MYGENERATION - Dicembre

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ANNO 0 - CAPITOLO II - DICEMBRE 2011

MYGENERATION


FREE PRESS MENSILE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 0 . capitolo 2


MYGENERATION

MYGENERATION è informazione libera MYGENERATION è il profumo della carta MYGENERATION è contro ogni forma di razzismo MYGENERATION è il coraggio di pensare MYGENERATION è un germoglio assetato di colore MYGENERATION è atteggiata! MYGENERATION è contro tutte le mafie MYGENERATION è un dubbio ammaliatore MYGENERATION è una zattera nel Mediterraneo Abbiamo immaginato MYGENERATION come uno strumento per raccontare il mondo, diffondere idee ed istigare ad un pensiero libero e indipendente. Una rivista, un’occhiata trasparente allo specchio di una generazione che non c’è.

MYGENERATION IS . . .

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cosa stai cercando? 06. ildi VIAGGIO Riccardo Caputo DARK MATTER edioriale 07. COLD di Giuseppe Fei ATTUALITÀ

08.

SOVRANITÀ VAGABONDA di Riccardo Caputo

ISTITUZIONALI 10. FIGURINE a cura di Stefano Scarpa VIAGGIO DI MUHAMMAD 12. ILdi Mirko Galante

14.

ZTL - ZONA DI TANTE LAMENTELE di Gennaro Casoria e Massimo Ferrara

SPETTACOLO THE MOViE 16. INTO di Marcello Micciarelli

18.

VINCENZO NEMOLATO Il primo Superman italiano (e napoletano) di Alberto Maraolo e Marco Terribile

CLASSIFICHE DI ROLLING STONE 20. LE di Pasquale Caiazza 21. EVENTI a cura dello staff di Napoli da Vivere

CULTURA

22.

ULISSE/ULYSSES

di Concetta Russo e Gabriele Basile

ALBORI DELL'ONORE 24. AGLI di Francesca Paone

26.

CIMITERO DELLE FONTANELLE di Francesca e Carla Boccadifuoco

29. rubrica di poesia a cura di Anna Ruotolo

LA STROFA SUL SOFÀ: TOMAS TRANSTRÖMER

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copertina:

foto: Marco Cappa grafica: Ivan Augliese in foto: Riccardo Caputo concept: Riccardo Caputo e Giuseppe Fei


MYGENERATION

30.

MYG CONTEST

32.

MYGENERATION IS YOURGENERATION IS

SCIENZE E TECNOLOGIA

36.

WELCOME TO DRUGLAND di Marco Terribile ed Emanuele Zappia

NELLO SPAZIO 38. VIAGGIO di Alberto Maraolo VIAGGIO DELLA SUPPOSTA 41. ILdi Dario De Natale

NERDZONE EFFECT 3 42. MASS di Roberto De Luca

44.

COSPLAY CHE PASSIONE di Giuseppe Fei ed Emanuele Zappia

UP TUTORIAL 101 46. MAKE di Sara Gambula - PREMIATI NAVIGANDO SUL WEB 47. BLURUM di Marco Fucito

TENDENZE

48.

MOSCHINO, NON CHIAMATELO STILISTA di Francesca Iorio

DESIGN 50. ILdi Marco Capasso 52. DEADMAU5 di Ivan Augliese Y, THE 10 MUST-SEE MOVIES 54. GENERATION di Gianluca De Santis

SPORT

56.

BUON SANGUE NON MENTE... di Massimo Ferrara

D'ORO 58. PALLONE di Mario D'Andrea BELLINI 59. ALEX di Pasquale Caiazza

ZAPPING

61.

STRUFFOLI di Marta Patturelli

34.

MANGENERATION di Pasquale Caiazza


il VIAGGIO

Il Viaggio riassume l’implacabile distendersi di maree di Luce su coste di madre e la detonazione della Vita con un’eco di carne che, da gallerie amniotiche, rimbomba. Il fascino del Viaggio trae origine dall’inafferrabile, poiché il Viaggio è lo scalpello libero dell’esistenza. Il Viaggio deterge gli occhiali della Saggezza, che vive nel sangue. Il Viaggio è una condizione congenita, chimicamente e cosmologicamente inderogabile. Il Viaggio ci ricorda ovunque che siamo qui soltanto di passaggio. Il Viaggio ha tutte le ragioni, che tiene per sé. Gettati in mezzo a terre, di frontiera. Esiliati nel ricamo piccolo piccolo della nostra pelle, trincerati dietro staccionate di braccia e ossa. Siamo un confine dentro a un confine. Ed anche il palpito è un’ingerenza transfrontaliera, un viaggio della speranza, in clandestinità. Un viaggio è una poesia. In Grecia, c’è scritto “μεταφορά” (metaphora) sopra i mezzi di trasporto pubblico. E forse non è un caso che “andare” abbia forma irregolare. E che, dalle nostre parti, si trasformi nel “verbo più veloce al mondo: i’ ”. Abbiamo scelto come tema il Viaggio perché dal Viaggio siamo stati scelti, tutti. Ed il Viaggio ha tutti i nomi del Bene e del Male. Il Viaggio battezza il Proscenio: “riscontro empirico di sublime vacuità” – dice – e non mente; il Viaggio continua, te nonostante. RICCARDO CAPUTO

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MYGENERATION

L'ECCESSIVA PAURA DI AVERE

UN FRATELLO MUSSULMANO L’Egitto del dopo Mubarak tra la voglia di libertà ed il pericolo fondamentalista DI GIUSEPPE FEI

giuseppe.fei@mygenerationweb.it

S

ono ormai passati undici mesi da quando, il 25 gennaio del 2011, sono iniziate le sommosse popolari che hanno posto fine al trentennale governo di Hosni Mubarak. Ed oggi l'Egitto si appresta a votare per la prima volta dopo la caduta del regime. Dalla caduta del regime di Mubarak l’esercito ha detenuto il potere ininterrottamente facendo però sorgere nell’opinione pubblica non pochi timori sul futuro democratico dell’Egitto e tale situazione ha determinato gli scontri di fine novembre. La giunta militare, instauratasi come governo di transizione, ha tentato di reprimere le azioni dei manifestanti che da giorni affollano Piazza Tahrir al Cairo, e la zona del ministero dell'Interno egiziano, provocando la morte di più di trentaquattro persone. La voglia di elezioni libere ha portato un immenso seguito: per i 498 seggi dell'Assemblea del Popolo (la camera bassa) e i 180 (su 270) della Shura (un Consiglio Consultivo, fondamentale nei sistemi politici islamici) si sono presentati circa cinquanta partiti e 15.000 candidati, di cui 8.000 indipendenti. Risulta normale, davanti a una tale partecipazione, che si siano create le prime coalizioni di partiti: da una parte Alleanza Democratica, che annovera tra le sue fila il movimento politico dei Fratelli Musulmani; dall’altra Blocco Egiziano, dominato dal partito del tycoon copto Naghib Sawiris (proprietario della Orascom Telecom Holding). I Fratelli sembrano raccogliere consensi nelle classi medie e sono presenti in modo capillare nei quartieri più poveri e, anche se indeboliti da varie scissioni di movimenti fondamentalisti, dovrebbero conquistare buona parte del nuovo Parlamento. Ciò provoca non poche preoccupazioni in occidente, dove si teme la creazione di un regime islamico, ma, forse, tali preoccupazioni sembrano eccesive.

Nonostante l’ampia partecipazione alle candidature, l’affluenza alle urne sembra sia la vera incognita. Il dubbio sulla partecipazione al voto è dovuto al fatto che i numerosi partiti appaiono ancora incapaci d’interpretare la volontà popolare. Gli stessi Fratelli Musulmani, prima della primavera araba, sono stati parchi di azioni di protesta nei confronti del vecchio governo, non appoggiando le lotte sociali degli anni passati e preferendo le persecuzioni della polizia e dei servizi di sicurezza contro chi si ribellava. Alla fine c’è da dire che tre saranno i protagonisti della futura assemblea costituente. Il primo è il Consiglio supremo delle Forze Armate, che intende difendere le sue prerogative, il secondo è rappresentato dai Fratelli Musulmani ed il terzo è Mohammed El Baradei nobel per la Pace ed ex capo dell’Agenzia atomica dell’Onu ormai sicuro capo del governo costituente. Quest’ultimo rappresenta una figura dai connotati politici non troppo chiari, è un esponente della società civile ed è proprio su di lui che si può trovare un compromesso tra i militari ed i Fratelli Musulmani che, anche se forti, godranno solamente di una maggioranza relativa. La situazione in Egitto oggi è insieme fragile ed esplosiva e anche se sembra difficile una deriva islamica, la rivolta, che è stata caratterizzata da una forte connotazione democratica, è ormai a un bivio che può portarla o all’effettivo compimento o all’oblio.

Scopri cos'è Cold Dark Matter


ATTUALITÀ

SOVRANITÀ

VAGABONDA Monti, UE e globalizzazione: viaggio lungo i sentieri nascosti della sovranità DI RICCARDO CAPUTO

riccardo.caputo@mygenerationweb.it

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a sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” (art. 1, comma secondo, Costituzione). Ultimamente si è molto discusso sulla reale applicazione di questo principio, a causa dell’insediamento del Governo Monti, avvenuto il 16 Novembre. Si è detto: “è un Governo tecnico, nessuno lo ha eletto”. Per prima cosa, il Governo non si elegge. I cittadini si recano alle urne per eleggere i parlamentari. Solo a seguito delle consultazioni con il Presidente della Repubblica vi potrà essere la formazione del Governo, che quindi non è mai scelto direttamente dagli elettori. E’ per questo che il Governo deve ottenere, all’inizio, e conservare, per tutta la durata

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della legislatura, la “fiducia” del Parlamento, con la lista dei Ministri già approvata dalla unico organo dotato di legittimazione popo- coalizione. A ciò si aggiunga la peculiarità lare. molto italiana che i Ministri sono anche parCerto, la prassi istituzionale degli ultimi anni lamentari, visto che non è prevista alcuna ha contribuito a creare un po’ di confusione. incompatibilità tra i due ruoli. Tutto questo L’attuale legge elettorale obbliga infatti ad in- ha generato la convinzione, nell’immaginario dicare il capo collettivo, della coaliche il GoL’incapacità di rispondere alle zione o del verno (o il partito. QueCapo del assurdità ed all’arbitrio del sti, in caso di Governo) sistema economico globale vittoria, sarà sia effetdetermina lo spostamento della tivamente molto probabilmente eletto diretsovranità non solo dal livello il premier intamente dal nazionale a quello sovranazioncaricato dal popolo. P r e s i d e n te P r o s e ale, ma anche dal piano politico della Repubguendo, a quello tecnico”. blica (solo il per meglio Capo dello inquadrare Stato ha, tecnicamente, questo potere). Inol- il problema della sovranità, ci si potrebbe tre, sempre in tempi relativamente recenti, soffermare sul recente sostanziale commissi è imposta la pratica, da parte del premier sariamento dell’Italia da parte dell’UE, doincaricato, di presentarsi al Capo dello Stato vuto al pericolo economico che il fallimento

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MYGENERATION dell’Italia rappresenterebbe per l’Europa. Ciò ha portato alla conseguenza politica dell’insediamento del Governo Monti. Sicché, pare lecito chiedersi: chi è il vero sovrano? Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro: l’economia globale sta progressivamente erodendo il potere politico a livello statale. La necessità di dominare le dinamiche economiche spinge gli Stati alla creazione di agglomerati politici internazionali di sempre maggiore entità. Stando così le cose, è ovvio che queste organizzazioni sovranazionali di “politico” avranno ben poco, come dimostra il lassismo dell’Ue nella gestione dei flussi migratori magrebini. Quindi, esiste davvero un’Unione Europea al di là della politica-economica? Senza l’euro, cosa resterebbe dell’Europa unita? La globalizzazione ha portato ad una redistribuzione del potere, i cui nuovi centri sono senza dubbio anche quelle multinazionali dai bilanci consolidati pari al rendiconto di un grosso Stato, le società di rating internazionali che reggono le basi dei mercati finanziari dell’intero pianeta, i grandi istituti finanziari, bancari ed assicurativi, oltre ai vari organismi internazionali “di raccordo” fra questi (World Trade Organization, Bilderberg Group, Trilateral Commission, ecc) . Ora, per valutare le dinamiche del mercato globale, è necessario comprendere che il capitale non si muove mai secondo valori, ma sempre secondo interessi, perseguiti con mezzi leciti, quasi leciti (ad esempio, le minacce di delocalizzazione effettuate dalla FIAT nell’ambito delle contrattazioni sindacali) o illeciti. Così, una diversa luce acquisisce, ad esempio, anche la testimonianza sui “sicari dell’economia”, riportata da John Perkins (per oltre 20 anni economista in una delle principali società di consulenza ingegneristica, la Chas. T. Main, di Boston) nel suo libro “Confessions of an Economic Hit Man” (2004). Compito di questi professionisti è – scrive l’economista - convincere i paesi prescelti (e se non si riesce a convincerli vuol dire morte del leader politico o guerra) ad indebitarsi al di là delle loro possibilità per poi sfruttare la crisi economica innescata traendo da quegli Stati profitti d’ogni genere.

