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Anno II - N. 11 29 OTTOBRE 2010 DISTRIBUZ. GRATUITA 100.000 COPIE

GIORNALE NAZIONALE D’INFORMAZIONE FUMETTISTICA HOW SOON IS NOW? Quando mi è stato chiesto di scrivere un'introduzione al “nuovo corso” del giornale che state sfogliando e di presentarmi, la prima cosa a cui ho pensato è stato un passo di Watchmen che suggerisce: "Parla della cosa più triste che ti viene in mente e ti conquisterai la simpatia dei lettori. Dopo di che sarà una passeggiata." Per fortuna, i tempi in cui il “grim'n'gritty” andava per la maggiore sono passati da un pezzo, e l’occasione di uscita di questo numero, l’edizione 2010 di Lucca Comics & Games, è quanto più distante dalle atmosfere crepuscolari del capolavoro di Moore e Gibbons. Quindi mi sono risposto: "Ma anche no, farò l’esatto contrario", e per quanto riguarda la presentazione mi riesce decisamente più facile: benvenuti, mi chiamo Daniele e da qualche anno ho la fortuna di aver fatto della mia passione di sempre un lavoro. Anche per rendere l’introduzione a questo numero “una passeggiata” non ho avuto bisogno di particolari espedienti, dato che i contenuti parlano da sé. Come è facile immaginare, non è un’impresa semplice comprimere in 32 pagine quanti più aspetti possibili dell’attuale contesto fumettistico, ma posso dire di essere molto soddisfatto del risultato, grazie soprattutto (e questa, anche se può sembrare la più grande delle banalità, è la più grande delle verità) ai collaboratori che ho avuto la fortuna di trovarmi attorno. Nelle prossime pagine vi aspettano articoli riguardanti una coppia di autori di comics, gli Immonen, che non ha bisogno di presentazioni, maestri come Grant Morrison e Jacovitti, ai quali sono dedicati due saggi presentati proprio alla fiera, esponenti dell’underground come Miguel Ángel Martín e Neil Swaab, un poker “italiano” di tutto rispetto (Bevilacqua, Gualtieri, Ponticelli e Porcelli), mostre prestigiose come quella di Ausonia e L’Audace Bonelli, due amatissimi mangaka come Mitsuru Adachi e Ai Yazawa. Senza tralasciare l'aspetto "ludico", ormai indissolubilmente legato a quello della Nona Arte, con servizi che spaziano dall’anniversario del popolare idraulico Mario all’incontenibile universo dei cosplay. Il tutto arricchito da contributi realizzati per l’occasione da Andrea Gadaldi (disegnatore di John Doe, tra le altre cose, qui alle prese con un amalgama tra Morrison e una delle sue creazioni più lisergiche, Flex Mentallo), e Gianluca Maconi, in questa stessa pagina. Spero che il risultato vi piaccia, anche perché mi darebbe il pretesto di chiedere un aumento. Di pagine! See you soon! Daniele Mancino (rivista in registrazione) Prossima uscita: GENNAIO 50.000 COPIE NELLE MIGLIORI FUMETTERIE E SCUOLE DI FUMETTO

KATHRYN E STUART IMMONEN Intervista agli autori di Ultimate Spider-Man e Hellcat in occasio ne dell’uscita italiana di Moving Pictures pag.3 MIGUEL ÁNGEL MARTÍN Libertà di estremismo pag.7

GRANT MORRISON: ALL STAR Il primo sag gio sull'autore scozzese pag.8

Giacomo Bevilacqua

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Porcelli/Ponticelli

p. 12

Neil Swaab

p. 13

Ritorno al Futuro

p. 13

Wonderland

p. 14

L'Audace Bonelli

p. 19

Ausonia

p. 20

Mitsuru Adachi

p. 21

Ai Yazawa

p. 21

Recensioni

p. 23

Artigianato e Cosplay

p. 26

Lucca Games and Tales

p. 27

Nerf

p. 27

Super Mario Story

p. 29

Golden Distribution

p. 30

PINOCCHIO E JACOVITTI Due miti italiani a confronto pag.9

G i a n l u c a M a c o n i è l’autore di Viaggio Verso Occidente, Yggdrasil (Lavieri), I Delitti di Alleghe e Il Delitto Pasolini (BeccoGiallo). A Lucca presenta Electric Requiem - Biografia a Fumetti di Jimi Hendrix (Hazard Edizioni), ed è presente allo stand dell’editore.

Redazione Tespi - Corso Vittorio Emanuele II, 154 - 00186 Roma; web: http://www.comic-soon.com; e-mail: info@comic-soon.com. Comic-Soon ® Tespi srl. Responsabile editoriale: Daniele Mancino; responsabile pubblicità e diffusione: Valentino Sergi (diffusione@comic-soon.com); grafica e impaginazione: Maryam Funicelli. I copyright, dove non diversamente indicato, sono degli aventi diritto.

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KATHRYN E STUART IMMONEN Fumetti in movimento di smoky man traduzione di Valentina Serra & smoky man

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n occasione della pubblicazione italiana per NPE del loro romanzo grafico Moving Pictures, abbiamo contattato Kathryn e Stuart Immonen, apprezzati autori di comics, per parlare di questo lavoro, del fare fumetti e del creare in coppia. Moving Pictures è un’intrigante ed enigmatica vicenda ambientata a Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale, una storia d’amore e d’inganni, raccontata in un suggestivo bianco e nero. Moving Pictures è stato definito come una “fiction storica”. Pensate sia una definizione appropriata, una buona “etichetta”? Kathryn Immonen: Una vale l’altra. Certamente, siamo stati davvero molto felici di ricevere una recensione positiva da parte dell’American Library Association e aiuta il fatto che ci siano dei temi nella storia che possono essere collegati ai programmi scolastici. Ma in realtà Moving Pictures non ricade neppure in quella categoria che viene definita, in certi ambienti di critica, derisoriamente “faction” [neologismo nato dalla fusione dei termini fact e fiction, N.d.T.]. È una piccola storia che ignora fermamente gli eventi maggiori. Sono abbastanza sicura che nessuna affascinante canadese sia capitata al Louvre per uno stage da curatrice. E sono abbastanza sicura che ci siano delle inesattezze un po’ ovunque nella storia, ma sai… c’è un gravissimo errore in The Bourne Identity ma ciò non gli impedisce di essere un film fantastico. Fondamentalmente penso che, come in tutte le fiction, sia un invito a pensare, per un attimo, a qualcosa in maniera diversa. Stuart Immonen: Abbiamo sempre ritenuto che i “fatti” non debbano andare nella stessa direzione della “storia”, se è una storia, una fiction, ciò che si vuole scrivere. Quel periodo storico è già stato esaminato in dettaglio; noi, con Moving Pictures, non pretendiamo di aggiungere qualcosa di nuovo alla Storia. Ma non credo neppure che l’abbiamo alterata. K . I . : Be’, non tanto, comunque. Il libro è ambientato nella Francia occupata dai Nazisti e uno degli elementi chiave della storia è l’Arte stessa. Cosa vi ha spinto verso

© Kathryn (testi) & Stuart Immonen (disegni)

quell’argomento e quell’ambientazione? Da dove è nata l’idea originale? K . I . : Molti anni fa stavo leggendo Paris Was Yesterday, un libro di Janet Flanner, la corrispondente del New Yorker a Parigi durante la Guerra. Parlava delle pulizie al Louvre come un effetto secondario dello spostamento delle opere d’arte dalla città. Era molto strano e divertente. Come - credo - chiunque, ero a conoscenza di quelle incredibili fotografie di opere d’arte trovate ammassate in una miniera sulle Alpi austriache. Ma, leggendo quel libro, ho iniziato a pensare a questi ragazzi con stracci, detersivi, secchi di ammoniaca… piccole attività domestiche che erano la conseguenza di giganteschi atti di violenza e, sotto molti punti di vista, di immaginazione. La Seconda Guerra Mondiale è appena accennata, e scorrendo le pagine non si nota nessuna svastica ma solo bandiere nere. Moving Pictures è chiaramente collegato a un periodo del XX secolo ben riconoscibile, ma l’attenzione sembra focalizzata sui personaggi e sulle loro dinamiche. Qual è il vero nucleo del racconto? K . I . : All’inizio i simboli erano presenti sulle bandiere, ma ce ne siamo sbarazzati subito perché sembravano, in qualche modo, troppo ovvi. S . I . : Esatto, quello è stato un altro caso di “auto-censura”: “nascondere” intenzionalmente l’ambientazione. Lo stesso è accaduto per i dialoghi. Nella sceneggiatura originaria erano presenti i nomi di note figure storiche ma, alla fine, abbiamo deciso che non fosse necessario inserirli e ci siamo concentrati sulla storia che volevamo raccontare. K . I . : Così, continuando a togliere elementi, questa operazione ha iniziato a funzionare in moltissimi altri modi. Come una metafora grafica per le campiture nere (intenzionali o no), come un riferimento letterale all’effettiva cancellazione di cartelli stradali, come un impedimento a trovare un modo, di qualsiasi tipo, per orientarsi. In ogni caso, l’ambientazione è stata solo uno “sfondo” per parlare di cose che ricoprivano una grande importanza per noi autori, tra cui la gerarchia e il valore che attribuiamo agli oggetti. Inoltre, è un periodo storico che è stato già ben esplorato e di cui si è scritto tanto, per cui una “non aderenza” storica pareva inevitabile. Intendo dire che i personaggi di fantasia, in questo caso, hanno inevitabilmente una natura “incollocabile” che trovo davvero interessante. Puoi scrivere sulla Storia tutto quello che vuoi, ma non sono sicura che se ne potrà mai capire il senso, anche trattandola semplicemente come una serie di eventi. E certamente in Moving Pictures i personaggi hanno fermamente girato le spalle alla Storia in molti modi. Fondamentalmente Moving Pictures è una storia sul desiderio. Comic-Soon n.11

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© Kathryn (testi) & Stuart Immonen (disegni)

mi è sembrato una cosa naturale invece di una citazione premeditata.

Uno dei pregi del libro è che deve essere letto più volte, perché ogni parola, ogni espressione, ogni singola vignetta potrebbe essere quella rivelatrice. Il lettore deve stare attento. Mentre procedevo con la lettura ho anche pensato che potrebbe funzionare come film, in bianco e nero, squisitamente europeo, forse con un tocco di colore in qualche scena. Non so se questo possa avere senso per voi… K . I . : Sì. Avevamo una vaga speranza che il libro potesse avere un’altra vita in un altro mezzo espressivo ma non lo vedo affatto possibile. Credo che la migliore descrizione di Moving Pictures sia ancora “un lungo respiro strozzato”. Per me e Stuart è totalmente un fumetto, concepito per essere tale e, si spera, capace di sfruttarne al massimo le caratteristiche. È un opera raccontata per immagini “statiche”. Tutto avviene “all’interno” delle vignette. Continuo a essere stupita di come Stuart abbia gestito in modo perfetto la narrazione, in una storia in cui l’“azione” consiste in un personaggio che getta uno sguardo da una parte o, nel migliore dei casi, fa qualcosa di veramente azzardato come sedersi e togliersi la giacca. S . I . : Lo so! Comunque, potrebbe essere adattato per il cinema. È un’esperienza di lettura molto controllata, piuttosto ponderata in termini di ritmo e composizione. Ripensarlo per un mezzo molto collaborativo come un film, potrebbe risultare interessante… anche se diverso. Ma è quello che succede sempre negli adattamenti. Quante ricerche avete fatto per i testi e per i disegni? Quali sono le influenze e i riferimenti? K . I . : La sceneggiatura è stata completata molto tempo fa e ogni volta che ricontrollo le note che ho tenuto resto sorpresa da quanto abbia letto, da quanto sapessi. Parlerei più di semplice lettura che di ricerca. Non sono una che di solito conserva le cose, o che le tiene a mente. Così, anche se c’è stato un grande lavoro di preparazione, molti degli elementi non sono effettivamente finiti nella storia, perlomeno non in modo palese. Non è una storia sovraccaricata da quel genere di dettagli… almeno, spero di no. Inoltre, arriva un punto in cui è necessario mettere un freno alla ricerca, soprattutto perché si rischia di includere cose che, come autore, ti interessano ma che ai tuoi personaggi non importano per nulla. S . I . : In un certo senso lo stesso discorso si può applicare anche ai disegni. Ci sono molte vignette con sfondi semplicemente neri, e si potrebbe pensare siano il frutto di una ricerca piuttosto esigua, ma in realtà ho raccolto veramente tutti i documenti e le foto d’epoca che ho potuto. Ma è lo stile che ho scelto che ha “imposto” quanto potesse essere mostrato. I dettagli sono così pochi che, quando vengono inclusi, rappresentano un’ambientazione più ampia. Quando ho iniziato a lavorare a Moving Pictures avevo in mente lo stile del disegnatore tedesco Ulf K. e del francese Stanislas. C’è anche qualcosa di Dylan Horrocks… Dopo poco lo stile si è sviluppato in modo autonomo e disegnare in quel modo

