Il Mosai K o
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Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: favola03@favolarevia.191.it ilmosaiko @tiscali.it
Anno 3 - n° 5, maggio 2006 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)
Il successo di P a s s i o n e e t a l e n t o d i u n a c a s t e l n o v e s e d ’ e c c e z i o n e Margherita Roda Mimma Franco
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li ultimi tempi sono stati caratterizzati da alcuni “format” televisivi impostati su un mix di talento artistico dei ragazzi che vi partecipano e di situazioni da “reality show”. Il gruppo “Fascino”, gestito da Maurizio Costanzo e dalla poliedrica Maria Defilippi, per esempio ha dato vita prima a Saranno Famosi e poi, sulla stessa base, ad Amici, trasmissioni queste che, alimentando sogni e speranze di giovani talenti, hanno comunque fortemente contribuito ad una rivalutazione dell’arte intesa come tale ed alla Danza in particolare. Quando si parla di Danza a questi livelli non si può non citare la nostra Margherita Roda, castelnovese di nascita e giramondo da adulta, un ottimo punto di riferimento ed un’eccellente guida per chi si avvicina o vuole professionalizzarsi in questa bellissima disciplina. “Per molti ma non per tutti” è il leitmotiv che ogni buon insegnante di danza conosce e si sa che se il talento c’è, prima o poi viene fuori: passione, dedizione e a volte sacrificio trasformano un allievo che ha talento in un vero e proprio artista, ma per arrivare ad un risultato di rilievo professionale serve un insegnante che sappia tenere conto di ognuno di questi fattori, ed è quello che ha sempre fatto la dott.ssa Roda nella conduzione delle proprie classroom. Non sono molto lontani i tempi in cui la piazza di
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Margherita... una vita per la danza Oddi, Garrison e Kledi ospiti nella sua scuola di danza Elisa Pareti
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argherita è una bella donna, bionda, aggraziata, una regina della danza. Ha accettato il nostro invito e ci ha raccontato la sua storia con umiltà e trasporto, sintomi entrambi di impegno e profondo amore per il ballo. Ma ora la parola a Margherita... quando hai scoperto la tua passione? Come hai iniziato? All’inizio si vive tutto come un gioco, c’era la famosa Raffaella Carrà che faceva il Fantastico e dopo la Lorella Cuccarini. Mia madre mi racconta sempre che da piccina disfai due divani perché cominciai da subito a saltare, ballare, cantare. A quattro anni iniziai a seguire delle lezioni di danza, all’epoca le scuole di ballo erano poche, e io sono stata fortunata perché andai a Voghera dove c’era Giannina Censi, che per me è stata proprio una grandissima insegnante. Iniziai lì a quattro anni e mezzo e non smisi più: adesso ho quasi quarant’anni e ancora continuo a danzare. Poi ho frequentato altri corsi e altre lezioni, sia come allieva che come insegnante. Ancora adesso seguo dei corsi di aggiornamento. C’erano già dei ballerini nel-
Margherita Roda e Garrison
FINE PRIMO TEMPO Davide Varni
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Mafia - Italia 2 a 2
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opo 43 anni di ricerche serrate in tutta Italia è stato catturato Bernardo Provenzano, padrino di "Cosa Nostra", l'intoccabile associazione mafiosa che da secoli insanguina l'Italia. Per i giovani lettori del Mosaiko è ancora più difficile ricordare le innumerevoli stragi perpetrate dai mafiosi negli anni ottanta del secolo scorso, ma le vittime, loro no, non hanno mai dimenticato. Venti anni fa, a seguito di una tardiva ma decisiva manovra del governo, la mafia è stata costretta a nascondersi, a mimetizzarsi, a stringere accordi segreti con espo-
la tua famiglia? Nella mia famiglia non c’erano ballerini… mio padre era tutt’altro che un ballerino, mia mamma è sempre stata una brava cantante e a mio fratello non è certo mai venuto in mente di danzare... Ognuno ha la sua vena artistica, ma in campi diversi. All’epoca ai miei genitori piaceva ballare alle feste: mio papà mi faceva ballare in casa. Crescendo quali sono stati i tuoi studi e i primi riconoscimenti artistici? Ero molto minuta, magra ed ero fisicamente portata per la danza, così tra i sette e i nove anni cominciai a seguire corsi superiori. Nel contempo iniziai anche a studiare musica e suonare il pianoforte, che purtroppo dopo pochi anni dovetti abbandonare perché in quel periodo non riuscivo a portarlo avanti insieme alla danza e preferii quest’ultima. Più tardi in accademia ripresi a studiare anche musica, canto, solfeggio: tutte discipline che servono ad entrare nello spirito della danza. Ci tengo tanto a ricordare il maestro Risi di Castelnuovo che mi ha insegnato a suonare il pianoforte, a percepire la melodia, ed aveva una santa pazienza con me. Mi trasferii a Milano e a dieci anni feci un’audizione per ballare la danza classica al teatro La Scala. Venni scelta ma rinunciai proseguendo i miei studi fino al diploma.
nenti di ogni classe sociale. Ma Bernardo, il "boss dei boss", non erano proprio riusciti a scovarlo.
Si sono accontentati di condannarlo a tre ergastoli, in attesa di una traccia, quella decisiva, che lo portasse ad
esporsi. Errori, in questi quarant'anni, non ne ha commessi. Anzi, sono stati i (pochi) complici a condannarlo. Questo però non toglie che un periodo così lungo di latitanza è quantomeno atipico e straordinario, due aggettivi che si adattano anche a "Binnu u tratturi", come è soprannominato il padrino. Il trattore, per la violenza con cui falciava la vita dei suoi nemici. Paradossalmente, proprio la sua vita da recluso ha portato l'Italia ad una fragile pace con le associazioni mafiose. Non le abbiamo sconfitte, sono loro che non si sono fatte trovare. E in questi anni non hanno fatto segue a pag. 3
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FELICI DI ESSERCI di Manuela Gandolfi PENA DI MORTE di Livia Granata I RAGAZZI DEL “CELLINI” A GLASGOW di Valeria Vallerga e Alice Marzella TROVEREMO LAVORO? di Andrea Accatino
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Nazionale Italiana Attori contro Rappresentativa “Amici del Cuore” LA PARTITA DEL CUORE di Mimma Franco SULLE ALI DELLA VITA di Cornelia UN MANTELLO ATTORNO AL CUORE di Marta Lamanuzzi PIANETA CANE n . 1 0 di Paola Maggi
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IL SUCCESSO di Margherita Roda Mimma Franco segue dalla prima Castelnuovo si riempiva all’inverosimile per ospitare gli spettacoli di Margherita, i quali nulla hanno da invidiare a produzioni più blasonate. Grazie a lei artisti importanti si sono offerti al pubblico castelnovese lasciandoci piacevoli ricordi. Ma, come si dice, “The Show must go on” e dopo una spiacevole ed ingiusta parentesi proprio qui nel suo paese, la California Dance School ha preso vigore a Voghera presso la Palestra Futura, dove personaggi come Silvio Oddi, Kledi ed il simpaticissimo Garrison collaborano direttamente con Margherita, producendo coreografie, spettacoli e stage formativi professionali. Entrando alla California si percepisce un continuo fermento: finito uno “stage” comincia un saggio per poi passare ad uno spettacolo celebrativo e ad un aggiornamento a Roma. Insomma definirlo lavoro sarebbe riduttivo, qui pulsa la passione e l’amore per un’arte che come tale non può essere merce di scambio ma una ragione di vita. “Purtroppo esistono scuole bellissime ma prive di docenti all’altezza e questo per la formazione dei giovani è deleterio” sostiene la Dott.ssa Margherita Roda, laureata in Psicomotricità dell’età evolutiva ed in Fisioterapia. “Quello che conta è chi insegna e non dove: a Roma le migliori accademie sono ricavate da scantinati o vecchi garage ma il “gotha” della Danza li frequenta come Grand Hotel. La Danza non è apparenza ma espressione, è un modo di essere e non di vestire, è armonia e non ginnastica (con tutto il rispetto per quest’ultima).” Margherita Roda si ritiene una donna semplice che con umiltà e disponibilità verso gli altri affronta ogni giorno il lavoro di insegnante ed in certi casi di amica, ma senza mai perdere la professionalità che la contraddistingue. Il nostro paese è stato fucina di ragazzi talentuosi che in molte occasioni si sono distinti anche all’estero, ragazzi che sono cresciuti nella scuola di Margherita e poi sono arrivati a calcare palcoscenici importanti. Danzare è un’esperienza che lascia il segno: ci sono allieve che hanno cominciato giovanissime, direi bambine, e frequentano ancora il California, consapevoli di trovarsi in una scuola che darà loro sempre nuove emozioni.