Scrive, ancora, l’autore: “ I sicari dell'economia sono professionisti ben retribuiti che sottraggono migliaia di miliardi di dollari a diversi paesi in tutto il mondo. Riversano il denaro della Banca Mondiale, dell'Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e di altre organizzazioni "umanitarie" nelle casse di grandi multinazionali e nelle tasche di un pugno di ricche famiglie che detengono il controllo delle risorse naturali del pianeta. I loro metodi comprendono il falso in bilancio, elezioni truccate, tangenti, estorsioni, sesso e omicidio. Il loro è un gioco vecchio quanto il potere, ma che in quest'epoca di globalizzazione ha assunto nuove e terrificanti dimensioni.” A questo punto, nello spirito dei molti movimenti sociali che stanno fiorendo in tutto il mondo (Occupy Wall Street, Indignados, ecc.), bisogna chiedersi: il paradigma economico-culturale mondiale è davvero il migliore possibile? Quale tipo di ricchezza rappresenta il PIL? E la ricchezza di chi, in verità? Verso quale “sviluppo” ci ostiniamo a correre senza sosta? L’incapacità di rispondere alle assurdità ed all’arbitrio del sistema determina lo spostamento della sovranità (stavolta intesa in senso ampio) non solo dal livello nazionale a quello sovranazionale, ma anche, come in Italia e in Grecia, dal piano politico a quello tecnico. In questo senso, come non citare l’emblematico “caso Belgio”, che continua a godere di buona salute (rispetto a molte altre potenze europee) dopo oltre 17 mesi senza governo “politico”? Non a caso, inoltre, i “tecnici” ai quali si chiede aiuto vantano la medesima estrazione professionale dei collaboratori di vertice dei nuovi centri di potere del mercato globale. Ecco, magari, se non è troppo ardito, questa

mi pare la spia di un altro mutamento necessario, almeno per l’Italia. La tecnocrazia come “pharmakon”: nel doppio significato di “veleno” per la sovranità del popolo (così come oggi fra-intesa) e di “rimedio”(non solo, ma anche) per la situazione economica contingente. Chissà, un giorno potremo scoprire che la Politica riesce a compiere virtuosamente e pienamente il proprio compito quando risulta slegata dal mero raggiungimento dei vertici amministrativo-burocratici, ai quali sarà pertanto consentito accedere solo grazie al merito e alla competenza, appunto, tecnica. Una tecnocrazia doverosamente ponderata (tanto per cominciare) con delle belle leggi sul conflitto d’interessi, sul meccanismo di nomina dei vertici aziendali delle grandi imprese pubbliche, sulla corruzione, sul numero massimo di mandati e sulla regola che le proposte legislative popolari devono essere necessariamente discusse entro un certo termine, invece di marcire per anni nei cassetti del Parlamento. Del resto, forse, non è un caso che “sovranità” faccia rima con “maturità”, considerando che, da un lato, siamo in questa situazione grazie alle nostre scelte e che, dall’altro, da un punto di vista - possiamo dire - antropologico, l’ “eccezione” si rivela a volte, ma non di rado, essere, in verità, null’altro che pura e semplice “evoluzione”.

RENATO RUGGIERO (Napoli, 1930) Diplomatico e politico italiano, dopo aver raggiunto i massimi gradi della carriera diplomatica, è stato direttore generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) dal 1995 al 1999 e più volte ministro. Renato Ruggiero e Mario Monti sono gli unici membri italiani del “Bilderberg Group”

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ATTUALITÀ

FIGURINE

ISTITUZIONALI Quattro pillole di diritto per capire cosa è accaduto FREE PRESS MENSILE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 0 . capitolo 2


MYGENERATION A CURA DI STEFANO SCARPA stefano.scarpa@mygenerationweb.it

LA SFIDUCIA La mozione di sfiducia è un atto attraverso il quale il Parlamento manifesta la perdita del rapporto fiduciario che lo lega al Governo. Secondo l’articolo 94 della Costituzione il Governo deve godere della fiducia di entrambe le Camere. Tale mozione può essere richiesta da almeno un decimo dei componenti della Camera in cui viene presentata e non può essere discussa prima di tre giorni. Diversa è la questione di fiducia, che viene apposta dal Governo su una legge che deve essere votata dal Parlamento. Ponendo la fiducia, tutti gli emendamenti decadono ed il testo va votato così come è stato presentato.

Se il Governo non ottiene la maggioranza è obbligato a dimettersi. Il Governo Berlusconi IV non ha ricevuto una sfiducia formale dalla Camera dei Deputati, in quanto le opposizioni hanno preferito astenersi alla votazione sul provvedimento di Bilancio. Il voto favorevole della Camera, però, ha evidenziato la perdita della maggioranza assoluta e quindi, come annunciato in precedenza, il Premier ha rassegnato le dimissioni. Romano Prodi, è l’unico Premier “vittima” di due crisi parlamentari. Nel 1998 venne a mancare la fiducia nella fase di approvazione della legge finanziaria, mentre nel 2008 è stato sfiduciato formalmente dal Senato.

IL GOVERNO TECNICO Non esiste alcuna definizione di Governo Tecnico nel nostro ordinamento. La terminologia appartiene al gergo parlamentare italiano. In pratica, un Governo Tecnico corrisponde ad un esecutivo composto in parte o in tutto da “tecnici” invece che dai politici. Questo, in teoria, non dovrebbe corrispondere ad una precisa identità politica. In Italia, fino ad oggi si contava un solo governo tecnico: il Governo Dini (1995-1996). La differenza col Governo Monti sta nel fatto che Lamberto Dini era stato Ministro del Tesoro nel precedente Governo Berlusconi.

Carlo Azeglio Ciampi, invece, è stato il primo Presidente del Consiglio dei mInistri non parlamentare. L’ex Presidente della Repubblica ricevette l’incarico di formare un Governo nel 1993. A differenza dei Governi Dini e Monti, il Governo Ciampi era composto da politici. In ogni caso, non tutti sono d’accordo circa l’esistenza di un vero e proprio governo tecnico. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sostiene che non esistono governi tecnici, ma solo politici, poiché ricevono la fiducia dalle Camere.

CHI SCEGLIE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO? Chiunque risponderebbe: “il popolo”. Beh, la cosa non è poi così semplice! L’art. 92 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri”, mentre l’art. 94 aggiunge: “Il Governo deve avere la �iducia delle due Camere”. Quindi, il popolo elegge i propri rappresentanti in Parlamento. Una volta terminate le elezioni il Presidente della Repubblica avvia le consultazioni per scegliere il capo del Governo. Ovviamente la scelta, molte volte, rappresenta una mera formalità, poiché il Presidente della Repubblica, si baserà sul risultato emerso dal-

QUANTO DURA UN GOVERNO? Per essere sicuri di non sbagliare, basta ri-

la tornata elettorale, scegliendo semplicemente il candidato espresso dalla coalizione vincente. Cosa accadrebbe se il Presidente della Repubblica scegliesse una persona diversa da quella designata dalla maggioranza? In teoria il Governo non otterrebbe la fiducia nel momento in cui si presentasse alle Camere.

In questo modo il Parlamento, eletto dal popolo, esercita un controllo diretto su quella che è la scelta del Presidente della Repubblica, vincolandolo, così, alla volontà popolare. All’indomani della caduta di Berlusconi, molte forze politiche hanno chiesto le elezioni anticipate. Il presidente Napolitano ha invece dato atto a ciò che è previsto dalla legge valutando se in quel determinato momento il Parlamento potesse esprimere una nuova maggioranza convergendo su Mario Monti. Le principali forze parlamentari hanno espresso il proprio gradimento intorno a tale nome e così si è giunti alla formazione di un nuovo Governo. Anche questo, quindi è stato sottoposto ad un voto di fiducia alle Camere vincolandosi, così, ai rappresentanti degli elettori, ovvero al popolo.

spondere finchè ha la fiducia delle Camere. Difatti non esiste una vera e propria scadenza. Alla fine di una legislatura, se la parte politica al governo fosse riconfermata,

questa potrebbe riproporre lo stesso esecutivo ed ottenere una nuova fiducia. Fino ad oggi, nessun governo ha retto per più di 1412 giorni, nemmeno quattro anni.

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ATTUALITĂ€

IL VIAGGIO DI

MUHAMMAD La coraggiosa denuncia della persecuzione religiosa Nella foto: resti dell'incendio appiccato nel luglio 2008 ad una casa Baha'i a Kernan, Iran

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MYGENERATION DI MIRKO GALANTE

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apoli. Quella che sto per riportare è la sintesi di un pomeriggio trascorso in compagnia di Muhammad, un ragazzo di nazionalità iraniana, nato a Shiraz nei primi anni '80. Per rigore di cronaca, devo informare i lettori che Muhammad non è il vero nome dell’intervistato. Dati i contenuti del suo racconto, di comune accordo, abbiamo deciso di non rivelare la sua vera identità, al fine di proteggere i familiari ancora residenti a Shiraz, da eventuali ritorsioni da parte dei servizi segreti iraniani. Dopo qualche convenevole e un simpatico scambio di battute circa la difficoltà dei giornalisti nel trovare un impiego retribuito, sorseggiando un delizioso tè persiano, abbiamo iniziato la nostra intervista. Mi parli della tua infanzia in Iran? Beh, la mia è stata, senza ombra di dubbio un’infanzia felice, vissuta all’interno di una comunità religiosa Bahà’ì. Solo ora in età adulta capisco quant’era bello quel periodo della mia vita, passato con gli amici della comunità. Giorni felici, spensierati, senza responsabilità, senza preoccupazioni di lavoro, senza i problemi della vita. Poi la mia era, ed è tutt’ora, una bella famiglia, siamo molto uniti, quindi questo ha contribuito a rendere felice quel periodo. Che ruolo ha la famiglia nella società iraniana? Dal punto di vista dei persiani, la famiglia è un’istituzione, qualcosa di veramente importante, e nonostante negli ultimi anni il numero delle separazioni sembri essere in aumento, le famiglie sono considerate ancora come le radici della società. A che età sei emigrato in Italia? Sono giunto in Italia a 18 anni, quindi 9 anni fa. Cosa ha spinto te e la tua famiglia a intraprendere questo "viaggio"? Le motivazioni sono state varie. Ma il motivo principale è stato la voglia di sottrarmi ai maltrattamenti a cui gli appartenenti alla mia religione sono sottoposti in Iran. Il governo non vede di buon occhio la religione Bahà’ì. La considera una setta illegale. Pensa che gli appartenenti a questa comunità, non

possono frequentare l’università ufficiale, non possono far parte di associazioni governative né rivestire cariche pubbliche. Noi Bahà’ì abbiamo una nostra università, che però non ha una sede né un edificio: i corsi si seguono all’interno delle case. In compenso la laurea Bahà’ì è riconosciuta in molti paesi del mondo, tranne che dal governo islamico dell’Iran. È un’università ovviamente piccola con poche facoltà. Questo comporta una scarsa scelta. Chi vuole proseguire gli studi deve accontentarsi oppure andare a studiare all’estero. Mio padre, che ha sempre dato

mato "La purificazione dei posti di lavoro occupati dagli appartenenti alle sette deviatrici". Mamma era un’infermiera caposala in un grande ospedale di Shiraz, papà invece lavorava in una organizzazione governativa dedita alle telecomunicazioni. In Iran ancora oggi il diritto al lavoro viene calpestato a causa dell’intolleranza religiosa. Una situazione insostenibile, una repressione fortissima.

Edmond Haracourt, in un suo componimento recitava i seguenti versi: Partire è un po’ morire rispetto a ciò che si ama, poiché lasciamo un In Iran ancora oggi il diritto al la- po’ di noi stessi in ogni luogo ad istante. E’ un dolore sottile voro viene calpestato a causa ogni e definitivo, come l’ultimo verso dell’intolleranza religiosa. Una di un poema… Traendo ispirazione da queste belle parole ti situazione insostenibile, una chiedo: Come hai vissuto querepressione fortissima sta partenza dai luoghi della tua infanzia e cosa hai lasciato di te stesso in Iran? importanza all’istruzione dei figli, ha scelto di Una grandissima parte di me è rimasta lì renderci liberi di studiare ciò che volevamo e nella mia terra. Quando sono partito per così ci siamo trasferiti”. l’Italia ho provato una sensazione assoluta, inspiegabile. Pensavo, forse non vivrò più Quindi per il Governo, a causa della tua allo stesso modo, andrò incontro ad un’altra religione, dovevi rinunciare ad un dirit- società, un’altra vita. Non avevo paura, ma to inalienabile dell’uomo: lo studio. provavo una forte nostalgia nei confronti di Assolutamente sì! quello che stavo lasciando, perché sapevo che non sarebbe stato facile ritornare. Devo Nell’arco della tua permanenza in Iran, tutto all’Iran, sono come un albero che trae hai mai assistito a dei brutti episodi di forza dalla terra in cui ha ben salde le proprie persecuzione? radici. Dovunque andrò in futuro la mia terra Assolutamente sì! Mi ricordo che quando ero sarà sempre dentro di me e sono convinto di piccolo, i guardiani della rivoluzione irrom- aver a mia volta lasciato qualcosa di buono pevano in casa e sequestravano tutti i libri nella mia patria. Bahà’ì. Poi dopo la rivoluzione molti componenti della nostra comunità furono arrestati ed impiccati. Ancora oggi so per certo che in Iran vengono raccontate storie assurde su di noi. Ci descrivono come mostri con coda e corna. Così quelle persone non dotate di grande cultura, si sono allontanate da noi, isolandoci dal resto della società. A mio avviso quanto è accaduto e quanto continua ad accadere in Iran è dovuto a quella fascia estremista di musulmani che non rispettano il credo altrui, facendo in questo modo una cattiva pubblicità all’Islam. Durante il racconto, l’espressione di Muhammad si vela di tristezza, gli occhi diventano lucidi e la voce si fa più sottile, ma con un atto di grande coraggio trova la forza di proseguire nella narrazione.