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Originariamente Moving Pictures è stato serializzato come web-comic. In precedenti interviste, avete dichiarato che è stato un modo per “vincolarvi” a rispettare le scadenze. Poi siete passati alla stampa tradizionale. Che cosa rappresenta il Web per voi? È un posto per sperimentare ed esprimervi in completa libertà? S . I . : Internet è solo un mezzo e non influenza necessariamente il contenuto. Tuttavia certi formati “sembrano” più appropriati di altri. La sit-com di mezz’ora non è adatta solamente alla televisione più di quanto non lo siano le strisce giornaliere per il Web, ma quel tipo di prodotto sembra funzionare per quei media specifici. Un fumettista può certamente lavorare senza le convenzioni delle scadenze di stampa, delle vendite, delle richieste del pubblico o del controllo editoriale e la banda larga costa poco e rende più facile esplorare nuove idee sperimentali, ma mi sento di dire che si può fallire nello stesso modo in cui accade con il fumetto stampato. Al momento molti web cartoonist devono supportare le loro strisce o fumetti con la vendita di oggettistica e stampe o facendo commission, e devono essere preparati a dedicare molto tempo alla promozione del loro prodotto se vogliono avere successo. Sarebbe troppo lavoro per noi. Volevamo solo finire la storia, ed essendo entrambi già pieni di lavoro, postare il fumetto con delle scadenze precise era un buon modo per assicurarci che l’avremmo fatto. E la stampa, in quest’epoca digitale? Il piano originario era comunque di stampare Moving Pictures e avevate anche valutato l’opzione dell’autoproduzione… K . I . : La nostra intenzione è sempre stata quella di stampare il volume. E certamente abbiamo pensato all’autoproduzione, visto che l’abbiamo già fatto in molte occasioni. Ma questa volta volevamo che se ne occupasse qualcun altro, anche se tutto il lettering, il design e il lavoro di produzione erano già stati fatti da noi. Abbiamo iniziato a proporlo a diversi editori e siamo stati felici che la Top Shelf fosse interessata. È stata la soluzione perfetta per noi. Ma il vero vantaggio, comunque, è stato il processo di supervisione. Abbiamo avuto delle lunghe e davvero proficue discussioni con l’eccezionale Chris Staros, ed è indubbiamente grazie a lui se Moving Pictures è diventato un libro migliore. La versione stampata non è poi così diversa da quella apparsa on-line, ma i cambiamenti che abbiamo apportato grazie alla collaborazione con Chris sono stati davvero preziosi. Nei credit Kathryn figura come sceneggiatrice mentre Stuart è il disegnatore. È stato tutto così semplice o si è trattato di una collaborazione più “complessa”? Per esempio, chi ha fatto la divisione in vignette e i layout? Stuart ha collaborato in qualche modo al processo di scrittura? S . I . : La sceneggiatura è stata completata con tutti i dialoghi e le indicazioni di regia prima che iniziassi a disegnare. Ma non era divisa in tavole o in vignette. Insieme abbiamo deciso il formato - tre strisce di vignette, con delle possibili variazioni - perché pensavamo aiutasse a determinare il ritmo del racconto. Per esempio, se una scena non stava bene in un multiplo di sei vignette, si poteva darle più “peso” espandendo una vignetta fino a occupare tutta la striscia. Quindi c’è stato questo passag© Mar vel gio nella nostra collaboAccanto:copertina Ultimatum: Spider-man Requiem n.1 Sopra: tavole da Moving Pictures


I canadesi Kathryn e Stuart Immonen realizzano fumetti insieme da oltre vent’anni. Stuart ha lavorato praticamente per tutte le case editrici americane di comics, presenti e passate, ed è noto per pubblicazioni come Nextwave: Agents of H.A.T.E, Superman: Secret Identity e Ultimate Spider-Man. Kathryn ha scritto storie sia per la DC che per la Marvel Comics, tra cui la miniserie di culto Patsy Walker: Hellcat e Runaways. Insieme hanno recentemente firmato l’edizione speciale di Never As Bad As You Think pubblicata per il mercato americano da Boom! Studios e, dopo Moving Pictures, sono al lavoro su un nuovo romanzo grafico intitolato Russian Olive to Red King. Attualmente vivono insieme al figlio e al loro cane a Toronto, Ontario.

razione, intermedio tra la scrittura e il disegno, durante il quale decidevamo insieme come presentare la storia dal punto di vista grafico. Dopo che le vignette erano state disegnate a volte ero io a fare il lettering, a volte lo faceva Kathryn e a quel punto c’era sempre un controllo dei dialoghi. Credo che sia un procedimento complesso, o per lo meno, inusuale. Stuart, sei conosciuto e apprezzato, anche nei tuoi lavori supereroistici, per il tuo stile poliedrico, e anche in Moving Pictures hai usato diversi approcci: tratteggio per rappresentare i quadri, un bianco e nero netto e pulito per la storia e delle campiture nere per i collage fotografici. Perché hai deciso di utilizzare queste tre “tecniche”? Ne avevi discusso con Kathryn e l’avete pianificato insieme? S . I . : Innanzitutto ti ringrazio per il complimento. Sto cercando di ricordare se ne avessimo parlato o se le avessi fatto una “sorpresa”… c’è stato un periodo in cui lo stile non era ancora definito e ho disegnato e ridisegnato una mezza dozzina di pagine in modi diversi. Credo di aver mostrato queste prove a Kathryn mentre ci lavoravo e lei mi abbia detto, come fa di solito, che cosa andava bene, ma credo che sapesse che ero ancora alla ricerca della forma definitiva. K . I . : È così. Aggiungo che so sempre quando Stuart ha già preso una decisione anche se mi mostra diverse opzioni e, allo stesso modo, se parliamo di una cosa e alla fine Stuart prende una decisione so che il giorno dopo troverò tutto nella spazzatura. Accade lo stesso per me. Siamo incredibilmente trasparenti l’uno con l’altra. Credo che l’ottanta per cento del nostro tempo, quando lavoriamo assieme, lo passiamo semplicemente ascoltando l’altro mentre cerca di risolvere

i propri problemi. S . I . : Alla fine ho trovato un modo di disegnare che avrei potuto mantenere durante la serializzazione della storia on-line, ma non andava bene per l’Arte. Nella sceneggiatura c’era scritto che le opere artistiche venivano mostrate al pubblico, ma non necessariamente come degli oggetti tangibili, piuttosto come se fossero delle “proiezioni”. Semplicemente aveva senso separarle dai personaggi principali e dall’ambientazione sia stilisticamente che dal punto di vista della composizione. Nell’edizione italiana abbiamo deciso di lasciare il titolo in inglese. Perché, oltre al significato letterale delle opere d’arte spostate dalla loro collocazione, che è un aspetto importante della storia, credo che evochi molto altro. Penso, ad esempio, a un richiamo alle persone e al loro comportamento. È intenzionalmente ambiguo… K . I . : Ci piaceva quel titolo perché il suo significato letterale si applica al libro ma viene usato principalmente come un vecchio termine, “immagini in movimento”, per indicare i film e il cinema, un aspetto che non ha davvero nessuna attinenza con la nostra storia. Credo che sia stato anche un modo per sviare le aspettative sin da subito. Quel titolo stabilisce un perimetro per la storia in cui significato e intenti possono essere sfuggenti o difficili da trovare. Quali sono i pro e i contro del lavorare su commissione per le grandi case editrici rispetto ai vostri progetti personali? K . I . : I progetti personali sono, sotto molti punti di vista, molto più semplici, principalmente perché non dobbiamo coordinarci con niente e nessuno. Ma devo anche dire che lavorare per il mercato mainstream ha reso migliori i nostri progetti personali e viceversa. S . I . : Sì, assolutamente. In inglese si dice “Cambiare va bene quanto riposare” ed è perfetto per questa situazione. Pensare a raccontare storie in modo diverso evita che si diventi stantii, o che si faccia ricorso a convenzioni o alla pigrizia per risolvere un problema. Potete rivelarci qualcosa sul vostro prossimo romanzo grafico R u s s i a n Olive to Red King? K . I . : Parla di una donna che potrebbe essere sopravvissuta, oppure no, a un incidente con un piccolo velivolo: è chiaro che è morta ma quando sia successo esattamente, visto che il personaggio parla e cammina per tutto il tempo, spetta al lettore deciderlo. Parla anche di un uomo in trappola senza saperlo e di… Cechov. È una storia di fantasmi. Con petroglifi. E parla del “blocco” dello scrittore. E i vostri progetti attuali o di prossima uscita in campo supereroistico? Immagino che i supereroi vi piacciano… K . I . : I supereroi mi piacciono molto, ma l’aspetto davvero più interessante di un supereroe non è quello legato alla sua parte super. Patsy Walker è il punto di forza di Hellcat e non il contrario. Bruce Wayne è molto più interessante di Batman. Credo che lo stesso discorso valga per molti personaggi. Eccetto forse per Superman: continuo ancora a faticare nel capire cos’abbia d’interessante Clark Kent. Ma Lois è una ragazza intelligente… per cui deve esserci qualcosa. Sia io che Stuart abbiamo in cantiere diverse cose per la Marvel davvero molto, molto divertenti e interessanti - anche se sfortunatamente non lavoreremo insieme - ma credo che quest’intervista uscirà prima che possiamo rivelare di cosa si tratti esattamente. Un vero peccato! S . I . : in compenso abbiamo lavorato insieme su una storia per l’antologico western Outlaw Territory vol. 2, pubblicato dalla Image e in uscita a ottobre. Concluderei con una domanda che immagino sia un “classico” per voi: cosa accade quando il tuo partner di lavoro è anche il tuo partner nella vita? K . I . : Stiamo insieme da così tanto tempo che è… imbarazzante. Da così tanti anni che quando abbiamo detto il numero esatto durante la nostra conferenza all’ultima San Diego abbiamo scatenato un grande applauso. Imbarazzante. E facciamo fumetti insieme e condividiamo gli stessi spazi di lavoro, più o meno, dallo stesso periodo. Ma è quello che ci piace fare. Lavorare insieme è la cosa più semplice del mondo, e nei giorni in cui non è così… be’, il nostro cane fa delle passeggiate più lunghe! Intervista condotta via e-mail nel mese di settembre 2010. Comic-Soon n.11

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MIGUEL ÁNGEL MARTÍN Libertà di estremismo di Andrea Mazzotta

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ntrata di recente a far parte di Castelvecchi, Purple Press inaugura il suo nuovo corso facendo tornare in libreria Psycho Pathia Sexualis di Miguel Ángel Martín. Abbiamo intervistato l’autore spagnolo in occasione di questa nuova edizione di una delle opere a fumetti più controverse di sempre. Purple Press ha annunciato per Lucca la ristampa di P s y c h o P a t h i a S e x u a l i s , che fu pubblicata in Italia per la prima volta nel 1996 da Topolin Edizioni scatenando una serie di vicissitudini processuali complesse, tra cui il sequestro dei tuoi disegni da parte della polizia giudiziaria, risolte nel 2001 in un’assoluzione per l’editore (Jorge Vacca) per “non sussistenza dei fatti”. Fu una piccola, grande vittoria contro la censura. Quali pensi che potranno essere oggi le reazioni alla nuova edizione, a quindici anni di distanza dalla prima? Non lo so, ma spero che la reazione sia diversa e che il fumetto possa essere visto semplicemente come opera artistica, forse trasgressiva, ma solo un’opera di arte, che possiede anche un senso dell’humor. Un elemento che, per esempio, non esiste nell’opera del Marchese de Sade. Non è una ristampa, ma una nuova edizione con materiale inedito e la storia Shitfun con i colori originali, più un’intervista a Jorge Vacca della Topolin e un’altra a me, in cui parlo di tutte le vicissitudini della questione giudiziaria. In base alla tua esperienza personale, tu che sei stato vittima della censura, il rapporto tra libertà di espressione, cultura e censura stessa si è evoluto raggiungendo un giusto equilibrio? Il rapporto con qualsiasi tipo di censura non è mai giusto né equilibrato. La libertà di espressione è fondamentale per l’attività creativa. Oggi c’è un’altra censura più sottile e pericolosa di quella giudiziaria: la dittatura del “politicamente corretto”, che è una cosa fascista al cento per cento. Prima di P s y c h o P a t h i a S e x u a l i s , l’ultimo volume pubblicato da Purple Press è stato S i c o t r o n i c R e c o r d s , che è il catalogo della omonima mostra di originali tenutasi presso la Galleria Miomao di Perugia. Di quell’opera mi ha stupito l’uso delicato e, contemporaneamente, dirompente del colore. Quale valore narrativo attribuisci al colore nelle tue storie? Il colore è fondamentale nelle mie storie e illustrazioni. Non solo è una caratteristica molto particolare, ma anche un modo per ambientare e sfumare la mia visione di un mondo apparentemente “cool”. Per Coniglio Editore è uscito al Napoli Comicon 2010 G i o r n i F e l i c i , che raccoglie tue storie per bambini dal sapore agrodolce realizzate per il supplemento per ragazzi di D i a r i o 1 6 [quotidiano spagnolo, N.d.A.]. Mi ha colpito molto scoprire che sono state concepite in contemporanea con P s y c h o P a t h i a S e x u a l i s e A n a l C o r e , che hanno toni e un pubblico di riferimento ben diverso. Fu molto complesso creare contemporaneamente per due target così differenti? No, davvero. Perché tutto fa parte del stesso universo personale e unico. Credo però che questa caratteristica sia assente nella maggior parte dei fumettisti. Non conosco nessun altro che disegna fumetti più estremi e allo stesso tempo fumetti per bambini senza perdere personalità. Un’ultima curiosità: so che sei un grande appassionato di cibo estremo. Di che si tratta? Il cibo “estremo” non è così estremo per me. La cucina spagnola, ma anche quella italiana, ha tantissimi piatti a base di trippa, cuore, viscere, cartilagini (orecchie di maiale), sangue... Anche la cucina cinese utilizza questi ingredienti, preparati in tanti modi. Mi piace molto la cucina asiatica in generale, e condivido la sua filosofia: “todo lo que se arrastra, corre, nada o vuela, a la cazuela” [“Tutto ciò che striscia, corre, nuota o vola, in padella”, N.d.T.]. Ahah! Comic-Soon n.11

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GRANT MORRISON: ALL STAR Tutto italiano il primo saggio sull’autore scozzese

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rant Morrison: All Star (Edizioni DOUbLE SHOt) è il primo libro al mondo a ripercorrere tutto il corso della carriera di uno sceneggiatore amato e importante come Grant Morrison. Scritto da Giovanni Agozzino, Nicola Peruzzi e Antonio Solinas, particolarmente fieri di essere i primi a portare a termine una tale impresa, il libro inquadra criticamente l’opera dell’autore scozzese, facendo largo uso di interviste a collaboratori chiave come Frank Quitely, Steve Yeowell e Richard Case, box dedicati ad aspetti meno conosciuti dell’universo morrisoniano e soprattutto un’estesa intervista con Morrison stesso. Piuttosto che rifarci alle solite chiacchiere da press release, abbiamo lasciato la parola agli autori del libro, che in maniera giocosa ci parlano di Grant Morrison: All Star intervistandosi a vicenda, sulla scorta di quanto fecero, su un vecchio Vertigo Rave del 1994 proprio Milligan, Delano e lo stesso Morrison.