Margherita... una vita per la danza Elisa Pareti segue dalla prima Finite le superiori frequentai l’accademia a Milano, cercai delle scuole importanti perché dentro di me sentivo che dovevo dare sempre di più. Adesso che sono genitore penso che sia sbagliato tarpare le ali ai propri figli quando hanno una passione ed è una passione sana, perchè si può ritardare il loro realizzarsi e le occasioni potrebbero non incastrarsi più come dovrebbero. Anche dopo si possono trovare degli “escamotage” ma si rimane un po’ con l’interrogativo fisso: come sarebbe andata se…? Ce l’avrei potuta fare? Non hai parlato solo di danza ma anche di canto e recitazione. Sono così importanti per un ballerino? A un ballerino serve tantissimo conoscere la musica e conta molto sapere il tipo di battute e sentire il tempo. Oggi un ballerino professionista deve essere completo, non c’è più posto per la ballerina che lancia le gambe ed è solo bella. Adesso la ballerina non deve essere solo fisicamente dotata ed aver talento ma deve studiare anche musica, dizione, conoscere i generi musicali, saper cantare, ballare, recitare e parlare con una dialettica forbita. Quindi deve avere anche una buona cultura e impegnarsi seriamente nello studio. Sta arrivando in Italia, come uno “Tsunami”, l’onda americana dei famosi “musical” che già erano iniziati lentamente con la Cuccarini un po’ di anni fa e con la Compagnia della Rancia ancora prima. Nei prossimi anni, quando arriveranno, sarà veramente un tormentone e chi non sa recitare, ballare e cantare sarà tagliato fuori. Ci sono delle accademie complete che preparano i ragazzi su tutto, mentre quando l’ho frequentata io studiavo danza, musica e solfeggio da una parte e recitazione dall’altra con tutti i disagi dovuti agli spostamenti da un luogo all’altro. Io consiglio ad un figlio di parlare con il genitore, di motivare le proprie scelte ed avere il coraggio di esporre la propria passione. Un genitore deve essere ricettivo. Sono contraria all’opinione di quei papà che dicono che fare danza non è da uomo: l’essere uomini, l’essere persone, è qualcosa che va al di là della professione che uno svolge, non si misura sul fatto che uno faccia un passo di danza o faccia il camionista, il geometra o l’architetto. Che tutti i bambini debbano fare calcio perché è da uomini mi fa ridere perché ci sono tanti maschietti che avrebbero piacere a seguire un corso di danza, hanno del talento e rischiano di chiudersi in se stessi quando
Kledi e Margherita con un gruppo di ballerine della scuola, tra cui i castelnovesi Laura Mandirola, Andrea Marcone e Cecilia Crivelli.
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hanno intorno genitori ed amici con questa bieca mentalità. Diventando adulta quali scelte hai dovuto affrontare? Ho aperto la mia prima scuola di danza a vent’anni nel 1988 nella palestra comunale di Castelnuovo, all’epoca frequentavo l’accademia e l’università. Poi presi un locale all’asilo “Regina Elena” e da lì mi spostai con la mia scuola in via Kennedy. Ho affrontato un periodo molto difficile e ringrazio le persone sincere che mi sono state vicine, è grazie a loro che sono rinata. Nel 1993 feci il provino per Buona Domenica, superai diverse tappe ma quell’estate non potei andare a Roma per la selezione finale e un po’ mi dispiacque, anche in quell’occasione mi chiedo come sarebbe andata e preferisco pensare che non mi avrebbero presa. Come hai vissuto la maternità, i tuoi bambini seguono corsi di danza? Affrontai la danza con il pancione e a 4 mesi e mezzo insegnavo ancora. Ricordo anche di aver registrato un ballo per l’ultima puntata di Vivere Meglio con il prof. Trecca che riguardava la maternità e di aver avuto altre esperienze del genere. Ho sempre avuto un forte istinto materno ed ora ho tre figli di quattordici, dodici e la più piccolina di quattro anni, ma non li spingo a danzare se non vogliono, cerco di capire quali sono le loro capacità. Perché hai scelto di essere un’insegnante di danza? Vorresti fare altro? Forse era scritto nel destino che dovevo diventare un’insegnante e sono contenta di esserlo, è stata una presa di coscienza maturata dopo aver conosciuto il mondo dello spettacolo: ho lavorato in televisione ed ho capito che non faceva per me. Quando entri nell’ “entourage” televisivo tu non dai più niente agli altri, sei concentrato solo su te stesso, tutto gira intorno a te. Ci può essere un momento della vita in cui questo può far piacere, ma se poi tu, come persona, vuoi dare qualcosa di tuo agli altri allora con l’insegnamento ottieni tante soddisfazioni. Ho visto una generazione crescere, come Manuela e la sua figlia Laura, come Federica, Marta, Silvia e mi emoziona ricordarle piccole e vederle ora ragazzine talentuose e motivate. Dovendo scegliere ho preferito l’insegnamento perché sento di dover dare qualcosa di mio e perché sono legata alla mia famiglia. I bambini mi fanno anche arrabbiare, ma non ce n’è uno che se ne vada dalle mie lezioni senza essere venuto a darmi un bacino. Racconti ai ragazzi di Mosaiko qualche retroscena insolito dei tuoi spettacoli? Questa cosa non la sa nessuno ma ve la voglio raccontare. Una volta dovevo fare uno spettacolo con Oddi per il quale ci eravamo preparati bene, avevamo deciso tutti i passaggi e stabilito quando dovevamo ballare insieme, quando fermarci in posa aspettando che l’altro facesse un pezzo da solo e così via. Abbiamo provato questo ballo più volte ed eravamo pronti per esibirci davanti al pubblico. Così lo spettacolo è iniziato e quando è toccato a noi abbiamo cominciato a ballare, prima insieme, poi ho assunto la posizione concordata nell’attesa che Oddi ballasse da solo. Lui però non si mosse e mi disse improvvisamente “Roda balla tu che io sono stanco”. Oddi aveva terminato poco prima dei balli molto impegnativi e probabilmente non ce la faceva più e aveva bisogno un po’ di tempo per recuperare e prendere fiato ma a me è venuto male ed ho dovuto improvvisare qualcosa lì per lì. Il pubblico per fortuna non se n’è accorto. Poi quando nel ballo siamo tornati vicini gli ho chiesto “Perché?” Lui mi ha risposto: “Certe
Margherita e Silvio Oddi in una presa ad angelo.
volte i percorsi cambiano e bisogna modificare le proprie azioni all’improvviso”. Quali sono i tuoi progetti ed i tuoi sogni per il futuro? Non mi sento ancora arrivata, sto continuando a studiare e cerco sempre di migliorarmi. A quasi quarant’anni vorrei fare di più, ho dei sogni nel cassetto e spero di poterli realizzare perché se ci riesco darò la possibilità anche agli altri di realizzare i loro. Il mio sogno più grande è di continuare a fare questo lavoro il più a lungo possibile e magari essere ancora mamma. Non voglio essere ricordata solo come un’insegnante, spero di aver dato ai miei alunni qualcosa di più e di aver insegnato loro anche a crescere, a fare delle scelte e mettere il cuore nella danza come in ogni momento della loro vita.
