Muzi Kult n°31 - Luglio/Agosto 2017

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Muzi Kult

pag. 52 Marina Rei "La Musica ha un potere straordinario"

bimestrale anno 5° | n° 31

MUSICA CONTRO LE MAFIE IO SOSTENGO...

pag. 12

pag. 58

pag. 44

Due chiacchiere con Jonathan Clancy

Il Reggae di Kg Man

Ketty Passa... 'Era ora !'



MUZI KULT anno 05 n° 31

OSPITI: Direttore Editoriale: Gennaro de Rosa Produzione: MUZI KULT

MARINA REI La Musica ha un potere straordinario che nessuna politica ha.

Editore: Edizioni Emmekappa Responsabile grafico: Salvatore Greco Capo-Redattore: Monica Reale

EX-OTAGO I giovani possono cambiare le cose! Devono prendere il loro destino e non farlo scegliere agli altri.

Redazione: Monica Reale, Paolo Fulciniti, Marianna Chiarelli, Claudia Palermo Hanno Collaborato a questo numero: Monica Reale, Salvatore Greco, Antonella De Cesare, Massimo Bonelli, Francesco Galassi, Claudia Palermo, Loredana Ciliberto, Roberto Paola, Pasqualino Caparello, Peppe Panella, Simone Arminio, Vladimir Costabile, Luisa Marini, Lo Staff di ‘Musica contro le mafie’ (Mary Chiarello) Concessionaria Esclusiva per la Pubblicità: OnMagPromotion onmagpromotion@gmail.com

LA RUA Io credo che la musica sia il veicolo meglio collegato al cuore e all’emotività delle persone.

MALDESTRO Credo che ogni cittadino debba, anche nel piccolo, avere un impegno contro tutte le mafie, ogni tipo di abuso. Oppure io chiedo, sempre allo stato, di non mandare i carri armati ma di mandare libri e matite perchè con quelle davvero si può combattere ogni tipo di mafia.

Pubblicato su www.issuu.com

KETTY PASSA Distribuito gratuitamente © 2012 - Tutti i diritti riservati

Debellare il concetto di mafia deve partire da noi! Siamo noi gli artefici e i fautori del nostro cambiamento ed è più facile di quel che sembra. Forse dovremmo avere solo un po’ più di coraggio.

MOTTA Dovrei provare a fare di meglio, tutti dovremmo provare a fare di meglio.

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LE RUBRICHE DI

Promo Highlights Artists Artists 8-24

24-29

30-43

Live

44-67

EDITORIALE ...................................................... 6 LE RUBRICHE DI MUZI KULT

Camere a Sud - “Quanta cazzimma quel Gallagher…” di Simone Arminio ................................... 8 Onde Social di Antonella De Cesare ........................ 10 Suoni Pindarici “Colpire in maniera importante...” di Loredana Ciliberto e Roberto Paola ................. 12 Muzi & Books... di Peppe Panella .......................... 16 Rosso Fisso [Criticare, Apprezzare, Recensire] di Vladimir Costabile .. 20 La Musica è Lavoro: “Guida per Musicisti Contabili La Consapevolezza e le scelte iniziali” di Massio Bonelli e Francesco Galassi .. 22

SPECIALE “Musica contro le mafie”

Io Sostengo ...................................................... 28

HIGHLIGHTS ARTISTS

Apres la Classe ................................................ 36 Artù ................................................................... 38 Il Geometra Mangoni ......................................... 40 Ex-OTago ............................................................. 42 Ketty Passa ......................................................... 44 Maldestro ............................................................ 46 Natahalie ............................................................. 48 La Rua .................................................................. 50 Marina Rei ........................................................... 52 Motta .................................................................... 54 Planet Funk ......................................................... 56 KG Man ................................................................. 58

EX-OTAGO in Highlights pag. 42

MARINA REI in Highlights pag. 52

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L’EDITORIALE

di Gennaro de Rosa

L’ACCELERAZIONE SOCIALE; LE COSE CAMBIANO E NOI NON SIAMO IN RISONANZA! E’ da un po di anni che ho la percezione che l’orologio e i calendari girino sempre più in fretta. Mi rendo contro che in realtà l’orologio è sempre uguale e procede allo stesso modo da sempre (forse!?). Ma questa accelerazione degli eventi che si susseguono, delle scadenze, dei tempi, delle deadline, dei progetti, degli appuntamenti è un fenomeno che appare inspiegabile. Una accelerazione che pare essere un fenomeno psicologico che ha però delle cause sociali. Leggevo un interessante articolo di un sociologo tedesco, un tale Hartmut Rosa (trovato per puro caso grazie alla parziale omonimia di cognome) nel quale sosteneva che “il fatto che sentiamo di avere poco o molto tempo dipende dalla relazione del tempo a nostra disposizione con il tempo richiesto dalla lista delle cose da fare. Il problema della nostra società è che questi due fattori coincidono sempre meno e per riuscire a fare tutto servirebbero 48 ore al giorno”. Ecco, in pratica manca il tempo e noi abbiamo l’impressione che l’orologio scorra più in fretta. Rosa prosegue affermando che “Questa sensazione ha anche un’altra causa: quando abbiamo una giornata eccitante il tempo vola via, ma pensandoci alla sera sentiamo che è stata una giornata molto lunga e ricca. Al contrario, quando abbiamo una giornata noiosa, spesa magari in una sala di attesa, il tempo non passa mai. Tuttavia, quando andiamo a letto e ci ripensiamo sembra che la giornata sia stata corta, inconsistente. Questo si chiama il paradosso del tempo. Sentiamo che la giornata è stata lunga quando lascia molte tracce nella memoria. Nella vita della tarda modernità abbiamo perso la capacità di ”appropriarci” delle nostre esperienze, facciamo un mucchio di cose che non ci coinvolgono veramente, alla sera abbiamo dimenticato tutto. Così sentiamo che il tempo passa velocemente” In pratica siamo totalmente affetti da “accelerazione sociale” che produce alienazione, tristezza e inadeguatezza e mi chiedo: “come sfuggire a questa patologia?” e il prof. Rosa mi risponde così : «E’ impossibile lasciare la società così com’è e semplicemente rallentare. Non credo troppo alla Decelerazione o alla Slow Life, le risposte individuali non possono funzionare. L’aliena-

zione si può superare solo con un nuovo modo di relazionarsi con il mondo. Potremmo chiamarlo ”Risonanza”. La Risonanza è l’opposto e l’alternativa all’alienazione. Noi non siamo alienati da un gruppo di persone (la famiglia, ad esempio) o da una situazione sociale (l’ambiente di lavoro) quando c’è una relazione risonante, attiva tra noi e loro. In quel caso ci sentiamo attivi, connessi ma anche capaci di relazionarci con gli altri. La Risonanza tuttavia non è uno stato emotivo: è una forma di rapporto e una caratteristica della società. Dunque per far sì che il mondo sia più risonante dobbiamo cambiare sia il nostro atteggiamento sia le strutture del nostro mondo sociale ed economico. Un’economia democratica, il reddito di cittadinanza e l’idea di Risonanza potrebbero essere componenti essenziali per un tale cambiamento» Noi dopo essere rimasti indietro di un numero abbiamo provato a rimetterci in Risonanza per sfornare questo numero un po’ particolare per l’estate…e contiamo che questi due mesi di pausa possano rimetterci davvero in Risonanza per un un nuovo anno di novità e cambiamento…magari non velocissimo e magari all’unisono!! Buona Estate… !!

In pratica siamo totalmente affetti da “accelerazione sociale” che produce alienazione, tristezza e inadeguatezza... Muzi Kult 07


CAMEREASUD di Simone Arminio

Una finestra aperta, magari sul mare. Le tende che volano, attirate dal vento. Il luogo, comprensibilmente, è a Sud, e ciò influisce non poco sulla musica. Da quando l’ho capito faccio sempre lo stesso esperimento: giudico un disco solo dopo almeno due ascolti. La prima volta mi direziono a nord. Fermo e concentrato, a finestre chiuse. La seconda volta guardo a Sud. L’attenzione tutta rivolta agli errori, la finestra aperta, a volte reale, altre immaginaria, ma quasi sempre orientata a Sud.

Quanta cazzimma, quel Gallagher! “Se non conoscete le parole di questa canzone unitevi a me”, ha detto Liam Gallagher l’altro giorno a Glastonbury, in Inghilterra, dove ha sede uno dei festival più noti del globo. Il fatto, non di poco conto, è che quella canzone era ‘Don’t look back in anger’. Ovvero uno dei brani più noti del disco più noto degli Oasis, “(What’s the story) Morning glory?, che nel 1995 sconvolse le classifiche internazionali e fece gridare all’avvento dei nuovi Beatles. Con la benedizione di un Beatles stesso, va ricordato, visto che fu che sir Paul MnCartney a dire di quella canzone in un’intervista: “è una delle melodie più belle di tutti i tempi”. Dunque, dopo anni di silenzio, e ad anni luce dall’ultimo litigio sanguinario con suo fratello Noela e dallo scioglimento della band, il cantante degli Oasis ha deciso di cantarla in pubblico. Cosa c’è di male? In fondo Liam è appena uscito con il suo primo singolo da solista, un’ottima “Wall of glass”, che ci ha fatti improvvisamente rituffare nel mondo fantastico del brit-pop e di quella voce e quel sound così riconoscibili. Ci starebbe, perciò, che tornato al suo pubblico e vedendosi ricambiato, a un certo punto Liam decida di omaggiarli anche con un grande successo del passato. Se non fosse che ‘Don’t look back in anger’, oltre che una delle canzoni più note degli Oasis, è anche una delle poche, rare, che non è stata mai cantata da Liam, bensì dall’odiato fratello Noel. Ed è storia che a Liam, poco dotato di fair play, il fatto che il più grande successo del gruppo sia stato accidentalmente cantato non da lui, non sia davvero mai andato giù. Per questo il pubblico di Glastonbury, di fronte a quell’improvvisa esibizione, ha strabuzzato gli occhi. E’ quella davvero? E’ ‘Don’t look back in anger’? E’ da allora che mi chiedo il perché Liam Gallagher lo abbia fatto. Perché tornare alla gloria dopo tanti anni e riallacciare il filo con i fan attraverso l’unica canzone che non hai mai cantato? In realtà credo di aver capito, perciò do la soluzione, e la condivido in questa rubrica. Prima di leggere, però, andatevi a cercare il video, e guardatelo. E’ importante, poiché Liam, visibilmente duro e imbarazzato, decide di cantare ‘Don’t look back in anger’ totalmente a cappella, solo voce, con giusto due maracas nella mano destra. Ed eccola, sì, eccola qui la ‘liamata’! E’ una sfida, l’ennesima, che il frontman e fratello minore lancia all’autore dei brani e fratello maggiore: vedi, io non l’ho mai cantata, ma solo con la voce, biascicandone le parole, riesco a fare meglio di te. Come sempre del resto (dice lui). Fantastico. Una sfida, ancora, che inaugura il ritorno sulle scene di parte di quel gruppo che abbiamo così amato negli anni ‘90 e che si è sempre contraddistinto proprio per le risse sul palco, i concerti lasciati a metà da uno dei due, le offese a mezzo stampa. Chiarito il senso, ora tutto torna. Chi abbia ragione non è certo una cosa da chiedere. Da che parte stare neppure: voi volete più bene a mamma o a papà? No, che sciocco. Ora che ho trovato la soluzione posso dimenticarla: godetevi i singoli di Liam, prendete due biglietti per l’unica data in Italia, il primo settembre a Treviso, e guardatevi pure il video di ‘Don’t look back in anger’ a Glastonbury. A cappella, con il tipico occhio mezzo abbassato, il broncio e quella cazzimma che da sempre è marchio di fabbrica dei Gallagher. Sarà uno spettacolo.


CONSIGLI THEGIORNALISTI ‘Completamente sold-out’

Voto

4

Sopravvalutatissimi da sempre, se ne escono ammiccando all’estate con ‘Riccione’, che è come tentare di rimorchiare una donna, oggi, mimando Jerry Calà. Eppure il disco è ‘completamente soldout’ sia nel nome che nei fatti. Il critico in questi casi non capisce, ma si inchina. Solo, se revival dev’essere, ridateci Mauro Repetto e gli 883. Da ascoltare in sottofondo davanti a un b-movie.

BIG TIEFH Capacity Un capolavoro assoluto, un disco indipendente, una voce struggente e testi drammatici, ma cantati con la semplicità e la gioia di una filastrocca per bambini. E anche la musica non è da meno: indubbiamente, al momento, il disco migliore dell’anno. Applausi ad libitum. Da ascoltare in treno, guardando fuori.

