Il Mosaiko Kids 7 e 8 2005

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Il Mosai K o i

Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: ilmosaiko @tiscali.it

Percorsi di vita

Anno 2 - n° 7-8 - luglio-agosto 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Tipografia-litografia Fadia, via Soldini 12 - Castelnuovo Scrivia (AL)

Alcool: cronaca ordinaria di un malessere straordinario

Il guastafeste che nessuno odia

La lei di turno, perché si tratta sempre di una lei, finirà la festa in ospedale...

Antonella Mariotti

Silvia Pareti

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ome si divertono i giovani? É arrivata l’estate e l’ambiente universitario si risveglia a suon di feste, tantissime, un concentrato in previsione di una lontananza lunga il resto dell’estate. Ma c’è sempre una nota stonata nelle serate a ballare e farsi ammirare. Non sono le zanzare impenitenti dal pungiglione facile, non sono i temporali che per qualche mezz’ora sospendono tutto e non è nemmeno il doveroso rispetto dei vicini meno festaioli che fa staccare le casse alle tre e se si è in centro all’u-

osaiko è un cammino, un percorso di vita, tra passioni, desideri e voglia di crescere. Con questo numero i ragazzi si prendono una pausa, una prima tappa in quello che, l’editore ed io, speriamo sia un cammino lungo di crescita. Sono stati tanti gli argomenti trattati dai giovani che con passione e dedizione scrivono le pagine di Mosaiko e ancora molti saranno dopo l’estate, ci aspetta un’iniziativa di impegno sociale che i ragazzi affronteranno come sempre al meglio e, sono sicura, con ottimi risultati. Ho sempre creduto fermamente che siano i giovani il nostro investimento migliore, le loro menti e le loro aspirazioni da coltivare, perché nessuno di noi possa dire di aver sprecato il suo tempo. E questi ragazzi, i giornalisti di Mosaiko, non hanno fatto che confermare quello in cui ho sempre creduto. Le pagine di Mosaiko torneranno ancora più ricche, cercheremo di approfondire ancora il mondo dei giovani attraverso loro stessi, lasciandoli liberi di esprimersi, di raccontarsi. C’è solo una cosa che chiediamo, ascoltateli e leggeteli. Perché l’impegno e l’entusiasmo di questi ragazzi possa essere un percorso di vita, un anticipo di quel cammino che noi adulti sappiamo sarà spesso, troppo spesso, difficile, carico di ostacoli e di delusioni. Gli adulti hanno un compito, saper ascoltare, riuscire, nonostante tutto, a capire chi adulto deve ancora diventarlo.

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na soltanto. La festa non finisce col cessare della musica, si traveste, assume altre forme, nessuno ha sonno, nessuno vuole andare a dormire. Alcune feste sono nei cortili dell’università, altre nei collegi, altre ancora in locali poco fuori città. Cambia la musica, la gente, l’atmosfera, la fantasia degli organizzatori. C’è chi proietta su una parete le foto dei partecipanti e chi fa arrivare alle due delle pizze giganti, chi fa suonare un gruppo e chi si accontenta del dj, chi fa pagare l’ingresso e ti timbra la mano per entrare e chi non ti obbliga nemmeno a una consu-

mazione, ci sono feste clandestine e feste ufficiali, quelle che ricoprono la città di volantini pubblicitari e quelle del passaparola, quelle per erasmus (studenti stranieri), quelle che ci vai a piedi o quelle che aspetti la navetta. Ma tutte, tutte quante hanno una cosa in comune. Un’immancabile nota stonata che fa il suo show alle tre circa. Finiscono tutte coi lampeggianti blu di un’ambulanza a sostituire le luci della pista e la musica cambia. La lei di turno, perché si tratta sempre di una lei , finirà la festa in ospedale a farsi una ‘bella’ lavanda ga-

strica, col rischio che avvertano casa spiegando perché la fanciulla non rientrerà per la notte. Quasi tutti sono un po’ brilli, qualcuno barcolla e per tornare a casa deve farsi sorreggere, altri si coricano a terra cercando di resistere al senso di nausea, ma tutti restano scioccati alla vista del corpo seminudo, di solito scalzo, sdraiato nella sabbia o sull’asfalto che nessuno riesce più a svegliare. Solo allora gli amici, che non si sono preoccupati di fermarle il gomito quando da sola non lo voleva fare, si accorgono che la cosa è seria e chiama-

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Egon Schiele - Due donne (particolare)

Anche d’estate non mollano la presa

G e n i t o ri

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deliri

Marta Lamanuzzi

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figli più bravi, o quelli dotati di genitori più esigenti e permalosi, trascorrono almeno una vacanza con loro. In certi casi si tratta di una vacanza piacevole, in altri invece si trasforma in un vero incubo… Analizziamo qualche esempio caratteristico:

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estivi

dei

La madre culturofila Sentite condoglianze a coloro la cui famiglia è trascinata, generalmente da una madre professoressa, in un tour culturale. I poveri figli saranno costretti a manifestare interesse visitando scavi archeologici, chiesette abbandonate e musei d’antiquariato. Tutto ciò ad una temperatura che oscilla intorno ai 40° e con in sottofondo la voce monotona e insistente della guida, che accompagnerà la famigliola per tutto il viag-

A CACCIA DI UN’IDENTITA’ di Simona Lucarno PARLIAMO D’AMORE di Elisa Pareti LETTERA ACIDELLA ALL’INSEGNANTE di Marta Lamanuzzi IL MIO CANE SKIP di Elena Pisa Vivere qualche mese in Nuova Zelanda DEAR NEW ZEALAND di Anna Baiardi Le scuole elementari e medie raccontano “SULLE ORME DI GULLIVER” “IL VASO RITROVATO” Due originali esperienze di laboratorio

PIKKOLI PIKKOLI a pagina 7

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nostri

gio, senza mai smettere di spiegare e illustrare. Le madri più disumane possono anche pretendere che si prendano appunti. Il padre superattivista Si tratta di un uomo instancabile che ama soprattutto vacanze al mare o nei villaggi turistici, dove l’equipe d’animazione propone diverse attività per soddisfare i gusti di tutti. Il problema è che lui le adora e le vuole praticare tutte quante. Ancora più problematico è il fatto che voi figli dovrete accompagnarlo. Così, dopo un solo giorno passato partecipando alla lezione di risveglio muscolare, aerobica, spinning, yoga, acquagym, windsurf, canoa, sub, equitazione, tiro con l’arco, al torneo di beach volley, calcetto, bocce, scopa, scopone, scopa d’assi e balli di gruppo, vi assicuro che sarete già moribondi. Ma state tranquilli, in fondo avrete tre o quattro ore di sonno per riprendervi prima di ricominciare l’indomani… Il padre ascetico All’estremo opposto troviamo quegli uomini che, sentendosi oppressi dallo stress del lavoro e dal caos e dal traffico della città, vanno alla ricerca di una vacanza rilassante. Talvolta però esagerano davvero. Finiscono per prenotare per la propria famiglia un soggiorno di due settimane in una struttura che offre camere distanti tra di loro un chilometro, in modo che i clienti non si disturbino a vicenda, immerse nella natura, con gli animali che girano, nessuna tecnologia né intrattenimento. Può sembrare piacevole, ma vedrete che in realtà dopo due giorni la noia si impadronirà di voi fino quasi a soffocarvi.

v a c a n z a adorati

La madre chic Poi ci sono quelle madri che desiderano vivere una vacanza da nobildonne, in posti lussuosissimi e costosissimi, frequentati dai vips. Le mete da loro più ambite sono Capri, Portocervo e Forte dei Marmi. I disagi per il resto della famiglia sono notevoli. Infatti per confondersi con l’ambiente bisogna mangiare da

aguzzini Il padre montanaro Genuina ma alla lunga insopportabile è la passione del padre montanaro: le passeggiate, o meglio scarpinate, in montagna. Una ogni tanto è salutare e si può sopportare, ma quando in una vacanza di dieci giorni ne sono state programmate una dozzina la situazione diventa insostenibile.

foto Narciso Bresciani

persone raffinate, parlare da persone raffinate, camminare da persone raffinate e dedicarsi solo ad attività da persone raffinate. Niente calcio, beach volley, né tamburelli, solo golf, stare delicatamente stesi al sole, limarsi le unghie e curare il proprio aspetto.

La cosa peggiore è che questo soggetto risponde ai segnali di stanchezza e, talvolta, addirittura agli stramazzamenti al suolo dei suoi figli dicendo che la fatica tempra il fisico e che un giorno lo ringrazieranno.


2 Portare con sé un solo oggetto

La dura legge dell’isola deserta C’è qualcosa a cui non si deve rinunciare...

