Le Mot

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DIGITAL EDITION


Editing digitale e creazione eBook a cura di Franco A. Calotti

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DIGITAL EDITION 3


Comune di Forte dei Marmi

Direzione artistica del Museo:

Cinzia Bibolotti Franco A. Calotti

La Mostra è proposta nell’ambito di:

Catalogo a cura di:

Franco A. Calotti

Una produzione:

Presidente:

Giacomo Pieve

Un ringraziamento a Ivo Ferraguti per averci aiutato a scoprire Le Mot Graphic designer Editografica, Pietrasanta LeMot © Museo della Satira e della Caricatura Forte dei Marmi, 2008

Museo della Satira e della Caricatura Forte dei Marmi - tel. 0584 280234 - 0584 876277 info@museosatira.it - museosatira@gmail.com www.museosatira.it/lemot

Nessuna parte di questo catalogo può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti.

Stampato da Industrie Grafiche Pacini Editore S.p.A. - Pisa, Aprile 2008


LA RIVISTA SATIRICA DI JEAN COCTEAU E PAUL IRIBE 1914 - 1915

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE VISTA E DISEGNATA DA COCTEAU E IRIBE.

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oderno, espressione di tendenze artistiche d’avanguardia e ferocemente antimilitarista: questo è Le Mot il giornale che tra il 28 novembre 1914 e il 1 luglio 1915, Jean Cocteau e Paul Iribe realizzarono a Parigi, facendo la spola tra il fronte e i circoli artistici e letterari di Montmartre e Montparnasse dove la rivista ebbe vita. A dispetto del significato letterale del titolo “La Parola”, Le Mot visse soprattutto per l’immagine raffinata, precorritrice, forte in chiave politico-patriottica, audace in chiave di denuncia antimilitarista, al punto da cadere anche sotto il maglio della censura. Soprattutto, però, diverso dalla stampa satirica del periodo, e dai celebri giornali di trincea, che un po’ ovunque nascevano e morivano come i soldati sui fronti della Grande Guerra. Le Mot figlio, dunque, del clima parigino, soprattutto di quei circoli culturali e intellettuali che piacevano tanto a Cocteau e alla sua amica e ispiratrice Misia Sert (1872-1950), che guarda con orrore la violenza della guerra, personificandola in chiave antigermanica ed estremista e bagnandola negli umori della fede patriottica. A tenere a battesimo Le Mot alla fine di novembre del 1914 sono lo stesso Cocteau e Paul Iribe, artista eclettico e raffinato. I due si erano conosciuti appena cinque anni prima sulle pagine della rivista letteraria Shéhérazade. Adesso però i due, volontari nelle fila della Croce Rossa e degli ambulanzieri di Misia Sert, fanno la spola tra il fronte e Parigi a soccorrere i feriti e a creare questo Hebdomadaire illustré. “David et Goliath” è così il messaggio di sfida che dalla prima pagina del primo numero Le Mot lancia ai suoi lettori e all’orda prussiana, in omaggio ad una rivalità franco-tedesca acuitasi nel tempo e divenuta incontenibile con il conflitto armato. Il piccolo artigliere francese disegnato da Iribe non retrocede davanti al possente mostro tecnologico germanico e all’iracondia dei soldati dagli elmi chiodati, anzi sembra voler ricordare che Davide anche questa volta batterà il gigante Golia. Cocteau scrive gran parte del giornale, lo plasma, usando anche pseudonimi, costante questa che lo porterà a firmare tanti bei disegni con il nome del proprio cagnolino Jim, e tocca invece a Iribe segnare sulla carta il mostro bellico tedesco che sfida la Francia. Pierre Laurier (probabile ennesimo pseudonimo dello stesso Cocteau) è sfer-