Voto

10 FRANCESCO GABBANI Magellano

Voto

Oh, un po’ di sano oop. Ma di quello ben fatto, perlomeno, che Gabbani - ormai s’è capito - sa il fatto suo. E se i livelli dei due brani sanremesi non è equiparato, se il disco di per certo non rimarrà, come pure il singolo estivo, di sicuro questo ragazzo ha talento, e i suoi brani sanno farsi ascoltare. Diamogli fiducia, almeno per un po’. Da ascoltare in macchina, sparato a palla.

7

EDDA Graziosa utopia Edda ha messo da parte il Ritmo Tribale degli esordi. Ma la qualità, di certo rimane. Il disco, certo, è strascicato. Lontano dai nostri tempi. Ma proprio per questo ha una patina di passione perduta che oggi non guasta mai. Comprarlo non fa male: ascoltarlo non farà bene, ma neppure nuoce alla salute. Da ascoltare in cuffia, meglio concentrarsi.

Voto

6

COEZ Faccio un casino

Voto

Ben lontano dai gusti e dagli stili dei rocker, il rap-pop di Coez in realtà, a saperlo ascoltare, pesta metaforicamente parlando più di In Utero dei Nirvana. E non certo per il genere, che è opposto, ma per lo stile, la genuinità, lo stile diretto e una certa strafottenza tipica dei nichilisti. In Italia non si sentiva così bene da un po’. Eccolo qua. Da ascoltare in montagna, magari scalando.

8

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( ONDESOCIAL ( ( di Antonella De Cesare

#1

#2

# DAN AUERBACH – SHINE ON ME

# MARIO VENUTI – CADUTO DALLE STELLE

MICROCLIMA PUNTO E A CAPO

# Un peccato trovare questi brani in chiusura delle classifiche. Mi sembra influenzato da artisti come Beatles e Talking heads e potrebbe essere nella soundtrack di un futuro Senti Chi Parla! Hihi! Like!

# Peccato che ogni tanto latita perché della sua musica c’è bisogno. Lui si attualizza senza snaturarsi e questo brano ne è la dimostrazione. Official Summer Track perché ci fa “Ballaare, ballare ballare e”

# https://www.facebook.com/danauerbachmusic/

# JARABE DE PALO – FUMO

# https://www.facebook.com/mariovenutiofficial/

#3

#4 # LEVANTE – NON ME NE FREGA NIENTE CAROSELLO RECORDS

CAROSELLO RECORDS # In questa classifica non poteva mancare perchè è vivo! Il brano musicalmente può piacere o meno, sicuramente lo stile è un po’ diverso, ed è in italiano. Ascoltate il testo..” E ora riparto da Zero!”

# Mi ricorda un brano già sentito ma la grinta della voce di Levante trascina, soprattutto se ti dice che non gliene frega niente. In fondo racconta un’indifferenza presente un po’ in tutti noi, purtroppo!

# https://www.facebook.com/pg/JarabedepaloOFICIAL

# https://www.facebook.com/levantemusic/

#5 # WRONGONYOU - I DON’T WANT TO GET DOWN CAROSELLO RECORDS # Il suo stile mi piace, anche non posso negare sia “adatto ai tempi”. Il brano ma ancor più la voce mi porta in altri mondi! Testo non banale, cantato di pancia. Musicista romano esportabile! # https://www.facebook.com/pg/wrongonyou

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Avete sentito cosa c’è di nuovo nei meandri delle classifiche radio? Io qualcosina si ed è più forte di me, devo commentare! Così nasce “Onda Social”! Come in un tweet, le sensazioni di un brano in 140 caratteri, e immancabili faccine! Fidarsi è bene, Ascoltare è meglio!

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#7 # EMANUELE BARBATI FEAT. BOOMDABASH - SORRIDO AL SOLE

# SEAN PAUL E DUA LIPA NO LIE ISLAND

SCIROCCO MUSIC

# La voce di Dua Lipa è ricca di personalità un po’ spocchiosa, graffiata e sensuale!! Perfetta per una collaborazione con Sean Paul. Per me è lei a dare personalità al brano. Ascolto a ripetizione!

# Se cominci fischiettando penso ad una canzone estiva! Motivetto allegro e spensierato, e quando arriva lo ska, vince! Il bello sta nella spinta energetica delle parole “Cerco di apprezzare tutto quello che ho!”

# https://www.facebook.com/seanpaul/

# https://www.facebook.com/pg/emanuelebarbati

#8

#9 # FABRI FIBRA FEAT THE GIORNALISTI PAMPLONA

# OFENBACH BE MINE Warner Music

UNIVERSAL MUSIC

Non potevo farmi scappare il brano dance, che riprende sempre più uno stile anni 90. Al primo ascolto infatti pensavo fosse di un .. “deejay” nostrano! Come sia sia, Balla!

# Non mentite! La canticchiate anche voi! A me la frase “Siamo come tori a Pamplona” inquieta, ma mi impensierisce di più cercare il brano cui assomiglia! Si accettano aiutini!

# https://www.facebook.com/weareofenbach/

# https://www.facebook.com/pg/FabriFibra

# PLANET FUNK CHASE THE SUN

# 10

EGO

# Lo so non è uscita ora, ma è negli airplay..e non è la sola! Le radio stanno riproponendo tanti brani “d’altri tempi” e quindi non mi sono fatta scappare loro, nuovamente in giro per palchi! Se non la conoscete, “conoscevatela”! # https://www.facebook.com/planetfunk/

#ONDESOCIAL


SUONI PINDARICI “Colpire in maniera importante”

interviste a cura di: di Loredana Ciliberto e Roberto Paola

HIS CLANCYNESS

Alla scoperta della musica di His Clancyness e Nazarin Per questo numero abbiamo incontrato per voi Jonathan Clancy e Salvo Ladduca, leader rispettivamente di His Clancyness e Nazarin. Jonathan Clancy si sta affermando come uno dei più illuminati protagonisti della nuova generazione indipendente italiana. Canadese di nascita ma bolognese d’adozione, dopo l’esperienza con A Classic Education e Settlefish, ha dato vita al sempre più apprezzato progetto His Clancyness. Il siciliano Salvo Ladduca ha collaborato negli anni con numerosi artisti, tra i quali: Mick Harvey, Luca Madonia, Cesare Basile, Hugo Race, Enzo Velotto. Amante del cinema d’autore, Ladduca ha voluto firmare il suo progetto solista con il titolo di un film di Luis Buñuel, “Nazarin”, in cui il protagonista è un giovane predicatore che incrocia le ombre di una società indolente e degradata. Ecco a voi cosa ci hanno raccontato.

Quando (e perché) hai deciso che la tua vita sarebbe stata la musica? C’è stato un momento preciso? Una folgorazione? Oppure si è trattato di un percorso più lento? Sono cresciuto in una famiglia dove si ascoltava sempre musica, mia mamma aveva sempre su qualche disco, in particolare Bowie, Van Morrison, Stones, Neil Young, Al Green, Sam Cooke, per cui sono subito stato attratto dal mistero del comporre, incidere, suonare dal vivo. Mi sembrava quasi l’unica strada e così da adolescente ho iniziato a raffinare i miei gusti e a mettere su qualche band scalcagnata per suonare in giro e registrare demo.

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SALVO LADDUCA


Ho avuto sempre nelle mie corde questa necessità di espressione. La musica è stata il carro su cui salire, il mezzo per esprimermi. Io dipingo anche, proprio perché ho sempre questa esigenza di comunicare con qualsiasi mezzo. Con la musica mi sono trovato anche perché sono un po’ intonato, quindi… [ride]. Mi piace scrivere e avere a che fare con la metrica, con questi giochi di intrecci delle parole su delle note… mi interessa tanto… L’ho capito dal primo minuto, forse da quando sono nato. Chissà, magari andavo a tempo anche nel grembo materno! Ti capita di andare ai concerti di band e musicisti che non conosci? Hai fatto qualche piacevole scoperta in questo senso, negli ultimi tempi? Sì tutti noi His Clancyness vediamo molti concerti, direi almeno un paio se non tre a settimana. Gestendo poi una etichetta, la Maple Death Records sono sempre a contatto con band di amici o tour. Folgorazione, mmm, sicuramente il concerto di Cindy Lee a Montreal lo scorso autunno. Eravamo lì per suonare al Pop Montreal e siamo andati a vederla dal vivo, qualcosa di clamoroso, potentissimo ed emozionante. Sì, sono molto curioso, non ho bisogno di vedere la pubblicità delle band da vedere. Se mi trovo in un festival mi interessa di più ascoltare ciò che non conosco che quello che conosco già. Vedere come si muove la musica, se ci sono talenti nuovi, è questa la curiosità, e non mi deve mancare. Ho visto proprio un concerto di His Clancyness non molto tempo fa. Mi sono piaciuti molto, dal suono, all’espressione, risultano molto sinceri, un concerto d’altri tempi con un suono d’altri tempi. Suonare in una band significa prima di tutto predisporsi ad una creazione condivisa. Intorno ai tuoi progetti ruotano diversi musicisti. Ci sono e, nel caso, quali sono le differenze tra il lavoro fatto con loro in studio e la condivisione di un palco? Tutti siamo abituati a lavorare con tanti altri musicisti, altre band. E mi piacerebbe molto lavorare con una sezione fiati, probabilmente in maniera non convenzionale. Qualcuno alla Colin Stetson. In studio lavoriamo in maniera molto confusa, nel senso che ci piace sperimentare al massimo, non c’è una strada vera e propria per arrivare alla fine di una canzone. Per “Isolation Culture” abbiamo trattato ogni canzone in maniera diversa, alcune partivano da demo di batteria su 4 piste, altre da giri di voce, altre da suoni di synth e così via. Questo ha fatto sì che ognuno di noi si ritrovasse a suonare un po’ tutti gli strumenti e ci scambiamo spesso ruoli. Per il live ovviamente i ruoli sono più convenzionali, però le canzoni pian piano evolvono, prima c’è un periodo in cui sviluppi il muscolo della canzone, poi quando sei forte, lo puoi “malleare” come vuoi... Spesso le nostre canzoni suonano molto diverse a fine tour rispetto all’inizio. Io uso sempre un metodo per realizzare un disco: invito a cena persone diverse che magari stimo, quasi sempre amici, e magari capita anche una sorpresina. Ad esempio un amico musicista che mi consiglia un musicista da far suonare in una parte, in un brano. Allora io gli chiedo di invitarlo a cena. Nella dimensione live vai a scegliere quei serial killer [ride] che ti servono per colpire in maniera importante. In ogni caso io parto dall’amicizia, non dal lato tecnico. Bisogna essere una famiglia, come una tribù, che ama ritrovarsi insieme giorno dopo giorno. Anche ora, che sto lavorando al nuovo disco, i tempi per me sono piuttosto lunghi. Il lavoro

in studio e quello live si completano l’uno con l’altro. Ho bisogno di costruire prima una band, andare in giro, vedere come risponde il pubblico ai pezzi, capire come funzionano e quello che sento io. Cercare di cogliere la magia che si crea nel live. Ho bisogno che i pezzi crescano e che io cresca insieme ai pezzi. Non mi piace fare un disco in fretta solo per farlo. Una buona canzone è quella che ti emoziona nel tempo, non quella che funziona in un tempo isolato. Che pensiero hai sui festival di musica indipendente? Ne ricordi qualcuno con particolare “sentimento”? Sono molto legato ovviamente a quello che organizziamo, l’Handmade Festival a Guastalla. Come partecipazione sicuramente l’Here I Stay in Sardegna per l’atmosfera e il posto, e poi l’ATP Festival in UK, perché sembra di stare al luna park, suoni con tutte le tue band preferite. Non c’è un posto particolare. Basta essere in quella dimensione dove hai dei fratelli accanto, e ogni luogo si trasforma. Poi se c’è una situazione più adatta con condizioni tecniche più valide, la magia è ancora più forte. Abbiamo suonato a Castelbuono nel 2006, c’era Jon Spencer, poi Michael Rother e Moebius dei Kraftwerk, sono venuti con la tour manager a vedere il nostro concerto. Una grande emozione! Ci suggerisci tre dischi, tre cose interessanti da fare ascoltare ai lettori di Muzi Kult? Il disco omonimo di Jackie Lynn; “Malenkost” di Cindy Lee; e poi Theoreme “L’appel du Midi à midi pile”.

L’ultimo di Flavio Giurato ‘’La scomparsa di Majorana”, “Sloppy Ground” di Eric Chenaux e “City of refuge” di Castanets.


