrone delle sue decisioni e delle sue azioni. Lo scarso amore e rispetto verso se stessi porta a perdere la coscienza delle conseguenze del proprio agire: l’uomo scivola così nell’abisso delle azioni distruttive, dal piccolo gesto di vandalismo contro le strutture pubbliche, fino all’irreparabile sopraffazione del prossimo attraverso la violenza, in una spirale che conduce all’omicidio, al terrorismo, alla guerra. L’uomo spesso si accanisce, per giunta, proprio sulle creature più indifese, gli animali, abbandonandoli come se fossero giocattoli da buttare via quando non lo divertono più. Una volta innescata la bomba dell’egoismo, la furia dell’uomo non risparmia neppure l’ambiente in cui vive, l’aria che respira e l’acqua che beve. Le fabbriche riversano i loro rifiuti tossici su tutto ciò che di prezioso offre la terra. La natura, madre dell’uomo, viene continuamente sfidata da questo suo figlio presuntuoso che sperimenta tutto ciò che si può sperimentare, dai prodotti agricoli artificiali, gli ogm (i cui effetti a lungo termine non sono ancora stati scoperti e che possono mettere a rischio la salute pubblica), alla replicazione forzata della specie attraverso la clonazione. La vita umana appare, quindi, svuotata del suo senso più profondo poiché i valori semplici hanno perso importanza e manca l’armonia tra le parti del mondo, necessaria per vedere nitidamente la sua immagine. Spero che Gesù riesca a infondere Amore in tutti i cuori, per far sì che l’uomo apra gli occhi sulla realtà, si renda conto dei suoi errori e cerchi di porvi rimedio, dopo aver compiuto un percorso interiore che lo porti ad accettarsi così com’è e sentirsi pronto a donare affetto. Giada Gatti, 17 anni.
vita, della morte, dell’equilibrio, del caos, della fortuna, della sfortuna… ilmente ho bisogno di chiederti! el pieno della sua adolescenza, osserva il mondo dove vive, cercando di imparare a vita le può insegnare. Come la maggior parte delle persone, ho vissuto anch’io sentire scorrere nel sangue una forza nuova, a risvegliare il corpo con lsiasi fatica o dolore. seguono quelli più spiacevoli, dove tutto quello che prima si credeva capaci di Il dolore è talmente lacerante che le lacrime non bastano più ad alleviarlo. ano continua a verificarsi: sentimenti opposti e continuamente in rima, il vero e il falso, il bianco e il nero, il bene e il male… Fortunatamente o di vista, si ha la possibilità di conoscere entrambe le facce della medaglia e giare. Ciò non significa essere doppiogiochisti, anzi… ognuno di noi è comunque, daglia”: d’oro, d’argento o di bronzo, sin dal momento della sua nascita. e facce essa abbia o in che modo vengano usate, ma l’importante è scoprirle tutte noscere ciò che si è. I diamanti sono formati da numerose sfaccettature in altra, ma è proprio il loro insieme che ne costituisce l’essenza. ntomila” ci fornisce un esempio molto chiaro della nostra essenza: l’essere umano plice, formato da varie personalità e contemporaneamente nullo rispetto n apparenza contraddittorio, ma è una verità perché così ci hanno creati per che gusto c’è se in tutto questo non esiste il mistero? e viviamo: il destino di uno è differente da quello dell’altro, anche se tutti n capiamo perché succede qualcosa in un certo momento e perché proprio a noi; rie, ma una spiegazione che soddisfi completamente il nostro bisogno di o parere personale, forse è meglio così perché ciò stimola la nostra continua grandi passi in ogni campo culturale ( e la cultura è il nostro futuro e quello
, qualche volta a decidere siamo noi. Affrontiamo le grandi difficoltà che la vita ci scere facendo tesoro dei nostri errori. Molto spesso ci affidiamo all’istinto, che ci tutte le nostre scelte, malgrado si cerchi di essere sempre razionali nelle d esso c’è la paura, che ci spaventa ma che al tempo stesso ci dà forza e ci
e colui che mi ha donato il mio destino, che mi ha dato la possibilità di crescere mmesso, malgrado ora non stia vivendo uno dei periodi più felici della mia vita. Lo erché è grazie a una spiacevole esperienza, tra le tante di questo periodo grigio, gere un lato di me, soffocato per tanto tempo, che non riuscivo più a far alle feste, forse un po’ egoisticamente volevo chiedere a Te, Essere Supremo, di o tra le varie mie personalità, soprattutto tra quella che è emersa di recente e mmutata dentro di me. Non vorrei rischiare di deludere le persone che mi vogliono odo molto instabile sto facendo, involontariamente, del “male” ad esse. Lasciando nosciuta e che ho sempre tardato (forse per paura) ad affrontare, ora mi trovo in l’istinto è quasi completamente padrone di me: vuole riscattarsi di tutte quelle di ferire. Ora che sono stata ferita si è liberato impossessandosi di me… sto zzando di più ciò che la vita mi ha donato. Ho capito quanto importante sia vivere e la vita. passato un periodo “no” nella sua vita che l’ha segnato fortemente e so che per a tutti di trovare il conforto dell’amicizia e la forza di non fermarsi mai!!!
