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MUSICA
MUSICA
11/19
NOVEMBRE
Riccardo Crimi / Cortesia Roma Jazz Festival
• S P E C I A L E R O M A J A Z Z F E S T I VA L•
GIOVANNI GUIDI & THE UNKNOWN REBEL BAND Rivoluzione per ottantotto tasti e tentetto Pianista di Foligno giovane ma già affermato, Guidi ha deciso un paio d’anni fa di mettere in piedi un ensemble di giovani musicisti e disegnare un progetto compiuto, un viaggio musicale che potesse permettergli di esprimersi al meglio. «Al centro dell’opera dovevano esserci i ribelli sconosciuti, coloro che in molti casi hanno perso la vita a costo di partecipare a importanti processi di liberazione senza avere però la fortuna e la dignità di poter essere ricordati. La prima immagine da cui siamo partiti, seppur famosissima, è anche la storia di un volto senza nome: lo studente cinese davanti ai carri in piazza Tienanmen. Fu il Times a soprannominarlo Unknown Rebel. Da un punto di vista più prettamente musicale è stato necessario attingere a materiale anche molto lontano dal jazz, prossimo a tradizioni folcloriche e popolari». Uno sguardo trasversale e compiuto su un concetto senza coordinate temporali: il concerto attraversa così secoli e storie, continenti e tradizioni. Eppure è ben radicato nell’attualità. «Raccontare le rivoluzioni mi fa credere che ci sia speranza. Credo che si stia infatti affacciando un personaggio assolutamente in grado di compiere una rivoluzione pacifica: non è un ribelle sconosciuto ma il nome non lo dico; lo potrete trovare tra i ringraziamenti nel booklet del disco della Unknown Rebel Band». Due parole sul futuro, Giovanni? «Il mio prossimo disco uscirà a gennaio per CamJazz e rappresenta un altro lato del lavoro che sto svolgendo nell’ultimo periodo, cioè quello della ricerca su materiale molto semplice che possa lasciare gran parte dello spazio all’improvvisazione e all’interplay dei musicisti coinvolti: Gianluca Petrella, Michael Blake, Thomas Morgan e Gerald Cleaver. A febbraio faremo anche un lungo tour in Italia». Federico Scoppio
Esperanza Spalding
ORE 21
GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE SALA SINOPOLI, BIGLIETTO: 5 EURO
DA NON PERDERE
Domenica 14 novembre Sala Petrassi, ore 21 Biglietto: 18 euro
L’ULTIMA RIVELAZIONE
Cortesia Egea
Giuliano Bekor / Cortesia Roma Jazz Festival
E
speranza Spalding è ultimamente sulla bocca di tutti, stampa specializzata e non. Contrabbasso e voce, ha da poco licenziato il Cd «Chamber Music Society». «Per dieci anni ho suonato musica classica, prima ancora di scoprire il contrabbasso e il jazz. Ora il mio sogno sarebbe riuscire a comporre, suonare e far gradire la mia musica a chiunque ascolti le radio commerciali, facendo passare loro qualche arrangiamento più ricco, qualche elemento narrativo che prediligo». A cosa si riferisce il titolo del tuo nuovo disco? Credo ci sia una musica da camera che considera la possibilità di usare differenti linguaggi, ritmi, tonalità e colori, e che possa essere lo specchio di un cambiamento radicale. In questo senso, alla fine si ricade nel significato profondo del jazz: un sistema in grado di sintetizzare tutti questi elementi diversi per creare la propria autonomia. Sei diventata ormai una star, com’è cambiata la tua vita? Non molto. Sono soltanto più preoccupata perché ho paura di deludere il mio pubblico. Come immagini la tua vita se non ci fosse stata la musica? Mi sarebbe piaciuto lavorare in una fattoria, a stretto contatto con la natura. Oppure a contatto con le persone, perché mi interessa anche molto la politica; in fondo ci sono aspetti della nostra terra e del nostro modo di vivere che, se affrontati nel giusto modo, ti possono mettere in contatto con le forme più primordiali del nostro rapporto con la natura. Difenderei dunque l’ecosistema dalle malefatte di oggi. Dopo aver suonato con musicisti come Milton Nascimiento, McCoy Tyner, Wayne Shorter e Joe Lovano, ti stai dedicando alla tua musica… Appena finito il tour riprenderò la lavorazione di un nuovo disco, «Radio Music Society», dedicato alla musica con la quale sono cresciuta e che ascoltavo in radio, molto più funk dei brani di questo mio disco. Federico Scoppio