Emozioni da non perdere. Due chiacchiere con Enzo Velotto

Numero doppio… intervista tripla! In occasione di questo super-numero di Muzi Kult abbiamo voluto esagerare e vi proponiamo una speciale intervista con Enzo Velotto, incontrato insieme a Salvo Ladduca in occasione del loro concerto presso le Officine Sonore di Lamezia Terme. Velotto è oggi, infatti, parte integrante del progetto “Nazarin”. Ma la sua carriera parte dalle radici del rock indipendente nazionale. Batterista prima dei Kunsertu e poi dei Flor de Mal, fondatore dell’etichetta discografica “Viceversa” (una delle realtà più attive del panorama underground italiano), Enzo Velotto collabora oggi anche con Alessandro Fiori e Luca Madonia dei Denovo. Ecco cosa ci ha raccontato durante la nostra lunga chiacchierata. Quando (e perché) hai deciso che la tua vita sarebbe stata la musica? C’è stato un momento preciso? Oppure si è trattato di un percorso più lento? Io non l’ho ancora deciso, ci sto pensando [ride]. Ho iniziato a suonare per puro sfizio, ero adolescente, andavo al liceo, abbiamo messo in piedi la classica band del liceo e poi da allora c’ho preso sempre più gusto. Però ancora non ho deciso se è quello che farò da grande… Ci sto pensando seriamente però, eh! Diciamo che… inizia a piacermi!

Con quale genere hai iniziato a suonare? La prima canzone che ho registrato con la mia band scolastica era “Guantanamera”, quindi potrei dire di avere iniziato con bieche cover di band semisconosciute degli anni ‘60-‘70. Quando ho iniziato a suonare erano i pieni ’70, purtroppo (e lo dico a malincuore) andava di moda il progressive, quindi siamo cresciuti a pane e Genesis, pane e Marillion, Emerson Lake & Palmer, e poi ovviamente sono arrivati i fulmini che hanno cambiato la nostra vita, e si chiamavano “Made in Japan” dei Deep Purple, poi i Led Zeppelin, e poi è arrivata l’esplosione di quella che possiamo definire una sorta di New Wave del fare musica, Police e Dire Straits, e di lì nulla è stato più come prima.

Era anche più difficile “coverizzare” rispetto ad oggi, vero? Sì, allora la musica funzionava in maniera carbonara, non esisteva Spotify, non esistevano i computer a portata di tutti, non esisteva niente; l’unico modo che avevi per ascoltare musica era che, materialmente, qualcuno ti portasse un disco e, purtroppo, in Italia i dischi disponibili erano pochi, quindi dovevi avere l’amico figo che tornava da Londra o che aveva un canale clandestino e te li portava, e mi ricordo che quando usciva un disco c’era la seduta corale di ascolto, ci riunivamo in dieci a casa di qualcuno e ascoltavamo il disco in religioso silenzio, due-tre volte di seguito. Poi, mentre tutti si duplicavano la cassetta, si commentava il disco e partiva il dibattito che durava fino a notte fonda. Era una cosa bellissima, cerco ancora di preservare questo modo di fare musica, di fare ascolto, di fare critica… Diciamolo, il musicista è un pettegolo, alla fine campiamo di questo, ci piace parlottare della musica altrui, solo che ora sono cambiate le modalità di ascolto, fortunatamente! C’è da dire che oggi se sento parlare di un oscuro gruppo, non ho bisogno di aspettare un anno perché mi arrivi il disco. Oggi vai su Spotify e lo ascolti, poi se ti piace e ti convince te lo vai a comprare, possibilmente in vinile, come faccio io… E quindi non darei la colpa a Spotify se è crollato il mercato musicale. È crollata la cultura

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legata alla musica, viviamo in un mondo, in un’epoca, profondamente ignorante, gretta, forse più ricca, ma enormemente più gretta di quella di una volta.

magari poi me le dimentichi ‘ste cose, varrebbe la pena scriverlo! Qualcosa che ci suggerisci di ascoltare?

Certo, la fruizione della musica è cambiata molto. Anche nella sua dimensione live. Perciò ti chiediamo anche: cosa è cambiato in questi anni nei luoghi della musica dal vivo? E cosa è cambiato, invece, nel pubblico che hai davanti? La domanda apre la porta ad una innumerevole pletora di risposte. Cercherò di essere breve. È cambiato tutto, l’universo intero, una volta c’era sicuramente molta meno quantità, ma una incommensurabile qualità in più, c’era qualità negli ascoltatori, c’era qualità nei propositori, c’era molta più selezione… Non so dirti se questo fosse un bene o meno, però oggi mille gruppi fanno, praticamente a costo zero, mille dischi. A quei tempi, su mille gruppi, solo cinque riuscivano a fare un disco. Questo ovviamente provocava una selezione mostruosa fin dagli inizi, arrivare era molto più difficile, però i gruppi che arrivavano riuscivano a fare una marea di concerti, riuscivano a passare in radio. Oggi, con 3000 uscite all’anno solo in Italia e una diminuzione esponenziale degli spazi, è diventata enormemente più dura, quindi sfatiamo l’illusione che oggi attraverso internet è tutto più facile, assolutamente. Anzi è diventato mille volte più difficile. Anche perché la massificazione e una preponderante offerta, come in qualunque settore del mercato, fa sì che cali enormemente il costo della domanda. Quindi oggi per campare di musica devi fare il “trentuplo” di quello che dovevi fare 20-30 anni fa.

Ci parli un po’ delle tue collaborazioni musicali (che sono tante!)? Un aneddoto, qualche musicista che ricordi con particolare sintonia?

Per quanto riguarda il disco italiano, sarò poco originale… Vi cito l’ultimo di un vostro conterraneo, che è anche il primo di quelli che ha fatto che a me è piaciuto, ed è Brunori Sas. Devo dire che a me non è mai piaciuto, ma l’ultimo disco è meraviglioso, grandissimo disco. E poi un mostro sacro, i Blur, secondo me sono il fenomeno pop più potente a livello internazionale degli ultimi 30 anni. Buon ascolto! Un sogno nel cassetto? Devo dire che uno dei miei più grandi sogni di gioventù ormai è irrealizzabile, perché purtroppo Pino Daniele è morto. Mi sarebbe piaciuto suonare anche un solo brano nella mia vita con lui… Però vi sembrerà strano, ed è un po’ paraculo quello che vi sto dicendo, già ritengo di avere avuto fin troppa fortuna ad aver fatto quello che ho fatto finora, e soprattutto ritengo di avere una fortuna mostruosa a stare qua, in una serata in un pub di Lamezia Terme, a suonare in mezzo a ragazzi che potrebbero tutti essere miei figli, ed essere ancora qui, arrivare in macchina con gli amici a dire la mia, con una band che fa assolutamente roba molto alternative… Tra una settimana riprenderò la mia vita con Luca Madonia, un po’ con il piede nel main stream, nel pop di una certa classe… Però ecco: un piccolo desidero, più che sogno, è continuare ancora per qualche anno ad esserci anche nell’underground, perché questa cosa, il viaggio in macchina con gli amici, la paga scarsa, la pizza a fette un po’ fredda, sono emozioni che non bisogna mai perdere!

Guarda, sono un umile manovale della musica, ho avuto l’enorme fortuna, l’enorme privilegio, di riuscire a suonare con tanta gente importante, non solo dal punto di vista della fama e del successo, ma dal punto di vista della personalità… Tralascio i gruppi di cui ho fatto parte perché non fa molta specie, anche se ho vissuto esperienze meravigliose con i Kunsertu e i Flor de Mal. Oggi sto vivendo esperienze meravigliose con Nazarin, Alessandro Fiori, con Luca Madonia e il resto della band, anche se lì si tratta di un solista, ma abbiamo messo su una situazione umana che fa sì che sia veramente una band. Poi ho suonato con i Dead Cat in a Bag; ho avuto la fortuna, la grazia, di aprire i concerti dei miei idoli: ho aperto una intera tournée italiana dei Deep Purple, ho aperto i concerti dei Nirvava in Italia, dei Jane’s Addiction, dei Porno for Pyros. Ho avuto la fortuna di calcare palchi troppo più grossi di me… Cosa ricordi dei Nirvana? Ho aperto l’ultimo concerto italiano ed europeo del tour di “In Utero”, a Modena nel ‘94. Porto con me un paio di episodi bellissimi che fanno capire quanto a volte, nonostante le distanze, le culture diverse, ci sia molto rispetto tra musicisti. Gli americani si rispettano tra musicisti molto più di quanto ci rispettiamo noi. Suonavamo durante il nostro set di apertura ai Nirvana con i Flor de Mal e, ad un certo punto, il nostro cantante mi fece segno di girarmi, e vidi che, appoggiati al palco che mi facevano segno “ok” con il pollice sollevato, c’erano Dave Grohl e Kris Novoselic. Erano lì come dei ragazzi qualunque, che aspettavano il loro turno per suonare, che ascoltavano il nostro set e ci facevano i complimenti. Così come non dimenticherò mai la scena di Kurt Cobain dopo il concerto che in uno dei, devo dire, rari momenti di lucidità, in piedi su una sedia, da una finestrella sopra la porta, tirava fette di torte ai giornalisti che aspettavano dall’altra parte della porta per intervistarli. Potresti scriverci un libro! Sì, ma dovrò aspettare la vecchiaia perché per ora non ho il tempo! Un libro non so a quanta gente potrebbe interessare, però sicuramente un quaderno di appunti prima che mi rincoglionisca con l’Alzheimer e

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MUZI&BOOK

di Giuseppe Panella

ROSARIO BONACCORSO “A BEAUTIFUL STORY”

BRIAN ENO

CHIARA RAGNINI

KAREN ELSON

“SISTERS”

“LA DIFFERENZA”

“DOUBLE ROSES”

Crea Musica

H.O.T. Records Ltd./1965 Records

Via Veneto Jazz

Ci sono storie che vanno lette, altre che vanno ascoltate come quelle “raccontate” in “A beautiful story”, ultimo album di Rosario Bonaccorso. Ancora una volta, a due anni di distanza da “Viaggiando”, il jazzista siciliano riesce a mettere insieme dodici brani di sua composizione i cui suoni caldi riscaldano il cuore dell’ascoltatore con le note vellutate del flicorno di Dino Rubino che si intrecciano con il pianismo soffuso e delicato di Enrico Zanisi con Bonaccorso, al contrabbasso, e Alessandro Paternesi, alla batteria, che interagiscono e sostengono con efficacia l’estro dei colleghi. Al contrario dei dettami della musica jazz non c’è molta propensione da parte del quartetto di abbandonarsi a improvvisazioni. E probabilmente è proprio questa l’arma vincente di un album che non si concede a momenti di stanca e risultando di ottimo livello, soprattutto nelle tenui “A beautiful story”, “You, me, nobody else”, “Lulù e la luna” e nelle più movimentate “Come l’acqua fra le dita”, “Tango per Pablo” e “Minus one”.

16 Muzi Kult

All’inizio del 2017 Brian Eno ha pubblicato “Reflections”, opera che, attraverso una combinazione di algoritmi, crea un flusso di musica che gli addetti ai lavori definiscono ambient. Io la definirei la musica del nulla, del vuoto assoluto e la prova di tutto ciò è “Sisters”, opera gemella reperibile solo in download gratuito. La voglia di sperimentare porta Eno a un approccio diverso con la musica che, a dire il vero, qui è praticamente assente. Nessuna melodia e note dilatate pensate per creare un’atmosfera che non si comprende bene quale sensazione possano determinare nell’ascoltatore. Poco più di un’ora di completa catalessi “generati” dagli algoritmi “manipolati” da Peter Chilvers, probabilmente utili come sottofondo durante una seduta psichiatrica o in un acquario. Per tutto il resto le quattro sorelle “Hannah”, “Irial”, “Darla” e “Anya” non credo abbiano alcuna attrattiva in chi vuole ascoltare un album dal suono corposo. E non mi riferisco a un genere particolare, perché saranno in pochi a potersi deliziare con questi quattro brani che tra di loro differiscono solo nel titolo.

Era impensabile alcuni anni fa riuscire a realizzare il proprio cd con una campagna di crowdfunding. C’è riuscita Chiara Ragnini con un album assolutamente interessante. “La differenza” non è un’opera prima ma come dice lo stesso titolo un cambiamento di rotta con il precedente “Il Giardino di Rose”. Da quella prima incisione la Ragnini mostra una crescita musicale di non poco conto grazie ad una maturazione avvenuta nel corso del tempo e la dimostrazione di quel coraggio tipico di chi crede nelle proprie capacità e nel proprio lavoro. Non più brani “eterei” composti e arrangiati per chitarra e voce ma un disco realizzato con molta cura. E’ presumibile che la cantante con “La differenza” abbia voluto fortemente virare su sonorità pop, rock ed elettroniche per dare la giusta dimensione al suo modo di concepire la musica. La voce graffiante si modella perfettamente ai testi interessanti di tutti i brani, tra i quali si fanno apprezzare maggiormente “Grigiocielo”, Domattina”, “Il vortice bianco” e “L’angolo buio”.