Giada Gatti

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n piccolo puntino nell’oceano…cosa sarà? … ecco… è un’isola deserta! Nessun uomo vi ha mai messo piede quindi la natura ha conservato intatto il suo splendore: la vegetazione si è estesa liberamente, la sabbia della spiaggia è costituita da granelli finissimi che si disperdono nel vento come polvere e gli insetti volano indisturbati ora su un fiore, ora su un altro senza essere uccisi da mano umana. L’oceano che bagna l’isola assume sfumature che variano dal blu al verde, per poi tingersi di rosso quando il sole scende sotto l’orizzonte. Chi decide di trascorrere un po’ di tempo sull’isola deve essere abile a procurarsi il cibo e costruirsi una capanna in cui dormire ma, soprattutto, deve rispettare una regola: portare con sé un solo oggetto. È per quest’ultimo motivo che gli uomini non sono mai stati lì, non sapevano rinunciare a tutte le comodità che la vita offre.

loro assenza. I soldi, però, sono completamente inutili sull’isola poiché per sopravvivere servono abilità o fatica, indipendentemente dalla classe sociale cui si appartiene. A nessuno è ancora venuto in mente un diario, ancora da iniziare, per annotare tutte le sensazioni provate sull’isola e fare chiarezza dentro se stessi. Un diario a cui assegnare un nome, reale o di fantasia, per far sì che diventi un confidente intimo, l’amico di cui fidarsi maggiormente anche se, a differenza di una persona reale, non è in grado di parlare per darci consigli. Potrà diventare un rifugio sicuro, un modo per isolarsi dalla realtà ascoltando solo la voce dei pensieri e sarà pronto ad accogliere sia i momenti felici sia quelli tristi. Ci saranno, infatti, giorni nostalgici che faranno riaffiorare nella memoria momenti vissuti accanto alle persone care, oppure ricordi delle comodità delle quali ora non ci si può più servire. Alcune volte, però, il cuore sarà colmo di gioia; sull’isola, infatti, non manca certo il tempo per dedicarsi a se stessi, imparando ad ap-

prezzarsi e a conoscersi meglio. Tutte queste emozioni dovranno essere scritte sul diario giorno per giorno in modo da creare un quadro dipinto dall’anima per rappresentare ciò che siamo veramente, la nostra essenza. Inoltre il diario diventerà un prezioso ricordo e quando, tempo dopo, si rileggerà si avrà l’impressione di trovarsi di nuovo sull’isola nell’esatto momento in cui si stava scrivendo quella pagina, con gli stessi pensieri di allora. Questo viaggio non è solo una prova di sopravvivenza ma serve anche ad indagare su noi stessi per scoprire quello che siamo stati, quello che siamo e magari quello che saremo in futuro, cercando di capire le paure, i sogni e le speranze che ci portiamo dentro. Ciò che si impara sull’isola non deve essere dimenticato, ma conservato gelosamente nel cuore e scritto indelebilmente sulle pagine del diario dell’anima, poiché tutte le esperienze aiutano a crescere e a diventare delle persone migliori e più consapevoli dei nostri limiti.

Alcuni avevano pensato di portarsi un vestito, ma sarebbe inutile poiché nell’isola non c’è nessun altro che possa vederli. Altri il proprio cellulare, ma sarebbe impossibile chiamare o inviare messaggi poiché manca il segnale e non c’è neppure la corrente elettrica per ricaricarlo. Altri ancora avrebbero voluto portare un regalo ricevuto da una persona cara, ma avrebbero offeso le altre cui vogliono bene, oppure una foto di tutti gli amici. La foto, però, può andare persa, sbiadirsi o strapparsi mentre il ricordo che si ha nel cuore rimane sempre intatto. Quelli che amano la lettura si porterebbero sicuramente un libro; dopo che lo si è letto un po’ di volte e ci si è soffermati a riflettere sulla vicenda, però, non avrebbe più alcun’utilità. Gli uomini “concreti” penserebbero ad un utensile che possa esser loro d’aiuto alla sopravvivenza, anche se gli utensili si possono costruire sfruttando le risorse dell’isola. Qui il tempo sembra non passare mai e non si sa più che ore siano o che giorno sia; per questo molti si porterebbero un orologio o un calendario. Ma a che cosa serve sapere l’ora o la data se non si hanno orari precisi e scadenze improrogabili da rispettare? Quelli attaccati ai soldi non esiterebbero a portare il loro portafoglio, per paura, magari, che possa essere sottratto durante la

Alcool, il guastafeste che nessuno odia

segue dalla prima

no aiuto. Nel profondo di un coma etilico, quel corpo ricorda a tutti quanto assomigli alla morte quel sonno. Cambia festa, ma questa scena si ripete e non posso fare a meno di chiedermi perché il divertimento si accompagna per forza all’alcool e all’alcool fino a stare male. Uno dopo l’altro si svuotano i bicchieri, birra, sangria, chupitos, martini, cuba o altri intrugli. La parte animale di noi repressa si libera, ogni bicchiere di alcool ne spezza una catena: prima toglie la timidezza, poi la vergogna, dopo il ricordo di ciò che stai facendo, poi la posizione eretta e alla fine non ti resta neppure il rispetto per te stesso. Chi ha deciso che non vuole fermarsi non vuole più avere contatti con la realtà, non si diverte nello stare con gli altri, si isola in un rifiuto dei propri limiti e della coscienza dolorosa di sé che trasformerà una festa in una corsa all’ospedale o anche solo in una nottata in bianco a rimettere con la testa che scoppia. Una punizione meritata, è la vendetta del corpo per essere stato trattato con così poco amore. Uscendo dalla festa spariscono le pose da star, le movenze calcolate, l’attenzione al dettaglio. I corpi sono pesanti, si sorreggono a vicenda, le ragazze si siedono per terra pur di levarsi i tacchi sadomaso. Siamo tornati animali, che nel loro sudore intriso d’alcool schivano gli altri sguardi , vagano soli in un’allucinazione che sembra solo il preambolo del sonno. I lampeggianti feriscono, riportano luce sulle follie e gli abbagli di un’illusione col-

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le conseguenze di tanta incoscienza affollano i telegiornali e bisognerebbe fare di tutto per evitarle. Ma le navette non sono mai organizzate in maniera efficiente, a volte non ci sono e bisogna tornare con mezzi di fortuna, a volte sono insufficienti e per risparmiare (ma non si può risparmiare sulla sicurezza delle vite umane!) al posto delle previste 50-60 persone ne vengono stipate un centinaio. La sensazione è quella di non essere più una persona ma una cellula di un ammasso che si muove e ondeggia trascinandoti con sé, senza che gli ordini che impartisci al tuo corpo per contrastarne la travolgente forza abbiano alcuna effica-

Silvia Pareti (Capo redattore) - Marta Proprietà artistica letteraria Lamanuzzi (Capo redattore) - Livia Casa Editrice Favolarevia Via C. Alberto, 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL)

Decoratore Progettista d’ambienti Imbianchino

Bertoletti Claudio via Mazzini, 72 15050 Isola S. Antonio (AL) Tel. 0131/85.72.59 -cell. 3387592232

cia. I carabinieri che ci hanno tenuto compagnia sino all’arrivo dell’ultima navetta vedono ma tacciono o forse fingono di avere troppo sonno per aprire gli occhi. Così partiamo, ma non si può viaggiare così stivati, gli pneumatici del mezzo soffrono per lo sforzo e ondeggiamo paurosamente ad ogni minima sterzata. Per non parlare della velocità di fre-

Egon Schiele - Donna con calze verdi, 1917

Progetto grafico e impaginazione: Favolarevia - Mauro Mainoli Fotografie: Narciso Bresciani, Bruno De Faveri, Paola Maggi, Fiorenza Corradini, Claudio Bertoletti. Redazione Direttore Resp.: Antonella Mariotti Presidente: Mimma Franco Anna Bruni - Giovanna Spantigati Paola Maggi - Alessandro Pugliese Elisa Pareti - Mauro Mainoli.

foto Narciso Bresciani

e cerchi la qualità e la sicurezza di prodotti naturali, senza conservanti né pesticidi, vieni da noi in Via CaVour, 4 CaStelnuoVo SCriVia tel.0131 826588

lettiva, riportano alla realtà. In queste condizioni parrebbe molto più sicuro tornare a casa con le navette predisposte dai locali. Che bella idea, ma sarà poi vero che sono più sicure? La navetta è un’ottima soluzione alla macchina, ve li immaginate tutti questi giovani ubriachi che si mettono alla guida di un’auto? Credo di sì, perché

Granata (Capo redattore) - Anna Baiardi (inviato) - Sara Serafin - Giada Gatti - Simona Lucarno (inviato) Davide Varni (Capo redattore) - Elena Pisa - Paolo Pareti (Capo redattore) - Costanza De Faveri - Marcello Spinetta - Giorgia Bresciani - Cecilia

nata che con tutta quella carne in scatola e il suo fardello richiede molto più del previsto. Queste le condizioni di sicurezza, ma non basta, perché ad esse si aggiunge un autista svogliato e frettoloso, che siccome non pensava di dover fare quell’ultimo viaggio, tenta di finirlo il più in fretta possibile e non si risparmia di sorpassare un camion in una curva a doppio senso di marcia e sforare sempre di parecchio i limiti. Tanto i giovani sono incoscienti, non hanno paura di niente nella loro illusione di invincibilità. Davvero? Avrei voluto essere almeno un po’ alticcia, non mi sarei ricordata di nulla. Silvia Pareti

Sacco - Andrea Accatino (inviato) Mini reporter Stefano Pugliese (Capo redattore) Piccoli Piccoli Lisa R. Magnaghi (Capo redattore) Cecilia Mariotti - Martina Ruta (Capo redattore) - Sofia Falchetto (Capo redattore) - Daniele Accatino - Marta Poggio - Alberto Arzani - Fabio Porta Scarta - Claudia Poggio Piccoli Artisti Carlotta Rubin, Victoria Ferrari Collaboratori Maria Serafini - Cristiana Nespolo Claudio Bertoletti - Cristina Bailo Bruno De Faveri - Elisabeth Daffunchio Illustrazioni Martina Delfanti - Carlotta Ruotolo Vietato riprodurre senza autorizzazione testi, fotografie e impostazione grafica

Bar - Pizzeria - Paninoteca

Locale Climatizzato Aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 01:00 Via Masnaco Nicolosio (Area Crespi) Castelnuovo Scrivia (AL) Tel. 340 1854008 - 349 5751878

MUSICA DAL VIVO TUTTI I GIOVEDI’ SERA


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Siamo solo un mattone nel muro?

