Comune di Forte dei Marmi Comune di Forte dei Marmi Segretario generale e Dirigente Sotto Servizio Speciale Musei e Satira politica Sergio Camillo Sortino Una produzione:
Enrico Ceretti - Presidente Giacomo Pieve - Vice Presidente Massimo Bertellotti Massimo Galleni Vivaldo Tonini Luca Vagli
Museo della Satira e della Caricatura Forte dei Marmi Direzione artistica del Museo: Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti
Un ringraziamento del tutto speciale a Anna Del Lungo, GianMarino e Francesco Brunner che affidando al nostro Museo i materiali del Fondo dedicato a Giulio Brunner, ci hanno permesso quest’affascinante viaggio tra gli autori e i personaggi del “Marc’Aurelio”, ineguagliabile esempio editoriale in campo umoristico e satirico. I curatori ringraziano Fabiana De Bellis e Lorenzo Facchinotti per il loro prezioso intervento in catalogo; Sergio Staino per aver suggerito alla famiglia Brunner il nostro Museo come sede del Fondo da donare; Silvia Caponi per la schedatura e catalogazione dei disegni; Lorenzo Castellano, Roberto De Seta, Massimiliano Vighi e Luca Boschi per l’amichevole consulenza; Paolo Moretti per averci permesso di consultare la propria collezione; Laura Angelini Renz per aver tradotto i testi delle vignette di Walter Faccini.
Il Fortino Assessorato alla Cultura Dirigente Laura Quadrelli
Sponsor istituzionali www.museosatira.it/mostre/marcaurelio www.museosatira.it/fondi/fondobrunner www.facebook.com/museosatiracaricatura
Mostra e catalogo a cura di Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti Testi di Fabiana De Bellis Lorenzo Facchinotti Ha collaborato Eleonora Frediani
30 luglio - 2 ottobre 2016 Museo della Satira e della Caricatura - Forte di Leopoldo I - Forte dei Marmi
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un omaggio davvero sentito quello che il Museo della Satira dedica quest’estate al giornale satirico “Marc’Aurelio”, a ottantacinque anni esatti dalla sua fondazione che risale al 14 marzo del 1931, utilizzando i disegni e i materiali della preziosa donazione dei familiari di Giulio Brunner, che fu uno degli ultimi caporedattori del giornale. Sarà una mostra sicuramente per intenditori, che ne apprezzeranno l’indubbio valore, ma anche per i più giovani, che avranno modo di conoscere quella che, a giusta ragione, è considerata una fucina per gli autori del nostro cinema, dove di fatto è nata la commedia all’italiana. Siamo orgogliosi e felici di accogliere questa esposizione anche come evento inaugurale della nuova sede ristrutturata al Forte di Leopoldo I, che riapre le sue sale ai visitatori con una dedica speciale ad una pubblicazione che è entrata nella storia del nostro Paese.
Il Presidente Enrico Ceretti
Il Sindaco Umberto Buratti
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La Donazione Brunner al Museo Satira di Cinzia Bibolotti e Franco A. Calotti
“Abbandonarsi all ’immaginazione, alla fantasia, evadere, sognare, inventare, lavorare non più sul terreno della realtà ma sulle nuvole di un mondo che f ino a ieri non c’era”. Giovanni Mosca (ricordando l’avventura del “Marc’Aurelio”)
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iamo molto grati a Anna Del Lungo, Gianmarino e Francesco Brunner, familiari di Giulio Brunner - caporedattore del giornale satirico “Marc’Aurelio” negli anni ’50 - che hanno deciso di donare al Museo della Satira un corpus di opere e documenti originali dei disegnatori che collaborarono al celebre giornale in quel periodo. Disegni di formati e tecniche diverse, vignette, caricature, lettere, elenchi di disegnatori, ricordi personali, testimonianze di un’attività pubblicistica che pur rappresentando una parte temporale soltanto della storia gloriosa della testata, ne fotografano con vigore la vitalità e ne sottolineano lo spirito. Negli anni ’50 collaboravano ancora al giornale alcuni dei disegnatori satirici che erano stati i più brillanti vignettisti e caricaturisti degli anni ’30 e ’40, quali Attalo o Girus, ma a loro si era affiancata la generazione dei disegnatori più giovani, come Castellano, Pipolo, Vighi, Dipas e molti altri. La donazione ci ha beneficiato proprio di queste e altre firme, i cui disegni sono nati tra i tavoli della redazione romana del “Marc’Aurelio”, che è stata una vera e propria università dell’umorismo, con regole e insegnamenti precisi sulla tecnica del far ridere. La nostra sensazione, nello schedare i disegni originali e le memorabilia donate, è stata quella di un viaggio a ritroso nel passato con la macchina del tempo, la stessa sensazione che abbiamo provato guardando il film struggente di Scola “Che strano chiamarsi Federico” con le sequenze dedicate proprio a quel fervido vivaio culturale che fu la redazione del “Marc’Aurelio”. Scola mette in scena infatti nel film i suoi stessi ricordi, mostrando al lavoro assieme a lui, tra gli altri, Federico Fellini, Giovanni Mosca, Vittorio Metz, Attalo, Mameli Barbara, Age & Scarpelli, Steno e De Seta, con tutti i loro tic e caratteristiche personali. I disegni di questo celebre giornale, che riportano alla luce un’Italia che si era avviata lentamente alla normalizzazione post bellica e che guardava già al boom del decennio successivo, rappresentano un catalogo beffardo di vizi e virtù nazionali che amiamo sfogliare ancora oggi, forse perché, come scrisse Oreste del Buono, “Da noi c’è una grande tolleranza verso la satira perché è nella nostra tradizione una grande tolleranza verso i difetti nazionali”. 9
La parabola del “Marc’Aurelio” di Lorenzo Facchinotti
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arlare del “Marc’Aurelio” è un’impresa allo stesso tempo semplice e complessa. Semplice perché, per la sua notorietà, la testata è stata oggetto di numerosi articoli, saggi e libri (alcuni dei quali più improntati alla nostalgia che a uno studio rigoroso). Complessa perché non solo le angolazioni attraverso cui studiare questo oggetto sono molteplici, ma anche perché “Marc’Aurelio” segna in maniera indelebile un lungo periodo della nostra storia (quello che va dall’inizio degli anni Trenta alla metà degli anni Cinquanta), certamente caratterizzato da una frattura istituzionale (il passaggio dal fascismo alla democrazia) ma fondamentalmente uniforme dal punto di vista della produzione industrial-culturale. In questo senso, focalizzarsi solo su un periodo del giornale (gli anni Cinquanta) rischierebbe di tracciare una prospettiva riduttiva, quando non scorretta, sul rapporto tra il nostro giornale e quello stesso time frame temporale. In questa sede ho scelto di affrontare il tema del “Marc’Aurelio” da un punto di vista storico, partendo dalle origini per arrivare alla “quasi-definitiva” cessazione delle pubblicazioni avvenuta nel 1959, con un duplice obiettivo: da un lato posizionare il giornale all’interno della stampa satirica e della contestuale produzione industrial-culturale, dall’altro analizzare i meccanismi alla base della sua realizzazione. Questa storia si articolerà in tre tempi, un intervallo e una chiusura. Prima di procedere con la narrazione, una breve nota: l’espressione “quasi definitiva” riferita alla cessazione delle pubblicazioni si impone perché “Marc’Aurelio” tornò nelle edicole nel 1973 ad opera di Delfina Metz, per pochi numeri, ma in un mutato contesto socio-economico e culturale che ne faceva un prodotto “distante” dal suo antenato. Detto questo... Primo tempo. La nascita e l’apice dell’imperatore (1931-1943) Il 14 marzo 1931 usciva, al costo di 30 centesimi, il primo numero del “Marc’Aurelio”, bisettimanale romano (come era scritto sotto la testata) del mercoledì e del sabato. A partorirne l’ira furono, ufficialmente, due giornalisti de “Il Popolo di Roma”, Oberdan Cotone e l’allora ventenne Vito De Bellis, capo dei servizi sportivi. Il rapido successo del giornale trasformò quello che, nelle intenzioni, doveva essere un periodico locale in una testata nazionale. Il primo numero, esaurito, dovette essere ristampato per soddisfare le richieste. Dalle 20-40mila copie degli inizi si passò alle 350mila del ’33, fino alle 600mila del ’36, centomila in più dell’anno precedente [Castelli 1985]. Dal ’36 al ’43 le tirature si assestarono sulle 280.000 copie il sabato e circa 100.000 il mercoledì [Lombardo-Pignatel 1985, pp. 48-49]. Di queste solo una minima parte (il 10% circa) veniva venduta nella ca11
pitale, la rimanenza era piazzata nelle grandi città, in particolare quelle del Nord. La prima redazione (con sede in via Rosella al 55) comprendeva: Galantara, Smith, Carcavallo, Camerini, Gramantiere e Cavaliere. Tutti disoccupati da quando il regime aveva imposto la chiusura de “Il Becco Giallo”. Secondo Adolfo Chiesa, l’idea di un giornale satirico sarebbe anzi stata suggerita a Cotone proprio da Galantara e dal suo gruppo di amici per tornare a lavorare [Chiesa 1990]. Tuttavia, secondo Mameli Barbara, fu lo stesso proprietario a chiamare volutamente i più caratterizzanti redattori de “Il Becco Giallo” [Melanton 1994]. Se il giornale conquistò immediatamente le simpatie del pubblico lo dovette non solo alla “monotonia” della stampa quotidiana dell’epoca, ma anche alla vignetta centrale della prima pagina firmata Galantara, che inizialmente contribuì a far assomigliare esternamente il nuovo giornale a quello di Alberto Giannini. Nella seconda pagina del primo numero comparve una vignetta di Augusto Camerini raffigurante Molière e Shakespeare, con in mano un bastone, fuori dagli studi della CinesPittaluga. “Esce di qui Petrolini?”, domandava Shakespeare, “Sì, ma ci sono prima io!” rispondeva il commediografo francese. Nel numero successivo, la situazione si ripeteva tale e quale con l’aggiunta di Aristofane. Poche ore dopo la pubblicazione della seconda vignetta, Ettore Petrolini irruppe all’ora di pranzo nella redazione del giornale sfasciandovi tutto ciò che capitasse a tiro di ombrello. Sul numero successivo, (firmandosi Il Canda Isdorie) descrisse l’accaduto in una filastrocca in dialetto ciociaro, ripercorrendo l’ascesa artistica dell’attore favorita dalla felice digestione con cui, a teatro, Ugo Ojetti, aveva coronato il proprio desinare. Ulteriore reazione fu quella di pubblicare un disegno dei danni compiuti dall’attore e la cui didascalia spiegava che anche la vignetta che avrebbe dovuto comparire era andata distrutta. Per farsi perdonare, Petrolini offrì una cena nel corso della quale regalò a Vito De Bellis un prezioso busto di Marc’Aurelio. Le ragioni della rapida affermazione del giornale vanno rintracciate in almeno cinque elementi: • un vuoto nel settore della stampa satirica e umoristica provocato dall’azione del fascismo; • la tendenza, sempre a opera del fascismo, al controllo dell’informazione quotidiana, tale da farne apparire evidente l’omologazione; • un forte dinamismo del mercato editoriale; • la presenza sulle pagine del “Marc’Aurelio” di Galantara, marchio e garanzia di opposizione, e la relativa somiglianza del giornale con “Il Becco Giallo”; • la reazione di uno dei maggiori attori del tempo che attirò l’attenzione del pubblico sul nuovo foglio. Il 25 settembre, al Teatro Umberto, andò in scena un’omonima rivista musicale scritta da alcuni redattori (Nino Bolla, Roberto Saitto e il duo De Torres-Simeoni). I biglietti furono esauriti il giorno prima. A interpretare i personaggi del giornale (Romoloetto Sgonfia, Marc’Aurelio, Chifonette, Il marinaio americano e il suo avversario norvegese) furono chiamati noti interpreti quali Arturo Falconi, Riento, Letizia Bonini, Franco Bertramo, Morone e
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Moschini, ma soprattutto, come mettevano ben in evidenza i richiami del giornale, Achille Maresca. La rappresentazione era il segno di un successo cittadino che si trasformava in un momento di ulteriore promozione. Enrico Gianeri non ha tutti i torti ad affermare che “Marc’Aurelio” rappresentò un primo tentativo di rinascita “di una satira indipendente e combattiva, almeno con l’allusione e il sottinteso” [Gianeri 1959, p. 250]. La presenza di Galantara, Smith, Girus e Cavaliere, “il meglio […] della polemica, dell’ironia, della capacità critica dell’ante-fascismo diventata anti-fascismo” [Metz D. 1998], innestando “Marc’Aurelio” nella tradizione dei giornali satirici di opposizione e di grande successo, ne fece l’erede ideale de “L’Asino” e de “Il Becco Giallo”. Davanti a un nuovo pericolo gli alti esponenti del regime e l’attenta censura non esitarono a intervenire. Il 29 marzo su “Gioventù Fascista” comparve un’accusa di fronda per una sentenza apparsa in una manchette di prima pagina del secondo numero del giornale. Nella rubrica Frustate Squadriste (29 marzo 1931) si evidenziava come sarebbe bastato il “colore giallo” per smascherare le vere intenzioni del nuovo foglio romano. Cotone rispose con un corsivo quanto mai eloquente, Senza Equivoci, che tuttavia sortì uno scarso effetto [Chiesa 1988]. Le vignette di Cappelli, reo di aver trasformato la TETI in “Telefonare economicamente Tentasi Invano”, fornirono diverse occasioni per gli interventi prefettizi. Il 15 febbraio 1932 un rapporto della polizia segreta citava un colloquio tra gli avvocati Antoci, Trozzi e Puntini rispetto al processo “D’Alessio-Marc’Aurelio”. Puntini, noto antifascista, era il curatore della cronaca del Palazzaccio, definita, nello scritto, un veicolo di infamia sotto la veste dell’umorismo, che la Prefettura aveva intimato di sopprimere [Cesari 1978, p. 78]. Cotone si trovò nei guai. Venne sospeso dal partito e appena quattordici mesi dopo dovette cedere la proprietà. De Bellis, invitato a presentarsi al Prefetto, venne diffidato dal continuare a servirsi delle matite e delle firme del “Becco Giallo”. I sequestri fecero aumentare la tiratura, ma anche temere che il giornale fosse soppresso. A evitarlo fu Mussolini. Volle che la popolarità raggiunta da “Marc’Aurelio” venisse posta al servizio del regime. Dispose quindi che testi e vignette di prima pagina, almeno, trattassero argomenti politici. Ovviamente allineati. Telesio Interlandi, direttore del quotidiano “Il Tevere”, fu incaricato di rilasciare l’imprimatur a “Marc’Aurelio” dopo aver esaminato il “bozzone” della prima pagina. Lì fece preferibilmente politica estera e della satira su uomini politici stranieri. Secondo Barbara, la vera ragione per cui gli ex-beccogiallo si dimisero fu proprio per il rifiuto di far visionare la prima pagina del giornale a Interlandi. Il giornale subì qualche modifica. Un ritratto formato mezzo busto sostituì la riproduzione della statua equestre di Marc’Aurelio che inframmezzava la testata: “Mussolini andava a cavallo o fingeva di andarci […] e qualunque riferimento, anche casuale, era da considerarsi dissacrante” [Chiesa 1990, p. 88]. Cotone cedette il giornale ad Ettore Lupo, avvocato partenopeo, che voci riferiscono avesse acquistato il foglio senza troppo spen-
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dere, convinto si trattasse di un periodico giudiziario. Lupo mantenne la proprietà e la direzione fino al 1938, quando Rizzoli riuscì ad impossessarsi di quel rivale romano che aveva ispirato il “Bertoldo”. Camerini, Smith, Carcavallo e altri tentarono la sorte con un nuovo giornale, “Contropelo”, sopravvissuto pochi numeri. Camerini partecipò anche a “Fuorisacco”, l’inserto settimanale lanciato da “La Gazzetta del Popolo” nel luglio del 1932, dove si mise in evidenza Novello e dove Paolo Garretto diede vita alla sua “donna crisi”. Nel 1933, Egeo Carcavallo, con Bepi e Pizzicaria, fondava “Il Settebello” che si basava sulla formula del parigino “Ric et Rac”. Fu un giornale moderno, ricco di eccellenti collaborazioni e di vicende. Per un certo tempo fu compilato dalla redazione del “Marc’Aurelio”. Nel 1939 fu acquistato da Mondadori e affidato a Zavattini che, dopo un breve periodo, gli mutò il titolo in “ Ecco”, trasformandolo in rivista tascabile in cui ebbe un ruolo di primo piano con le sue donnine - già rivelate da “Grandi firme” - Gino Boccasile […]. Nel 1941 riassunse con Rizzoli il vecchio titolo e le vecchie caratteristiche e fu un pendant di “Bertoldo” [Gianeri 1959, pp. 251-252] Al “Marc’Aurelio” restò invece Galantara: Aveva un’ernia enorme ed era disperato. Un giorno scrisse per lamentarsi a Mussolini, e Mussolini si dovette ricordare di quando lavoravano insieme a “L’Avanti!”, scrisse a De Bellis: “Galantara è sempre stato mio amico, purché non faccia vignette troppo cattive contro di me, fatelo lavorare pure. Se non potete pagarlo abbastanza, ditemelo, provvederò al conguaglio”. De Bellis ebbe la delicatezza di non dirlo mai a Galantara; lo fece lavorare senza dirgli che sapeva che lui aveva scritto a Mussolini, senza dirgli che Mussolini era intervenuto a suo favore [Giovanni Mosca in Del Buono 1976, p. 71] L’epurazione, lungi dal mettere in crisi il giornale, dette risalto ad una nuova generazione di umoristi che i lettori avevano cominciato ad apprezzare. De Bellis affidò a Giovanni Mosca e a Vittorio Metz l’incarico di riempire una pagina e mezza a testa. Era il 1933. Per un anno, i due lavorarono gratuitamente in modo tale da consentire a De Bellis di pagare lo stipendio ai disegnatori antifascisti. Il salto generazionale ebbe come immediato riflesso una (non si sa quanto consapevole) ridefinizione del target. La comicità dei due “divini folli”, attecchì tra i giovani divenendo un rilevante fenomeno di costume. Le battute di vignette e rubriche vennero elevate a espressioni di uso quotidiano, permettendo di riconoscere l’appartenenza generazionale, benché, in alcuni casi, fossero riprese anche dai genitori [Vittorio Metz in Olivieri 1986]. Con la nascita del “Bertoldo” (1936-1943) si completò il fronte dei nuovi giornali umoristici che piacevano ai giovani. “Marc’Aurelio” e i fogli che a questo si ispirarono e le cui redazioni erano composte in buona parte dagli stessi uomini, scavarono una frattura all’interno dei periodici satirico-umoristici. Il “Bertoldo” - ha scritto Italo Calvino - cominciò nel 1936 e il suo particolare tipo di ironia si propagò subito ai suoi lettori, soprattutto ai giovanissimi, distinguendoli netta-
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mente, nel modo di fare dello spirito, dai più anziani. Così come si staccava nettamente dai giornali umoristici tradizionali che erano il “Guerin Meschino” a Milano e il “Travaso delle idee” a Roma […]. Il maggior spicco del “Bertoldo” non deve fare dimenticare che i giornali umoristici più moderni erano, a quel tempo, almeno tre: [oltre al “Bertoldo”], il “Marc’Aurelio” […] e il “Settebello” [Calvino 1984]. Questo successo si fondava sulla conoscenza diretta che De Bellis, Mosca, Metz e gli altri redattori possedevano di quel mondo giovanile a cui essi stessi appartenevano. Lo stesso Andrea Rizzoli ebbe un ruolo importante nella fondazione del “Bertoldo” che il padre, Angelo, sull’onda del successo del “Marc’Aurelio”, volle lanciare [Manzoni 1964]. Inizialmente Rizzoli si propose come acquirente del foglio romano, ma la cifra offerta non allettò Ettore Lupo, perché si sarebbe presto esaurita ed egli aveva bisogno di denaro “per soddisfare i capricci della bella e costosa cantante, la famosa soubrette Lydia Johnson”. Rizzoli procedette dunque alla creazione del suo foglio, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi “Ma va la che vai ben”. Ma Cesare Zavattini, il futuro direttore, voleva l’iscrizione all’Albo dei giornalisti come ricompensa per i suoi cinque anni di lavoro presso la casa editrice. Si impose e quando l’episodio giunse ai suoi orecchi, Rizzoli lo licenziò. Mondadori ne approfittò per affidargli la direzione editoriale di tutti i suoi periodici. Rizzoli, temendo che Zavattini potesse realizzare quel progetto con la concorrenza, accelerò i tempi. Chiamò Mosca e Metz da Roma e tutti coloro che erano stati suggeriti da Zavattini. Il 3 ottobre 1935 l’Italia dichiarò guerra all’Etiopia. Dino Alfieri, che aveva sostituito Ciano al Minculpop, lavorò assiduamente per censurare tutto ciò che potesse nuocere alla nazione italiana e per controbattere la propaganda anglo-francese. La guerra avrebbe dovuto apparire come voluta dagli italiani che ne comprendevano l’importanza per il loro avvenire. “Marc’Aurelio” si allineò alle direttive, esaltando l’impresa civilizzatrice e attaccando quei paesi che avevano decretato le sanzioni. La macchietta del Gagà, trasformata nel Negus che aveva detto agli amici…, e che più tardi sarebbe stata riutilizzata per Churchill, andò ad affiancare le battute sul presunto cannibalismo degli indigeni (la serie di vignette Africa Mangia) e sulla loro inciviltà. Le vendite del giornale aumentarono, assorbite dai militari al fronte. Nel 1937 il fascismo compiva un ulteriore passo verso la normalizzazione della stampa satirica. A gennaio, Dino Alfieri convocò a Roma per un rapporto i direttori dei periodici umoristici italiani. Erano presenti – oltre a De Bellis – Metz e Mosca per il “Bertoldo”, Varaldo e Saitto per “Il Settebello”, Nerbini per “Il 420”, Bianci per il “Guerin Meschino” e Chiarelli per “Il Travaso delle idee”. Il comunicato dichiarava che era proibito ironizzare sulle glorie nazionali e sulla gerarchia del partito e dello Stato, mentre occorreva attaccare tendenze politiche e di costume contrastanti con il fascismo ed evidenziare l’inferiorità della razza negra ed ebraica. Alessandro Pavolini, sviluppando i suggerimenti di uno dei primi punti faceva notare come la raffigurazione di donnine seminude dava motivo per “le solite note masturbazioni”, facendo giungere stanchi i giovanotti nelle fila dell’esercito.