Uno sguardo intenso e il viso quasi completamente coperto dal mare. E’ con questa immagine di copertina di “Double roses” che Karen Elson ha inteso rappresentare i suoi ultimi burrascosi anni. Il divorzio da Jack White dei White Stripes è l’elemento principale di dieci “fotogrammi” in cui descrive sensazioni e stati d’animo vissuti con l’ex marito che hanno allontanato la cantante e top model dal territorio blues di “The Ghost Who Walks”, suo precedente album, grazie ad un writing diretto ed altamente emotivo. Un percorso diverso che in alcuni momenti trova accostamenti al linguaggio musicale di Kate Bush e Stevie Nicks, e i cui testi trasudano intimità e sofferenza. Tutto “Double roses” è permeato da una musicalità eterea che inizia con la splendida “Wonderblind”, impreziosita da sublimi “ricami” dell’arpa, e prosegue con “Double roses”, intensa poesia di Sam Shepard da lei stessa musicata e si conclude con la delicata “Distant shore”, cantata in duetto con Lara Marling. Ma non c’è brano che possa allentare la tensione emotiva che fa di “Double roses” un album imperdibile.


Le note stanno alla musica come le parole stanno alla scrittura. A volte però basta il ritmo a raccontare una bella storia e a volte basta una bella storia a darci del ritmo. Succede tutti i giorni quando la musica ci parla e quando le pagine di un libro ci emozionano con una melodia. Rendersene conto è come svelare una magia, la stessa che si realizza quando si leggono pagine impregnate di ritmo, e si ha la sensazione che siano le parole a suonare. La rubrica “Muzi & Books” è un negozio di dischi d’altri tempi nel quale entri e respiri un’atmosfera fatta di musica, di pagine e di foto, le tante passioni di Peppe Panella (storico giornalista musicale italiano) che ricrea un piccolo grande mondo. C’è tutto, la storia dei grandi musicisti e le nuove note di giovani artisti accompagnati dalle pagine di quei libri che raccontano qualcosa di più della storia della musica e del pensiero di tanti artisti che ne hanno influenzato l’impronta. Da anni “il maestro” si dedica alla ricerca costante di pezzetti di cultura in movimento, ha iniziato dal vinile, con la passione per il suono che proviene dalla puntina sull’LP. In “Muzi & Books” ci farà sentire come se fossimo in un suo negozio immaginario nel quale c’è l’attenzione di chi conosce quel mondo e sa consigliare l’album giusto da accompagnare al libro, per conoscere e spaziare dall’influenza della letteratura americana o al cinema italiano, passando per i film d’autore e fino al jazz.

LUCA PERASI “I BEATLES DOPO I BEATLES” (LILY PUBLISHING) DIAZPORA “ISLANDS” Légère Recordings

E’ difficile cercare di dare un nuovo volto al funk. Intere generazioni sono state influenzate da “padrini” del calibro di James Brown, George Clinton, Sly Stone e, in ultimo, da Prince. E’ il caso della band tedesca Diazpora che in “Islands” strizzano l’occhio al “Principe” di Minneapolis ma non tradiscono la vecchia scuola che aveva nel suo DNA la musica afro. Sin dalla iniziale “Street Market” è evidente l’importanza che assume nei Diaspora la sezione dei fiati con la chitarra “wah wah”, che richiama il lavoro fatto da Isaac Hayes su “Shaft”. Importante è la presenza del vocalist Axel Feige che a dispetto del colore della sua pelle conferisce all’intero lavoro un senso di “negritudine” ricco di energia e vitalità difficilmente reperibile in band “bianche” che suonano la musica dei neri d’America. Un piccolo capolavoro è il brano che dà il titolo all’album, con un assolo di sax che sembra prendere spunto da “The world is a ghetto” dei War, brano che ha influenzato anche l’intro di “Kinshasa strut”. Un album per chi ha l’anima “black”.

Davanti ad un ennesimo libro sui Beatles mi verrebbe da chiedere se ancora oggi sia possibile riuscire a raccontare qualcosa di nuovo e diverso su di loro. Luca Perasi, firma ben conosciuta ed apprezzata da chi i Fab Four, nello scrivere “I Beatles dopo i Beatles” probabilmente non ha avuto come intento quello di scrivere pagine inedite, bensì quello di tracciare in un libro dalla lettura semplice ed efficace il percorso che John, Paul, Gorge e Ringo hanno tracciato con le loro relative carriere soliste. In quello che lo stesso Autore definisce «un decennio travagliato e multiforme» (1970-1980), viene raccontato il periodo più florido e, al tempo stesso, non privo di ombre della loro produzione, affrontandolo con ottimo spirito critico e senza mai cadere nella trappola di chi scrivendo dei propri beniamini si lascia andare a giudizi “di parte”. Perasi ripercorre le storie dei quattro baronetti, descrivendo con accuratezza ogni singolo e ogni album, arricchiti dalle note esaustive comprensive di date, titoli e musicisti.

CLAUDIO SOTTOCORNOLA “VARIETÀ” (MARNA) A volte può succedere di ritrovare un libro che, a causa delle numerose proposte, abbiamo dimenticato tra gli scaffali della libreria per poi “ritrovarlo” e innamorarsene per ciò che riesce a raccontare. E’ successo con “Varietà” di Claudio Sottocornola, un taccuino giornalistico in cui a farla da padrone sono le interviste che lo stesso professore ha effettuato negli anni ottanta e novanta. Un numero infinito di interviste di personaggi che esprimono la loro interessante visione del periodo e dal quale escono fuori una “varietà”, da cui il titolo del libro, di stati d’animo e di “figure” che riescono ad aprire le porte di un passato che coinvolge ed appassiona il lettore. La prefazione di questo interessante libro è scritta da Donato Zoppo, amico dello stesso Sottocornola, che impreziosisce tutto con le sue accurate descrizioni di quel decennio. Shel Shapiro, Paolo Conte, Gianna Nannini, Rita Pavone e I Pooh sono solo una manciata degli artisti intervistati che, con tutti gli altri, vi riporteranno in un passato da ricordare.

GAETANO LOFFREDO “I 100 MIGLIORI DISCHI POWER METAL” (TSUNAMI EDIZIONI) E’ un’avventura non facile quella scrivere un libro in cui vengono consigliati i migliori dischi di un periodo o di un genere musicale. Gaetano Loffredo, forte della sua passione ha deciso di imbattersi in una selezione dei migliori 100 dischi del Power Metal europeo. Indubbiamente è stata forte la curiosità di leggere quali fossero i titoli eletti a capolavori di un genere dalla vita non troppo lunga, laddove ritengo esistano solo degli ottimi album. Il direttore di SpazioRock.it è comunque riuscito a farmi tornare indietro nel tempo, facendomi riscoprire album dimenticati. Con ogni probabilità è questo l’intento di questo libro che gli appassionati non mancheranno di leggere con avido interesse sin dalla prefazione di Alessandro Conti, voce dei Trick Or Treat e dei Luca’s Turilli’s Rhapsody. La passione di Loffredo lo conduce a citare non solo i gruppi più importanti del Power Metal ma anche quelli italiani tra i quali non mancano le sorprese. Ogni album è corredato dell’anno di uscita e della scheda tecnica rendendo ancora più interessante la lettura. Muzi Kult 17


BEI BEI & SHAWN LEE

DON BACKY

“YEAR OF THE FUNKY”

“PIANETA DONNA”

Légère Records

Ciliegia bianca/Egea Music

Gli appassionati della musica funk non si facciano ingannare dal titolo di questo nuovo album di Bei Bei & Shawn Lee, in cui non è presente nessuna imponente sezione fiati o riff ripetitivi delle chitarre “wha-wha” e ritmi sincopati tanto cari James Brown, George Clinton e Sly Stone. In Year of the funky a farla da padrone è il guzheng, strumento antico di 2500 anni dal suono simile a quello di un’arpa seppur più acuto, che conferisce a ogni brano un ovvio timbro orientale. Già le prime note dell’introduttiva Love in Hong Kong rievocano atmosfere esotiche alle quali Shawn Lee ha saputo dare, con l’inserimento di una ritmica delicata quel tocco occidentale che rende l’album interessante anche a chi non ha mai avuto un approccio profondo con suoni tanto caratteristici. Bei Bei dimostra di essere una virtuosa del suo strumento e di riuscire a dare grande fluidità e originalità alle sue composizioni. L’antica tradizione cinese si sposa perfettamente con gli arrangiamenti creati da Shawn Lee e tutto ciò è marcatamente evidente nella già citata Love in Hong Kong, ma anche nella sognante Purple river, in Bossa rossa, nella title track, e nella suggestiva For your smile che conclude l’album.

18 Muzi Kult

Un ritorno inatteso quello di Don Backy. Negli anni sessanta le sue composizioni hanno lasciato un segno indelebile con canzoni diventate classici della canzone italiana. Canzone, Casa bianca, L’immensità, Poesia e Sogno sono solo alcuni dei suoi capolavori. Autore che si è sempre contraddistinto per la delicatezza dei suoi testi e per gli arrangiamenti di grande effetto, oggi si conferma con Pianeta donna, dedicato interamente all’altra metà del cielo, non allontanandosi dal cliché cui ci ha abituati nel corso della sua carriera. Don Backy parla di amore come lui sa fare, descrivendo diverse figure femminili nel modo a lui più congeniale. Dodici nuovi brani interessanti ma anche lontani dagli stilemi attuali, rivolti ad un pubblico più maturo abituato alla sua “scrittura”. Un album che si fa apprezzare soprattutto in brani come Rapsodia, Brinderò, e Non è un addio, composto da Alberto Senesi. Sorprendenti le citazioni di Impressione di settembre della Premiata Forneria Marconi e dei cori ispirati dai Queen in Rapsodia in red. Ma la vera sorpresa è la conclusiva rilettura di Pregherò, versione italiana di Stand by me di Ben E. King portata al successo da Adriano Celentano, che non mancherà di creare un momento di grande nostalgia.

FABIO CONCATO

FEAT. PAOLO DI SABATINO TRIO

IMELDA MAY

“GIGI”

“LIFE, LOVE, FLESH, BLOOD”

Sud Music/Egea Music

Potrebbe sembrare come la volontà di seguire una moda, di cercare “rifugio” tra le pieghe del jazz per dare un nuovo impulso alla propria carriera. Non è così per Fabio Concato che quel genere lo sempre frequentato ed amato. “Gigi” è un cd intriso di nostalgia e di emozioni regalate da canzoni che hanno fatto la storia del cantante milanese. Non una raccolta ma una sapiente rilettura di “perle” che negli arrangiamenti di Paolo Di Sabatino assumono una nuova dimensione grazie a una sofisticata ricercatezza nei suoni e ai tempi rallentati e dilatati. Rispetto alle versioni originali brani come E’ festa, Gigi, Buonanotte a te, Stazione Nord e Ti muovi sempre, per citarne alcuni, diventano più intimi e appassionati. Merito di tutto ciò è il delicato pianismo di Paolo Di Sabatino, da sempre estimatore di Concato, coadiuvato dal fratello Glauco, alla batteria, e da Marco Siniscalco, al basso e contrabbasso che hanno reso più scarno gli arrangiamenti originali mettendo in risalto il talento compositivo di Concato. E lo stesso cantante sembra sentirsi più a suo agio nell’eseguire i suoi brani in questa nuova veste. Apprezzabile il nuovo corso di Fabio Concato che con “Gigi” crea nuove attese nei fan che attendono un suo nuovo disco di inediti.

Decca

Conosci Imelda May per i suoi trascorsi musicali, per quella immagine di rocker che ha “prestato” la voce a Jeff Beck, e non solo, poi ascolti Life, Love, Flesh, Blood, il suo ultimo album, e resti incantato per un cambiamento inatteso. La sorpresa di scoprire il nuovo percorso musicale della May è enorme per la sua trasformazione da rocker a chanteuse. Questo suo quinto album è notturno, intenso, profondamente emotivo per la qualità dei brani e per una voce che, anche in questa nuova veste, ancora una volta incanta. Merito sicuramente di T Bone Burnett, un Re Mida che trasforma in oro tutto ciò che tocca. Sin dalla iniziale Call Me il cambiamento è evidente, proseguendo per con la sognante Black Tears, in cui Jeff Beck ci riporta alla mente i tocchi delicati cari a Santo & Johnny. Seduzione che la voce della May mostra anche in brani come Levitate e How Bad Can a Good Girl Be. L’anima rock torna prepotente in Bad habit, The longing e Flesh and blood (queste ultime inserite nella versione deluxe) con la presenza inconfondibile di Marc Ribot. Probabilmente è troppo presto per affermare che Life, Love, Flesh, Blood, sarà il disco più bello del 2017, sicuramente sarà quello che amerete profondamente.