Margherita, gli insegnanti Max, Garrison e Claudia con un gruppo di allievi. Si riconoscono le castelnovesi Marta Santi, Federica Villani, Vanessa Campo, Camilla D’Oro.
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L’emozione di salire sul palco e di vedere poi, da madre, i propri figli sbocciare nella danza Manuela Gandolfi
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o conosciuto Margherita quando ancora insegnava in una piccola palestra, forse un ex asilo, stava Margherita e Laura Mandirola organizzando un corso di aerobica, oltre naturalmente ai corsi di danza. Poi si è trasferita nella palestra di Via Kennedy… Ne è passata di acqua sotto i ponti, allora assistevo alle prove dei saggi, ad alcuni, con il gruppo di aerobica abbiamo anche partecipato, poi ci sono state le gravidanze… Adesso c'è mia figlia Laura, che dall'età di 4 anni frequenta i corsi di danza, ...e quando la vedo sul palco ...ballare, ogni volta è un'emozione. Ci sono stati dei momenti in cui avrei voluto mollare tutto… Lo stress delle prove ... gli spostamenti degli orari …le spese da affrontare …ma la magia che Tita riesce a creare da quando si apre il sipario a quando si richiude ti ripaga di tutte le fatiche e di tutti i sacrifici fatti. Vedere quelle bimbe, le amiche di mia figlia, mia figlia, volteggiare sul palco ed essere felici di "esserci" è una gioia vera… Per questo ti dico GRAZIE! Per quello che sei, per quello che fai e per la professionalità con cui prepari le tue allieve. Con affetto Manuela.
Prima fila, da sinistra: Anna, Michela, Gaia, Alice, Cecilia, Martina. Seconda fila, da sinistra: Federica, Giulia, Vanessa, Carolina, Andrea, Laura, Eleonora, Beatrice. Terza fila, da sinistra: Max (insegnante latinoam.), Margherita, Garrison, Concetta, Claudia (assistente di Garrison).
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MORTE
Atto di giustizia o guerra della nazione contro un cittadino?
Livia Granata
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nche tralasciando le statistiche, basta leggere le cronache per rendersi conto che, terrorismo o no, pena di morte o no, il livello di criminalità urbana negli USA non ha paragoni in nessun altro paese dell'Europa occidentale. Già questo dovrebbe bastare a dimostrare l'inefficacia deterrente della condanna capitale, nel caso non fosse più che sufficiente la semplice logica. Infatti Gli Stati Uniti d'America, la Nazione più avanzata e potente del mondo, sono l'unico Paese dell'Occidente ad applicare la pena di morte. La pena capitale è stata reintrodotta negli USA nel 1976 da una famosa (o famigerata) sentenza della Corte Suprema: da quell' anno ben 38 dei 50 Stati dell'Unione l'hanno adottata, soprattutto quelli del Sud. Ma oltre agli USA essa è ancora prevista ed applicata in numerosi Stati del Terzo Mondo, in Cina, Giappone e alcuni paesi islamici i cui abitanti sembrano non condividere il proposito abolizionista degli europei e considerano la pena capitale una giusta punizione ed un argine alla dilagante criminalità e molti governi addirittura giungono a strumentalizzarla con scopi repressivi o elettorali. La Cina è uno dei più accaniti sostenitori della pena capitale: ogni anno esegue più condanne di tutto il resto del mondo, anche se il numero esatto è considerato "segreto di stato" ed è pertanto inconoscibile. Lo scopo di tutto ciò? Mostrare la du-
rezza e la determinazione del regime di fronte alla criminalità e dissuadere i criminali in potenza. La pena di morte assurge inoltre al ruolo di gesto liberatorio. Esorcizzando il terrore e le paure che inevitabilmente proviamo innanzi a certi delitti. È impossibile non desiderare le più atroci sofferenze e la pena capitale per uomini che si sono macchiati dei più atroci delitti e dei quali sembrano non mostrare alcun rimorso. Ma...come può un altro essere umano, sia che si tratti di un semplice cittadino oppure di un capo di Stato, decidere la soppressione della vita altrui? Uccidendo chi ha già ucciso si diviene esattamente ciò che cerchiamo di combattere: diveniamo lucidi e spietati portatori di morte. La pena capitale scardina infatti uno dei principi su cui si basano tutte le società occidentali: quello del diritto alla vita. Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo così lo Stato, che deve agire non spinto dall'emozione del momento, ma in quanto garante della giustizia, non può mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre lo scopo per cui è stata creata è proprio quello della tutela dei diritti umani, fra i quali rientra anche quello alla vita. Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini ed espressioni
della pubblica volontà, severe punitrici dell'omicidio, ne commetterebbero uno a loro volta e, per scoraggiare i cittadini dall'assassinio, ne ordinerebbero uno pubblico e legale. Per quanto autori e filosofi illustri quali Kant ed Hegel giungano a giustificare, anzi ritengano necessaria la pena di morte su basi retributive, comunque i parenti, gli amici e i conoscenti della/e vittime non possono sentirsi sufficientemente ripagati dalla morte dell'assassino: lo sareb-
bero se la pena capitale servisse veramete a ristabilire una situazione di equità. La pena di morte va contro ogni principio etico morale e non porta alcun beneficio alla comunità, poiché invece di cercare di affrontare il problema alla radice, lo elimina solo per pochi istanti, senza educare il prossimo a non commettere il medesimo crimine, divenendo nulla di più che la guerra della nazione contro un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere.
2 a 2 Davide Varni segue dalla prima altro che arricchire i loro già lauti guadagni con metodi sempre più raffinati. Ricordiamo, tra i tanti, lo spaccio di droga, di armi, le estorsioni, i rapimenti e i numerosi racket. Non dimentichiamo che la Mafia ha ormai infiltrazioni così profonde nel tessuto stesso della nostra società, da controllare centinaia di appalti pubblici in tutta Italia: le più recenti sembrano riguardare il famoso ponte sullo stretto. Consola (non molto, in realtà) il fatto che siamo in buona compagnia: l' I.R.A. in Irlanda e l'E.T.A. in Spagna. Ma c'è una differenza sostanziale: la Spagna è riuscita a tarpare le ali al terrorismo basco, e nell'Irlanda del Nord i movimenti indipendentisti sembrano aver scelto metodi di protesta meno violenti. E in Italia? L'estenuante convivenza passiva, coronata da alcuni successi, non è però riuscita né a estirpare né a sedare le cosche. È stato proprio Provenzano, circondato da quell'alone di invincibilità, a calmare gli altri capi, a tenerli a freno, a limitare le stragi di massa. Ora è stato catturato. La Sicilia esulta, l'Italia aspetta. E teme: il prossimo padrino potrebbe non essere così indulgente. C'è quindi - purtroppo - il rischio concreto dei tempi supplementari .