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Lo stesso anno era morto Galantara. Prima della caduta di Madrid, come era nelle sue speranze. Il regime vietò che fosse commemorato. “Marc’Aurelio” gli dedicò un trafiletto in seconda pagina. Nel 1938, a seguito di vicissitudini di vario genere, il giornale fu acquistato da Angelo Rizzoli. “Marc’Aurelio” poté così giovarsi di una più moderna attrezzatura tipografica e di una migliore organizzazione commerciale. Durante la guerra si stampò anche un’edizione in lingua italiana e tedesca, che fu accolta con favore in Germania e fra le truppe nei vari fronti bellici. Sempre nel 1938, dopo essere stato una colonna de “Il Travaso delle idee” (di cui aveva fatto parte sin dal 1929), Enrico De Seta approdò al “Marc’Aurelio”, precedendo di poco Ruggero Maccari e Federico Fellini. L’acquisizione del “Marc’Aurelio” da parte di Rizzoli fu all’origine di una riconsiderazione della strategia della casa editrice nel settore dei periodici umoristici. L’11 novembre 1939, una manchette annunciò che l’edizione del martedì del “Bertoldo” sarebbe stata fusa con quella del mercoledì del “Marc’Aurelio”, di cui avrebbe mantenuto il nome e alla cui realizzazione avrebbero contribuito anche i redattori milanesi. Il fatto sembrerebbe confermare i dati relativi alle vendite dei due giornali, Rizzoli soppresse l’edizione infrasettimanale del periodico con minore tiratura mentre cercò di valorizzare ulteriormente l’uscita infrasettimanale del “Marc’Aurelio”. Nel 1941, Mosca divenne direttore de “Il Settebello”, quando anche questo periodico fu acquistato da Rizzoli. L’anno seguente comparve sugli schermi cinematografici Imputato alzatevi!. Il film, con protagonista Macario e per la regia di Mario Mattòli, era frutto del lavoro delle redazioni del “Bertoldo” e del “Marc’Aurelio”. Fu un successo clamoroso, a cui seguirono altre produzioni con lo stesso Macario e, soprattutto nel dopoguerra, con Totò. Il 10 giugno 1940 Mussolini proclamò l’entrata in guerra dell’Italia. Ancora una volta ben accolto dall’esercito, “Marc’Aurelio” non solo riservò una parte delle sue pagine alle cartoline, ponendosi come punto di incontro tra i soldati e le famiglie, ma più volte pubblicò manchette che invitavano a inviare le copie già lette agli uffici del Minculpop, affinché fossero spedite al fronte per allietare i congiunti lontani da casa. Alcuni redattori furono richiamati al fronte. A.G. Rossi e Benedetto (che vi morì) furono destinati al fronte russo. Marchesi partì volontario per l’Africa, mentre Ruggero Maccari restò in Italia. Le loro corrispondenze (almeno quelle che passarono tra le maglie della censura) diedero inizio a una nuova rubrica, La più bella avventura, in cui si descrivevano le attività e il morale dei soldati. Il 4 febbraio 1942 il giornale passò da sei a quattro pagine. A partire dal 1943 l’ironia verso i nemici cedette il passo alla rabbia per le incursioni aeree. Il 25 luglio, dopo essere stato arrestato dal Gran Consiglio del fascismo, Mussolini fu arrestato. Il 31 dello stesso mese la redazione del “Marc’Aurelio” dichiarò, come avevano già fatto i più importanti quotidiani, la propria disponibilità ad appoggiare il Governo Badoglio. Le pubblicazioni cessarono l’8 settembre, non dopo che Alberto Cavaliere avesse rivendicato l’origine antifascista del giornale.
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I redattori si dispersero. Steno, con Longanesi, si rifugiò a Napoli fino alla liberazione della capitale; Mosca, dopo essere stato destinato a Mentone, fu sfollato per due anni a Pallanza; Fellini restò a Roma, accolto da Giulietta Masina, da poco divenuta sua moglie. Solo il “Bertoldo” continuò le “pubblicazioni” nelle baracche dei lager dove Giovannino Guareschi, accompagnato dal maestro Coppola, lo recitava davanti agli italiani rastrellati dai tedeschi per non aver voluto prestare giuramento alla Repubblica di Salò [Guareschi 1989]. Intermezzo. Il lavoro di redazione come cerniera Prima di passare a raccontare la storia del “Marc’Aurelio” nel dopoguerra, è utile aprire una parentesi sul lavoro di redazione, in quanto le modalità con cui fu impostato rappresentano non solo una cerniera tra i diversi periodi vissuti dal giornale, ma anche tra la stampa satirica e altri settori dell’industria culturale, primo fra tutto il cinema (è ormai assodato che dall’esperienza dei giornali satirici del Ventennio – le cui testate tornarono nelle edicole nel dopoguerra – nacquero i film di Totò, la commedia all’italiana e il cinema di Federico Fellini). Il lavoro di redazione al “Marc’Aurelio” e presso gli altri giornali che ad esso si ispirarono era altamente strutturato. La divisione (che Ettore Scola ricorda essere stata presente ancora tra gli anni Quaranta e Cinquanta) era tra autori (delle battute e dei pezzi comici) e disegnatori. Ai primi spettava il compito sia di redigere le rubriche, sia di fornire lo spunto per le vignette. Negli anni Trenta i giorni delle riunioni coincidevano con quelli di uscita del giornale, in modo tale da sfruttare tutto il tempo disponibile fino all’edizione successiva. Alle riunioni erano ammessi solo coloro che firmavano regolarmente i pezzi. Gli aspiranti umoristi consegnavano il proprio materiale all’usciere, Gigione, o a Steno, che a volte fungeva da segretario di redazione. Le battute potevano essere bocciate dai redattori, ma era De Bellis (che assegnava dei punti per ognuna) a prendere la decisione finale. In caso di incertezze chiamava nella stanza Gigione fidandosi come ultimo giudizio del suo gradimento. Le battute accettate venivano pagate immediatamente. La battuta veniva quindi spiegata al disegnatore, scelto in base alle caratteristiche grafiche e al tema da trattare. All’interno del settore grafico esisteva, infatti, una seconda ripartizione dei compiti. Durante il Ventennio, la vignetta centrale di prima pagina fu monopolio di Attalo e Barbara (nel secondo dopoguerra vi si cimentò anche Artioli). Barbara era specializzato nella rappresentazione di donnine, mentre Attalo rappresentava preferibilmente personaggi grotteschi. Nessuno di essi disegnò mai strips che, insieme a vignette di medio formato, erano il pane di De Seta, Walter e Verdini (secondo Delfina Metz fu proprio Enrico De Seta a riadattare la strip americana al “clima” italiano). A questi si aggiungevano anche Steno e Fellini. Per quanto riguarda gli scritti umoristici, ogni redattore doveva produrre un certo numero di pezzi. Mosca, ricorda che dopo l’uscita degli ex “Becco Giallo” dal giornale, lui e
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Metz dovevano riempire una pagina e mezza. Meglio informati siamo sui contratti stipulati dagli umoristi del “Bertoldo” con Rizzoli: il contratto firmato da Guareschi prevedeva 27 pezzi al mese con un compenso di 700 lire, oltre all’obbligo di partecipare alle riunioni di redazione. Lo stesso stipendio percepiva anche Carletto Manzoni, che ricorda come ogni pezzo aggiuntivo venisse pagato 25 lire. Come ogni giornale, “Marc’Aurelio” era disposto ad accettare nuovi collaboratori. Per uno scopritore di talenti come De Bellis era naturale rivolgersi anche a chi umorista non era. Ciò avvenne pubblicando manchettes contenenti le modalità di collaborazione (gli scritti andavano ad alimentare specifiche rubriche: come La porta aperta o Compito a casa) o l’organizzazione di concorsi. Ma qual è il rapporto tra questo tipo di organizzazione e altri settori dell’industria culturale? Già alcuni dei primi redattori del “Marc’Aurelio” erano attivi nel campo dello spettacolo e, in particolare, del cinema: Augusto Camerini, vignettista, e Guglielmo Guasta lavoravano già nel muto; Tomaso Smith, per tutti gli anni Trenta e Quaranta, scrisse sceneggiature per Camerini, Malasomma, Bonnard, Borghesio e Campogalliani, firmandole con uno pseudonimo per via del suo antifascismo; Vittorio Metz, svolse attività di consulente musicale per una casa di produzione cinematografica napoletana. È grazie alle esperienze e ai contatti di questo primo nucleo redazionale che le porte del mondo della celluloide si aprirono ai redattori più giovani. Steno, in un’intervista, ricorda come “allora non fosse facile entrare nel mondo del cinema”: fu la “conoscenza di alcuni umoristi” che gli permise di entrare a far parte del gruppo di sceneggiatori di Imputato alzatevi [Steno in Olivieri 1986]. Lo stesso accadde a Federico Fellini e, nel dopoguerra, a Ettore Scola. Nel 1938 uscì nelle sale cinematografiche Imputato alzatevi!, diretto da Mario Mattòli con Macario. Il film riscosse un enorme successo. A testimoniarlo è il fatto che diverse battute – per esempio “Lo vedi come sei?” che è anche il titolo del secondo film girato da Mattòli con Macario (1939) e a cui fa seguito Non me lo dire (1940) – entrarono presto a far parte del linguaggio comune [Ternavasio 1998]. A favorire il film al botteghino furono, da un lato, il “vuoto” di prodotti cinematografici venutosi a creare in seguito al blocco delle esportazioni di film americani verso l’Italia, deciso dalle majors per protestare contro l’approvazione della legge di Monopolio, dall’altro, la notorietà di Macario e degli uomini del “Marc’Aurelio”, che già collaboravano a diverso titolo con il comico torinese e ai quali appartiene la sceneggiatura [Ternavasio 1998]. Tornando alle modalità produttive, per la prima volta, afferma Vittorio Metz, “s’immise nel cinema italiano questo sistema dell’umorismo di gruppo, dove, secondo il sistema del giornale umoristico, ogni singolo aveva il diritto di bocciare la battuta del più importante. Questo tipo di film, nato dall’ammucchiata del “Marc’Aurelio” e del “Bertoldo”, si è poi diffuso come genere” [Vittorio Metz in Metz D. 1985]. Il cinema italiano, dunque, non solo attinge alla produzione dei giornali umoristici e del teatro di varietà, ma finisce per importare al suo interno e istituzionalizzarne l’intero sistema produttivo.
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Ricorda Mario Mattòli: (…) ho preso tutti gli umoristi che poi sono diventati importanti. Li ho invitati a collaborare alla stesura di un film comico, cosa che non si era mai fatta in Italia, perché non esisteva il genere di film (c’era la corsetta alla Ridolini e basta) e non c’era nemmeno il tipo di gagman, quello che fa una gag e te la dà, te la vende, te la regala [in Olivieri 1986, p.34]. Steno insiste sul fatto che al “Marc’Aurelio” si insegnava la cosiddetta “tecnica dell’umorismo”. Questa tecnica si apprendeva durante le riunioni di redazione. Essa nasceva da un lato dalla necessità di scrivere le didascalie delle vignette presentate dai, o commissionate ai, disegnatori (un esercizio non indifferente che costringeva i redattori a prestare estrema attenzione all’immagine per realizzare una battuta efficace), dall’altro dalla libera critica che i redattori facevano l’uno alle “freddure” dell’altro. Dice Steno: (…) le battute [che venivano portate al giornale] non erano altro che progetti di vignette. Il fatto di doverle visualizzare era già un’operazione cinematografica non trascurabile. Ecco l’anello di congiunzione tecnico tra il “Marc’Aurelio” e il cinema. Tutta quella gente che trattava quelle storie possedeva la tecnica, la forza di far arrivare l’effetto comunque al pubblico [in Antonelli 1986, p. 44]. Un primo tentativo di portare sul grande schermo la comicità surreale era già stato fatto da Totò nel 1937 con Fermo con le mani diretto da Gero Zambuto, autore insieme a Guglielmo Giannini anche della sceneggiatura. Il film non riscosse però il gradimento del pubblico. Il comico partenopeo ci riprovò l’anno seguente con Animali pazzi di Carlo Ludovico Bragaglia, ma anche in questo caso con scarsa fortuna. Le ragioni dell’insuccesso sono da ricercare nelle vicissitudini che caratterizzano la fase di lavorazione, dovute alla volontà di Gustavo Lombardi, produttore anche di Fermo con le mani, di contenere i costi. A questo proposito Bianco e Nero scrive che l’attore partenopeo, «il quale potrebbe sul serio divenire un personaggio comico specialissimo e in regola “storicamente”, non è stato [fino ad ora] né abilmente diretto, né succosamente provveduto di trovate». Fino almeno a Due cuori fra le belve (1942) di Giorgio Simonelli, il primo film sceneggiato dai redattori del “Marc’Aurelio”, a partire dal quale inizia una lunga e proficua collaborazione caratterizzata da alti incassi. Il primo film di Totò nel dopoguerra è I due orfanelli (1947) di Mattòli, scritto da Steno e Age. Fino alla metà degli anni Sessanta in quasi tutte le sceneggiature del comico partenopeo compare la firma di almeno un umorista del “Marc’Aurelio”. In realtà quello che gli sceneggiatori del giornale forniscono a Totò è un canovaccio su cui il comico, forte della sua esperienza teatrale, può improvvisare: (…) nei canovacci di Metz e Marchesi, Age e Scarpelli, Corbucci e Grimaldi, Totò si riservava sempre la possibilità di aggiungere gag e battute collaudate personalmente. E gli sceneggiatori non potevano che essergliene grati, perché evitava loro la fatica di inventare situazioni nuove e perché erano sicuri che tutto quello che l’attore voleva aggiungere avrebbe certamente fatto presa anche sul pubblico cinematografico [Anile 1997, p. 17]. Con gli anni Cinquanta inizia il progressivo avvicinamento alla commedia all’italiana. Questo processo è già visibile nello «sfondo realista, che in parte naturalizza ed esautora
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anche nei film di Mattòli le povere scenografie di cartapesta, accoglie e fa coabitare tra loro i materiali provenienti dai giornali umoristici come il ‘Bertoldo’ e il ‘Marc’Aurelio’, dalla rivista e dall’avanspettacolo, sa combinarli con l’ottica politica dell’uomo qualunque se non addirittura con più scoperte ambizioni sociali di denuncia che prendono di mira tutti gli aspetti della vita politica, sociale, economica e culturale» [Brunetta 1995, p. 145]. Senza avere la pretesa di riassumere in poche righe un così lungo processo di “fusione”, mi sembra sia importante sottolineare come questo passaggio coincida con l’umanizzazione e l’espulsione di quella maschera comica di cui Totò è stato appunto il principe. Esemplari in questo senso sono Guardie e ladri (1951) di Zampa e I soliti ignoti (1958) di Monicelli. Nel primo Monicelli e Steno, rifiutando i consigli «di matrice surreale» forniti dall’attore partenopeo e «ammettendo solo qualche contributo del repertorio di rivista», portano la recitazione di Totò allo stesso livello di “naturalezza” di quella di Aldo Fabrizi, annullandone qualsiasi anelito fantastico. Nonostante toni e ritmi siano ancora quelli della rivista, lo sketch comico assume spesso «uno spessore inedito» definibile quasi come «un retrogusto di costume» [Viganò 1995, p.44]. Nel secondo – sceneggiato dallo stesso regista, da Suso Cecchi d’Amico e da Age e Scarpelli – il cinema della maschera cede il posto a quello del personaggio: non solo la parte riservata a Totò è relativamente piccola, ma, a conclusione della storia, a rimanere completamente solo mentre tutti gli altri vengono riassorbiti all’interno della normalità etico-sociale, è Capannelle, lo stalliere interpretato da Carlo Pisacane, l’unico personaggio a possedere ancora le esplicite connotazioni di una maschera della commedia dell’arte. In questo senso, la commedia all’italiana non si pone in contrasto con l’umorismo degli anni Trenta, ma ne rappresenta anzi il compimento. Essa, infatti, si colloca negli spazi lasciati vuoti dalla scomparsa del teatro di rivista, dei periodici satirici e della canzonetta, prodotti che «intende anzi unificare rivolgendosi a un pubblico medio e trasformando certi assunti reazionari, in assunti progressisti» [Giacovelli 1995, p.11]. Secondo tempo. Il “Marc’Aurelio” del dopoguerra (1948-1954) Benché l’occupazione militare successiva all’armistizio avesse posto fine alle testate che avevano caratterizzato il Ventennio, la stampa satirico-umoristica ebbe in brevissimo tempo dei successori. Si devono a tale proposito distinguere due micro-periodi. Il primo, che arriva fino al 1947-48, in cui l’offerta ricalcò quelle del periodo pre-fascista. Con l’esclusione de “L’Uomo Qualunque” (1944 - 1948), del “Don Basilio” (1945 - 1950), del “Candido” (1945 1961) e del “Travaso delle idee” ((1946 -1966) le cui pubblicazioni durarono diversi anni, a un intenso dinamismo editoriale corrispose la fragilità delle singole iniziative e una diffusione prevalentemente regionale. In questi anni la fluidità della situazione internazionale permise linee editoriali diversificate. Il secondo periodo va dal 1948 fino al 1954. Durante questi anni si assistette a una
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semplificazione dell’offerta. Coerentemente con quanto accadde in altre industrie culturali, il giornalismo satirico-umoristico mostrò una relativa continuità con il periodo precedente sotto molteplici aspetti: nel formato dei prodotti (quello quotidiano), in un atteggiamento conservatore (quando non criptofascista) e nelle persone che ne componevano le redazioni [Colombo 1998, Forgacs 1992]. Senza addentrarsi nella descrizione delle testate che fiorirono in quel periodo, va sottolineato che la Roma liberata dagli alleati fu tra le città più attive in campo editoriale. A poco più di un mese dalla liberazione, risultavano autorizzati 57 fra quotidiani e periodici che, a fine agosto, salirono a 84 sui 300 presenti in tutta la parte liberata dalla penisola. In questo contesto Enrico De Seta ebbe l’idea di avviare in Via Nazionale, in società con Fellini e altri vignettisti, il Funny Face Shop, dove i soldati americani potevano farsi fare la caricatura. Gli affari continuarono a gonfie e vele fino al 1945, quando Gugliemo Guasta, calate le saracinesche della “bottega”, riprese a dirigere il “Travaso delle idee”. “Marc’Aurelio” tornò in edicola il 16 marzo 1948 per i tipi delle Edizioni Vecchio Marc’Aurelio. Vito De Bellis era diventato proprietario della testata. Le pubblicazioni ripresero nel segno della continuità; restarono immutati la periodicità bisettimanale, il formato “quotidiano”, il numero delle pagine (quattro) e la struttura grafica. L’ultima pagina – intitolata “Ecco i nostri” – testimoniava il legame con il passato, riproponendo alcuni personaggi e rubriche comparsi a partire dal 1939. La redazione fu in parte rinnovata. Sul versante dei testi, Age (Agenore Incrocci) affiancò Steno e Brancacci. Mentre tra i vignettisti, Attalo, Barbara e De Seta furono affiancati da Artioli, Giammusso, Scarpelli e Vighi. In questi stessi anni fece la sua comparsa in redazione anche Ettore Scola. Oltre al giornale, De Bellis diede vita a una serie di pubblicazioni parallele che andarono sotto il nome di Collana Umoristica del Marc’Aurelio. All’interno di questa iniziativa vanno ricordate le pubblicazione di almeno due album a fumetti a opera di Vighi, parodia di classici della letteratura: I Promessi Sposi (da un’idea di Alessandro Manzoni per la sceneggiatura di Scola e Veo) e Frankenstein & C. Tornata la libertà di stampa, ricomparve sul giornale la satira politica nazionale. Il “Marc’Aurelio” di questi anni si caratterizzava per strizzare l’occhio al qualunquismo e per una posizione anticomunista. In realtà la situazione all’interno della redazione era “politicamente articolata”; “alcuni collaboratori erano dichiaratamente di sinistra (Age, Scarpelli, Maccari e Verdini), ma il direttore Vito De Bellis teorizzava che le vignette non hanno colore politico e metteva in atto una par condicio fra destra governativa e comunisti all’opposizione: per controbilanciare una battuta su Alcide De Gasperi, bisognava metterne in pagina una di uguale peso su Palmiro Togliatti” (Masi 2006, p. 11). Da un lato quindi predomina un sentimento di sfiducia verso la nuova classe politica, portatrice di interessi personali e incapace di mantenere le sue promesse. In una vignetta del 27 maggio 1951, intitolata E’ sempre la stessa musica, un politico legge il suo discorso: “... le elezioni di questo 18 Aprile 1948 segneranno per voi…”. Commenta quindi al suo
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fianco un altro membro: “Cretino, te lo avevo detto di cambiare almeno le date!”. Dall’altro si irridono i comunisti che ricevono precisi ordini dall’Unione Sovietica. In realtà il giornale non si trattiene dal mettere in risalto i vizi degli italiani. L’11 novembre dello stesso anno in una vignetta intitolata “Se siamo stati sinceri col censimento come lo siamo stati col fisco”, l’incaricato dei conteggi esultante risponde alla domanda su quanti sono gli italiani: “Settantotto”. Il 9 ottobre del 1950, “Marc’Aurelio” passò da bisettimanale a settimanale. Le pagine aumentarono da quattro a sei, così come il prezzo da 20 a 30 lire. Fu il primo di una serie di cambiamenti che testimoniano le difficoltà del giornale. Nell’agosto del 1952 era uscito un primo numero speciale a colori, che, assunta periodicità mensile, si accompagnò al settimanale proseguendone la numerazione. Ma già a novembre dello stesso anno lo speciale uscì a cadenza quindicinale, sostituendo completamente l’edizione settimanale. Nel 1953 il giornale passò in formato in ottavo, come era stato già per Candido. Infine il giornale sparì dalle edicole nell’ottobre del 1954, dopo che in estate era tornato mensile. Terzo tempo. L’autunno dell’imperatore (1955-1959) “Marc’Aurelio” tornò nelle edicole il 20 gennaio del 1955. Corrado Tedeschi, grazie alla mediazione di Primo Parrini, distributore delle sue fortunate pubblicazioni enigmistiche, ottenne in prestito la testata senza che De Bellis pretendesse una percentuale su eventuali guadagni, con la sola clausola di restituirla quando fossero cessate le pubblicazioni. Il filo rosso che lega questo “Marc’Aurelio” ai precedenti è sempre più sottile. Prima di tutto dal punto di vista della politica, “Marc’Aurelio” non si limita a fare satira, ma diviene luogo di espressione della originale proposta del suo editore. Prima ancora dell’acquisizione della testata, nel 1953, Corrado Tedeschi e Ugo Cavallini si erano fatti promotori a Firenze di una nuova entità politica, il Partito Nettista Italiano. Il nome derivava da N.E.T., ovvero “Nuova Enigmistica Tascabile”, la più fortunata tra le testata di Tedeschi. Il partito, che strizzava l’occhio a “L’Uomo Qualunque” di Guglielmo Giannini, si caratterizzava per un programma goliardico e surreale. Questo aspetto è confermato dal fatto che veniva anche detto “partito della bistecca”: non solo perché sullo stemma figurava una vitella e il suo inno era un muggito di mucche, ma anche perché il suo programma prevedeva tra i suoi 12 punti, l’erogazione a ogni cittadino di una bistecca al giorno. Il Partito Nettista si presentò regolarmente alle elezioni politiche del 7 giugno 1953 alla Camera dei Deputati riscuotendo 4.305 voti validi. A partire dal 1955, Tedeschi tenne sul rinato “Marc’Aurelio” una nota politica in cui espose le proprie idee utopiche sul futuro assetto di un mondo pacificato per mezzo di un governo di tecnici, conseguenze ultime del pensiero maturato negli anni precedenti. In secondo luogo, nonostante Tedeschi più volte ribadisse che “Marc’Aurelio” era un giornale satirico-umoristico, la tipologia dei contenuti fa pensare più a un magazine pensato per quella generazione (soprattutto maschile) che era stata giovane negli anni Trenta.