Vacanze di Natale? D’accordo. Spirito natalizio? Ci penserò in seguito. Il Natale ci aspetta, come meritata ricompensa dopo un autunno di lavoro e come periodo di riposo per poi prepararsi a lavorare con poche interruzioni fino all’estate. Principalmente il Natale e il capodanno sono fondati su due principi-cardine: il dormire e il mangiare, che da soli bastano a conferir loro quell’aurea di magica e gioiosa tranquillità, aiutata anche dalla dolce e conciliante atmosfera che crea la neve. Al riparo dal lavoro e dallo studio l’uomo si sente più buono: la tredicesima è stata incassata, le verifiche e le interrogazioni sono passate e la dispensa è piena di cibo. Ci sono preoccupazioni e problemi che non vanno in vacanza a Natale ma in generale chi è sopravvissuto tutto l’anno non avrà problemi a giungere all’anno successivo. Il bambino è entusiasta. Il ragazzo è felice. L’uomo è contento. L’anziano è tranquillo. Il cane dorme panciuto nella cuccia innevata. Ora c’è tutto il tempo per essere più buoni. Ora c’è la voglia di progettare un anno migliore. Ora nei nostri pensieri c’è lo spazio per pensare a tutto quello che non abbiamo fatto ma che ci promettiamo di fare nel prossimo anno. Ora il nostro cuore vorrebbe vedere un po’ di generosità e perché no, magari compiere qualche buona azione. Ma ora è passato capodanno e siamo già nel 2006. Adesso basta con queste sciocchezze che c’è da studiare. Adesso ho da lavorare, a queste cose penserò in seguito. Paolo Pareti, 15 anni.
Caro Babbo Natale, quest’anno mi devi per forza accontentare perché sono stata molto brava e c’è anche chi lo può confermare. Ho cambiato direzione e non ti chiedo più la fine della guerra, la pace nel mondo e un domani migliore per la nuova generazione. Le mie richieste sono terra terra, voglio ingozzarmi di dolci sotto l’albero di Natale, ricevere un regalino costoso e dimenticarmi, nello scintillio universale, di chi è lontano e non potrà più amarmi. Viva il Natale, viva la Befana, per chi vive, spera e, nonostante tutto, cerca di essere felice e festeggiare. A tutti un augurio caloroso per un anno nuovo uguale e un cambiamento interno portentoso. Elisa Pareti, 24 anni.
Caro Babbo Natale, è da un po’ che non ti scrivo, vero? Sai, quando si cresce… si cambia. Questa non è la solita lettera con la lista dei regali che desidero, anche se l’abitudine mi spinge a scriverla, ma è una lettera con scritto l’unico desiderio che ho nel cuore. Si riassume in una sola ed unica frase in cui voglio racchiudere un’infinità di desideri per il mio mondo, il tuo e quello di tutti gli altri. “Desidero un mondo migliore che porti felicità e pace a tutti gli esseri viventi”. Con affetto. Buon Natale da Giorgia Bresciani, 15 anni.
