MOST #4
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www.eastjournal.net GENNAIO 2013
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troverete invece “Politica e Geopolitica”, un panorama internazionale più ampio, dove al Caucaso faranno seguito l’Iran, la Russia e la Slovenia. La sezione “Società” dà invece Cari lettori, spazio a due minoranze, gli Aleviti e i Rom: vi presento Most, il quadrimestrale di East i primi dimenticati nel cuore della Turchia, i Journal, un lavoro di giornalismo partecipativo secondi oggetto di un’indagine sulla difficoltà di ad opera delle stesse firme che potete leggere accesso all’istruzione. ogni giorno su www.eastjournal.net. Most è una rivista d’approfondimento, ma non Nessuno di noi viene pagato per scrivere abbiamo dimenticato quanto sia difficile trovare su queste pagine, ciononostante la qualità il tempo di leggere con calma un articolo lungo. del prodotto è alta, sia grazie a un’esigente Per tenervi compagnia anche nelle pause brevi, selezione di argomenti, firme e lavori, sia per la in metropolitana o in coda alle Poste, la seconda validità della nostra rosa di collaboratori, mossi parte del numero è occupata da rubriche più da una passione irrefrenabile per l’Est Europa e snelle ma non meno interessanti. “La città” è un breve reportage su una serie di centri meno per l’informazione. noti dell’Est Europa, “Le letture” si presentano L’idea fondante è stata quella di riprendere il sotto forma di brevi testi ispirati dai paesaggi periodico di East Journal, a cadenza annuale, e dell’Est, mentre nelle pagine di cultura troverete farne un quadrimestrale che dia maggior respiro un’intervista sui matematici ungheresi, i libri ai temi toccati da EJ. La scelta del nome ha scelti per voi e due servizi dal mondo letterario coinvolto tutto lo staff di East Journal ed è stata est europeo. (quasi) unanime, (quasi) semplice, (quasi) immediata. Dopo un paio di discussioni via I ringraziamenti annoiano sempre le già poche Skype, quattro post chilometrici su Facebook, persone che leggono le introduzioni, ma non una catena di mail e un sondaggio, è stato lui posso rinunciare a rivolgerne di calorosi ai a scegliere noi. Most in diverse lingue slave colleghi che hanno fatto dono del loro tempo a significa “ponte” e un collegamento è quello Most, a partire dalla nostra piccola redazione. Da che abbiamo deciso di essere: tra l’Italia e Damiano Benzoni che si è scoperto provetto ciò che si trova alla sua destra nella cartina grafico e impaginatore e la cui bravura è sotto i geografica. Una nuova veste grafica, moderna e vostri occhi in questo momento, a Silvia Padrini variopinta, ne valorizza il contenuto e identifica che con intelligenza e buon gusto ha saputo ogni sezione con un colore diverso. In copertina abbinare le giuste foto a ogni testo, passando uno scatto della nostra fotografa ufficiale, Silvia per Giorgio Fruscione, prezioso assistente e Biasutti, stavolta dedicato all’argomento chiave attento revisore dei testi: una redazione nata da poco eppure ben affiatata. Sparsi per mezza di questa uscita: i Balcani. Europa abbiamo trovato sempre il modo di Ogni numero conterrà infatti un focus su discutere ogni decisione e darci man forte l’uno una parte del vasto Est di cui ci occupiamo, con l’altro. quasi un inserto, che abbiamo chiamato “Il Punto” e che muove i suoi primi passi dalla E che dire di tutti i collaboratori e redattori ex Jugoslavia, con un viaggio a ritroso iniziato di EJ che fanno l’”anima” di Most con i loro guardando in avanti. Si apre, infatti, con un servizi giornalistici di alto livello? Spero di poter paper di Giorgio Fruscione sul futuro dei Balcani contare su di loro anche in futuro. Perché si (ricerca premiata al Concorso “Europa e Giovani sente spesso dire che il giornalismo è morto e 2012”) che vi accompagnerà verso un servizio loro mi fanno invece capire che respira ancora a sei mani sulla nuova costituzione bosniaca e ha tanto da dire. curato dai nostri balcanisti. Ci sposteremo poi in patria, ma sempre per parlare di Balcani, con Vi lascio a Most, vi piacerà. Buona lettura! un dossier inedito sulla mafia albanese in Italia, Claudia Leporatti per poi concludere con una retrospettiva sugli Capo Redattore di Most antichi slavi. Dopo questa mia presentazione
E ADESSO...MOST
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IL PUNTO - BALCANI
POLITICA E GEOPOLITICA 6
Le mani sul Caucaso
Dove vanno i Balcani
42 Giorgio Fruscione
Emanuele Cassano
14 Valentina Di Cesare
Iran: intervista a Sharzad Sholeh
17
Rapporti transfrontalieri italosloveni: a che punto siamo?