MACY DAY Decadente e sensuale, Macy Gray torna a Roma dopo sei anni di lontananza e l’occasione è ghiotta assai perché presenta i brani del suo ultimo lavoro «The Sellout», pubblicato nel giugno di quest’anno. «Nel disco racconto la storia di come ho trovato la salvezza semplicemente essendo me stessa e non quello che gli altri volevano che fossi. Ero arrivata al punto di aver perso di vista chi era veramente Macy Gray». Diva del soul e del funk, timbro inconfondibile e voce graffiante, più di quindici milioni di dischi venduti nel mondo e una serie di Grammy da far girare la testa, non ha la minima intenzione di svendersi, a dispetto del titolo del disco. Ascoltare e vedere per credere. Antonio Blasi
ore
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Mercoledì 17 novembre Special event Sala Santa Cecilia Biglietto: da 25 a 45 euro
Jan Garbarek Officium Novum The Hilliard Ensemble
Nik Bärtsch's Ronin
Charles Lloyd Quartet
LLYRÌA
MIRROR
Nik Bärtsch, pianoforte Sha, clarinetto e sassofono Björn Meyer, basso Kaspar Rast, batteria Andi Pupato, percussioni
Charles Lloyd, sassofono e voce Jason Moran, pianoforte Reuben Rogers, contrabbaso Eric Harland, batteria, voce
Distribuzione esclusiva DUCALE snc Via per Cadrezzate, 6 - 21020 BREBBIA (VA) Tel: 0332 770784 - 770189 Fax: 0332 771047 info@ducalemusic.it
ECM 1525 ECM 2176
ECM 2178
ECM 2125
ECM 1700-01
foto: Paolo Soriani
Jan Garbarek sassofono David James controtenore Rogers Covey-Crump tenore Steven Harrold tenore Gordon Jones baritono
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MUSICA
SOPHISTICATED LADY
Chiara Civello, la voce che seppe conquistare Burt Bacharach
ORE 21
un’emozione tutta particolare: «È la città in cui sono nata; non ho una casa ma mi piace affittare un appartamento cambiando quartiere di volta in volta, a seconda delle mie esigenze di luce, silenzio e spazio. Ho vissuto in tanti luoghi ma ancora non sui laghi [cita Sanremo della passata edizione con un bel sorriso]. A New York ho cambiato nove appartamenti e ora finalmente ho trovato quello che volevo. Adesso vivo tra la Grande mela, Roma e Rio, e sono felice». Se ti chiedessero con quale musicista internazionale vorresti collaborare, cosa risponderesti? «La lista è lunga e non sarebbe solo di musicisti internazionali ma, visto che me lo chiedi, mi piacerebbe lavorare con Claus Ogerman, con Ryuichi Sakamoto, scrivere con John Meyer, con Joan Wasser (alias Joan as Police Woman), con Sufjan Stevens, Antony and the Johnsons e Charlie Haden». Federico Scoppio
DA NON PERDERE
SABATO 13 NOVEMBRE SALA SINOPOLI BIGLIETTO: 15 EURO
Gabriele Coen Jewish Experience
http://www.inpgi.it/?q=node/520
ROMA - NEW YORK ANDATA E RITORNO
Venerdì 12 novembre Teatro studio, ore 21 Biglietto: 5 euro
ore
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M B photo / Cortesia Roma Jazz Festival
Cortesia Universal
Dolcemente pop è il canto di Chiara Civello nel suo recente «7752». La protagonista del jazz romano di anni fa ha trovato il successo dopo aver cambiato vita, trasferendosi a New York. «La maggior parte delle nuove composizioni nasce dopo un viaggio in Brasile del 2008, nel quale ho conosciuto artisti del panorama contemporaneo brasiliano e sono nate molte collaborazioni: Ana Carolina, Dudu Falcão, Antonio Villeroy, Maria Gadú. I brasiliani sono soliti comporre insieme e questa caratteristica ha aggiunto qualcosa al mio metodo di vivere la musica. Direi che è più comunitario, meno solitario». Chiara Civello sa cantare gli standard ma ha sempre voluto cimentarsi con la composizione e, se dovesse scegliere qualche suo maestro, citerebbe le accoppiate Sinatra-Jobim e Getz-Gilberto, oltre a Caetano Veloso, Djavan, Chico Buarque e Milton Nascimento. A Roma interpreta, accompagnata da un trio jazz, recenti composizioni proprie, con