Caro Gesù Bambino, dopo un’attenta riflessione sono giunta alla conclusione di voler rovesciare i termini della questione: perché non offrire invece che chiedere? Mi spiego meglio. Quando in famiglia nasce un bambino, c’è gara tra i parenti per fare i regali. Allora perché anche noi non possiamo fare almeno un regalo a te, Gesù Bambino? Certo non è facile fare un regalo a te: il Figlio di Dio, il Re dei Re, ma ci sono cose che solo noi ti possiamo offrire. Caro Gesù Bambino vorrei regalarti i nostri sorrisi, le nostre gioie, la nostra disponibilità verso il prossimo, la serenità e la voglia di vivere a pieno ritmo la vita, la speranza in un mondo migliore e l’impegno a realizzarlo. Sono cosciente che il futuro dipende soprattutto da noi e dai nostri comportamenti, dal rispetto per il prossimo e per la natura che ci circonda. Ecco, questi sono i pensieri che ti voglio offrire quando festeggeremo la tua nascita. Certa che quanto ti doniamo ti sarà gradito, ti do il benvenuto tra noi e ti saluto. Ciao. Cecilia Sacco, 15 anni
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così!
Grazie Mosaiko!
E’ nato un anno e mezzo fa, e il Mosaiko Kids ne ha fatta di strada! I ragazzi – grandi e meno grandi – che lavorano alla sua realizzazione dimostrano un entusiasmo e una volontà encomiabili: il gruppo redazionale è così unito, compatto, da suscitare in noi meraviglia e rispetto. Il progetto ideato da Mimma Franco, instancabile e generosa in ogni sua iniziativa, sta andando avanti con grande successo: basta leggere gli articoli del giornale per rendersene conto. I ragazzi dimostrano di aver capito che bisogna credere nei veri valori della vita e che quelli – solo quelli – bisogna impegnarsi a difendere. Bravi, andate avanti così! Aiutiamo il giornale a crescere, non disperdiamo il patrimonio di idee e progetti che traspare dagli scritti di questi giovani. Un giornale fatto da loro e tutto per loro è già un miracolo! Lunga vita al Mosaiko Kids e buon Natale a tutti!
Continuate
Ennesimo (dovuto) pensiero natalizio Mimma Franco
E’
normale, in clima natalizio, rivolgere lo sguardo verso l’alto, fare un bilancio dei giorni trascorsi, ringraziare le stelle per ciò che si stringe tra le mani o nel cuore e spingersi a chiedere quel che sembra indispensabile per tirare avanti. I ragazzi della redazione l’hanno fatto con molta semplicità e sincerità, riassumendosi in un desiderio. Qualche grazie vorrei dirlo anch’io. Non so chi devo ringraziare della mia imperfezione, della mia sensibilità, del mio bisogno degli altri, della mia pazzia che mi permette di vivere. Se ad un uomo si toglie la voglia di giocare, la sensibilità, la giusta dose di follia, non può che trasformarsi in una perfetta macchina da guerra. Ne vale la pena? Direi proprio di no, e per questo ringrazio la bambina che ancora vive dentro di me, la piccola avventuriera di tanti anni fa che mi ha trascinato in un’altra avventura bislacca ed esaltante: il giornale che avete tra le mani… Avventura resa possibile dall’infinita pazienza e dall’immensa carica umana di Antonella Mariotti, amica più che direttrice. Mi scuso di averla travolta con la mia incontenibile impulsività, ma spero abbia capito lo slancio ideale che anima i miei eccessi. Il Mosaiko, però, non vivrebbe senza la freschezza e l’entusiasmo dei suoi giovani redattori, e mi consolo di ogni sforzo e di ogni fastidio guardandoli avvicinarsi in punta di piedi al duro sentiero del giornalismo o superare i primi rossori dei propri fogli scrutati da occhi estranei. Li ringrazio con tutta la sincerità di cui sono capace e auguro loro di riuscire a conservare intatti i valori in cui credono. Abbraccio idealmente tutti i collaboratori che, a vario titolo, hanno reso possibile materialmente la realizzazione e la diffusione del giornale: Claudio, Elio, Fiorenza, Mariuccia, Paola, Manuela, Laura, Giovanna e le numerose persone che hanno scritto alla redazione, rivolto domande ai ragazzi del Mosaiko o ai collaboratori esterni, condiviso con il Mosaiko l’emozione di un giornale tutto per i giovani, sfogliato con passione queste pagine sempre meno sperimentali. Voglio infine rivolgere un ringraziamento particolare al Prefetto di Alessandria, dott. Vincenzo Pellegrini, per l’attenzione con cui ci ha seguiti fin dall’inizio del nostro viaggio. A tutti l’augurio di un Natale profondo…