Giorgio Fruscione - Davide Denti - Alfredo Sasso
63 Matteo Zola
Slavi e barbari 74 Matteo Zola
21
RUBRICHE - CULTURA
Pietro Acquistapace
26
La città: Biškek
80 Christian Eccher
Daghestan: prove di tolleranza a Derbent
Le letture
Giovanni Bensi
Giovanni Catelli
Claudia Leporatti
Aleviti: storia di una minoranza nel
30 cuore della Turchia
A scuola vengo anch’io! No, tu no. L’accesso all’istruzione per i bimbi Rom in Est Europa
Simona Mattone
83
e scienza: I matematici 85 Cultura ungheresi
SOCIETÀ
Silvia Padrini
50
Mafia albanese: una storia italiana
Silvia Biasutti
Energia. La solitudine dello Zar e l’Europa che non c’è
Bosnia: la nuova costituzione
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Alla biblioteca dell’Est Claudia Leporatti
90
Volevo essere D’Annunzio, volevo essere Limonov Massimiliano Di Pasquale
Yerevan capitale mondiale 94 del libro Emanuele Cassano
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Rivista quadrimestrale allegata al sito East Journal Chiuso in redazione il giorno 7 gennaio 2013 East Journal Testata registrata n. 4351/11 del 27 giugno 2011 presso il Tribunale di Torino Direttore responsabile Matteo Zola www.eastjournal.net info@eastjournal.net
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La redazione Claudia Leporatti capo redattore Damiano Benzoni impaginazione e layout Giorgio Fruscione revisione testi Silvia Padrini ricerca iconografica Hanno contribuito a questo numero Pietro Acquistapace Giovanni Bensi Silvia Biasutti Emanuele Cassano Giovanni Catelli Davide Denti Valentina Di Cesare Massimiliano Di Pasquale Christian Eccher Simona Mattone Alfredo Sasso Matteo Zola
I proprietari dei diritti delle singole foto pubblicate sono indicati in prossimità delle immagini stesse. Le immagini di sfondo al sommario e alle copertine di sezione sono di Damiano Benzoni, a eccezione della copertina della sezione Politica e Geopolitica, appartenente a Kober.
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SPECIALE BALCANI
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MOST Ph.: Brian Eager
DOVE VANNO I BALCANI?
Giorgio Fruscione
La democrazia ha molti nemici in attesa tra le quinte, politici e movimenti per il momento costretti a giocare secondo le sue regole ma il cui intento reale è tutt’altro – populista, di manipolazione mediatica, intollerante e autoritario. Conquisteranno molto spazio, se non riformeremo rapidamente le nostre democrazie. E non c’è ambito in cui questa riforma sia più necessaria che in seno alla stessa Unione Europea
Il futuro della regione balcanica, intesa in questa sede come il territorio una volta racchiuso dai confini della Jugoslavia, è una questione che non interessa soltanto gli addetti ai lavori, esperti ed appassionati di geo-politica internazionale, ma anche chi, in qualità di semplice cittadino di un Europa sempre più globalizzante, non abbia mai avuto possibilità di entrare a contatto con le caratteristiche e gli elementi che danno forma al “mondo balcanico”.