“Flex” Morrison (illustrazione di Andrea Gadaldi)

A.S.: Giovanni, come ti è venuta in mente l’idea di scrivere un libro su Grant Morrison? G . A . : Trovavo, rispetto alla prominenza del ruolo di Morrison nella cultura pop contemporanea, l’assenza (a livello mondiale) di analisi che ne ripercorressero l’intera carriera qualcosa di scandaloso. Avevo già scritto su Morrison per vari siti e il passo successivo (obbligato) di porre rimedio a tale mancanza non poteva che avvenire insieme a gente che condividesse con me questa urgenza (e un altrettanto ricco background “morrisoniano”): ti scrissi una mail sicuro che avresti accettato la sfida con entusiasmo, e immediatamente dopo coinvolgemmo Nicola, che mi era già venuto in mente come altro “socio”, ma che all’epoca non conoscevo bene. Tutti e tre eravamo accomunati da una passione per Morrison, e per essere arrivati, in tempi diversi, molto vicini a intervistarlo. Non sapevamo ancora che questa sarebbe stata la volta buona… N.P.: Antonio, da lì in poi, quanto c’è voluto per realizzare il libro? A . S . : In realtà, la partenza è stata abbastanza sprint. In quel periodo, io ero a Pavia per lavoro e mia moglie stava per dare alla luce il mio secondo figlio (a Siena). Di conseguenza, per vari “allarmi”, ho viaggiato su e giù per la penisola in treno, e le cinque ore di distanza fra Pavia e Siena erano l’ideale da riempire scrivendo di uno dei miei argomenti preferiti, ovvero Morrison. Il passaggio più difficile è stato stilare una scaletta che avesse una propria coerenza. Una volta fatto ciò, tutto è filato più o meno liscio. A.S.: Nicola, vuoi parlarci tu dell’entrata in scena della DOUbLe SHOt come editore? Come sono avvenuti i contatti? N . P . : Conosco Lorenzo, Alessio e Stefano da anni ormai, e in diverse occasioni ci siamo trovati a collaborare. Con Lorenzo ho moderato il forum di Comicus per un paio d’anni, e per DOUbLe SHOt ho realizzato un intervista a Koren Shadmi pubblicata nel volume In Carne e Ossa, tra le altre cose. Conoscevo bene il modo di lavorare dei DS, la cura maniacale che caratterizza tutti i loro volumi e – fattore non trascurabile – il fatto che dai tempi della genesi dell’Associazione fosse un pallino di Lorenzo il voler aprire una collana di saggi. Per tutte queste ragioni la scelta dell’editore a cui proporre il libro è stata p i u t t o s t o scontata. Ci siamo presentati con un proposal del libro a Fumetterni nel marzo 2010, e dopo appena un mese la nostra proposta era stata a c c e t t a t a all’unanimità ed eravamo pronti a partire col duro lavoro editoriale di realizzazione del volume. E sempre a Terni è avvenuto il coinvolgimento di Francesco Biagini,

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autore della splendida copertina super pop. N.P.: Giovanni, quale pensi sia stato il momento più difficile del libro? G . A . : La sintesi tra tre visioni differenti non ha, come si potrebbe pensare, comportato particolari problemi. Anzi, ha probabilmente arricchito l’opera di punti di vista in definitiva convergenti, sebbene con gusti e sfumature diverse. Dal punto di vista tipografico/stilistico, invece, la cosa si è rivelata uno stillicidio: uniformare un testo di queste proporzioni ha comportato un lavoro abnorme, quando ormai le energie erano agli sgoccioli. Per fortuna, ne siamo usciti indenni! Oh, e non avete idea di come sia parlare al telefono con uno scozzese… A.S.: Nicola, che cosa ti proponevi, facendo il libro? Pensi di esserci riuscito? N . P . : L’idea era quella di mettere a frutto anni e anni di letture non superficiali dell’opera di Morrison, ore di conversazioni e chat su Morrison e infine di provare finalmente a scrivere quel famoso articolo di cui da anni io e te andiamo parlando, “Perché The Invisibles è il più grande fumetto mai scritto”. Volevo che il libro fosse un oggetto che potesse essere letto tanto dai neofiti quanto dagli esperti, e l’occasione per creare un iper-sigillo morrisoniano, in una serie di livelli a cascata di significazione, era troppo ghiotta. La parte più divertente, devo ammettere, è stata proprio il lavorare su questa struttura multi-livello, nell’ennesimo omaggio a Grant Morrison in quello che è il nostro lavoro d’amore nei confronti dello sceneggiatore scozzese. Non so ancora dire se siamo riusciti nel nostro intento, ma se c’è una cosa di cui sono convinto è che nella realizzazione di questo saggio abbiamo toccato il nostro picco massimo per quanto riguarda la critica a fumetti in cui “lavoriamo” da anni. G.A.: Antonio, quali sono stati i momenti da ricordare, nella stesura di Grant Morrison: All Star? A . S . : Be', a parte il gusto di perfezionare la già ottima sintonia con te e con Nicola, in sé una delle cose migliori dello scrivere il libro, ci sono stati alcuni momenti veramente esaltanti che ci hanno ripagato di tutti gli sforzi fatti. Certamente vedere la copertina di Biagini finita è stato uno di questi, così come la gioia di parlare al telefono con Morrison (gentilissimo e disponibilissimo) e con Frank Quitely, un vero signore. Gli ultimi momenti da ricordare ce li hanno regalati Michele Foschini con l’ottima introduzione e l’editor Lorenzo Corti quando ci ha comunicato che eravamo pronti per la stampa. In ossequio al Chaos tanto amato da Grant, sono sicuro che nel libro siano rimasti errori e sviste, ma ciò non farà altro che aumentare il carattere “morrisoniano” di quello che Grant Morrison: All Star vuole essere.


JACOVITTI E PINOCCHIO Due miti italiani a confronto di Claudio Ferracci

Dopo la pizza e gli spaghetti non c'è niente di più italiano di Jacovitti. Anche quando nell'immediato dopoguerra, sulle pagine del Vittorioso, rivoltava a modo suo miti e personaggi americani (Mandrago il mago, l'onorevole Tarzan....) un soffio di italianità, solare, sguaiata, carnevalesca, irriverente, colorava inesorabilmente i grigi e seriosi eroi d'oltreoceano. Si chiamava Franco Benito Jacovitti ed era nato a Termoli, ma cresciuto a Firenze e quindi a Roma. Icona assoluta del fumetto popolare italiano della seconda metà del XX secolo, padre legittimo del grottesco nostrano (gli devono molto, per esempio, Magnus e Pazienza) è stato nume tutelare dell'infanzia degli attuali ultraquarantenni accompagnandoli anche a scuola con i mitici Diaro Vitt. Dalla sua prima storia a fumetti Pippo e gli Inglesi, pubblicata sul settimanale Il Vittorioso il 5 ottobre 1940, infinite sono le avventure disegnate dal grande Jac che hanno visto la luce sulle pagine di quasi tutta l'editoria per ragazzi, dallo stesso Vittorioso al supplemento del quotidiano Il Giorno, per il quale crea nel 1957 Cocco Bill, forse il suo personaggio più famoso e anche attore di cortometraggi d'animazione, per passare nel 1968 al Corriere dei Piccoli per il quale realizzerà una spassosa parodia di Zorro. Pubblicato anche su Linus, Il Giornalino, Eureka, L'Europeo, attivo nel campo dell'illustrazione editoriale e pubblicitaria, Jacovitti ha purtroppo lasciato il 3 Dicembre 1997 orfane tre generazioni di italiani. Particolarissimo il suo rapporto con un altro mito italiano 100%, Pinocchio, certamente il romanzo italiano per ragazzi più conosciuto e con il quale più illustratori si sono confrontati. Il primo Pinocchio illustrato da Jacovitti, pubblicato dall'editrice La Scuola nel 1945, è realizzato con cura ma il segno dell'artista è ancora un po' acerbo, o per lo meno non è il segno di Jacovitti che conosciamo. L’opera mantiene ancora oggi un certo fascino naif ma non è certo un capolavoro. La seconda volta che l’artista si cimenta con Pinocchio vede la nascita della versione a fumetti, pubblicata sul Vittorioso nel 1946; si tratta di un fumetto particolare, con lunghe didascalie, ma già Jacovitti comincia a

sentirsi stretto nel testo collodiano e dissemina l'opera di trovate grafiche personalissime. Il terzo Pinocchio, realizzato nel 1964 per le edizioni A.V.E. e poi pubblicato dai Fratelli Spada, quindi dalle Edizioni Dami (oggi in libreria per i tipi di Stampa Alternativa), è ancora un libro illustrato, ma stavolta è davvero il “Pinocchio di Jacovitti“. Tanto è cupo e inquietante il testo di Collodi, così è solare e allegro il Pinocchio di Jacovitti: la grande maturità del segno e la ridda di invenzioni grafiche ne fanno forse il capolavoro dell'artista. Non tutti sanno che Jacovitti aveva in mente un altro Pinocchio, un remake di ambientazione western con il burattino pellerossa (Pinocchio di Falco), ma chissà se il vulcanico re della risata lo avrebbe mai realizzato? Lo studio dei personag gi del Pinocchio western, nonché tavole degli altri Pinocchi, era in mostra nel settembre 2010 a Città di Castello, in Umbria, insieme a centinaia di altri disegni originali che meriterebbero, in quanto elemento imprescindibile della storia culturale di questo paese, un proprio museo.

In uscita a Lucca Comics & Games 2010 Collana L'Arte delle Nuvole JACOVITTI - SESSANT’ANNI DI SURREALISMO A FUMETTI di Franco Bellacci, Luca Boschi, Leonardo Gori e Andrea Sani cartonato, 352 pp, b/n e col. € 35,00 Il volume sarà presentato sabato 30 ottobre alle 17:30, presso una sala del Museo del Fumetto di Lucca alla presenza degli autori.

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GIACOMO BEVILACQUA da Panda ai real american heroes di Mattia Veltri

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cco a voi una chiacchierata con l’autore di A Panda Piace, uno dei fenomeni fumettistici italiani più amati degli ultimi anni, di recente approdato alla corte dell’americana IDW per realizzare le avventure dei celebri G.I. Joe. Ciao Giacomo, iniziamo con la classica domanda di "benvenuto". Panda nasce nel 2008, da dove hai tirato fuori l'idea? Ciao a te. Era un 22 maggio, ero a casa, pioveva, chiacchieravo su MSN con una mia amica… In quel momento ci fu una combinazione astra-

le fortuita, per cui, la conversazione sui panda che stavo avendo con lei e un film che guardavo con la coda dell'occhio e ascoltavo con la coda dell'orecchio si unirono, e nacque Panda. Quindi sì, Panda è anche figlio della tecnologia e del bombardamento mediatico. A P a n d a P i a c e i l B i s (Edizioni BD) è uscito da meno di un mese e sta ottenendo un riscontro di pubblico e vendite non indifferente. Ti aspettavi questo rinnovato successo? Io no, ma Panda sì, me l'ha detto ieri. Molto spesso nelle tue strisce si trovano diversi riferimenti a fenomeni di costume o situazioni tangibili nel quotidiano di noi tutti. Quanto è determinante, per Panda, la quotidianità? Direi totalizzante. Il buon 80% di Panda è formato da situazioni di ordine quotidiano che vivo personalmente, trasposte e semplificate poi nel suo linguaggio. Che tu stia lavorando per la IDW Publishing, or mai, non è più un mistero. Come è stato entrare in contatto con una realtà editoriale differente da quella italiana? Divido uno studio a Roma con Lorenzo Bartoli e Gabriele Dell'Otto. A settembre del 2009 feci per diletto un paio di tavole dei G.I. Joe. Gabriele le vide e le mandò a Andy Schmidt, l'editor dei G.I. Joe alla IDW, che mi rispose il giorno stesso. Il primo numero della mia miniserie G .I. Joe: Futur e Noir è in uscita in America a novembre. Staremo a vedere!