Sabato 13 novembre Teatro Studio Biglietto: 5 euro
Paolo Soriani / Cortesia Roma Jazz Festival
ALESSANDRO LANZONI Il pianista toscano guida uno dei trii più tradizionalmente spumeggianti del giovane panorama italiano
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artire dalla tradizione yiddish, mescolarla al jazz, sporcarla con chitarre acide e distorte manipolando la fonte come fosse plastilina per trasformarla in materia nuova: questo fa Gabriele Coen con i suoi Jewish Experience. E se John Zorn – protagonista dell’avanguardia nella downtown scene newyorkese – ha deciso di pubblicare per la propria etichetta Tzadik l’ultimo disco di Coen, «Awakening», si può star certi che il sassofonista romano farà parlare ancora molto di sé. «Durante la pausa di un concerto di Zorn allo Stone di New York lo avvicinai, perché da sempre è uno dei miei artisti preferiti, e timidamente gli passai il mio vecchio album. La mattina dopo mi arrivò via email un suo messaggio entusiasta: aveva ascoltato il disco per tutta la notte e avrebbe voluto produrre un mio nuovo album per la sua etichetta. Si realizzava un mio sogno». Due lavori all’attivo con questa formazione e un ruolo da protagonista nel klezmer revival degli ultimi quindici anni con i Klezroym (cinquantamila copie vendute), Coen è un musicista che porta avanti con forza e caparbietà la propria musica: «La mia idea è pensare a una nuova musica ebraica che sappia guardare al futuro, conservando il rispetto per la tradizione con l’obiettivo di innovarla». Sul palco sono con lui alcuni dei più interessanti musicisti che hanno caratterizzato negli ultimi anni tanto la scena romana quanto quella della penisola: Alessandro Gwis al pianoforte, Marco Loddo al contrabbasso, Luca Caponi alla batteria e Lutte Berg alla chitarra, più diversi ospiti di spessore. Andrea Scaccia
Parigi, ottobre 2010. Il «Concours de piano jazz Martial Solal» è una tra le competizioni per strumento più prestigiose al mondo. Accanto alla presidenza di Martial Solal, siedono in giuria, tra gli altri, Franco d’Andrea, Ronnie Lynn Patterson e Hervé Sellin. Tra i concorrenti giunti da tutto il mondo, c’è un italiano giovanissimo che non passa inosservato: vince inaspettatamente il «Prix du jeune soliste». Il suo nome è Alessandro Lanzoni. La fiammella del pianista toscano sta bruciando tappe insperate per un ragazzo di diciott’anni e il recentissimo riconoscimento al concorso Martial Solal è da inscrivere tra queste. Giunge al Roma Jazz Festival sul finire di un’annata che lo ha visto sempre più protagonista della scena italiana, impegnato, tra una lezione e l’altra, con il suo trio e con l’I-Jazz Ensemble di Roberto Gatto. Proprio il batterista, nelle vesti d’insegnante ai seminari senesi, non ha tardato a riconoscerne le abilità, tanto da convocarlo nel nascente gruppo. L’approdo all’ottetto è avvenuto all’insegna dell’entusiasmo e della discrezione. «Conoscevo solo Dario Deidda e Max Ionata. Mi sono integrato subito e senza difficoltà: è davvero una grande esperienza». Dice di essere stimolato dagli standard e da Jarrett, Hancock, Mehldau e Pérez. E chissà che qualche reminiscenza non emerga nella musica del suo trio, inevitabilmente (e vantaggiosamente) giovane, formatosi sui banchi di Siena. Con Gabriele Evangelista al contrabbasso e Tommaso Cappellato alla batteria, si accinge ad affrontare un repertorio di standard e brani originali: «Ci lega un ottimo rapporto; l’intesa è magnifica anche al di fuori del palco. Le composizioni sono quasi esercizi, nei quali mi sono lasciato guidare dalla melodia». Roma, Siena, Parigi sono per Lanzoni tappe di un grand tour appena cominciato… Luca Civelli
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MUSICA
Roberto Cifarelli
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Daniele Tittareli Quartet Jazz fuori le mura