Per rispondere alla domanda “dove vanno i Balcani” è indispensabile cominciare con un analisi storica del percorso iniziato dalla regione Paul Ginsborg vent’anni fa: dagli anni del conflitto a quelli
della lenta stabilizzazione, tuttora in corso. Un analisi riguardante le dimensioni politiche e civili, tanto quanto quelle economiche sociali e culturali, che hanno determinato la direzione intrapresa dalla ex Jugoslavia nel suo difficile percorso di transizione. A tal fine, sarà necessario trattare l’ oggetto di studio talvolta come l’insieme delle ex repubbliche jugoslave, considerate singolarmente per le diverse caratteristiche di ciascuna; e altre volte invece come quell’ex stato federale in cui permangono strette relazioni tra le sue nazioni e le cui comuni caratteristiche interne fanno sì che si possa parlare anche di un destino comune. Una difficile transizione. A vent’anni dal collasso jugoslavo infatti, ci troviamo ad analizzare un soggetto socio-politico composto da sei stati sovrani (più il Kosovo, solo de facto indipendente), che in questo lasso di tempo è stato in balia di opposte sinergie: da un lato, il cristallizzarsi di confini e limiti per mezzo di spinte disgregatrici che gli anni bui delle guerre hanno insediato in istituzioni e memorie collettive; dall’altro invece, una crescente forza aggregatrice sembra far risvegliare le coscienze circa l’ineluttabilità del destino comune di queste nazioni. Il risultato di tale scontro non è altro che la mappatura di sei diversi paesi che per molti aspetti ricalcano gli spettri delle ex sorelle jugoslave. Così che, ad esempio, le repubbliche di Slovenia e Croazia risultano più ricche, sviluppate ed inglobate nella centrifuga europea, mentre dall’ altro lato Serbia e Bosnia Erzegovina sembrano soggette ad un’ evoluzione socio-economica a velocità dimezzata, che si interpone alle ambizioni europee. Eccezion fatta per l’esistenza di confini e dogane, sembrerebbe che la situazione non sia molto cambiata da quando la Jugoslavia si divideva in un nord ricco di opportunità e benessere (con l’apice della Slovenia, pienamente occupata), ed un sud arretrato e depresso, dove il Kosovo rappresentava, con un tasso di disoccupazione del 27%, l’estremo opposto dell’economia jugoslava. Se si prendono in esame gli odierni tassi di disoccupazione di Slovenia e Kosovo si constaterà infatti che il primo è rimasto il paese più occupato della regione (meno del 9% di disoccupati) mentre il secondo quello meno occupato (più del 45% di disoccupati).
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tare una sostanziale continuità rispetto al periodo federale – considerando ovviamente casi nominali in cui la situazione risulta di fatto anche peggiore – dal punto di vista sociale la rottura col passato appare più netta. Mentre una volta il collante sociale era garantito da un sistema socialista in cui tutti erano uguali in quanto lavoratori e “jugoslavi”; adesso invece, dalla fine delle guerre, il mito della Fratellanza ed Unità si è frantumato, disperdendo i suoi adepti in balia di diverse retoriche etnonazionaliste. Se infatti è vero, come sostiene il saggista polacco Adam Michnik, che “il nazionalismo è lo stadio supremo del comunismo”, allora si comprende il passaggio della presa di massa di un’ideologia universale e trasversale come quella comunista ad una invece così particolare come quella etnocentrica. Le famiglie, le comunità e quindi i paesi sono passati, con la violenza della guerra, da una uniformità sociale ad una invece etnica. Se prima infatti i fiori all’occhiello della Jugoslavia socialista erano l’eterogeneità nazionale e l’omogeneità sociale, adesso i nuovi StatiNazione perseguono l’opposto: una società più compatta sotto i vessilli nazionali e religiosi, ed un aumento della divaricazione della scala sociale, in cui aumentano le classi povere a vantaggio di ristrettissime elite. Ai popoli jugoslavi, in altre parole, non è rimasta che l’identificazione nazionale e religiosa, unica cornice entro la quale si possa rinvenire una certa coesione sociale, talvolta forzata se non addirittura inventata.