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zante nel primo editoriale che ridà fiato alla guerra del cuore contro la guerra della brutalità tecnologica. La guerra dei freddi soldati prussiani contro “il nostro giovane esercito di acrobati, di clown, giocolieri e prestigiatori (che) salta gli elmi chiodati, ride del naso del Crottenprinz/Principe della Corona (si noti il feroce gioco di parole tra crotte [sterco, fango] e crown [corona]) e ti fa sparire un 420 sotto una gavetta”. “Pollicino scalza l’orco – conclude Laurier – e il barbaro “Guglielmo Simplicissimus consulti Michelangelo e le immagini di Èpinal”. Parte, dunque, così un’avventura editoriale che durerà per soli venti numeri della rivista, in poco più di sette mesi, e che usa una carta povera, del resto i tempi sono quelli di belligeranza, mentre sovente la redazione conforta i lettori che non riescono a procurarsi il giornale che per motivi di tiratura e di manodopera non soddisfa evidentemente tutta la richiesta. Ma la missione impone presto le ristampe dei primi numeri andati rapidamente esauriti, e pure di millesimate riviste su carta di qualità (japon) per i collezionisti più esigenti e anche l’ambiziosa tiratura di stampe singole su carta pregiata delle opere spesso colorate e a doppia pagina dei grandi collaboratori del giornale. Il tutto senza dimenticare la funzione di propaganda: nel terzo numero già si segnala come Le Mot venga inviato gratuitamente a mille tra ufficiali e soldati grazie a un benefattore, e dal numero successivo questi invii saliranno a ben diecimila! Le Mot incappa anche nelle maglie della censura: il caso più clamoroso, avviene alla fine di gennaio del 1915. Il 30 esce infatti il giornale con la consueta copertina di Iribe: un soldato ferito crocifisso ad una grande croce rossa, color del sangue. La bonne croix si intitola e mette il dito sulla crudeltà della guerra, denunciandone simbolicamente il dramma e l’assenza di pietà. Il giornale, però, così non può uscire e Iribe è costretto a cambiare. La copertina incriminata verrà ripubblicata, solo più avanti, per documentazione, con la scritta “Censuré” a ricordarne il destino. La bonne croix diventa La cicatrice. Un nastro, che sembra un fiume di sangue, a cui è appesa una medaglia, quella della Légion d’honneur che dal 1802, quando Napoleone la istituì è la massima onorificenza francese per straordinari meriti nella vita militare e civile. Quel sangue personificato dal nastro rende davvero effimera la medaglia su cui campeggia il motto dell’ordine Honneur et patrie (Onore e patria). Del resto l’intero n.8 cavalca questo tema, e lo fa con una grande poesia di Cocteau - La Grande Pitié des Victimes de France - dedicata allo scrittore Maurice Barrès (1862 – 1923) che fu attore importante della propaganda durante la Grande Guerra. Il titolo del componimento Le Mot riprende quello di un celebre scritto politico di Barrès: La Grande Pitié des églises de France. “Ho visto le loro medaglie – scrive nei suoi toccanti versi Cocteau – appuntate sulla bocca, chiedevano che avvenisse un miracolo, di ritrovarsi improvvisamente a casa assieme alle loro madri, che un buon fuoco scoppiettasse e ardesse, e di poter ancora, loro che non hanno più le gambe, correre nel giardino!” A segnare la cifra stilistica di Le Mot sono le copertine. Delle venti pubblicate (ma va considerata anche la prima versione della copertina censurata del giornale del famoso numero 8 del 30 gennaio 1915) soltanto due sono opera di JimCocteau, quella del 3 aprile e quella dell’ultimo numero uscito, nonché la contro