MASSIMO BONANNO “THE ROLLING STONES 1961-2016” (VOLOLIBERO EDIZIONI) THE BROTHERS NYLON “BITCHES COLD BREW” Resistant Mindz Records

E bene dirlo subito. Lapproccio con questo Bitches cold brew non sarà immediato. Qualcuno potrà bocciarlo dopo pochi minuti, ma il consiglio è di lasciarsi andare e continuare nellascolto. I fratelli Michael e Nick Rufolo, insieme a Shawn Lee, in fase di scrittura sicuramente non hanno pensato a un prodotto commerciale e altrettanto facile per quello che può essere considerato un disco che, oltre a presentare i tratti tipici del funk contemporaneo, paga dazio a ispirazioni di chiara matrice jazz sin dal titolo, alla psichedelia e persino a Frank Zappa, decorando tutto con “pennellate” free. Con tutti questi ingredienti viene naturale pensare ad un prodotto difficile. Bastano, però, pochi ascolti per riuscire a entrare nel suono dei Brothers Nylon restando conquistati dalle loro sonorità apparentemente bizzare. Lascolto di Coffee shop non può non calamitare lattenzione con il suo giro di basso ipnotico, il cantato tipico dei soul men e gli inserimenti infuocati dei fiati. Stessa cosa accade con Shove it in my mouth, sicuramente il brano più tradizionalmente funk. In questo caleidoscopio di suoni tutto diventa fuorviante e al tempo stesso attrattivo per loriginalità che i fratelli sanno dare ad un lavoro molto interessante.

Ci sono storie che seppur conosciute sono sempre piacevoli da leggere soprattutto se a scriverle è un autore che riesce a raccontarle con la passione riconosciuta di un fan. E certamente la passione di Massimo Bonanno, autore di questo bel libro sui Rolling Stones edito da Vololibero Edizioni, è riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. La sua passione per la band di Mick Jagger e Keith Richard era già stata al centro dell’attenzione con il suo libro The Rolling Stones Chronicle, nel quale venivano raccontati con estrema cura i primi trent’anni della band. In questo libro Bonanno approfondisce maggiormente una storia che lui conosce perfettamente per aver frequentato il loro mondo ed essere stato scelto dai gestori del sito ufficiale della band come curatore della parte inerente gli archivi delle tournées e dei concerti. Inevitabile la grande cura dei particolari e la precisione cronologica con cui viene raccontato il periodo che va dal 1961 al 2006. L’attenzione di Bonanno si nota nei tre capitoli raccolti per produttore: Andrew Lloyd Oldham fino al 1967, Jimmy Miller per gli anni dal 1968 al 1973 e The Glimmer Twins, cioè gli stessi Jagger e Richards, dal 1974 ad oggi. Una racconto affascinante in cui sicuramente scoprirete nuovi particolari.

EZIO GUAITAMACCHI “ATLANTE ROCK” (HOEPLI EDIZIONI) Non è la prima volta che recensisco un libro di Ezio Guaitamacchi, ma non posso nascondere che ogni volta mi sorprende per la leggerezza del suo stile nel raccontare storie. Indubbiamente se amate il rock e i suoi miti non potete evitare di acquistare questo libro. Questo Atlante Rock sarà la guida perfetta che vi accompagnerà nei luoghi della musica sempre sognati, a partire dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri. Dalla via del blues che va da Vicksburg a Memphis fino alla Londra di Carnaby Street, di Mary Quant e dei Beatles, Guaitamacchi ci accompagna in numerosi itinerari con dovuta perizia senza trascurare i consueti aneddoti e le consuete chicche sempre gradite dai lettori. Da ogni racconto, che ha visitato di persona, si evince la sua smisurata passione e la sua competenza per la musica rock e i personaggi che hanno scritto pagine memorabili. Curiosi i suggerimenti gastronomici che riesce a dare al lettore, un modo gradevole per apprezzare i luoghi attraverso la cucina. Sorprendente la presenza di una colonna sonora. Una possibilità maggiore di entrare in questo mondo fantastico attraverso i brani “consigliati” dallo stesso Autore.

STEFANO GIORGIANNI “J.R.R. TOLKIEN. IL SIGNORE DEL METALLO” (TSUNAMI EDIZIONI) Se si dovesse trovare lo scrittore che ha maggiormnete influenzato il mondo del rock (e non solo quello) potremmo identificarlo in J.R.R. Tolkien, autore de Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e Il Silmarillion. E’ di lui che Stefano Giorgianni parla in questo libro edito da Tsunami. Una lente d’ingradimento che tratta in modo esaustivo delle influenze determinate dall’opera dello scrittore inglese. Molte band degli anni settanta hanno subito il fascino di quei racconti che hanno ispirato i loro testi e anche le loro musiche. Giorgianni parla dei Led Zeppelin, probabilmente il gruppo che più è stata “rapita” dal fascino di quelle storie fantastiche, basti ricordare le epiche The battle of evermore e Stairway to heaven, ma anche dei Black Sabbath e della loro The wizard. Due chiari esempi di quanto sia stato fonte di ispirazione Tolkien per certi gruppi. Ma l’Autore non si sofferma solo su un elenco di brani, il suo intento è quello di dimostrare quale sia il legame tra Tolkien e le band rock. Una impresa non semplice in cui ricostruisce perfettamente un tortuoso percorso storico musicale.

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di Vladimir Costabile

ROSSOFISSO CRITICARE – APPREZZARE – RECENSIRE

“Parliamo di musica e balliamo d’architettura”

Sono cosa Suono, Sono quello che suono nello stereo, quello che suono sul mio basso, quello che cerco su spotify. Sono tutti i kilometri percorsi, le auto che ho guidato, quelle che ho posseduto. Sono i posti dove ho fatto l’amore, dove ho vissuto, quelli che ho visto, quelli che amo e quelli che odio. Sono tutti i concerti che ho visto. Sono tutte le pompe di benzina dove ho alzato l’asticella a rosso. Sono i bancomat dove ho prelevato, i posti dove ho mangiato e i posti dove avrei voluto ma non posso. Sono le persone che ho amato, quelle che odio, gli amici che mi hanno tradito e quelli che ho tradito io. Sono la mia famiglia, gli occhi della persona che amo, gli occhi di un bimbo che vuole giocare al pallone o andare in bicicletta. Sono l’amore che ho dentro, sono tutti i miei difetti ma sono anche tutti quei pochi pregi che ho. Sono tutte le sigarette che ho fumato, quelle di nascosto nel cortile della scuola e quelle al tavolo con mamma. Sono tutte le mie paure e le mie angosce. Sono i miei nonni che non ci sono più e sono mia nonna che mi aspetta sempre con un sorriso. Sono chi mi dice che devo maturare e chi mi dice che sono troppo grande per la mia età. Sono i soldi che ho speso, quelli che non ho avuto e quelli che forse un giorno avrò. Sono gli occhi degli animali avuti per casa, sono le mie cadute e le mie rialazate. Sono mio fratello, mia madre e mio padre. Sono le strade di montagna che non faccio più, sono il mare che amo d’inverno e la Sila che amo d’estate. Sono la mia pancia che muove le mie mani, sono quell’uomo che invecchia, che vedo nello specchio e che forse ancora non ho conosciuto. Sono quello di presto che è tardi e dai che c’è ancora tempo. Sono quello che guida di notte, con il serbatoio vuoto e spinge il limite fino a superarlo. Sono quello che un giorno farà la rivoluzione, la mia rivoluzione fatta di una sola guerra e di una sola vittoria. Sono cosa Suono.

LUOGHI COMUNI Blu Phonarchia Dischi

Un album secondo me con un bel carattere, pensaVOTO: to e scritto in maniera intelligente e non scontato. Liriche interessanti e arrangiamenti mai scontati. Ottimo il modo di disegnare l’immaginario dove far vivere queste canzoni. Da un punto di vista prettamente tecnico la produzione mi sembra carente. Scelte stilistiche camuffate da carenze tecniche non fanno decollare il valore delle canzoni a mio avviso davvero interessanti.

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ZEMAN Non Abbiamo mai vinto un cazzo To Lose La Track

La cosa che mi VOTO: ha colpito leggendo la descrizione di questo album è stata la citazione ai Kina gruppo della scena punk HC che credevo ricordassimo in 100. Devo dire che da subito sono stato colpito dal mix che regala un super sound alla band che forse però non è ancora all’altezza di cotanta bellezza. Il “mixatore” è Suriani e leggendo il nome si scopre l’arcano. Uno dei produttori italiani a mio avviso più interessanti degli ultimi 10 anni. Spero che il prossimo lavoro ritrovi una maturità che non riesco a sentire in questo lavoro.

VITANOVA Controluce Alka Record label

SCHENA Canzoni Ad Uso Interno Irma records

Un disco ingenuo e fresco quello dei vitanova. VOTO: Post adolescenza e scrittura liceale per un lavoro che scorre bene e si lascia ascoltare. I bresciani promettono bene e si affidano a chi riesce a mettere insieme il giusto suono per le loro composizioni. Ora vi aspettano un po’ di km da percorrere per diventare grandi e finalmente esplodere.

Ernesto Ragazzoni era un poVOTO: eta anarchico e importante penna italiana de La Stampa a inizio 900. Autore di “Buchi nella sabbia e pagine invisibili” che Paolo Schena riscopre, intereorizza e ne racconta l’essenza in questo lavoro maturo e ben strutturato. Citazioni colte e ben calzanti, un bellissimo tributo ad un autore che, anche grazie all’ottimo lavoro di Schena, potremmo scoprire e riportare alla luce.


::: IL DISCO CONSIGLIATO :::

THE SMASHING PUMPKINS - Mellon Collie and the Infinite Sadness In questo periodo in cui sembra che il suono degli anni 90 sia destinato a ritornare e a fare mambassa tra i sinth anni 80 che girano in tutte la radio, vi voglio raccontare di un capolavoro. Mellon Collie and the infinite sadness è per me il disco che rappresenta i miei anni ’90. Nel 1995 quando il disco uscì, non sapevo neanche cosa fosse il rock, ascoltavo i Beatles e i Cantautori. L’Unplugged in New York aprì le mie visioni l’anno dopo ma il 1998 fu l’anno in cui scoprì cos’era la musica. Questo disco finì nelle mie mani per caso fu l’inizio del tutto, suoni che mi sembravano spaziali, una storia di un mio coetaneo che come me aveva il fuoco dentro. Il racconto di una giornata dall’alba al tramonto. A 16 anni quell’immaginario era più attuale di tutti i viaggi che poi amai dei Pink Floyd e i riff di chitarra mi prepararono ad amare i Sabbath. Era Grunge ma era anche altro e la voce, diciamo la verità, fastidiosa di Corgan a condire uno dei dischi che ha segnato la mia adolescenza. Lo ascoltavo con le cuffie, a tutto volume con la luce spenta in camera mia. Era tutto bellissimo!

LEONARDO ANGELUCCI Contemporaneamente Alka Record

Quando il pop fatto bene non è firmato dai soliti nomi oramai ritriti mi esalta particolarmente. Voce interessante, fresca e scoppiettante per questo giovane cantautore Romano che impara la lezione della scuola dei suoi predecessori ma la rende finalmente attuale. Qualcosa si muove sotto il sole, è arrivato il momento di abbandonare i baffi a ricciolo e i pantaloni con i risvoltini e riscoprire finalmente come scrivere una bella canzone. VOTO:

VUOI INVIARE IL TUO DISCO DA RECENSIRE a “ROSSO FISSO” ? Invia il tuo disco in streaming o in altro modo da concordare via email a: rossofisso.muzikult@gmail.com

PIVIRAMA Senza rete

THE GUTBUCKETS Gasfire rag

SOLKI Peacock Eyes

New Model Label

Autoprodotto/Audioglobe

IBEXHOUSE/Audioglobe

Le sonorità che oscillano tra l’elettronica e l’oVOTO: nirico disegnano immagini che mi riportano indietro a pensare ai primi lavori dei Giobia. L’idea che muove questo progetto è interessante, l’unico problema sono i testi che ancora non trovano agio nella stesura in italiano. Aspetto un prossimo lavoro che possa far salire l’asticella a quelli che lo hanno preceduto.

Disco ispirato, che ripercorre la VOTO: storia musicale dell’america dei primi del ‘900. Ottima esecuzione, a tratti didascalica ma mai pesante. Divertente l’operazione e ottimamente riuscita anche e soprattutto per la realizzazione tecnica ottimale di “genere”.