Laura Spantigati
la voce fuori campo
e li chiamano disabili... S
ono accoccolata sul mio accogliente divano vicino al caminetto che riscalda il mio corpo abbandonato, gli occhi persi a guardare fuori dalla finestra il lento movimento delle foglie rosse e gialle che, mosse dal vento e dalla pioggia, sembrano danzare. C’è molta quiete in questa immagine autunnale. La radio accesa mi fa compagnia in questa domenica pomeriggio uggiosa, mi piace ascoltare Radio 24, sono le 16.30 e la radio sta trasmettendo un programma dal titolo Diario 24, ospite della trasmissione il giornalista Candido Cannavò. Parla del suo libro “E li chiamano disabili”, al telefono i personaggi del libro da lui descritti danno voce alle loro storie, storie
commoventi, storie ricche di passioni, di tanta voglia di vivere, storie di persone che vogliono essere considerate persone e non esseri diversi, persone con grandi potenzialità e ricchezza umana. Storie che hanno dell’incredibile quando si pensa a uno scultore come Felice che riesce a scolpire la creta ritraendo la sua donna con tale fedeltà da lasciare senza fiato un vedente, o alla bellissima ballerina che ama più di ogni altra cosa la danza e la pittura e lo esprime al meglio anche senza le braccia; e altre storie ancora che lascio scoprire a voi leggendo il libro (Candido Cannavò, “E li chiamano disabili”, edizioni Rizzoli, pagg. 252, euro 16,00). Ma la cosa che mi
ha più colpita è l’importanza che Cannavò attribuisce al ruolo della famiglia: se i genitori dei cosiddetti disabili non aiutano i loro figli a vedere e sviluppare le proprie potenzialità, allora il marchio della diversità e dell’esclusione saranno i figli stessi a incollarselo addosso ancor prima di essere discriminati dagli altri. Certamente mi rendo conto che come mamma non è facile affrontare tutte le difficoltà che un bimbo diversamente abile incontra crescendo e integrandosi nel mondo della scuola e del lavoro o semplicemente dedicandosi alle attività ricreative. Occorre dedicare tutto il proprio tempo, sostenere continue lotte ed essere animati da una grande determinazio-
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ne, da una grande intelligenza e da un enorme coraggio, perché nonostante tutta la tecnologia a nostra disposizione il lavoro più difficile e pesante spetta sempre ai genitori, agli insegnanti e agli amici, mentre a livello sociale, a mio avviso, resta ancora molto da fare nei confronti dei cosiddetti disabili. Chiudo questa lettera salutando tutta la redazione del Mosaiko e dedicando ad Emanuele e alla sua mamma un’annotazione di Gennaro Fioretti tratta dal libro “Il silenzio emette un suono”, edizioni L’Alfabeto Urbano, 1988: Libera la tua istintività: la strada è quella di essere se stessi al di là di tutto. Ciao, Mariuc.
Centro studi
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Scuola Elementare Paritaria (per bambini di 5/6 anni)
SKY
British Institutes Deutsch Institut Instituto Velàzquez
La scuola Elementare Paritaria Bilingue rappresenta ormai nella nostra città un punto di riferimento. Presso la nostra scuola le lezioni di molte materie, soprattutto del gruppo scientifico, si svolgono in Lingua Inglese. Inoltre nel momento in cui i bambini conseguono la Licenza Elementare sono in grado di utilizzare lʼevoluta padronanza della Lingua Inglese acquisita, per conseguire anche le prime Certificazioni Linguistiche Internazionali.