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copertina del penultimo giornale, che celebra peraltro con un Dante laureato e cinto di alloro l’entrata in guerra dell’Italia avvenuta solo qualche settimana avanti. Le altre sono tutte di Iribe. Basta sfogliare questo prezioso gioiello “la moins chère et la plus luxueuse des pubblications artistiques fondées jusqu’à ce jour” - affermeranno i redattori più avanti - per vedere anche l’apporto diretto e indiretto di grandi intellettuali ed artisti attivi in quegli anni a Parigi e le contaminazioni dei movimenti artistici che in quel periodo nascevano e crescevano. Così sulle pagine di Le Mot già al terzo numero arriva Sem, annunciato addirittura con enfasi sulla copertina. Georges Goursat (1863-1890), Sem per l’appunto era lo pseudonimo con cui firmava i suoi celebri disegni e le sue famose caricature era infatti un illustratore di rango, ma anche una matita satirica di grande prestigio nella Parigi di quegli anni per la diffusione e riconoscibilità delle sue opere. “Le Raté”, un vero affresco beffardo, a doppia pagina, sulla prima battaglia della Marna, dove si contarono più di 80 mila cadaveri tedeschi e il fallimento della strategia prussiana domina il giornale, annunciato anche dall’editorialista sotto il titolo La Ténèbre bleue: “C’è un giovane uomo rifiutato da suo padre e dal nostro cannone – scrive spiegando il bel disegno di Sem - solo e soddisfatto di sopravvivere accanto alla carogna del suo cavallo e fra l’ecatombe dei suoi morti. La pagina di Sem vale un colpo da 75. (…), c’est de la guerre. Questa è la guerra. Ma sulle pagine arrivano anche altre grandi firme: il pittore fauviste Raoul Dufy (1877-1953) suo il bel disegno ispirato alle stampe di Èpinal nel numero 10, e nel 13 così come leggiadro ma potente nei suoi significati antitedeschi è la doppia pagina firmata nel n°18 dal pittore e scenografo simbolista Leon Bakst (Lev Schmule Rosenberg)(1866-1924), o le due presenze nel numero del 1 luglio 1915 del cubista Albert Léon Gleizes (1881-1953) con un magnifico “Retour” e dell’altro cubista André Lhote ( 1885-1962) con la “Le vrai Allemand” Gleize peraltro, assieme a Jean Metzinger era stato nel 1912 l’autore del celebre saggio teorico “Du Cubisme”. Un collettivo che poteva contare su tante menti artistiche di avanguardia non poteva dunque che produrre un giornale unico, inimitabile , sia nell’uso del bianco e nero che del colore (spesso con ribattute sopra il nero per modulare la tinta) e con l’uso di caratteri e espressioni di impaginazione di assoluta modernità, pienamente consapevoli delle tendenze che aleggiavano nei circoli intellettuali frequentati da Cocteau e Iribe e per molti versi anche anticipatrici di evoluzioni successive. La bizzarria creativa di Cocteau che permea tutto il giornale trova compimento anche in una sorprendente serie di disegni quelli delle Atrocités che a partire dal quattordicesimo numero si realizza in ventiquattro “quadri numerati”, spesso correlati ad eventi, a citazioni, tutti indistintamente destinati a documentare le atrocità dei soldati prussiani, probabilmente viste e toccate con mano nella sua esperienza di quegli anni al Fronte. Nascono così questi mostri, dai denti a sega e dalle mani a tenaglia resi riconoscibili dagli elmetti chiodati prussiani, automi che avulsi ad ogni senso di pietà costituiscono il volto truce e disumano del nemico. Ma se la violenza permea

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l’immagine e trasmette orrore al lettore la grafica essenziale, sintetica e moderna propone anche la multiforme eccellenza dell’autore. Sul piano tipografico Le Mot usci nel pregevole formato tipografico in folio, normalmente ad otto pagine non numerate; uniche eccezioni furono solo il primo numero d’esordio che aveva solo quattro pagine, e il numero 8 che ne aveva sei. Dal numero 17 del 1 maggio 1915 diverrà quindicinale in concomitanza con l’amento delle pagine che diverranno 12 e del prezzo di copertina che salirà dagli iniziali 10 centesimi ai 30 degli ultimi numeri. Dopo l’irregolare uscita dei primi tre numeri, Le Mot dal quarto fascicolo del 2 gennaio 1915 diverrà settimanale e tale resterà (eccetto i dieci giorni...) fino al 16 numero del 3 aprile, quando fu annunciato l’aumento della foliazione, e la cadenza bimensile. Le Mot oggi è un’introvabile rarità per collezionisti.