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PENA DI
Mafia - Italia:
4 Ta p p a s c o z z e s e p e r i l 1 4 ° m e e t i n g d e l P. L . E . d i c u i f a p a r t e l ’ I s t i t u t o d ’ a r t e o r a f a d i Va l e n z a .
I Ragazzi del “Cellini” a Glasgow Un’esperienza davvero indimenticabile… tra convegni, visite e nuove amicizie Valeria Vallerga Alice Marzella
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l P.L.E. (Parlement Lycéen Européen) è un’associazione tra scuole, medie o parauniversitarie, che si pongono come obiettivo l’insegnamento dell’oreficeria e delle discipline ad essa collegate, quali la gemmologia, la bigiotteria, la glittica, ecc. L’Associazione vanta partner in Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Olanda, Portogallo, Scozia e Spagna; osservatori in Canada e Perù e contatti per nuove affiliazioni in Polonia e Repubblica Ceca. Scopi primari del P.L.E., riconosciuto ufficialmente dal Parlamento Europeo, sono favorire la cultura del rispetto dei diritti umani e lo scambio di esperienze e di competenze in ambito orafo tra studenti ed insegnanti Un gioiello dei della Comunità Europea. Con questo obiettivo vengono annualmente promossi numerosi scambi tra studenti e docenti delle varie scuole con iniziative finanziate anche direttamente dalla Comunità Europea, quali il “progetto Leonardo” o il “progetto Socrates Comenius” ed organizzate numerose attività che permettono agli studenti di confrontarsi con testi scritti, progetti o oggetti di gioielleria. L’Istituto d’arte “Benvenuto Cellini” di Valenza, dal 1999 membro attivissimo e di riconosciuto prestigio tanto da far parte del “Management Team”, il Consiglio Direttivo del P.L.E. (assieme alle scuole di Oporto in Portogallo, Saint Amand Montrond in Francia, Madrid in Spagna e Glasgow), ogni anno
accoglie numerosi studenti e docenti provenienti da diversi paesi europei ed invia alcuni tra i propri allievi ed insegnanti presso le scuole partner per stages e più o meno brevi periodi nei quali maturare esperienze professionali e linguistiche. Ogni anno ha luogo il “Meeting del P.L.E.” che lo Statuto dell’Associazione riconosce come fondamentale in quanto vero momento di aggregazione tra tutte le scuole che vi prendono parte con quattro delegati (due studenti e due docenti). Questo incontro ha solitamente luogo nel mese di maggio; si articola in cinque – sei giorni ed è preparato e gestito, a rotazione, dagli istituti membri che devono assumere l’onore/onere di organizzare l’eragazzi del Cellini vento e di ospitarne i partecipanti. Dal 28 aprile al 2 maggio, presso il North Glasgow College, si è tenuto il 14° meeting nella medesima città di Glasgow, in Scozia. Durante il nostro soggiorno abbiamo avuto modo di visitare l’istituto scolastico, dove ci hanno offerto la possibilità di fare pratica nei loro laboratori migliorando le nostre conoscenze nell’ambito delle tecnologie orafe, e di partecipare ad una competizione di disegni, testi e oggetti di oreficeria. Successivamente, è stata organizzata una visita alla distilleria “Dewars”, dove ci hanno illustrato i processi di fermentazione e preparazione del
whisky. Un’altra piacevole esperienza è stata quando ci siamo recate alle Highlands (terre alte) presso la città di Perth per un convegno riguardante la gemmologia. L’organizzazione è stata davvero impeccabile: ogni giornata era ricca di occasioni per visitare posti nuovi e per conoscere nuova gente proveniente da ogni parte dell’Europa, ciascuna in rappresentanza del proprio istituto. Un ruolo molto importante per l’architettura di Glasgow, ha avuto Charles Rennie Machintosh, dal quale prende il nome l’Accademia d’arte più famosa d’Europa, che abbiamo potuto ammirare durante il nostro soggiorno.
L’augurio del sindaco Tagliani ai ragazzi del Mosaiko per un futuro di sostanza e non di apparenza
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bbiamo un programma ambizioso rivolto ai giovani, ai ragazzi e alle r a g a z z e d e l n o s t r o p a e s e e d e l l a B a s s a Va l l e S c r i v i a . C r e a r e u n i n f o r magiovani che possa dare le indicazioni più utili per risolvere i piccoli e i grandi problemi di ogni giorno e un punto che informi sulle prospettive di lavoro. Sono felice che i castelnovesi abbiano creduto alla sostanza del nostro programma e soprattutto alle persone che con me hanno composto la lista “Insieme per Castelnuovo”. Dietro ad un simbolo ci sono donne e uomini che raccoglieranno l’invito dei cittadini a lavorare per e con il proprio paese cercando la via migliore per crescere insieme. A voi ragazzi l’augurio che questo giornale possa continuare a trasmettere emozioni, sentimenti e idee per un nuovo futuro di sostanza e non di apparenza. Un sincero abbraccio Il Sindaco di Castelnuovo Scrivia G i a n n i Ta g l i a n i
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Troveremo lavoro? Andrea Accatino
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i capita spesso di sentire ripetere: com’è difficile per i giovani oggi trovare lavoro! Tanto studiare e poi… Porte chiuse. Lo spirito d’iniziativa, la creatività, il desiderio di essere indipendenti, di “crearsi” una posizione con le proprie forze sono stimoli che spingono alcuni giovani a ricercare, a valutare ogni possibile occasione e, soprattutto, sono qualità che aiutano a perseverare e a non abbattersi alle prime difficoltà. Ho detto “alcuni giovani” e gli altri, forse la maggioranza? La vita facile e comoda che essi conducono, gli agi e il benessere, non li abituano certamente a far “lavorare” l’ingegno per procurarsi ciò che servirà per il loro futuro. I nostri nonni erano costretti ad emigrare perché spinti dalle ne-
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L’ultimo giorno, prima del nostro rientro in Italia, l’abbiamo dedicato allo svago e allo shopping. La serata si è invece conclusa con una cena per cogliere l’occasione di decretare il vincitore della competizione e scambiarsi i saluti con la speranza di rivedersi l’anno prossimo a Cipro. È stata un’esperienza davvero indimenticabile, grazie al quale siamo potute crescere interiormente, scoprendo gente, culture e modi di vita diversi. Se ci capitasse l’occasione di ripetere un viaggio del genere, coglieremmo subito questa opportunità perché siamo rimaste veramente soddisfatte. Inoltre ora abbiamo amici non solo dall’Italia, ma bensì da ogni parte dell’Europa.
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cessità di sopravvivere, mancava il cibo, il pane, nel vero significato della parola, per sfamare la numerosa prole, ma ai giovani d’oggi cosa manca? Il lavoro, è vero, ma possono sopravvivere ugualmente, non ne sentono l’esigenza perché hanno tutto o quasi: auto, moto, vacanze, vestiti firmati, ecc… Ed io fra quali giovani mi pongo? È ovvia e scontata la risposta: determinazione, desiderio di autonomia, voglia di agire e non di aspettare… C’è un augurio che sento di rivolgere ai ragazzi della mia età ed a me stesso: trovare, quando sarà giunto il nostro momento, un paese che ha saputo risolvere le proprie questioni interne, con un’economia in crescita, su un equilibrio più solido e stabile dove l’offerta sia, non dico pari, ma almeno di poco inferiore, alla richiesta di lavoro. È un augurio ma è anche una speranza.