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P P P ii k kk ko o ll ii P ii k kk ko o ll ii Caro Gesù Bambino...
il Natale dei più (o meno) piccoli Caro Gesù Bambino, vorrei parlarti di come dovrebbe essere la scuola. La mia scuola ideale dovrebbe essere tipo un college dove poter praticare uno sport, andare a scuola, fare il bagno in piscina, sia d’inverno sia d’estate; inoltre mi piacerebbe avere un mini appartamento con le mie amiche per i momenti di relax, fare i compiti in pace, andare al bar in compagnia e mangiare bene. Il college dovrebbe essere aperto alle 8:00; ma l’orario scolastico dovrebbe durare dalle 9:00 alle 12:40 lunedì, mercoledì, venerdì e sabato, o alle 13:35 martedì e giovedì. Finita la scuola, si andrebbe al ristorante; dalle 15:00 alle 16:50 ognuno praticherebbe il proprio sport e dalle 17:00 alle 18:00 ci sarebbe o arte, o musica, o religione, o ginnastica, o disegno tecnico, o informatica; dalle 18:00 in poi si potrebbero fare varie cose: stare nell’appartamento o fare il bagno in piscina o andare a ballare e giocare in compagnia. Alle 19.30 il college chiuderebbe. Il college dovrebbe aprire l’ultima settimana di agosto così che i ragazzi possano conoscere alunni e professori per poter scegliere i propri compagni di classe e di appartamento entro la seconda settimana di settembre, cioè l’inizio della scuola. La scuola dovrebbe finire nella prima o nella seconda settimana di giugno ma il college dovrebbe chiudere a fine luglio. Nel periodo tra giugno e luglio sarebbe possibile utilizzare una piccola spiaggia con sauna, bagno turco, vasca con idromassaggi profumati, piscina e centro benessere.
Disegno di Carlotta Ruotolo
Caro Gesù Bambino, per Natale voglio un coniglio e un maialino.
Caro Gesù Bambino, non voglio cambiare la vita, voglio stare così. Mi piacerebbe diventare famoso per disegnare le macchine. Mi piacciono tantissimo le macchine sportive. Le macchine sportive le fanno molto bene. Mi piacerebbe comprare una Mercedes decappottabile che va velocissima. Si chiama Classe S. Vorrei che regalassi alla mia famiglia e a Sonia un cuore nuovo per stare bene, per non arrabbiarsi, non bisticciare.
Anita Magnaghi, anni 4, Scuola Materna "Angelini" Torre d'Isola (Pv) - Classe Verde
Emanuele Ruta, 14 anni, classe 1ª Liceo Artistico Statale "R. Cottini" di Torino
Lisa Rita Magnaghi, 11 anni, Scuola Media Statale "Leonardo da Vinci" (Pavia) - Sezione BS
Caro Gesù Bambino per Natale vorrei… “una macchinina, il gameboy, la playstation, la bici e poi vorrei che quei bambini lì, quelli in Africa, com’è che si chiamano? Bambini poveri, ah, si, proprio loro, beh, insomma, vorrei dargli qualche spicciolo…” Ecco, questa sembra una lettera di Natale? Beh, si, ogni bambino ha bisogno dei propri spazi, dei propri divertimenti, ma caso strano nessun bambino vuole donare qualcosa di suo in Africa. Certo si potrebbe dire a ogni ragazzino per forza di inserire all’inizio di ogni lettera che si dispiace che non tutti i bambini sono fortunati come lui e tanti cari saluti… No così no…Io in nessuna lettera ho mai parlato dei bambini poveri, perché? Perché pensavo solo a me stessa, alla mia felicità, certo a 5 anni non si può capire il senso della vita ma a 13 anni magari qualcosa in più si capisce; o no? Io per Natale vorrei… Beh, se dicessi che non voglio niente non sarei onesta… vorrei dei vestiti, delle scarpe… e tante altre cose che ora probabilmente non mi vengono in mente. Comunque a Natale io vorrei pensare anche a chi sta soffrendo. Questa sembra una frase fatta, scritta in un manoscritto antico, ma mi viene dal profondo del cuore. Per ultima cosa volevo dire che a Natale tutti sono bravi e con l’aureola sopra la testa, da meritare tutti i doni che chiedono, ma bisogna anche imparare che nella vita non si può avere tutto: la macchinina, la play-station e poi? Un castello? Equilibriamo le cose ad ogni età e soprattutto non sprechiamo i soldi così tanto per sprecarli, se ne abbiamo usiamoli anche per fare del bene ogni tanto. Almeno a Natale! Martina Ruta, 13 anni, Scuola Media “Gualandi” di Pianezza (TO)
Caro Gesù Bambino, secondo me la cosa più bella che un uomo possa desiderare è la felicità, perciò ti chiedo di donarla a tutti quelli che sono tristi e di non farla mancare mai, a nessuno. Non mi dimentico certo dei miei amici animali, per loro ti prego di far aumentare le persone che li amano, li rispettano e, invece, di far diminuire quelli che li abbandonano e che distruggono i loro ambienti naturali. Per finire ti domando una cosa per la natura: fai ridurre il numero degli uomini che rovinano e inquinano il nostro pianeta. Leggendo questa lettera ti sarai accorto che è sempre l’uomo che commette azioni cattive, per questo correggo la mia richiesta riguardante gli uomini: oltre che la felicità desidero che tu doni a tutti la capacità di tirar fuori l’animo buono che c’è in ognuno e per le persone che si lasciano sedurre dal male, ti prego di aiutarle a ragionare sempre prima che commettano azioni malvagie. Con questo ti saluto e, anche a te, auguro di passare un buon Natale!!!