Per leggere l'intervista integrale

Ricordo che era difficile anche lavorare, i miei genitori infatti furono espulsi, subito dopo la rivoluzione, in un processo che è stato chia-

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ATTUALITÀ

ZTL

ZONA DI TANTE LAMENTELE Occasione di sviluppo o morte dell’area? 14

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MYGENERATION DI GENNARO CASORIA E MASSIMO FERRARA

gennaro.casoria@mygenerationweb.it massimo.ferrara@mygenerationweb.it

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e zone a traffico limitato (in acronimo ZTL) sono aree situate in alcuni punti delle città, ad esempio nei centri storici, per limitare in alcuni orari il traffico ai mezzi pubblici nonché ai residenti e a chi gode di particolari autorizzazioni. Numerose ZTL sono attive in varie città europee. L’Italia, insieme ai Paesi Bassi, è il paese con il maggior numero di varchi ZTL attivi in Europa. Con l’istituzione da parte della giunta comunale del neo sindaco Luigi De Magistris della nuova area ZTL cosiddetta “Centro Antico”, si è riaperto il dibattito intorno all’ opportunità di prevedere limitazioni della viabilità in alcune zone del territorio urbano. A partire dal 22 settembre scorso è stata limitata la circolazione delle auto e dei motoveicoli in varie zone del centro storico come ad esempio piazza Dante, via Pessina e via Duomo. In via Duomo in particolare gran parte dei titolari degli esercizi commerciali hanno espresso la loro contrarietà all’iniziativa. Noi di MYGENERATION siamo andati sul posto per raccogliere pareri e per cercare di capire quali siano le eventuali carenze dell’attuale assetto della ZTL. Dopo aver effettuato numerose interviste abbiamo constatato che molti commercianti hanno denunciato un vertiginoso calo delle vendite secondo loro dovuto proprio all’isti-

tuzione della zona a traffico limitato. Le maggiori lamentele registrate sono relative alla carenza dei mezzi pubblici e dei parcheggi che scoraggerebbero la clientela abituale nel recarsi a via Duomo per effettuare i propri acquisti; come sostenuto dagli stessi commercianti, la strada storicamente ha sempre avuto una prevalenza di esercizi commerciali “specifici” (abiti da sposa, oggetti sacri) che per la loro natura non favoriscono il “passeggio” come invece avviene in altre zone anche pedonali della città: per esempio via Luca Giordano, via Roma e via Chiaia. Quindi secondo i commercianti limitare la circola-

temente gli aspetti positivi. Anzitutto c’è da segnalare un’ insufficienza dei mezzi pubblici di collegamento a via Duomo sia per quanto riguarda la rete degli autobus (ndr. a causa del mancato potenziamento delle linee provenienti da piazza Garibaldi) sia per quanto riguarda la metropolitana in quanto purtroppo la stazione di piazza Nicola Amore (ndr. piazza quattro palazzi) è ancora allo stato di cantiere (la stazione di Piazza Cavour non sembra essere sufficiente). Inoltre via Duomo lamenta delle carenze strutturali come la mancanza di una adeguata illuminazione e una quasi totale carenza di arredi urbani ( marciapiedi troppo stretti, mancanza di panchine, aiuole), e tutto ciò non rende Le maggiori lamentele la strada appetibile per lo shopping. E’ registrate sono relative alla indubbio inoltre che la già citata “inaccoglienza” urbana, unita alla carenza carenza dei mezzi pubblici e dei mezzi pubblici e alla mancanza di parcheggi favoriscano il diffuso maldei parcheggi costume consistente nell’utilizzare per qualsiasi spostamento mezzi privati, contribuendo al congestionamento zione dei veicoli significa escludere una gran delle zone limitrofe. La ZTL sarebbe potuta, parte della loro clientela abituale costituita ma soprattutto deve ancora essere un’occada persone di passaggio che si recavano in sione per riqualificare e favorire lo sviluppo via Duomo con auto o più spesso con motori- economico e culturale delle zone interessani e che si fermavano proprio davanti ai nego- te. Certamente iniziative quali Zona a Talento zi per effettuare acquisti cosiddetti “volanti”. Liberato (progetto di animazione con artisti Al di là di pareri e critiche che talvolta pos- di strada nel periodo che precede il Natale), sono essere condizionati da orientamenti vanno in questa direzione ma rischiano di espolitici, occorre fare alcune considerazioni. sere vanificate dalla mancata risoluzione dei Certamente le ZTL rappresentano un ottimo problemi che abbiamo evidenziato; a questo strumento per combattere l’inquinamento punto la domanda che ci si pone è la seguenatmosferico che soffoca le nostre metropoli e te: perchè non si è provveduto a risolvere i per migliorare la qualità della vita, restituen- problemi in anticipo, adeguando le zone indo gli spazi urbani ai cittadini e sottraendoli teressate secondo i parametri delle ZTL effial traffico, al rumore e allo smog. Tuttavia cienti nel resto d'Europa, in modo da evitare abbiamo rilevato alcune criticità nell’attuale critiche e demonizzazioni di un’iniziativa di assetto della ZTL che ne possono minare for- per sé valida come la ZTL?

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SPETTACOLO

INTO THE

MOViE Viaggio nella storia del cinema

DI MARCELLO MICCIARELLI

marcello.micciarelli@mygenerationweb.it

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e è vero che “il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata”, e se è vero che il cinema, nel momento in cui si spengono le luci in sala, ci porta in una nuova dimensione, in un “altrove”, in un “non ora”, va da sé che parlare di cinema è come parlare di viaggio, un binomio sempre valido, dal quale sono derivati prodotti interessanti, più o meno brillanti, ma sempre molto seguiti dal pubblico. In effetti, lo spettatore cinematografico si siede sulla sua più o meno comoda poltroncina e comincia un viaggio verso luoghi noti e ignoti, mitici o mitizzati, esotici, reali, immaginari… Viaggia con la fantasia, con la mente, con la memoria e, in alcuni casi (per fortuna non troppo rari) quando ritorna, non è più lo stesso. Basti pensare che, negli ultimi anni, è nato

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il cineturismo, un fenomeno di turismo di Un binomio di successo dunque, quello cinemassa che progetta itinerari e viaggi proprio ma/viaggio che affonda le sue radici già da sull’onda dell’interesse suscitato da un film. quando allo spettatore si proponevano spazi L’incremento del turismo in Basilicata, tanto sconfinati e mitizzati, come accadeva con i per fare un esempio a noi vicino nel tempo e grandi western del passato che tanto hanno nello spazio, è stato dovuto principalmente contribuito alla mitizzazione dell’epopea del al film "Basilicata coast to coast" (ma vale la West e dei pionieri americani, che è parte integrante della mentalità e del famoso “sogno pena ricordare americano”. Lo che la città di MaParlare di cinema è un stesso discorso tera è stata già in per la rappassato meta di “viaggio” complicato, ci si vale presentazione cineturisti dopo sente un po’ come Ulisse metropolitana, il discusso succui il cinema si cesso del film di ritorno verso Itaca è ampiamente "Passion" per dedicato per non parlare del analizzare i "Vangelo secondo Matteo" di Pasolini. Non è meccanismi di socializzazione e interrelafacile parlare di cinema e viaggio, lo diciamo subito, e tantomeno parlarne affidandosi ad zione nelle grandi città occidentali, come in un articolo succinto. Pertanto, non potremo "Manhattan" (Woody Allen) e in "Up" (Pete andare oltre una rapida carrellata di film sul Docter, Bob Peterson) o in quelle orientali tema, carrellata che non ha certo le pretese come in "Lost in Translation" (Sofia Coppodi essere esaustiva e che, purtroppo, lo sap- la). Va detto che, anche per una serie di capiamo, corre il rischio di trasformarsi in un ratteristiche per così dire “paesaggistiche”, mero elenco. Il lettore ci scuserà e, in ogni le roads americane si sono prestate più di caso, ci auguriamo possa trovare degli spunti tutte a fare da sfondo di indimenticabili film on the road, appunto, uno su tutti "Duel" di interessanti.

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MYGENERATION Spielberg. Negli anni ’50 sono fiorite le trasposizioni cinematografiche di grandi romanzi di avventura e di viaggi: "Around the World in 80 Days" (Michael Anderson, 1956), "Journey to the Center of the Earth "(Henry Levin, 1959), tratti dagli omonimi testi di Verne, un filone che continua ad entusiasmare, soprattutto i giovani, ancora oggi come dimostrano le pellicole attuali - per es. "Where the Wild Things Are" (Spike Jonze, 2009), "The New World" (Terrence Malick, 2005) - che, rispetto alle prime, presentano il vantaggio di poter sfruttare eccellenti effetti speciali, con un occhio più attento alla fotografia, che, mai come nei film di questo tipo, sono fondamentali per la buona riuscita del “viaggio”. Ma il cinema ha inteso rappresentare il viaggio anche nel senso più classicamente letterario del termine, cioè come esperienza di formazione e di auto-affermazione, determinazione del sé, talvolta al di sopra o contro la società stessa. Come non citare, in proposito, pellicole di indiscusso valore a partire da "Easy Rider" (1969), "Thelma & Louise" (Ridley Scott, 1991), "Almost Famous" (Cameron Crowe, 2000), lo splendido "Priscilla, la regina del deserto" (Stephan Elliot, 1994), e ancora "Little Miss Sunshine" (Jonathan Dayton, 2006) e i due film di Sean Penn "Into the Wild" e il recentissimo "This Must Be the Place". Il viaggio è altresì occasione per proporre un cinema impegnato, una critica della società e dei meccanismi di profitto e interessi economici che la regolano: "Babel" (Alejandro Gonzalez Inarritu, 2006), "Central do Brasil" (Walter Salles, 1998). Senza contare quanto film del calibro di "Passaggio in India" (David

Un'immagine di "Into the Wild" Nella pagina accanto in alto "Easy Rider", in basso " Zabriskie Point" Lean, 1984), "Il te nel deserto" (Bernardo Bertolucci, 1990), "La mia Africa" (Sydney Pollack, 1985), "Sette anni in Tibet" (Jean-Jacques Annaud, 1997) abbiano influenzato l’immaginario collettivo occidentale! Lo abbiamo detto: la lista di film è immensa. David Lynch, per esempio assume proprio la dimensione dinamica del viaggio come punto di partenza e centro dei suoi lavori ("Strade perdute" 1997, "Una storia vera" 1999). In Italia, Salvadores ne ha fatto il proprio leitmotiv ("Mediterraneo" 1991, "Marrakech Express" 1989, "Puerto Escondido" 1992). A questo punto, non possiamo esimerci dal ricordare due capolavori del cinema di tutti i tempi "Paris- Texas" di

Wenders, e lo psichedelico "Zabriskie Point" di Antonioni, che meriterebbero una trattazione a parte. In proposito, è doveroso tener presente che il viaggio, nei film, si accompagna spesso a colonne sonore di ineguagliabile valore: dai Pink Floyd ai Rolling Stones del film di Antonioni, dalle epiche note Jimi Hendrix e dei Byrds, fino ai più recenti Pearl Jam per Into The Wild. Lo avevamo preannunciato: parlare di cinema è un “viaggio” complicato, ci si sente un po’ come Ulisse di ritorno verso Itaca… “Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo sulla strada: che cos’altro ti aspetti?”

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SPETTACOLO

VINCENZO

NEMOLATO Il primo Superman italiano (e napoletano)

DI ALBERTO MARAOLO E MARCO TERRIBILE

C

lasse 1989, esponente di punta del progetto culturale “Punta Corsara”, dopo tanta gavetta al teatro e le prime apparizioni in tv, Vincenzo Nemolato ha avuto la sua prima grande occasione al cinema con “La Kryptonite nella borsa”, il film d’esordio, quale regista, dello sceneggiatore di successo Ivan Cotroneo. Vincenzo, come ti sei trovato a passare dal teatro al cinema? Qual è stata la tua esperienza? E’ stato tutto per caso (usa in realtà un’espressione più colorita, ndr), visto che non avevo un’agenzia che mi proponeva. Una Director Casting che mi aveva scovato a teatro mi ha proposto per un provino per Cotroneo, dopo provini precedenti che non avevo superato, e con Ivan subito si è creato un feeling particolare, specialmente quando mi ha fatto capire l’importanza che avrebbe avuto il mio personaggio, nonostante la sua “morte” ad inizio film. Cosa si prova ad essere il primo vero Superman italiano al cinema? Italiano e “napoletano”… E’ stata subito un’idea che mi ha incuriosito, specialmente dal punto di vista attoriale, sebbene girare la sequenza finale, così piena di effetti speciali, sia stato molto doloroso. Dove avete girato il finale? Negli studi di “Napolitivù”, tuttavia Ivan non vuole che vengano svelati i segreti di realizzazione, per non rompere la magia del film.

Vincenzo Nemolato con accanto il piccolo Luigi Catani, nella pagina accanto Vincenzo Nemolato

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La bella sequenza finale con Peppino, è un po’ a metà tra Spielberg e Ozpetek: trovi appropriata questa definizione? Sì, d’altronde Ozpetek, per cui Cotroneo ha lavorato come sceneggiatore di “Mine Vaganti”, tratta a fondo le tematiche del diver-


MYGENERATION so e dell’omosessualità, ma penso che Ivan non abbia nemmeno voluto calcare troppo la mano a riguardo, tranne che nel discorso finale tra Superman e Peppino. A proposito di Peppino: come si è comportato sul set il piccolo Luigi Catani? E’ un bambino fantastico, di una grande semplicità, non guastata dalla situazione in cui si è trovato, perfino quando siamo andati sul red carpet del Festival di Roma. Comunque, è un attore in erba molto interessante e se curato in un certo modo può sfondare in futuro. E qual è stato il tuo rapporto con gli altri membri della troupe? La troupe era di una grande professionalità, con veri e propri maestri quali Luca Bigazzi, il direttore della fotografia. Eravamo una squadra che lavorava in simbiosi. Sul set non c’era tensione come mi hanno raccontato per altri film. Ti ha convinto la decisione di Cotroneo di scegliere, quali protagonisti, alcuni attori non partenopei? Secondo me Cotroneo ha scelto tutti grandi attori. Il napoletano è una lingua che un attore italiano non può non conoscere e artisti come Luca Zingaretti riescono benissimo a diventare “partenopei”, a partire dall’accento. Comunque il regista ha selezionato una squadra di caratteristi napoletani molto agguerriti. La tua vita è cambiata con il film? Per ora poco o nulla: la gente non mi riconosce per strada, e non so se sia un bene o un male…. Certo, ho fatto grandi esperienze, come andare al Festival del Cinema di Roma. Non è cambiato nulla a livello economico, perché in questo lavoro dopo ogni progetto si riparte sempre da zero. Ti piacerebbe vivere in una Napoli simile a quella del film? Sì, sicuramente. Al Festival di Roma sono andato apposta vestito con camicie anni’70.