COCTEAU

IRIBE

Jean Maurice Eugène Clément Cocteau, nasce il 5 luglio 1889 a Maisons-Laffitte, alle porte di Parigi. Figlio di una famiglia alto borghese che lo avvicina precocemente alle arti e alla cultura, vive un’infanzia segnata dal suicidio del padre e da non poche difficoltà nella frequenza degli studi, che abbandona nel 1907 senza diplomarsi, fiducioso nel suo avvenire di poeta. Tant’è che già l’anno seguente debutta a pieno titolo nell’ambiente culturale e mondano dell’epoca con una lettura pubblica dei suoi versi. Nel 1909 con François Bernouard fonda a Parigi Schéhérazade, Album Mensuel d’œuvres inédites d’art et de littérature che esce solo per sei numeri, ed entra in contatto con Paul Iribe, autore della prima copertina. E assieme a lui, nel 1914 che si avventura nella satira antimilitarista con la rivista satirica Le Mot. Musica, balletto e poesia segnano gli anni a venire, che lo vedono a metà degli anni Venti affrontare anche la depressione e l’oppio. Nel 1929, però, in soli 19 giorni scrive il suo libro più celebre Le Enfants terribles, e l’anno seguente gira anche il suo primo film Le sang d’un poète. Talento multiforme, protagonista di una carriera costellata di infiniti eventi, Cocteau rappresenta una delle figure più in vista dell’avanguardia parigina tra le due guerre. In lui e nella sua opera si miscelano cultura e mondanità, frivolezza e tragedia, mitologia e modernità, impegno politico e antimilitarista, attraverso molteplici moduli espressivi che sovente riflettono le mode e le correnti letterarie e artistiche di quegli anni. Amico dei grandi artisti che popolano la Francia intellettuale a lui contemporanea, diviene nel 1955 Accademico di Francia e ottiene una serie di prestigiosi riconoscimenti tra cui la laurea honoris causa ad Oxford. Nel 1957 è presidente onorario della giuria di Cannes e fervente ammiratore dei giovani registi dei Cahiers du cinéma. E proprio grazie a François Truffaut, gira il suo ultimo film, Le Testament d’Orphée. Continua poi a scrivere poesie e a decorare la cappella di Saint-Blaise-des Simples a Milly-la Forêt, dove si è trasferito, e dove muore l’11 ottobre del 1963.

Celebre designer, giornalista, artista e illustratore di moda, Paul Iribe, pseudonimo di Paul Iribarnegaray, nasce ad Angoulême l’8 giugno 1883. Gli studi artistici parigini gli permettono di conoscere ben presto molti illustratori e pittori della sua generazione destinati al successo. Dopo un apprendistato a Le Temps, debutta come caricaturista sulla rivista Le Rire, nel numero del 23 marzo del 1901, seguendo la sorte di gran parte dei disegnatori dell’epoca, a cui seguono collaborazioni per Frou-frou e L’Assiette au beurre. Nel 1908, grazie al celebre stilista Paul Poiret che lo interpella per trovare un modo raffinato e originale di presentare la propria collezione di haut couture raggiunge la notorietà. Iribe entra così nel modo della moda dalla porta principale - nel ‘13, crea anche il marchio per Lanvin - che gli dà fama e gli procura molte celebri collaborazioni con i più grandi stilisti della moda del tempo, da Coco Chanel (di cui diviene compagno) a Jeanne Lanvin, da Jeanne Paquin a Jacques Doucet e alla famosa casa di moda delle Sorelle Callot. Iribe viene considerato, per la sua audacia formale e l’originalità iconografica, un precursore dell’Art Déco; sua la rosa stilizzata che caratterizzò lo Style floral del 1925. Dopo una felice esperienza di costumista e direttore artistico a Hollywood, nella prima metà degli anni Venti (fra gli altri, nel 1923 fu art director per Cecil B. DeMille nel primo, celeberrimo, I dieci Comandamenti) ritorna in Francia e collabora con Chanel anche per la creazione di gioielli. Lavora per i più noti giornali di moda, e disegna anche numerose campagne pubblicitarie. Lui stesso pubblica due riviste: tra il 1914 e il 1915 il raffinato Le Mot, in collaborazione con Jean Cocteau, e negli anni Trenta Le Témoin, (Le Témoin. Hebdomadaire illustré. Paris, 1933-1935), giornale la cui testata era già apparsa prima della Grande Guerra e che ai toni satirici univa la denuncia degli abusi della politica. La Marianne, violentata dai nemici della Francia, che compare frequentemente sulle pagine della rivista, hai tratti di Coco Chanel. Iribe muore a Menton il 21 settembre del 1935, a soli 52 anni.