Sofia Falchetto, 12 anni, Scuola Media “L. Valenziano” di Tortona
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Pianeta n. 7 a cura di Paola Maggi on ci “sentiamo” da un po’ e le domande di voi ragazzi si sono davvero accumulate, quindi senza indugio ci dedichiamo alle vostre curiosità.
N
Quale differenza c’è tra un cane da lavoro, guardia, compagnia? La sua indole è diversa? Sono definizioni che si riferiscono alla sua “storia” e cioè al percorso di selezione che l’uomo ha affrontato per creare quella razza. Un cane da lavoro è stato selezionato per svolgere mansioni ben precise e quindi si sono ricercate e rinforzate nel corso degli anni quelle caratteristiche strettamente necessarie ai suoi compiti. Ad esempio in un pastore si sono rafforzate le doti di conduttore e di indipendenza (a volte deve prendere decisioni da sé e non solo eseguire gli ordini del pastore), la reattività, mantelli robusti (devono proteggerlo dalle intemperie visto che vive
Somiglianza tra cane
sempre all’aperto); in un cane da caccia si sono privilegiati olfatto, vista (i cani da riporto sono in grado di “marcare” il punto esatto dove cade la selvaggina abbattuta dal cacciatore e di raggiungerlo con grande precisione), rispetto della gerarchia (il cane da cac-
cia deve riconoscere nel suo padrone il suo capo fino al punto di accettare spontaneamente di riportare a lui la sua preda anziché sgranocchiarsela tranquillamente dopo averla trovata); ad un cane da lavoro in acqua sono richieste grossa potenza fisica (a volte deve lottare contro le correnti) e un mantello con un ricco sottopelo che lo protegga e lo isoli dal freddo dell’acqua. In un cane da guardia è stato mantenuto ed esaltato al massimo il senso del territorio, la possessività nei confronti di cose e del suo branco umano (infatti i cani appartenenti a questo gruppo di razze sono spesso quelli che hanno “un solo padrone”) e si è salvaguardata la diffidenza nei confronti dell’estraneo propria degli antenati lupi. Il cane da compagnia è una realtà molto complessa da descrivere … in linea di massima si tratta di razze sviluppate appunto solo per essere compagni dell’uomo quindi senza mansioni specifiche, da qui animali a volte con un’estetica molto particolare che difficilmente sopravvivrebbero in natura come il cane nudo cinese o il più conosciuto chihuahua. Sono spesso cani molto sensibili che, anche se impossibilitati a svolgere un vero e proprio ruolo di guardia per la piccola mole, svolgono con entusiasmo (a volta un pochino eccessivo a detta dei vicini) una funzione di “avvisatore”, infatti spesso questi piccoli (soprattutto le razze orientali come lo shi-tzu) svolgevano questo ruolo nei confronti de grossi mastini da guardia (mastino tibetano etc.). e padrone... Chi porta a casa un cane da compagnia può stare tranquillo che non verrà mai morsicato? La risposta non è legata solo alla categoria dei cani da compagnia e richie-
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suo branco umano acquisendone le abitudini, quindi vedremo padroni pigri con cani dormiglioni e padroni nevrotici con cani “schizzati”. Anche per questo sarebbe importante scegliere un cane le cui caratteristiche di base si adattino al nostro stile di vita … così gli chiederemo un sacrificio minore: provate a pensare ad un Border Collie, che non conosce il concetto di riposo, in una casa di pantofolai o ad un pacifico San Bernardo a casa di maniaci della corsa.