Al Festival sei andato in costume: la produzione te l’ha lasciato? In realtà mi hanno lasciato due mantelline da “barbiere”. Quanto di biografico, relativo a Cotroneo, credi ci sia veramente nella storia? Non posso tradire la fiducia di Ivan circa le sue confidenze, ma credo che lo sguardo di Peppino sia il suo da bambino. In generale posso dire che ci sono elementi comuni a tutte le famiglie napoletane, compresa la mia, a partire dalla numerosità della famiglia: se tutti i miei familiari andassero a vedere il film, batteremmo “I soliti idioti”. La voce fuori campo ad inizio del film parla di una storia d’amore: non credi che la pellicola sia più una favola morale sul rispetto del diverso? Il film ha molte chiavi di lettura. La storia per me è piena d’amore, nel senso più puro del termine. Circa Peppino il “diverso”, credo che alla fine sia l’unico veramente “normale” della sua famiglia.

sceneggiature, Toni Servillo: credi che Napoli possa essere il fulcro della rinascita del film italiano? Il riscatto del cinema italiano, specialmente all’estero, non è facile, ma Napoli sta dando un grande contributo. Nelle storie di Cotroneo si canta e si balla; questa volta ha deciso anche di collaborare con i Planet Funk per la cover di “These boots are made for Walkin’”. Le tue sensazioni relative al videoclip girato con la band e il cast? Ivan ci ha dato grande libertà invitando a scatenarci su una pedana bianca. Ci teneva a collaborare con uno dei suoi gruppi preferiti. Pensi di continuare nel teatro? Quali sono i tuoi prossimi progetti? Proseguirò sicuramente nel teatro, però voglio continuare a lavorare nel cinema, che costituisce il mio sogno nel cassetto. Vincenzo saluta calorosamente tutta la comunità di MyGeneration. Per la versione integrale dell’intervista, collegati al nostro sito.

Cotroneo, Sorrentino, Saviano e le sue

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SPETTACOLO

LE CLASSIFICHE DI

ROLLING STONE Una gustosa rassegna proposta dallo storico magazine americano

DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

V

i sarà spesso capitato discutendo con i vostri amici o riflettendo fra voi stessi, di chiedersi qual è la più bella voce pop dell’ultimo secolo, qual è la stata la canzone più rappresentativa degli ultimi decenni, od anche chi può essere definito il miglior chitarrista del novecento. Ebbene una risposta a questi interrogativi è possibile rilevarla fra le pagine di una rivista che ha fatto la storia della musica pop/rock dagli anni sessanta e che continuerà a farla. Come avrete capito il nome della rivista risponde a quello di:”Rolling Stone”. Lo storico magazine americano ha stilato diverse classifiche che hanno per oggetto proprio gli interrogativi prima citati, ai quali ci sono da aggiungere le categorie: “100 migliori canzoni dei Beatles”, “500 migliori album” e “100 migliori album dei anni 2000”. Data la natura così soggettiva del giudizio espresso dagli intervistati di Rolling Stone, le classifiche non sono state esenti da critiche, mosse soprattutto dai fan più agguerriti di quei musicisti o di quei brani che occupano posizioni di rincalzo o che sono rimasti fuori dal ranking. Noi di MYGENERATION siamo andati a dare una sbirciatina sulla pagina web della biblica testata musicale. La classifica dei “100 migliori chitarristi” è davvero molto curiosa da visionare per gli amanti del genere, la top ten si apre con l’immarcescibile Keith Richards dei Rolling Stones, che pare abbia fra l’altro ispirato il personaggio del capitano Jack Sparrow in Pirati dei Cairabi. Keith Richards precede Jimmy Page fondatore dei Led Zeppelin; al quarto posto si piazza Erick Clapton mentre il gradino più alto del podio non poteva che essere assegnato alla leggenda Jimmy Hendrix. Fanno discutere le posizioni di Carlos Santana, solo quindicesimo, di John Frusciante e Brian May, rispettivamente diciottesimo e trentanovesi-

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mo. Generation”; salendo un gradino più in alto La classifica delle “100 migliori voci” è domi- incontriamo “Smells Like Teen Spirit” dei nata dalla prepotente voce black di Aretha Nirvana. A proposito di questo brano vi è un Franklin, alle spalle della quale si piazzano aneddoto gustoso da raccontare: Kurt Kobain Ray Charles ed Elvis Presley, icone immortali prese il titolo di questo suo successo da una di Rhytm and Blues e Rock and Roll. La classi- frase di Kathleen Hanna delle Bikini Hall, che fica è una sorta di rassegna dei miti della mu- gli imbratto il muro di casa con la scritta disica, infatti ai piedi del podio vi sono in ordine spregiativa “odori di Teen Spirit”, che è un deSam Cook, John odorante dozziLennon e Marnale in voga fra Ai primi tre posti la clasvin Gaye. Anche le adolescenti sifica recita così, in ordine americane all'iin questo caso non mancano le nizio degli anni crescente: “Imagine” di critiche. Infatti, ’90. Ai primi tre John Lennon; “Satisfacscorrendo la clasposti la classifisifica, è possibile ca recita così, in tion” dei Rolling Stones; farsi ingolosire ordine crescen“Like a Rolling Stone” di dal fuoco delle te: “Imagine” di polemiche notanJohn Lennon, Bob Dylan do come le sep“Satisfaction” pur straordinarie dei Rolling Stovoci di Paul McCartney e Mick Jagger prece- nes e “Like a Rolling Stone” di Bob Dylan. dano due vocalità estreme come Freddie Mer- Le critiche che i lettori del magazine hanno cury e Micheal Jackson. mosso con maggiore vigore alla classifica A farla da padroni nella classifica delle “500 riguardano le posizioni del tutto marginali di migliori canzoni” sono i Beatles, infatti sono capolavori come “Wish You Were Here” dei presenti ben sette brani della band dei quat- Pink Floyd e “Bohemian Rapsody” dei Queen. tro di Liverpool nelle prime venti posizioni. E voi lettori di MYGENERATION, cosa ne All’undicesimo posto i “The Who” piazzano pensate? la loro canzone simbolo di Woodstock: “My

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Jimi Hendrix


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CONCERTI

NIGHT

Jovanotti

Caparezza

Madrenalina

Da quasi 25 anni Jovanotti è uno dei protagonisti indiscussi della musica italiana, ma, nonostante tutto, continua a stupirci con nuovi spettacoli e singoli. Il modo migliore di apprezzarlo è sicuramente nei live!

Originale e fuori dagli schemi. I suoi live sono sempre caratterizzati da esilaranti e coinvolgenti siparietti. Qualche altro motivo per partecipare al tour invernale?

Il MADRE è uno dei più innovativi musei napoletani e con le serate del Madrenalina propone un modo diverso di vivere i luoghi dell’arte. Djset, video installazioni e arte moderna faranno da cornice ad una notte davvero originale.

Dove: Palamaggiò Castel Morrone (CE) Quando: 21 dicembre 2011 Prezzo: € 40

Dove: Teatro Palapartenope Quando: 10 dicembre 2011 Prezzo: € 15 + € 3 di prevendita

Dove: Museo MADRE Quando: Ogni giovedì Prezzo: € 10

MOSTRE

TEATRO

Ribera a Capodimonte

L’urlo del Sud

Alessandro Siani

40 capolavori del giovane Ribera, uno dei più importanti esponenti della pittura di area “caravaggesca” e naturalista in Europa, saranno esposti a Capodimonte in una mostra unica. Da non perdere.

La Partenope sofferente nella pittura di De Stefano, al Madre, è un’occasione per far riscoprire agli stessi napoletani e non solo le emozioni e le paure della loro terra.

Con “Sono in Zona”, il comico napoletano torna al teatro. Durante tutto il periodo natalizio, attraverso le sue performance, sfaterà luoghi comuni e divertirà come sempre i suoi fans. Oltre alle date in calendario è previsto uno spettacolo straordinario la notte di Capodanno.

Dove: Museo di Capodimonte Quando: Fino all’8 gennaio 2012 Prezzo: € 8 intero, € 4 ridotto

Dove: Museo MADRE Quando: Fino al 9 gennaio 2012 Prezzo: da 0 a € 7

Dove: Teatro Augusteo Quando: Dal 25 dicembre all’8 gennaio 2012 Prezzo: Da € 25 a € 65

DA NON PERDERE Zona a Talento Liberato

Una nuova idea del Comune per vivere la città, nel periodo prenatalizio, in compagnia di artisti di strada e per creare un’atmosfera allegra e coinvolgente. Programma: http://bit.ly/ztlnapoli

Gigi Proietti

Showcolate

Artigiani e artisti del cioccolato delizieranno il pubblico con degustazioni, show e tantissime tentazioni. Dove: Mostra d’Oltremare Quando: Dall’8 all’11 dicembre Prezzo: € 3 adulti, € 1 bambini

“Di nuovo buonasera… a tutti” è il nuovo spettacolo con cui Gigi Proietti affronta vicende e vicissitudini di Roma, città eterna. Musica, varietà e gag vecchie e nuove saranno le protagoniste della sua performance. Dove: Teatro Augusteo Quando: fino all’11 dicembre 2011 Prezzo: Da € 40 a € 65

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CULTURA

ULISSE

UN VIAGGIO È TALE SOLO SE POI SI FA RITORNO A CASA DI CONCETTA RUSSO

I

l tema del viaggio come metafora della vita è sempre stato, fin dalla letteratura epica, largamente adoperato. Ed è proprio dalla letteratura epica e dalla figura mitica di Ulisse, Re di Itaca, che bisogna partire. L’eroe Acheo di Omero è personaggio troppo noto per aver bisogno di presentazione: valoroso eroe di guerra, combatte per dieci anni per poi passarne altrettanti dieci cercando di ritornare alla sua amata Itaca. Ciò che però colpisce della maestosa opera Omerica intorno alla vicenda di Ulisse non è tanto il viaggio in sé per sé, bensì i pericoli, le tentazioni e le prove che l’eroe ha dovuto affrontare per far ritorno in Patria. Ulisse è il prototipo del viaggiatore: astuto, intelligente e assetato di conoscenza. Per Omero, il significato del viaggio risiede so-

prattutto nel percorso che il poeta fa compiere all’eroe ed il viaggio diventa così un modo per conoscere e per conoscersi, per sfidare i propri limiti, per vedere fin dove ci si può spingere fisicamente e interiormente. Ulisse, infatti, è anche un uomo fortemente legato alla sua famiglia e alla sua patria. Ciò nonostante, ha scelto di non tornare subito a casa dopo la guerra e di continuare a “conoscere”. La sua brama di conoscenza non ha limiti e nemmeno il pensiero di tornare dalla sua famiglia riesce a fermarlo. Questa sua bramosità porterà Dante, secoli dopo, a inserire il condottiero acheo nel canto XXVI dell’Inferno (Divina Commedia), nella bolgia dei consiglieri fraudolenti. L’Ulisse “di Dante” sfida le leggi divine e abusa del dono dell’intelligenza fattogli da Dio. Due facce della stessa medaglia: Omero, da un lato, esalta le virtù dell’ eroe e dall’altra Dante, le stesse virtù, le condanna.

Ma cosa c’è di più bello, di più avvincente e di più prezioso dell’esperienza che può lasciare un viaggio? Conoscere ciò che è diverso, perché il diverso aiuta ad accettare e a comprendere meglio sé stessi. Aprirsi all’ignoto in modo che ogni attimo diventi una nuova avventura. Superare barriere che magari la nostra testa ci aveva, erroneamente, imposto. Conoscere e visitare nuovi luoghi, imparare a confrontarsi con l’altro e a rispettarlo. E non solo. Anche un viaggio non “fisico” ma spirituale, interiore, è un’esperienza che tutti, prima o poi, siamo portati a fare. Riscoprire e riscoprirsi. Tentare di scavare nella parte più profonda di sé stessi per ricominciare, per ritornare. Perché un viaggio è tale solo se poi si fa ritorno a casa. Proprio come Ulisse. “O frati”, dissi “che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanennzate non vogliate negar l'esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra miglia semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Canto XXVI dell’Inferno (Divina Commedia)

Marcel Proust affermava: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Talvolta, infatti, non occorre andare necessariamente lontano. Basta solo guardare le cose, i luoghi e le persone, da un'altra prospettiva.