A caccia di un’identità

Raccogliere ogni forza per trovare “qualcosa”

“A

nother brick in the wall”, un altro mattone nel muro… io sono uno qualsiasi di quei mattoni? Sono solo una tra tanti? Mentre mi allenavo con la musica nelle orecchie ascoltando questa canzone, mi sono resa conto che continuavo a ripetermi “Concentrati, credi in quello che fai, concentrati e gli altri apprezzeranno quello che sai fare”. In quel momento i miei pensieri erano orientati sull’allenamento, ma ora ripensandoci trovo altre cose in cui credo a cui poterli riferire. Distinguersi, dimostrare…non per una sterile ragione di apparenza o esibizionismo, a cui “bene” la nostra società ci sta addestrando, ma per portare in alto qualcosa a cui tengo particolarmente. Anche se a volte gli altri non la capiscono o la giudicano. E qualsiasi sia questa cosa o quante siano non importa, l’importante, ciò che senti, è che vuoi crederci e che sarai tra i migliori, che arriverai sempre più su…che non sarai uno tra i tanti. Che verrai apprez-

zato, tu e la tua passione. Un’ambizione, una sana ambizione, qualcosa che senti crescere con te e dentro te. Qualcosa per cui era da tanto che stavi aspettando. Qualcosa che ti fa stringere i denti, che occupa tutto il tuo impegno, tutta la tua attenzione, dedizione, costanza. Qualcosa che ti insegna ad essere umile, ad avere la pazienza e il coraggio di andare avanti piano, passo dopo passo. Quella sfida con te stesso, che ti fa partire a testa bassa e lentamente ti alza, ti dà determinazione e ti fa crescere. La grinta, il cuore, la mente, ogni forza a rapporto per raggiungere il tuo qualcosa. Per essere qualcuno, non una semplice x. Siamo a caccia di un’identità, siamo a caccia di noi stessi. Tra tanti cloni e prototipi, c’è chi vuole essere sé, c’è chi vuole essere unico. Perché sente dentro una musica che pulsa su un’altra frequenza, un altro ritmo. Non serve andare contro corrente, non serve attirare l’attenzione, serve crescere puri, decisi, anche in silenzio, senza fare troppe scene come se ne vedono tante. Forse discorsi del genere possono essere visti come pure acrobazie fanatiche, come un

intreccio di frasi che non hanno sotto niente…sto solo cercando di mettere per iscritto quello che sto provando. Forse considerarlo nulla significa essere arrivati, avere già capito chi si è…non lo so. Ma quello che so è che ciò che sento non è nulla…è una carica esplosiva, voglia di crescere, di realizzarsi. Certo, proprio perché siamo diversi è difficile che queste emozioni siano le stesse per qualcun altro. I sentimenti possono essere diversi, ma la loro forza è la stessa. Costruttiva o distruttiva questo sta a noi. Ma è difficile capire cosa si vuole. A volte si vorrebbe poter vedere il futuro per sapere che ne sarà. E non poterlo fare è un boccone amaro, l’ennesimo colpo che si abbatte quando i dubbi e le paure ci divorano. Dove, come si trova se stessi? Perché farsi delle domande a cui nessuno può dare risposte? So solo che quando faccio quel qualcosa in cui credo, tutto torna ad avere un senso, uno scopo, una speranza, nuove energie. Nessuno può sapere cosa c’è nel suo futuro, per ora bisogna credere in ciò che ci fa sentire carichi di entusiasmo e non smettere

di crederci, non pensare “E’ una sciocchezza, non funzionerà mai…”, non lasciarci scoraggiare. Un domani chi lo sa se riusciremo a diventare dei campioni o dei professionisti di successo o persone famose, se supereremo le nostre paure, se realizzeremo anche le nostre più piccole ambizioni. L’importante è sapere di averci provato seriamente, di avercela messa tutta, di poter voltarsi ed essere comunque fieri di sé, nessun rimpianto, nessun dubbio irrisolto. Allo stesso tempo è molto importante guardare anche al presente, perché è nel presente che si costruisce il futuro. Viviamo adesso, iniziamo subito, costruiamo quello che sogniamo, perché purtroppo o per fortuna i sogni sono solo ispirazioni e hanno bisogno di noi per realizzarsi. La domanda non è “chi sarò domani?”, ma “chi voglio essere domani?”. Ci deve essere per forza una risposta in tutti noi, forse non sempre immediata, appesantita da mille dubbi, ma c’è. Ricordiamoci che questa ambizione va coltivata passo dopo passo e solo passo dopo passo tutto sarà più chiaro. E se lo vogliamo, noi saremo noi.

foto Narciso Bresciani

Simona Lucarno

Amanti alessandrine e imperatori del 1800 e del 2005

Parliamo d’amore

Su una rivista per uomini, una graduatoria e Alessandria è ultima... Elisa Pareti

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arliamo d’Amore, perché non c’è nulla di più attuale e salutare con il quale potersi confrontare al giorno d’oggi. Metto da subito in allerta i lettori che questo articolo non si asterrà dal rispolverare quel linguaggio banale ma anche potenzialmente universale che è proprio delle creature che amano. E forse ai più cinici e disillusi colerà il miele dalle ginocchia, o si irriterà l’epidermide al contatto con tanta materia zuccherina. Eppure questa notte, sulla tastiera del mio computer ho voglia di battere un pezzo che nessun direttore di giornale si sognerebbe mai di chiedermi e che forse anche a me manca il coraggio di scrivere. Sono appena tornata ad Alessandria da Asti, sulla strada piatta tra i campi scorrono gli stessi volti e corpi di donna di ieri e dell’altro ieri, attendono un altro cliente. Una ragazza giovane, davanti alla Cittadella, resiste al caldo ed aspetta. Internet, la televisione, le riviste, i cartelloni pubblicitari. Qualsiasi luogo io attraversi lo trovo ingombro di volgarità. Parlare di sesso sarebbe la vera banalità, è troppo facile conquistare i gusti di un direttore e dei lettori con l’ennesima perversa e stupida curiosità erotica. Eppure questo non è un giornale religioso né perbenista, il Mosaiko è come un bambino piccolo che arrosisce di pudore ma incalza con le sue domande dirette e scomode il senso profondo della vita. E se oggi parleremo d’Amore, Michele Mainoli - Gli amanti, litografia - 1962

parleremo anche di vita, di nascita e di rinascita, di sessualità e… di Sesso, ma con la passione che da sempre compete al Mosaiko e che nobilita senza svilire. Iniziamo con il rispondere anche noi a quella rivista per uomini sulla quale era uscita una graduatoria tra le città italiane sessualmente più attive. Ricordiamo che Alessandria… è stata sistemata agli ultimi posti della classifica. Questo ha causato diverse reazioni, alcuni hanno confermato, altri hanno protestato. E’ risaputo che la provincia di Alessandria è caratterizzata da una popolazione anziana, nascono pochi bambini e questi sono in maggioranza figli di giovani extracomunitari o di coppie italiane sempre più in là con gli anni. Ma la sessualità non è mai un numero di cui farsi belli e su cui basarsi per fare confronti, il Sesso è un’alchimia segreta, il momento più intenso e più alto di comunione che può raggiungere una coppia. E non abbiamo nulla da vergognarci noi alessandrini, forse un po’ più riservati e tranquilli dei nostri coetanei più precoci e disinibiti. Alessandria è una bella signora che di recente si è rifatta un po’ il trucco, la nebbia nelle giornate d’inverno è come una veste di seta che l’avvolge di mistero e stimola la fantasia ed il desiderio dei suoi amanti. Non c’è nulla da vergognarsi se siamo tra gli ultimi in quella graduatoria. La sessualità non è una gara tra amici. La nostra provincia è una terra fertile, dalle linee morbide delle colline e ombrose dei pioppeti, senza alte vette né profondi abissi… è la terra del lavoro e della pazienza ma anche dell’Amore e della pas-