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ALBERTO PONTICELLI E GIUSTINA PORCELLI Fuochi Fatui di Mattia Veltri

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n uscita a Lucca per Edizioni BD, Fuochi Fatui è scritto da Giustina Porcelli (101 Motivi per non smettere di guardare Beautiful) e disegnato da Alberto Ponticelli (Blatta, Egon, Unknown Soldier), che abbiamo intervistato per l’occasione. Ciao Alberto, ciao Giustina. F u o c h i F a t u i è la vostra prima collaborazione? Come è nata l'idea? A . P . : Prima collaborazione. Giustina voleva parlare dei supereroi usando un punto di vista inedito. L’idea iniziale mi è sembrata geniale, inoltre ha voluto mescolarla a una struttura da soap opera, e a quel punto è stato inevitabile accettare. G . P . : Io e Alberto ci siamo ritrovati a parlare di un'ipotetica storia che desse voce a personaggi disadattati, a intrecci romantici e al tempo stesso patetici, a brutture travestite da meraviglie; di qui l'idea dei supereroi "andati a male" e di un posto, il "Fuochi Fatui", che li ospita e li concatena l'uno all'altro. Leggendo la sinossi di F u o c h i F a t u i mi è parso di vedere una certa critica alla quotidianità sfrenata e consumistica. Quanto c'è di vero in tutto ciò? E quali sono le motivazioni, ulteriori o se ce ne sono, che hanno fatto ricadere la scelta proprio sulla figura del supereroe? A . P . : Supereroe è eroe super. Eroe è uomo. Uomo siamo noi. Esasperi per raccontare la realtà. Ma per approfondire la questione lascio la palla a Giustina. G . P . : Più che critica è osservazione. Chi non ha mai sognato di avere un superpotere, in genere, spera di trovare una guida che ne abbia, un paladino che lo difenda, un vendicatore che gli renda giustizia o un mentore da emulare. Il supereroe è la soluzione al problema e, delle volte, la risposta a domande che nessuno aveva posto ma che servono a mantenere determinati equilibri: "Mi chiedi la Luna? Io non posso dartela, ma Lui sì, e se non ci riesce… saprai con chi prendertela.” Avete in mente altre collaborazioni in futuro? Sempre per il mercato italiano? A . P . : Solo se superiamo la notte. G . P . : Abbiamo in mente sempre troppa roba. Quanto è stata determinante l'esperienza di Unknown Soldier? Che differenze hai avvertito collaborando con una casa editrice, la Vertigo, che ha una notevole importanza a livello internazionale? A . P . : La Vertigo è per prima cosa una casa editrice. Questo significa che è dotata di editor, di ufficio stampa, di capacità promozionale, e ti paga per il lavoro che fai per loro. Inoltre, essendo internazionale, ti dà una visibilità diversa dal solito. Tutto questo, dopo vent'anni di carriera, è quasi una novità per me, in quanto - generalmente - viene a mancare almeno uno di questi fattori. Il fatto è che la Vertigo, con questo tipo di apparato, non solo ti fornisce un lavoro, ma ti aiuta a crescere attraverso i consigli preziosi dell’editor. L’editor, almeno in Vertigo, non interviene sul tuo stile, ti lascia completa libertà al riguardo, cerca però di correggere errori di leggibilità e simili. Questa cosa non è frustrante, perché ti permette di restare te stesso, migliorando eventuali difetti tecnici. Sarebbe bello se in Italia ci fosse lo stesso livello di professionalità, ma qui parliamo ancora di polemiche sul pagare o meno un autore di fumetti come se fosse un’opzione. Ma è normale, perché da noi manca la consapevolezza dei propri ruoli. I nomi delle cose sono importanti, perché determinano la percezione della realtà. Noi siamo convinti che in Italia ci siano molti piccoli editori, quando in realtà dovremmo spesso parlare di fanzinari; è migliorata solo la qualità tecnica della stampa, ma, in moltissimi casi, manca tutto l’apparato economico, editoriale, di promozione, di esperienza, ovvero tutta la struttura professionale (con le debite, poche, eccezioni). Parlatemi, sempre se non si tratta di materiale "top secret", dei vostri progetti futuri. A . P . : No. Ogni fumetto è top secret in fase di preparazione, perché sappiamo che ogni fumetto nuovo potrebbe salvare o dannare il mondo per sempre. Io non me la sento di prendermi questa responsabilità. G . P . : Un romanzo nuovo infilato nel solito marasma di altre cose.

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NEIL SWAAB Genesi e successo di una strip “internazionale” di Mattia Veltri

RITORNO AL FUTURO, PARTE 1 Breve storia del fumetto dal 2010 a oggi di Giulio Gualtieri

Tratto da G e n e a l o g i a d e l F u m e t t o , seconda edizione in 3D, New New York 2075.

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l suo Mr. Wiggles ha fatto ridere milioni di lettori, sia su carta che su internet. Abbiamo parlato con Neil Swaab, la mente dietro il cinico orsetto di pezza.

Ciao Neil, prima di tutto vorrei chiederti di parlarci della genesi del personaggio di M r . W i g g l e s e di come sia approdato su internet. Ho creato Mr. Wiggles per il giornale del college nel 1999. Dopo essermi laureato, nel 2000, ho messo on-line una trentina di strip come parte del mio portfolio di illustratore. Da lì a poco Mr. Wiggles ha iniziato a essere pubblicato professionalmente e il mio sito ha avuto un notevole incremento di visite grazie alla sua presenza. Resomi conto che il pubblico ne voleva leggere di più, ho iniziato ad aggiornarlo regolarmente sul sito. Dopo circa sette anni ho trasferito Mr. Wiggles sul sito mrwiggleslovesyou.com, dove è aggiornato ogni lunedì. Il personaggio di M r . W i g g l e s è fuori da qualsiasi canone comportamentale, in linea di massima. Hai mai avuto problemi nel pubblicare le tue strip? Certo, ci sono sempre stati problemi. Già non è facile pubblicare i propri fumetti in generale. A questo aggiungi che il mio materiale era “cattivo” e scomodo, e questo lo ha reso ancora più difficile. Anche sui giornali su cui pubblico, ci sono regolarmente problemi che impediscono la pubblicazione di una strip in particolare, per varie ragioni. Attualmente non succede spesso perché i giornali sanno cosa aspettarsi da me, ma una o due volte all’anno situazioni simili accadono ancora. Che effetto ti ha fatto vedere Mr. Wiggles, un personaggio "antisociale" ed estremo, su una rivista dal largo seguito come I n t e r n a z i o n a l e ? Essere pubblicato su Internazionale mi ha davvero cambiato la vita. Ha espanso il mio mondo e il mio pubblico, e ha aiutato a legittimare il mio lavoro in un modo così vasto come non era capitato con nessun’altra pubblicazione. Grazie a Internazionale sono entrato in contatto con molti fan italiani e ho avuto modo di visitare l’Italia più volte per promuovere il mio lavoro. Internazionale ha anche contribuito a rendere Mr. Wiggles proficuo economicamente, cosa che prima avveniva in minima parte, mentre i libri e i gadget che Internazionale ha realizzato hanno venduto a sufficienza da permettermi di guadagnarci qualcosa. Non posso davvero sottovalutare l’importanza di essere pubblicato su Internazionale. Sono molto orgoglioso di essere associato alla rivista.

In quel periodo il fumetto viveva un periodo di grandi incertezze. La famosa crisi, di cui ho già parlato nei capitoli precedenti, nel 2010 era ormai un dato acquisito e non faceva più notizia. Quello che invece preoccupava di più era l'avvento delle nuove tecnologie: l'iPad era uscito proprio lo stesso anno, e i nuovi formati erano pronti a invadere il mercato. Come scriveva il filosofo Auguste Comte, padre spirituale di questa nostra nuova era di pace, scienza e prosperità, “Quando occorre modificare o rinnovare la dottrina fondamentale, le generazioni sacrificate all'interno delle quali si opera la trasformazione ne restano essenzialmente estranee”; per questo all'epoca regnava una generale incertezza, e in molti consideravano il fumetto come un media dalle ore contate, e già quasi ne parlavano al passato, convinti che non sarebbe sopravvissuto al nuovo mondo. Non potevano prevedere quello che sarebbe successo dopo, anche perché la nuova forma sincretica nata dalla fusione tra cartaceo e digitale venne ideata solo anni dopo, a seguito del grande sciopero dei collezionisti che mise a repentaglio la sopravvivenza dell'intera industria culturale (vedi R.B. L'Estinzione della Cultura Tangibile, terza edizione in 3D, Megalopoli di LondonParis 2060). Fu in un piccolo paese dell'antica Europa che tutto ebbe inizio, uno stato all'epoca chiamato Italia, che disponeva di tutte le caratteristiche fondamentali perché il cambiamento avesse inizio: era sufficientemente arretrato per non essere ancora assorbito dalla rivoluzione in corso, e nello stesso tempo adeguatamente avanzato perché molti dei suoi abitanti avessero accesso alle stesse informazioni di quelli delle nazioni tecnologicamente più avanzate. Tutto cominciò alla fiera di Lucca di quello stesso anno, la più importante nel settore, quando... E qui si interrompe la riproduzione gratuita. Se volete ascoltare il resto, dovete abbonarvi alla rete digitale G..A.G..

A novembre in tutti i negozi di fumetti

Quali sono i tuoi progetti futuri? C'è un seguito per Mr. Wiggles? Esiste la possibilità di vederlo in una serie tv? In questo momento mi sto concentrando sulla realizzazione di libri. Avevo un accordo per scrivere un libro per ragazzi, ma purtroppo non se ne è fatto più niente e così sto decidendo quale sarà il mio prossimo progetto. È molto probabile che si tratti di un libro, e che sia rivolto a un pubblico più giovane di quello di Mr. Wiggles. Sono molto curioso di provare a cimentarmi in qualcosa di meno adulto, perché credo che potrei ottenere qualcosa di divertente e interessante. Per quanto riguarda Mr. Wiggles, Internazionale e io stiamo lavorando a un nuovo albo per Natale. Ho scritto alcune storie di Mr. Wiggles che mi piacerebbe pubblicare in un volume unico, se ci riesco. Potrebbe essere per Internazionale, dipende se sono interessati. Mi sono occupato dell’ideazione di uno show televisivo di Mr. Wiggles in America, ma non è facile che si concretizzi, staremo a vedere. Abbiamo fatto riunioni e ho sviluppato del materiale, ma non c’è ancora nulla di definito. Questo è quanto, per ora!