Il contraltista della Garbatella, classe 1975, vanta due pubblicazioni a proprio nome per la Wide e una serie di collaborazioni illustri: da Paolo Damiani a Enrico Rava passando per Roberto Gatto. È uno dei sassofonisti italiani di maggior talento tra quelli in circolazione. Roma «Da un punto di vista musicale è ottima, raccoglie musicisti dal sud e avverto molto fermento in giro. L’aspetto negativo è che è troppo accentratrice: spesso ciò che succede qui non si sa altrove». Gli studi «Ho una particolare predilezione per i tenoristi, da John Coltrane a Dexter Gordon. Ho scoperto il sax contralto in un secondo momento e mi piace con un suono scuro, più vicino al tenore, tipo quello che aveva Cannonball Adderley. Ovviamente amo anche Branford Marsalis e negli anni Novanta ho avuto una cotta per Kenny Garrett. Da giovanissimo facevo parte di un’orchestra di Damiani in Abruzzo. Ora suono anche in altre formazioni, come il quartetto con Pietro Lussu, Vincenzo Florio e Marco Valeri con il quale mi esibisco al fe-
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DOMENICA, 14 NOVEMBRE TEATRO STUDIO BIGLIETTO: 5 EURO stival. Ho collaborato molto con Gianluca Renzi; sono attivo nel quartetto di Gatto e partecipo a una formazione di Enrico Rava e alla Unknown Rebel di Giovanni Guidi». L’orchestra «Dopo un paio d’anni dal mio ingresso nel Roma Jazz Ensemble di Mario Corvini e Pietro Iodice, la formazione si è trasformata nell’orchestra stabile del Parco della musica. Abbiamo dato concerti
bellissimi: quello sul repertorio di Kenny Wheeler, uno con Maria Schneider, Sketches Of Spain di Miles Davis e Gil Evans. La partecipazione di Yusef Lateef mi è piaciuta molto: mi ha colpito la sua dedizione». Il futuro «Non saprei. Continuo a studiare: meglio capire la storia che inventare improbabili previsioni». Federico Scoppio
BIENNIO DI ALTA SPECIALIZZAZIONE composizione e arrangiamento jazz
Il primo in Italia con combo e orchestra a disposizione per l’esecuzione e la pratica di direzione delle partiture
da gennaio 2011 300 ore
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foto: Lu.Ce.
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MUSICA
Headless Cat
Una delle più interessanti realtà del nuovo panorama italiano si racconta a Musica Jazz attraverso il sassofonista Francesco Bigoni
Lunedì 15 novembre Teatro Studio, ore 21 Biglietto: 5 euro
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rancesco, ci parli di questo trio? Headless Cat è nato dal mio incontro con Antonio Borghini e Federico Scettri. Il trio ha mosso i primi passi sul terreno dell’improvvisazione totale, cui è seguita l’elaborazione di un repertorio originale volto a esplorare le possibilità di un’integrazione forte tra composizione e improvvisazione. Abbiamo assimilato i nostri brani cercando di annullarne l’autonomia e in qualche modo costituire una sorta di vocabolario – o di memoria – per l’improvvisazione, aumentando il peso specifico ma anche la vulnerabilità, del nostro gesto performativo. Da questo percorso è nato il primo disco «Blind Tail» pubblicato dall’etichetta El Gallo Rojo… Sì, abbiamo scelto una sequenza di takes basate su questo procedimento: tutte simili dal punto di vista della forma e della durata ma tutte diverse nella maniera in cui i materiali vengono ricomposti durante l’improvvisazione. All’uscita del disco, nel 2009, è seguita una pausa di riflessione, che ci sta conducendo a un lavoro di variazione delle forme. È un po’ come ripartire da zero ma sulla base di una disciplina performativa piuttosto consolidata… Vivi a Copenaghen: quali sono le differenze con l’Italia dal punto di vista musicale? Rappresenta un polo accentratore in Danimarca. I musicisti che vogliono stare sulla scena si trasferiscono in città; questa per me è una grande differenza perché Roma e Milano non hanno la stessa funzione. A Copenaghen la vita musicale è più istituzionalizzata perché passa attraverso la richiesta diretta di sussidi, finanziamenti o borse di studio. Questo crea ritmi diversi e c’è una fluidità di rapporti con altri musicisti che va oltre i generi. Dipende anche dall’educazione musicale: frequento il conserva-