sione. Vieni turista a vedere l’energia degli alessandrini e l’amore per la loro donna e la loro terra. Il Tanaro ci ha affogato nel fango ed abbiamo lavato le case e fatto rifiorire i giardini, abbiamo costruito industrie e ricamato vigneti. Ed è Amore anche l’attività della nostra gente nel volontariato così come la passione che fa brillare i nostri illustri concittadini nel mondo. Alessandria è la patria delle due Cristine… moglie, la prima, d’un famoso brigante che si faceva chiamare “Imperatore della Fraschetta” e la seconda amore di un grande imperatore. Nella loro storia è un po’ racchiuso l’insolito arcano della forza e dell’irresistibile sensualità della nostra terra. Cristina Ferraris era coraggiosa ed energica, aveva capelli neri e folti, occhi pure neri ed espressivi, seno procace ed un portamento così dignitoso da non sembrare una contadina ma la figlia di una gran dama. Il bandito Giuseppe Majino, vindice delle ruberie a danno del popolo, si innamorò follemente di questa giovinetta e volle sposarla. Cristina, pur ricambiando il suo amore, si dimostrò sempre legata alla sua terra natia e per il suo spirito libero e poco incline alla sottomissione decise di non seguire il suo sposo nelle sue pericolose peripezie e di rimanere a casa ad accudire la loro figlioletta. La loro storia d’amore ebbe però un tragico finale perché Giuseppe volendo starle accanto una notte venne scoperto nella loro casetta e, una volta catturato dalla gendarmeria francese, venne fucilato (il 12 aprile del 1806).Vedova a soli venti anni, Cristina finì, innocente, in carcere.

La marchesina Cristina Ghilini, coetanea di Cristina Ferraris, era una ragazza bionda, con un bel viso, di carnagione bianchissima, non molto alta e abbastanza robusta, capace di entusiasmare chiunque l’avesse incontrata. Di lei si lodava la cultura, eccezionale per una donna, l’abilità nella danza, la grazia spigliata con la quale si muoveva in società. Sposò diciottenne, nel 1803, il conte Scipione Mathis ma la vita coniugale e le incombenze di moglie e madre non frenarono la sua indole e il suo entusiasmo per la vita di corte. Entrata nelle grazie di Paolina Borghese (era la sorella di Napoleone Bonaparte) la seguì a Parigi come dama di corte e persino l’imperatore non riuscì a resistere al suo fascino e la corteggiò (tra il 1809 e il 1810). Napoleone nel 1803 aveva persino abbattuto il vecchio duomo di Alessandria per far posto alla piazza d’Armi e per non dispiacere alla bella Cristina visto che la struttura copriva parzialmente la facciata di Palazzo Ghilini. Dal 1800 al 2005 sono cambiate tante cose ma non l’amore e nella provincia di Alessandria spesso le incontri ancora le belle e fiere Cristine strette al loro grande Imperatore. E infine salutiamoci con qualche battuta d’autore sull’Amore, giusto per accontentare i pochi cinici che sono arrivati fino alla fine dell’articolo: “L’amore è eterno, finchè dura” (H. De Regnier), “L’amore è donare quello che non si ha a qualcuno che non lo vuole” (Lacan) e infine consoliamoci sempre ricordando che...“Gli amori finiscono, è l’Amore che non finisce” (R. Carrieri).


4 Caro Insegnante, se quando spiega gli alunni più diligenti studiano o svolgono i compiti di un’altra materia, molti guardano fuori dalla finestra o dormicchiano e i peggiori russano rumorosamente, non le viene il dubbio di essere un tantino noioso e poco coinvolgente?

Lettera acidella all’Insegnante Marta Lamanuzzi

Cara Insegnante, se quando scrive freneticamente alla lavagna si volta indietro e scorge visi spaventati, confusi, pallidi, talvolta esterrefatti, e se al momento dell’interrogazione il voto più alto che riesce ad assegnare è un sei e mezzo stiracchiato concesso per pietà, non teme di essere poco chiara e troppo frettolosa?

Caro Insegnante, se generalmente è imparziale nei voti, ma attribuisce un bell’otto ad una altrettanto bella fanciulla che ha dato come risposta alle sue domande, peraltro elementari, frammenti di frasi inappropriate sbirciate dal libro aperto sulle ginocchia, il resto della classe non sarebbe indotto a pensare che sia sensibile al fascino femminile? Cara Insegnante, se tutte le volte che ha fretta si inceppa una parola su tre, fa esempi demenziali e battutine tragicomiche, se ha una gestualità spassosa o la”s”di Topo Gigio o un buco sul retro dei pantaloni, come può pretendere attenzione dagli alunni?

Cara Insegnante, se nelle sue ore hanno luogo tornei di scala quaranta, balli di gruppo, battaglie di palline di carta con cerbottane, gare di acconciature e partite di calcetto, non potrebbe darsi che sia troppo permissiva e indulgente?

Insomma cari Insegnanti, anche se alcuni di voi vogliono ignorarlo, svolgete un ruolo importante nella nostra formazione didattico-morale, passiamo con voi cinque ore ogni giorno, cercate di essere interessanti e giusti e avrete il nostro ascolto e tutta la nostra stima.

Illustrazione di Carlotta Ruotolo

Finzione cinematografica e affetti quotidiani

Il mio cane Skip

Pe r c h é i g e n i t o r i d e v o n o c o n v i n c e r s i c h e u n c a n e i n c a s a n o n p u ò m a n c a r e Elena Pisa

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n’afosa sera d’estate ho visto casualmente un film che si intitolava proprio come il mio articolo e da da cui ho preso ispirazione per scrivere queste righe. Voglio raccontarvelo... In una piccola cittadina abitava una famiglia, composta da tre persone: mamma, papà e bambino. L’atmosfera era festosa perché il ragazzino compiva 9 anni… lui non immaginava che quel giorno avrebbe cambiato totalmente la sua vita! Sua madre, contrariamente al volere del padre, gli regalò un cucciolo di cane. Da quel momento in poi i due diventarono inseparabili e molto amici. Skip, era questo il nome del piccolo cane, seguiva il giovane ragazzo ovunque andasse… lo aiutò a conoscere una sua coetanea; a conquistare l’amicizia dei tre scalmanati compagni di classe, i quali lo avevano preso di mira e ne avevano fatto la cavia dei loro perfidi scherzi; fu il suo sostegno, il suo unico amico durante una prova per far parte del gruppo dei suoi compagni: passare una notte in un cimitero. Tutto proseguì meravigliosamente fino al giorno peggiore della sua vita: la fuga di Skip! Era la sua prima partita di baseball, quando toccò a lui battere e in quel momento la sua peggior nemica si fece sentire: l’emozione! Espulso dopo tre battute fallite. Skip aveva capito che aveva bisogno di aiuto e scorrazzò per tutto il campo bloccando la partita… ma il ragazzo era troppo nervoso, deluso di sé per apprezzare il gesto del simpatico cane…

lo picchiò! Skip amareggiato scappò via e si nascose nel cimitero! Il bambino tornato a casa lo chiamò inutilmente, prese la bici e lo cercò ovunque, chiese aiuto ai suoi amici, persino la città corse in suo aiuto… era una cane conosciuto e amato da tutti! Sparì per alcuni giorni ma le ricerche si intensificavano; finché alla sera il ragazzo provò a cercarlo nell’unico luogo che non aveva ancora visitato: il cimitero! Arrivò troppo tardi per salvarlo… il cane fu colpito da un uomo infastidito dalla sua presenza. Riuscì a portarlo dal veterinario… pianse tutta la notte accanto a lui in sala operatoria… quando al mattino, il cane si svegliò e ritornarono ad essere inseparabili amici! Il ragazzo crebbe e partì per il college… Skip lo ricordava malinconico nella sua camera finché un giorno al ragazzo, diventato ormai un famoso scrittore, arrivò un telegramma da suo padre… deceduto Skip! Successivamente venne a sapere che i suoi genitori lo avevano sepolto in giardino avvolgendolo nella sua casacca da baseball. Lui sapeva bene che l’unico posto nel quale poteva essere sepolto era nel suo cuore: se davvero esiste un rapporto tra età canina e umana, quel cucciolo era più saggio di un umano… gli

aveva insegnato a vivere nell’amore e nell’amicizia! Purtroppo mi è stata negata la possibilità di avere un cucciolo per 16 lunghi anni, ma per al-

dre: per favore non fare come il padre di quel ragazzo, lasciami vivere la sua stessa esperienza adesso che sono ancora in tempo, non negarmi questa felicità…

stro divano ancora integro… è più importante la felicità di vostro figlio o l’impeccabilità della vostra casa? Ricordate che a vostro figlio mancherà una parte di

foto Claudio Bertoletti

trettanti anni ho sognato di poter ricordare il mio cane come quello scrittore, attribuendogli la stessa capacità di averlo fatto crescere interiormente e di avergli insegnato tanto sulla vita! Vorrei fare un appello a mio pa-

che ragazza sarei senza un cane!? Genitori di tutto il mondo, adesso mi rivolgo a voi, non potete negare al vostro bambino di crescere in compagnia di un cane, solo perché non volete pulire per terra o volete trovare il vo-

sé solo perché voi non avete voluto trovare in casa qualche oggetto rotto...e gli oggetti si possono riparare o sostituire. Invece a vostro figlio mancherà per sempre quella gioia, non si può sostituire!