Progetto grafico e impaginazione: Favolarevia - Elisa Pareti Fotografie: favolarevia - Riccardo Torti. Redazione Direttore Resp.: Antonella Mariotti Presidente: Mimma Franco Anna Bruni - Giovanna Spantigati - Paola Maggi - Elisa Pareti - Silvia Pareti - Marta Lamanuzzi - Livia Granata - Giada Gatti Simona Lucarno - Davide Varni - Elena Pisa - Paolo Pareti - Marcello Spinetta Giorgia Bresciani - Cecilia Sacco - Andrea Accatino - Claudio Bertoletti - Elio Pisa Proprietà artistica letteraria Manuela Gandolfi - Paola Picena - RiccarCasa Editrice do Torti - Elvis Quaglia - Mattia Conte - RoFavolarevia berto Baratella (corrispondente da Isola S. Antonio). Via C. Alberto, 13 Piccoli Piccoli 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) Lisa R. Magnaghi - Cecilia Mariotti - Martina Ruta - Sofia Falchetto - Daniele AccatiVietato riprodurre senza no - Federica Marini - Marta Chiapedi autorizzazione testi, foto- Laura Mandirola. Illustrazioni grafie e impostazione Carlotta Ruotolo - Martina Delfanti grafica Segreteria Elena Pisa
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La Nazionale Italiana Attori contro la Rappresentativa Amici del Cuore
I piccoli dell’A.S. Castelnovese con l’arbitro Gianni Tagliani e l’organizzatore dell’evento Stefano Pieri
Pikkoli campioni di volontariato Suor Elena e Suor Scarlem del Piccolo Cottolengo con un piccolo ospite della struttura, lʼattore Daniele Pecci e Stefano Pieri lʼorganizzatore della manifestazione.
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a “partita del Cuore 2006” del 27.05.2006 ha visto come prologo una partita amichevole giocata dalle formazioni dei piccoli della A.S. Castelnovese e della Novese, le squadre che hanno positivamente raccolto l'invito per onorare l'evento a scopo benefico proprio in favore dei bambini del Piccolo Cottolengo di Tortona. Il clima festoso ha fatto sì che non fosse il risultato la cosa importante del match ma la voglia e l'impegno di giocare bene per divertire il pubblico e, perché no, di conoscere anche qualche VIP visto solo alla TV. Un sentito grazie ai "mister" che hanno capito e risposto in questa giornata di festa all'insegna dello sport e della solidarietà. M.F.
Mimma Franco
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N U O VA G E S T I O N E DA GIUGNO 2006 Gustose pizze napoletane cotte al forno a legna. Solo a pranzo un favoloso 3 x 2. Sconto comitive (minimo 20 persone)
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S
abato 27 maggio 2006 si è disputata a Tortona, presso il campo sportivo comunale Fausto Coppi, la 3ª Edizione della manifestazione a scopo benefico “Amici del Cuore” concretizzatasi attraverso un incontro di calcio tra la Nazionale Italiana Attori e la Rappresentativa Amici del Cuore. L'evento, organizzato dal castelnovese Stefano Pieri e dalla moglie Raffaella, è stato promosso dal Movimento Orionino Volontari ed il ricavato della manifestazione, circa 6.000 € è stato devoluto al Piccolo Cottolengo Don Orione di Tortona. L'incontro, che si è concluso con la vittoria della Nazionale Italiana Attori per 4 a 3, è stato arbitrato dal sindaco di Castelnuovo Scrivia Gianni Tagliani e preceduto da una manifestazione di contorno che ha visto impegnati i ragazzi classe 1994 della Castelnovese e i pari età della Novese. Tra gli attori presenti citiamo Sebastiano Somma, Daniele Pecci (divo di Orgoglio), Maurizio Aiello, Edoardo Velo (protagonista
della soap Vivere), Pietro Sermonti (direttamente da Un medico in famiglia), Marco Vivo, Tony Santagata, Francesco Giuffrida (il simpatico "Leo" della serie Carabinieri) e tanti altri. Al termine della manifestazione la Nazionale Attori si è recata a far visita ai piccoli ospiti del Cottolengo di Tortona, mostrando grande sensibilità per le enormi difficoltà cui devono far fronte i bambini e tutto il personale che si occupa dell'assistenza necessaria. Nell’occasione è stata inaugurata una sala allestita con il contributo di una analoga partita a scopo benefico disputata sempre con la Nazionale Attori lo scorso anno. Dall’organizzatore Stefano Pieri un ringraziamento particolare a tutti coloro che sono intervenuti alla manifestazione ed a coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento. Tra questi si ringraziano i commercianti di Castelnuovo Scrivia ed il Sindaco Gianni Tagliani. L'appuntamento è quindi per la prossima edizione che, secondo indiscrezioni filtrate dallo staff dell’organizzazione, potrebbe spostarsi proprio a Castelnuovo.
In piedi da sinistra: il Mister Giacomo Losi, Philippe Boà, Pietro Sermonti, Paolo Sassanelli, Maurizio Aiello, Daniele Pecci, Edoardo Velo. Prima fila da sinistra: Marco Vivio, Enio Drovanchi,Francesco Giuffrida, Antonio Serrano, Massimo Giuliani, Sebastiano Somma, Leonardo Ruta, Antonio Protano.
La Nazionale Italiana Attori
In piedi da sinistra: Alessandro Sprocato, Federico Ferretti, Fernando Buonora, Pietro Desimone, Roberto Gazzaniga, Giovanni Grignani, Antonio Dal Torrione, Giuseppe Cicero. Prima fila da sinistra: Marco Censi, Alberto Sala, Franco Traverso, Alessandro Sala, Emilio Pani, Angelo Ertola, Alessandro Pugliese, Stefano Pieri e Chiara, Davide Bottaro, Maurizio Olivieri.