torio ritmico, dove si studia tutto quello che non è classica. Sono entrato in un programma di due anni e con il mio supervisore, Django Bates, c’è un rapporto molto diretto; lui coordina questo mio percorso. Andrea Scaccia
Gianluca Petrella Cosmic Band Dieci supermusicisti per un live contagioso
Roberto Cifarelli
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Martedì 16 novembre Sala Sinopoli, ore 21 Biglietto: 5 euro
’hanno scritto Arbasino e Berselli: i personaggi della cultura italiana si distinguono in tre diverse categorie. E Gianluca Petrella, a trentacinque anni, potrebbe già specchiarsi in tutti e tre i profili: è simpatico come le giovani promesse; è ovunque come i soliti noti; è adulato come i venerati maestri. «Continuerei a considerarmi una giovane promessa», risponde. «Così teniamo alta l’asticella della gioventù fino ai quarant’anni». In un paese per vecchi (e per santi in paradiso), il trombone di Petrella non ha più bisogno di testimonial. La sua autonomia e l’altrettanta autorevolezza artistica lo ergono a protagonista nella nuova stagione del jazz europeo. Merito di un’intuizione che presto diventa prodigio: la Cosmic Band, ovvero dieci supermusicisti prodighi di creatività e abilità tecnica. Dalla purezza pianistica di Giovanni Guidi alla chitarra chirurgica di Gabrio Baldacci, fino alla tromba dirompente di Mirco Rubegni; una sezione ritmica generosa con le percussioni e un’euforia contagiosa nella dimensione live. La lezione di Sun Ra rimane determinante ma l’ensemble sa affrancarsi dai padri putativi per scommettere sulla propria indipendenza formale: la Cosmic si affida all’imprevedibilità esecutiva e alla freschezza delle strutture armoniche. Sul nuovo disco, in agenda per la prossima primavera, Petrella è categorico: «Mai adagiarsi su ciò che può risultare funzionale, perché la ricerca e il rinnovamento sono vitali». Curioso il rapporto con il pubblico: «Quando suono rimango assorto sul fluire della musica e solo nel finale scopro la reazione della platea: spesso la gente salta sulle sedie; più raramente le abbandona». Alessio Biancucci
Anno 66° supplemento al n. 11 (720), novembre 2010
Musica Jazz Daily Speciale Roma Jazz Festival
Direttore responsabile Filippo Bianchi
Project leader Federico Scoppio e Andrea Scaccia fscoppio@22publishing.it, ascaccia@22publishing.it
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Hanno collaborato a questo numero: Alessio Biancucci, Antonio Blasi, Luca Civelli.
Biglietti Roma Jazz Festival
Biglietteria centrale dell’Auditorium Viale Pietro de Coubertin, 30 - 00196 Roma La biglietteria è aperta tutti i giorni dalle 11 alle 18 Nei giorni di spettacolo la bglietteria chiude a inizio evento ACQUISTI TELEFONICI: Esclusivo per l’Italia Tel. 89.29.82 LIS (Lottomatica Italia Servizi) Tel. 06.06.08 Comune di Roma
Interviste a cura di Andrea Scaccia e Federico Scoppio, in collaborazione con la redazione della radio. Dal lunedì al venerdì alle ore 10.00, 14.00, 15.45 e 18.15. Sabato e domenica alle ore 10.00, 12.15, 14.00, 17.00 e 18.30. RPDM è la web radio ufficiale dell’Auditorium di Roma www.auditorium.com/it/web_radio/
L’œil de l’éléphant Densità e interazione sono gli ingredienti di uno show che rischia di diventare un’esperienza memorabile
Se ci dovessimo limitare ai nomi coinvolti, L’œil de l’éléphant sarebbe uno spettacolo da vedere a priori: non c’è dubbio che Michel Portal (sassofono, clarinetto), Louis Sclavis (sax soprano), Henri Texier (contrabbasso) e Cristophe Marguet (batteria) siano tra le personalità cardine del jazz europeo (e non solo jazz, data la frequentazione del repertorio accademico da parte di Portal). Aggiungiamo alla lista il nome di Guy Le Querrec – un fotografo che ha reso la propria Leica uno strumento visivamente più rumoroso di qualsiasi orchestra e che al jazz presta il suo obiettivo da tutta una vita (i suoi primi scatti sono londinesi e risalgono agli anni Cinquanta) – e avremo una squadra non solo musicalmente e visivamente calibrata ma di assoluto interesse culturale. Il Jazz Festival di Roma ci offre l’opportunità di assistere per la prima volta in Italia a questo spettacolo nello spettacolo, in cui le foto di Le Querrec, un poeta dell’immagine (un griot, dice il comunicato stampa), saranno proiettate su un telo bianco, ai piedi del quale si dislocheranno i musicisti pron-