Senza sapere come rimango colpito da queVOTO: sto lavoro e poi scopro che dietro c’è un personaggio che adoro Alessandro Fiori. Amano definire dream punk questo mix di onirico, post punk, dissonanze oserei dire art rock. Pj Harvey nello stereo della macchina e tanta o pochissima consapevolezza nella scrittura rendono questo disco un diamantino da tirare fuori al momento giusto.

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MASSIMO BONELLI Musicista, produttore, manager ed editore, Massimo Bonelli è il CEO di iCompany e l’organizzatore del Concerto del Primo Maggio di Piazza San Giovanni a Roma. Prima di fondare l’ambizioso progetto iCompany è stato per oltre dieci anni consulente di alcune tra le più importanti aziende discografiche ed editoriali nazionali rivestendo diversi ruoli tra i quali quello di amministratore e manager. Nel corso della sua carriera ha curato numerose produzioni discografiche, ha assunto il ruolo di consulente e collaboratore di eventi di rilievo quali il Premio De André, Area Sanremo, il Premio Giorgio Faletti, l’Unione dei Premi Musicali Italiani, il Music Village, il Tour Music Fest, il Mei, l’Uniweb Tour e tanti altri. Nel 2016 ha fondato iEVENT, la prima piattaforma nazionale di grandi eventi e premi musicali. Attualmente è manager dell’artista Fabrizio Moro e dello scrittore e conduttore Massimo Cotto.

La Rubrica di Muzi Kult che si occupa, grazie ad esperti e operatori del mondo della musica e della cultura, dei risvolti tecnici, burocratici e del lavoro nel campo della musica.


GUIDA PER LA CONSAPEVOLEZZA MUSICISTI E LE SCELTE INIZIALI CONTABILI A cura di Massimo Bonelli e Francesco Galassi

Alt! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino.” (Non ci resta che piangere)

Prima di partire per il nostro viaggio nella selva oscura della musica italiana, è certamente utile comprendere un po’ meglio quale sia la situazione ambientale al momento della partenza ed analizzare la strada ed i mezzi di trasporto con i quali ci si sta per mettere in viaggio.

INDIPENDENTE O MAINSTREAM?

Partiamo dall’ambiente che stiamo per esplorare: c’era una volta (e qualcuno crede ci sia ancora) la contrapposizione tra musica indipendente e mainstream, due mondi che fino a qualche tempo fa viaggiavano separati, con approcci e modalità di lavoro differenti. Ebbene, l’epoca in cui viviamo ha superato questa separazione e ci racconta di come questi due mondi siano ormai completamente sovrapposti tanto da essere spesso poco distinguibili l’uno dall’altro. Questo quadro ci offre una prima interessante informazione: l’esigenza di catalogare un progetto artistico in un genere, una corrente o una categoria musicale specifica è roba fuori dal tempo, e questa per voi è una buona notizia. FRANCESCO GALASSI Ideatore e fondatore della rivista musicale ExitWell, cartacea e gratuita, dedicata al mondo della musica indipendente per raccontare quello che c’è dietro alla musica suonata, con una forte componente didattica e la determinazione a sostenere lo sviluppo delle nuove generazioni di musicisti. Da ExitWell in poi tutta la sua attività si concentra sulla musica nuova, collaborando a diverse iniziative legate al Mei, dal Superstage, al Super Mei Circus, passando per la Festa della Musica del Mibact, gli Stati Generali della Nuova Musica in Italia, i tavoli di discussione itineranti di #Cambiamomusica e molto altro ancora. È responsabile organizzativo della Rete dei Festival (coordinamento nazionale di festival e rassegne musicali) e si occupa di comunicazione per iCompany e il Primo Maggio di Piazza San Giovanni a Roma. Inaugura nel 2016 il progetto Adastra - acceleratore musicale, incubatore dedicato ai giovani progetti musicali.

LA PAROLA D’ORDINE È: VERITÀ

Se state pensando di scrivere e proporre le vostre canzoni o di mettere su una band e di dare il via ad una nuova avventura musicale, oggi un buon punto di partenza può essere assecondare in pieno la vostra attitudine naturale. Sofisticare la vostra realtà, inventarvi orpelli e armature fittizie per fingere di essere chi non siete o per provare ad entrare nella corrente musicale attualmente di moda, non vi porterà a nulla di buono sul lungo termine, sappiatelo. Certi ragionamenti sulle fasce di pubblico e sui target lasciateli fare ai venditori di cofanetti di plastica, a loro interessa solo il fatturato del prossimo semestre, a voi invece interessa fare questo mestiere per tanti anni e per riuscirci la parola d’ordine è una sola: verità. Basta un po’ di autoanalisi e tanta onestà intellettuale per evitare di tuffarsi a mani aperte in anni di illusioni e frustrazioni. Lavorate quindi sulla vostra verità e non traditela mai, e se alla fine fallirete, almeno lo avrete fatto facendo quello che vi piace e che vi caratterizza e non fingendo di poter essere gli Strokes di Sala Consilina.

ESSERE SE STESSI, ESSERE UNICI

Ecco quindi una regola base da fissare in bacheca: partite da voi stessi, da chi siete, da ciò che avete di nuovo ed importante da comunicare al resto del mondo. Dopo aver superato a pieni voti questo primo step di autoanalisi potete quindi cominciare a mettere a fuoco il vostro progetto, individuare e potenziate i vostri punti di forza e provare a trasformare i vostri difetti in caratteristiche. Non smussate i vostri “angoli”, ma immaginateli come caratteri che potrebbero rendervi potenzialmente diversi da tutto quello che già esiste e che è già stato fatto da altri.

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Insomma, non lasciatevi guidare dalla paura e dalle insicurezze e non fatevi tentare dal bisogno di trasformare la vostra sostanza in forma. Osate, sempre e comunque, perché solo osando potrete sperare di spiccare sul gran rumore di fondo che c’è in questi anni.

IL TUO SUCCESSO DIPENDE SOLO DA TE

Passiamo ora al percorso agevolato che avete a disposizione, il più potente che la storia dell’umanità abbia mai ideato: il web. La rivoluzione copernicana generata dall’avvento di internet ha cambiato per sempre il modo in cui ognuno di noi si rapporta alla musica. Un artista che abbia davvero qualcosa di urgente e potente da comunicare deve considerarsi fortunato a vivere in questa epoca, perché può essere certo che il suo successo dipende quasi esclusivamente da se stesso e da come saprà lavorare sulla sua musica a partire da quando la compone, fino a quando la propone. L’artista del terzo millennio deve accettare l’idea che imparare a navigare in prima persona in questo enorme mare di possibilità e insidie che è la rete è imprescindibile e, azzardo, è addirittura parte integrante della sua espressione artistica. Insomma, diciamocelo: a meno di rarissime eccezioni (che confermano la regola), il mito dell’artista dannato che compone la sua musica e se ne infischia di comunicarla al suo pubblico lasciando che sia il mondo ad accorgersi di quanto sia bravo resta, appunto, ormai solo un mito. Potete avere la nave più bella e accessoriata del mondo, ma se non imparate a portarla in mare aperto o se vi aspettate che arrivi qualcuno a guidarla al posto vostro, siete messi male! Mi direte che in rete si finisce poi per perdersi, che l’illusione di poter arrivare a tutti con un click e la quantità infinita di input trasformano spesso il più potente mezzo di comunicazione mai inventato dall’uomo in una giungla in cui si riversano quotidianamente decine e decine di proposte musicali, e all’interno della quale gli artisti possono rimanere intrappolati alla ricerca costante di like e visualizzazioni fini a se stesse. Sì, forse avete ragione… forse. C’è un modo per non cadere in questo buco nero? Io credo di sì, si chiama creatività, ne parleremo.

RICAPITOLANDO

1. Oggi l’unica cosa che davvero conta, nella musica e nell’arte in genere, è avere qualcosa di forte, nuovo e urgente da dire e sarà bene provare a dirlo senza sovrastrutture e senza finzioni. (p.s. Sì, se siete italiani e cantate in inglese state usando una sovrastruttura che allontana l‘ispirazione iniziale dal risultato, siatene coscienti... io non comprerei mai mozzarella di bufala prodotta a Londra, se ne ho voglia la compro prodotta a Eboli o al massimo ad Aversa). 2. Mettete a fuoco il vostro progetto e cercate di comprenderne le caratteristiche che naturalmente possono renderlo unico e riconoscibile agli occhi del pubblico. Enfatizzate i vostri elementi di unicità e non smussate gli angoli con l’idea di rendere tutto più fruibile e radiofonico (tanto le radio non

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vi passano comunque, non vi illudete... le radio arrivano alla fine, quando ce l’avete già fatta da soli). 3. Imparate ad usare con creatività il web e i social, saranno il mare nel quale far scorrere velocemente e con decisione il vostro progetto artistico, e se saprete usarli bene vi porteranno esattamente dove meritate di arrivare.

E INFINE... SIATE SICURI DI ESSERE PRONTI!

Se ancora non avete trovato una vostra strada che sia in qualche modo unica e convincente, se non sapete ancora bene dove volete andare a parare, se vi state scervellando per trovare un modo di essere voi stessi, di essere veri e unici, allora forse non avete granché di interessante da dire in questo momento oppure non è ancora arrivato il momento per far partire il vostro nuovo progetto artistico. Magari è tempo di suonare e divertirsi con gli amici senza troppe velleità e di pensare che la musica non deve essere necessariamente il vostro mestiere, ma può riempire e colorare ugualmente la vostra vita senza aspettarsi da lei che vi trasformi in una pop star. Quindi amici, se vi riconoscete in quest’ultima descrizione, probabilmente non è il momento di mettersi in testa di registrare un disco che non piacerà a nessuno se non a parenti e amici. Ok?


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SPECIALE 16

LE MAFIE 26 Muzi Kult


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IO SOSTENGO

MUSICA CONTRO LE MAFIE Continuano le Adesioni di Nuovi Artisti al Progetto “Musica contro le mafie” Qui alcuni degli artisti che fino ad oggi abbiamo incontrato sul nostro cammino, amici che fanno già parte del gruppo di artisti di “Musica contro le mafie” e altri nuovi amici. Se vuoi conoscere tutti gli artisti di “Musica contro le mafie” clicca su : www.musicacontrolemafie.it

Marina Rei

Teresa De Sio

Nathalie

Ketty Passa


Il Geometra Mangoni Francesco Motta

ArtĂš Maldestro

Ex-Otago

La Rua

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H

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HIGHLIGHTS

ARTISTS

In ogni numero, la redazione di Muzi Kult, dedicherà ad artisti del mondo Indipendente Italiano, monografie, pagine dedicate con notizie sulle loro attività, articoli, interviste, recensioni e tanto altro. La sezione “Highlights Artists” mette”Sotto i Riflettori” le attività degli artisti provenienti dal mondo della musica italiana di ogni tipo.

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LE INTERVISTE DI ANTONELLA DE CESARE E CLAUDIA PALERMO A:

APRES LA CASSE / IL GEOMETRA MANGONI / EX-OTAGO / KETTY PASSA / MALDESTRO / LA RUA / MARINA REI / FRANCESCO MOTTA / PLANET FUNK 34 MuziNATHALIE Kult


MUSICA

CONTRO LE MAFIE

Speciale 1 Maggio O

PER LA 8^ EDIZIONE DEL PREMIO

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APRES LA CLASSE “Credo che dalle strade mafiose si possa scappare impegnando la propria vita, facendo qualcosa”. 36 Muzi Kult


MUZI KULT: Voi siete già amici di Musica Contro Le Mafie! Siete stati i presentatori della 5 Edizione. Volete raccontarci brevemente la vostra esperienza?

MUZI KULT: Secondo voi e nella vostra esperienza, l’arte, la cultura e perché no proprio i vostri brani riescono a smuovere e quindi a rappresentare un effettivo progetto antimafia?

Cesko: Vedere Valerio presentatore è stata una delle emozioni più grandi del mondo.

Valerio: Credo che dalle strade mafiose si possa scappare impegnando la propria vita, facendo qualcosa, quindi se con i nostri concetti riusciamo ad far appassionare dei ragazzi alla nostra musica alle nostre tematiche già è un passo avanti. La comunicazione per noi è fare questo. Ci devono essere quelle due ore in cui accade qualcosa di spensierato ma anche di impegnato, facendolo con il sorriso sulle labbra. Quella per noi è la comunicazione antimafia numero uno.

Valerio: L’abbiamo fatto a Cosenza, città importante per la comunicazione di quello che ha da dire Musica contro le Mafie, quindi farlo in quella città e vivere i ragazzi che cantavano quel giorno è stata una esperienza di vita importante, ci ha aiutato a crescere. Cesko: Ho visto Cosenza molto cambiata nell’ultimo anno. MUZI KULT: Voi continuate a promuovere il vostro territorio e soprattutto il concetto di musica come mezzo per fare cultura antimafia. Cesko: Certo. La musica è prima di tutto comunicazione e per noi usarla come mezzo in questo senso è la cosa fondamentale. E’ quello che noi ci siamo sempre prefissati di fare ed è quello che auguro ad ogni ragazzo che comincia oggi a fare musica. Oltre che a portare temi che possono essere quello dell’amore, delle cose diciamo solari, bisogna comunicare anche il resto. Sopratutto alle nuove generazioni che per molte cose sono molto avanti ma su altre sono molto distratti.