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WONDERLAND - QUANDO ALICE SE NE ANDÒ Gli autori, i protagonisti, i retroscena di R. Amal Serena Era inverno e intorno a me c'era davvero poco di meraviglioso. Faceva un freddo cane, e io ero dispersa in un paesino del nord che aveva solo la nebbia e il vuoto e la neve attorno. Di meraviglioso non ci vedevo granché, fino a che mi è arrivata una mail del mio direttore Andrea Mazzotta: «Ho avuto un'idea. Che ne dici di curare un'antologia sui comprimari di Alice nel Paese delle Meraviglie? In barba alle epopee, storie brevi e solo i personaggi di contorno. Se confermiamo il progetto, ti andrebbe di portarlo avanti?» Va bene, ora diventa tutto un po' più meraviglioso. Anche uscire in ciabatte a fumare una sigaretta sotto la neve con il vuoto e la nebbia attorno è fantastico. L'idea è forte e Andrea mi sta passando un progetto così bello che va accudito con tutte le cure del mondo. Torno dentro, e mentre mi si scongelano le dita gli rispondo: «Sì!» senza tanti fronzoli. Wonderland - Quando Alice Se Ne Andò (NPE) nasce così. La prima chiamata è per Elisabetta Melaranci (Disney). Sedute al tavolino di un bar parliamo di quello che chiameremo informalmente “progetto Vodafone”: tutto (costruito) intorno a te. Lo scopo era anche questo: Betta doveva tessere il filo conduttore che avrebbe tenuto insieme tutto il libro. Quattro spritz più tardi, il Brucaliffo iniziava già a prendere grasse forme nella testa della mela rancida nazionale. Serviva che fosse cupo e grottesco nello stesso momento. Anche qui, scelta facile: chi meglio di Sergio Ponchione? Il creatore di Obliquomo e Grotesque era davvero l'uomo giusto. La sua storia sul Tricheco e il Carpentiere era quella nota profonda che serviva per chiudere il volume. Vogliamo parlare di LRNZ dei Superamici? Alla porta di quale altro gattaro avrei potuto bussare per una storia onirica sul Gatto del Cheshire? Infatti, pochi minuti dopo prende in braccio quel gatto rognoso, lo fa smettere di ridere nervosamente e lo costringe a fargli le fusa. Un'altra scelta azzeccata è stata quella di una giovane ragazza romana, Cristina Spanò, rincorsa tra Roma e Barcellona. A dispetto del suo aspetto grazioso, ha deciso di raccontare un piccolo haiku sulla Duchessa Brutta, che solo dalle sue mani poteva uscire così dolce. Armin Barducci (Monipodio! GIUDA) si è imposto con la mole e con la sua personalità di disegnatore stilisticamente quadripolare: la sua Falsa Tartaruga rovescia completamente i soliti schemi stilistici, e la sua storia riesce a colpire a fondo, obbligando a pensare a quanto appena letto. C'è qualcun altro che non poteva mancare, per via delle sue intuizioni geniali, perché fa ridere così violentemente da aver le lacrime agli occhi: Tuono Pettinato. Anche lui prelevato di peso dalla scuderia dei Superamici, arriva subito con una telefonata che è una chiara dichiarazione di guerra: «Bianconiglio STOP nel mondo reale STOP deve fare una rapina a tempo STOP fermare il personaggio STOP», e io che già rido. E non ho ancora smesso. Lorenzo Bartoli e Alessio Fortunato arrivano in coppia come due fustini di detersivo al posto di uno. Uno scambio che voglio assolutamente: sarà loro il compito di creare una storia che dia il giusto avvio al Wonderland armageddon. Il loro Cappellaio Matto ci riesce perfettamente. E poi... poi c'è Leomacs (Tex, Battaglia), che subito prima di partire per il Napoli Comicon promette a una certa curatrice moribonda in ospedale di fare una storia. Con lui arriva anche la fantastica Francesca Silveri, che in Italia conosciamo poco, ma che a Londra sguazza tra Shakespeare e il cinema con sorprendente naturalezza. Ora, mischiate bene questi due autori in un calderone e avrete una partita a scacchi tra Humpty Dumpty e il suo riflesso allo specchio. Da Napoli arriva il secondo regalo, una telefonata di Il Brucaliffo (tavola di Elisabetta Melaranci)

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Mauro Uzzeo (John Doe, Winx): «Quando torno se non ti hanno liberata passo a trovarti, ho trovato una disegnatrice giovane e promettente: ti va se facciamo anche noi una storia?». In quell'esatto istante i valori dell'elettromiografo, dicono i medici, sono andati fuori scala. E proprio nel cortile del Policlinico di Roma io e Mauro ci siamo guardati e ci siamo detti in sincrono: «Deve essere la storia del Due di Picche. Cosa succederebbe se proprio lui si innamorasse di qualcuno?». Era l'inizio di un processo creativo che avrebbe coinvolto la giovane Margherita Tramutoli alle matite e il bravissimo Federico Rossi Edrighi alle chine. Francesco Cattani (Barcazza, Ernest) viene scelto per illustrare le schede psichiatriche che intervallano il libro e lo fa con una maestria e una delicatezza ineguagliabili: il suo immaginario colpisce il cuore dei personaggi e li riassume con tratti sottili e leggeri. E Davide De Cubellis? Vogliamo parlare della sua copertina? Di un altro autore capace di raccontare i mondi a venire con una sola immagine? La sua illustrazione è il miglior biglietto da visita che potessimo avere. Tra tutti questi nomi ce ne sono due meno conosciuti, ma che per le loro capacità hanno conquistato senza nessuna fatica uno spazio di diritto nel volume: parlo di Nigraz e Davide Garota, che centrano in pieno il mood del libro con una storia decisamente crudele dei due gemelli Pancopinco e Pincopanco. Insomma, mettendo insieme tutti questi pezzi è nato Wonderland. Così come ve l'ho raccontato. Il risultato di questo anno di lavoro è qualcosa che sarete voi a giudicare.


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L’AUDACE BONELLI L’avventura del fumetto italiano in esposizione a Lucca Fino al 31 dicembre, L’Audace Bonelli - L’avventura del fumetto italiano, la grande mostra realizzata da Comicon nella primavera scorsa a Napoli, è visitabile gratuitamente a Palazzo Guinigi, a Lucca. La mostra è realizzata in collaborazione con il Museo italiano del Fumetto e dell’Immagine di Lucca e con l’Assessorato Musei e Biblioteche del Comune di Lucca. Proseguono così le collaborazioni tra il Salone internazionale del Fumetto di Napoli e le istituzioni lucchesi che lavorano per il nostro medium, dopo la proficua partnership con Lucca Comics per il Comics Day dello scorso 21 maggio. Dopo lo straordinario successo a Napoli, il MUF di Lucca ospita quindi a Palazzo Guinigi la grande mostra L’AUDACE BONELLI. Il percorso espositivo ripropone la mostra napoletana in una versione aggiornata alle ultime novità editoriali e non solo, e si articola in circa 150 tavole dei maggiori artisti che hanno lavorato e lavorano per la casa editrice milanese, in una collettiva che prevede opere di decine di disegnatori. Tra le principali novità che il visitatore può ammirare, le splendide tavole originali di Giovanni Ticci del numero 600 di Tex, uscito da poco in edicola, le anteprime del numero 300 di Dylan Dog disegnato da Angelo Stano e il prossimo Texone con alle matite Carlos Gomez, oltre alle tavole della prossima miniserie creata da Gianfranco Manfredi, Shanghai Devil, sequel di Volto Nascosto. E infine, per la prima volta, vengono mostrate le tavole di prova del personaggio creato da Tiziano Sclavi, Roy Mann, ad opera del grande Magnus che poi verrà realizzato dall’altrettanto grande autore, napoletano d’adozione, Attilio Micheluzzi. Una mostra da non perdere. La mostra è a ingresso gratuito e rispetta i seguenti orari: da venerdì a domenica: 10:00-18:00; in occasione di Lucca Comics (29 ottobre - 1 novembre), la mostra è aperta anche lunedì 1 novembre, sempre dalle 10:00 alle 18:00. PALAZZO GUINIGI - via Guinigi 21, 55100 LUCCA Info: Museo italiano del Fumetto e dell'Immagine di Lucca Telelefono: +39 0583 56326 E-mail: segreteria@museonazionaledelfumetto.it Web: http://www.museoitalianodelfumetto.it Napoli Comicon Telefono: +39 081 4238127 E-mail: antonio@comicon.it (Antonio Iannotta) Web: http://www.comicon.it

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AUSONIA Interni di un autore visionario di R. Amal Serena utore eclettico, fuori dalle righe, spesso anche sconveniente, Ausonia è il creatore di Pinocchio, rilettura a tinte forti del classico romanzo, di P-HPC, prodotto decisamente originale dove il disegno si fonde con la fotografia, di Serious Toyz, collezione di giocattoli pop che sono lo specchio di una società allo sbando, e della trilogia di Interni, che si conclude col volume presentato a Lucca 2010. A lui è inoltre dedicata una delle mostre lucchesi di quest’anno, che ha fatto molto discutere. Ne parliamo con lui.

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Iniziamo dalla tua mostra a Lucca: che effetto ti ha fatto portare le ceneri di Interni in mezzo ad altre opere ancora “vive”? Vedi, per me la cosa che conta sono i contenuti. Quelli sono vivi al di là delle ceneri. Insomma, l'idea che girava intorno alla distruzione degli originali faceva riferimento proprio a questo: il libro finito è perfettamente fruibile da chiunque e certamente più vivo delle tavole originali... che considero solo delle matrici. Nulla di più. Quando realizzo un fumetto non penso ai fumetti così come sono abitualmente intesi, penso a delle pagine da riempire: ogni cosa che ci metto dentro può essere utile a ciò che voglio raccontare. Molte cose che inserisco, come ad esempio le sequenze fotografiche, sono in digitale: non esistono “originali” delle mie foto. Questo col tempo mi ha portato a pensare che i miei libri fin quando non sono stampati in tipografia, di fatto, “non esistono”. Sono solo pixel luminosi su uno schermo. Molte tavole di Interni avevano vignette mancanti che poi aggiungevo rielaborando digitalmente altre vignette... il mio è un lavoro di ricomposizione continuo, una sorta di enorme collage. Taglio, cucio... il disegno è solo una parte del tutto, non mi affeziono a ciò che disegno, mi sta a cuore solo la pagina vuota che va riempita di elementi funzionali al racconto. Ripeto, il racconto completo lo puoi fruire compiutamente solo attraverso il libro finito e stampato. A proposito di questo atto, ovvero bruciare gli originali del tuo lavoro, si è discusso molto. Cosa rappresenta per te? Perché questa scelta così radicale? Essendo un dubitante nato, mi rendo facilmente conto di quante cose diamo per scontate. Nutro un interesse morboso verso le cose che sono ritenute “ovvie”. Ti faccio un esempio: se qualcuno mi dice che gli originali di un fumetto hanno un valore (anche economico) io mi chiedo: è vero? Perché? E poi arrivo a darmi delle risposte che il più delle volte non combaciano col pensiero della maggior parte delle persone. Poi quelle risposte che mi do, se le trovo ragionevoli, comportano anche degli atti specifici... perché non si può affermare che una cosa è sbagliata, o priva di senso, e non metterla in pratica. Devi produrre un'azione coerente: se dico che gli originali di Interni non hanno nessun valore, allora distruggerli è una conseguenza spontanea. Il catalogo della mostra è anche uno spunto di discussione: è una delle tue prime immagini a colori dopo un lungo periodo di bianco e nero. Sul tuo blog dicevi anche che “volevi riabituare l'occhio al colore” puoi spiegarci cosa intendi? Sono daltonico, ho un rapporto molto personale col colore. Il colore per me è un mistero. Giro per strada, guardo le cose... e tutto mi appare compromesso dalla teoria della relatività. Questa cosa, questo dubbio continuo che ho verso quella che chiamiamo realtà, mi ha certamente formato. Credo sia alla base anche del mio disturbo bipolare. Perché sai, se cambiano i colori, cambiano anche le forme, se cambiano le forme, inevitabilmente, cambiano anche i contenuti e vivere in un ambiente continuamente instabile, cangiante, ti porta a non avere nessun tipo di certezza. La cosa in sé è pure interessante da un punto di vista esperienziale... ma come tutte le cose che non hanno e non possono avere fine, alla lunga diventano insopportabili. Una specie di maledizione, di incantesimo, da cui non puoi liberarti. Quindi lavorare in bianco e nero è stata una furbata. Mi viene da ridere... Insomma, realizzare Interni è stato un modo per rilassarmi un attimo, fare una cosa che riuscivo a vedere come poi l'avrebbero vista anche i lettori. Insomma mi sono costruito una certezza.La pausa però è finita. Adesso probabilmente tornerò a complicarmi la vita su un progetto coloratissimo e, per me, destabilizzante. Non è facile etichettare il tuo lavoro, sei un artista a tutto tondo, i tuoi libri sono spesso un ibrido di stili diversi. Penso ai volumi di Interni (Double Shot), dove i personaggi disegnati sono insetti intervallati con sequenze fotografiche, e in particolar modo a P - H P C (Imatra Bloom Editore), dove non possiamo parlare né di fumetto né di fotoromanzo. Qual è stato il processo mentale che ti ha portato a questa scelta stilistica? Una delle definizioni di fumetto più nota e accreditata (e che trovo condivisibile) è quella data da Scott McCloud: “Immagini e altre figure giustapposte in una deliberata sequenza, con lo scopo di comunicare informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore”. Immagini e altre figure, vedi, neanche lui nomina specificatamente il disegno. Quindi anche una sequenza fotografica può considerarsi fumetto. Quando uso

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la fotografia non smetto di essere un fumettista, allargo solo lo spettro delle possibilità espressive di questa disciplina. In altre parole: non faccio niente di strano o di anticonvenzionale. Paradossalmente sarei anticonvenzionale, invece, se non seguissi la carica stimolante di questa definizione così aperta. una definizione che lascia libertà molto ampie ma che viene abitualmente intesa come riferita al solo disegno. Il fumetto, come qualsiasi altra forma artistica, ti permette di immaginare, e non c'è niente di più avvilente e stupido di imbrigliare la propria immaginazione. Ci puoi parlare un po' di I n t e r n i 3? Non solo dal punto di vista del contenuto, ma anche di un aspetto magari più personale che ha a che fare con la chiusura di questa trilogia? Per adesso lo hanno letto solo i miei correttori di bozze, che sono tre persone molto diverse per carattere e interessi, e mi hanno detto più o meno la stessa cosa: “Tu vuoi male al lettore”. Eh... e invece quest'ultimo capitolo definisce l'intera trilogia che sostanzialmente, per me, è un atto d'amore incondizionato per il fumetto, per le sue sconfinate possibilità espressive e ancora tutte da esplorare e verificare. Però, in effetti... c'è talmente tanto testo che la lettura può risultare davvero impegnativa. 256 pagine piene di cose, disegno, fotografia, sequenze oniriche e tanto, tantissimo testo. Appunto. Dopo cinque libri mi sono chiesto cosa fosse raccontare per me, in un'epoca in cui il racconto è di fatto un’industria e, di conseguenza, cosa significasse essere indipendenti all'interno del mercato (che poi, è lo stesso pasticcio in cui si trova Albert Gruenwald, lo scarafaggio protagonista della storia). Se i primi due capitoli introducevano la questione, in questa terza puntata cerco di definire meglio le mie sensazioni. In realtà ciò che emerge sono più dubbi che certezze, ma mi fermo qui... perché credo di avere già affossato abbondantemente la voglia di chiunque di prendersi questo libro! E i tuoi progetti per il futuro? Qualche giorno fa un agente mi ha chiesto se fossi interessato a un suo progetto. Nella mail mi chiedeva se potevo inserire questo lavoro nel mio “planning”. Ora, al di là del termine “planning” che mi fa sempre rabbrividire (come rabbrividire mi fanno sempre certe mail), non ho mai pianificato nulla, quindi non so proprio cosa dirti. Quando finisco un libro rimango pietrificato in un limbo che dura settimane. È un momento anche spiacevole, d'un tratto ti trovi solo. Tutta la tensione che ti ha legato a un progetto (nel caso di Interni si tratta di due anni) si dissolve in modo violento. È la fase del distacco. Una cosa che riguardava solo te... diventa potenzialmente di tutti. È come calarsi le mutande allo stadio: se hai un minimo di senso del pudore, è dura. Quindi adesso vedo di passare questo momento e poi ci penso.