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Questo nuovo posizionamento non deve essere letto come un “tradimento” nei confronti della storia del giornale. Piuttosto deriva da una duplice contingenza. In primo luogo da una redazione che – ereditata insieme alla testata – era composta prevalentemente di vignettisti, giornalisti e scrittori, ma non vedeva tra i suoi ranghi veri e propri autori comici (battutisti o gagman, che erano stati uno degli assi portanti del giornale negli anni precedenti). In secondo luogo, dalla consapevolezza da parte dell’editore che il giornale, in qualche modo, doveva adattarsi ai tempi che cambiavano. Forse, forzando l’interpretazione, si potrebbe dire che l’imprenditore Tedeschi aveva colto l’opportunità di avvalersi di un marchio affermato nel settore dell’editoria, ma allo stesso tempo aveva capito che il giornale avrebbe potuto avere una nuova chance solo trasformandosi (altrimenti De Bellis non avrebbe cessato le pubblicazioni). Se questo esperimento non ebbe successo fu, come vedremo più avanti, per una serie di circostanze in larga parte dovute ai cambiamenti socio-economici dell’Italia di quegli anni. Tedeschi in sostanza agì sul formato, supponendo che il target a cui il prodotto si rivolgeva esistesse ancora. Non è un caso che le pubblicazioni regolari del giornale cessino nel 1959, ovvero in coincidenza dello scoppio del boom economico che segna l’entrata definitiva del nostro paese nella modernità e con la comparsa sulla scena dei “giovani” come classe sociale. Ma torniamo alla storia della testata. Tedeschi rilanciò il giornale in ottavo, movimentandolo dal punto di vista grafico e cercando di coinvolgere i lettori tramite concorsi, sollecitandoli a rispondere alle domande che poneva loro direttamente o invitandoli a diventare corrispondenti dalle loro città. Per compensare il gran numero di vignette Tedeschi pubblicò alcune delle rubriche che avevano avuto successo negli anni Trenta (Giovanni Mosca si lamentò a proposito della comparsa di alcuni suoi scritti, pregando Tedeschi di evitare ulteriori riedizioni). Ma quelle stesse rubriche e vignette che avevano rappresentato un importante fatto di costume non incontravano più il gradimento del pubblico più giovane. Nelle lettere degli studenti si lamenta la vacuità delle avventure dei marinai, uscite dalla penna di A.G. Rossi o del Teatrino di Vittorio Metz. Benché Attalo e Barbara continuassero a godere di un vasto seguito, il disegnatore più amato dai giovani divenne Vittoriano Vighi, con i suoi omini dal naso a palloncino. Il 30 aprile del 1956 (a poco meno di 4 mesi dalla sua uscita), il giornale passò in formato tascabile (adeguandosi al formato delle pubblicazioni enigmistiche), per poi trasformarsi a dicembre in formato magazine (appunto) con copertina a colori. Quest’ultimo formato fu mantenuto fino ai primi mesi del 1957, quando ebbe inizio un’incessante serie di cambiamenti che perdurarono fino alla cessazione delle pubblicazioni regolari, nel 1959. Proprio perché Tedeschi intuisce che il “suo” “Marc’Aurelio” deve essere diverso dal precedente, nonostante le basse tirature, il giornale si mostra come redazionalmente “vivo”, sia dal punto di vista del linguaggio, sia dal punto dei vista dei contenuti. Sotto il primo aspetto valga l’esempio de “Le memorie di Stalin”, pubblicate dal 2 maggio al 2 giugno 1956. Curatola e Castellano creano un controllato cortocircuito tra la parodia del genere autobiografico e le potenzialità grafico-editoriali offerte dal rotocalco.
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Un riquadro chiarisce che si tratta de: La vita e le opere del dittatore scritte da lui stesso e consegnate in punto di morte a Beria, che attraverso indescrivibili vicende sono giunte da oltre cortina portate da un marinaio di Shangai a Napoli e consegnate a un agente segreto della nostra organizzazione. Non neghiamo che abbiamo apportato qualche leggera modifica al testo integrale di Stalin per renderlo adatto al “Marc’Aurelio”. La parodia della vita di Stalin (in cui quelle che appaiono stranezze personali e fatti ridicoli vengono dipinti come indizi di futura grandezza o grandi successi) si accompagna all’utilizzo del fotomontaggio (sul corpo del neonato Stalin campeggia la sua faccia di adulto) e alla creazione di documenti fasulli. Dal punto di vista dei contenuti “Marc’Aurelio” recepisce i nuovi fenomeni di costume. La televisione diviene uno dei temi affrontati dal giornale sotto forma di vignetta, raccontini ironici o critica ai programmi (spesso stroncature). Uguale attenzione viene concessa al cinema anche grazie ai buoni agganci della redazione con questo ambiente. Spesso i reportage vengono accompagnati da fotografie in bianco e nero di attrici del momento (Sofia Loren) in lingerie, che si affiancano quindi alle procaci donne di Barbara che avevano rappresentato l’ossatura dell’imagérie erotica del giornale fino a quel momento. Chiusura. Morte e rinascita della stampa satirico-umoristica Per il 1957-1958, l’Annuario della Stampa Italiana censisce 11 testate satirico-umoristiche. Un numero assai modesto, che si riduce ulteriormente l’anno successivo con la chiusura delle pubblicazioni dello stesso “Marc’Aurelio” e tre anni più tardi con quella del “Candido” (1961). Vita un po’ più lunga ebbe “Il Travaso delle idee”, che continuò le sue pubblicazioni fino al 1966. Significativamente, l’anno precedente aveva iniziato le sue pubblicazioni “Linus”. Le ragioni della crisi della stampa satirico-umoristica, di cui “Marc’Aurelio” rappresenta un illustre esempio sono molteplici. In primo luogo la fine di un controllo politico preventivo sui contenuti editoriali aveva privato i fogli satirici del monopolio dell’anticonformismo. La satira politica e la vignetta umoristica avevano infatti cominciato a fare la loro comparsa anche su quotidiani e periodici non specializzati. Ciò non significava che lo Stato non intervenisse con sequestri (che potevano mettere in crisi le piccole case editrici), ma questi furono attuati soprattutto contro le “troppo scollacciate donnine” che comparivano tra una battuta e l’altra. Un secondo elemento fu l’affermazione del cinema e della televisione. Tale concorrenza ebbe un duplice impatto. Da un lato sul lavoro di redazione. De Bellis e Brunner, a oltre quindici anni di distanza l’uno dall’altro, notavano come i crescenti e più redditizi impegni presi con le case di produzione cinematografiche portavano i redattori a disertare le riunioni di redazione e a diminuire l’intensità della collaborazione. Dall’altro il pubblico cominciava a migrare verso altre forme di consumo mediale, mostrando di gradire quei
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prodotti scritti e realizzati da quegli stessi redattori. Terzo e ultimo elemento furono i cambiamenti sociali. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta si pongono le basi per quella netta frattura generazionale che sfocerà nella contestazione giovanile. I giovani reclamavano una specifica identità che si manifestava anche in un diverso consumo mediale. In questo senso ha ragione Giulio Brunner quando afferma che Tedeschi non aveva compreso che il pubblico a cui quel tipo di pubblicazione si rivolgeva non esisteva più. Ciò non significa che il giornalismo satirico scomparve, ma cambiarono forme e contenuti. Alla metà degli anni Sessanta tornò nelle edicole – grazie a “Linus” - contestatario e con un nuovo colore, quello della sinistra, per poi re-inabissarsi e tornare prodotto di nicchia negli anni Settanta. La crisi del “Marc’Aurelio” (inteso come singola testata o come esempio per indicare una più ampia esperienza editoriale) ha un valore rivelatore. Ponendo un punto fermo permette di rileggere quella produzione in un duplice senso. Da un lato come prodotto di un preciso contesto economico, sociale e culturale. In altri termini sono le condizioni storiche che hanno permesso a una specifica iniziativa industrial-culturale di nascere, crescere e svilupparsi. Dall’altro lato come testimonianza, per cui il successo e la persistenza del prodotto raccontano qualcosa delle generazioni più mature e del nostro passato.
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Vito De Bellis 26 Bellis) (Archivio F. De
L’altro Marc’Aurelio di Fabiana De Bellis
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ono ormai diversi anni che studio il “Marc’Aurelio”. Sottolineo questo approccio perché tra le pagine del “Marc’Aurelio” ci sono cresciuta. Nonostante il giornale avesse smesso le pubblicazioni da oltre un ventennio1 mio nonno, Vito De Bellis, ha continuato per tutti i suoi anni a venire a interessarsi di periodici umoristici – e non solo – collezionando bozzetti e articoli. La sua casa era un museo intitolato alla satira con alle pareti disegni che portavano le firme di Attalo, Barbara, Guareschi…. E così tutte le nostre case, intendo quelle dei figli e dei nipoti, dall’inconfondibile corridoio tappezzato da vignette d’autore. Per chi cresce in un ambiente simile, tutte quelle immagini e articoli sono un “fatto naturale”. Ci sono voluti degli anni (e soprattutto dei pretesti) per convertire il mio assorbimento passivo in sguardo critico. Il primo pretesto mi fu offerto da Delfina Metz, figlia di Vittorio, che già nel 1973 aveva tentato una nuova avventura del “Marc’Aurelio” e che aveva deciso di rimbarcarsi nel progetto più di venticinque anni dopo. Nasceva così “Marcaurelio 2000”, un foglio meno fortunato del suo predecessore che resistette nelle edicole solo qualche numero. In redazione Melanton, Ippoliti e la generazione dei nipoti con la rubrica Marco e Aurelia dove Filippo Metz ed io scribacchiavamo in duetto delle storielle. Al di là della brevissima vita del giornale, questo fu il primo momento in cui guardai al lavoro di mio nonno con una diversa prospettiva. Il secondo pretesto fu del tutto casuale. Trovai in una vecchia cassapanca una raccolta di annate del “Marc’Aurelio”, unitamente a decine di vignette che non avevo mai visto prima. Decisi allora di catalogare questi materiali, operazione che mi ha impegnata per molto tempo e che ha dato seguito a una serie di lavori intitolati al giornale2 di natura storica, interpretativa, analitica. Ho lasciato da parte gli aspetti più aneddotici, intenta nel riportare alla luce il percorso del giornale, facendo anche chiarezza su lacune o inesattezze che avevo riscontrato in alcuni scritti che avevano trattato il “Marc’Aurelio” in precedenza. Sento ora invece il piacere di condividere quegli aspetti più personali per recuperare anche una memoria affettiva che rischia di essere persa e che è uno degli elementi che posso aggiungere agli studi sul giornale riportandone una voce inedita. La mia è una memoria che mi vede spesso come testimone indiretta perché nella storia 1)Mio nonno è stato direttore del “Marc’Aurelio” fino al 1954. In seguito la direzione passò a Corrado Tedeschi.
2) A gennaio del 2010 ho curato una mostra delle vignette del “Marc’Aurelio” all’Acquario Romano, Casa dell’Architettura di Roma. Nel 2013 ho presentato una rubrica dal titolo Marc’Aurelio per il programma televisivo R.A.M. andato in onda su RAI Storia. Nel 2015 ho presentato al Taormina Film Festival il documentario L’imperatore di carta. Nascita di Fellini e della commedia all’italiana, scritto con Francesca Reggiani. Ad aprile del 2016 ho discusso la mia tesi di dottorato sul “Marc’Aurelio” presso l’Università di Losanna, lavoro che ha ottenuto l’imprimatur per la pubblicazione.
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del “Marc’Aurelio” inteso come macrocosmo - e cioè periodico e scuola di cinema – ci sono capitata di traverso, tramite i racconti di mio padre che sosteneva che mio nonno e Luigi Pirandello avessero avuto un costante scambio epistolare3, che Pipolo, divenuto collaboratore fisso del “Marc’Aurelio” fosse reticente a lasciare la banca presso la quale era impiegato e mio padre e Castellano, che ne avevano intuito il talento, scrissero in sua vece una lettera di licenziamento restando poi a lui legati per anni (Castellano lavorando in coppia con lui e mio padre prendendo parte come attore al film di Mastrocinque Diciottenni al sole, scritto appunto dai due sceneggiatori). Ho per lungo tempo considerato questi racconti impubblicabili non aggiungendo nulla ai miei studi critici sul “Marc’Aurelio” ed essendo inoltre affidati a una memoria orale. Oggi mi rendo invece conto che tutte queste piccole informazione, vere o false che siano (o con molta più probabilità alterate dagli anni), sono invece una fonte importante per comprendere lo spirito della redazione. Emerge un gruppo che era solito scambiarsi idee, progetti, battute, sostenersi e correggersi e soprattutto divertirsi insieme – fu tra l’altro la stessa squadra che si riversò a Cinecittà firmando centinaia di pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano. Del gruppo “Marc’Aurelio” sentii parlare anche da mio nonno materno che, pur non avendo un legame di amicizia con Vito De Bellis, prese parte al cast tecnico di una serie di film di ex redattori del giornale tra cui la saga intitolata agli eroi di Guareschi Don Camillo e l’onorevole Peppone. Uno scambio più diretto l’ho invece avuto con Pipolo, Monicelli e Scola, con il primo prendendo parte ad alcuni film per la TV, con Monicelli attraverso lunghe chiacchierate al telefono sul “Marc’Aurelio” e con Scola in occasione del suo ultimo film e del mio documentario. Scola mi chiamò e ci incontrammo a casa di mia madre dove, in mezzo alle vignette e pagine del “Marc’Aurelio”, ci scambiammo ricordi (Scola) e studi e materiali (io) rimettendo su la redazione del giornale che poi è finita nel suo Che strano chiamarsi Federico e nel mio L’imperatore di carta. Credevo di essere arrivata a destinazione, di aver esaurito ogni discorso sul “Marc’Aurelio”. Mi accorgo ora che ci sono tante storie che meritano di essere ricordate e che raccontano il giornale più da vicino e dietro le quinte ed è proprio dentro quelle storie che si è sviluppata la “storia” del “Marc’Aurelio”, quella che leggiamo nei raccontini e nelle strisce satiriche sfogliando le pagine del giornale.
3) Non ho modo di confermare la veridicità di quest’affermazione, ma è certamente vero che mio nonno ricevette almeno una lettera da parte di Luigi Pirandello. A questo proposito si veda Angelo Olivieri, L’imperatore in platea. I grandi del cinema italiano dal Marc’Aurelio allo schermo, Bari, Edizioni Dedalo, 1986, p. 74.
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Riunione di redazione al Marc’Aurelio (dicembre 1952). Da sin.: Veo , Scola, Todini, Vighi, Direttore, Palermi, Zeppegno (Archivio Massimiliano Vighi).
Riunione di redazione al Marc’Aurelio (dicembre 1952). Da sin.: Veo , Scola, Todini, Vighi, Direttore, Palermi, Zeppegno, Curatola, Fasan, Dipas, Castellano (dicembre 1952) (Archivio Massimiliano Vighi).