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La nostra redattrice di ritorno dalla Nuova Zelanda

Dear New Zealand Così diversi, così simili

Anna Baiardi

E

ra il 26 gennaio 2005; sono andata a scuola ma sapevo che questa volta sarebbe stato diverso. Perché stavolta non avrei avuto compiti da fare per il giorno dopo e non mi importava di sforzarmi e prendere appunti… Ero lì solo per salutare tutti. Non ho saputo resistere alle lacrime… Lacrime di dispiacere miste a quelle di gioia, di voglia di nuovo, di scoprire, qualcosa che avevo tenuto dentro per troppo tempo ma che ora, alla vigilia della partenza, era scoppiato fuori come una valigia troppo piena. E così il giorno dopo sarei partita all’ ”avventura”… Non sapevo nulla, solo il nome della città dove sarei vissuta e della famiglia che mi avrebbe ospitato. Cose che mi dicevano ben poco in ogni caso, dato che non ero mai stata in Nuova Zelanda e non avevo la più pallida idea di che cosa avrei fatto una volta arrivata là. Ma era questa sensazione di scoperta, di vedere il mondo che mi spingeva ed era più forte della paura o di quella timidezza che tante volte ho odiato, ma ora ho imparato ad accettare come parte di me… Certo è che si diventa un bel po’ più spigliati quando si è in giro! Comunque, sull’aereo non mi ero mai sentita così strana in vita mia. Avevo fatto tanti viaggi, ma nessuno era mai stato così “mio”, perché questa era stata una mia decisione ed ero io che mi ero battuta tanto per vedere quel paese che mi affascinava fin da quando ero bambina, come la gente vive e imparare l’inglese… soltanto che quando ero in aereo l’unica cosa a cui pensavo era che volevo che il viaggio finisse il più presto possibile, perché dopo mesi di attesa dover aspettare altre 36 ore è davvero insostenibile. E nello stesso tempo immagino cosa ci sia al di là dei posti che conosco, dei paesi che ho visto. Cosa farà la gente dove andrà cosa mangerà, farà caldo, pioverà spesso, le stelle saranno diverse chi lo sa… Non me ne sono accorta subito che quella terra mi era entrata gia così dentro dal primo momento che l’ho vista; mi ci è voluto un po’ di tempo e un po’ di volte in cui l’ho odiata perché era così bella e così terribilmente lontana da tutto quello che conoscevo… Non è facile raccontare la mia vita laggiù. Non saprei neanche da dove iniziare! Ok c’era la scuola che mi impegnava tutto

il giorno, gli amici - non avrei mai pensato che fosse così facile incontrarne! - e la famiglia con cui vivevo. Tutto era così normale ma nello stesso tempo così speciale laggiù. Gia quando ero là avevo capito che è qualcosa di stupendo poter vivere e conoscere dall’interno la vita di qualcun altro. Mi sono resa conto che mi ha aperto la mente in modo straordinario. Impari a ponderare ogni cosa, a vedere con occhio più obiettivo e non solo con il metro di giudizio italiano e diventi capace di evitare i giudizi perché nessuno ha ragione o torto quando si parla di cultura, tradizioni e popoli. La Nuova Zelanda è un paese multiculturale ed è l’esempio di come diversi popoli possono vivere insieme in armonia rispettando i propri spazi e la propria identità. I Maori, gli abitanti autoctoni della Nuova Zelanda, hanno imparato ad accettare gli Europei trasferitisi qui – in lingua maori, Pakiha - e i bianchi a loro volta rispettano la popolazione dei Maori, ne riconoscono l’identità culturale e sono tra i promotori di iniziative atte ad evitare che le tradizioni dei maori vengano dimenticate, come ad esempio l’insegnamento della loro lingua nelle scuole. Io stessa ho imparato alcune parole basilari, siccome nelle cerimonie ufficiali a scuola si parlava in maori e gli studenti dovevano recitare antiche canzoni neozelandesi! Ho conosciuto così tante persone che non riuscirei nemmeno a contarle. Ho costruito un altro universo di amici, provenienti da tutto il mondo. Sono partita che volevo conoscere la Nuova Zelanda e sono tornata con qualcosa in più anche sul Giappone, siccome la mia migliore amica era una ragazza giapponese, il Sudafrica, la Germania, Hong Kong, il Canada, la Colombia e potrei nominare tantissimi altri paesi. E ora non soltanto so qualcosa di più, ma è nata in me un’incredibile curiosità e la voglia di andare a visitare tutti questi luoghi. Ma più di qualunque altra cosa, la lezione più importante che ho imparato è che al di là delle nostre differenze culturali, della nostra lingua, del nostro passato siamo tutti un grande popolo e abbiamo tantissime cose che ci accomunano: tutti abbiamo dei sogni, degli obiettivi che perseguiamo e la vita scorre grossomodo seguendo gli stessi ritmi; le differenze sono però altrettanto importanti, poiché ci caratterizzano e ci rendono in

qualche modo unici e speciali. Non avrei mai immaginato, prima di partire, quante cose accomunano tutti gli esseri umani nel mondo e quante invece sono le diversità. Oggi però mi rendo anche conto di non sapere tutto sulla Nuova Zelanda, nemmeno se vivessi laggiù potrei sapere tutto perché quella è una terra giovane, ma così piena di misteri. Però posso dire di sapere qualcosa in più adesso, di aver visto alcuni dei suoi meravigliosi tramonti, ho assistito alle albe più belle che mi sia mai capitato di vedere e nel cielo dopo la pioggia i c o l o r i erano così spettacolari che potevo stare per ore la mattina presto ad osservarli e dopo mesi mi toglievano ancora il fiato. Per non parlare dell’oceano così freddam e n t e perfetto e misterioso e di tutti i temporali che mi hanno colto di sorpresa mentre ero fuori ad osservare il mondo. Ma tutto questo sarebbe niente senza le persone che mi hanno aiutato e io non sarei nemmeno qui così felice della mia esperienza senza tutti quelli che hanno creduto che ce la potessi fare e mi hanno dato una spinta in avanti nei momenti più bui. Grazie a questa esperienza posso dire di saper vivere la mia vita in modo più consapevole e di aver aperto davanti a me così tante strade. L’unica cosa che non vorrei mai ripetere è il momento dell’addio, quando tutto questo mi era entrato così tanto dentro che mi sentivo parte di quella terra anch’io. Il fatto di dover lasciare le persone che conoscevo e

con cui avevo condiviso un’esperienza così straordinaria è stato indicibilmente triste, poiché non sapevo e non so tuttora quando le rivedrò; ma anche questo fa parte di un processo di maturazione che prima o poi si deve affrontare. L’importante è sapere che tutto quello che ho fatto non è stato vano, ma sarà sempre con me, dentro di me dovunque sia, qualunque cosa faccia. Sebbene io l’abbia vissuta, non

saprei raccontarla come vorrei, come non si riesce ad esprimere quella sensazione di brividi dietro la schiena, è emozione, soddisfazione, felicità, forza. Ma è qualcosa che tuttora mi è impossibile da descrivere. Ci sono cose che non dimenticherò mai dentro di me. So soltanto che potrei vivere una vita senza mai rivedere le persone che ho incontrato o i luoghi dove ho vissuto, ma li avrò così chiari e freschi nella memoria come se li avessi davanti, come se non li avessi lasciati mai.

