R I T RAT T I
Maria Cristina Scaramuzza, Annibale Cetrangolo
argentina, una manifestazione resa possibile grazie alla sensibilità di Don Serafino Parisi, parroco della cattedrale della città pitagorica, e dell’Arcivescovo di Crotone. Nel programma - significativamente intitolato Histoire du Tango - diviso in due parti, alle pagine “colte” di Salvador Ranieri (Tres Bagatellas e Toccata per pianoforte), Alberto Ginastera (Pampeana n. 1 per violino e pianoforte) e a due mazurche per pianoforte di Vincenzo Scaramuzza, faceva da contrappunto il tango di Piazzolla, Osvaldo e Carla Pugliese e del meno noto Pedro Datta, tutti musicisti argentini di origini italiane e calabresi. Il Concerto è stato poi replicato il giorno seguente a Tropea. Se nel corso della prima giornata di studi gli interventi si sono incentrati in particolar modo sugli “ambienti” in cui Scaramuzza intraprese il suo straordinario percorso di grande didatta del pianoforte, nella seconda giornata - presieduta da Annibale Enrico Cetrangolo, docente all’Università San Martin di Buenos Aires - dopo la relazione iniziale di Josè Ignacio Weber sulle difficoltà e sull’inserimento di Scaramuzza all’interno degli ambienti artistici di Buenos Aires, tutti i successivi interventi si sono incentrati sulla figura del musicista crotonese. Significativa la testimonianza di Maria Cristina Scaramuzza, nipote del maestro, e quella di Beba Pugliese, attraverso una videointervista. Silvina Luz Manzilla, nella sua relazione registrata, ha fornito un importante contributo sullo Scaramuzza compositore, soffermandosi, in particolare, su un brano vocale, Io amo un fiore, che Scaramuzza compose su una poesia di
Annibale Cetrangolo, Monica Stirpari, Francesco Paolo Russo
Francesco Paolo Russo, Annibale Cetrangolo, Sebastian Colombo
Heinrich Heine tradotta in lingua italiana. Il brano fu inserito nel Tomo VII di una collezione antologica, La me mejor música del mundo, edita tra il 1918 e il 1922 negli Stati Uniti, e costituisce una importante testimonianza sulla circolazione della musica da salotto nei paesi di lingua spagnola dell’America Latina. Il brano è stato poi eseguito dalla cantante Silvina Martino coadiuvata al pianoforte da Juan Pablo Scafidi. Una serie di interventi hanno evidenziato tutti i diversi aspetti che hanno reso celebre la scuola del maestro calabrese in Argentina e nel mondo, dagli aspetti tecnici al modo di studiare un brano musicale, dallo studio della tecnica direttamente nel brano affrontato in quel momento all’impostazione della posizione delle mani sulla tastiera, alla fisiologia del braccio, al modo di utilizzare i polpastrelli, senza dimenticare gli aspetti più prettamente umani e personali del maestro, come quella di altri due allievi di Scaramuzza: la pianista Mónica Stirpari, ed Emilio Rabaglino, pianista e direttore d’orchestra, che con il maestro studiò per tredici anni. Entrambi si sono soffermati sul modo in cui Scaramuzza insegnava, sulla durata delle sue lezioni (“c’era un orario di inizio, non si sapeva mai quando si finiva”), ma anche sulle qualità umane del maestro, sulla sua generosità, sul suo personalissimo modo di intendere il “fare” musica. Rabaglino ha relazionato su alcuni aspetti della tecnica pianistica di Scaramuzza e sull’importanza che egli dava alla caduta del braccio, al controllo del peso del braccio e alla pressione delle dita sulla tastiera. Tutti questi aspetti sono stati poi condensati nell’intervento conclusivo di Sebastián Colombo García (Vicente Scaramuzza: los secretos de una escuela), in cui lo studioso ha avuto modo di mettere a fuoco tutte le possibilità tecniche offerte dalla scuola di Scaramuzza: la grande scuola di un grande didatta del pianoforte. Una scuola che, per certi versi, ha condensato tutta la sua carriera che, come il maestro ebbe modo di dichiarare nel corso di una intervista, “si svolge tramite gli alunni che ho potuto presentare periodicamente” e “che hanno svolto la loro attività in ogni parte del mondo. Fra loro ricordo De Raco, Westerkamp, Amicarelli, La Via, Scalcione, Martha Argerich, Bruno Leonardo Gelber”. Nomi che non hanno bisogno di ulteriori presentazioni e che hanno rappresentato il frutto di un lavoro continuo e appassionato, l’arte di modellare un musicista personalizzando sugli allievi il suo modo di fare scuola, allo scopo di evidenziare la personalità artistica di ognuno di loro. Anche per questo, a buon diritto, Scaramuzza sarà sempre ricordato come “il maestro dei maestri”.
DUe liBri Per aPProFonDire PAMELA I.E. PANZICA Vincenzo Scaramuzza, il Maestro dei Grandi Pianisti Casa Musicale Eco, 2012, pp. 197, € 20
SEBASTIÁN COLOMBO Vicente Scaramuzza. La vigencia de una escuela pianística
Editorial: Círculo Rojo, Editorial, 2015, pp. 500, € 22
P
er conoscere meglio Vincenzo Scaramuzza due testi degli ultimi anni che affrontano la figura da più punti di vista, in primis quello relativo alla tecnica pianistica. Il testo di Pamela Panzica inquadra dapprima la personalità del pianista nell’ambito dell’ambiente musicale argentino nel periodo a cavallo tra i due secoli, poi raccoglie alcune interviste ad allievi di Scaramuzza - tra queste una della stessa Panzica a Martha Argerich - insieme ad altre anche tratte da pubblicazioni precedenti. La seconda parte dalla biografia passa ad esaminare i vari aspetti di Scaramuzza compositore e didatta, con un focus particolare sulla tecnica pianistica. Sebastian Colombo prende in considerazione la scuola pianistica argentina che discende per la maggior parte da Scaramuzza. La figura di maggior riferimento per Colombo è Maria Rosa Oubiña de Castro che studiò con Scaramuzza per vent’anni e scrisse due importanti libri su questa scuola: molto dettagliata la parte tecnico-pianistica. Del testo è stata annunciata anche una prossima edizione italiana. (a cura della redazione)
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