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Attalo................................................................ pag. 30 Girus................................................................ pag. 35 Aglò.................................................................. pag. 70 Ber.................................................................... pag. 75 Biamonte........................................................ pag. 76 Congiu............................................................. pag. 78 Danilo.............................................................. pag. 80 Dipas............................................................... pag. 92 E. Carretti...................................................... pag. 93 G. Vitelli.......................................................... pag. 94 Giam................................................................. pag. 95 Giuliano........................................................... pag. 97 HaÍm................................................................ pag. 98 Morgione....................................................... pag. 105 Parker............................................................. pag. 106 Pipolo............................................................. pag. 108 Pippo Coco................................................... pag. 110 Vighi................................................................. pag. 114 Walti.................................................................. pag. 115 Anonimo........................................................ pag. 132 NCTN - Numero catalogo generale. è un numero di otto cifre assegnato dall'ICCD (Istituto Centrale per la Catalogazione e la Documentazione) a ciascun bene catalogato, secondo l'ordine progressivo relativo ad una determinata Regione. 30
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Attalo
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[1]
1 - Attalo (Gioacchino Colizzi) [attribuito a], Befana Comunista, «Noi ci battiamo per l’uguaglianza dei diritti dell’uomo.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 153x241 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 131, NTCN: 1056435 33
[2]
2 - Attalo, (Gioacchino Colizzi), [Il pesce luna], «E tu pallida luna perché sei tanto triste...». Il pesce luna: «C’è poco da sfottere!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 230x180 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 68, NCTN: 1056375. 34
[3]
3 - Attalo (Gioacchino Colizzi) [attribuito a], [Asfaltata], «Giorni addietro, quando io ti dissi che mia moglie era una terribile brontolona, tu mi rispondesti di passarci sopra: ebbene ci sono passato!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 214x162 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 130, NTCN: 1056434. 35
[4] 36
Girus [5]
4 - Attalo (Gioacchino Colizzi), «Le maschere cambiano ma i duellanti sono sempre gli stessi.» seconda metà sec. XX, tecnica mista: tempere, matite su cartoncino avorio, 355x250 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 67, NCTN: 1056375.
5 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Imputato alla TV inglese – l’aumento della criminalità (Così i giornali), «Qui in Italia questo non potrà mai succedere, però fa aumentare la cretinaggine per i suoi programmi idioti...» seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 208x131 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 158, NTCN: 1056460. 37
[6] 38
[7]
6 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], La Vignetta surrealistica. Il prezzo della benzina immutato fino a settembre. «Ma la crisi di Suez non è finita da un pezzo?» «E che ne so io? Domandalo a quello dei cani a sei zampe?», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 208x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 160, NTCN: 1056462.
7 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], L’anno geofisico, «Caldo e freddo in combutta per fare più danni.» «Aspetta che ti do una mano!...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 265x125 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 161, NTCN: 1056463.
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40
[8]
8 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Scambio di turisti tra l’U.R.S.S. e l’Italia, «Mentre in Italia i turisti sovietici possono liberamente girare per godersi le nostre bellezze, agli italiani che vanno in Russia è concesso di portare la propria macchina, ma dovranno procedere in autocolonna e scortate. (Visione panoramica dei nostri connazionali che andranno in Russia)», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 145x223 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 159, NTCN: 1056461. 41
[9]
9 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Per i riti annuali del successore, «Il principe Kharim, Aga Khan IV, intensifica l’alimentazione per acquistare l’obesità e il peso del suo avo per quando i seguaci offriranno pietre e metalli preziosi pari al peso del corpo di lui.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x296 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 162, NTCN: 1056464. 42
43
[10]
10 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], L’intervista di Kruscev alla TV americana ossia Business is Business, «La riposta di Ike...!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 185x297 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 163, NTCN: 1056465. 44
45
[11]
11 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Primati sovietici, «Si vantano che il socialismo abbia inventata la “luna” artificiale...» «Anch’io sono una delle loro invenzione e sono finito in soffitta...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x213 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 166, NTCN: 1056468. 46
12 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Incontri a Mosca, Longo (a Duclos): «Anche tu, compagno, sei venuto a prendere gli ordini del padrone?», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata extra strong, 220x140 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 165, NTCN: 1056467.
[12]
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[13]
13 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], L’inaugurazione dell’anno Geofisico è stata solennemente caratterizzata da un tremendo terremoto durato più di due minuti e con diversi scoppi solari ed altri catastrofe del genere”. (dai giornali), «Il Mondo (prendendo le sue precauzioni d’uso): Accidempoli come sono potenti questi studiosi di Geofisica!...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x296 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 164, NTCN: 1056466. 49
[14]
14 -Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Di questo passo, «Wanda Osiris, Marlene Dietrich, Barbara Stanwyck, Joan Crawford, Tina Pica, Isa Miranda ed altre...» «Il nostro turno è prossimo!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 167, NTCN: 1056469. 50
[15]
15 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Il matrimonio messicano di Sophia per procura, «Hai letto? Vogliono molti figli...» «Chissà quanti messicanini avranno per procura!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x149 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 168, NTCN: 1056470. 51
[16]
16 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Continuano le polemiche scandalistiche su le “donne al Parlamento” di Aristofane (Così i giornali), Teresa Noce: «Ma guarda un po’ e di noi che siamo in Parlamento nessuno se ne occupa...» Nilde Jotti: «Dobbiamo elevare protesta anche noi contro queste donne al Parlamento di Aristofane...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 169, NTCN: 1056471.
52
[17]
17 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Le dichiarazioni sul reddito, «Il compagno Palmiro è riuscito ad essere esentato come contribuente dato che il suo reddito è al disotto del minimo imponibile...» «Si vede che lui non ha che fare col fondo annuo di 30 miliardi e rotti che il P.C.I. dispone...», seconda metà sec. XX , inchiostro e acquerello su carta avorio, 209x150 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 172, NTCN: 1056474.
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[18]
18 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], In Francia dilaga un misterioso morbo, Marianna (al suo medico curante Bourgès-Maunoury): «Ma il morbo misterioso peggiore non è quello politico?», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x150 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 171, NTCN: 1056473.
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[19]
19 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], A Vallombrosa, «Perché hanno scelto questo posto?» «Per lavorare nell’ombra... oppure! Nell’ombra si lavora meglio!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 208x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 170, NTCN: 1056472.
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[20]
20 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], La tassa sui gatti istituita in USA, «Se la istituisse lei, on. Andreotti, risanerebbe le casse dello Stato Italiano...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 136x229 mm, Fondo Giulio Brunner n° inventario 173, NTCN: 1056475. 57
[21]
21 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Soraya e Lollo a Losanna, per il solito motivo, Lollo (ai giornalisti convenuti per l’ennesima conferenza stampa) - «Ecco, non puoi fare una cosa che subito te la copiano….», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 209x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 174, NTCN: 1056476.
58
[22]
22 - Girus (Giuseppe Russo), Nuovi orizzonti della letteratura inglese, Lo zio Beppe « (cancellato nell’originale: Gli editori inglesi pubblicheranno un libro sul Caso Montesi:) Ma allora avrò a che fare anche con le sorelle delle signore inglesi!....», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x148 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 175, NTCN: 1056477.
59
[23]
23 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Splendori e miserie dell’India favolosa, Aga Can: «Toh! Ma guarda quel povero Nehru (così nell’originale, ndr.); per fare economia va in vespa!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 296x209mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 177, NTCN: 1056479.
60
[24]
24 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Tra falsari,«Ragazzi, avete sentito? Il Ministro Medici ci vuol dare scacco, emettendo le nuove monete d’argento da 500 lire di pari importo…» «E noi, daremo scacco a lui, raddoppiando la tiratura!...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 199x139 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 176, NTCN: 1056478.
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[25]
25 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], A chi le spara più grosse, «Ed il giuoco continua fino a quando non si stancheranno di scocciare l’umanità. Oppure “A chi le spara più grosse… ...per fregare meglio l’umanità.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 297x210 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 179, NTCN: 1056481. 62
[26]
26 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Toh! Guarda: la luna nel pozzo?, «Hanno inventato in Russia un nuovo metodo per veder meglio la luna...» «Ma c’era proprio (da) far tanto chiasso per questo?», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 296x210 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 178, NTCN: 1056480. 63
[27]
27 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Asiatica parlamentare, «Ce la facciamo la vaccinazione per farlo resistere ancora?» «A che vale? Tanto dovrà vivere per forza d’inerzia fino alla prossima legislatura..», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 296x210 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 180, NTCN: 1056482.
28 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], [Il colore del monocolore], «Urgentemente convocati a Roma, i più famosi e più quotati pittori italiani si sono riuniti in Piazza del Gesù, dove l’on. Fanfani, dopo essersi complimentato con tutti, ha chiesto la loro fattiva collaborazione, per la soluzione di un problema di importanza capitale. “Abbiamo il monocolore – egli ha detto – ma non sappiamo ancora che colore dobbiamo dargli…”», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 296x262 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 189, NTCN: 1056491.
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29 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], El Tornado al Polesine e il ritornato a Montecitorio, «I recenti alluvioni e gli straripamenti continui hanno contribuito a rafforzare la posizione del Governo Zoli ch’era vacillante.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 165x209 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 182, NTCN: 1056484. 66
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[30]
30 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], Potenza ormonica,«A Copenaghen, alcuni medici mentre eseguivano esperimenti in laboratorio si son visti sviluppare caratteri muliebri nel respirare particelle di ormoni femminili diffusi nell’aria. (Così i giornali)» «Come si entra... e come si esce.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x296 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 183, NTCN: 1056485. 69
[31]
31 - Girus (Giuseppe Russo) [attribuito a], La guerra fredda continua, Non gli bastano quelli naturali ha bisogno dei satelliti artificiali...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 210x296 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 181, NTCN: 1056483. 70
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Aglò [32]
32 - Aglò (O. Morano), [Napoleone], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 70, NCTN: 1056377. [33]
33 - Aglò (O. Morano), [Aggiornamento], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 72, NCTN: 1056379.
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[34]
34 - Aglò (O. Morano), [L’incendio], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 75, NCTN: 1056382. [35]
35 - Aglò (O. Morano), [La Pioggia], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 71, NCTN: 1056378.
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[36]
36 - Aglò (O. Morano), [Prudenza], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 73, NCTN: 1056380. [37]
37 - Aglò (O. Morano), [La botte], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 74, NCTN: 1056381. 74
[38]
38 - Aglò (O. Morano), [Il salvagente], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 78, NCTN: 1056385. [39]
39 - Aglò (O. Morano), [Sotto la pioggia], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 76, NCTN: 1056383. 75
[40]
40 - Aglò (O. Morano), [Salvataggio], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 79, NCTN: 1056386. [41]
41 - Aglò (O. Morano), [Ultimo naufrago], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata, 140x220 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 77, NCTN: 1056384. 76
Ber [42]
42 - Ber°. (Vinicio Berti), [Incensurabili! (Si spera che i benpensanti denunciatori siano (illeggibile)], «è l’ora tua figliola mia! Fattete sotto!» «Pussa via!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 345x265 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 133, NTCN: 1056437. 77
Biamonte [43]
43 - Biamonte (Ermanno Biamonte), [Senza parole], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 182x207 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 81, NCTN: 1056388. 44 - Biamonte (Ermanno Biamonte), [Perplessità], «Perché fai quella faccia se ancora non sai cosa voglio fare?», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 182x269 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 82, NCTN: 1056389. 45 - Biamonte (Ermanno Biamonte), Asiatica, «Posso offrirle un’aspirina?», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 166x132 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 80, NCTN: 1056387.
[44]
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[45]
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Congiu
[46]
46 - Congiu (Mariano Congiu), Gioventù bruciata, «Gigino, vuoi o non vuoi andare a letto?!» «Perché, sai già il suo indirizzo?», seconda metà sec. XX, inchiostro e pennarello nero su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 168x242 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 134, NTCN: 1056438.
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[47]
47 - Congiu (Mariano Congiu), Vita da cani, «Lo sportivo», seconda metà sec. XX, inchiostro e pennarello nero su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 168x240 mm, firmato in alto a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 135, NTCN: 1056439.
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Danilo
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[48]
48 - Danilo (Danilo Aquisti), Senza parole, seconda metà sec. XX, tempere su cartoncino crema, 160x225 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 83, NCTN: 1056390. 83
[49]
49 - Danilo (Danilo Aquisti), [Rapina a Babbo Natale], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 125x168 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 87, NCTN: 1056394.
[50]
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50 - Danilo (Danilo Aquisti), Portiere, cartoline sonore, «Accidenti! Con tutte queste “cartoline sonore” bisogna proprio che mi decida a comperare un giradischi!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 86, NCTN: 1056393.
[51]
51 - Danilo (Danilo Aquisti), [Il fuggitivo], «Mi faccia il pieno, ho molta fretta!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 171x235 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 84, NCTN: 1056391.
52 - Danilo (Danilo Aquisti), [Pettinatura originale],«Sarà bizzarra come pettinatura, però in quel modo evita la spesa dell’albero!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 88, NCTN: 1056395.
[52]
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[53]
53 - Danilo (Danilo Aquisti), [Una lira], «Quasi, quasi me ne vado in Inghilterra...», seconda metà sec. XX, collage e inchiostro su carta crema, 178x178 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 85, NCTN: 1056392. 54 - Danilo (Danilo Aquisti), [In fuga], «Va bene... Va bene, Carletto! Adesso torna a casa e papà tuo, domenica ti porta alla partita!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 149x200 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 89, NCTN: 1056396. [54]
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[55]
55 - Danilo (Danilo Aquisti), Avvocati, «è stata dura, giovanotto, ma ce l’abbiamo fatta...» «Mi hanno riconosciuto innocente?» «Questo, no... ma tra 15 anni ho ottenuto di farla trasferire in un penitenziario più confortevole!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 200x100 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 93, NCTN: 1056400. 87
[56]
56 - Danilo (Danilo Aquisti), [Regalo di Natale], «Lo so bene che non è una lettura adatta per lui, ma cosa devo fare se quello è l’unico regalo che mi ha chiesto per Natale?», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 92, NCTN: 1056399.
[57]
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57 - Danilo (Danilo Aquisti), [L’accendino], «Buon Natale!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 90, NCTN: 1056397.
[58]
58 - Danilo (Danilo Aquisti), [La banana], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 98, NTCN: 1056405.
59 - Danilo (Danilo Aquisti), [Coccole], «è un cane che fa subito amicizia...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato al centro a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 91, NCTN: 1056398.
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60 - Danilo (Danilo Aquisti), [L’autista], «Va bene... Va bene... per questa volta ti riassumo come autista, ma non pensare di avermi commosso con quella trovata!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema. 150x200 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 97, NTCN: 1056404.
[61]
90
61 - Danilo (Danilo Aquisti), [Abeti], «Come sarebbe a dire: “Non me ne frega niente dell’albero di Natale?”», seconda metà sec. XX , inchiostro su carta crema , 150x200 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 96, NTCN: 1056403.
[62]
62 - DANILO (Danilo Aquisti), [Bacio sotto il vischio], «Allora io le ho detto: -Lo sai che un bacio sotto il vischio, non si rifiuta a nessuno?» «... e lui è svenuto!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 95, NTCN: 1056402.
63 - DANILO (Danilo Aquisti), [Portineria], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 94, NTCN: 1056401.
[63]
91
[64]
[65]
92
[66]
64 - Danilo (Danilo Aquisti), Case moderne, «Oggi si sente più caldo... L’inquilino del piano di sopra deve essersi messo la maglia di lana!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 175x243 mm, firmato al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 101, NTCN: 1056408.
65 - Danilo (Danilo Aquisti), [Aerei di carta], «Temo proprio, signore che suo figlio non abbia nessuna predisposizione per la musica...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 160x225 mm, firmato al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 100, NTCN: 1056407.
66 - Danilo (Danilo Aquisti), [Diverbi], «Ho saputo che con tua moglie non andate molto d’accordo...» «Sciocchezze... abbiamo avuto qualche scambio di parole, ed io ho sparato un paio di revolverate...ma poi basta!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta crema, 150x200 mm, firmato al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 99, NTCN: 1056406.
93
Dipas [67]
67 - Dipas (Adriano Di Pasquale), Condannato a Marte, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 335x250 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 63, NCTN: 1056370. 94
68 - E. Carretti (Enzo Carretti), [Soffitto stile rococo], «Richiamerò ora la vostra attenzione su questo meraviglioso soffitto in stile rococò.», seconda metà sec. XX, tecnica mista: tempere e collage su cartoncino avorio, 345x250 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 66, NCTN: 1056373.
Carretti [68]
95
Vitelli
[69]
69 - G. Vitelli (Gaetano Vitelli), [Al Varietà], «Che sia d’accordo con mia moglie?...», seconda metà sec. XX, inchiostro su cartoncino avorio, 145x233 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 69, NCTN: 1056376.
96
70 - Giam (Hugo Giammusso), [Povero mondo], seconda metà sec. XX, tecniche miste: tempere, matite e pastelli su cartoncino avorio, 350x250 mm, firmato a destra, pubblicato su Marc’Aurelio del 14 luglio 1956, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 64, NCTN: 1056371.
Giam [70]
97
[71]
71 - Giam (Hugo Giammusso), I Sogni della vigilia, seconda metà sec. XX, inchiostro e tempera nera su cartoncino avorio, 350x250 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 65, NCTN: 1056372. 98
Giuliano [72]
72 - Giuliano, Quando la cliente è così, «Mi creda signorina,… mi creda,...le punture sono la cura migliore!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 303x227 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 132, NTCN: 1056436. 99
Haëm
[73]
73 - Haëm (Hans U. Meury), [Graffiti prestorici],«Da steht Picasso…» (è firmato Picasso...), seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 295x205 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 102, NTCN: 1056409. 74 - Haëm (Hans U. Meury), Abshied (Addio), seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 250x175 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 114, NTCN: 1056421.
100
[74]
75- Haëm (Hans U. Meury), [Spazzacamino], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 240x203 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 103, NTCN: 1056410. 76 - Haëm (Hans U. Meury), [Il cane], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 202x185 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 105, NTCN: 1056412. 77 - Haëm (Hans U. Meury), [Il sarcofago], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 205x285 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 104, NTCN: 1056411.
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[77] 101
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102
[81]
78 - Haëm (Hans U. Meury), [L’arpa], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 202x149mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 110, NTCN:1056417. 79 - Haëm (Hans U. Meury), [Il palloncino], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 155x133 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 108, NTCN: 1056415. 80 - Haëm (Hans U. Meury), [Appendiabiti], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 202x149 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 109, NTCN: 1056416.
81 - Haëm (Hans U. Meury), [La chitarra], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 147x187 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 107, NTCN: 1056414. 82 - Haëm (Hans U. Meury), [L’altalena], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 241x165 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 111, NTCN: 1056418.
[82]
103
[83]
83 - HM (Hans U. Meury), [Il naufrago], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 208x148 mm, «Bedaure… voll besetzt!» (Spiacente... tutto esaurito!), firmato in alto a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 115, NTCN: 1056422. 84 - Haëm (Hans U. Meury), [Il carroarmato], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 250x177 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 112, NTCN: 1056419. 85 - Haëm (Hans U. Meury), [L’amaca], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 240x166 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 116, NTCN: 1056423.
[84]
104
[85]
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86 - Haëm (Hans U. Meury), [Antenne], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata paper chinese, 280x220 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 119, NTCN: 1056426. 87 - Haëm (Hans U. Meury), [Dal medico], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata paper chinese, 280x220 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 120, NTCN: 1056427. 88 - Haëm (Hans U. Meury), Folklore, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 212x156 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 117, NTCN: 1056424.
[88]
105
[89]
89 - Haëm (Hans U. Meury), [La freccia], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 176x250 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 106, NTCN: 1056413. [90]
90 - Haëm (Hans U. Meury), [La stretta di mano], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 175x250 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 118, NTCN: 1056425. [91]
91 - Haëm (Hans U. Meury), [Gonfiando...i cingoli], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata Miliaflex c.m. Fabriano, 176x251mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 113, NTCN: 1056420.
106
Morgione
[92]
92 - Morgione (Gaspare Morgione), [Investigazione], «Sono curioso di vedere cosa c’è sotto quest’orma...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 150x233 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 57, NCTN: 1056364.
107
Parker [93]
93 - Parker, [Tra animali], «Ma guarda quel fanatico, da quando suo fratello è diventato olio d’oliva si dà un sacco d’arie!...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 220x280 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 125, NTCN: 1056429.
[94]
108
94 - Parker, Oggi sposi, «Accidenti si è subito addormentato! E questa me la chiamano età della pietra...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 220x280 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 126, NTCN: 1056430.