La squadra Rappresentativa Amici del Cuore
BdiaVenicia r SepTatiana ort Via Mazzini, 50 Isola Sant’Antonio (AL) Tel. 0131 857569
LOCALE
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PER I BIMBI DEL PICCOLO C O T TO L E N G O S C E N D O N O I N C A M P O A N C H E G L I AT TO R I
SKY
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La storia di Sunny tra disperazione e amore
L A C R I M E L A C R I M E
D I D I
C I G N O C I G N O
Un’amicizia vera nell’oscurità della malattia Chiara Beretta
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o freddo. Ho paura. Luce dove sei? Stai ancora brillando da qualche parte? Se si, perché non sento più il tuo calore? Perché il buio mi avvolge, come una coperta soffocante? Rispondimi! Rispondimi luce, ti prego……. rispondi…… Freddo. Paura. Sento solo loro, sento un vento gelido passarmi tra le ossa, arrivare al cuore, e, così mischiarsi nel sangue. Vedo la morte, è lì, mi aspetta, al suo fianco però c’è la vita, bella, sorridente, che mi tende una mano. Che fare? Tornare a vivere o cadere fra le braccia della morte? Non lo so. Per questo ho paura, paura di agire, di scegliere, di comportarmi come una ragazza di soli quattordici anni, una ragazza malata, in un letto di ospedale, senza nessuno al mio fianco… nessuno di cui fidarsi, nessuno a me caro… Una volta ero diversa, serena, sorridente e sempre felice, diceva tutto il mio nome, quel nome meraviglioso come chi lo portava, quel nome era Sunny. Mi chiamavano così perché Sun significa sole, e, perché ero sempre splendente come esso, sempre piena di vita, quella stessa vita che sembra avermi dimenticata, ma che ora mi guarda, senza dire o fare nulla… “Elisabetta… Elisabetta……… Elisabetta!!!” Qualcuno mi chiama… ma chi è? Apro gli occhi. E’ l’infermiera. “Si, che cosa c’è?” “Hai una nuova compagna di stanza, è appena arrivata, sii gentile con lei. Ora devo andare; il dottore mi aspetta”. Giro la testa di malavoglia, e vedo che nel letto di fianco al mio c’è una ragazza, più o meno della mia età, carina, con i capelli lunghi e biondi, che mi guarda benevolmente. Noto che ha una gamba ed un polso ingessati e che l’altro polso porta due bande dello stesso colore legate molto strette. “Ciao” mi dice “io sono Lucia e tu come ti chiami?” “Elisabetta” rispondo. “Che bel nome. Senti, so che non si dovrebbe, ma avevo tanta voglia di nutella, così l’ho presa. Ne vuoi un po’ Elisabetta?”. “No grazie, non ho molta fame. Se può esserti utile ho un fazzolettino, lo vuoi?”. “Sei molto gentile, ti ringrazio.”. In quel momento sento aprire la porta e vedo entrare tre ragazze, una più carina
dell’altra. La prima è minuta, capelli corti e castani, con i colpi di sole biondi, porta una maglia verde con disegnato un panda e dei jeans stile hip pop. La seconda invece è abbastanza alta, capelli corti e neri, è vestita con una tuta grigia ed arancione, decorata con varie scritte. La terza, infine, è la più alta, ha i capelli lunghi e castani, molto magra e vestita con jeans aderenti e maglietta mezze maniche di coloro azzurro. Noto che portano tutte una fascia come quella di Lucia. All’unisono gridano un ciao pieno di affetto e di allegria. Decido di girarmi e di dormire. Mi dà molto fastidio vedere la gente che viene a trovare gli amici, visto che da me non viene mai nessuno di quelli che una volta consideravo amici. Viene a farmi visita solo una mia cugina, Francesca, una ragazza di 30 anni, che si occupa di me dopo che i miei genitori sono morti; io non riesco ancora a considerarla come una sorella, perciò mantengo un atteggiamento distaccato. Ad un certo punto sento aprire di nuovo la porta. Chi sarà? Non mi interessa. Sento Lucia gridare un ciao ricolmo di stupore, che viene ricambiato da molti ciao pronunciati da voci maschili. Esattamente quattro. Li ho contati. Sento Lucia pronunciare il mio nome; all’inizio l’ho ignorata, poi però, mi ha chiamata di nuovo. Mi sono alzata. L’ho guardata e con la voce tremolante ma gentile le ho detto:”Sì, cosa c’è?”. Lei mi rivolge un sorriso e con la mano indica i suoi amici. “Vorrei presentarti i miei amici. Lei è Gianna, poi c’è Beatrice e infine Isabella”. Mi ha indicato una per una le ragazze. Ho abbozzato un sorriso. Un maschio ha fatto finta di tossire. Ho volto lo sguardo verso di lui. E’ alto, robusto, capelli neri, indossa dei pantaloni neri e una maglietta mezze maniche bianca con un disegno. Sposto il mio sguardo sugli altri. Vedo che uno è basso e abbastanza robusto, capelli castani, indossa pantaloni blu e maglietta anch’essa blu. L’altro, alto, castano, con una corporatura normale, indossa dei jeans ed una maglietta beige. Infine, l’ultimo è alto, corporatura normale, ha i capelli neri e porta dei jeans ed una maglia verde con delle chiazze nere, ma mi colpiscono soprattutto gli occhi di un azzurro cielo. Dopo averli scrutati giro di scatto la testa verso Lucia e lei riprende a parlare. “Ah, dimenticavo, loro sono John, Marc, Tom ed infine Ryan”. Mi rivolgo a loro con una vocina flebile ma dolce e rispondo.”Piacere di conoscervi, io sono Elisabetta”. Poi mi rivolgo
a Lucia: “Scusa, ma ora vorrei riposare”. Mi giro dandole le spalle, chiudo gli occhi e passo il tempo a sentirli parlare. Per un po’ sono incuriosita dai loro discorsi, ma poi sento una parola, un nome che non avrei mai voluto sentire ancora! Non oso nemmeno pronunciarlo, ma loro ne parlano e non lo sopporto. Sento Gianna che dice a Lucia: “Tuo fratello Tyler verrà più tardi, aveva molto da fare”. Tyler. Ecco, è questo il nome: Tyler. Non riesco a scacciarlo dalla testa e subito riaffiorano in me brutti ricordi, quegli stessi ricordi che avevo seppellito in fondo all’anima. Tyler era il mio ragazzo. Io l’amavo e lui mi amava. Non so bene il significato di questa parola, ma ciò non mi impedisce di volergli bene, di amarlo, anche se a modo mio. Ho passato belle giornate con lui, ma quella stessa persona che mi ha voluto bene, mi ha tradita. Sento un forte dolore nel petto, e sento le lacrime salire agli occhi. Ho voglia di piangere, urlare, ma non posso, non devo. Devo resistere, devo ricacciare la sua immagine da dove è venuta. In fondo, non è detto che sia la stessa persona, magari è un altro. Ma se fosse davvero lui? No, non è possibile. Mi rilasso e dopo tanti sforzi riesco ad addormentarmi. Quando mi sveglio sento aprirsi la porta. Deve essere l’infermiera. Apro gli occhi, mi stiro e mi metto seduta. Mi guardo intorno, e, con mio stupore, noto che Lucia sta parlando con un ragazzo. Lui è alto, capelli neri e molto magro, indossa dei jeans beige ed una maglietta mezze maniche blu scura con una scritta rossa. Lucia si è accorta di me e mi rivolge uno stupendo sorriso. “Ciao” mi dice “Ben svegliata. Ma lo sai quanto hai dormito?” mi ha chiesto. Io molto imbarazzata le rispondo: “NO, quanto?” “Più di un’ora! Ma come ci riesci?” “Non lo so”. Poi giro la testa verso il ragazzo. Lucia se ne accorge e, come se mi avesse letto nel pensiero, risponde alla mia domanda: “Lui è mio fratello. Si chiama Tyler”. Poi si gira verso di lui e dice:” Lei invece è Elisabetta”. Tyler con un sorriso mi rivolge un ciao. Io farfuglio qualcosa di molto simile. Quindi è lui. Lui che porta quell’orrendo nome. Lo scruto, incuriosita. Mi soffermo a lungo sui suoi occhi. Sono verdi mischiati all’azzurro e con delle pagliuzzette dorate e castane. Sono così… belli… profondi, molto profondi. E’ strano, mi guarda in un modo particolare. Il suo sguardo è allegro, sereno, dolce e profondo. Insomma è piacevole. I suoi occhi trasmettono calore, sicurezza.
1ª puntata
Disegno di Martina Delfanti
COS’E’ LA SOLITUDINE? Un buco nero, una stanza dove i ricordi volano confusi e avvolgono l’anima che sprofonda nel vuoto. Occhi spenti, mente assente, cuore impazzito, lacrime, dolore, insoddisfazione, abbandono, diversità, depressione, illusione, frustrazione, buio, solitudine… Solo in mezzo ad una folla, invisibile… Inutile, addio, suicidio! Forza di ritrovare la voglia di vivere… Di continuare a lottare…
continua sul prossimo numero
Di continuare a dare senza mai ricevere.. Luce, salvezza, libertà!