In alto: Cocteau visto da A. Modigliani

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LA CROCE DI FERRO Disegno di Jean Cocteau, Le Mot, anno II n. 20, 1 luglio 1915

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DAVIDE E GOLIA - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 1, 28.11.1914. 12


LOHENGRIN E ARAGOSTA - LA MARCIA SU PARIGI - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 2, 7.12.1914. 13


In questo numero IL PRINCIPE EREDITARIO VISTO DA SEM - Le Mot, anno I, n. 3, 19.12.1914. 14


GUGLIELMO L’UNNO CAMBIA IL NOME DELLA SUA CAPITALE (IV di copertina) Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 3, 19 .12.1914. 15


IL NOSTRO GIOCATTOLO - IL KAISER SPREGEVOLE * - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 4, 2.1.1915. *

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Qui si gioca con la parola francese «vilaine» (cattivo, spregevole) e il nome proprio del Kaiser «Whilelm». La loro pronuncia, infatti, si assomiglia.


DOPO L’ESECUZIONE – Questi tempi sono spietati! Incisione su legno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 5, 9.1.1915. 17


ALTO TRADIMENTO – E… sai dove sono andati i soldati? – Hanno detto che andavano a Berlino. Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 6, 16 .1.1915. 18


FRANCESCO GIUSEPPE OVVERO… LO ROVINA LA VITTORIA Incisione su legno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 7, 23.1.1915. 19


LA CROCE BUONA - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 8, 30 .1.1915.

Questo disegno fu censurato e il giornale uscĂŹ con un altro disegno in copertina (vedi pagina seguente).

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LA CICATRICE - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 8, 30 .1.1915. 21


IL CATTIVO PASTORE - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 9, 6 .2.1915. 22


LA ROSA DELLA FRANCIA - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 10, 13 .2.1915. 23


L’AFFARE DESCLAUX – Mi va a comprare una Browning? – …? – Per ammazzare il tempo. Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 11, 20 .2.1915 24


MARINA TEDESCA. IL PICCOLO PESCE E’ DIVENTATO GRANDE Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 12, 27 .2.1915. 25


LA NOSTRA MANO - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 13, 6 .3.1915. 26


LA TRAPPOLA RUSSA. - “Sono andati a cacciarsi fin là!” - (bis) (Canzone popolare) Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 14, 13 .3.1915. 27


PERCHE’ NO? - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 15, 27 .3.1915. 28


L’AEROPLANO CHE NON VERRÀ MAI A PARIGI - Disegno di Jim (Jean Cocteau), Le Mot, anno I, n. 16, 3 .4.1915. 29


LA VEGLIA DEI NEUTRALI - Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 17, 1 .5.1915. 30


IL KAISER METTE A TACERE I SUOI SCRUPOLI – … del resto Vanderbilt avrebbe potuto fare di meglio! Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 18, 1 .6.1915. 31


I FRONTI AUMENTANO, LE TESTE DIMINUISCONO. Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 19, 15.6.1915. 32


DANTE È CON NOI - (IV di copertina) Disegno di Paul Iribe, Le Mot, anno I, n. 19, 15 .6.1915. 33


Hindenbourg, questo gigante, sembra che si arrenderĂ sul fronte occidentale della guerra. (Berliner Tageblatt) Disegno di Jim (Jean Cocteau), Le Mot, anno I, n. 20, 1 .7.1915. 34


ATROCITÉS (I-XXIV) DI JIM (J. COCTEAU)