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MUSICA
Sergine Laloux / Cortesia Inclinaisons
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ORE 21
MERCOLEDÌ 17 NOVEMBRE SALA PETRASSI BIGLIETTO: 10 EURO
ti a commentare e interagire. La forza evocativa sarà continuamente riflessa, respinta e – perché no? – integrata dalla verve dei quattro, accomunati, sebbene i percorsi artistici siano differenti, dall’aver attraversato le stagioni dell’improvvisazione collettiva (una lezione ancora presente nella musica di Texier e Portal). L’amata Africa si situa alla base del discorso del fotografo (che agli inizi degli anni Settanta ha collaborato con la rivista
Jeune Afrique, oltre a esser stato parte integrante dei viaggi del trio Romano-Texier-Sclavis in territorio africano) e non sarà facile svincolare il bianco e nero degli scatti dal costante e perpetuato incedere musicale. Densità e interazione sono gli ingredienti di uno spettacolo che ha tutte le carte in regola per diventare un’esperienza memorabile. Luca Civelli
Mauro Ottolini: Il cielo sopra Braddock Giovedì 18 novembre Sala Petrassi, ore 21 Biglietto: 5 euro
LA COLONNA SONORA DI UN RACCONTO DA ASCOLTARE IN BIANCO E NERO
Luca D’Agostino / Phocus agency / Cortesia Roma Jazz Festival
che le apparenze ingannano: chi si aspetterebbe che una tale progettualità possa venire dall’anima guascona e giocherellona del trombonista? «Il sessanta per cento del materiale di stasera proviene dal disco». Ottolini & Co serviranno il solito minestrone di stili e generi, in cui tutto è tritato finemente e continuamente mescolato: jazz prebop, free, rock psichedelico e canzone, il tutto all’insegna del divertimento e dell’ironia. Jeu collectif, dicono i francesi, espressione più che indovinata per la band di Ottolini, animata da capacità d’ascolto e da incessanti cariche di divertimento. Luca Civelli
Hermes Mangialardo/ Plasmedia
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Sousaphonix di Mauro Ottolini presentano in anteprima il materiale del progetto The Sky Above Braddock. Non lontana da Pittsburgh, in Pennsylvania, la cittadina di Braddock è stata per anni ai vertici dell’industria siderurgica statunitense; poi il collasso e il rapidissimo svuotamento. Mario Calabresi ne racconta la storia nel libro La fortuna non esiste: storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi (Mondadori). Anche Ottolini l’ha letto e ne è rimasto così affascinato che ha deciso di scrivere una colonna sonora da sovrapporre alla narrazione, immaginando tutti quei personaggi che vagano in attesa di giudizio nel cielo di Braddock. Non c’è spazio per i reietti e i dimenticati che si scoprono in Suttree di Cormac McCarthy; si trovano invece Glenn Miller, Eddie Lang, King Oliver e gli operai delle fabbriche. Dietro a «The Sky Above Braddock» (CamJazz) c’è un lavoro lungo un anno intero, confezionato con i fiocchi e definito «la colonna sonora di un racconto da ascoltare in bianco e nero, perché da un lato c’è la Braddock di ieri e dall’altro quella di oggi». Dalla letteratura alla musica fino all’artigianato. Una chiacchierata con Altan in occasione della rivisitazione del celebre album «Rava noir» gli fa venire l’idea di un fumetto. Perché non collaborare con il videoartista Hermes Mangialardo? Ottolini vuol rendere questo concept il più multimediale possibile. Staremo a vedere come e con chi lo svilupperà. È vero come non mai che l’abito non fa il monaco e
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