95 - Parker, [La baionetta], «...stai tranquillo, lascia fare a me, cane che ha...baionetta non morde!», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 220x280 mm, firmato in basso al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 124, (NTCN: 1056428. 96 - Parker, [Un tipo], «Sembra una ragazza da nulla, invece è un tipo che dà nell’occhio!...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 222x288 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 128, NTCN: 1056432. 97 - Parker, [Senza occhiali], «..si metta gli occhiali, si metta!..», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 220x280 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 127, NTCN: 1056431.
[95]
[96]
[97]
109
Pipolo
110
[98]
98 - Pipolo (Giuseppe Moccia), [Torno da mia madre], «Ciao, torno da mia madre», 1958, inchiostro su carta avorio, 167x234 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 56, NCTN: 1056363. 111
Pippo Coco
[99]
99 - Pippo Coco (Giuseppe Coco), [Somiglianze], «Allora d’accordo tu siederai di dietro.», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 178x167 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 58, NCTN: 1056365.
112
[100]
100 - Pippo Coco (Giuseppe Coco), Al mare, «Disgraziato!, prima mi promette di sposarmi, e adesso non torna a galla...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 180x173 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 59, NCTN: 1056366.
113
[101]
101 - Pippo Coco (Giuseppe Coco), Orario Serale, «Comment(d)atore, mettiamo la carta carbone...», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 170x203 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 60, NCTN: 1056367.
114
[102]
102 - Pippo Coco (Giuseppe Coco), [Gatto nero], seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 173x142 mm, firmato in alto a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 62, NCTN: 1056369.
103 - Pippo Coco (Giuseppe Coco), [Il suonatore di cetra], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 160x155 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 61, NCTN: 1056368.
[103]
115
Vighi
[104]
104 - Vighi (Vittorio Vighi), Straniere a Roma e miopia, «Giovanni, ma è proprio un’idea fissa, la tua!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 175x125 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 129, NTCN: 1056433. 116
Walti
[105]
105 - Walti (Walter Faccini), Inspiration, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 280x212 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 138, NTCN: 1056440. 117
[106]
106 - Walti (Walter Faccini), [Stagione sciistica], «Allora per quest’anno non posso non dire di aver avuto sfortuna!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 257x173 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 139, NTCN: 1056441. 118
[107]
107 - Walti (Walter Faccini), Senza parole, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 280x210 mm, firmato in alto a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 142, NTCN: 1056444. 119
120
[108]
108 - Walti (Walter Faccini), [Depliant errato], «Esattamente, Signore: è l’Hotel che avete scelto. Solo, forse, c’è un piccolo errore di stampa del depliant ...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 175x257 mm, firmato in bassoa sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 140, NTCN: 1056442. 121
[109]
109 - Walti (Walter Faccini), La porta scorrevole, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 280x205 mm, firmato al centro, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 144, NTCN: 1056446. 122
[110]
110 - Walti (Walter Faccini), Pesca subacquea, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 278x205 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 141, NTCN: 1056443. 123
[111]
111 - Walti (Walter Faccini), [Sotto il tappeto], «Quante volte le ho già detto Sibilla di non nascondere la sporcizia sotto il tappeto!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 280x221 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 147, NTCN: 1056449. 124
[112]
112 - Walti (Walter Faccini) [La macchina americana], «Gli americani diventano sempre più lunghi!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 260x208 mm, firmato in alto a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 148, NTCN: 1056450. 125
[113]
113 - Walti (Walter Faccini), [Il pieno], seconda metà sec. XX, inchiostro e pastello nero su carta avorio, 190x289 mm, firmato a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 146, NTCN: 1056448. 114 - Walti (Walter Faccini), [Golf], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 228x182 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 149, NTCN: 1056451. 115 - Walti (Walter Faccini), [Bob a quattro], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 185x350 mm, firmato a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 145, NTCN: 1056447. 116 - Walti (Walter Faccini), [Previdenza], seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 270x205 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 143, NTCN: 1056445. 117 - Walti (Walter Faccini), [Sulle piste da sci], «Se trovate un paio di sci fermateli, sono i miei!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 250x203 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 154, NTCN: 1056456. [114]
126
[115]
[116]
[117]
127
[118]
118 - Walti (Walter Faccini) [attribuito a], [Numero sbagliato], «Sì, hai ragione: ho il numero sbagliato e questo è il motivo per cui torno indietro!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 202x250 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 188, NTCN: 1056490. 119 - Walti (Walter Faccini), [Abbronzatissimo], «Hai visto come è abbronzato il nostro bambino con il sole del mare?!», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 212x250 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 151, NTCN: 1056453.
[119]
128
120 - Walti (Walter Faccini), [Gelo], seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 270x205 mm, firmato in basso a destra, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 150, NTCN: 1056452.
[120]
129
[121]
[122]
121 - Walti (Walter Faccini) [La soprano], «…e ora lascio il posto alla soprano...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 312x265 mm, firmato a destra, Fondo Brunner, n° inventario 157, NTCN: 1056459. 122 - Walti (Walter Faccini), [La TV dei vicini], «Il vicino ha la televisione», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta liscia avorio, 250x212 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Brunner, n° inventario 152, NTCN: 1056454.
[123]
130
123 - Walti (Walter Faccini), [Micromoto], «Che ne dici del mio mini-motorino?», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 280x207 mm, firmato in alto a destra, Fondo Brunner, n° inventario 153, NTCN: 1056455.
124 - Walti (Walter Faccini) [attribuito a], [Biglietto, prego], «Tutti i biglietti, per favore ...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 190x250 mm, Fondo Brunner, n° inventario 187, NTCN: 1056489.
125 - Walti (Walter Faccini) [attribuito a], [Quasi un Hotel], «I vagoni letto sono così simili agli alberghi...», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 190x250 mm, Fondo Brunner, n° inventario 186, NTCN: 1056488.
[124]
[125]
131
[126]
126 - WALTI (Walter Faccini), L’ultimo verista, «Un attimo, signor Knüsh devo solo finire di sbozzare il fegato.», seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 300x250 mm, Fondo Brunner, n° inventario 156, NTCN: 1056458. 132
[127]
127 - WALTI (Walter Faccini), [Agenzia di viaggio], «Vorremmo un depliant del lago Katzensee.», seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata disegno Giorgione, 330x241 mm, Fondo Brunner, n° inventario 155, NTCN: 1056457. 133
Anonimo
[128]
128 - Anonimo, [Il sorpasso], «Ecco, adesso puoi sorpassare.», seconda metà sec. XX, penna e pennarello nero su carta avorio. 112x222 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 185, NTCN: 1056487.
134
[129]
129 - Anonimo, Rifornimento, «Dieci litri di benzina e un litro di olio commestibile per mia moglie.», seconda metà sec. XX, penna e pennarello nero su carta avorio, 137x172 mm, Fondo Giulio Brunner, n° inventario 184, NTCN: 1056486).
135
Le Caricature
Q
ueste caricature che sono presenti nel Fondo Giulio Brunner furono eseguite “dai famosi caricaturisti di Marc’Aurelio” per realizzare delle figurine utilizzate per il Concorso a premi “100 Caricature”. Un’iniziativa che ebbe una certa popolarità tra i lettori. Anche se è certo che si tratti di opere dei collaboratori fissi del giornale, talvolta, in assenza della firma è impossibile determinare con sicurezza l’Autore del disegno stesso.
136
[131]
[130]
130 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Antonio Segni, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 112x74 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 02, NCTN: 1056314. 131 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Gaetano Martino, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 114x79 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 03, NCTN: 1056315. 137
[132]
[133]
132 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Giuseppe Romita, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 143x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 23, NCTN: 1056335. 133 - Anonimo, Caricatura di Lina Merlin, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 100x75 mm, Fondo Brunner, n° inventario 40, NCTN: 1056352.
138
[134]
[135]
134 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Don Luigi Sturzo, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 143x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 24, NCTN: 1056336. 135 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Randolfo Pacciardi, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata Raffaello c.m. Fabriano, 111x75 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 04, NCTN: 1056316.
139
[136]
136 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Ferruccio Parri, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 145x104 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 28, NCTN: 1056340.
140
[137]
[138]
137 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Giuseppe Di Vittorio, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 143x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 27, NCTN: 1056339. 138 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Giuseppe Saragat,seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 91x74 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 05, NCTN: 1056317.
141
[139]
[140]
139 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di De Marsanich, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 142x103 mm, firmato in basso a sinistra, Fondo Brunner, n° inventario 15, NCTN: 1056327. 140 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Giuseppe Dozza, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 120x73 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 06, NCTN: 1056318.
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[141]
[142]
141 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Harry S. Truman, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 108x74 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 07, NCTN: 1056319. 142 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di John Forest Dulles, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 105x85 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 08, NCTN: 1056320.
143
[143]
143 - Anonimo, Caricatura di Giulietta Masina, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 95x85 mm, Fondo Brunner, n° inventario 11, NCTN 1056323. 144 - Anonimo, Caricatura di Achille Lauro, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 107x61 mm, Fondo Brunner, n° inventario 41, NCTN: 1056353.
144
[144]
[145]
[146]
145 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di Georgij Konstantinovič Žukov, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 112x90 mm, firmato in basso a destra, Fondo Brunner, n° inventario 16, NCTN: 1056328. 146 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Nikolaj Alwksandrovič Bulganin, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 113x77 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 31, NCTN: 1056343.
145
[147]
[148]
147 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Vjačeslav Michajlovič Molotoff, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 144x105 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 32, NTCN: 1056344. 148 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di Georgij Maksimiljanovič Malenkof, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 120x82 mm, firmato in basso a destra, Fondo Brunner, n° inventario 17, NCTN: 1056329.
146
[150]
[149]
149 - Anonimo, Caricatura di Re Baldovino, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 117x48 mm, Fondo Brunner, n° inventario 43, NCTN: 1056355. 150 - Anonimo, Caricatura di Paul Henri Spaak, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 102x53 mm, Fondo Brunner, n° inventario 44, NCTN: 1056356.
147
[152]
[151]
151 - Anonimo, Caricatura di Filippo d’Edimburgo, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio,119x53 mm, Fondo Brunner, n° inventario 42, NCTN: 1056354. 152 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di René-Jules-Patric-Gustave Coty, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 109x80 mm, firmato in basso al centro, Fondo Brunner, n° inventario 18, NCTN: 1056330.
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[153]
[154]
153 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di Piek,seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 106x85 mm, firmato in basso a destra, Fondo Brunner, n° inventario 19, NCTN: 1056331. 154 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Tito Kumrovec, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 143x101 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 35, NTCN: 1056347.
149
[156]
[155]
155 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Adenauer, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 121x60 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 36, NCTN: 1056348. 156 - Anonimo, Caricatura dell’Aga Khan,seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 113x92 mm, Fondo Brunner, n° inventario 48, NCTN: 1056360.
150
[158] [157]
157 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura dello Scià di Persia,seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 112x80 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 09, NCTN: 1056321. 158 - Anonimo, Caricatura di Mossadeq, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 116x66 mm, Fondo Brunner, n° inventario 49, NCTN: 1056361.
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[160]
[159]
159 - Anonimo, Caricatura di Giuliana d’Olanda, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 117x54 mm, Fondo Brunner, n° inventario 45, NTCN: 1056357. 160 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di Zhou Enlai, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 143x103 mm, firmato in basso a destra, Fondo Brunner, n° inventario 21, NCTN: 10563333.
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[161]
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[163]
161 - Vighi (Vittorio Vighi) [attribuito a], Caricatura di Faruk, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata Fabriano, 119x79 mm, sul retro scritta autografa a matita: “Vighi”, Fondo Brunner, n° inventario 10, NCTN: 1056322. 162 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di Syngman Rhee, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 110x80 mm, firmato in basso a destra, Fondo Brunner, n° inventario 20, NCTN: 1056332. 163 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Pandit Nehru, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 142x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 37, NCTN: 1056349.
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[165]
[164]
164 - Attalo (Gioacchino Colizzi), Caricatura di De Torres, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 116x85 mm, firmato in basso al centro, Fondo Brunner, n° inventario 22, NCTN: 1056334. 165 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Autocaricatura, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 119x86 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 39, NCTN:1056351. 166 - Dipas (Adriano Di Pasquale) [attribuito a], Autocaricatura, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 122x92 mm, sul retro scritta a matita: “Dipas”, Fondo Brunner, n° inventario 14, NCTN: 1056326.
154
[166]
F
anno parte del Fondo Brunner anche queste tredici caricature disegnate probabilmente per il Concorso “100 Caricature”.
[168] [167]
167 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Mario Scelba, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata Fabriano, 145x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 25, NCTN: 1056337. 168 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Palmiro Togliatti, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 145x103 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 26, NCTN: 1056338. 169 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Guglielmo Giannini, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 145x105 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 29, NCTN: 1056341.
[169]
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[171]
[170]
170 - Pipolo (Giuseppe Moccia) [attribuito a], Caricatura di Marylin Monroe, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 167x120 mm, sul davanti scritta a matita: “Pipolo”, Fondo Brunner, n° inventario 01, NCTN: 1056313. 171 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Mike Bongiorno, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 154x112 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 30, NCTN: 1056342. 172 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Anthony Eden, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 144x105 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 33, NTCN: 1056345.
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173 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Ranieri III Grimaldi Principe di Monaco, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio filigranata c.m. Fabriano, 153x112 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 34, NTCN: 1056346. 174 - Anonimo, Caricatura di Kim Novak, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 176x125 mm, Fondo Brunner, n° inventario 47, NTCN: 1056359.
[175]
175 - Anonimo, Caricatura di Audrey Hepburn,seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 175x125 mm, Fondo Brunner, n° inventario 46, NTCN: 1056358.
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176 - Castellano (Franco Castellano) [attribuito a], Caricatura di Mameli Barbara, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 160x117 mm, sul retro scritta a matita: “Castellano”, Fondo Brunner, n° inventario 38, NCTN: 1056350.
178 - Anonimo, Caricatura di Enrico De Seta, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 137x100 mm, Fondo Brunner, n° inventario 12, NCTN: 1056324.
177 - Anonimo, Caricatura di Alfredo l’imperatore delle tagliatelle, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 137x92 mm, Fondo Brunner, n° inventario 50, NCTN: 1056362.
179 - Dipas (Adriano Di Pasquale) [attribuito a], Caricatura di Fernandel, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 145x105 mm, sul retro scritta a matita: “Dipas”, Fondo Brunner, n° inventario 13, NCTN: 1056325.
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Alcune testate
180 - Anonimo, Marc’Aurelio, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 75x240 mm, Fondo Brunner, n° inventario 190, NTCN: 1056492.
[180]
181 - Anonimo, 3 personaggi nella luna, seconda metà sec. XX, inchiostro e acquerello su carta avorio, 70x250 mm, Fondo Brunner, n° inventario 193, NTCN: 1056495.
[181]
182 - Anonimo, Il pelo nell’uomo, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 55x193 mm, Fondo Brunner, n° inventario 191, NTCN: 1056493.
[182]
183 - Anonimo, Falloppio non lascio ma raddoppio!, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 64x187 mm, Fondo Brunner, n° inventario 194, NTCN: 1056496.
[183]
[184]
184 - Pipolo (Giuseppe Moccia) Selezione dal Marc’Aurelio, seconda metà sec. XX, inchiostro su carta avorio, 125x210 mm, Fondo Brunner, n° inventario 192, NTCN: 1056494.
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Memorabilia
[185]
[186]
185 - Prontuario degli indirizzi dei collaboratori 186 - Lettera di Rolf Totter
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[187]
187 - Lettera de “La Vie Parisienne”
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[188]
188 - Dattiloscritto per la rubrica “Curiosando qua e là” 189 - Busta intestata per la redazione fiorentina
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[189]
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190 - Buste e carta intestata
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Caricaturisti e caricaturati al Marc’Aurelio
N
el Fondo Brunner vengono conservate trentasette caricature realizzate sicuramente per le figurine del Concorso “100 caricature” più altre tredici. Si tratta sempre di personaggi famosi, pensiamo comunque di fare cosa utile riportando qui alcuni loro cenni biografici. 130 - ANTONIO SEGNI (1891 - 1972). Politico e docente universitario italiano. Segni è stato il quarto Presidente della Repubblica e il suo mandato è stato il più breve in assoluto (11 maggio 1962 - 6 dicembre 1964). Rettore dell’Università di Sassari nel 1946, seguì la nascita e l’evoluzione del Partito Popolare Italiano, prima, e della Democrazia Cristiana, poi. Più volte Ministro, divenne Presidente del Consiglio dal 6 luglio 1955. Fu eletto Presidente dalla Repubblica il 6 maggio 1962, carica che ricopri fino all’agosto 1964, quando un ictus lo obbligò alle dimissioni. 131 - GAETANO MARTINO (1900 – 1967). Politico e docente universitario italiano. Fu eletto deputato nel 1948 con il Partito Liberale, divenne Vicepresidente della Camera e più volte Ministro. Dal 1962 al 1964 fu Presidente del Parlamento europeo. 132 - GIUSEPPE ROMITA (1887 – 1958). Politico italiano. Militante del Partito Socialista fin da ragazzo, fu deputato fino alla nascita della Dittatura mussoliniana. Durante il periodo fascista fu più volte arrestato e inviato al confino. Nel 1942 fu tra i promotori della rinascita clandestina dei socialisti per i quali, nel 1943, entrò nel CLN. Nel 1946, come Ministro dell’Interno ebbe l’onere di gestire il Referendum istituzionale che sancì la nascita della Repubblica. In seguito fu più volte anche Ministro dei Lavori pubblici. 133 - LINA MERLIN (1887 – 1979). Politica e partigiana italiana. Il suo nome è legato alla legge con cui venne abolita la prostituzione legalizzata in Italia. Iscritta al Partito Socialista, negli anni
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Venti collaborò con Giacomo Matteotti. Durante il fascismo venne più volte arrestata e iscritta nell’elenco dei sovversivi. Insieme ad altre donne costituì i Gruppi di Difesa per la donna e per l’assistenza ai volontari della libertà da cui nacque, poi, l’Unione donne italiane. Partecipò attivamente anche alla Resistenza. Dopo la liberazione entrò nella Direzione del PSI, e nel 1946 venne eletta all’Assemblea Costituente, dove i suoi interventi furono determinanti per la tutela delle donne nella Carta costituzionale. E’ stata la prima donna eletta al Senato nel 1948.
alla sua scomparsa. Fuggito in Russia nel 1926 fu uno degli esponenti più rappresentativi del Comintern, l’organizzazione internazionale dei Partiti comunisti. Dal 1944 al 1945, dopo la caduta del fascismo fu Vice Presidente del Consiglio e Ministro di Grazia e giustizia. Eletto all’Assemblea Costituente, guidò in seguito l’opposizione ai Governi della Democrazia Cristiana proponendo la sua “via italiana al socialismo”. Nel 1948 subì un grave attentato che suscitò incidenti e disordini in tutta Italia e che sfiorò l’insurrezione di massa dei militanti comunisti bloccata dallo stesso Togliatti.
134 - DON LUIGI STURZO (1871 – 1959). Religioso e politico italiano. Dopo la laurea all’Università Gregoriana di Roma, tornò in Sicilia per dedicarsi allo sviluppo della cooperazione agricola e operaia. Nel 1919, decaduto il divieto di Pio IX ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana, fondò il Partito Popolare Italiano. E già nel 1923 al Congresso di Torino proclamò l’incompatibilità tra la concezione popolare dello Stato e il fascismo totalitario, provocando l’uscita dei ministri cattolici dal Governo. Mussolini avviò una dura campagna contro di lui che fu costretto a dimettersi e a lasciare l’Italia. Rientrato nel 1946 riprese la sua attività politica, pur non aderendo formalmente alla Democrazia Cristiana. Nel 1947 fu eletto giudice dell’Alta Corte per la Regione Sicilia. Nel 1952 fu nominato senatore a vita.
137 - GIUSEPPE DI VITTORIO (1892 – 1957). Politico e sindacalista italiano. E’ stato tra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del Secondo Dopoguerra. Di origini contadine, nel 1912 entrò nell’Unione Sindacale Italiana, dove si spese per la questione meridionale. Deputato nel 1921, fuggì all’estero nel 1925 dopo la condanna del Tribunale speciale. Partecipò alla guerra civile spagnola e prese parte alla Resistenza. Nel 1945 fu eletto segretario dalla CGIL. e l’anno successivo partecipò all’Assemblea Costituente. Nel 1953 fu eletto presidente della Federazione sindacale mondiale.