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ra le caratteristiche di Le Mot, ha un ruolo particolare la serie di disegni che va sotto il titolo delle Atrocità. Ventiquattro illustrazioni satiriche pubblicate, spesso anche più di una per numero, a partire dal 13 marzo 1915. Lo scopo di Jim-Cocteau è chiaro: discreditare l’avversario prussiano accreditandolo di violenze e atrocità inaudite, magari traendo spunto dal ricordo dell’esperienza personale sul fronte. Nascono così dalla penna e dalla fantasia questi automi surreali e senza pietà che sconvolgeranno molti lettori di Le Mot, al punto da indurre lo stesso Cocteau, due mesi dopo, nel n. 17, a chiarire il rapporto tra i personaggi delle sue Atrocités e la realtà. Cocteau scrive che non si tratta necessariamente di tedeschi, ma di una sorta di forma grafica in cui si concretizzano stati d’animo di ferocia, di lubricità, di intesa e di misticismo.

in alto: (IV), n.15, 27marzo 1915 — Non aver paura, piccolina, veniamo semplicemnte a chiedere la vostra mano. al centro: (VIII), n.16, 3 aprile 1915 — “Barbari?... Noi siamo dei chi-rur-ghi”. in basso: “Garros” (XIII), n.17, 1 maggio 1915 L’uccellino inseguito da soldati tedeschi, pronti a chiuderlo in gabbia, è l’eroico aviatore Roland Garros, amico di Cocteau che fu colpito dietro le linee nemiche il 18 aprile 1915 e catturato.

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I COLLABORATORI CELEBRI DI LE MOT IL SOPRAVVISSUTO disegno di Sem, pseudonimo di Georges Goursat (1863-1934), Le Mot, anno I, n. 3, 19.12.1914. Dopo la battaglia della Marna hanno contato più di 80.000 cadaveri tedeschi. (I giornali)

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a destra: – Colpite i primi, signori Francesi! disegno di Raoul Dufy, (1877-1953), Le Mot, anno I, n. 10, 13.2.1915.

IL VERO TEDESCO. “– O popolo dei migliori Tartufi, certo io ti resto fedele!”... (Nietzsche) disegno di André Lhote, (1885-1962), Le Mot, anno I, n. 20, 1.7.1915.

LA FINE DELLA GRANDE GUERRA. disegno di Raoul Dufy, (1877-1953), Le Mot, anno I, n. 13, 6.3.1915. Il disegno è affiancato da dieci strofe che ne illustrano il contenuto: I - In un’alba di arcobaleni e di canti di gallo partirono dicendo: Ritorneremo con la Croce. II - Il Santo Padre morì sulla croce e il Papa Nero dopo di lui. Allora ci fu un’eclissi. III - E sulla città da ovest a est una sera d’autunno un’aquila rosa portatrice di morte. IV - Essi uccisero: preti, fanciulli, donne e dissero: “Dio è con noi!”. V - Ma l’usignolo canta sulla quercia e sull’alloro poiché un generale dal gran cuore salva la Francia VI - E dice agli alsaziani: “Voi siete l’Alsazia, io sono la Francia. Io vi porto il bacio della Francia” ... .l’ombra delle cicogne passa su di lui. VII - La pulzella di Lorena esalta i cuori dell’Inghilterra miracolosamente VIII - Poiché i servi degli Hohenzollern avevano vetrioleggiato il volto della consacrazione. IX - Generale, generale quando finirà la grande guerra? X - Allorché sull’aquila nera ubriaca il gallo porrà una zampa di apoteosi e lancerà il suo grido d’oro.

SENZA TITOLO. disegno di Leon Bakst, (1866-1924), Le Mot, anno I, n. 18, 1.6.1915. “Léon Bakst, il grande pittore russo, ci promette che molto presto un salto nello stile dei balletti russi dai Karpazi a Berlino impaurirà questi cani di tedeschi e di austriaci”.

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I COLLABORATORI CELEBRI DI LE MOT RITORNO. disegno di Albert Leon Gleizes (1881-1953), Le Mot, anno I, n. 20, 1.7.1915.

nella pagina seguente: LA VERITÀ IN GERMANIA. Le Mot, anno I, n. 12, 27.2.1915.

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Museo della Satira e della Caricatura Piazza Garibaldi, 1 - 55042 Forte dei Marmi LU Tel. 0584 280262 (Segreteria) - 0584 876277 (Museo) museosatira@gmail.com

Š Museo della Satira e della Caricatura, 2008-2014

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Editing digitale, eBook a cura di Franco A. Calotti

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