Telemachia

8.00

Dopo una tempesta si Ulisse viene aiutato da- sveglia su una spiaggia gli Dèi a lasciare l’isola e incontra Nausicaa, della Ninfa Calipso, inizia il racconto delle innamorata di lui avventure

8.00

11.00

Presentazione di Leopold Bloom prepara Al funerale dell’amico Stephen Dedalus: dove la colazione a sua moPaddy Dignam, Bloom vive, cosa fa, e suo glie e legge una lettera riflette sulla morte del figlio monologo interiore di sua figlia e il suicidio di suo padre FREE PRESS MENSILE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 0 . capitolo 2

Nella terra dei Ciclopi, uccide Polifemo con un inganno

Presso l’isola della Maga Circe, alcuni compagni di Ulisse vengono trasformati in maiali

14.00

16.00

Stephen spiega le sue teorie su Shakespeare

Bloom pensa alla moglie col suo amante e ascolta il padre di Stephen cantare


MYGENERATION

ULYSSES

VIAGGIO FRA TRADIZIONE E SPERIMENTAZIONE

DI GABRIELE BASILE

"T

he historical sense compels a man to write not merely with his own generation in his bones, but with a feeling that the whole of the literature of Europe from Homer and within it the whole of the literature of his own country has a simultaneous existence and composes a simultaneous order.” Con queste parole T.S. Eliot nel saggio “Tradition and the Individual Talent”, invita la nuova generazione di artisti a fare i conti con la ricca tradizione letteraria europea, partendo proprio da Omero. Il Modernismo infatti, pur nella sua fase più iconoclasta, ha sempre mantenuto un certo legame con la tradizione, auspicando non la cancellazione delle precedenti forme espressive, ma una loro rielaborazione, volta ad esprimere la crisi delle coscienze in seguito alla Guerra e alla perdita di fiducia in una realtà ormai non più oggettiva e trasparente. In questo contesto, James Joyce pubblica “Ulysses”, probabilmente il romanzo più dirompente del secolo scorso: la narrazione segue Leopold Bloom, novello Ulisse, durante le sue peregrinazioni per la città (altro locus per eccellenza del movimento modernista) di Dublino, il giorno 16 giugno 1904, attraverso

Discende nell’Ade e interroga l’indovino Tiresia

17.00 Bloom visita un pub e ha un’accesa discussione con un cittadino antisemita e feniano

Si fa incatenare all’albero maestro per ascoltare il Canto delle Sirene

20.00 Bloom osserva una ragazza sulla spiaggia, abbandonandosi a fantasticherie su di lei

diciotto capitoli che richiamano più o meno esplicitamente altrettanti episodi del poema omerico. Aldilà della trama e della struttura, la vera protagonista dell’opera è la lingua: Joyce lavora minuziosamente sulla parola, esplorando vari tipi di stili e ricorrendo a neologismi, giustapposizioni, parole inventate, interminabili elenchi, frasi incompiute e altre figure di stile. Il virtuosismo dell’autore irlandese raggiunge il culmine nel Capitolo 14 “Oxen of the Sun”, in cui Bloom visita una partoriente. La vicenda è divisa in nove sezioni (come i mesi della gravidanza), ciascuna delle quali corrisponde ad una fase e uno stile della lingua e della letteratura inglese: dalla prosa latinizzante delle origini ad un incomprensibile slang moderno. Scopo di questo viaggio è dimostrare quanto ciascuno stile non sia riuscito a comunicare: insistendo su un singolo aspetto della realtà, si andrà automaticamente a tralasciare i rimanenti. Chiude il romanzo il Capitolo “Penelope”, interamente dedicato al monologo interiore di Molly, la moglie di Leopold; Joyce aveva già fatto ricorso allo stream of consciousness,

Evita la furia dei mostri Scilla e Cariddi

ma in questa occasione spinge la tecnica alle estreme conseguenze: in otto enormi frasi (la più lunga delle quali composta da ben 4931 parole), la sintassi e l’ortografia vengono letteralmente fatte a pezzi, allo scopo di restituire la fluidità e l’incessante divenire del pensiero umano. Sono passati quasi cento anni dall’inizio della stesura del romanzo, e generazioni di studiosi si sono confrontati con esso, restituendone giudizi e letture spesso diametralmente opposte; eppure quest’opera conserva inalterato il suo fascino e la sua potenza espressiva. Forse la sua bellezza risiede anche nella sua inafferrabilità; d’altronde l’autore stesso affermò:“I've put in so many enigmas and puzzles that it will keep the professors busy for centuries arguing over what I meant.” E così è puntualmente accaduto.

Eccles Street 7, Dublino: l'abitazione di Leopold Bloom

I compagni di Ulisse sono folgorati per aver mangiato le bestie sacre al Dio Sole

22.00

24.00

Bloom visita una partoriente, quindi va con Stephen a bere in un pub

Stephen e Bloom visitano un bordello, litigano con dei soldati inglesi e hanno allucinazioni

Ritorna ad Itaca, uccide i Proci e si ricongiunge alla fedele sposa Penelope.

Monologo interiore di Molly Bloom


CULTURA

AGLI ALBORI

DELL'ONORE Come la politica aprì la strada alla camorra

DI FRANCESCA PAONE

N

umerose sono state, nel corso della storia, le finestre aperte sulla realtà napoletana, tanto attraverso l'interpretazione artistica quanto tramite l'analisi letteraria. Per meglio comprendere ciò che accade oggi in questi luoghi, è interessante ripercorre le origini di un popolo e di una città, dalle mille contraddizioni. Seguendo il filo di una vastissima e preziosa tela storica, con l'Unità d'Italia vede la luce un nuovo corso politico, insieme al quale si spalancano le porte di un altrettanto nuova letteratura, di tendenza realista. In questo particolare e delicato periodo, gli scrittori e i giornalisti che vogliano posare lo sguardo su Napoli sentono un inedito bisogno di verità, oggettività, d'indagine e di scoperta. Sono messe a nudo realtà mai scritte, mai denunciate, presentate su un vassoio di

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dubbi e debolezze, in cerca di giustizia, responsabilità e rimedi. L'orizzonte delle nuove opere di fine Ottocento presenta tematiche sorprendentemente e tristemente attuali, che stupiscono il lettore moderno, con un retrogusto amaro d'irrisolto. È il caso delle prime testimonianze sulla camorra, tra le quali si annoverano le lettere (raccolte nell'opera postuma "Le prime lettere meridionali") di Pasquale Villari, storico e politico italiano. Questi fu senatore del Regno d'Italia nella XV

nascita del fenomeno camorristico. In particolare, punta il dito contro il governo borbonico, che si servì, in una certa fase del proprio dominio, del potere camorristico per assicurare l'ordine con terrore e illegalità. Col permesso delle autorità borboniche, la camorra si espanse e attecchì con prepotenza nei più svariati ambienti, infiltrandosi <<in tutto il popolo>> e <<in alcuni reggimenti>>. Un altro passo falso, forse fatale per il destino della legalità napoletana, fu compiuto da Liborio Romano, ministro dell'Ine della Polizia dal 1860, il quale, Col permesso delle autorità terno per far cadere i Borbone, arruolò nel borboniche, la camorra si corpo di polizia i camorristi più pericolosi, servendosi della loro influenza espanse e attecchì con per distruggere dall'interno le forze prepotenza nei più svariati fedeli ai sovrani. Fu un gravissimo errore: una volta che la camorra fu inseambienti, infiltrandosi <<in rita tra le fila delle autorità, in nessun tutto il popolo>> e <<in modo sarebbe stato possibile tornare indietro. Così, l'Italia Unita ereditò la alcuni reggimenti>> terribile piaga camorristica, in principio sottovalutata e associata, dinanzi legislatura e partecipò ai moti napoletani del alla legge, agli oziosi, ai vagabondi e alle per1848 contro i Borbone. Nelle sue lettere, Vil- sone sospette. Non si conosceva ancora, o si lari analizza la questione meridionale, sotto- fingeva di non vedere, l'entità del male che lineando eventi storici che hanno favorito la affliggeva Napoli.

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Al contrario, ci fu chi, come lo scrittore, drammaturgo e giornalista Francesco Mastriani studiò approfonditamente il tema. Nella sua opera, "I vermi" (1864), Mastriani presenta un Codice della camorra, estrapolato integralmente da un opuscolo anonimo e senza data, dal titolo "Natura ed origine della misteriosa setta della camorra nelle sue diverse sezioni e paranze. Linguaggio convenzionale di essa, usi e leggi" (conservato presso la Società Napoletana di Storia Patria): [a] L’individuo chiamato a far parte dell’associazione deve pria di essere ammesso prestare il suo atto di sottomissione e cieca illimitata ubbidienza [...]. [b] Il capo di società ed i camorristi proprietarii della sezione si riuniscono in un dato luogo. [c] Sopra di una tavola sarà apparecchiato un pugnale, una pistola carica, un bicchiere contenente del vino, oppure acqua che si presume essere avvelenata; e ciò che fa d’uopo per l’operazione d’un salasso. [d] Seduti secondo il grado in giro della tavola staranno i summensionati capi della sezione. [e] S’introduce il nuovo ascritto accompagnato da un salassatore appartenente alla associazione [...]. [f] [il salassatore] opera sullo stesso [ascritto] un salasso al braccio sinistro [...]. [g] Il tamurro [...] dopo l’operazione prende questo nome [...]. [h] intinge la mano dritta nel proprio sangue e giura su di esso, per la vita, di mantenere il segreto ed essere pronto, ubbidiente, o fedele agli ordini che gli verranno imposti [...]. [i] poscia prende il pugnale e ne infigge la punta sulla tavola [...]. [l] prepara il cane della pistola e prende il bic-

chiere, che fa mostra di accostare al labbro. [m] Ad un cenno del capo di società, pone innanzi allo stesso il bicchiere e la pistola [...]. [n] questi [il capo di società] si alza dal suo posto [...]. [o] con la destra scarica in aria la pistola [...]. [p] pone la mano dritta sulla di lui testa e frande a terra il bicchiere preteso avvelenato. [q] lo rialza, toglie il pugnale dalla tavola, lo ripone nella guaina e ne fa dono al tamurro che abbraccia e viene abbracciato in segno di fratellanza dai camorristi proprietarii che assistettero al giuramento. [r] Un camorrista proprietario viene delegato dal capo di società onde faccia riconoscere il tamurro alla paranza cui è stato addetto [...]. [s] Nel riconoscimento da camorrista in sopra, si presenta dal capo di società alla intera sezione, o buona parte di essa, col dire: “Riconoscete l’uomo”. Questo documento, per la prima volta, dimostrò il fatto che la camorra fosse organizzata come vera e propria setta, anzi, come Stato alternativo, fondato sulla disperazione delle classi più povere, e con leggi, riti, strutture, già allora, ben definiti. Altra testimonianza interessante, fornita sempre da Mastriani, è un piccolo vocabolario dei termini camorristici noti all'epoca, tra cui: Accrastatore «aggreditore». Asparago «carabina». Base «qualche mico (persona derubata o da derubare) sicuro od almeno probabile». Crovattino «fare un cravattino, “strangolare”». Feroce «birro di polizia». Imperatore chi nelle carceri «prende il so-

pravvento su tutti per qualche fatto di straordinario coraggio o di singolare ardimento». Micco «la persona derubata o da derubare». Pozzaio «ladro esperto nel penetrare nelle altrui case per gli acquedotti de’ pozzi». Razzo «'o tamurro, primi gradi nella milizia della camorra». Volante «ladro che acchiappa al volo l’oggetto rubato da un altro», oppure «ladro che trafuga gli oggetti rubati». Zoccola «luogo sotterraneo». Zompata «duello de’ camorristi». Grazie a intellettuali come Villari e Mastriani, fu possibile svelare, almeno in parte, i misteri del mondo camorristico, che aveva cominciato a corrodere le fondamenta morali, politiche e sociali della città. Pochi compresero appieno il cambiamento e la maggior parte degli studiosi e dei politici del tempo, lo sottovalutarono. Eppure, due stati, quello italiano e quello camorristico, cominciarono a vivere fianco a fianco, destinati a combattersi, ma anche a fondersi nella corruzione, a creare strade parallele e poi a incrociarsi, sacrificando giustizia, vite umane e ideali. È dunque importante apprendere, informarsi e ricordare, perché la storia possa insegnare a non commettere gli stessi errori del passato.

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CULTURA

CIMITERO DELLE

FONTANELLE Napoli cela una grotta crocevia di vite e di memorie foto di MARCO BEVILACQUA

DI CARLA BOCCADIFUOCO E FRANCESCA BOCCADIFUOCO

carla.boccadifuoco@mygenerationweb.it francesca.boccadifuoco@mygenerationweb.it

I

l desiderio di essere ricordati per Sempre. Il bisogno intimo di sapere che qualcosa di noi rimarrà su questa terra, che il nostro nome continuerà a risuonare anche quando l’avremo abbandonata. La necessità spasmodica di lasciare traccia della propria esistenza, segni del proprio passaggio, che possano legarci indissolubilmente al mondo che abbiamo abitato. Il terrore che quel che siamo stati e che ci è appartenuto in vita possa non essere riconosciuto a noi soli, ma cadere nell’oblio, come se mai fossimo vissuti; la paura che altri possano essere erroneamente vestiti della nostra identità, paura di confondersi.