In questa polarizzazione nazionale un fattore determinante è quello delle memorie collettive, in cui le guerre hanno lasciato ferite aperte attraverso deformazioni e rivisitazioni storiche. Il processo è in corso sin dagli anni ’90: quando la storia veniva strumentalizzata per legittimare quelle atrocità che riportavano la memoria degli spettatori europei ai tempi dei campi di sterminio; e prosegue inesorabile tuttora nel suo “deformare e giustificare”, che puntualmente si ripete ogni qualvolta le guerre balcaniche siano oggetto di discussione e analisi, a qualunque livello esse prendano luogo, sia esso il tavolo di un bar o un arena politica. La verità storica sembra essersi rincarnata in tante parti quanto le fazioni uscite dai conflitti e, coadiuvata da classi politiche inefficienti che ripercorrono quei circuiti destoricizzanti, si consolida nei più svaSe molti indicatori economici sembrano consta- riati strati sociali, col fine di segmentare ulte-
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riormente una società una volta unita e minare direzione, avranno l’occasione unica di usufruile possibilità di un futuro comune. re dei vantaggi dati dagli “scambi” culturali sia aderendo a programmi istituzionali, sia parteciIn particolare, le nuove dirigenze partitiche bal- pando a movimenti sorti dal basso nel proprio caniche, orfane della grande ideologia marxi- comune, in sintonia con una reale maturazione sta, sono regredite allo stato dei propri colleghi democratica. di inizio secolo, imperniando le proprie politiche su terra e sangue, cristallizzando quei fronti di A titolo esemplificativo, si prenda il caso partiguerra consacrati a Dayton prima e Rambouillet colare dell’European Voluntary Service (EVS), poi. L’ipocrisia comune a quasi tutti i partiti nel- un programma lanciato quindici anni fa dalla la ex Jugoslavia è proprio quella di adoperare Commissione Europea e che si basa sulla mouna retorica populista e nazionalista, che da un bilità internazionale finalizzata alle attività di lato consenta di mantenere la faccia e racimo- volontariato. Il programma, che include ovvialare consensi anche nelle regioni più economi- mente anche i paesi balcanici, permette di tracamente depresse, ma che allo stesso tempo scorrere un periodo di soggiorno all’estero svolattraverso la metastasi della corruzione favo- gendo del volontariato, consentendo un libero e risca politiche clientelari e nepotiste. Essendo continuo scambio di cultura tra il volontario e la il nazionalismo e la corruzione due costanti co- società ospitante. muni a tutti i paesi balcanici, la sfida più grande per un loro comune futuro sarà proprio lo sra- Sebbene la realtà dell’EVS sia tuttora allo stato dicamento di tale sistema in favore di nuovi ap- embrionale e rappresenti solo un’occasione dai parati che attraverso sforzi congiunti lavorino tempi limitati, essa è un chiaro esempio delper il miglioramento della “società balcanica”. le possibilità che l’integrazione europea può e deve offrire. Esaminandone infatti le caratteriPer combattere i mali peggiori della regione bal- stiche, colpiscono le potenzialità reali – concencanica, sforzi congiunti dovranno essere con- trate nel settore del volontariato – che l’eterno centrati sullo sviluppo di una rete quanto più “nano politico” possiede: in questo caso, la caampia possibile di movimenti di società civile pacità di porsi da intermediario nella creazione locale ed internazionale. Ad essa sarà neces- di una rete di contatto transnazionale di movisario affiancare un’intensificazione dei rapporti menti di società civile, a sua volta inserita nel transnazionali che i paesi dell’area intratten- quadro europeo di relazioni tra Commissione gono con i vicini partner europei, a comincia- Europea-paesi membri e terzi. Finalmente un re dall’Italia. Gli attori principali, sottoposti ad chiaro segno di sviluppo democratico intrapreso un esame di “maturità democratica” saranno