MUZI KULT: Visto che siamo al Primo Maggio… il lavoro, per questo, potrebbe tornare utile? Cesko: Bè Ogni tanto! Parliamo noi musicisti che siamo i precari per eccellenza in Italia. Le persone sono convinte che il nostro sia un hobby e non un mestiere. Detto questo, si. Un Augurio a tutti i ragazzi che vogliono fare questo come mestiere di tenere duro, tenere la testa alta, sbattere la testa forte contro qualsiasi problema perché chi la dura la vince! è difficile ma si può fare! un rapporto molto forte e intimo, con gli occhi a cuore. Siccome siamo entrambi fissati con gli alberi, ci scambiavamo in codice gli emoticon che li raffiguravano tramite i social, per non farci capire dagli altri. Se una persona commenta con un albero, chi lo vede non sa che dietro a quel disegno in realtà ci sono un sacco di cose.

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ARTÙ “La mafia contro sei miliardi di persone che può fare? Cosa può fare contro l’amore, contro un popolo che sogna, che cosa può fare?”


MUZI KULT: Abbiamo visto che hai cominciato a sostenere il progetto di Musica Contro le Mafie. Come mai qual’è la tua percezione?

MUZI KULT: Tu come artista cosa fai nei tuoi brani e nella tua quotidianità contro le mafie?

Artù: Eh, Musica Contro le Mafie. Sulla parola mafia spesso si fa speculazione e non si capisce bene che cos’è questa mafia. Penso che stia nell’animo umano. Credo che in realtà sia colpa un po’ di tutti noi. é facile scaricare la responsabilità e dire è colpa di qualcuno. Tra l’altro quanti sono? quattro, cinque, sei i potenti della terra? Bè noi siamo sei miliardi! Che devono fare cinque sei contro sei miliardi? Quindi, la mafia contro sei miliardi che può fare? Cosa può fare contro l’amore, contro un popolo che sogna, che cosa può fare?

Artù: Io sono sincero con me stesso e con il pubblico! E’ questo. Perché io penso che per cambiare l’Italia, il mondo dobbiamo cambiare noi stessi. Mi rendo conto che sembri un po’ retorico, però se io non butto il pacchetto di sigarette, tu non butti il pacchetto di sigarette, lui non butta il pacchetto di sigarette, non ci sono in giro pacchetto di sigarette!

MUZI KULT: Si parla infatti di Cittadinanza attiva. Artù: Contro le mafie bisogna fare! Ogni giorno! Io faccio spesso questo esempio: Ti sei in giro e butti un pacchetto di sigarette per terra poi dici “guarda che schifo che c’è in giro. Tutto parte da te!

MUZI KULT: Secondo te, l’arte, la musica, la cultura in generale possono spingere le persone a comportarsi in maniera diversa? Artù: Si, molto più di ogni altra cosa! Perché la politica cerca consenso, invece l’arte viene veicolata. Io adesso scrivo una canzone ma non cerco consenso, io scrivo, poi se piace bene, se non piace non piace. Invece il politico se non ti piace te lo impongono! La musica è molto importante per combattere la mafia!


IL GEOMETRA MANGONI

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MUZI KULT: Abbiamo visto che hai cominciato a sostenere il progetto di Musica Contro le Mafie. Come mai qual’è la tua percezione?

MUZI KULT: Tu come artista cosa fai nei tuoi brani e nella tua quotidianità contro le mafie?

Geometra Mangoni: Eh, Musica Contro le Mafie. Sulla parola mafia spesso si fa speculazione e non si capisce bene che cos’è questa mafia. Penso che stia nell’animo umano. Credo che in realtà sia colpa un po’ di tutti noi. é facile scaricare la responsabilità e dire è colpa di qualcuno. Tra l’altro quanti sono? quattro, cinque, sei i potenti della terra? Bè noi siamo sei miliardi! Che devono fare cinque sei contro sei miliardi? Quindi, la mafia contro sei miliardi che può fare? Cosa può fare contro l’amore, contro un popolo che sogna, che cosa può fare?

Geometra Mangoni: Io sono sincero con me stesso e con il pubblico! E’ questo. Perché io penso che per cambiare l’Italia, il mondo dobbiamo cambiare noi stessi. Mi rendo conto che sembri un po’ retorico, però se io non butto il pacchetto di sigarette, tu non butti il pacchetto di sigarette, lui non butta il pacchetto di sigarette, non ci sono in giro pacchetto di sigarette!

MUZI KULT: Si parla infatti di Cittadinanza attiva. Geometra Mangoni: Contro le mafie bisogna fare! Ogni giorno! Io faccio spesso questo esempio: Ti sei in giro e butti un pacchetto di sigarette per terra poi dici “guarda che schifo che c’è in giro. Tutto parte da te!

MUZI KULT: Secondo te, l’arte, la musica, la cultura in generale possono spingere le persone a comportarsi in maniera diversa? Geometra Mangoni: Si, molto più di ogni altra cosa! Perché la politica cerca consenso, invece l’arte viene veicolata. Io adesso scrivo una canzone ma non cerco consenso, io scrivo, poi se piace bene, se non piace non piace. Invece il politico se non ti piace te lo impongono! La musica è molto importante per combattere la mafia!


EX-OTAGO “I giovani possono cambiare le cose! Devono prendere in mano il loro destino e non farlo scegliere agli altri!�

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MUZI KULT: Secondo voi, l’arte la musica possono essere un volano per creare una mentalità contro le mafie? Ex-Otago: Certo! Non da sola sicuramente. Ogni forma d’arte, ogni foglietto che arriva dalla finestra sul tavolo di qualche cucina ha un potere incredibile come la musica che entra nella case. Per cui in parte si ma ha bisogno di tutto il resto. MUZI KULT: Voi parlate di lavoro nel vostro brano dove c’è un ritornello “i giovani d’oggi non contento un cazzo”. Questo è quello che dicono. Secondo voi il fatto che ci sia una mentalità di questo genere è rischioso per le mafie? Si può cambiare?

stati e quelli che ci saranno, hanno tutto il diritto di sbagliare ma sopratutto di aprire nuove strade proprio perché sono giovani e sono loro che possono farlo. Devono prendere in mano il loro destino! che scelgano da soli e non facciano scegliere agli altri! MUZI KULT: Siamo al Primo Maggio, il lavoro può essere un’opportunità per darsi un’altra strada, cambiare? Ex-Otago: A patto che ci riempia di cose belle e che ci faccia stare bene!

Ex-Otago: Si deve cambiare anche perché loro ci giocano un sacco. La nostra è una provocazione per dire che i giovani, quelli che ci sono

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KETTY PASSA

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“La musica unisce il contenuto ad una forma artistica, quindi le persone vengono addolcite nell’ascoltare delle cose impegnate. La musica è proprio qualcosa che scorre e serve all’unione tra contenuto e le note che aiutano la mente.”


MUZI KULT: Conosci Musica Contro Le Mafie? è un progetto che si propone, attraverso l’arte e la cultura di combattere le mafie. Questo secondo te è possibile? Ketty: Si conosco e si è un bene farlo. La musica sicuramente ha un modo di sensibilizzare giusto, nel senso che unisce il contenuto ad una forma artistica, quindi le persone vengono addolcite nell’ascoltare delle cose impegnate da un condimento musicale che non fa mai male. La musica accompagna, aiuta, è un po’ come se fosse una sorta di liquido che ci aiuta a scorrere meglio. Sono convinta che sia giusto farlo e provarci. MUZI KULT: Questa immagine del liquido mi è piaciuta moltissimo. Ketty: La vivo così. La musica è proprio qualcosa che scorre e serve all’unione tra contenuto e le note che aiutano la mente. MUZI KULT: Siamo al Primo Maggio e si parla di lavoro, uno strumento che potrebbe essere utile per contrastare le mafie dando l’opportunità di scegliere. Il lavoro dell’artista può essere d’ispirazione in questo senso, per chi ambisce a cambiare strada?

per così dire poco positive? Ketty: Diciamo che a questo primo disco, “Era Ora”, ho dato un approccio più autobiografico. Ci sono un po’ di esperienze personali unite a consapevolezze di vita più intime, però ci sono un paio di canzoni in cui parlo ad esempio del concetto di diversità. In un pezzo che si chiama Caterina tramite la filastrocca di una bambina con il suo gatto nero parlo del fatto che le etichette, come quella che il gatto nero porta sfiga, sono sbagliate di default perché le persone sono tutte uniche proprio per la diversità che hanno. Non bisogna voler essere uguali agli altri anzi dovremmo fare il contrario. MUZI KULT: Ma, come dicevamo in privato, spesso sono proprio le mafie interiori le prime contro cui dobbiamo combattere. Ketty: Speriamo che il concetto di mafia prima o poi venga debellato, ma questa cosa deve partire da noi! Siamo noi gli artefici e i fautori del nostro cambiamento ed è più facile di quel che sembra. Forse dovremmo avere un po’ più di coraggio.

Ketty: Io credo che oggi nel mondo del lavoro bisogna “Auto-inventarsi”. Bisogna aver la capacità di trovare la propria strada. Credo che ad oggi “salvi” di più l’attività da free lance, paradossalmente. Di solito si pensa che il contratto sia il punto di arrivo mentre oggi con il web, con le possibilità che ci sono di reinventarsi sempre, le persone hanno anche più autonomia di crearsi una sorta di sorte, di darsi l’opportunità di cambiare strada e non dover essere costretti a prenderne una per forza. MUZI KULT: Parlando di Prima Maggio, lo scorso anno sei stata su questo palco con i Rezophonic, band di cui fai parte. Raccontaci la tua esperienza! Ketty: Bellissimo! Si ora sono in giro con il mio album da solista ma lo scorso anno con i Rezophonic è stata una bella emozione, perché loro sono stati uno splendido via per la direzione che poi ho preso negli anni e che mi ha portato a scrivere questo disco da sola. Tra l’altro promuovevamo un progetto che abbiamo insieme che è portare l’acqua in Africa. Un contributo sociale che si unisce a quello musicale e di spettacolo che mi ha aiutata a veicolare un messaggio un solo attraverso le canzoni ma anche praticamente, infatti ho un pozzo in Africa a nome mio con cui sostengo una famiglia di cinque persone. L’anno scorso abbiamo potuto festeggiare il decennale di un progetto discografico unito a questa iniziativa ed è stato una figata. MUZI KULT: Tu nella tua musica ti proponi un impegno a contrasto di realtà

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MALDESTRO

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“Credo che ogni cittadino debba anche nel piccolo avere un impegno contro tutte le mafie, contro ogni tipo di abuso. Io chiedo sempre allo stato di non mandare i carri armati, ma di mandare libri e matite perché con quelle davvero si può combattere ogni mafia.”


MUZI KULT: Non ti chiedo se conosci Musica Contro Le Mafie perché sappiamo che la conosci visto che sei stato finalista della sesta edizione. Che brano portavi?

MUZI KULT: Secondo te l’impegno che tu come artista proponi, è stato per qualcuno volano per intraprendere una strada diversa da quella delle mafie?

Maldestro: Portavo un brano che si intonava “Io sono nato qui” perché io sono di Scampia e quindi ho raccontato il mio quartiere.

Maldestro: Certamente. Credo che la cultura, la musica, l’arte in genere sia un’arma potente per salvarsi e per salvare qualcuno. Io chiedo sempre allo stato di non mandare i carri armati a Scampia per sorvegliare le zone perché non servono a niente e destabilizzano solo le persone, ma di mandare libri e matite perché con quelle davvero si può combattere.

MUZI KULT: Continui a scrivere brani di questo genere? è un impegno che continui a perseguire? Maldestro: Certo. Il mio impegno al di la della musica è un impegno da cittadino. Credo che ogni cittadino debba anche nel piccolo avere un impegno contro tutte le mafie, contro ogni tipo di abuso. Nel mio piccolo cerco sempre di portare un messaggio positivo ai giovani, alle persone che vivono in posti disagiati come quello di Scampia dove sono nato io, anche se è fatto per il novanta percento è brava gente. Bisogna sempre lottare, credere in quello che si fa e io lo faccio ancora, al di là della musica.