135 - MARIO SCELBA (1901 – 1991). Politico italiano. Segretario particolare di Don Sturzo aderì al Partito Popolare fin dalla sua nascita, e fu in seguito tra i fondatori della Democrazia Cristiana. Eletto alla Costituente nel 1946, fu deputato e poi senatore, più volte ministro e nel 1954 anche Presidente del Consiglio. Nel 1969 divenne Presidente del Parlamento europeo. 136 - PALMIRO TOGLIATTI (1883 – 1964). Politico antifascista italiano. Nel 1921 al Congresso di Livorno fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano di cui fu leader storico fino
138 - RANDOLFO PACCIARDI (1899 – 1991). Politico italiano. Esponente del Partito Repubblicano Italiano, si distinse nella lotta al fascismo e al socialismo massimalista. Condannato al confino nel 1926 riuscì a espatriare. Nel 1936 fu il primo tra i militanti antifascisti italiani a combattere Franco in Spagna. Dopo la guerra divenne dirigente del Partito Repubblicano, e fu eletto alla Costituente. Fu Vice Presidente del Consiglio e Ministro della Difesa, sotto il Governo De Gasperi e più volte eletto alla Camera dei Deputati. Nel 1963 votò contro il primo governo di centrosinistra, che gli causò l’espulsione dal partito. Nel 1963 votò contro il primo governo di centrosinistra, che gli causò l’espulsione dal partito. Nel 1964 fondò l’Unione Democratica per la Nuova Repubblica che promuoveva l’evoluzione presidenzialista della Repubblica. Nel 1981 fu riammesso nel PRI.
139 - FERRUCCIO PARRI (1890 – 1981). Politico e antifascista italiano. Insegnante e redattore del Corriere della Sera, partecipò alla Prima Guerra Mondiale, in cui si meritò tre medaglie d’argento al valor militare. Svolse un ruolo importante nella pianificazione della vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto. Si allontanò dal giornale quando questo subì la svolta fascista, e lasciò l’insegnamento poiché non aderì al Partito Fascista. Insieme a Rosselli, Pertini, Olivetti organizzò la fuga di Turati e di Pertini in Francia, che lo portò a essere condannato al confino per attività antifascista. Fu il primo Presidente del Consiglio a capo di un governo di unità nazionale istituito alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel Dopoguerra divenne leader del Partito d’azione, poi capo del comitato militare del CLN (Comitato di liberazione nazionale). Nel 1945 venne arrestato dalle SS, interrogato e trasferito nelle carceri di Verona. Scarcerato nel 1945, nel giugno dello stesso anno divenne Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Interni, carica che ricoprì fino al novembre quando il parlamento non gli concesse più fiducia. Diede vita nel 1946, insieme Ugo la Malfa, alla Concentrazione Democratica Repubblicana, entrambi furono eletti e confluirono nel Gruppo Repubblicano in seno all’ Assemblea Costituente. Nel settembre il gruppo confluì nel Partito Repubblicano Italiano. Fu prima senatore, e poi senatore a vita. 140 - GIUSEPPE SARAGAT (1898 – 1988). Politico e diplomatico italiano, quinto Presidente della Repubblica italiana. Leader storico socialista fu tra i protagonista della convulsa storia italiana del Secondo dopoguerra: fu Presidente dell’Assemblea Costituente, più volte Vice Presidente del Consiglio e Ministro, nonché ambasciatore a Parigi. Nel 1964 venne eletto Presidente della Repubblica con l’appoggio delle forze del centrosinistra. Divenne Senatore a vita al termine del suo mandato presidenziale, e tornò all’attività politica in seno al PSDI. E’ considerato il padre della dottrina socialdemocratica italiana.
141 - GUGLIELMO GIANNINI (1891 – 1960) Giornalista, politico, e drammaturgo italiano. Intraprese giovanissimo la carriera giornalistica e dopo aver preso parte alla Guerra italo-turca e alla Prima Guerra Mondiale, iniziò anche a scrivere commedie e canzoni di successo. Nel 1943 si dedicò anche al cinema. Contrario all’entrata in guerra dell’Italia perché riteneva certa la sconfitta, fu segnato dalla morte del figlio in battaglia, fatto che generò la sua personale guerra contro la classe politica. La nascita nel 1944 del settimanale del “L’Uomo Qualunque” sarà il punto di arrivo di questa evoluzione ideologica che ne farà il padre dell’antipolitica e del qualunquismo nazionale. Nasce così anche il suo movimento politico che Giannini guiderà all’Assemblea Costituente e che si scioglierà nel 1949. Nella sua carriera è stato anche sceneggiatore, librettista e direttore di compagnie. 142 - ACHILLE LAURO (1887 – 1982). Armatore e politico italiano. Protagonista di una storia imprenditoriale che lo portò a creare una delle più potenti flotte italiane di tutti i tempi e un vasto impero finanziario, fu anche membro della Camera dei Fasci e delle Corporazioni ed ebbe il monopolio di alcuni trasporti. Nel Dopoguerra entrò nel Partito Nazionale Monarchico e ne divenne presidente. Nel 1952 fu eletto Sindaco di Napoli, e riconfermato nel 1956, carica che riconquistò pure nel 1960 dopo che nel 1958 il Consiglio comunale era stato sciolto per irregolarità. Fu più volte deputato e senatore. 143 - AUGUSTO DE MARSANICH (1893 – 1973). Politico e giornalista italiano. Eletto deputato del PNF nel 1929, divenne, nello stesso anno, Presidente della Confederazione Fascista dei Lavoratori del Commercio. Fu anche membro del Gran Consiglio del fascismo nel 1929. In seguito aderì alla RSI e fu presidente del Banco di Roma e dell’Alfa Romeo. Nel Dopoguerra entrò nel Movimento Sociale Italiano di cui divenne segretario e poi presidente. Fu più volte deputato e senatore.
144 - GIUSEPPE DOZZA (1901 – 1974). Politico italiano. Trai fondatori del Partito Comunista a Livorno, nel 1921, durante il fascismo espatriò in Francia. Al rientro clandestino in Italia nel 1943 rappresentò il Partito Comunista Italiano nel CLN e entrò nella Resistenza. Fautore del dialogo con i cattolici fu nominato Sindaco di Bologna dal CLN nel 1945, e confermato poi con le elezioni del 1946. Mantenne la carica per ben 21 anni. E’ stato anche deputato alla Costituente. 145 - MIKE BONGIORNO (1924 – 2009). Conduttore radiofonico e televisivo. Iniziò a collaborare alle pagine sportive de “La Stampa”. Durante la Seconda Guerra Mondiale prese parte attiva alla Resistenza, fino alla cattura e all’internamento in Germania. Nel 1945 tornò a New York. Nel 1953 ritornò in Italia per realizzare dei servizi per la radio della comunità italiana di New York, ma fu convinto a restare da Vittorio Veltroni che gli fece condurre “Arrivi e partenze”, il primo programma della tv italiana. Fu l’inizio di una carriera che ha fatto di lui uno dei protagonisti assoluti della televisione italiana, sia pubblica che privata. 146 - HARRY S. TRUMAN (1884 – 1972). Politico statunitense. Militante del Partito Democratico fin dal 1922, fu eletto al Senato federale nel 1934, dopo aver svolto incarichi di contea e di stato. Vicepresidente di Roosevelt dal gennaio all’aprile 1945, quando gli successe nel ruolo di Presidente. Alla White House rimase poi fino al gennaio 1953. Durante la sua presidenza fu testimone e protagonista di fatti storici: dalla resa incondizionata della Germania, al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, all’inizio della Guerra fredda. Di rilievo la sua politica estera: attuò la “Dottrina Truman” che garantiva aiuti a tutte quelle nazioni minacciate dal comunismo e il Piano Marshall che attuava una serie di aiuti per la ricostruzione dell’Europa. Rieletto alla presidenza nel 1948 con l’acuirsi della Guerra fredda favorì la nascita della NATO e l’intervento militare in Corea.
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147 - JOHN FOSTER DULLES (1988 – 1959). Politico statunitense. Esponente tra i più conservatori del Partito Repubblicano, fu senatore e poi Segretario di Stato dal gennaio 1953 all’aprile 1959 durante la presidenza Eisenhower. In Europa, sostenne il rafforzamento della NATO e incoraggiò la Germania a diventarne uno dei membri. In Estremo Oriente la sua politica fu caratterizzata dal fermo appoggio alla Cina Nazionalista. Con il Presidente elaborò la “Dottrina Eisenhower”, con il quale gli Stati Uniti prestarono aiuto ai paesi del Vicino e Medio Oriente minacciati dal comunismo. 148 - GIULIETTA MASINA (1921 – 1994). Attrice italiana. Debuttò nel 1941 a Roma nel Teatro Universitario, e successivamente entrò nella compagnia del Teatro Comico Musicale. Nel 1943 sposò Federico Fellini. Esordì al cinema come comparsa in “Paisà” di Rossellini, ma il vero debutto cinematografico fu con Alberto Lattuada in “Senza Pietà” del 1948. Girerà trenta film di cui sette con il marito. Fu attiva anche alla radio fin dal 1941 e in tv con due sceneggiati negli anni Settanta. Tanti i premi in carriera dal David di Donatello ai Nastri d’argenti a quello di miglior attrice al Festival di Cannes del 1957 con “Le Notti di Cabiria” che segnò l’apice della sua carriera. 149 - MARYLIN MONROE (1926 – 1962). Cantante e attrice americana. Dopo un inizio come modella firmò nel 1946 il suo primo un contratto con 20th Century Fox. Tra non poche difficoltà iniziò una carriera cinematografica che vide la sua consacrazione solo nel 1953 con il film di Henry Hathaway Niagara e poi con Gli uomini preferiscono le bionde di Howard Hawks. Divenuta una diva di successo ebbe comunque una vita privata tormentata che culminò nel 1962, con il suo suicidio a soli trentasei anni. 150 - GEORGIJ KONSTANTINOVIČ ŽUKOV (1896 – 1974). Generale e politico sovietico. È stato il più importante generale
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di Stalin, Eroe dell’URSS e Maresciallo dell’Unione Sovietica. Tra i migliori strateghi della Seconda Guerra Mondiale, venne definito il “generale che non ha mai perduto una battaglia”. Giovanissimo partecipò alla Prima Guerra Mondiale e alla Rivoluzione bolscevica iniziando una brillante carriera che lo portò ai vertici dell’Armata Rossa. Nel 1955 fu Ministro della Difesa , ma l sua grande popolarità fu tra i motivi del suo allontanamento dalla vita pubblica. 151 - NIKOLAJ ALEKSANDROVIČ BULGANIN (1895 – 1975). Politico sovietico. Militante bolscevico fin dal 1917, partecipò alla Rivoluzione russa. Dal 1918 al 1922 fu funzionario dei servizi segreti e poi del Consiglio economico supremo. Sindaco di Mosca dal 1931 al 1937, Capo del Governo della Repubblica russa e Presidente della Banca di Stato. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu generale d’armata e Ministro della Difesa, nel 1948 entrò nell’esecutivo del PCUS. Nel 1955 divenne Presidente del Consiglio dei Ministri, da cui venne estromesso nel 1958. Nel febbraio 1959 venne accusato di attività antipartito e privato di ogni incarico politico. 152 - VJAČESLAV MICHAJLOVIČ MOLOTOV (1890 – 1986). Politico e diplomatico sovietico. Bolscevico più volte arrestato e confinato, dopo la Rivoluzione d’ottobre ricoprì varie cariche. Fu l’unico tra i rivoluzionari a sopravvivere alle purghe staliniane degli anni Trenta. Molto attivo come diplomatico tra le due guerre firmò nel 1939 il patto di non aggressione con la Germania, (Patto Ribbentrop-Molotov), e gli accordi di spartizione dell’Europa orientale. Importante il suo ruolo alla Conferenza di Jalta e per la formazione dell’ONU. Tanti gli incarichi politici e di governo, fino al 1957 quando entrò in disaccordo con la politica krusceviana e venne inviato ambasciatore in Mongolia, e poi a Vienna. Fu espulso dal PCUS nel 1964.
153 - GEORGIJ MAKSIMILIANOVIČ MALENKOV (1902 – 1988). Politico sovietico. Arruolatosi nell’Armata Rossa nel 1919 entrò nel Partito Comunista l’anno successivo. Nel 1952 fu membro del Comitato Centrale del PCUS. Alla morte di Stalin nel 1953, divenne Presidente del Consiglio dei ministri, carica che mantenne fino al 1955 quando fu costretto a dimettersi a causa della vicinanza a Berija e per il fallimento delle sue politiche di governo. Fu nominato, allora, Vice Presidente del Consiglio e Ministro per l’Industria Elettrica. Contrario alla destalinizzazione, nel luglio 1957 fu destituito da queste cariche ed estromesso dal Presidium e dal Comitato Centrale del Partito. 154 - FILIPPO D’EDIMBURGO (Philip Mountbatten) (1921). Principe consorte della regina Elisabetta II d’Inghilterra. Cresciuto in Francia, nel 1928 si trasferì per gli studi nel Regno Unito, in Germania nel 1933 e poi in Scozia. Nel 1939 entrò nella Royal Navy. Nel 1947 si sposò con Elisabetta II rinunciando alla pretese sul trono greco ma proseguendo la carriera militare. Nel 1957 venne nominato Principe del Regno Unito. Nel 1961 divenne presidente del WWF del Regno Unito, Presidente internazionale nel 1986 e Presidente emerito nel 1996. 155 - ANTONY EDEN (1987- 1977). Ministro degli Esteri inglese. Deputato conservatore dal 1923, fu ufficiale presso la Società delle Nazioni e Ministro degli Esteri. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu Ministro dei Dominions prima, e della Guerra poi, e infine assunse la direzione del Foreign Office. Nel 1951 divenne Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli esteri. Nel 1955 fu Primo Ministro, consolidando la politica di solidarietà europea-occidentale e distendendo i rapporti con l’URSS. La crisi di Cipro e quella di Suez lo portarono al fallimento diplomatico e militare e alle dimissioni nel 1957.
156 - RENÉ COTY (1882 –1962). Politico francese. Deputato repubblicano di sinistra dal 1923 e senatore dal 1936 al 1940. Nel Dopoguerra fu Ministro della ricostruzione, e nel 1949 VicePresidente del Consiglio, incarico che ricoprì fino al 1953 quando divenne Presidente della Repubblica. Nel 1958, quando la crisi d’Algeria divenne critica, passò il potere nelle mani del gen. Charles De Gaulle. 157 - RANIERI III DI MONACO (Rainier Grimaldi) (1923 - 2005). Principe sovrano di Monaco dal 1949 al 2005. Nel 1956 sposo l’attrice Grace Kelly. Operò assiduamente per fare del Principato di Monaco un importante centro economico e finanziario. A lui si deve anche la nuova Costituzione del Principato del 1962 che ridisegnò il ruolo autocratico del principe monegasco, affiancandogli un Consiglio nazionale composto da 18 membri eletti. 158 - RE BALDOVINO (1930 - 1993). Sovrano del Belgio. Luogotenente del Regno dal 1950, divenne re nel 1951 in seguito all’abdicazione del padre Leopoldo III regnando poi fino alla morte. Nel 1992 abdicò per 36 ore per non firmare la legge sulla legalizzazione dell’aborto. 159 - PAUL HENRI SPAAK (1899 -1972). Politico belga. Ministro dei Trasporti e degli Esteri tra il 1935 e il 1938, fu poi Presidente del Consiglio dei ministri del Belgio Carica che ricoprì più volte, anche nel Governo in esilio a Londra. Sostenitore della cooperazione europea, fu il primo presidente dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e dell’Assemblea comune della CECA. E fu lui a presiedere l’assemblea per redigere il Trattato di Roma. Dal 1957 al 1961 fu Presidente della NATO.
160 - GIULIANA DEI PAESI BASSI (1909 – 2004). Regina d’Olanda dal 1948 al 1980. Nel 1947 tenne la reggenza per due mesi durante un periodo di riposo della madre. Nel settembre del 1948 fu incoronata regina. 161 - KIM NOVAK (Marylin Pauline Novak) (1933). Attrice statunitense. Iniziò la carriera nel 1951 come modella e dopo una serie di piccole partecipazioni fu con il film di Richard Quine, “Criminale di turno” (1954) che iniziò la sua scalata al successo. I produttori di Hollywood la contrapposero a Marilyn Monroe, per l’avvenenza e a Grace Kelly, per la grazia. Tanti i film di successo tra cui il capolavoro di Alfred Hitchcock “La donna che visse due volte (Vertigo)” (1958), che la consacrò nel gotha cinematografico internazionale. Intensa anche la sua attività televisiva. Da diversi anni si occupa d’arte. 162 - AUDREY HEPBURN (1929 – 1993). Attrice britannica. Dopo l’esordio come ballerina, iniziò la sua carriera di attrice con un documentario educativo, per poi recitare in teatro in una seria di musical. È del 1951 il primo film “One Wild Oat”, a cui seguirono numerose altre pellicole tra cui il cult Vacanze romane (1953) che le diede grande popolarità. Vincitrice di un Oscar, di tre Golden Globe, e di numerosi al premi è stata una delle figure di spicco del cinema statunitense degli anni Cinquanta e Sessanta. 163 - WILHELM PIECK (1876 – 1960). Politico tedesco. Fu l’unico Presidente della Repubblica Democratica tedesca dal 1949 al 1960, carica poi abolita alla sua scomparsa. Deputato prima al Landtag della Prussia e dal 1928 al Reichstag, con l’avvento del nazismo emigrò in Francia e poi in URSS. Tra i fondatori del Partito Comunista tedesco, ne divenne Segretario nel 1935. Dal 1938 al 1943 fu anche Segretario generale del Comintern. Tornò in patria a Berlino a seguito dell’Armata Rossa.
164 - JOSIP BROZ detto TITO (1892 – 1980), Rivoluzionario e Capo di Stato. Fondatore del Partito Comunista Jugoslavo nel 1920, fu alla guida dell’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. Nel 1945 dichiarato decaduto il re Pietro II e costituita la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, Tito governò come Primo Ministro fino al 1963 e come Presidente della Repubblica dal 1953 alla morte. Tra i membri fondatori del Cominform, è stato uno dei maggiori promotori del Movimento dei Paesi non allineati. 165 - KONRAD ADENAUER (1876 – 1967). Politico e statista tedesco. E’ uno dei padri fondatori della Comunità europea. Dal 1906 impegnato nel governo locale di Colonia, dal 1917 al 1933 ricoprì il ruolo di primo borgomastro di Colonia, e dal 1920 al 1933 fu Presidente del Consiglio di stato prussiano. Fermo oppositore dell’ascesa dei nazionalsocialisti, con l’avvento di Hitler, nel 1933 fu esonerato da ogni attività politica. Borgomastro nel 1945, nel 1948 fu eletto Cancelliere della Repubblica federale tedesca, e nel 1951 assunse anche la carica di Ministro degli Esteri. Fu riconfermato Cancelliere nel 1957 e nel 1961. A lui si deve l’adesione alla NATO nel 1955, e la cooperazione economica europea. 166 - AGA KHAN III (Mahommed Shah) (18851957) È il 48esimo Imam dei musulmani Ismailiti Nizariti. È stato uno dei fondatori ed il primo presidente della Lega musulmana indiana, che auspicava la ripartizione del territorio indiano negli Stati distinti di Pakistan e India, ed è stato presidente dell’Assemblea Generale della Società delle Nazioni nel 1937. 167 - SCIÀ DI PERSIA (Mohammad Reza Pahlavi) (1941 – 1979). È stato l’ultimo Scià di Persia, governando l’Iran dal 1941 fino alla Rivoluzione islamica del 1979.
