Stop
the
Silence. Model & make-up: Marylou_72 ph/photo-editing: Michele Rallo | MR PhotoArt ©
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INTRODUZIONE Il progetto fotografico “Stop the Silence” è composto da 7 scatti fotografici e vede come soggetto primario – gli occhi -. Occhi che esprimo un malessere, interiore, profondo, forse segreto alla vista di chi ci sta intorno, di coloro che ogni giorno credono di conoscere il nostro stato d'animo. Un malessere che sa nascondersi, impercettibile ed invisibile dunque, eppure così presente ed intenso. Un sentimento nostro malgrado forte e carico di rabbia, ma incapace per molti di far scaturire quella giusta reazione che consentirebbe di “avere la meglio” su questo male. Motivi molteplici possono portare a questo stato d'animo personale e differente per ognuno di noi, perchè ognuno di noi reagisce alle emozioni, siano esse positive o negative nel corso della vita, in modo totalmente diverso ed unico. Se da un lato, l'input generale alla base di questa realizzazione fotografica era l'analisi di uno sguardo, di “Occhi che gridano”, dall'altro lato era pur necessario associare questa traccia ad un tema nello specifico. La scelta dunque è stata per me decidere “cosa voler rappresentare”, in dettaglio, seguendo questo filo conduttore. Del resto, è un tema, quello della sofferenza interiore, imputabile a diversi eventi che possono segnare la nostra vita. Ogni giorno. Una volta stabilito quindi cosa volevo davvero affrontare, quale argomento, ciò che ne è seguito è stata la fase di progettazione su carta e anche pratica, ed il conseguente allestimento del set fotografico. L'argomento che ho scelto di rappresentare e quindi di “documentare” è purtroppo di stretta attualità, e riguarda la violenza sulle donne. Artisticamente non avevo avuto ancora modo finora di poter affrontare un tema simile, e nonostante i tempi di realizzazione non sono stati eccessivamente consoni ad un lavoro di tale mole, credo che questo “step” prodotto in questa occasione dimostri, al contrario, quanto la Fotografia come arte visiva, possa in modo semplice e diretto “parlare” di un certo tema, anche e soprattutto quando si tratta di qualcosa di così delicato e caratterizzato da tante sfaccettature. Nel redigere questo eBook introduttivo al mio progetto fotografico ho riportato appositamente in neretto tutte quelle parole che “frullavano” nella mia mente come una sorta di “parole chiave” che avrebbero poi dettato la linea guida durante tutto il corso della realizzazione dell'intera sessione fotografica.
OBIETTIVO L'obiettivo primario che mi sono posto, che ho reputato necessario da affrontare in un caso simile, è stato quello di voler produrre delle immagini che fossero capaci di “trasmettere” un senso di disagio, di forte rabbia ma anche di incapacità di reazione, come spiegato nella fase introduttiva del progetto. Quella stessa incapacità che ci costringe a tenerci tutto dentro pur sapendo di sbagliare. Commutare un abuso come fosse una punizione inflittaci e dovuta, qualcosa che ci rende incapaci di parlarne o di gridare come sfogo di rabbia, e che al contrario, ci induce negli unici attimi di “cedimento” a cercare fuori dalla luce che filtra da una finestra, una sorgente di possibile libertà, la nostra scappatoia interiore e desiderata. Quei pochi, forse, istanti in cui davvero ciò che unicamente si desidera è un “aiuto esterno” mirato e tale per cui la condizione dettata dal male che colpisce possa realmente mutare in positivo. Permettendo soltanto in queste condizioni una “rinascita” della persona a partire dalla propria condizione di libertà e di rispetto della stessa. Ho cercato di esprimere questo concetto di ricerca esterna di luce, metaforicamente inserendo nel mio set la presenza di una “tapparella”, con le mani del soggetto che forzatamente piegano le linee immaginarie dettate da quello che appare come un ostacolo verso la libertà, e con lo sguardo degli occhi si cerca di osservare cosa ci sia “oltre” quell'impedimento. Perchè il punto è realmente questo: superare la situazione. Ad ogni costo, reagire. Non subire. Evitare di incappare in quell'errore che viene commesso purtroppo sempre più spesso di “prendere tempo”, di far finta di niente, magari semplicemente di non valutare correttamente la situazione, circa i rischi e le possibili brutali conseguenze cui si va incontro. Conseguenze che, come sempre più spesso del resto insegna la cronaca nera, portano poi ad un punto di non ritorno che culmina nei modi peggiori che tutti conosciamo.
SCELTA DEL NOME PER IL PROGETTO Come per ogni progetto fotografico che realizzo, la fase della scelta del nome, del cosiddetto “titolo” non è mai cosa facile. La mente e la voglia stessa di trasmettere nel migliore modo possibile ciò che sta alla base di quanto realizzato, e la conseguente, quindi, voglia di dire, di parlare, attraverso le immagini, suggerisce svariate possibilità interpretative, dunque anche svariati modi diversi tra loro di poter in qualche maniera identificare il progetto stesso e quanto, appunto, prodotto. L'opzione che ho reputato migliore, tenendo conto di tutte quante le analisi precedentemente presentate ed esposte, è stata poi quella di dare il titolo forse più “scontato” ma pur sempre più diretto ed efficace: “Stop the Silence”. Ferma il silenzio. Implica una immediata voglia di reazione, di andare contro all'assenza di rumore. Un rumore prodotto dalle parole stesse. Da labbra che tornano a parlare. No, direi piuttosto denunciare. In questo ultimo punto, si riassume tutta l'estrema importanza di qualsiasi campagna realizzata finora contro ogni tipo di violenza, come nel caso della violenza sulle donne. In questa unica parola, denunciare, probabilmente è racchiuso il vero senso di tutto questo “mostrare” con immagini, video, cortometraggi; Perchè di campagne e spot ne sono stati realizzati molti nel corso del tempo, diffusi attraverso web, carta stampata, tv e quant'altro. Ciò nonostante, è importante non voltarsi dall'altra parte. Osservare, piuttosto, per non ripetere.
Ferma il silenzio, gridalo.
“Stop the Silence”, è un progetto fotografico di Michele Rallo | MR PhotoArt ©
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