TRIS DI ADACHI Cross Game, KATSU! e Arcobaleno di Spezie a confronto

AI YAZAWA Nana, punk e moda! di Cinzia Zagato

di Federica Lippi In vista dell'imminente uscita del volume Mitsuru Adachi - La Poesia del Quotidiano (Iacobelli), l'autrice fa il punto sulle più recenti opere del celebre mangaka pubblicate in Italia. Tra le proposte editoriali della casa editrice Flashbook spiccano già da qualche tempo le opere di Mitsuru Adachi, autore dalla fama ormai consolidata anche in Italia, che non manca mai dagli scaffali di edicole e fumetterie. I titoli in questione sono Cross Game, KATSU! e Arcobaleno di Spezie. I primi due rispecchiano in pieno le tematiche classiche dell’autore, ovvero quegli stilemi impostati già nelle primissime opere, che poi sono diventati canone e cifra stilistica distintiva grazie all’immenso successo che Touch riscosse in patria negli anni Ottanta. Dunque troviamo anche qui un’ambientazione scolastica, i club sportivi e dei protagonisti adolescenti alle prese con i quotidiani impegni, comuni a tutti i giovani giapponesi di ogni epoca. Lo sport è il filo conduttore che consolida amicizie, fa sbocciare l’amore, mette alla prova e richiede dedizione costante. In KATSU! è la boxe, praticata dal protagonista Katsuki Satoyama e dalla sua grintosa preparatrice atletica, la coetanea Katsuki Mizutani, che ha anche il suo stesso nome (ma scritto con ideogrammi differenti). In Cross Game invece torna alla ribalta il baseball, lo sport preferito da Adachi, in una storia che in qualche modo ricalca quella di Touch, anche se a parti invertite. Se lì subivamo la perdita di Kazuya, gemello del protagonista Tatsuya, qui a morire in tenera età è Wakaba, una delle quattro sorelle Tsukishima e fidanzatina di Ko, il protagonista. Come in Touch, il trauma di tale perdita accompagna i personaggi nell’arco dell’intera vicenda, soprattutto Aoba Tsukishima, di un anno più piccola di Wakaba, che instaura con Ko un rapporto conflittuale di amore-odio. Il terzo titolo, Arcobaleno di Spezie, è invece un’opera decisamente atipica all’interno della produzione di Adachi, se non altro per l’ambientazione. Si svolge infatti in un futuro non meglio precisato e su un pianeta che non è la Terra (come indicato a chiare lettere all’inizio) ma che in tutto e per tutto ricalca il Giappone antico dell’epoca feudale. Il protagonista Shichimi si trasferisce a vivere insieme ai sei fratellastri, della cui esistenza viene a conoscenza quando rimane orfano di madre come tutti gli altri. Seppur calati in una realtà diversa, anche qui ritroviamo tutti i “tipi fissi” di Adachi (il protagonista scansafatiche, il ciccione buono, l’eroina esuberante e così via) alle prese con le stesse dinamiche, a testimonianza di come la poetica dell’autore sia il vero filo conduttore delle sue opere, così facilmente distinguibili e per questo così amate dal pubblico.

Negli ultimi dieci anni, Ai Yazawa è diventata una delle autrici più amate e seguite del mondo. Siete appassionati lettori di manga ma non avete mai letto una sua opera? Dunque, non avete avuto il piacere di godere del carisma di Nana, della freschezza di Gokinjo Monogatari e ammirare la provocante moda di Paradise Kiss... Be', che dire? Peccato per voi! Ai Yazawa, regina indiscussa del manga moderno, è apprezzata in tutto il mondo per la sua capacità di trattare temi forti e attuali con uno stile narrativo sempre ottimamente strutturato e un livello grafico elegante e moderno. Oltre a essere la mangaka più cool e fashion del momento grazie alla particolare attenzione che dedica all’abbigliamento e il gusto originale con cui ritrae le mode giovanili, Ai Yazawa ha anche un talento straordinario per raccontare semplici storie d’amore e amicizia, ambientate nel quotidiano, rendendole uniche e speciali grazie alla sua sensibilità umana e al sapiente mestiere di narratrice, che è cresciuto nel tempo, di pari passo col suo stile grafico, regalando ai suoi lettori opere sempre più profonde e toccanti. Nelle sue storie riesce ad alternare situazioni commoventi, momenti romantici e umorismo. I suoi personaggi, ben lontani dai comuni stereotipi, rendono facile ai lettori identificarsi in essi e affezionarcisi... così come ci si affeziona all'autrice stessa, la cui presenza si percepisce tra le pagine, oltre che nei free talk dove ci parla di sé. Ai Yazawa ha un seguito di fan che non ha eguali, e ha all’attivo una delle serie più seguite e amate in tutto il mondo: Nana, pubblicata in Italia da Panini Comics, mentre la serie animata è edita da Dynit e trasmessa su MTV. Nana racconta le vicende di personaggi più adulti rispetto alle opere precedenti, e fornisce un nuovo spaccato di vita giapponese, slegato dalle vicende scolastiche a cui ci hanno abituati tantissime serie manga. Per le edizioni Iacobelli è da poco uscito Ai Yazawa – Il Romanticismo di Nana e le Altre, volume che riporta un’attenta analisi di tutte le opere dell’autrice, partendo dal suo manga d'esordio Ano Natsu sino all'ultima sua opera, senza tralasciare uno dei suoi "personaggi" più importanti: la sua amata Tokyo, qui raccontata e illustrata grazie a un percorso che ci porta di pub in boutique, passo passo in tutti i luoghi ormai familiari ai fan più accaniti. Non mancano inoltre gli accenni al fenomeno cosplay, se vi guardate intorno, tra di voi c'è sicuramente una Hachi, una Nana, o una Mikako, perché i personaggi di Ai Yazawa grazie al loro aspetto moderno e seducente, restano uno dei soggetti più gettonati dai cosplayer. Incuriositi? pentiti di non aver mai letto Nana? cosa ci fate ancora impalati a leggere? correte a comprare i manga di Ai Yazawa! Comic-Soon n.11

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NON MORIRÒ DA PREDA di Alfred, colori di Henri Meunier B, 120 pp, col., € 14,70

PASSENGER CAHIER NN. 1-2 di Yan Wei e Alexis Ziritt 32 pp, cad. € 6,00

Tunué

Passenger Press

Non Morirò da Preda è l’adattamento a fumetti del romanzo Je Mourrai pas Gibier di Guillaume Guéraud, pubblicato nel 2006. Autore di questo piccolo capolavoro è Alfred, che già ci aveva deliziato con l’intenso Perché Ho Ucciso Pierre. C’è un fil rouge che collega le due opere, che possono essere considerate come due gemelli eterozigoti nati dallo stesso padre; infatti, mai due romanzi grafici concepiti dallo stesso autore potrebbero essere così simili e così contemporaneamente distanti. Se nel primo Alfred raccontava l’evoluzione di un trauma dal punto di vista della vittima di una violenza che, alla fine del percorso narrativo, viene a patti con gli abusi che ha subito attraverso la catarsi del “raccontare”, nel secondo analizza quello di un carnefice. Cosa può indurre un ragazzo a sterminare la sua famiglia durante il matrimonio del fratello? Quali sono i fili interiori dell’anima che tengono legata e imprigionata la follia, e cosa li può spezzare? Che influenza ha il contesto sociale in cui i cosiddetti “carnefici” crescono, rispetto alle azioni che compiono? Come è possibile affezionarsi alla figura di un pluriassassino, leggendo una storia? Infine, come può un massacro dare un senso di giustizia e di pace a chi lo compie? A tutte queste domande Alfred risponde con una magistrale narrazione, che abbina a una costruzione della tavola dinamica delle soluzione grafiche interessanti e stimolanti. Il segno stupisce per la forza espressiva e per la capacità di rubare la totale attenzione del lettore, perso tra linee spezzate che raccontano di vite spezzate carpite da un uomo spezzato dentro. Un apporto fondamentale al successo grafico del volume lo danno i colori di Henri Meunier, capaci di esaltare e sottolineare i momenti topici della storia. Ottima la cura editoriale da parte della Tunué, che nella collana Prospero’s Books continua a presentare dei gioielli della narrativa a fumetti europea. Andrea Mazzotta

La consuetudine è la ripetizione costante, uniforme e continua di un dato atteggiamento. Semplice. Ma cosa succede quando la consuetudine manifesta eccezionalità? Si ha un paradosso, cioè il diverso di un contrario. Quindi se dovessi definire la produzione della Passenger Press non potrei che parlare di un paradosso. Non si spiega altrimenti come una tale qualità grafica, un cura editoriale e di packaging, una ricercatezza nelle storie e nei disegni si ripeta a ogni singola uscita. Alla qualità delle uscite Passenger si abbina anche la varietà delle sue proposte. Lo dimostrano i primi due numeri della collana Passenger Cahier. Il primo dedicato all’arte di Yan Wei (Beijing, Cina), il secondo a Alexis Ziritt (Venezuela). Due piccoli gioielli destinati a trovare posto in quella speciale mensola della libreria di ogni appassionato di fumetto dove vengono riposti i volumi da leggere, rileggere, sfogliare e risfogliare infinite volte. Dominato da un colore giallo, l’albo di Alexis Ziritt presenta una varietà disparata di illustrazioni: da Luchadores messicani a guerrieri giapponesi con maschere da Oni o Tengu, tutti rappresentati con un tratto pieno e corposo, sporco ma incredibilmente elegante. Una scoperta di stile e potenza che aspettava solo di essere rivelata al grande pubblico. Sono invece il nero e l’argento che dominano l’albo di Yan Wei. A differenza del tratto di Ziritt, Yan Wei esprime il suo talento con linee decisamene più morbide. Se non si temesse di proferire una bestemmia descrittiva, lo si potrebbe chiamare un “tratto cartoonesco”. Estremamente inquietanti le espressioni degli occhi delle bambine protagoniste delle illustrazioni che l’autore raccoglie in questo volumetto. Due autori straordinari, da scoprire e conoscere, entrambi dal tratto fortemente evocativo. Due volumi per iniziare a conoscere la Passenger Press e avvicinarsi al concetto di paradosso editoriale. Andrea Mazzotta

LA STORIA DEI TRE ADOLF di Osamu Tezuka cofanetto di tre volumi 14x19, B, 420x3 pp, b/n, € 45,00 Hazard Edizioni

Chissà che aspetto hanno le ferite più profonde dell'Occidente (la guerra nazista, la Shoah…) viste dal Giappone. Quando Osamu Tezuka, nel 1982, decide di raccontare la storia dei tre Adolf – uno è il dittatore, gli altri sono un panettiere ebreo e un nippo-tedesco destinato alla carriera nelle SS – non mira (soltanto) a mettere in scena una tragedia esotica. Lo spunto è l'ipotesi, periodicamente risorgente, delle origine ebraiche di Hitler, l'impegno è quello di denunciare il razzismo, l'intolleranza, la guerra e, in definitiva, la follia connaturata all'esercizio del potere dell'uomo sull'uomo. La ricostruzione storica è meticolosa e il messaggio universale, ma la misura della grandezza dell'opera si trova probabilmente in quell'equilibrio tra classicità e radicalismo sul quale Tezuka ha edificato i suoi capolavori. Il disegno rimane fedele al “realismo” così come lo intendeva l'Autore per le sue opere destinate a un pubblico adulto, ma non rinuncia agli artifici visivi, deformazioni comprese, a cui è affidata la forza e la chiarezza del discorso. La macchina narrativa procede inesorabile, i personaggi sono vivi e in balia delle proprie passioni, senza che nessuna retorica esterna ne venga a contaminare l'autenticità. Ma insieme al piacere della lettura, pagina dopo pagina, cresce il disagio di fronte all'inarrestabile, spietatamente credibile, catena di orrori: avvincere e disgustare, insieme. Tezuka – che guarda attraverso gli occhi del giornalista Sohei Toge, centro dell'intreccio e testimone degli eventi – è un narratore rigoroso: trabocca di compassione per l'essere umano, e, per questo, sa che il lettore non può essere risparmiato. Alessio Trabacchini