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168 - MOHAMMAD MOSSADEQ (1882- 1967). Politico iraniano. Eletto al parlamento iraniano nel 1925, fu tra gli oppositori all’incoronazione del Primo Ministro Reza Shah Pahlavi come Scià di una nuova dinastia. Mossadeq fu così costretto a ritirarsi dalla vita politica, a cui tornò solo nel 1944, dopo la Conferenza di Teheran e l’ascesa al trono del nuovo re. Dal 1951 al 1953 fu Primo Ministro d’Iran, e si applicò alla nazionalizzazione dello sfruttamento petrolifero. Fu rovesciato da un colpo di stato e escluso da ogni incarico e finì agli arresti domiciliari. 169 - FARUK (Faruq I d’Egitto) (1920 – 1965). Penultimo Re dell’Egitto, dal 1936. Il suo regno terminò con la Rivoluzione egiziana del 1952 ad opera dei militari, e costretto ad abdicare al trono in favore del figlio. Morì in esilio in Italia nel 1965. 170 - PANDIT JAWAHARLAL NEHRU ( (1889 – 1964). Politico indiano. Nel 1919 guidò l’ala di sinistra dell’Indian National Congress e fu poi Segretario e Presidente del partito. Stretto collaboratore di Gandhi, negli anni dal 1921 al 1945 fu ripetutamente arrestato e rilasciato. Svolse un ruolo attivo nell’ottenimento dell’indipendenza dell’India, di cui divenne Primo Ministro e Ministro degli Esteri nel 1947 fino al 1964. Avviò la riforma agraria e tre piani quinquennali per industrializzare il paese, e abolì le discriminazioni fondate sulla casta. Contribuì alla formazione del Movimento dei Paese non allineati. 171 - SYNGMAN RHEE HAEJU (1875 – 1965) Politico sudcoreano. Attivista della lotta nazionalista contro il Giappone fu arrestato nel 1897; rilasciato emigrò negli Stati Uniti. Ritornato in Corea nel 1910, divenne Presidente della Corea del Sud nel 1948, incarico che mantenne fino al 1960 quando forti proteste popolari, contro il suo regime autoritario, lo costrinsero alle dimissioni.
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172 - ZHOU ENLAI (1898 – 1976) Rivoluzionario e politico cinese. Durante la guerra contro il Giappone fu il principale esponente comunista in collegamento con il governo nazionalista. Terminato il Secondo conflitto mondiale, partecipò ai colloqui con il generale Marshall, giunto in Cina nel 1945 come negoziatore fra Chiang Kai-shek e Mao Tse-tung. Fallito l’accordo, raggiunse Mao al comando politico del Partito Comunista cinese. Dopo la proclamazione della Repubblica Popolare occupò varie cariche, e fu il primo Ministro degli Esteri. Presente a molte conferenze internazionali nel 1955 avviò i contatti diplomatici con gli USA. Negli ultimi anni assunse le cariche di Presidente del Consiglio di Stato e di Primo Ministro, contribuendo alla politica di distensione. 173 - MAMELI BARBARA (1908 – 2001). Disegnatore, vignettista, illustratore, cartonista italiano. Collaborò con numero riviste e quotidiani tra cui il Marc’Aurelio. Graffiante come vignettista di satira politica, divenne famoso per le sue “donnine”, i suoi avvenenti personaggi femminili che costituirono gran parte della sua produzione più mondana. 174 - ENRICO DE SETA (1908 – 2008). Illustratore e vignettista. Collaborò con importanti riviste quali Serenissimo, Il Travaso delle idee, Marc’Aurelio, Guerin Meschino, e molte altre creando personaggi rimasti celebri. Fu anche eccellente cartellonista cinematografico e illustratore. 175 - FERRANTE ALVARO DE TORRES. Poeta e scrittore. Allievo di Pitigrilli fu un finissimo poeta e scrittore umoristico che collaborò a lungo con il Marc’Aurelio, con Il Messaggero e altri giornali. Oltre che autore di poesie firmò i testi di molte canzoni, tra cui alcuni brani che ebbero un largo successo negli anni Quaranta e Cinquanta come “Quanto sei bella Roma”. De Torres era
anche un vero personaggio: amava passeggiare per Roma vestito alla moda degli anni Trenta, e vantava una carta intestata disegnata dal grande Attalo con due striminziti tralci di alloro e il motto “Attraverso le rare fronde” che altro non è che l’anagramma del suo nome Partecipò in ruoli secondari anche ad alcune pellicole come “Il delitto di Giovanni Episcopo”. 176 - DIPAS (Adriano Di Pssquale). Illustratore e vignettista qui in un autoritratto. 177 - FRANCO CASTELLANO. (1925 – 1999). Umorista, autore e regista. Ingegnere, iniziò però la sua carriera artistica disegnando vignette per il Marc’Aurelio, nella cui redazione conobbe Pipolo (Giuseppe Moccia) con cui costituì un sodalizio artistico durato oltre quarant’anni e che ha firmato i migliori varietà televisivi degli anni sessanta oltre che film e commedie. 178 - ALFREDO (Alfredo Di Lelio). Ristoratore italiano. Proprietario del ristorante romano “Alfredo alla Scrofa” nel 1914 ebbe l’intuizione di raddoppiare la dose di burro per le classiche fettuccine, che devono la loro popolarità mondiale a Mary Pickford e Douglas Fairbanks, che nel 1927, in luna di miele a Roma, assaggiarono le “Fettuccine Alfredo” e se ne innamorarono. Regalarono al cuoco-proprietario una forchetta e un cucchiaio d’oro ed una foto di loro al ristorante, e tornati a Hollywood, raccontarono a tutti di questa straordinaria ricetta. 179 - FERNANDEL (Fernand Contandin) (1903 – 1971). Attore comico francese. Dopo il debutto a teatro negli anni Venti, passò al cinema in “Le blanc et le noir” a cui seguirono moltissimi altri film. Fu uno degli attori francesi più popolari in patria e all’estero. In Italia fu l’indimenticabile interprete dei film di “Don Camillo”.
ATTALO (Gioacchi-
no Colizzi) (1894 1986). È stato dei più importanti disegnatori umoristici e satirici italiani. dopo aver iniziato a lavorare per le Ferrovie, nei primi anni Venti inizia a collaborare al periodico satirico Serenissimo, e a L’Asino, ma la svolta professionale è del 1931 quando inizia a lavorare per il nuovo bisettimanale Marc’Aurelio, e poi a Il Travaso delle Idee. Ha il merito di aver creato una galleria di ritratti impietosi della società italiana, con personaggi rimasti nella storia del costume e nell’immaginario popolare come “Il Gagà che aveva detto agli amici...”, uno sbruffone che cercava di ingannare non solo gli amici ma anche la propria deludente condizione, o la velleitaria “Genoveffa la racchia” e “La contessa Algisa”. In un ambiente come quello del periodico romano, Attalo conobbe anche il giovane Fellini che sembra si ispirò proprio ai suoi disegni per creare, anni dopo, alcuni personaggi di “Roma”. Nel 1944, torna disegnare per i giornali sorti subito dopo la liberazione della capitale, Marforio e Pasquino, Il Mercante e Belzebù, e torna ancora sulle pagine de Il Travaso alla cui guida era ritornato Guglielmo Guasta. Inventa così nuovi personaggi come “Gastone il frescone” ed il “Cavalier Precisetti”, mentre per il settimanale La Sigaretta, pubblicato tra il 1947 ed il 1948 crea le storie de “La famiglia Cocottini”, la cui protagonista è una signora che propone a maturi e decrepiti signori la compagnia di avvenenti e disponibili signorine, di cui si finge madre. I suoi disegni compaiono anche sul Marc’Aurelio edito da Corrado Tedeschi negli anni Cinquanta. Chiuse molte delle vecchie testate umoristiche Attalo approda infine a Paese Sera con una serie di vignette su “Le guerre pacioccone”, ma continuerà fino agli anni ‘70 a disegnare anche le vignette del “Gagà che aveva detto agli amici...” per il Candido di Giorgio Pisanò. Partecipò pure alla rinascita del “Marc’Aurelio”, nel 1973, nell’occasione diretto da Delfina Metz.
BER (Vinicio Berti) Firenze (1921 -
1991). Pittore e fumettista. È stato uno dei principali esponenti dell’astrattismo italiano. Esordì nei primi anni Quaranta con
opere di carattere realista-espressionista, ispirate dalla tragicità della guerra. Dopo la Liberazione, partecipa alla fondazione del giornale Torrente, che propugnava un’arte attenta alla realtà e all’impegno civile. Passando attraverso cubismo e futurismo approda quindi all’astrattismo nel 1947, fondando, assieme a altri artisti, il gruppo di “Astrattismo classico”. Accanto alla produzione artistica, va ricordata però anche la sua attività di disegnatore e fumettista. Crea “Chiodino” (1952) (su testi di Marcello Argilli e Gabriella Parca) e “Atomino” (1963) (sempre su testi di Argilli), e pubblica su La Settimana dei ragazzi, Il pioniere e sulle pagine per ragazzi di Noi donne. Sue anche le illustrazioni per la Bemporad-Marzocco, de Il giornalino di Gian Burrasca e di Ciondolino di Vamba e Le avventure di Pinocchio di Collodi. Nel 1971 collabora anche con la rivista di satira Ca Balà.
BIAMONTE (Ermanno Biamonte). Disegnatore a animatore. È stato il creatore di “Miciolino” con Padigì (Paolo di Girolamo), animatore con Lionello Fantasia di vari cortometraggi didattici e scientifici prodotti tra il 1955 e il ’60 dalla Incom, società nota soprattutto per La settimana Incom, notiziario semiserio distribuito nelle sale cinematografiche. Quella del fumetto, è stata per Biamonte una breve parentesi. CONGIU (Mariano Congiu) (1928 – 1937). Disegnatore umoristico, ha pubblicato sui principali periodici italiani, soprattutto nelle rubriche dello sport e dello spettacolo. Nel 1952 viene assunto da La Gazzetta dello Sport per fare vignette su Il Guerin Sportivo. Nel 1998 ha ricevuto la medaglia d’oro dell’Ordine dei Giornalisti per i 50 anni di attività, durante i quali ha pubblicato disegni sui principali periodici nazionali. Ha anche collaborato con RAI e TV private, illustrato libri e partecipato a molte esposizioni sia in Italia che all’estero. Ha trascorso 18 anni alla Mondadori nell’Ufficio grafico di Panorama e per 25 anni è stato il vignettista di TV Sorrisi e Canzoni. DANILO (Danilo Aquisti). Nato a
Roma nel 1927, è stato un noto disegnatore umoristico. Negli anni Cinquanta collabora come autore di vignette con il Marc’Aurelio e in seguito entra a far parte
anche dello staff dei “Disegnatori Riuniti” creato da Cassio Morosetti a Milano, che permetterà alle sue vignette di uscire su molti periodici e quotidiani, tra i quali la Domenica del Corriere. Ha partecipato a numerose mostre collettive, in Italia e all’estero e ha soggiornato a lungo in Francia e negli Stati Uniti.
DIPAS (Adriano Di Pasquale) (1924 - ?) È stato un vignettista, attore e sceneggiatore. E. CARRETTI (Enzo Carretti). Disegnatore e illustratore. Ha disegnato le copertine e le storie di “Mandrake” per gli albi “Il Vascello”, della casa editrice Fratelli Spada, e ha disegnato le copertine di “Kriminal”, personaggio di Luciano Secchi per l’editoriale Corno, “L’Uomo Mascherato”, e storie di fumetti di fantascienza come “Bat Star”. CASTELLANO (Franco Castellano)
(1925 – 1999). Umorista, autore e regista. Ingegnere, iniziò però la sua carriera artistica disegnando vignette per il Marc’Aurelio, nella cui redazione conobbe Pipolo (Giuseppe Moccia) con cui costituì un sodalizio artistico durato oltre quarant’anni e che ha firmato i migliori varietà televisivi degli anni Sessanta, oltre che film e commedie. Per il cinema ha scritto quasi cento film come sceneggiatore e di questi ne ha firmati venti come regista.
G. VITELLI (Gaetano Vitelli) (1890
-1965). Ha fatto parte dello staff creativo della Casa editrice Nerbini di Firenze, tra il 1932 e il 1940, contribuendo a tutte le testate dell’editore fiorentino con storie e personaggi. Proprio grazie ai suoi disegni di Mickey Mouse (assieme a quelli di Giove Toppi) Nerbini pubblica, nel dicembre 1932, Topolino con storie apocrife e racconti illustrati. Prolifico, e con un suo inconfondibile stile grafico, essenziale ma molto efficace, riempie le pagine dei settimanali nerbiniani con fumetti avventurosi o umoristici fino alle soglie della Guerra.
GIAM (Hugo Giammusso) (1908 -
1977). Pittore, illustratore e cartellonista. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti, è volontario in Africa durante la Guerra di Abissinia. Richiamato alle armi anche nel 1940, allo scoppio della
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Seconda Guerra Mondiale, lavora come disegnatore tecnico all’Istituto Luce, e subito dopo il 1943, diviene ufficiale di collegamento con le truppe alleate che avanzano su Roma Nel Dopoguerra si scopre una vena di umorista e vignettista e collabora così con vignette e caricature a numerosi giornali e riviste umoristiche e satiriche tra le quali: Il Travaso, L’Elefante, Marc’Aurelio, Cantachiaro, Pettirosso, Il Borghese, Il Tempo e Il Popolo.
GIRUS (Giuseppe Russo) (1889 - 1960). Esordisce ventenne come illustratore e caricaturista su Teatro Illustrato e Calabria Nova, nonostante la sua professione odontotecnico. Dotato di un tratto straordinario, espone anche le sue caricature di politici e artisti alla cartoleria Filardo di Catanzaro, che ogni sabato vede assieparsi la gente davanti alle vetrine per ammirare le ultime tavole satiriche di Girus. Le sue caricature sono magistrali, disegnate con un tratto rapido e preciso con il quale mostra va sempre di saper cogliere l’anima dei personaggi. Pio Vanzi di Serenissimo lo porta così a Roma, dove collabora alle maggiori testate satiriche del tempo, da Il Travaso delle idee, dove disegna “Addavenì Baffone!”, al Guerin Meschino, a Il Becco Giallo dove crea “I fessi”. Dal 1933 in poi collabora anche al Corriere dei Piccoli, mentre negli anni Quaranta lavora a Il Merlo Giallo e a L’Uomo Qualunque. Si dedica anche alla caricatura teatrale. HAËM (Hans Ulrich Meury) (1929 2007) Disegnatore, e illustratore ha lavorato per riviste internazionali come Punch e The New Yorker. Diplomato orafo, Meury già nel 1951 si dedica però ai suoi primi cartoni animati, dopodiché trova occupazione come disegnatore in vari studi di animazione. Nel 1954 crea cartoni animati anche per il giornale satirico svizzero Nebelspalter. Cittadino del mondo ha vissuto in diversi Paesi europei (Inghilterra, Italia, Francia, Germania, Australia) e stretto amicizia con disegnatori, architetti e musicisti. Appassionato di musica jazz crea una famosa galleria di ritratti umoristici dei più grandi jazzisti degli anni ’50. Le sue vignette e illustrazioni escono anche
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su Pardon, Zeit e Melbourne Herald e Witty World. Nel 1989 si trasferisce in Ticino, dove si dedica alla pittura.
MORGIONE (Gaspare Morgione) (1930-2015). Giornalista e disegnatore umorista. Il suo esordio come disegnatore è sul settimanale romano Il Travaso, e al contempo percorre una brillante carriera giornalistica prima come cronista, poi capo servizio, redattore capo e infine condirettore del quotidiano di Varese La Prealpina. È stato autore di testi e disegni satirici e ha firmato trasmissioni radiofoniche per la Rai, fiabe, racconti e sceneggiature per fumetti comici e d’avventura. Come vignettista ha pubblicato su quattro quotidiani: La Prealpina, Il Tempo, Avvenire e Il Giorno, mentre con l’agenzia “Disegnatori Riuniti” ha collaborato a innumerevoli giornali e riviste. PIPOLO (Giuseppe Moccia) (1933 -
2006). Disegnatore umoristico, sceneggiatore e regista italiano. La sua carriera inizia negli anni Cinquanta alla radio. Dal febbraio 1954 al marzo 1956 collabora come soggettista e disegnatore al quindicinale Ciclamino e nel 1957 dirige il mensile Pulce. Sono di questo periodo le sue storie scritte e disegnate di Ciclamino, Pulce, Violetta, Radicchio e Lievito. Lavora anche come vignettista per il Marc’Aurelio, di cui diviene in seguito redattore. Insieme a Franco Castellano, conosciuto proprio nella redazione del Marc’Aurelio, firma poi una serie lunghissima di programmi di successo per la televisione, e negli anni Settanta e Ottanta, sono di Castellano & Pipolo anche molti trai film di maggior incasso del cinema italiano, legando il nome a quelli di Totò, Fabrizi, Tognazzi, Celentano e Salce. Film dove la comicità indulge spesso alla satira sociale e a una profonda lettura di ambienti e caratteri, mutuate anche dall’esperienza comune nella redazione del Marc’Aurelio.
PIPPO COCO (Giuseppe Coco) (1936 – 2012). Disegnatore e illustratore. Precoce illustratore per Il Travaso delle idee, negli anni Sessanta si trasferisce a Milano imponendosi all’attenzione delle maggiori testate giornalistiche europee e americane. Lavora anche alla Paul Film, casa di produzione di film animati pubblicitari, un esperienza breve e intensa che lo spinge ad
intensificare la sua vocazione di disegnatore umoristico e di illustratore. Negli anni ha collaborato a numerosi periodici italiani e stranieri, caratterizzandosi anche per il suo humour noir. Tra le sue creazioni si ricordano i personaggi “Arturo”, “Esculapia”, “Piccolo Slim” e l’inconfondibile re dal naso appuntito, oltre ad una serie di tavole ispirate alla metropolitana milanese.
VIGHI (Vittorio Vighi) (1927 - 2008). Disegnatore umoristico. Inizia la sua collaborazione al Marc’Aurelio già negli anni Quaranta e, in seguito, abbandonati gli studi di giurisprudenza, si trasferisce a Roma per lavorare come disegnatore umoristico-satirico per varie testate: dal Marc’Aurelio, dove conobbe Scola, Attalo, Barbara, Artioli, Danilo, Castellano e Pipolo a Il Travaso. Collabora anche a riviste come L’Europeo e Epoca. Esaurita la stagione dei giornali umoristici, dalla fine degli anni Cinquanta fino a metà degli anni Settanta, lavora come soggettista e sceneggiatore per il cinema e poi in seguito come autore per la radio e la televisione. Negli anni Novanta riprende a collaborare, come vignettista, a varie testate come il Satyricon de La Repubblica, Avanti, Italia Settimanale, La Peste, Par Condicio, Veleno e altre. WÄLTI (Walter Faccini) (1911 - 1976).
Nato nel Canton Ticino da famiglia italiana, architettura e medicina a Roma. Nella capitale inizia a collaborare al Marc’Aurelio, e in seguito va a Parigi per lavorare negli Studi Pathé. Dal 1938 collabora a Settebello, e lavora anche per la Mondadori e le Edizioni Alpe. Nel ‘43 torna in Svizzera, dove viene inizialmente internato. Qui diviene collaboratore fisso della rivista Nebelspalter con lo pseudonimo di Wälti. Nel ‘54 per l’editore Capriotti di Roma realizza l’albo illustrato “Pallino nel mondo dei mammiferi”. Ha creato moltissimi personaggi e altrettante storie ed è stato anche un valente fotografo, pittore, giornalista e regista televisivo e pubblicitario.
Chi era Giulio Brunner
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ovantadue anni e mezzo di vita intensa, scandita da fatti e accadimenti che non si possono riassumere senza che qualcosa di significativo ne rimanga mortificato. La vita di Giulio Brunner (19202012) si snoda attraverso il ‘900 e guardando ad essa ben si possono interpretare alcune delle vicende che hanno caratterizzato questo secolo. Ancora non adolescente lo troviamo, tra le voci bianche del coro della SS. Annunziata di Firenze, inaugurare le trasmissioni in diretta radio poi, da fervente antifascista, paga con la galera le sue intemperanze fino ad iniziare, nell’immediato dopoguerra, la sua intensa attività editoriale. Fu del tutto casualmente che Giulio, nell’agosto del 1945 alla ricerca di un lavoro, invece di far domanda per essere assunto alle Poste Centrali, diventò collaboratore di un suo ex professore, Corrado Tedeschi, che nel frattempo aveva fondato la omonima Casa Editrice. Durante questa lunga collaborazio-
ne fu prima braccio destro dell’editore e, successivamente, capo redattore di diverse pubblicazioni spaziando tra l’enigmistica, i fumetti, e l’attività discografica. Nel gennaio del 1955 Corrado Tedeschi editò la rivista “Marc’Aurelio” e Giulio ne divenne il capo redattore, carica che ricoprì fino al 1959. In quegli anni di intenso lavoro tra Roma e Firenze Giulio, egli stesso abile disegnatore e cultore dell’umorismo, seguì da vicino l’attività della rivista e di tutti coloro che vi collaboravano ed ebbe il compito di coordinare il lavoro di quanti, attraverso la satira, in quel periodo prevalentemente di costume ma anche politica, cercarono di mantenere vivo lo spirito critico degli italiani, distratti in quegli anni dal benessere che iniziavano ad intravedere dopo il buio del lungo periodo bellico. Giulio ricordava quegli anni con immenso piacere. Dopo l’esperienza del “Marc’Aurelio”, negli anni ’70 Giulio fu cofondatore e ancora capo redattore di
riviste di successo come “Il giornale dei Misteri” e “Mondo Archeologico” fino al 1995, anno che vide il suo ritiro dalla attività editoriale. Fu proprio in pensione che Giulio poté finalmente coltivare in modo continuativo i suoi molteplici interessi occupandosi di tutto quello che stimolava la sua creatività intellettuale e fu nel 2009 a 89 anni che “ritornò alle origini” occupandosi del riordino dell’archivio della Cappella musicale della SS. Annunziata dove aveva cantato da ragazzino. Giulio Brunner è stato un uomo immerso nel suo tempo, facendosene interprete vero e protagonista senza tralasciare fino alla fine nessuno degli stimoli che il suo cammino gli aveva riservato, imparando a sfruttare a pieno tutte le possibilità messe a sua disposizione dalle nuove tecnologie; fino a pochi giorni dalla sua morte lo si poteva ancora vedere intento ad interessarsi dei fatti di questo mondo, in contatto via internet con quanti condividevano con lui passioni e idee.