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E l e n a Pi s a
Il ringraziamento di un candidato eletto consigliere comunale (LISTA n.1) ad Isola Sant’Antonio Questa per me è la prima esperienza politica. L’ho iniziata con l’intenzione di dare un po’ di dinamismo e freschezza al mio paese. Isola Sant’Antonio è un luogo in cui ritrovo le mie radici e che significa molto per me, ho ancora tutti gli amici d’infanzia. Ci tengo a ringraziare chi mi ha dato il voto perché ho ottenuto un buon risultato e questo dimostra la fiducia e l’affetto delle persone che mi conoscono e che hanno apprezzato la mia persona e la serietà delle mie intenzioni. Il mio modo di ripagarvi è quello di compiere con impegno la mia azione politica nell’opposizione assicurando massima trasparenza. Roberto Baratella
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Sulle ali della vita Cornelia
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C O N V E G N O
S U L L E
C U R E
Marta Lamanuzzi
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enerdì 31 marzo e sabato 1° aprile si è celebrata la festa nazionale del volontariato. Spettacoli teatrali, manifestazioni e stage hanno cercato di sensibilizzare anche la nostra provincia di Alessandria. Venerdì 31 anche una trentina di ragazzi del Liceo Peano hanno dato il loro contributo (c’ero anch’io), salendo sul palco del teatro Civico di Tortona nella parte conclusiva di un "incontro" (come l'ha voluto definire il presentatore)
liative" deriva dal latino pallium che significa "mantello", il mantello caldo, dolce e soffice con cui il volontario deve proteggere e alleviare l'anima del malato, accompagnandolo nei suoi ultimi passi. Il volontariato non è un'attività facile, ci vuole forza, ci vuole coraggio, ci vuole sempre il sorriso; ma è la massima e più naturale espressione della nostra umanità. Proprio per questo è così importante parlarne, pubblicizzarlo e festeggiarlo, perché giunga al cuore di tutti e affinché, per citare la frase con cui gli studenti del Peano hanno concluso il loro intervento, "vicino a qualcuno che soffre ci sia sempre qualcuno che ama".
Quando un nemico ti bussa alla porta una prima volta, lo ignori; quando ti bussa la seconda volta, tremi, stringi i denti per un attimo e prosegui con le tue faccende; quando ti bussa la terza volta, cerchi di soffocare quel rumore con le mani nelle orecchie, ma è fatica sprecata: il nemico è già dentro di te. È una guerra sleale, tu sei fuori, felice e indaffarata, lui è dentro, vorace e laborioso. Si nutre di te, della tua forza, del tuo futuro. Mentre stai vivendo e stai progettando, lui ti sta spegnendo. Mentre credi di lottare in carne ed ossa, in realtà sei già solo seta, nient'altro che un soffice velo attorno ad un cuore. Marta Lamanuzzi
“Un giorno portai alla maestra una mela e lei mi diede un bacio. Il giorno dopo le portai un’anguria ma lei non capì”
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gabbiano in picchiata sul mare che si immerge nell’acqua e dopo pochi secondi risale trionfante nel cielo con il suo pesce ben stretto nel becco luccicante nel sole arancione dell’alba… Spero che quel gabbiano non abbia portato con se anche la giovane vita di quella ragazza a cui io cercai di dare un po’ di sollievo, forse senza riuscirci. Improvvisamente mi svegliai accorgendomi che era stato un sogno: spalancai le finestre e di fronte a me c’erano un sole rosa ed un mare calmo e luminoso e, in quello scenario da fiaba, apparvero il gabbiano e la ragazza seduta sul lungomare china con la mano che le reggeva faticosamente la testa…
P A L L I A T I V E
UN MANTELLO ATTORNO AL CUORE con l'Associazione Enrico Cucchi. Il tema della serata era quanto mai delicato: l'assistenza ai malati terminali, a quelle anime umane cariche di un peso sovraumano, intrise di una tetra e soffocante consapevolezza, quelle anime che sanno che stanno per spegnersi. Si parla di anima perché il corpo, che per noi è strumento di vita, di gioia e di rapporto con gli altri, per loro non è che un involucro di cartongesso, nient'altro che un velo che avvolge il loro dolore. Non è con il corpo infatti che il volontario deve avere a che fare (ormai è inguaribile) ma è con l'anima che deve cercare di entrare in intimo contatto. Il termine "cure pal-
per lei tanto valeva mettere fine a quell’esistenza “trasparente” che sentiva di non aver mai vissuto fino in fondo. Sentendo quelle parole così sincere ma allo stesso tempo vere e difficili da accettare, mi si strinse il cuore. Rimanemmo per qualche istante in silenzio, poi mi feci coraggio e le dissi che ciascuno di noi è il futuro del mondo e possiamo, se vogliamo, cambiarlo e fare del bene alla gente perché in fondo non si vive solo per sè stessi. A volte capita di sentirsi imprigionati in una realtà dove domina l’idea della ricchezza e talvolta ci dimentichiamo che possiamo trasmettere amore attraverso le piccole cose di ogni giorno. Dobbiamo inoltre sentirci liberi e felici come un
M. Zucca
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René Magritte, La grande famiglia, olio su tela 1963.
ro seduta a guardare il mare. L’aria frizzante portava le goccioline d’acqua sul mio viso ed il profumo di salsedine aleggiava nell’aria. Chiusi gli occhi per un istante e, quando li riaprii, accanto a me era seduta una ragazza. Avrà avuto più o meno diciotto anni ed il suo volto era bagnato dalle lacrime che scendevano ininterrottamente. Le chiesi cosa provasse in quel momento e cosa le fosse successo per giustificare tutta quella tristezza. Mi disse che quelli erano gli ultimi minuti che avrebbe trascorso in questo mondo perché aveva capito: era stata cresciuta con le chiare parole di sua madre che
le diceva che presto o tardi nella sua vita avrebbe preso decisioni sbagliate e poi avrebbe dovuto riuscire a rimediarle. E lei era consapevole di aver sbagliato tutto: aveva intrapreso la strada della droga e perso la speranza ed il coraggio necessari per uscirne. Percepiva che il suo destino era segnato: si sentiva sola, dispersa in un mondo che non sa ascoltare, aiutare e nemmeno perdonare coloro che hanno compiuto errori e che si accorge della propria indifferenza solo quando è troppo tardi e un’altra vita si è spenta. La ragazza si sentiva schiava di un mondo che non vuole migliorare e non capisce i valori e le cose veramente importanti come l’amicizia e il saper accettare le diversità;
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Pianeta n.10 a cura di Paola Maggi
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evo scusarmi con voi ragazzi ma dall’inizio dell’anno ho avuto molti impegni, alcuni belli (tanti corsi per imparare a capire sempre meglio i nostri pelosi) e purtroppo altri meno (la mia “principessa” Tsuni ha dovuto essere operata ad una zampa e la ripresa è stata molto lunga con tanti problemi da risolvere), che mi hanno tenuta lontana da Mosaiko. Adesso pare che Tsuni si sia rimessa e torno quindi a dedicarmi a Voi.