MUZI KULT: Visto che siamo al Primo Maggio, il lavoro potrebbe aiutare in questo processo? Maldestro: Assolutamente, però noi che facciamo arte possiamo arrivare fino ad un certo punto, il resto lo deve fare lo stato, chi sta nei palazzi. Bisogna andare li, battere i pugni e riprenderci quello che è nostro.

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NATHALIE Combattere le mafie si può fare ma bisogna unire le forze!

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MUZI KULT: Conosci Musica Contro le Mafie? Nathalie: Si, molto bene, ho anche degli amici che hanno partecipato, i Kutso! MUZI KULT: Secondo te, l’arte e la cultura possono contrapporsi al modello mafioso?

MUZI KULT: Siamo al Primo Maggio, secondo te è possibile che questo accada grazie al lavoro? Dandosi un’altra opportunità? Maldestro: Sicuramente si, ma ci vuole la volontà anche dall’alto. Anche se la convinzione di chi lavora, di chi vuole realizzare un futuro del lavoro differente, più giusto più meritocratico aiuta! Si può fare ma bisogna unire le forze!

Nathalie: Io da musicista spero di si, io penso di si ne sono convinta perché la musica e l’arte in generale hanno un grande potere, quello di entrare nelle persone in maniera positiva, propositiva, creativa, fa utilizzare le energie in un altro modo. Quello che mi auguro è questo si possa fare sempre di più. Bisogna sicuramente lavorarci di più ma speriamo di si, impegniamoci perché sia cosi.

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LA RUA “Io credo che la musica sia il veicolo meglio collegato al cuore e all’emotività delle persone.”

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MUZI KULT: In un’intervista vi siete definiti musicisti per vocazione. È importante sfruttare questo tipo di vocazioni anche a livello sociale? La Rua: Io credo che la musica sia il veicolo meglio collegato al cuore e all’emotività delle persone: attraverso una canzone, si possono muovere tanti pensieri, anche in maniera “nascosta”. La musica è ancora più forte della televisione, non chiede permesso, entra e basta. MUZI KULT: In che modo la cultura e l’arte possono contrapporsi al modello culturale mafioso? La Rua: La musica, con i suoi messaggi, una volta partita, non la silenzi più. Più si prova a silenziarla più urla forte.

gliatissimo cercare di fare quello che non si potrà mai fare attraverso i propri mezzi. Noi, al di là dei brani che parlano della nostra vita e anche d’amore, cerchiamo di inserire all’interno delle canzoni dei messaggi molto forti che diano a queste ragione di esistere, altrimenti preferiamo lasciarle a casa. MUZI KULT: Non siete riusciti a passare il turno che vi avrebbe permesso di partecipare all’ultima edizione del Festival di Sanremo, ma il successo è arrivato ugualmente, forse è stato ancora più forte. La Rua: Tutta la vita questa vita è stata presa a fucilate, ma, in realtà, è riuscita comunque a volare, ha scansato ogni proiettile arrivando dove noi non eravamo ancora arrivati, quindi i complimenti vanno fatti alla canzone che, con i suoi “piedi”, è andata in radio, è andata ovunque!

MUZI KULT: Voi, a parte che con la vostra arte, a livello di cittadini, fate qualcosa per cambiare, smuovere la situazione attuale? La Rua: Credo che ogni cittadino debba fare quello che può fare, è sba-

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MARINA REI “La musica ha un potere straordinario che nessuna politica ha.”

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MUZI KULT: Sappiamo che per te essere presente qui oggi in nome dei diritti dei lavoratori è ancora più stimolante. È sempre bello sposare buone cause, la musica è voce, voce che può aiutare a sostenere un cambiamento della società in meglio. Cosa ne pensi? Marina Rei: La musica ha il potere straordinario, che nessuna politica ha, di scendere in piazza e unire centinaia e centinaia di persone per obiettivi che sposino l’interesse comune: oggi, per esempio, quello di rivendicare i diritti dei lavoratori, in altre occasioni quello di sostenere la lotta contro le mafie, contro l’infibulazione così via. MUZI KULT: Per quanto riguarda la lotta contro le mafie, se ti dicessi Peppino Impastato? Marina Rei: Io e altri artisti, anni fa, abbiamo musicato e cantato delle canzoni appartenenti ad una compilation dedicata proprio a Peppino Impastato. MUZI KULT: È sempre una grande emozione venire qui il primo Maggio

vero? Non ci si abitua mai, un po’ come il palco sanremese forse. Marina Rei: Un’emozione enorme, inspiegabile! No, non ci si abitua: poco prima di salire sul palco, dietro le quinte, stavo morendo di paura! Il palco di Sanremo, seppur difficile come questo, ha una prospettiva diversa. Qui l’impatto è più reale e concreto. MUZI KULT: In che modo, nella vita di tutti i giorni, da artista e da cittadina, porti avanti il tuo impegno di cittadina responsabile? Marina Rei: Io ho sostenuto e sostengo la campagna contro l’infibulazione, ho sostenuto la campagna delle spose bambine di Amnesty. Essendo donna, ci tengo particolarmente a dare voce alle donne e ai loro problemi. Oggi qui mi piace pensare alle lavoratrici e alle loro difficoltà nel conciliare famiglia e orari di lavoro, e al loro rinunciare, spesso, agli straordinari perché non hanno la possibilità di pagare qualcuno che si prenda cura dei loro figli. Oggi sono qui anche per le donne, nella speranza di una politica che vada incontro alle loro esigenze di lavoratrici e di madri.

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FRANCESCO MOTTA “Dovrei provare a fare di meglio, tutti dovremmo provare a fare di meglio.”

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MUZI KULT: La tua fine dei vent’anni è lo specchio di una generazione. Tu canti: “Ci spareranno le gambe per non farci pensare, poi strisceremo di notte per non farci vedere”. Quanto è importante reagire in una situazione del genere? La musica può aiutare a farlo? Francesco Motta: Sì, la musica può aiutare a farlo e i musicisti, con le loro canzoni, devono aiutare a far venir voglia di prendere certe posizioni, perché ultimamente il non prendere posizione è diventato ripetitivo e vincente. Sarebbe bello se non fosse così. MUZI KULT: Cosa pensi delle mafie e come, secondo te, si manifestano sul territorio?

Francesco Motta: Penso che se ne parli sempre troppo poco, nonostante molti uomini abbiano dato la vita per combattere questo male. È bene che se ne parli e se ne parli tanto. MUZI KULT: In che modo, nella vita di tutti i giorni, da artista e da cittadino, porti avanti il tuo impegno di cittadino responsabile? Già la musica è un veicolo importante. Francesco Motta: Sì, la musica è un buon veicolo. Provo a portare avanti il mio impegno di cittadino responsabile, ma in realtà sbaglio spesso anch’io. Sicuramente dovrei provare a fare di meglio, tutti dovremmo provare a fare di meglio.

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PLANET FUNK “Ognuno di noi deve cercare al proprio interno un equilibrio, una certa pulizia di pensiero, una pace interiore.�

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MUZI KULT: Oggi si parla di diritti. È importante essere qui per voi in un giorno così particolare?

MUZI KULT: In che modo nella vita, al di là dell’arte, vi impegnate ad essere dei cittadini responsabili?

Planet Funk (Marco): Assolutamente sì, perché credo che mai come in questo periodo ci sia bisogno di combattere per la libertà in tutte le sue forme. È un periodo storico molto complicato, quindi è strettamente necessario prendere il meglio che si può da queste manifestazioni che permettono di stare insieme per un’intera giornata condividendo, attraverso la musica, degli ideali importanti per tutti.

Planet Funk (Marco): Secondo me ognuno di noi deve cercare al proprio interno un certo equilibrio, una certa pulizia di pensiero, una pace interiore. Non è facile, perché in questo periodo siamo tutti un po’ spaventati, con pochi soldi in tasca, con tanti problemi e siamo tentati di partire sempre dall’esterno, da quello che ci circonda e non da noi stessi. Dovremmo cercare di accettare le cose come sono, anche se sono difficili, in questo modo si può essere anche d’aiuto agli altri.

MUZI KULT: Quindi pensi che la musica possa essere un buon veicolo per sostenere tematiche importanti? Planet Funk (Marco): Sì, certamente. La musica è sempre stata un veicolo importante. Ovviamente è difficile pensare che con essa si possa cambiare il mondo, ma è un modo che permette di praticare la condivisione. MUZI KULT: Tu credi che la musica a volte possa essere diffusore di cattive idee se utilizzata male?

MUZI KULT: Sono le 22:30, siamo quasi in chiusura e voi dovete ancora esibirvi su questo grande palco. Cosa si prova in questo momento? Planet Funk (Marco): È una grande emozione. Fortunatamente c’è sempre un po’ di agitazione, fa parte del gioco! Non è la prima volta, ma è come se lo fosse. È il bello della musica.

Planet Funk (Marco): Assolutamente sì, è un’arma a doppio taglio.

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KG MAN Muzi Kult 59


di Alessandra Margiotta

Tommaso Bai, in arte KG Man, è un artista toscano sulla scena musicale da tantissimi anni occupandosi principalmente di musica reggae e cimentandosi anche in progetti che vanno oltre questo genere. ‘Dalla Giungle Ep’ è il suo ultimo lavoro discografico con la band The Raggavibes che ha anche prodotto l’Ep. In questa intervista racconta come è nata la collaborazione con il gruppo musicale e le varie novità del suo progetto.

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Quattro Chiacchiere con KG MAN: MUZI KULT: Ciao KG Man, iniziamo dalla prima domanda, com’è nata la tua passione per la musica e in particolare per quella reggae? KG Man: Sono sempre stato attratto dalla composizione sin da piccolo e mi inventavo le canzoni ahahah...diciamo però che come non va più di moda ai giorni d’oggi. Ho studiato la musica sia nei libri che facendomi le ossa in sala prove...il reggae l’ho incontrato da giovanissimo ascoltando i sound system delle mie zone girare i 7 pollici in dancehall...Roba magica…


MUZI KULT: Passiamo al tuo nuovo lavoro discografico ‘Dalla Giungla Ep’, parlaci di come sono stati concepiti i brani e chi ha composto le strumentali KG Man: Le strumentali sono state composte e suonate dai The Raggavibes, musicisti di spessore veramente alto...le influenze vengono dai miei e loro ascolti e i brani sono nati naturalmente confrontandoci e suonando sia in seletta che producendo poi in studio.

MUZI KULT: Dov’è possibile ascoltare o acquistare il tuo lavoro discografico? KG Man: Tutti i digital stores del Mondo.

MUZI KULT: Come mai la scelta di questo titolo? KG Man: Io vivo a Milano adesso...una grande metropoli che vivo profondamente perché ricca di possibilità ma in realtà provengo da un paese della Maremma di 200 anime..Questo titolo infatti acquista duplice significato dove la giungla è intesa come la velocità della vita urbana ma anche come radici di un’infanzia passata tra i boschi e la ruralità della macchia mediterranea. MUZI KULT: Come nasce la collaborazione con la band The Raggavibes? KG Man: È stata una catena di conoscenze...nuovo arrivato...nuove amicizie e nuovi modi di intendere la musica. Poi con il passare del tempo questi musicisti sono diventati amici e stretti collaboratori. MUZI KULT: Ti sei cimentato nei progetti che vanno oltre la musica reggae, cosa ci vuoi dire a riguardo? KG Man: Da due anni e mezzo a questa parte mi occupo di BassMusic con DonerMusic e tantissimi producers mondiali alla quale fornisco le mie vocali che suonano a pennello nel mondo che va dalla moombah all’afrobeats. Sette settimane in charts su radiodeejay parade con un remix di Shape of you al quale ho aggiunto la mia voce ne sono la testimonianza. MUZI KULT: Sei già al lavoro su nuovi progetti o ti stai concentrando sulla presentazione dell’Ep? KG Man: Per tanto tempo mi sono concentrato su questo genere scavando nelle più profonde sfumature ma una parte di me stesso mi porta a voler sperimentare e parlare a più persone spero di poterne avere l’opportunità e di non fermare l’evoluzione della mia concezione di Musica.

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pag. 52 Marina Rei "La Musica ha un potere straordinario"

bimestrale anno 5° | n° 31

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MUSICA CONTRO LE MAFIE

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IO SOSTENGO...

pag. 12

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Il Reggae di Kg Man

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Azzurra e la sua Black Music

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pag. 56 I Camillas "...Quando c'è l'amore basta l'amore "

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L'Emozione in Black

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pag. 68

pag. 82

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I 275 di "Musica contro le mafie" 7^Edizione

Momar Gaye

Due Chiacchiere con Libero Reina

Nobraino in Highlights

Muzi Glam per Erri

Premio Musica contro le mafie 7^ Edizione

CRLN (Caroline) in Highlights

Intervista a Daniele Celona

Suoni Pindarici "Immagini, Suoni e Ironia, La musica del nuovo cinema Italiano"

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