Anna e l’amica giapponese, due vedute dell’intenso paesaggio neozelandese

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6 Un plastico in scala 1 : 50 del Castello di Castelnuovo

Sulle orme di Gulliver

La classe 1ª A della Scuola Media Baxilio

“il vaso ritrovato racconta”

ovvero

“un gioco da grandi” C

osì hanno definito le attività del percorso laboratoriale geografico, compiuto durante l’anno scolastico appena concluso, gli alunni delle classi IV della scuola elementare di Castelnuovo Scrivia. Un lavoro svolto ora individualmente, ora a piccoli gruppi, che li ha comunque visti protagonisti attenti, solleciti e accurati. Solo nelle fasi iniziali incerti e curiosi, poi sempre più consapevoli e critici, infine compiaciuti perché “il plastico è riuscito proprio bene!”. E grazie ad esso hanno reso omaggio al loro paese e a quello storico Castello che nelle loro mappe mentali costituisce il punto di riferimento comune per Castelnuovo Scrivia. “A scuola ho piantato il mio primo chiodo, poi a casa ci ho riprovato ed ho trasformato in un riccio dagli aculei spinosi (di chiodi naturalmente) un ceppo che si trova nel mio giardino!”. “Forse da grande farò il geometra o l’architetto: mi piace disegnare progetti da realizzare”. Queste battute, ed altre, spontaneamente scambiate durante le ore di attività, sono indicative del coinvolgimento dei bambini, che ha indirizzato tante piccole mani solerti a dare forma, in scala ridotta 1: 50, all’antico Palazzo Comunale che si erge sulla piazza. Ma Gulliver cosa c’ entra in tutto ciò? Questo personaggio, nato dalla penna di Jonathan Swift, è il protagonista di una serie di viaggi mirabolanti in terre sconosciute i cui abitanti hanno caratteristiche a dir poco sorprendenti. A cominciare da Lilliput, abitata da minuscoli individui che guardano con stupore alle dimensioni di Gulliver, capitano di marina gettato sulle loro rive da un pauroso naufragio. Giocando ad entrare nei panni dei Lillipuziani,decisamente stretti dati i loro 28 centimetri di altezza, gli alunni hanno pensato di ridurne i disagi rendendo loro un’immagine del proprio paese che fosse …alla loro portata. E’ nata così l’idea di riprodurre in dimensione ridotta una porzione rappresentativa di Castelnuovo. Utilizzando piante e disegni gentilmente forniti dall’Ufficio tecnico del Comune - un GRAZIE sentitissimo all’ingegner Battiston per la disponibilità e la cortesia - ed effettuando sopralluoghi e rilevazioni direttamente al Castello, i giovani studenti hanno riprodotto su carta millimetrata la pianta e i prospetti delle facciate dell’edificio, operando ingrandimenti e rimpicciolimenti per ridurre a una scala comune le misure ottenute. I disegni sono stati poi ricalcati su LAMINIL, ritagliati ed assemblati su una base di compensato. Nella fase di rifinitura si è proceduto alla realizzazione di finestre, colonne, scale esterne, arengo, ed al rivestimento, parziale, in mattoni a vista. E’ stato sorprendente vedere con quanta pazienza ed abilità i piccoli artisti, è il caso di dirlo, hanno curato questi particolari, segnalando imprecisioni eventuali dell’insegnante…Quando il gioco si fa serio non ci sono deroghe per nessuno! Se motivare e guidare gli alunni alla comprensione ed al corretto utilizzo degli strumenti di rappresentazione dello spazio è un obiettivo fondamentale dell’educazione geografica nella scuola primaria, l’esperienza progettata e condotta premia l’impegno comune di alunni ed insegnanti. Complimenti, ragazzi! Siete stati una rivelazione. A. L.

Centro studi

a “Maninfesta” di Garbagna

U

n prodotto multimediale che ha come protagonista il vaso di olmo di epoca neolitica ritrovato a Castelnuovo Scrivia nel 1996: questo è “Il vaso ritrovato racconta: la storia di Hulm” che i ragazzi della classe 1 A della Scuola Media “Baxilio” di Castelnuovo Scrivia hanno presentato e visualizzato domenica 19 giugno scorso alle ore 17.00 presso lo stand della Comunità Montana “Valli Curone, Grue e Ossona a “Maninfesta” di Garbagna (AL). Sotto la guida dei professori Rita Curone, Maria Rita Marchesotti, Ennio Negri ed Elsa Semino gli alunni hanno realizzato durante l’anno scolastico appena concluso una presentazione di Power Point che ha come protagonista Hulm (così viene ribattezzato nel lavoro), il vaso di olmo di epoca neolitica ritrovato integro (anche se dopo aver subito un lento processo di carbonizzazione) nel 1996 durante i lavori di scavo di un cantiere edile di Castelnuovo Scrivia, e che ora è esposto nella Mostra “Alla conquista dell’Appennino…” nel Polo Museale di Brignano Frascata. I ragazzi hanno realizzato ricerche, tradotto i testi in inglese, steso i testi con la videoscrittura, hanno elaborato disegni che fanno da sfondo ad alcune diapositive, h a n n o cercato clipart tematiche, hanno animato le sleigh, hanno inventato tutti insieme l’ipotetica storia che ha come protagonista il vaso “Hulm”, ma che coinvolge (attraverso gli approfondimenti dati dai “link” presenti nella presentazione) anche i reperti contenuti nella Mostra (asce, accette anelloni in pietra verde…). Su invito del Presidente del Centro di Documentazione della Comunità Montana, dott.ssa Maria Grazia Milani, alcune ragazze della 1 A hanno esposto il proprio lavoro, ringraziando oltremodo coloro che hanno collaborato alla realizzazione del “Vaso”, ed alla presenza, oltrechè della dott.ssa Milani, dell’Assessore alla Cultura della Comunità Montana prof. Umberto Dallocchio, dell’organizzatore di Maninfesta Ottavio Rube, della Preside dott.ssa Lorenza Daglia e di alcuni degli insegnanti coordinatori del progetto. A tutti, ragazzi e docenti, complimenti e buone vacanze.

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Pikkoli p o e t i

i n

7

Pikkoli

e r b a

CLEO LA FORMICA

il cammello

di Fabio Porta Scarta

CAPITOLO 4: IL PRIMO GIORNO DI LUCE

Nell’immenso mare di sabbia

E

lentamente si muove verso l’oasi sognata Cecilia Battaiola, classe V

A Sc. El. Bandello - Castelnuovo Scrivia

grazie!

N

on so se a settembre i nostri bambini avranno ancora il piacere di vedervi dietro la cattedra, purtroppo i “tagli”, i conteggi e quant’altro non hanno favorito la nostra classe (1ª A, M. M. Bandello di Castelnuovo Scrivia), comunque grazie per quello che vete fatto in questo anno scolastico. Grazie per le colazioni... Grazie per le merende... Grazie per aver capito che i “capricci” non sono solo capricci in quanto tali, ma sono l’esternazione di un disagio interioDaniela Bernini, la preside Lorenza Daglia, Daniela Mattioli re... Grazie perché vederli uscire, dopo aver passato a scuola tre pomeriggi “faticosi”, con il sorriso sulle labbra e con ancora tanta energia da spendere, per noi mamme è sicuramente tranquillizzante ed è una conferma per la scelta che abbiamo fatto all’inizio dell’anno. Certamente a settembre troveranno altre insegnanti capaci e competenti, ma se i nostri bimbi vanno a scuola sereni lo dobbiamo solo ed esclusivamente a voi... e questo merito non ve lo può togliere nessuno. Ancora un sentito GRAZIE a Daniela Bernini e Daniela Mattioli. Manuela Gandolfi

La

Porta

Magica

Favola di Lisa Rita Magnaghi, 5ª elementare

f a v o l a r e v i a

L

decima puntata

a ragazza abitava in un edificio completamente adornato di conchiglie. All’entrata era stato posto un tavolone, contornato da gusci di cozze completamente ripuliti e delle panchine con gli schienali ricoperti di vongole. Dopo la cena, Jane si mostrò molto premurosa coi nostri amici e cercò di mandarli via al più presto, ma loro si nascosero dietro la casa e aspettarono. Dopo pochi minuti la ragazza uscì di casa con aria maligna; Popotus, seguito dagli altri, la spiò e vide che aveva una scala che arrivava al tetto, sul quale c’era un tubo che arrivava a una piattaforma sospesa nel cielo, coperta da delle nuvole finte. Tutti i nostri amici seguirono Jane in questo labirnto che continuava anche sulla piattaforma ricoperta da conchiglie di ogni tipo. Correndo senza soste arrivammo in una spiaggia artificiale piena di conchiglie e la ragazza cominciò a ripetere “Gialla come il sole, con sfumature rosse come il cuore e bella come il mare ti darà fastidio appena prima di esserti utile. Ci saranno un milione di conchiglie che corrisponde a questa descrizione. Come farò a trovare quella da mettere nell’acquario del potere?“ Ad un tratto la ragazza inciampò in una conchiglia, esclamò “Finalmente l’ho trovata”, la prese con aria sicura e … Popotus le saltò addoso e gli altri la imprigionarono in una cella sulla loro astronave temporale. Arrivati nella sala ottagonale trovarono un messaggio “Bravissimi! Siete riusciti ad annientare il penultimo nemico. Preparatevi al Far West al tempo dei cowboy e dei saloon.