Mi perdonerete se per un pochino non rispondo alle vostre domande ma vorrei proprio dedicare “qualche pianeta” ad una parte molto importante della comunicazione uomocane e cioè a tutti quei segnali che il nostro quattrozampe usa per far capire a noi oppure ai suoi consimili che una situazione “gli sta stretta”, che gli provoca ansia o preoccupazione o che gli stiamo chiedendo più di quello che può darci. Questo gruppo di segnali è molto nutrito (se ne sono codificati almeno una trentina ma gli studi sono ancora in corso) e in italiano prende il nome di “Segnali pacificatori” (calming signals per quelli di voi che masticano un po’ di inglese). Fino a non molto tempo fa si affermava che i lupi erano dotati di un “campionario” di posizioni e atteggiamenti corporei e facciali molto più ricco di quello dei cani domestici e che, probabilmente, l’uomo addomesticando il cane ne aveva impoverito il linguaggio rendendolo meno abile a comunicare con i suoi simili. In realtà le osservazioni di Turid Rugaas, una bravissima etologa norvegese (l’etologia è una scienza che studia il comportamento degli animali nei rapporti tra di loro e con l'ambiente), hanno dimostrato che i nostri cani non hanno per niente perso queste capacità di comunicare, le hanno solo rese un po’ meno vistose, d’altra parte loro vivono in condizioni meno “estreme” dei lupi. Tuttavia queste ci sono e vengono usate in continuazione tra di loro e… persino nei nostri confronti. E’ un linguaggio universale comune a tutte le razze canine che noi possiamo a nostra volta imparare ad utilizzare almeno in parte (non possiamo certo scodinzolare o leccarci il naso
ma possiamo sbadigliare ad esempio) per comunicare con il nostro cane in maniera molto efficace e immediata e per renderci conto di quale sia il suo stato d’animo a seconde delle situazioni in cui si trova. Questi segnali sono usati molto presto in qualunque situazione per evitare sviluppi indesiderati per il cane come minacce da persone e cani o per calmare il nervosismo e la paura. Possiamo noi stessi usare questi segnali per calmare il cane stesso quando è stressato o a disagio. Sono usati per far sentire gli altri più al sicuro e comunicare la buona volontà ed il desiderio di un incontro pacifico. Servono per diventare amici di altri cani e persone. I segnali di calma hanno quindi un doppio significato: sono una richiesta di tolleranza, di calma, di amicizia, e allo stesso tempo sono un segnale di disagio, di stress. Tentando di tradurli in parole potrebbero voler dire "Sono preoccupato" e "Non voglio guai". All’inizio non sarà facile scoprirli nel vostro cane oppure in quelli che incontrate perché spesso sono gesti molto veloci (come il leccarsi le labbra) oppure appena accennati (il distogliere lo sguardo) ma con un po’ di allenamento scoprirete che i nostri amici pelosi ci “parlano” in continuazione e cercano allo stesso modo di parlare con noi. Può essere utile concentrarsi su un segnale per volta, una volta “abituati” a riconoscerlo si passerà agli altri. Facciamo un breve elenco dei più comuni e utilizzati, una specie di “vocabolario” Leccarsi il naso. E’ uno dei segnali più frequenti e spesso è molto rapido oppure appena accennato (solo la punta della lingua). Secondo alcuni autori deriva dalla richiesta di cibo che i cuccioli fanno, leccando le labbra degli adulti per indurli a rigurgitare. Esempio - Spesso quando vogliamo fotografare il nostro cane lo immortaliamo che si lecca il muso: probabilmente la macchina fotografica lo impensierisce un po’ Distogliere lo sguardo, voltare la testa o il corpo. Come abbiamo già detto, lo sguardo fisso è considerato una minaccia. Non solo nei cani, ma in genere nei mammiferi e persino negli uccelli. E’ come qualcuno che prende la mira prima di sparare: molto probabilmente seguirà l’aggressio-
L’atteggiamento del cane bianco, con la coda alta e tutto proteso in avanti, indica una certa tensione. Per rassicurarlo e calmarlo, l’altro cane rallenta e prende una direzione curva.
Per chiarire le buone intenzioni il cane distoglie lo sguardo girando la testa.
ne. Il segnale di calma opposto è distogliere lo sguardo. Può essere un semplice movimento degli occhi, battere le ciglia con insistenza, socchiudere le palpebre, oppure (a seconda della gravità della minaccia che il cane pensa di subire) girare tutta la testa e persino il corpo. Esempio - Torniamo a casa e il nostro cane ha rosicchiato qualcosa che non doveva, ci arrabbiamo e lo chiamiamo con un tono duro. Lui arriva piano piano (anche questo è un segnale come vedremo) e non ci guarda direttamente. Spesso si dice che il cane sa di essere “colpevole”, in realtà ha percepito la nostra rabbia e sta cercando di calmarci. Immobilizzarsi, sedersi, sdraiarsi. Restare immobili indica che non si vuole prendere l’iniziativa, in modo da non provocare una reazione di difesa o di attacco. Lo vedia-
mo utilizzato spesso anche durante il gioco quando alcuni si “lasciano trasportare troppo” e l’eccitazione comincia a diventare eccessiva. Così si calmano un po’ gli animi prima di ricominciare Esempio - Un gruppo di cani giovani gioca e diventa molto rumoroso ed eccitato, un cane più anziano si mette nel centro del gruppo e si sdraia a terra, presto anche i cuccioli si calmeranno. Movimenti lenti. L’eccitazione, l’aggressività sono legate al movimento. L’attacco a una preda, così come a un rivale, richiede velocità. Il segnale di calma opposto è la lentezza del movimento, o l’immobilità. Esempio - Ho portato il mio cane al parco e quando lo chiamo per tornare a casa mi ignora, allora ripeto il comando un po’ scocciato, il cane viene verso di me ma lenta-
Il cane è chiaramente a disagio, forse per la macchina fotografica forse per un estraneo o un altro cane fuori dal quadro della foto, e voltando la testa si lecca il naso.
mente, mi arrabbio ancora di più perché penso che mi “prenda in giro” e lo richiamo sempre più duro, lui rallenta ancora. In verità non capisce perché io sia così furente e sta cercando di calmarmi prima di arrivarmi a tiro. Annusare per terra. In una situazione di possibile conflitto
una delle possibili strategie è fare finta di niente, di essere intensamente occupati in qualcos’altro. Pensate a quando fate finta di leggere le istruzioni dell’ascensore... I cani annusano a terra, osservando con la coda dell’occhio cosa succede. E’ anche un modo per spostare l’attenzione su qualcosa di meno pericoloso: un odore può far dimenticare la tensione... Esempio - Due cani si incrociano ed uno dei due sembra decisamente minaccioso e continua a sembrarlo anche dopo che il più “diplomatico” dei due ha girato la testa dall’altra parte e ha girato anche il corpo, come ultima risorsa il cane che vuol “calmare” l’altro comincia ad annusare per terra. Avvicinamento descrivendo un arco. In una situazione di conflitto, l’animale che attacca cercherà di ottenere un vantaggio colpendo per primo. Tutti i cani provano più o meno disagio (a seconda della loro sicurezza) quando vengono fissati o avvicinati con traiettoria diretta e velocemente. Un percorso semi-circolare è utile anche per recuperare cani mostrano paura verso i propri simili o verso l’uomo: seguirla insegna al cane a superare la fonte della sua ansia senza entrare in conflitto. Esempio - Due cani al guinzaglio si incrociano sul marciapiede. Uno dei due si butta a terra e scodinzola eccitato, pronto a balzare in avanti;l’altro rallenta, volta la testa, si lecca il naso, si muove su una traiettoria curva, allontanandosi dal cane troppo irruente. L’elenco non è finito ma per evitare di “sovraccaricarvi” (nessuno impara l’inglese o il francese in una sola lezione, no?) discuteremo gli altri nel prossimo numero.
Anche Isola Sant’Antonio entra nell’arcipelago culturale di Mosaiko ... faremo con voi un salto ad Isola Sant’Antonio... con notizie e curiosità. Sul prossimo numero l’intervista a Roberto Baratella, un attore che ci svelerà i trucchi del mestiere e ci spiegherà come si intraprende una carriera artistica.
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