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RIVIVI IL FANTASMAGORICO MONDO DEI CARTONI ANIMATI CON “IL QUIZIONARIO DEI CARTONI ANIMATI” A LUCCA COMICS & GAMES 2010 Domenica 31 ottobre, dalle ore 17.30 alle 19.30 un quiz coinvolgente per conoscere Il Dizionario dei Cartoni Animati Lucca, 12 ottobre 2010 – Fra le mille cose da fare a Lucca Comics & Games - hanno calcolato che c'è un evento ogni tre minuti considerando tutte le sezioni - una di quelle da non perdere è Il Quizionario dei Cartoni Animati. Rivivi assieme a noi il fantasmagorico mondo dei Cartoni Animati e metti alla prova la tua memoria: partecipa a Il Quizionario dei Cartoni Animati, un quiz animato e coinvolgente finalizzato al divertimento e alla condivisione. Un simpatico gioco di squadra che si tiene domenica 31 ottobre dalle ore 17.30 alle 19.30 presso l’Area Incontri del padiglione Lucca Junior nel Cortile degli Svizzeri, per conoscere Il Dizionario dei Cartoni Animati e per imparare a parlare Cartonese, la lingua ufficiale dei Cartoni Animati. Anche durante Il Quizionario dei Cartoni Animati si parlerà di sport, tema centrale del Lucca Junior 2010: e allora iniziate a rispolverare Mila e Shiro, Holly e Benji, Mimì...il divertimento è assicurato! A gestire il gioco ci sarà Daniel Valentin Simion, l’autore dell’opera, che, una volta tolte le vesti di presentatore del quiz, sarà a disposizione per dare risposte sulle curiosità e sulle domande che gli adulti e i bambini vorranno proporgli. In palio per i vincitori interessanti premi e per i presenti simpatici gadget. Il gioco educativo vuole innanzitutto mettere in evidenza l’utilità di un’opera unica nel suo genere; Il Dizionario dei Cartoni Animati, infatti, è una guida utile a un vastissimo pubblico, dagli appassionati agli studiosi, dagli adulti ai giovani; in particolare Il Dizionario dei Cartoni Animati è un mezzo importante per i genitori che possono consultare uno strumento utile per la corretta “visione consigliata” dei Cartoni da proporre ai figli. Infatti, l’opera diventa una valida alleata nell’educazione pedagogica, poiché, non sempre, i Cartoni Animati sono consigliati a tutte le fasce d’età: alcuni utilizzano un linguaggio puerile, altri normale, altri rozzo, altri volgare e altri ancora esplicito. Di conseguenza, nel libro sono presenti cinque livelli di visione consigliata determinati a giudizio unanime da pedagogisti, psichiatri e psicologi. Il Dizionario dei Cartoni Animati è nato quasi per caso, quando l’autore, Daniel Valentin Simion, si rese davvero conto che troppi titoli, troppi sequel, troppi remake e troppi spin-off, stavano entrando nel DNA di ogni bambino, di ogni ragazzo, di ogni adolescente e anche di ogni adulto creando a volte confusione nelle menti degli spettatori. Prese quindi il via il progetto di un mezzo, di uno strumento per mettere chiarezza negli animi della gente e per dare ordine al caos infinito dello straordinario Universo dei Cartoni Animati. Oltre 90.000 episodi Animati, in più di 3.000 schede, tutte le serie italiane e straniere che sono passate sul piccolo schermo, grande schermo e circuito commerciale, provenienti da tutto il mondo, che hanno appassionando nell’arco di cento anni generazioni di piccoli e grandi spettatori: In occasione del centenario 1908-2008, Il Dizionario dei Cartoni Animati classifica un secolo di storia dell’Animazione, proveniente da cinque Continenti diversi, e si presenta come un archivio dei ricordi della nostra infanzia, “patrimonio generale dell’umanità”. Nel Dizionario sono presenti per ciascun Cartone Animato: i titoli italiani (e quelli originali); i protagonisti; i produttori; i registi; i paesi d’origine; le date di produzione; il numero delle puntate; la durata delle puntate e dei film; la visione consigliata; le trame e gli antefatti; i finali svelati; le curiosità, le note, i record; le biografie dei protagonisti più significativi; i premi, le critiche, i riconoscimenti; le trasposizioni live action, i prequel, i sequel, gli spin-off; i titoli alternativi; le sezioni iconografiche; gli elenchi divisi per anno, bonus, genere, paese, produzione, regia, visione; le fiere e i festival nel mondo. “Un lavoro da Missione Impossibile, giusto per citare un titolo cult di un Telefilm che Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria hanno deciso di ordinare nella loro titanica opera editoriale, musa ispiratrice di questo libro” Daniel Valentin Simion. Il Dizionario dei Cartoni Animati è in vendita nelle librerie e fumetterie al costo di 50,00 euro al pubblico. Si può acquistare su internet attraverso il sito www.criptonet.it. Editore: Anton Edizioni Ufficio stampa Aries Comunicazione Via C. Cantù 4 - 20152 Monza Tel 039 2300003 - Fax 039 5293110 Silvia Pessini silvia.pessini@ariescomunicazione.it Cell 348 3391007 concessione pubblicitaria

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ARTIGIANATO E COSPLAY di Gianluca Devoto

Mettere su carta una storia che includa i due argomenti del titolo è stata la parte facile. L’artigianato esiste anche in ambito tessile e la prima parte del termine “cos play” significa “costume”. L’incipit era: mettiamo in risalto il modo in cui i più bravi “giocatori” si servono di questa o quella tecnica per raggiungere gli incredibili risultati che tutti possiamo osservare, poi facciamo una carrellata di nomi noti del mondo Otaku in modo da non fare scontento nessuno, e infine regaliamo al lettore qualche prezioso consiglio sul fai-da-te con una piccola rubrica stile “costruisci da solo il tuo accessorio, in sole ventitre uscite”. Purtroppo o per fortuna non siamo su una rivista che andrà in mano al cosplayer in erba che magari deve prepararsi a Lucca Comics & Games, ma su Comic-Soon, che sarà nelle mani di tutti coloro che alla fiera del fumetto più importante d’Italia sono già arrivati. Ecco quindi l’idea di fare una lunga deviazione e raccontare come è nato questo accostamento. Provando a ottenere un giusto equilibrio tra profondità e divertimento. C’era un tempo in cui il mestiere del fabbro aveva una certa attinenza con la guerra, ed essere un artigiano delle armi significava costruire strumenti di morte. Poi, quando le battaglie hanno smesso di combattersi all’arma bianca, lo spadaio diventò soltanto uno dei vecchi mestieri. Oggi, nell’era giocosa dei costumi da indossare tutto l’anno, dedicarsi alla creazione di armi e corazze è diventata una forma d’arte. Quando il fenomeno dei cosplay compiva i suoi primi passi, la parte del “gioco” la faceva certamente da padrone: bastava un abito vagamente somigliante, una tinta di capelli o un qualunque accessorio per sentirsi in diritto di interpretare chiunque. Era il tempo dell’Expocartoon con l’entrata gratis per chi era “vestito”(anche se a un certo punto dovevi portare con te la prova di aver preso il personaggio da qualche parte…), era il tempo di Lucca Comics & Games tra i sassi e le reti metalliche, dove incontrare un cosplayer era l’esperienza che valeva tutto il viaggio. Gli anni passavano e ogni “maschera” diventava sempre più rifinita: per fare una spada bastava ancora un pezzo di legno e un po’ di carta stagnola, tutti gli accessori erano fatti a mano senza grande cura per le proporzioni… interpretare un personaggio con un fisico sovrumano era impossibile, o lasciato all’immaginazione. Tra i cosplayer più popolari inizia quindi una ricerca del dettaglio che non avrà più fine. Giorgia Vecchini vince in Giappone indossando un costume da Arpia Silen che non avrebbe sfigurato nemmeno in un film di Hollywood, mentre anche il settore dei videogiochi di combattimento conosce la sua contaminazione a sfondo cosplay, grazie alle nuove possibilità di creazione e personalizzazione delle classiche armi finte. È proprio in quel periodo che un antico gruppo di appassionati del settore fantastico, i giocatori di ruolo dal vivo, conosce una seconda giovinezza. Sono già esperti nella costruzione di armi, corazze, oggetti e protesi in lattice: nel gruppo si sono già distinti artigiani, truccatori e sarti. A loro saranno commissionati i primi lavori di qualità per i loro “cugini”. Ma pochi tra i cosplayer comprendono la validità commerciale delle loro abilità, e quando è un loro collega a commissionare il “lavoro” si limitano a inserire la somma ricevuta nel budget per il prossimo costume. Quando ormai tutto sembra realizzabile, arrivano finalmente i robot. Da quelli anatomicamente fantasiosi degli anni 80 fino agli umanoidi di Evangelion: all’inizio la mobilità è poco importante, conta solo riuscire a salire sul palco. Lo spirito di sacrificio di chi ha tanto lavorato (o speso) in un costume che lo ricopre dalla testa ai piedi cederà infine il passo a un equilibrato rapporto di fedeltà e mobilità, perché nel frattempo anche le interpretazioni in passerella richiedono la giusta dose di accuratezza. D’altro canto non sempre le strutture che ospitano la parte più attesa dal pubbli-

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co amante dei cosplayer, ovvero le “gare”, sono provviste di tutti gli strumenti che servirebbero a una tale esibizione. Così i nostri artigiani si ritrovano ad affrontare nuove sfide: la scenetta ha bisogno di una scenografia, a un certo punto deve apparire un certo oggetto, a luci spente bisogna avere una fonte di illuminazione portatile… nelle mani di colui che dà vita al costume si vengono a addensare una serie di possibilità, senza limiti apparenti. Tornando all’oggetto realizzato per completare e arricchire il costume, nell’ultimo periodo è stato fatto un ulteriore passo avanti, o quantomeno una distinzione. Da un lato l’accessorio perfetto, che ti fa vincere il premio di categoria anche se costa una fortuna, da far vedere agli amici e confrontare con chi ha interpretato lo stesso personaggio (ma “una spada come la mia” non l’avrà fatta di certo). Dall’altro nasce l’oggetto per la foto, che magari visto da vicino è pieno di imperfezioni, oppure che dovrebbe muoversi ma è fisso, che però con un tocco di Photoshop viene benissimo e quindi ci si accontenta. È questo il caso di armi che se colpite dal flash ottengono effetti particolarmente riusciti, oppure delle parti di armatura realizzate in modo da offrire un solo fronte curato. All’interno dei laboratori dove i costumi prendono forma non manca una macchina da cucire professionale, vernici, colle di ogni tipo e numerose bombolette di poliuretano. Il moderno artigiano quasi azzera la sua vita sociale in vista delle più importanti convention su fumetto, gioco e animazione che si moltiplicano a livello nazionale e internazionale. Chi lo fa per se stesso utilizza ogni minuto libero al fine di perfezionare la propria creazione, chi lavora su commissione deve smettere già un mese prima di accettare lavori se solo spera di consegnare per tempo tutti quelli accumulati in vista dell’evento. E per questa volta abbiamo finito, sperando di aver fatto giustizia a una “storia” che in qualche modo andava raccontata. Per le foto si ringrazia


LUCCA COMICS, GAMES AND TALES Si rinnova l’appuntamento col Fantastico in tutte le sue forme