foto Narciso Bresciani
Lui è il cane solo del suo padrone o di tutta la famiglia?
de una serie di premesse. La prima in assoluto è che il cane non morde MAI per prima cosa, in natura al lupo conviene più spesso cercare di spaventare l’avversario e farlo scappare o fuggire lui stesso e mettersi in salvo piuttosto che attaccare col rischio di venire ferito e non poter poi cacciare per procurarsi il cibo. Lo stesso atteggiamento è presente ancora nel cane: c’è sempre una serie di segnali (più o meno breve a seconda di razza e temperamento) che indica che la situazione si sta facendo insostenibile per il cane e che ci dà la possibilità di smettere il comportamento pericoloso, se noi non abbiamo la sensibilità di leggere questi segnali o peggio se scegliamo di ignorarli…dovremo fare un bell’esame di coscienza prima di dare la colpa al cane. La seconda cosa che va presa in considerazione è la storia del nostro cucciolo… Se viene da un ambiente sereno dove la sua crescita è stata seguita correttamente da mamma canina ed allevatore umano (e questo vale per i cani di razza così come per i meticci) e se la sua educazione procede nel miglior modo anche nella nostra
casa allora le probabilità che il nostro cane arrivi a morderci sono veramente quasi nulle… altro discorso va fatto se la provenienza del cane è incerta: se è stato separato troppo presto da mamma e fratelli (vedi i cani dell’Est), se ha avuto pochi contatti con l’uomo o peggio se ha avuto traumi causati dall’uomo. In questo caso diventa fondamentale che noi si sia preparati ad avere a che fare con un piccolo “ferito” e dobbiamo essere particolarmente sensibili al suo modo di comunicare. Esiste anche un meccanismo nel cane che si chiama “aggressività rediretta”: quando per lui lo stress che una situazione gli provoca è troppo alto per poterlo sopportare allora lo abbassa sfogandosi sul primo oggetto (o soggetto) che gli capita a tiro, padrone compreso. Un esempio tipico è il dolore, quante volte si sente dire di fare attenzione ad un cane ferito perché potrebbe mordere, è vero anche se nel morso non c’è niente di personale: lui non sta attaccando noi, sta cercando sollievo al suo dolore per non impazzire. Tenete presente che noi umani possiamo razionalmente
dirci “mi sono rotto un braccio, fa un male folle ma poi me lo ingessano e tutto passerà…”, il cane sente solo il dolore senza sapere da dove viene e, peggio ancora, quando se ne andrà. Ci sono poi i casi disperati dove effettivamente il cane è mordace ma la percentuale è più o meno quella dei “serial killer” umani sul resto della popolazione, uno su qualche milione di individui!!! Quindi nel pensare di evitare i morsi io non mi fermerei alla razza del cane ma starei bene attenta a costruire con il mio cane un rapporto solido con una buona intesa da TUTTE E DUE le parti in gioco. È vero che prende lo stesso carattere dei suoi padroni? In un certo senso sì. Soprattutto il cane singolo senza altri compagni canini cercherà di integrarsi il più possibile nel
Dipende dal tipo di razza che scegliamo: in linea di massima quanto più “primitiva” (e quindi vicina al lupo) è la razza, tanto più per questi animali saranno importanti le gerarchie e di conseguenza tanto più marcata sarà la differenza di comportamento nei confronti del membro della famiglia che verrà considerato capobranco rispetto agli altri famigliari che potrebbero essere considerati dei “pari-grado” o addirittura sottoposti. Anche in questo caso se la famiglia è grande e magari ci sono bimbi piccoli sarebbe meglio scegliere un cane più “democratico” in modo da non dover lavorare troppo per insegnargli il suo posto nella graduatoria famigliare.
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