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ra arrivato l’atteso primo giorno di scuola. Le giovani formichine già da tempo erano pronte per uscire dalla città sotterranea. Tutte le aspiranti alunne vennero radunate e, disposte in fila, cominciarono ad avviarsi verso l’uscita. Era una lunga e interminabile catena rossa. Cleo, allineata come le sue sorelle, era molto emozionata ma ad un tratto i suoi movimenti si fecero incerti. Ebbe paura. Là fuori c’era un mondo sconosciuto, pieno di pericoli, ma la sua curiosità e la voglia di imparare le fecero coraggio. Seguì il suo tragitto ormai con movimenti più sicuri, quando ad un tratto si accorse che qualcuno si era nascosto in una crepa lì vicino. Sicura di non essere notata, interruppe la catena e si avvicinò curiosa. “Chi c’è lì?” domandò Cleo, ma non ottenendo risposta si avvicinò. Intravide una zampina tremante che spuntò fuori dalla crepa. Cleo scoprì una sua sorellina tutta rannicchiata che piangeva disperatamente. Cleo le chiese: “Perché piangi? Non vieni con noi?” la formichina di nome Dana scuoteva la testa rispondendo: “No…no…(sigh) io non voglio uscire! Non mi sento ancora pronta…ho paura…non so cosa c’è là fuori!...voglio stare qui!...(sigh)”. Allora Cleo allungò la sua zampina e disse: “Vieni con me, non avere paura io ho trovato il mio coraggio, ma guardami Dana, tu hai qualcosa che io non ho…là fuori ho veramente bisogno di te!”. Dana ritrovò anche lei il suo coraggio e non pianse più. Uscì dal suo improvvisato nascondiglio e promise a Cleo che sarebbe stata sempre con lei. Velocemente le due formichine ripresero la fila pronte per uscire. Passate le ultime gallerie Cleo vide un puntino luminoso e man mano che si avvicinava questo puntino si allargava sempre di più, e la sua luminosità si espandeva. Dopo pochi minuti socchiuse gli occhi per il bagliore della luce, che sentiva calda e avvolgente. Fu la prima sensazione strana, ma piacevole. Si trovarono tutte radunate alla grande roccia verde, così la lezione iniziò. Le formiche istruttrici erano disposte in ogni angolo in modo che tutte ascoltassero bene. Spiegarono: come procurarsi il cibo e trasportarlo in un grande deposito viveri che si trovava vicino al formicaio. Come comportarsi di fronte ai pericoli che sicuramente avrebbero trovato nel loro cammino. Quando la lezione finì le formiche istruttrici ritornarono nel formicaio. Le formichine presero direzioni diverse, Cleo era insieme a Dana e le disse: “Bene! Mettiamoci al lavoro, andiamo!” In un attimo sparirono tutte. Passò la prima ora e Cleo non notò per il momento pericoli. I suoi sguardi furono catturati dalla natura, che offriva profumi e colori delicati, impreziositi dai raggi tiepidi del sole. Ogni nuova scoperta fu molto divertente. Si divertiva a salire e scivolare giù dai fili d’erba, o provava a calciare il più lontano possibile granelli di sabbia. Gli alberi erano altissimi, Cleo con il naso all’insù provò a vederne la fine ma non ci riuscì e così si capovolse all’indietro! Le due formichine risero, poi decisero di proseguire.

a c c o n t a

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In ris alla pro

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mosaikokids@hotmail.com

di Davide Varni

una nave a due alberi

omunicazione di servizio: il titolo di questa rubrica mi è, ahinoi, già venuto a noia e, su suggerimento dei soliti, anonimi lettori, ho deciso di chiamarla, dal mese prossimo, Bizzarrie iscritte. Volenti o nolenti, ho deciso, quindi spazio alla posta, questo mese un po’ più seria… ma comunque penso di rifarmi durante l’estate, perché proprio quando fa caldo vengono in mente le idee più bislacche. Caro Davide, ho letto la tua rubrica e volevo chiederti una cosa: perché sei così feroce con chi ti scrive? Voglio dire, ci sono molte cose più serie di cui parlare, senza cadere in argomenti ridicoli come quello della banana da drizzare con le mani. Quel tipo che ti aveva chiesto come mollare la sua ragazza, ad esempio, meritava molta più attenzione, e non potevi liquidarlo con due parole degne di un circo. Far ridere la gente è sicuramente importante, però prima dovresti cercare di dare dei consigli decenti. Anonimo Perché nessuno si firma mai? Davvero, è una brutta bestia quella della firma mancante. Avete paura che qualcuno vi riconosca? Non so che dire ma l’argomento della mail è molto più serio, quindi occupiamocene. Dunque, i problemi che mi hai esposto in termini così precisi e netti sono immotivati. La finalità di questa rubrica è, prima di tutto, far ridere me, poi i lettori, e infine dare consigli. L’ho anticipato nella prima lettera alla quale ho risposto (ma forse no, potrei anche essermi dimenticato). Nulla toglie che in effetti la “ferocia” (uh, mi sembra di picchiare qualcuno con veemenza) che mi è propria possa risultare eccessiva, e inutile per quindici righe su sedici ma, come ho detto, far ridere è al primo posto. Dare consigli è una pura formalità. Anzi, diciamo così: le risposte che scrivo sono tarate su due fattori: apparenza e stato d’animo. Fattore App: se vedo che la lettera è puramente canzonatoria non perdo neanche il tempo di articolare discorsi sensati, se invece noto col mio speciale settimo senso che colui che scrive ha veramente bisogno d’aiuto, allora entra in azione il fattore stato d’animo (mio). Per farla breve: se mi sento scrivo cose serie, altrimenti la tratto come lettera spiritosa. Potevo dire a quel ragazzo di usare molta dolcezza con la sua ragazza. Oppure di usare le solite frasi fatte come: “Tu non mi meriti” o “Hai bisogno di qualcuno migliore”, per non dimenticare il sublime motto di Comix “Ti lascio perché non sopporto chi fa strada nella vita grazie all’abbondanza di tartaro”. Però, sarebbero servite davvero a quel poveretto? Forse si, forse no. Almeno con l’altra risposta gli avrò strappato almeno un sorriso. E questa è la finalità della rubrica……………………..o forse no? Davide


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Pianeta n. 6

a cura di Paola Maggi Volevo dedicare questo numero alle tante domande che vengono da voi bambini… ma poi nel loro mezzo ne ho trovato una che mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena e ho deciso di aggiungere anche la mia voce (e quella di tanti sfortunati) al coro che supplica di pensare bene alla provenienza del quattrozampe che condividerà la vostra vita. Perché non si impone il divieto di importazione dai paesi dell’est in modo da evitare le varie malattie con cui il cucciolo arriva in Italia? Purtroppo ancora una volta ci troviamo davanti ad un “buco nero” fino a poco tempo fa senza legge alcuna per cui queste pratiche barbare risultavano perfettamente legali. Negli ultimi tempi qualche timido tentativo è stato fatto, una direttiva Europea (la stessa che ha istituito la necessità di

un vero e proprio passaporto per gli animali da compagnia) restringe l’età a partire da cui possono essere importati gli animali. È di non molto tempo fa, il 22 giugno 2005 per la precisione, una interrogazione parlamentare a cui il ministro della salute Francesco Storace ha risposto chiaramente che: “risulta vietata l’importazione dai Paesi terzi, ai fini commerciali, dei cuccioli non vaccinati nei confronti della rabbia; pertanto, il Ministero della salute non concede (e anche di questo ha già dato opportuna comunicazione alle autorità competenti) l’introduzione in Italia dai Paesi terzi dei cuccioli inferiori ai tre mesi di vita, non vaccinati nei confronti della rabbia, anche per fini non commerciali ”. Per quanto riguarda l’E.N.C.I. (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) si è cercato di irrigidire un pochino le norme per la “regolarizzazione” dei pedigree

stranieri in modo da scoraggiare la riproduzione di questi soggetti. Anche diverse leggi regionali hanno cercato di arginare il problema posto ad esempio dalle tante “fiere del cucciolo” che sono tra i maggiori “punti di smercio” di questi sventurati animali dell’est. Ad esempio la legge regionale dell’Emilia Romagna del 17 febbraio 2005, che vieta la partecipazione di cuccioli inferiori ai 4 mesi di età a qualunque sorta di manifestazione, ha consentito di multare per 11.000 euro gli organizzatori di una di queste cosiddette mostre. Purtroppo va detto che sono solo gocce in un mare di angoscia. Queste povere creature vengono strappate alla mamma troppo presto per la formazione del loro carattere e ancor più del loro sistema immunitario, quindi sono molto vulnerabili alle malattie. Vengono “spedite” quanto prima sul mercato perché più

sono giovani più fanno tenerezza e più in fretta si vendono. Viaggiano in condizioni tragiche di stress e di igiene accompagnati da documenti sanitari e pedigree fasulli che “parlano” di vaccinazioni mai effettuate. Arrivano malati e vengono “tenuti su” a forza di gammaglobuline e iniezioni di cortisone… almeno per il tempo necessario a far sì che la nuova famiglia si affezioni e sia pronta a tentare il tutto per tutto pur di salvargli la vita anziché sfruttare la cosiddetta garanzia che prevede la sostituzione del cucciolo (perché così li trattano, neanche fossero soprammobili). Voglio concludere con una serie di testimonianze relative ad un “dopo-fiera del cucciolo”: si tratta di quella tenuta al Palataurus di Lecco il 6 e 7