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Questi e simili pensieri prendono forma nella mente del visitatore, alla vista di quello spettacolo della storia di Napoli rappresentato dal Cimitero delle Fontanelle. Schiere di volti senza fattezze e senza nome, allineati e ordinati con cura, come se così si potesse fare anche con la vita degli uomini: prenderla, stirarla e piegarla, riponendola per sempre. Una storia che ha inizio nel XVII secolo, quan-

di chi non poteva permettersi una dimora eterna al di sotto di una chiesa, come allora si usava fare. I resti di queste persone furono raccolti, così, in un’immensa cava di tufo (l'antico ossario si sviluppa per circa 3.000 m2, e la cavità è stimata attorno ai 30.000 m3), sita nel quartiere della Sanità che, esaurito il compito iniziale di fornire materiale edificatorio, divenne una vera e propria necropoli. La svolta nella storia del cimitero avviene nel 1872, quando il parroco della chiesa di Materdei, Don Gaetano Schiere di volti senza fattezze e Barbati, assistito da numerose senza nome, tutti ben ordinati e donne “maste” (dotate di enorme e ammirevole senso del disposti precisamente, come se coraggio dovere), si dedica ad un’opera di ordinamento delle ossa anonime così si potesse fare con la vita cimitero, sistemandole nella degli uomini : prenderla, stirarla e del disposizione che ancora oggi ospiegarla, chiudendola per sempre serviamo. Fu così che, terminato il lavoro di riordino, in conseguenza del continuo contatto con quei do, in seguito a carestie, eruzioni, terremoti teschi senza nome e senza storia, venne alla e le due epidemie di peste e di colera, sorse luce un sentimento intimo e sincero, volto la necessità di trovare un luogo, che potesse alla protezione dei resti. custodire i corpi di migliaia di morti. I corpi I fedeli, cui era consentito liberamente l’ac-

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MYGENERATION cesso al cimitero, diedero origine ad un rito di adozione, diretto a garantire ai corpi dei morti il “refrisco”, ossia il refrigerio che avrebbe alleviato le pene del Purgatorio alle anime dei morti, in cambio di ricompense per i fedeli dediti a tale occupazione. Si narra che le “anime pezzentelle” apparissero in sogno ai visitatori, supplicandoli perché avessero cura delle loro reliquie e pregassero per loro. Quel che si verificava poi, era una vera e propria adozione delle anime: avvenuta da parte del fedele la scelta del teschio che si voleva proteggere, era garantita a quest’ultimo ogni cura ed attenzione: da un morbido cuscino su cui adagiare il cranio, al dono di rosari e ogni forma di amuleti, fino a vere e proprie casette in legno, in cui tuttora alcuni dei teschi sono conservati. Naturalmente, qualora le anime, grate per le cure dei fedeli, avessero realizzato le loro preghiere e speranze, avrebbero allora ricevuto una collocazione ed un trattamento d’onore, che le avrebbero distinte da tutte le altre e la loro fama avrebbe rapito l’attenzione di molti altri visitatori.

schio, tutt’oggi ben sistemato su un cuscino all’interno di una cassetta, adornato di rosari e doni votivi e caratterizzato dal colore scuro delle cavità oculari. Pare infatti che l’anima cui appartenevano i resti dei quali si era devotamente presa cura una Ah, che vuol dir morire! Nes- giovane desiderosa di sposarsi, avesse realizzato la preghiera suno, nessuno si ricordava della fanciulla, facendole tropiù di me, come se non fossi vare marito. La leggenda vuole che, il giorno delle nozze, un mai esistito…” capitano spagnolo si aggirasse Luigi Pirandello tra gli invitati e che si permise addirittura di fare l’occhiolino alla novella sposa, ricevendo in cambio un pugno da parte del marito di lei, Fu così che, nel tentativo di dare alle ossa (e il quale, accortosi dell’avance, si era sentito alle anime) un nome, una storia, quasi come ferito nell’orgoglio. Ad ogni modo, furono cese ciascun teschio pregasse d'essere rico- lebrate le nozze e, il giorno dopo, la coppia si nosciuto, ebbero origine numerosissime recò per rendere grazie al teschio che aveva leggende, legate a quella che si immaginava reso possibile la loro unione, ma questo non fosse stata la vita di quanti erano finiti al Ci- era più come prima! Aveva infatti perso il colorito candido delle ossa e, come un grande mitero delle Fontanelle. Tra le più note e misteriose, senz’altro quella livido, aveva un occhio nero! I giovani sposi, del “Capitano”, appellativo attribuito a un te- ricordando l'episodio del giorno prima, sba-

lorditi e terrorizzati, raggiunsero il Capitano nell’altra vita, morendo d’infarto. I loro corpi abbracciati, in un’unica bara, sono un commovente spettacolo che accoglie i turisti poco dopo l’ingresso al cimitero: sono gli “Sposi”. Tuttavia, solo alcuni tra le migliaia di teschi hanno ricevuto il dono di una fama tramandata nei secoli e giunta fino a noi: gli altri, appartenuti a esseri umani che hanno condiviso la nostra terra, che hanno avuto ricordi e sentimenti, oggi, agli occhi di molti, altro non sono che ammassi di ossa senza valore e senza rilievo, il cui passato è stato cancellato per sempre. Il dramma rappresentato dalla perdita d’identità, patito dagli abitanti di quello strano cantiere, crocevia di vite e di memorie, è stato preso a cuore dalla mentalità popolare napoletana, che ancora oggi è profondamente devota al culto delle anime “pezzentelle”, nei confronti delle quali si sente in dovere di assicurare protezione eterna.

il nome Il nome è dovuto alle origini naturali della cava : la "Lava delle Vergini", un torrente di acqua, detriti e fango, che colava dalle colline dei Colli Aminei, ha inciso per millenni le strade di tufo di una zona ricca di sorgenti di acqua, il quartiere Sanità. Per questo motivo, una delle strade principali del quartiere prese il nome di "Via delle Fontanelle". Lungo la via, per il passaggio del torrente, si formarono numerose cave che sarebbero poi divenute, nel XVII secolo, in un periodo di grandi cataclismi ed epidemie, l'unico luogo dove poter seppellire le salme della migliaia di morti

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CULTURA

MYGENERATION

la strofa sul sofà

TOMAS TRANSTRÖMER:

L’ARTE DEL SILENZIO E DELLA NEVE “Scopro orme di capriolo sulla neve. / Lingua senza parole”: così scrive in una sua poesia Tomas Tranströmer, Premio Nobel per la letteratura 2011. Diciamoci la verità, pochi, pochissimi in Italia conoscevano il poeta svedese prima che fosse “incoronato” dai suoi connazionali. Poco male perché l’avvenimento càpita in un momento storico-politico alquanto preciso e soffocante e càpita, come si dice, a fagiolo. Dunque una nevicata che copre di silenzio è precipitazione benedetta. In effetti il poeta stesso, a un certo punto della sua produzione, si presenta al mondo, giace in esso con un lucido

progetto: la cura del silenzio, il contatto con un metalinguaggio capace di curare le ferite prodotte dal suono duro, violento. Non un silenzio/assenza, si badi bene, ma un silenzio dove si possa recuperare la fondamentalità delle cose e delle esistenze. Tutto ciò di cui necessitiamo oggi. Pubblicato in Italia in modo organico dall’editore Nicola Crocetti con “Poesia dal silenzio”, Tranströmer è un provocatore senza volerlo - per eccellenza in una società pullulante di stridii, rumori, azzardi sonori, parole deresponsabilizzate. Lavorando in controtendenza, ha reso palese una necessità: quella della riflessione feconda e del ritorno alla parola vera, non toccata. Ma per partecipare anche noi a tutto questo, abbiamo bisogno di un deserto ritrovato nel quale prenderci un posto, sederci e tornare a pensare. Dobbiamo volerlo.

TOMAS TRANSTRÖMER

Nato a Stoccolma nel 1931, psicoterapeuta, poeta e pianista, è apparso in Italia per la prima volta nel 1999 ma il primo libro organico è pubblicato da Crocetti, nel 2004, col titolo “Poesia dal silenzio”. La cura delle opere del poeta è affidata, oggi, a Maria Cristina Lombardi. È uscito da poco, sempre per Crocetti, il volume "Il grande mistero" che raccoglie anche una selezione di haiku.

concorso Riaprono i bandi di tura per di Subway-Lettera rittori di aspiranti poeti, sc tori under racconti e illustra al sito: www. 35. Tutte le info ra.org subway-letteratu

PAGINA A CURA DI ANNA RUOTOLO

Dal marzo ‘79 Stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua, Sono andato sull’isola coperta di neve. Non ha parole il deserto. Le pagine bianche dilagano ovunque! Scopro orme di capriolo sulla neve. Lingua senza parole.

Sfere di fuoco Nei mesi oscuri la mia vita scintillava solo quando ti amavo. Come la lucciola si accende e si spegne, si accende e si spegne, - dai bagliori si può seguire il suo cammino nel buio della notte tra gli ulivi. Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata e senza vita ma il corpo veniva dritto verso di te. Il cielo notturno mugghiava. Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.

MYG CONSIGLIA Un passaggio veloce e sorprendente da un silenzio auto-inflitto ad una nuova “compagnia della parola” è il lavoro di Elia Malagò nel suo ultimo libro di poesie. Un volo alto e umanissimo insieme. Una parola che scuote e torna alla vita. Dal silenzio all’urlo. Dalla gestazione al parto. Elia Malagò - Incauta Solitudine (Passigli) €14,00. In 128 brevi prose poetiche, Franco Arminio immagina in che modo scriverebbero i morti a coloro che rimangono sulla terra, come racconterebbero il loro viaggio, quali segreti ancora avrebbero da dire. In un silenzio irreale rotto dalle cose di tutti i giorni che riprendono vita e calore. Franco Arminio - Cartoline dai morti (Nottetempo) €8,00. Premio Nobel 2011 per la letteratura, T. Tranströmer è stato tradotto in quarantasei lingue. Quest’opera è il condensato delle sue immagini “dense e limpide”. Varchi si aprono e nuove conoscenze fanno il loro ingresso. Sotto una luce nuova e sempre valida. Tomas Tranströmer - Poesia dal silenzio (Crocetti) €18,00.


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YOURGENERATION Come vedete la nostra generazione? Che significato ha per voi? Cosa non è e cosa vorreste che fosse? Cosa vi trasmette questa rivista? Un pensiero tra carta ed esperienza, tra informazione e vissuto.

YOURGENERATION IS . . . “..una rivista potente :D”

Fabio Castellanio

“...un racconto dal finale aperto”

Giuditta Albemi

“...pillole di ipocrisia” Federico Tivone

“...un giornale pericolosamente autocelebrativo”

Dario Doati

Vogliamo le vostre idee, opinioni, proposte, critiche sulla nostra generazione e sul nostro giornale in una frase, un concetto!

Inviateci tutto a yourgenerationis@mygenerationweb.it

Le migliori saranno pubblicate!


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ELIO GERMANO

IL CORAGGIO DI INTERPRETARE LA REALTÀ

DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

"S

iccome i nostri governanti in Italia rimproverano sempre, al cinema, di parlare male della nostra nazione, io volevo dedicare questo premio all'Italia e agli italiani, che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente.” Queste parole sono state pronunciate da Elio Germano a Cannes, quando in occasione della sessantatreesima edizione del “Festival di Cannes” ha ricevuto il premio come migliore interpretazione maschile per il suo ruolo ne “La Nostra Vita” di Daniele Lucchetti. Elio è un ragazzo dalla faccia pulita, ma anche dalla faccia da schiaffi. Comincia presto ad approcciare la macchina da presa, la prima esperienza è al cinema con “Ci hai rotto papà” (1992), poi teatro, ma soprattutto tanta televisione e fiction negli anni della adolescenza, ed infine di nuovo il grande schermo, la sua dimensione naturale. Gavetta e determinazione ci mette da parte sua Elio, ma poi il resto lo fa il destino, un talento enorme ed una viso dall’espressività inconfondibile

sono le grazie di cui gli ha fatto dono qualche Musa, lì sul monte Elicona. Il ragazzino romano, è ormai un maturo trentenne che guarda alla vita ed al cinema con l’esperienza di chi ha interpretato ruoli complicati, ambiziosi e generazionali. Dai primi anni duemila comincia a caratterizzarsi per la sua capacità di vestire di realismo i personaggi da lui interpretati, anche grazie ai maestri con i quali collabora: lavora giovanissimo con Ettore Scola, è nel casti di “Quo Vadis, Baby?” diretto dal premio Oscar Gabriele Salvatores, ed interpreta il sorcio nel cult “Romanzo Criminale” di Michele Placido. È un giovane fascista pentito al fianco di Riccardo Scamarcio in “Mio fratello è figlio unico”, nel quale le tematiche dei rapporti familiari si intrecciano con quelle di un’Italia fasciocomunista, la sua interpretazione di Accio gli varrà il David di Donatello al migliore attore. È straordinario ne “Il passato è una Terra straniera”, pellicola nella quale veste i panni di un insoddisfatto laureando in giurisprudenza della borghesia barese, che ad un solo esame dalla laurea decide di sconvolgere completamente la propria vita, lanciandosi disperatamente alla ricerca del brivido che dia un senso alla sue giornate; abbandona gli studi ed in compagnia di un discutibile amico ( un bravissimo Michele Riondino n.d.r.) entra

in un vortice di gioco d’azzardo, violenza e droga. Il nostro Elio, non è, però, solamente impegno cinematografico, ma dal cinema e dai personaggi che ha interpretato l’attore romano ha potuto mutuare lo spirito selvaggio e la spinta ad essere disposti anche ad urlare quando non c’è nessuno lì pronto ad ascoltare. Lo abbiamo visto in questo caldo autunno delle piazze schierarsi al fianco, anzi sarebbe più corretto scrivere in prima fila con gli indignados italiani. Lasciando per un momento da parte quelle che sono le considerazioni personali che ognuno ha maturato riguardo le modalità con le quali, e le motivazioni che spingono gli indignados spagnoli, italiani, oppure i ragazzi di Zuccotti Park a New York a manifestare contro un sistema ritenuto marcio, fraudolento e gerontocratico, l’impegno civile di Elio Germano spalla a spalla con i suoi coetanei è un segno di grande speranza. Il talento, il successo, la forza di riuscire a comunicare devono essere uno strumento per sanare la frattura con la propria generazione, senza perdere il contatto con la realtà, ma dando voce attraverso il proprio volto a chi non verrebbe ascoltato. Non c’è dubbio Elio Germano è un vero MANGENERATION.