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L’intervista Intervista a Giulio Brunner di Lorenzo Facchinotti
L’intervista qui ricostruita in ordine logico si svolse tra il 1998 e il 1999 per corrispondenza . Corrado Tedeschi non è mai stato proprietario della testata “Marc’Aurelio”, nel senso che non l’aveva acquistata dal De Bellis il quale, quando decise di sospendere le pubblicazioni, per il tramite del comm. Primo Parrini di Roma (che distribuiva le edizioni Tedeschi) suo vecchio amico, affittò la testata al Tedeschi a titolo completamente gratuito, senza pretendere alcuna royalty sulle vendite e con il solo patto che in caso di cessazione la testata sarebbe ritornata a lui. (N.d.A) -Quando è entrato a far parte della Casa Editrice Corrado Tedeschi? Sono entrato a far parte della Casa Editrice Corrado Tedeschi sin dalla sua rifondazione (agosto 1945. Tedeschi aveva dovuto cederla ad un prestanome nel 1939 a causa delle leggi razziali) prima come collaboratore, poi come caporedattore di tutte le sue pubblicazioni enigmistiche e non (“Albi Nuove Avventure”, “Le Opere”, altre numerose pubblicazioni con dischi allegati, “Il Giornale dei misteri”, ecc.) fino alla mia andata in pensione nel 1985. Da quell’anno al 1995 ho curato esclusivamente la redazione del “Giornale dei Misteri” da me creato nel 1971. Per le pubblicazioni enigmistiche, prima di occuparmi del “Marc’Aurelio”, curavo le rubriche di varietà e la scelta delle vignette umoristiche. -Quali erano le sue mansioni come caporedattore del “Marc’Aurelio”?
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Come caporedattore del “Marc’Aurelio” mi occupavo esclusivamente del coordinamento del lavoro dei vari collaboratori e della impostazione generale del giornale in conformità alle direttive dell’Editore, anche perché esisteva una redazione già bene articolata da Vito De Bellis. -Corrado Tedeschi interveniva spesso nel lavoro di redazione? Un certo indirizzo generale ce lo dava, ma in genere ci dava carta bianca.
-Come e con quale periodicità si svolgevano le riunioni di redazione? Due o tre volte al mese mi recavo per un paio di giorni a Roma nella redazione di Via dei Crociferi (sede storica, dove aveva ancora il suo studio Vito De Bellis) dove stazionavano perennemente Castellano e Pipolo (e spesso anche Vighi) e lì ci riunivamo con Attalo, Barbara, De Torres, Curatola, De Seta (Bob, il
figlio del creatore del Mago Bakù) ed altri di passaggio, per discutere sulle battute e sui testi da pubblicare. In genere gli autori (i giovani) delle vignette erano anche autori delle battute (che a volte si scambiavano) mentre “ i grandi vecchi” come Attalo, Barbara, Girus erano addirittura penosi in quanto a umorismo! È che si facevano perdonare (eccome!) dai loro disegni stupendi e dall’interpretazione che davano alle battute altrui (fornitori inesauribili erano Castellano e Pipolo). Ricordo ancora gli sberleffi dei “giovani” quando Attalo, seduto sulla sua poltroncina, azzardava timidamente con voce fievole una battuta: poi quando riceveva l’imbeccata, prendeva carta e matita e, parlando fra sé e sé, buttava giù uno dei suoi soliti capolavori. Barbara, invece, sempre elegantissimo come un “dandy”, se ne stava in un angolo in piedi per non sciuparsi la riga dei pantaloni e zitto: anche perché ci sentiva poco e le battute gliele davano scritte… -Gli umoristi del Marc’Aurelio avevano anche altre collaborazioni? Alcuni di essi, per quel che ricordo (Artioli, De Seta, Fasan per le vignette, Curatola, Cassina per le rubriche) collaboravano anche a quotidiani e periodici. L’unico concorrente sulla piazza di Roma era “Il Travaso” ma dati gli ottimi rapporti d’amicizia che avevo col suo direttore storico Guasta, ognuno si teneva i suoi collaboratori. Altro giornale umoristico romano era “Il
-Quali argomenti si affrontavano di preferenza? Gli argomenti affrontati erano per lo più di costume. La politica era appena sfiorata ma non qualunquista.
te vignette e della ripubblicazione di vecchie rubriche. C’è un collegamento tra i due fatti? Sì. Metz, Marchesi, Fellini, Rossi, ecc. avevano ormai preso strade diverse e assai più remunerative (in tutti i sensi). Non era rimasto che il Vecchio Ferrante Alvaro De Torres, allievo di Pitigrilli, finissimo poeta e scrittore umoristico di alta classe, ma ormai sorpassato. Nonostante fosse malmesso sia fisicamente che finanziariamente (traeva sostentamento solo dalla sua collaborazio-
-Potrebbe darmi maggiori ragguagli sull’indirizzo politico del giornale? Nell’assumere la gestione del “Marc’Aurelio”, Tedeschi si accollò anche tutta la redazione al completo dell’ultima gestione De Bellis e, quindi, a parte la differenza “strutturale” (dal formato quotidiano al più moderno formato “magazine”, come si direbbe oggi) niente fu cambiato, neppure la linea politica (anticomunista, antidemocristiana, ma non criptofascista come il “Candido” e il “Bertoldo”, semmai un po’ qualunquista) ed insieme a questo anche tutte le difficoltà che avevano costretto il De Bellis a chiudere. Anzi, malgrado la pubblicità che il Tedeschi faceva del giornale su tutte le altre sue vendutissime pubblicazioni enigmistiche, le difficoltà andavano aumentando con l’aumentare della disaffezione degli italiani – anche quelli più colti – a leggere avendo trovato in altri oggetti (televisione, auto, stadio) un modo meno impegnativo per divertirsi. Le varie trasformazioni del giornale non portarono ad alcun risultato.
ne al “Marc’Aurelio” e da qualche scritto sul “Messaggero”) si ostinava a passeggiare per Roma in Borsalino, ghette e monocolo, come nei dorati anni ’30. Figura patetica ma che incuteva rispetto e ammirazione anche negli iconoclasti Castellano, Pipolo e Vighi. Da qui la predominanza delle vignette sugli scritti anche perché tra i disegnatori stavano nascendo nuovi talenti. Per equilibrare le proporzioni si ripubblicavano vecchie rubriche (ma senza successo).
-Sfogliando il giornale mi sono accorto di due cose: della presenza di tan-
-Tra le vignette ho avuto occasione di “ammirare” molte tavole di donnine.
Calandrino” dell’editore Giuliani ma esso si basava quasi esclusivamente sulla produzione straniera. “Il Candido” di Guareschi era a Milano e fortemente politicizzato, quindi molto lontano dall’umorismo puro e quasi surreale del “Marc’Aurelio”.
Immagino che fossero importanti per l’economia del giornale. Questo genere ha continuato anche negli anni ‘60’70, o è sparito? Sì. Tant’è che il Tedeschi aveva sollecitato Attalo, che notoriamente raffigurava le donne “racchie”, grassone, sciatte, a disegnare donnine procaci, cosa che gli riusciva benissimo perché era un grande pittore. Notoriamente Barbara era il “top” del genere e quasi tutte sue erano le copertine. E a proposito di vignette erotiche (o considerate tali, all’epoca…) il “Marc’Aurelio” ebbe 23 denunce (oltraggio al pudore, come per chi orina per strada…) da parte di alcune associazioni moralistiche e da alcuni pretori, che furono accorpate in un unico processo che si svolse a Roma, presenti il sottoscritto come caporedattore e i disegnatori (Attalo se la faceva addosso dalla paura anche se non capiva niente di quello che veniva detto, Barbara, impassibile, perché era quasi sordo…). La brillante difesa in un fiorentino strettissimo e di difficile comprensione per i non iniziati, dell’Avv. Dino Lattes, fece assolvere tutti con formula piena. Fra parentesi le dirò che, prima del processo, l’Avv. Lattes mi chiese – e gli diedi alcuni originali delle tavole di Barbara perché il presidente della corte gli aveva espresso il desiderio di possederne qualcuna essendo un ammiratore di quell’artista. Come ho già detto, le fotografie audaci avevano soppiantato i disegni e le donnine di Barbara non “tiravano” più: bisognava aspettare Barbarella e Valentina per ritrovare il trionfo del disegno erotico. -Qual era il target a cui si rivolgeva il giornale? A un pubblico che, probabilmen-
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maggiore velocità di stampa fu acquistata una speciale macchina della casa tedesca Bülher, chiamata “rotopiana” (usata in questi tempi in Germania per i piccoli quotidiani locali).
te, non c’eera più. Chi aveva ancora voglia di leggere (o meglio, di guardare) si stava rivolgendo verso i settimanali tipo “ La settimana Incom”, “Epoca”, “Cronaca vera” o i fumetti di “Grand Hotel” e fotoromanzi. La realtà, le cronache di quei tempi di appena ritrovata libertà di stampa erano assai più stuzzicanti del sofisticato umorismo del “Marc’Aurelio”. Le fotografie poi, avevano soppiantato la parola scritta e il disegno. -Quali sono state le ragioni che hanno spinto Tedeschi a cessare le pubblicazioni? Per le scarse vendite. Malgrado si fossero sperimentate varie formule (periodicità, formato, contenuti), il giornale non decollava, nonostante la proverbiale ostinazione del
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Tedeschi. La testata, che era rimasta di proprietà di De Bellis, gli fu restituita e seppi che poi fu ceduta all’Editore Napoleone di Roma, il quale, più tardi, fu costretto a chiudere. Intanto avevano già chiuso “Il Travaso” e poi “Calandrino”. Nel panorama giornalistico non c’era più posto per l’umorismo e non c’è più stato. I successi di giornali come “La Zanzara” e “Il Male”, furono effimeri e datati. Oggi l’umorismo puro è archeologia; resiste soltanto nelle pagine delle riviste enigmistiche. -Come veniva stampato “Marc’Aurelio”? Completamente tipografico: piombo e cliché di zinco. La tipografia Tedeschi non possedeva ancora macchine offset. Per avere una
-Qual era la condizione della stampa umoristica nella seconda metà degli anni ‘50? L’umorismo era già decisamente in declino e ben lo aveva capito De Bellis che aveva deciso di cedere la sua creatura prima che gli morisse fra le mani. (Anche l’antico “Travaso” agonizzava). Le battute velate, che ai tempi del fascismo sollevavano lo spirito dal grigiore e dalla retorica, non avevano ormai più senso; con la libertà di stampa tutto era spiattellato a chiare lettere senza aver bisogno di ricorrere a sotterfugi. Mancava, dunque, quel sottile piacere della scoperta, di farla in barba al censore del MinCulPop, di ridere in casa con gli amici più fidati alle spalle del gerarca analfabeta o del prefetto cafone. Comunque, anche l’umorismo di costume degli anni ’50 non era esente da pericoli: fummo citati 23 volte (ed avemmo 23 processi poi unificati) per oltraggio al pudore a causa delle figure di donna troppo scollacciate di Barbara (tira via…) e di Attalo: chi conosce i suoi disegni può capire il cervello dei querelanti. L’assoluzione fu piena e completa. Il passaggio da Roma a Firenze non ebbe alcuna influenza perché come ho detto sopra la redazione era a Roma. -Quanto ha influito il Marc’Aurelio del periodo fascista sui costumi italiani? E quanto quello del dopoguerra? Indubbiamente il “Marc’Aurelio” di De Bellis ha influito moltissimo
sulla cultura italiana del dopoguerra e anche oltre. Quando in un film di Fellini vedo quelle teorie di seminaristi dalle tonache svolazzanti in una piazza deserta di Roma, rivedo i disegni di Artioli e nelle sue donnone strabordanti quelle di Attalo e Walter. In concreto, tutta la redazione del “Marc’Aurelio” degli anni d’oro. Quello degli anni ’50 penso proprio di no anche perché molti dei collaboratori erano anziani e già affermati e quelli giovani si stavano orientando verso altri campi più remunerativi come la pubblicità (Vighi) o la sceneggiatura di film (Castellano e Pipolo, poi divenuti registi) o addirittura verso la regia, come Scola. Lo ricordo, Ettore, sempre ben vestito, ben rasato, che sembrava uscito dalle mani della mamma, che bussava timidamente alla porta della redazione e, sempre timidamente, consegnava le sue vignette (molto belle e spiritose), salutava rispettosamente quei due scalmanati di Castellano e Pipolo e se ne andava chiudendosi silenziosamente la porta dietro. -Cos’è per lei l’umorismo? L’umorismo è la più alta espressione dello spirito umano: è l’unico tratto che ci distingue dagli altri animali. Pitigrilli diceva: “Gli umoristi sono dei fanciulli che attraversando le stanze buie cantano per farsi coraggio”. Chi non ha il senso dell’umorismo resta paralizzato. -Tra i numeri conservati nella raccolta della Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani a Milano, ho trovato anche un numero intitolato “SuperMarc’Aurelio”, che, se non vado errato conteneva, materiale già pubblicato. Che cos’era di preciso? Si trattava di
una raccolta? Si, “Il Super “Marc’Aurelio” non fu altro che una raccolta di vignette già pubblicate sul “Marc’Aurelio”e che ebbe un discreto successo di vendite soprattutto per il gran numero di pagine ed il basso prezzo. -Sul primo numero del “Marc’Aurelio” della gestione Tedeschi ho trovato un riferimento alla prossima uscita di un periodico, sempre ad opera di Tedeschi, intitolato “Vespasiano”. Mi potrebbe dare maggiori ragguagli a proposito? Mai uscito. Era solo una battutaccia inventata da Castellano intendendosi con Vespasiano non solo un imperatore romano come “Marc’Aurelio” ma anche il nome con cui in romanesco venivano chiamati i gabinetti pubblici. Com’è noto, fu proprio Vespasiano a istituirli nell’antica Roma, a pagamento.
to. Era anche un bravo pittore e so che ha fatto anche qualche personale. Non so della sua collaborazione a giornali stranieri. Negli anni ’80 lo richiamai per collaborare alle riviste enigmistiche della Tedeschi con le sue vignette, cosa che ha fatto regolarmente fino alla sua scomparsa. Era persona affabilissima e correttissima. L’unico libro che io conosca dove appaiano riunite alcune sue vignette, insieme con quelle di Castellano, Haem, Pipolo, Scola e Vighi, è “Vita in due” con prefazione di Ferrante Alvaro De Torres, pubblicato nell’ottobre del 1956 dalle edizioni Alces di Roma, come supplemento al n. 45 di “Calandrino”.
-Angelo Olivieri, in un suo volume, “L’imperatore in platea”, racconta che Tedeschi aveva avuto l’idea di un film. Cosa può dirmi in proposito? Non ricordo questo particolare. Tedeschi voleva fare un film, ma precedentemente all’acquisizione del “Marc’Aurelio”, quando fondò nel 1952 il Partito Nettista Italiano, detto il Partito della bistecca, che si presentò alle elezioni del ‘53. Il film doveva essere intitolato “Ho sognato la bistecca”. Ma questa è un’altra storia. -Ho letto che Danilo Aquisti fu anche pittore, saprebbe dirmi qualcosa sul suo conto? Danilo era esclusivamente un disegnatore umorista, caustico nelle battute e nel disegno “brutto” ma incisivo e fortemente caratterizza-
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Le rimpatriate
Da sinistra: Pipolo, Scola, Todini, Vighi, il fratello di Scola, Ferruccio De Bellis, figlio di Vito De Bellis
Da sinistra: Brunner, Pipolo, Scola, Todini,
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Caro Giulio, ho ricevuto con molto piacere la tua lettera e mi sono affrettato a mettere il tuo indirizzo E-mail nella mia rubrica. Vighi lo vedo ogni tanto, fa il pensionato e dipinge dei quadri completamente diversi dalle sue vignette. Anche io ricordo con piacere i bei tempi del “Marc’aurelio” e di quel pazzo di Tedeschi, le telefonate della redazione romana tra te e Ferrante Alvaro de Torres, telefonate che finivano immancabilmente con una bestemmia perché cadeva la linea prima di poter fare la solita richiesta di soldi. Circa due anni fa, prima che Franz Castellano ci lasciasse ho organizzato una cena da “Otello” (anche perché il ristorante Quinto non c’è più.) Eravamo io, Franco, Vighi, Dipas, Di Palma, Todini, Ettore Scola, suo fratello Pietro e Paolino de Bellis. Abbiamo parlato dei vecchi tempi e, naturalmente anche di te, con simpatia, perché Firenze eri l’unico che stava dalla parte nostra. Mi ricordo anche che mi chiedevi vignette con le mie donnine e le testate per le varie rubriche. Mi fa piacere che ti abbia tatto ridere “Carabinieri” ma in questo momento sono con l’acqua alla gola per gli sketch (pensa che ne giro uno al giorno e che quelli delle prossime settimane ancora non li abbiamo scritti!). Ma appena avrò finito mi riprometto di parlare anche con Scola, che voleva anche lui fare una rimpatriata. Ti farò avere notizie e ti abbraccio con l’affetto di sempre. Pipolo (Email di Pipolo a Brunner del 6/10/2002)
Indice
Saluti istituzionali ................................................................................................... pag. 5 La Donazione Brunner al Museo Satira............................................... pag. 7 La parabola del Marc’Aurelio di Lorenzo Facchinotti................... pag 9 L’altro Marc’Aurelio di Fabiana De Bellis.............................................. pag. 25 Attalo................................................................................................................................ pag. 30 Girus................................................................................................................................ pag. 35 Aglò.................................................................................................................................. pag. 70 Ber.................................................................................................................................... pag. 75 Biamonte....................................................................................................................... pag. 76 Congiu............................................................................................................................ pag. 78 Danilo.............................................................................................................................. pag. 80 Dipas............................................................................................................................... pag. 92 E. Carretti..................................................................................................................... pag. 93 G. Vitelli......................................................................................................................... pag. 94 Giam................................................................................................................................. pag. 95 Giuliano.......................................................................................................................... pag. 97 Haëm................................................................................................................................ pag. 98 Morgione...................................................................................................................... pag. 105 Parker............................................................................................................................. pag. 106 Pipolo............................................................................................................................. pag. 108 Pippo Coco.................................................................................................................pag. 110 Vighi................................................................................................................................. pag. 114 Walti.................................................................................................................................. pag. 115 Anonimo....................................................................................................................... pag. 132 Le caricature ............................................................................................................. pag. 134 Alcune testate............................................................................................................ pag. 157 Memorabilia................................................................................................................. pag. 158 Caricaturisti e caricaturati al Marc’Aurelio............................................. pag. 162 Chi era Giulio Brunner....................................................................................... pag. 169 L’intervista................................................................................................................... pag. 170 Le rimpatriate............................................................................................................ pag. 174
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Il copyright dei disegni contenuti in questo catalogo appartiene agli Autori o agli aventi diritto I disegni sono qui riprodotti ai fini della documentazione della mostra realizzata a cura del Museo della Satira e della Caricatura di Forte dei Marmi
Š Museo della Satira e della Caricatura 2016 è vietata qualsiasi riproduzione Impaginazione e grafica: Editografica Finito di stampare nel mese di luglio 2016 da Seven Seas, Repubblica di San Marino
“Abbandonarsi all ’immaginazione, alla fantasia, evadere, sognare, inventare, lavorare non più sul terreno della realtà ma sulle nuvole di un mondo che f ino a ieri non c’era”. Giovanni Mosca (ricordando l’avventura del “Marc’Aurelio”)