Centro Comm. Oasi - Tortona - Tel. 0131 895000

novembre 2004 e sono state raccolte dalla Lega del Cane di Lecco. Queste, io penso, raccontano meglio di ogni cosa la tristezza, il dolore e la rabbia che questa realtà suscita. Ci fanno veramente capire perché è importante che, in mancanza di leggi precise (o della possibilità di farle rispettare in modo rigoroso), noi in prima persona ci informiamo e facciamo sapere a quante più persone ci riesce che non bisogna assolutamente “aiutare” questi individui nel proseguire in questo traffico malsano. Solo bloccando loro i profitti questa gente abbandonerà queste torture (non saprei come altro definirle). I cuccioli non possono scegliere, noi si. TESTIMONIANZA 1 Il cane Tino è stato acquistato il 7 Novembre 2004 e il 17 novembre era già morto. Famiglia con due figli, una bimba di 8 anni e un ragazzo di 14. Appena hanno visto il cucciolo si sono innamorati. Tino è stato subito un membro della famiglia: hanno comprato la bilancia per misurare il cibo, la cuccia, le ciotole. Si sono spartiti i compiti per curare il cagnolino: la mamma avrebbe preparato la pappa e portato il cane a fare le passeggiate, la bimba doveva provvedere a tenergli sempre l’acqua fresca, il ragazzo avrebbe pulito se

sporcava. Tino si è ammalato dopo pochi giorni, e anche in questo caso la famiglia si è divisa i compiti: il ragazzo puliva il naso del cucciolo, la mamma si occupava delle flebo. L’hanno assistito giorno e notte, ma la diagnosi era serissima: gastroenterite e cimurro. Tino è morto. Avvisato, il venditore ha sostenuto che il cucciolo si era ammalato perché al Palataurus faceva troppo freddo (!): ha detto che non gli era mai successo prima e ha sostituito il cucciolo. Il giorno 25 consegna il secondo, subito portato dal veterinario per una visita di controllo. Il giorno dopo ha iniziato a sporcare sangue. La veterinaria ha detto che non ce l’avrebbe fatta. Il negoziante viene richiamato dal marito, furibondo...e gli viene detto che il negozio era stato ceduto ad un’altra persona e non era responsabile. La bambina ha detto che avrebbe rinunciato a tutti i regali di natale per riavere il suo cucciolo. Ha vissuto malissimo la malattia del cagnolino: non ha mangiato la sera, non voleva andare a scuola quando il cane era malato, quando ha visto che era “tornato” (non le avevano detto che Tino era morto, hanno provato a portarle il secondo cucciolo fingendo che fosse lo stesso) ha pianto di gioia liberando la tensione accumulata...ma è durato poco. Lei si faceva sensi di colpa pensando che il cane si era

corneale. TESTIMONIANZA 6 Cucciolo di Spitz ha sintomi di gastroenterite e problemi respiratori. Sospetto cimurro. Prognosi riservata, non ancora sciolta.

ammalato perché lei non lo curava bene. La bambina è ancora disperata. TESTIMONIANZA 2 Famiglia di amanti degli animali, hanno già cane, gatto, pesci, residente a Colico. Sono andati alla mostra del cucciolo solo per vedere i cani; hanno detto che i cani erano in buona condizione, lo spazio espositivo era bello e caldo; si sono fidati del nome del Palataurus e hanno pensato che l’amministrazione comunale e l’asl avrebbero fatto gli opportuni controlli prima di rilasciare permesso. Mai avrebbero pensato che quelli fossero cuccioli dell’est. Quando hanno saputo che i cani si potevano comprare si sono lasciati conquistare da un cagnolino pagato 450 euro. Il cane stava benissimo, anche se alla famiglia è stato chiesto di andarlo a ritirare dopo le 20.00 perché c’era qualche problema. Il problema erano guardia di finanza e polizia municipale, arrivati a controllare perché c’era stata una denuncia di maltrattamento. Alle 22.00 nel parcheggio del Palataurus c’erano almeno altre 10-15 persone ad aspettare e la guardia di finanza era lì presente. I cuccioli sono stati consegnati. Arrivato a casa, il cane ha avuto un po’ di diarrea. Portato dal veterinario, fatto antibiotico, è peggiorato. Diagnosticato cimurro: dopo una nuova cura sembra stia guarendo. Ha libretto e passaporto slovacco. Risulta nato il 25 luglio: secondo il libretto sanitario ha fatto la prima vaccinazione per parvovirus, parainfluenza canina, dissenter, adenovirus Type 2, leptospirosi il 3 ottobre, e sempre lo stesso giorno rabbia (siglata dal veterinario). Sarà vero? Rispetto alla prima settimana, quando scolava anche terra dal naso ed era dimagrito di mezzo chilo, sta un pochino meglio, ma la prognosi non è ancora stata sciolta. TESTIMONIANZA 3 Il 6 novenbre, sabato, hanno visto alla fiera il cucciolo di Cavalier King Charles: il giorno 7 l’hanno ritirato, ricevendo la fattura. Anche questo cucciolo doveva essere ritirato alle 20,30 ma sono riusciti ad averlo più tardi perché c’era la finanza per una denuncia di maltrattamenti. Quando è arrivata a casa, la padrona si è accorta che il cucciolo aveva un rigonfiamento pronunciato sotto la pancia. Chiamato il venditore, che si fa chiamare Massimo, lui ha detto che non era niente, semplicemente un’ernia ombelicale. Avendo rilasciato fattura si è detto disposto a rimborsare eventuali spese veterinarie. Si è offerto di sostituire il cucciolo, ma la famiglia ha rifiutato perché il cane non è un oggetto che se ha un difetto si cambia.

Il lunedì il cane è stato visitato dal veterinario che ha diagnosticato uno sventramento: gran parte dell’intestino era fuori, la cagnolina era da operare

TESTIMONIANZA 7 Cucciolo di bulldog con sintomi gastroenterite e problemi respiratori. Sospetto cimurro. Prognosi riservata non ancora sciolta. Alla fiera la famiglia ha visto i cartelli che dicevano che non si poteva vendere, ma hanno chiesto lo stesso e le è stato detto che invece i cuccioli erano in vendita. Il bulldog inglese è stato pagato 1.200 euro. Per avere il pedigree ci volevano altri 400 euro. Il cucciolo è stato pagato con un assegno ed è stata rilasciata

In questa e nelle altre foto: cuccioli già visibilmente ammalati prima della vendita...

d’urgenza. Lo stesso pomeriggio è stata operata, e in quella occasione si è potuto notare che aveva altre 3 cicatrici: sicuramente era già stata operata in precedenza. L’operazione è andata bene, ma la cagna aveva problemi intestinali che si sono risolti dopo circa 3 – 4 gg. Nei giorni seguenti la piccola mangiava, con visita quotidiana dalla veterinaria. La domenica successiva ha iniziato ad avere problemi respiratori, che nonostante le cure hanno portato a una grave polmonite. La cagnolina era completamente a terra: non mangiava, non giocava, non dormiva. La domenica dopo è morta. Il venditore si è detto disponibile a sostituire il cane, ma la famiglia non se la sente di prenderne un altro dalla stessa persona. La ragazza ha detto di aver pianto per tutto il tempo che il cane è stato male. Per due settimane si sono sentiti come se la loro vita fosse sospesa, la ragazza ha perso 3 chili. TESTIMONIANZA 4 La signora ha acquistato un cucciolo di San Bernardo, pagato 600 euro; non è stata rilasciata nessuna fattura. Dopo pochi giorni è stato male, con sintomi respiratori e gastroenterite. Il veterinario l’ha visitato ma era troppo tardi: il cane è morto. La signora ha accettato un altro cucciolo in sostituzione, ma dice che non sembra un San Bernardo, perché è piccolo e ha un muso strano. Non vuole più cambiarlo perché ormai si è affezionata; per il momento questo secondo cane sembra stare bene. TESTIMONIANZA 5 Pincher nano acquistato al Palataurus, ha un’ulcera

una ricevuta. L’appuntamento è stato dato su un ponte: i venditori sono arrivati su una macchina con 4 cuccioli. Il cane ha avuto subito sintomi di diarrea, che si è trascinata per qualche giorno: poi è migliorato un pochino. In seguito è cominciata la tosse. La diagnosi è di sospetto cimurro. Il cane ha un libretto della repubblica ceca e un passaporto. Gli acquirenti hanno firmato una carta che dà 24 ore di garanzia. TESTIMONIANZA 8 Anche noi siamo state vittime dell’acquisto di un cucciolo al Palataurus. Visto il cucciolo domenica mattina, l’abbiamo ritirato alla sera. Dovevamo prenderlo alle 19,30, ma c’erano vigili e guardia di finanza a causa del fax di un’associazione animalista che metteva in dubbio le condizioni in cui erano tenuti gli animali. Alle 21.30-22.00, nel parcheggio, ci hanno dato il cucciolo, con ricevuta su carta intestata. Il libretto è della repubblica ceca, il cane ha una sola vaccinazione. Per 5 giorni il cane è stato bene, poi ha cominciato a non mangiare: portata in clinica a Carugo, è stata ricoverata per due giorni e poi ritirata: è stata sotto terapia antibiotica e flebo. Dopo una settimana si è ripresa. Entro 8 gg dall’acquisto del cane abbiamo mandato una raccomandata a/r dicendo che era stato ricoverato. Non è arrivata nessuna risposta. Abbiamo già speso circa 250 euro di cure veterinarie. La diagnosi è stata di gastroenterite acuta e problemi respiratori. Anche se sta meglio, la cucciola è ancora sotto terapia.


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