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SCIENZE

WELCOME TO

DRUGLAND Un irriverente viaggio nella droga DI MARCO TERRIBILE ED EMANUELE ZAPPIA

marco.terribile@mygenerationweb.it emanuele.zappia@mygenerationweb.it

Vedo la gente che si squaglia, il mondo che crolla di fronte a me, i cespugli diventano mostri e credo di star parlando da un po’ di tempo con una caffettiera. Vago trasognante tra colori mai percepiti, gusto suoni, annuso le mie parole … in balia di emozioni indescrivibili allibisco dinnanzi ad un neonato che cammina sul sof�itto, tutto si rallenta e questo strano viaggio termina con me riverso sul pavimento, con la bocca aperta, con la coscienza af�idata ad un sudicio rivolo di bava. MYGENERATION ha deciso di trattare con ironia ed irriverenza il tema della droga, tra allusioni e pericoli, tra citazioni e seri interrogativi.

viaggio Relax tour in un resort Jamaicano musica Ganja gun – Bob Marley

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CANNABIS Maria Giovanna, kif, pot , grass, bhang, ganja, weed, erba tanti nomi per la droga più sottovalutata e in voga da sempre: la marijuana. Prodotta dalla canapa indiana i suoi effetti euforici prima e rilassanti poi sono dovuti al noto principio attivo THC (tetraidrocannabinolo); quello che la maggior parte delle persone ignora sono i suoi gravi effetti tossici che si palesano, perlopiù, sul lungo periodo: diminuzione del testosterone (il noto ormone “maschile”), la particolare incidenza di pneumotorace spontaneo (raccolta di aria

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nel cavo pleurico che circonda i polmoni) e la curiosa “sindrome amotivazionale” (giovani promettenti con cospicui vantaggi sociali perdono interesse per gli studi e la carriera ed entrano nella cultura della droga. Tuttavia è incerto se si possa ritenere che la droga sia il “primum movens” oppure non sia semplicemente una conseguenza della sindrome). Infine non dimentichiamo il dato più allarmante: chi fa uso di cannabis è predisposto maggiormente a provare “droghe maggiori” i cui effetti sono ancora più devastanti.


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COCAINA Sebbene anticamente le foglie di coca venissero utilizzate dagli indigeni delle Ande per sopportare la fatica, adesso al nome coca associamo la famosa polvere bianca ormai diffusa in quasi ogni ceto della società. Gli effetti di tale sostanza variano dalla diminuzione dell’ansia e dell’inibizione sociale ad una maggiore energia ed entusiasmo. I side-effects di questa droga sono vari e terribili, basti citare la vasocostrizione cerebrale (con conseguente rischio di ischemia

ed infarto cerebrale) e in caso di overdose può risultare fatale o portare al coma; ci teniamo a segnalare sul lungo termine, tra i tanti effetti, la disfunzione erettile (per lui) e anorgasmia (per lei). Inoltre invitiamo le gentili lettrici a non imitare il presunto comportamento di Paris Hilton: indiscrezioni non accertate sostengono che la nota ereditiera americana nascondesse bustine della droga in questione nella sua “casa delle delizie”, vi assicuriamo che non è una buona idea.

viaggio Impaccati di soldi verso “The Strip”, meglio conosciuta come Las Vegas musica Cocaine – Eric Clapton

LSD

viaggio L’annuale festival della “caccia al bianconiglio” presso “il paese delle meraviglie” musica Lucy in the Sky with Diamonds – The Beatles

Il più potente tra gli allucinogeni maggiori, sulla cui assunzione perfino il defunto Steve Jobs ha affermato: "one of the two or three most important things [he had] done in [his] life"! L’attrattiva del trip da LSD è grande sebbene il viaggio possa anche essere un vero incubo (bad trip); al momento dell’assunzione si manifestano eclatanti allucinazioni (tra le quali flash di colori, aloni luminosi intorno agli oggetti e più in generale difficoltà nel distinguere l’immaginario dalla realtà), perdita dei confini spaziotemporali e

false percezioni sensoriali. Il biglietto per questo viaggio ha però un costo molto alto e al suo acquisto non è chiaro il peso che potrà avere negli anni a venire. Demenza, depersonalizzazione, sguardo assente, bradilalia (rallentamento nell’articolazione della parola), lentezza intellettiva, flashback (ripresa delle sensazioni sperimentate a distanza anche di anni dall’ultima assunzione) e stati cronici allucinatori sono solo alcuni dei potenziali effetti negativi dell’LSD.

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TECNOLOGIA

VIAGGIO NELLO

SPAZIO La realtà all'inseguimento della fantasia

DI ALBERTO MARAOLO

C

os’è il viaggio? Agli albori della specie umana una necessità materiale, poi un luogo dell’anima: sete di conoscenza, metro per valutare i proprio limiti, volontà di superarli. Quale sfida più grande di un viaggio nel cosmo? Già nel II secolo a.c. la fantasia degli scrittori spediva l’uomo “in orbita”: si veda a proposito la “Storia Vera” di Luciano di Samosata, i cui protagonisti nello spazio incontrano i Seleniti, antichi extraterrestri. Nel XVI secolo Ludovico Ariosto manda Astolfo sulla Luna per recuperare il senno di Orlando, cosicché possa aiutare Carlo Magno a sconfiggere i saraceni. La “fantascienza” ha dunque origini antiche, e un merito: aver predetto molte delle conquiste umane, come il viaggio nello spazio. Purtroppo non c’è stato nella storia dell’u- dall’omonimo programma creato da Kennemanità propellente maggiore al progresso dy: il 21 luglio del 1969 Neil Armstrong, primo scientifico rispetto alla guerra, anche “fred- uomo sulla Luna, poté affermare: «One small da”: la corsa allo spazio cosmico ne è un step for man, a giant leap for mankind». esempio. Il primo round tra le due storiche E dopo di allora? Sembra essersi perso lo spipotenze USA e URSS andò agli americani, che rito dell’uomo proiettato verso altri mondi, in parte sostituisfruttarono razto dal business zi V2 catturati La “fantascienza” ha del turismo ai tedeschi per dunque origini antiche, e un spaziale messpedire in orbita moscerini della merito: aver predetto molte so in piedi da miliardari ecfrutta. I soviedelle conquiste umane, centrici come tici risposero lanciando prima come il viaggio nello spazio Richard Branson. cani e poi esseri Esattamente umani, uomini 42 anni dopo (Gagarin, aprile l’impresa di Armstrong, l’ultimo shuttle, At1961) e donne (Tereškova, giugno 1963). Restava il grande sogno: lo sbarco sul suolo lantis, ha toccato terra chiudendo un’epoca. lunare, viaggio vero e proprio, con una meta Eppure un altro mezzo si profila all’orizzonte: precisa e tangibile. Gli statunitensi batterono Skylon, navicella di progettazione britannii rivali trascinati dal carro di Apollo, o meglio, ca; è pensata per trasportare passeggeri e apparati satellitari, e rifornire la stazione

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Jurij Gagarin orbitante. Lo scopo è appoggiare future missioni anche sulla Luna e su Marte, quelle di cui Obama vagheggia: l’attuale presidente USA ha chiuso il programma Constellation di Bush causa crisi economica ma, conscio degli enormi progressi delle potenze emergenti come la Cina – che vuole arrivare sulla Luna nel 2025 – e India, ha dichiarato a luglio: «Manderemo astronauti su Marte alla metà degli anni 2030 e li riporteremo sulla Terra sani e salvi». C’è però un’altra possibilità, prospettata in un progetto USA – denominato “100-year Starship” perché dovrebbe realizzarsi entro un secolo – svelato da poco: il viaggio senza ritorno, con navicelle ospitanti un numero di astronauti tale da garantire continuità alle generazioni che si succederebbero sulla nave. Sarebbe l’inizio della colonizzazione umana dello spazio, concretizzazione delle fantasie di Asimov e di tanti altri profeti di una scienza poco “fantastica” e molto realistica.


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SCIENZE

IL VIAGGIO DELLA SUPPOSTA

MYGENERATION

Per mezzo d’un camin fui qui spedita sicché tra mille vene emorroidarie or solo aspetto d’essere assorbita. Vedevo mie colleghe, solitarie, andare a turno a quella foce stretta da cui, dicon le fonti letterarie, nessuna torna mai da chi l’aspetta, finchè restammo in due predestinate a quella grigia soglia maledetta. Facemmoci coraggio avviluppate nel biancolatte nostro incartamento con grande, in verità, difficultate poiché profondo in noi era lo spavento; fu allor che mia compagna mi diresse parole cupe ch’ancora rammento: “l’angoscie mie e le tue qui son le stesse ma nulla può mutar nostro terrore del piano ch’è del Dio che il fato tesse” ma mentre ella parlava fu un tremore: fui colta dalla lattea cattedrale che proteggeva me dal Sommo Autore. Calcata fui da Lui nel varco anale il qual presto s’arrese a lo mio ingresso per la virtù del cranio mio ogivale allor fui dentro quel canale flesso; sospinsemi in profundo peristalsi per l’ondeggiar del membranoso amplesso. Per quanto dei talenti miei m’avvalsi di compattezza e fine estro coesivo solo sul vento e l’umido prevalsi ma non sul forte attrito corrosivo che poco a po’, sfregando strato a strato, espose il mio nocciòlo curativo. Or che di quel che fui nulla è restato e mentre narro il retto mi divelle non consto che d’un grido disperato: fuggir di qui vorrei e veder le stelle.

Dario De Natale

dariodenatale@gmail.com

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NERDZONE

MASS EFFECT 3

La guerra per la salvezza dell’umanità volge al termine DI ROBERTO DE LUCA

roberto.deluca@mygenerationweb.it

I

l 2012 si preannuncia un anno davvero scoppiettante per i videogiochi. Molti personaggi da tempo scomparsi dai radar torneranno alla ribalta con nuove entusiasmanti peripezie, mentre alcune delle saghe più belle di questa generazione si concluderanno, nel bene o nel male. Una di queste è senz’altro la trilogia di Mass Effect, il cui terzo capitolo è previsto per un sempre troppo lontano Marzo 2012. Impersoneremo nuovamente il capitano Shepard, le cui (dis) avventure continueranno in questo capitolo conclusivo che molto probabilmente vedrà la battaglia finale per la salvezza dell’intera galassia, che dovrà difendersi dal terribile attacco dei Reapers, razza cosmica antichissima e senza alcuna buona intenzione. Dopo il fallito attacco alla Cittadella e la distruzione da parte del nostro equipaggio dell’ibrido semi-umano, i Reapers sono pronti a scagliare l’attacco più devastante mai concepito, di cui

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sviluppo pubblicazione data genere modalità di gioco

BioWare Electronic Arts 9 marzo 2012 Action RPG Giocatore singolo e Multiplayer cooperativo piattaforma PlayStation 3 Xbox 360 Microsoft Windows supporto DVD Blu Ray

abbiamo potuto vedere una minuscola anteprima proprio nelle scene finali del secondo capitolo. Per avere anche solo una minuscola chance di sopravvivenza, Shepard e il proprio equipaggio dovranno affrontare mille difficoltà per venire in possesso di un’arma abbastanza potente capace di fronteggiare il temibile nemico. Molte novità ci aspettano in Mass Effect 3: alcune di queste sono state presentate alla kermesse losangelina di Giugno, altre presentate nei mesi successivi. Di sicuro quello che ha lasciato i fan a bocca aperta è stata la compatibilità con il Kinect per la versione Xbox 360 del titolo. Questa inusuale feature però suscita interesse non tanto per il controllo di movimento (già abbondantemente rodato in altri titoli per la console Microsoft), ma piuttosto per i comandi vocali che potranno essere impartiti

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durante le sessioni di gioco. Attraverso il microfono incorporato all’interno della periferica, il giocatore potrà utilizzare la propria voce per dialogare con gli NPC del gioco, formulando con le parole la propria risposta, invece che selezionarla attraverso l’ormai conosciuto menù a scelta. Possibilità questa che oltre ad aumentare esponenzialmente l’immersione nel mondo di gioco, potrebbe velocizzare e rendere più fluido e continuo il sistema di dialoghi. Ma l’utilizzo “vocale” del Kinect non si ferma qui: infatti la nostra voce potrà essere adoperata anche durante i combattimenti, per impartire ordini di attacco, difesa o di semplice movimento da una copertura all’altra. In questo caso la differenza si sente eccome; la squadra di Shepard segue alla lettera ogni ordine impartitole, muovendosi senza alcun ritardo di calcolo e


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lasciando che l’azione non venga in nessun modo interrotta per selezionare la direzione, il bersaglio o l’attacco da eseguire. Durante la dimostrazione che il team Bioware ha tenuto all’E3 sono state innumerevoli le situazioni in cui l’impartizione dei comandi vocali risultava molto più consona rispetto ai comandi classici. Ma siamo davvero sicuri che l’utilizzo continuo dei suddetti comandi non risulti alla lunga essere noioso e ripetitivo? Una cosa è una presentazione da 10 minuti, in cui la novità è senz’altro vissuta con enfasi ed eccitazione, un’altra è ripetere (per 30 e più ore di gioco) a voce ogni singolo ordine ai nostri sottoposti per far sì che l’azione si svolga correttamente. Il discorso ovviamente non si pone per tutti quegli utenti che hanno deciso di fare a meno dell’esclusiva periferica Kinect, e che vivranno il gioco ed il suo gameplay

esattamente come hanno vissuto i precedenti. Poco nello svolgersi dei combattimenti cambia davvero, eccezion fatta per una lama olografica posta sul braccio di Shepard che gli consente di uccidere i nemici con spettacolari azioni corpo a corpo (già, pare proprio che Altair abbia dato origine ad una nuova moda). Il sistema dei talenti e del livello del protagonista sono stati leggermente rivisitati per aumentare la semplicità dei menù e garantire quindi una maggiore affinità con i giocatori meno navigati, pur non distaccandosi troppo da quelle meccaniche che tanto sono state apprezzate nel corso degli anni. Nonostante a Giugno fosse ancora presto per parlare di un significativo miglioramento grafico, fin’ora gli scatti e i video mostrati non hanno lasciato trapelare un eccessivo cambiamento dalle demo mostrate rispet-

tivamente a Giugno e Agosto di quest’anno. Bioware ci ha sempre abituati all’eccellenza con i primi 2 Mass Effect e siamo sicuri che anche in questo conclusivo capitolo non sia da meno. Nei minuti giocabili della demo abbiamo senza dubbio apprezzato una fluidità di movimento dei personaggi maggiore rispetto al passato ed un conseguente realismo dell’azione aumentato, che lascia spazio a manovre d’attacco affascinanti e strategie in movimento sublimi. La coordinazione e il rapporto tra i vari membri della squadra ha la sua fondamentale importanza anche qui e tralasciarlo molto spesso significa avere dei grossi problemi nel susseguirsi della campagna. Certo è che il profumo di epicità e di responsabilità in questo gioco grava come in nessun altro. Pochi programmatori riescono nella loro vita a trasmettere sensazioni così reali, ma Mass Effect 3 arriva dritto al cuore del videogiocatore, anche attraverso pochi minuti di una semplice demo. Marzo è maledettamente lontano ed i fan reggeranno a stento l’inestinguibile attesa che li separa dallo scontro finale per la continua della vita all’interno della nostra galassia; ma le premesse per un ottimo gioco ci sono tutte, e le implementazioni con il Kinect sembrano ottimamente incorporate con le meccaniche del gioco. Staremo a vedere se alla fine risulterà solo una mera trovata commerciale per ribaltare le sorti di una periferica che ancora fatica a decollare o una geniale intuizione di un team di sviluppo che ci auguriamo non smetterà mai di far sognare noi videogiocatori.