le dalle istituzioni europee. Ora infatti è possibile, nuove generazioni balcaniche che, provenien- per quelle generazioni jugoslave represse fino ti da un background socio-politico opposto a a poco tempo fa da regimi di visti e burocrazie quello dei propri padri, avranno il compito mo- doganali, intraprendere percorsi basati sull’idea rale di sanare handicap istituzionali di cui non del lifelong learning attraverso l’attività sociale sono direttamente responsabili. La sfida più e, ovviamente, lo scambio culturale. In questo grande per le nuove generazioni jugoslave sarà modo, il volontario è messo nelle condizioni di quindi il raddrizzamento del percorso di transi- fare propria parte di una cultura fino a quel mozione democratica iniziato vent’anni fa e le cui mento a lui sconosciuta, dandogli così la possidevianze hanno finora portato ad un inarresta- bilità di arricchire il proprio contesto sociale di bile diffusione di corruzione e criminalità orga- partenza, condividendo esperienze e informanizzata. zioni acquisite. Sicuramente il modo migliore per favorire, nei rapporti intranazionali, stabiliNel particolare, i movimenti di società civile cre- tà e solidarietà sociale – orfane disperse dell’eano le condizioni necessarie per il recupero del- poca comunista. la coesione sociale attraverso il rafforzamento dei valori della diversità culturale, sia a livello Grazie a programmi come l’EVS infatti, una locale – tra le nazioni e i paesi balcanici – che piccola realtà locale (per esempio l’Omladinski a livello internazionale. Le nuove generazioni, centar – Jajce) promuove ai propri concittadini agenti e destinatari di progetti lanciati in tale la possibilità di vivere un’esperienza di volonta-
riato presso ONG situate in altri paesi; e a loro volta, i Balcani si presentano ai giovani europei come porto di sbarco in cui apportare il proprio contributo reale alla vita di persone altrimenti abbandonate ed isolate dal punto di vista istituzionale. L’EVS, in altre parole, non è altro che la dimostrazione che un’Europa fondata sulla solidarietà sociale e sulla cooperazione è possibile, confermando la necessità dell’UE di indirizzare il processo di integrazione su queste basi, con l’ambizione morale di crescere politicamente ed abbassarsi dal punto di vista economico. Il compito dell’Unione Europea sarà quindi quello di allargarsi ed aprirsi al resto della regione balcanica ma cercando di mantenere come priorità assoluta la crescita e il benessere della sua società. I Balcani come specchio d’Europa e la possibilità di un organismo regionale. Il ruolo Europeo, nei confronti del processo di integrazione ai paesi dell’ex Jugoslavia, non sarà soltanto un mero compito d’ufficio che controlli il Ph.: M.A.R.C.
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regolare raggiungimento di standard e percentuali economiche, ma sarà aggravato dalla necessità di guardare alla regione come il riflesso della propria storia: i Balcani come lo specchio d’Europa. La storia e la realtà balcanica infatti, ricalcano e riassumono i modelli e la storia dell’Europa intera, in quanto questo ex paese riflette i processi e le sfide del vecchio continente. Da Ljubljana a Skopje non si incontrano soltanto sette confini con altrettante bandiere ma anche e soprattutto le tracce di tutto ciò che ha dato forma al nostro continente. In essa sarà quindi presente il grande coacervo delle tre grandi fedi monoteiste (Cristiana, Islamica ed Ebraica) ed il crocevia di popoli che facendosi la guerra hanno dato vita e morte di Imperi e Nazioni. Nei singoli contesti nazionali si riscontrano tutti gli elementi positivi e negativi costituenti l’Europa: la stabilità e ricchezza in Slovenia; le paure per l’estremismo islamico in Bosnia; i problemi con le minoranze in Kosovo e Macedonia; e la generale diffusione di fenomeni quali la corruzione e la criminalità organizzata.
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