I NERF SBARCANO A LUCCA I cosplayer sono avvertiti di Lorenzo Fantoni

di Matteo Poropat Lucca. Storie di giochi, storie di fumetti e, semplicemente, storie. Non è una novità che il legame con la narrativa, alla fiera di Lucca, sia sempre stato fortissimo. Negli anni passati tra gli stand abbiamo visto personaggi del calibro di Michael Moorcock (dalle cui storie è stato tratto Stormbringer) e George R. R. Martin (la cui saga A Song of Ice and Fire è stata tradotta in più giochi), mentre nel 2010 toccherà al prolifico Terry Brooks, autore dell’amatissima saga di Shannara, intrattenere i suoi fan. Se vi piace giocare con le storie anche quest’anno avrete solo l’imbarazzo della scelta. Tra gli altri troverete: il romanzo ucronico Sopravvissuti, di Matteo Cortini e Leonardo Moretti, tratto dal pluripremiato gioco di ruolo Sine Requie della Asterion Press; Sulle Tracce di Cthulhu, nuova avventura Stratelibri tratta dai racconti di H.P.Lovecraft; Alice in Steamland, ispirato a un romanzo di Francesco Dimitri e realizzato dalla Wild Boar Edizioni (che già aveva portato sul tavolo da gioco le avventure dell’inquisitore Eymerich di Valerio Evangelisti e presente a questa edizione col Bestiario di Eymerich e un saggio sul legame tra i giochi horror e i Miti di Lovecraft). La narrativa fantastica nostrana avrà dei rappresentanti d’eccezione, che si alterneranno tra eventi e conferenze: la guest of honor, Licia Troisi, Francesco Falconi, Elena P. Melodia, Alessandro Gatti, Mark Menozzi, Mario Pasqualotto e Francesco Dimitri, riuniti dalla nuova proposta fieristica Luk For Fantasy. Il legame tra gioco e narrativa sarà sviscerato inoltre da Alessandro Morbidelli e Paolo Agaraff, autori reduci dalle pubblicazioni dell’antologia Onda d’Abisso e il romanzo Il Quinto Cilindro. A chiudere questa lunga parte dedicata alla narrativa, impossibile non citare l’immancabile premiazione del concorso RiLL – Riflessi di Luce Lunare, che porterà sul podio gli scrittori Luigi Musolino, Giacomo Colossi e Andrea Viscusi. Nella nuova “realtà nella realtà” di Luk Fantasy troveranno spazio non solo narratori ma anche artisti visivi come la Dac Editions di Ciruelo, Design Studio Press di Scott Robertson, il game designer storico di Rune Quest, Steve Perrin, il nostro Andrea Angiolino col nuovo Dizionario dei giochi, James Garney col suo Dinotopia, e molti altri ancora. Romanzi, giochi da tavolo e di ruolo non sono abbastanza? A Lucca l’innovazione tecno-ludica è sempre di casa con il Salone del Videogioco, che ospiterà in questa edizione publisher internazionali come Electronic Arts, Nintendo, Ubisoft, Blizzard (Warcraft vi dice nulla?) e presenterà alcuni titoli in esclusiva, tra i quali Call of Duty: Black Ops, Assassin’s Creed: Brotherood, Dead Space 2. Lucca però non è solo fatta di nuovi prodotti, ma anche di opportunità uniche per gli artisti, invitati quest’anno a prenotare il proprio incontro con gli editori del settore che hanno aderito all’iniziativa, per presentare le proprie creazioni. Anche quest’anno quindi, negli 11.000 metri quadrati della fiera, farà la tana il Fantastico in ogni sua forma, per chi lo inventa, lo crea o lo desidera. Non potete perdervelo! Il gioco e gli orrori di H.P.Lovecraft Quali giochi sono ispirati ai racconti di Howard Phillips Lovecraft? Quanti modi ci sono per incon trare (a un tavolo) un Grande Antico (e sperare di sopravvive re)? A queste e molte altre domande risponde L’Influenza di H.P.Lovecraft sul Mondo Ludico di Matteo Poropat. Alcuni dei titoli di cui si parla nel saggio: Call of Cthulhu, Shadow of Cthulhu, Arkham Horror, Mythos, Call of Cthulhu Collectible Card Game, Cthulhu Skirmish, Munchkin Cthulhu, Alone in The Dark, CthulhuMUD, Dark Corners of the Earth. Il saggio verrà distribuito a Lucca Comics & Games dalla casa editrice WildBoar. L'influenza di H.P.Lovecraft sul mondo ludico di Matteo Poropat Edizione integrata da numerose illustrazioni e chiusa da un articolo di Pietro Guarriello Copertina morbida a colori, 62 pp, b/n, € 6,50 http://www.matteoporopat.com/ Concessione pubblicitaria

Un tempo i bambini passavano più tempo discutendo su chi avesse colpito per primo che a giocare alla guerra. Poi la Hasbro creò i Nerf, e vide che era cosa buona. I Nerf sono armi giocattolo che sembrano il frutto di una nottata sotto acido passata all'Xbox leggendo fumetti di Hellboy. Nate per far divertire i più piccoli, stanno diventando rapidamente il passatempo di bambini rinchiusi nel corpo di adulti che hanno voglia di divertirsi senza prendersi troppo sul serio. L'approccio non è quello serioso, costoso (e quando si è colpiti, doloroso) del Softair: i Nerf costano poco, sparano proiettili di spugna e sono perfetti per un pomeriggio in cui volete sfogare la naturale tendenza umana di spararsi l'uno con l'altro. Se volete provarle ci sono un sacco di modalità da sperimentare: cattura la bandiera, zombie contro umani, last man standing... oltre ovviamente a quelle suggerite dalla fantasia. E state attenti mentre andate in giro per i padiglioni di Lucca vestiti come i vostri personaggi preferiti: pare che ci sia una pattuglia armata di Nerf pronta a mettervi nel mirino...

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MARIO STORY I 25 anni dell’idraulico di Lorenzo Celli

La Nintendo per la prima volta partecipa a Lucca Comics & Games, e lo fa in compagnia del suo simbolo, il mitico idraulico con il baffo: Super Mario! Infatti, in occasione del 25° anniversario di Super Mario Bros, la software house organizzerà dei momenti di festeggiamento con tutti i fan, tra cui un evento speciale (domenica 31 ottobre, dalle 14:40 alle 15:20, presso la sala Ingellis) che porterà Mario sul grande schermo: Andrea Babich, esperto di videogame e scrittore, racconterà la storia di Mario, dagli esordi dei primi episodi alle ultime avventure, attraverso sessioni giocate e raccontate in sala. Un viaggio che dura da ben 25 anni. Ma chi è questo idraulico? Vediamo di capirlo! Super Mario Bros è un videogioco a piattafor me per Nintendo Entertainment System, ideato da Shigeru Miyamoto e pubblicato dalla Nintendo nel 1985 in Giappone e nel 1987 in Europa. La trama è molto semplice: Mario (o Mario e Luigi) deve salvare la principessa Peach dal malvagio re dei Koopa Troopa, Bowser. Il gioco vendette più o meno quaranta milioni di copie nel mondo, record battuto solo nel 2009 da un altro videogioco Nintendo, Wii Sports (uscito nel 2006). La popolarità del gioco spinse la Nintendo a produrre vari seguiti e spin-off: Super Mario Bros: The Lost Levels (originalmente rilasciato solo in Giappone con il titolo Super Mario Bros 2 e in un secondo momento nel resto del mondo con il titolo The Lost Levels); Super Mario Bros 2 (adattamento di Doki Doki Panic, un gioco giapponese non imparentato, fu originalmente rilasciato negli USA al posto dell’originale Super Mario Bros 2 perché la versione giapponese fu considerata troppo difficile per i Nord Americani. Super Mario Bros 2 fu in seguito rilasciato in Giappone con il titolo Super Mario USA); Super Mario Bros 3; Super Mario World; Super Mario 64; Super Mario Sunshine; New Super Mario Bros; Super Mario Galaxy; New Super Mario Bros Wii; Super Mario Galaxy 2. Dagli anni Novanta sono usciti anche diversi remake, come Super Mario All-Stars e i giochi della serie Super Mario Advance. Sono stati realizzati anche due cartoni animanti e un film basati sul primo videogioco della serie. Il primo cartone è uscito esclusivamente in Giappone il 20 luglio 1986, mentre Super Mario Bros Super Show! uscì in America nel tardo 1989. Il film, dal titolo Super Mario Bros, fu realizzato nel 1993 con Bob Hoskins chiamato a impersonare Mario e John Leguizamo nel ruolo del fratello Luigi. Il cattivo di turno era Dennis Hopper, nel ruolo del malvagio King Koopa, mentre la principessa Daisy fu interpretata da Samantha Mathis. La Rainbow Arts produsse nel 1987 un clone di Super Mario Bros, The Great Giana Sisters. Esistono diverse varianti e remake di Super Mario Bros. Una delle prime è stato un Game & Watch dal medesimo titolo, ma dallo stile di gioco totalmente differente. Nel 1986 è uscito Vs. Super Mario Bros, ovvero una versione arcade: è dotata di livelli modificati al fine di rendere il gioco più difficile rispetto al gioco originale, oltre che ad alcuni totalmente nuovi che saranno poi ripresi in Super Mario Bros: The Lost Levels. All Night Nippon Super Mario Bros, versione promozionale pubblicata nel solo Giappone dalla emittente televisiva Fuji TV nel formato Famicom Disk System, dotata di sprite differenti (basati su personaggi televisivi o ripresi da Super Mario Bros: The Lost Levels) e da livelli ripresi da Lost Levels e Vs. Super Mario Bros. Super Mario Bros Special, realizzata nel 1986 da Hudson Soft per gli home computer NEC PC-8801 e Sharp X1, versione dotata di nuovi nemici (ripresi da Mario Bros e Donkey Kong; appare anche l’ape mascotte della Hudson Soft) e nuovi livelli, ma è privo della modalità a due giocatori. Il gioco è leggermente più difficile rispetto alla controparte console. Super Mario All-Stars è una compilation per Super Nintendo che contiene i primi tre capitoli della serie Super Mario, oltre che all’originale Super Mario Bros 2 intitolato The Lost Levels. Il primo Super Mario Bros è dotato di grafica migliorata, bug corretti e qualche alterazione nelle collisioni degli sprite; è possibile salvare il gioco ed è dotato di una differente modalità a due giocatori. Super Mario Bros Deluxe è un remake di Super Mario Bros per Game Boy Color. È dotato di una mappa con visuale dall’alto sulla falsariga di Super Mario Bros 3, multiplayer contemporaneo e otto nuovi mondi ripresi da The Lost Levels. Graficamente il gioco è identico all’originale, a parte alcuni sprite animati per acqua e lava. Il gioco è stato pubblicato nel 2004 nella serie NES Classic per Game Boy Advance, e nel servizio online Virtual Console per Wii; è inoltre presente in Animal Crossing. Il giocatore controlla i movimenti e le azioni di Mario mentre, se si gioca in modalità multiplayer, il secondo giocatore suo fratello Luigi.

L’obiettivo del gioco è di attraversare i tanti mondi del Mushroom Kingdom divisi in livelli, eliminare e/o evitare il malvagio Bowser e le sue truppe, e salvare la Principessa Peach. Il principale metodo per eliminare i nemici è saltarci sopra. Mario può ottenere nel corso del gioco diversi power-up, come il Super Fungo, che trasforma Mario in Super Mario raddoppiando le sue dimensioni, il Fiore di Fuoco, che trasforma Super Mario in Mario di Fuoco permettendogli di lanciare palle di fuoco, la Stella, che dona l’invincibilità per pochi secondi, e lo speciale Fungo 1-Up, che regala una vita. Se Mario viene toccato da un nemico mentre è Super Mario o Mario di Fuoco, torna semplicemente Mario e il gioco continua. Tuttavia, se viene colpito mentre è normale o cade in un burrone o se il tempo massimo per il completamento del livello è scaduto perde una vita. Per finire il gioco il giocatore deve superare otto mondi, ognuno suddiviso in quattro livelli per un totale di 32 livelli. Man mano che si va avanti nel gioco si notano differenze tra i vari livelli, infatti solitamente il secondo livello è sotterraneo, il terzo è un livello ambientato in cielo e il quarto in un castello. Alla fine del quarto livello Mario combatte contro “Bowser” (in verità un nemico inferiore mascherato da Bowser fino al livello finale) su un ponte sopra un mare di lava. Bowser può essere sconfitto in due modi: toccando l’ascia all’altra estremità del ponte (facendo cadere Bowser nella lava), o, come Fire Mario, lanciandogli le palle di fuoco per sconfiggerlo direttamente e ottenere così un punteggio più alto. Il terzo e il sesto mondo sono ambientati di notte mentre tutti gli altri durante il giorno. Dopo aver finito il gioco al giocatore viene offerta la possibilità a rigiocarci in modalità difficile (“Hard Mode”) dove tutti i Goomba sono rimpiazzati dai Buzzy Beetle (Koopa Troopa che non possono essere sconfitti dalle palle di fuoco) e tutti i nemici camminano più velocemente. Power-up: il Super Fungo (o Super Mushroom) (detto “Super-Shroom” dai fan) è un power-up che debutta nel videogioco Super Mario Bros per NES/Famicom. Ha di solito la stessa altezza del Mario normale e gli permette di aumentare le proprie dimensioni ottenendo una migliore resistenza ai colpi avversari. Infatti, in caso di contatto sfavorevole (cioè venendo colpiti dai lati e da sopra) con un nemico, Mario non perderà una vita ma solamente gli effetti del Super Fungo. Inizialmente i Super funghi erano rossi e arancioni ed erano chiamati magic mushrooms (funghi magici) poi il nome fu cambiato in Super Fungo e i colori divennero il rosso e il bianco. Il Fire Flower è un power-up presente nella serie di videogiochi Super Mario Bros. Trasforma Mario (o Luigi) in Fire Mario (o Luigi). Fire Mario ha la capacità di lanciare palle di fuoco contro i nemici. I Fire Flower appaiono quando Mario colpisce un blocco “?”. Le palle di fuoco possono uccidere in un solo colpo alcuni dei nemici più comuni come i Goomba, i Koopa Troopa, i Paratroopa, Lakitu, e i Koopistrici. Le palle di fuoco possono anche essere usate a volte per sconfiggere Bowser e i Bowserotti con più colpi. I Ronzabei sono immuni alle palle di fuoco, così come molti nemici trovati nelle fortezze e nelle case fantasma come i Boo e i Twomp. La Stella (Starman in Inglese) è un power-up a forma di una stella di colore giallo. Di solito è della stessa altezza del Mario normale e se toccata rende per dieci secondi il giocatore invincibile. Tuttavia, se Mario cadrà in un burrone morirà comunque. Il Fungo 1-Up regala un’ulteriore vita a Mario. Ha stessa forma e dimensioni del Super Fungo, ma è arancione e verde (poi diventato bianco e verde). In genere è nascosto in blocchi invisibili o in zone difficilmente accessibili.

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