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COSPLAY CHE PASSIONE

Intervista a Gabriella Orefice in arte Mogu DI GIUSEPPE FEI ED EMANUELE ZAPPIA

giuseppe.fei@mygenerationweb.it emanuele.zappia@mygenerationweb.it

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hi frequenta le fiere del fumetto, dei manga e dei videogames avrà sicuramente notato negli anni l’aumento di figure bizzarre e affascinanti, ragazzi travestiti dai loro personaggi preferiti dei fumetti, dei videogiochi e dei film; scommettiamo che sarà addirittura capitato di scorgere uno show in cui si sono esibiti o anche delle competizioni ad hoc. Stiamo parlando del Cosplay un mondo misterioso ed intrigante di cui vogliamo svelarvi gli arcani.

Lamu - foto di Yuri Donnarumma Per meglio districarci in questo nuovo trend abbiamo intervistato Gabriella Orefice in arte Mogu, pluripremiata cosplayer italiana (vincitrice di varie edizioni del Comicon, Romics, Cartoomics e tante altre competizioni, la lista è lunga) e in ultima data vincitrice alle selezioni dell’ECG (European Cosplay Gathe-

ring) a Lucca Comics & Games 2011, vittoria che le permetterà di partecipare allo Japan Expo di Parigi insieme alla sua partner Nadia Baiardi rappresentando l’Italia in questo importante evento internazionale. Ma andiamo subito a svelare i segreti del Cosplay e di Mogu celati in questa intervista: Innanzitutto cos’è il Cosplay? Come lo definiresti? Il termine cosplay deriva dalla fusione delle parole inglesi “costume” e “play”, “costume” quindi vestito, costume, e “play” a cui darei la valenza di “rappresentare”, “impersonare” ma anche “giocare”. In definitiva fare cosplay significa immedesimarsi in un personaggio, trasformarsi, negli atteggiamenti e nell’aspetto, nel soggetto che si è decisi di interpretare.

Cloth Road - foto di Alessandro Zuffi www.cosmoplay.com

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E per te cosa significa fare cosplay? Diciamo che ci sono due modi di fare il cosplay: c’è chi con pochi mezzi e senza particolari accorgimenti riesce a fare un costume, anche ben fatto, ma che vuole solo vestirsi


MYGENERATION Stiamo parlando del Cosplay un mondo misterioso ed intrigante di cui vogliamo svelarvi gli arcani come il suo personaggio preferito e andare in fiera con gli amici; e chi, come me, è perfezionista, cura tutto nei minimi particolari, studia il personaggio e vuole riprodurne l’aspetto dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Non che gli altri non siano cosplayer, è solo un altro modo di viverla. La radice comune è una: il divertimento. Cosa ti diverte di più nel fare cosplay? In primis i conoscenti che alle fiere non mi riconoscono quando indosso il costume. La domanda “Ehi! Scusa, posso farti una foto?” ed io che rispondo “Guarda che sono io” mi riempie di soddisfazione. Significa che hai fatto un buon lavoro perché ti sei davvero trasformato nel personaggio. Ad esempio, quando interpreti un personaggio cattivo e i bambini si spaventano ed alcuni piangenti si nascondono dietro la mamma, bhé, (non giudicatemi male) è un vero spasso! Inoltre è impagabile la soddisfazione nel vedere, dopo tanta fatica e notti insonni, il risultato, l’aver dato vita ad un personaggio partendo da un mucchio di stoffa. Infine è gratificante la socialità che si crea nelle fiere tra i cosplayer, ormai posso dire che faccio parte di una nuova grandissima famiglia.

tresti decidere di rappresentare un soggetto in cui ti ritrovi o uno diametralmente opposto a te. Se ti innamori di un vestito ma ti senti distante dal personaggio che lo indossa è inutile, almeno per me, lavorarci sopra. Per fare un esempio nell’interpretare Elcadia di Lineage II, al Lucca Comics and Games del 2009, non ho sorriso per un intero giorno; se avessi trovato impossibile il non ridere per l’intera durata della fiera non avrei nemmeno tentato di creare il vestito. Inoltre c’è da considerare la propria fisicità rispetto a quella del personaggio; a piccole differenze si può sopperire ma se, come me, non si è molto alti non puoi certo interpretare una stangona di 2 metri. Infine, sopratutto se si è alle prime armi, non si deve puntare ad un vestito necessariamente complesso.

Quali sono i costumi, tra quelli fin qui creati, a cui sei più affezionata? Al moguri perché oltre ad essere il primo è piaciuto moltissimo e mi riporta alla mente molti bei ricordi; partecipai al Comicon vestita da uno dei miei personaggi preferiti solo per divertirmi, senza illudermi che il mio costume fosse apprezzato. Invece fu un successo. Alla seconda fiera c’era gente che si fermava a scattarmi foto, a indicarmi esclamando “guarda Mogu!”, da qui è nata la mia Come si sceglie il personaggio? passione per il cosplay e il mio nome Mogu, Devi sentire affinità con il personaggio, po- letteralmente appioppatomi dalle persone Asuka - foto di Demis Albertacci che mi avevano riconosciuto. Un altro è Elcadia di Lineage II non solo per come sono riuscita a renderla e per i premi ricevuti, ma anche perché facevo parte

Elcadia - foto di Miki Iwasaki di un gruppo in cui si rappresentavano anche gli altri personaggi del gioco, è stata una grande esperienza. Per concludere: consigli a chi vuole approcciarsi al mondo del cosplay? Di cominciare piano e non cimentarsi subito in costumi complessi. Il tempo, l’esperienza, la passione e il divertimento porteranno ad ottimi risultati. Infine tenere sempre a mente la ragione per cui si fa cosplay: take it easy and have fun! A conclusione di questa intervista dobbiamo dire che Gabriella ci ha mostrato un mondo complesso, competitivo. Ma la sua solarità, la sua passione e il suo comunicarci il divertimento che sta dietro anche alla sua opera più difficile e stancante ci hanno entusiasmato tantissimo e ci sembra più che doveroso farle i complimenti e gli auguri. Chissà che non ritroveremo in futuro Gabriella tra le pagine di MYGENERATION …

Per leggere l'intervista integrale

Visita il sito di Mogu

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NERDZONE

MAKE UP TUTORIAL 101 Come imparare i segreti del trucco in 10 minuti

DI SARA GAMBULA

sara.gambula@mygenerationweb.it

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ndecisa su come truccarti nelle occasioni più importanti o non hai la minima idea di dove trovare il costume perfetto per Carnevale o per Halloween? Ma soprattutto non sai come realizzarlo? Non preoccuparti esistono i video tutorial! Basta dare un’occhiata a YouTube, inserire uno dei nomi che vi elencherò di seguito, scegliere quello che più ti piace, seguire le istruzioni e il gioco è fatto. Questo incredibile fenomeno è largamente diffuso all’estero, specialmente negli Stati Uniti, mentre in Italia è recentissimo. Infatti i primi veri tutorial sono del 2008 firmati Cliomakeup, pseudonimo di Clio Zammatteo, che è stata la prima Make Up Artist a condividere la sua passione sul web e ad infondere la passione per il trucco a tante ragazze. Ma in cosa consistono questi tutorial? Professioniste o semplici appassionate si filmano mentre realizzano un determinato trucco,

commentando le varie fasi ed elencando i prodotti utilizzati. L’obiettivo di queste ragazze è di insegnare alle persone come truccarsi, specialmente a coloro che non hanno frequentato nessun corso, ma soprattutto vogliono mostrare ad un pubblico vastissimo le loro creazioni e la loro abilità. Per le più seguite c’é la possibilità di venir contattate dalle maggiori aziende di cosmetici che, per il lancio di nuovi prodotti, faranno realizzare alle ragazze dei tutorial promozionali. Attualmente aziende come Pupa, Lancome, Kiko, Deborah o Bottega Verde si sono affidate alle guru del trucco per la pubblicità in rete. Si possono trovare tutorial per qualsiasi genere di trucco, dal giornaliero al make up da cerimonia, da un trucco più estroso fino alla completa trasformazione. Le ragazze più famose qua in Italia sono senza dubbio, oltre a Cliomakeup, Pepperchocolate84 e Wklize. Sono molto creative, ma hanno due difetti: parlano decisamente troppo durante i tutorial e non hanno delle belle inquadrature, i loro video non sono belli da vedere ma semplicemente didattici. Un’interessante novità è rappresentata da LaCindina che, nonostante la sua sigla un po’ “tamarra”, realizza dei bei video e dei trucchi

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decisamente ben fatti ed anche facili da replicare. Oltreoceano la migliore è senza alcun dubbio MichellePhan. Non solo i suoi trucchi sono semplicemente fantastici, ma anche il modo in cui li realizza, come li spiega e la regia dei video è davvero ottima. Oltre al classico trucco, MichellePhan è molto brava anche con i travestimenti e fra i migliori vi sono quelli ispirati alle principesse dei classici Disney. Se invece volete trovare una sicura fonte di ispirazione per una festa in maschera, vi suggerisco iwanted2cu e dope2111, creatori di make up complessi ma non impossibili da replicare, ma di notevole effetto. Infine, se avete voglia di modificare completamente il vostro aspetto, joannadelilah è quello che fa per voi: una simpatica signora che è in grado di realizzare qualunque trucco, anche se le lavorazioni sono complesse, specialmente per chi non ha nessuna esperienza nel lavorare con argilla, lattice e con la creazione di calchi. Ora che vi ho fornito queste piccole chicche del web, non mi resta che augurarvi una piacevole serata di trucco in compagnia delle vostre amiche. Non dimenticate di inviarmi i vostri “esperimenti” alla mia email.


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BLURUM PREMIATI NAVIGANDO SUL WEB Accumula punti con la tua routine e richiedi subito il tuo regalo DI MARCO FUCITO

marco.fucito@mygenerationweb.it

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lurum, un's.r.l. italiana, ha di recente brevettato un sistema grazie al quale ogni ricerca sui motori come Google, e ogni sito visitato vale oro. L'idea è geniale e in America, Cina e India sta già spopolando. Il sistema può essere paragonato alla raccolta punti della benzina o del supermarket, con la differenza che è gratis: non dobbiamo comprare nulla ma semplicemente navigare sul web come facciamo quotidianamente. Come funziona: Quanti siti visitiamo al giorno? E quante ricerche effettuiamo quotidianamente? Da oggi ognuna di queste singole azioni quotidiane ci farà guadagnare punti: - Ricerche (Google, Yahoo ecc) da 1 a 25 punti in rari casi - Siti visitati: 1 punto - Siti aggiunti ai preferiti: 1 punto - Amici invitati: 50 punti Verrà attribuito un nuovo punto solo per ogni nuova ricerca mentre ogni giorno è possibile cliccare più volte sugli stessi preferiti, o aprire più volte lo stesso sito ed ogni volta ci verrà attribuito un altro punto.

Quali sono i premi? Il catalogo premi contiene praticamente qualsiasi oggetto attualmente in commercio: attrezzature per dj, computer, console di gioco, robot da cucina, reflex, videocamere hd, gps, SmartPhone, tv, gioielli, orologi, moto, articoli per lo sport, buoni sconto, ricariche telefoniche ecc. Quanto tempo ci vuole per ricevere il primo premio? Non è possibile stimare il tempo necessario in quanto ognuno di noi usa internet in modo diverso, ma i primi premi si hanno già con 345 punti, che con un uso medio-basso si ottengono in 4-5 giorni. Quanto vale ogni punto? Non esiste un valore in termini di euro per ogni punto, ma effettuando delle proporzioni è stato possibile stimare che i premi di fascia alta ogni punto vale quasi 3 centesimi. É sicuro? Il sito è di una s.r.l. Italiana con partita iva in bella mostra e con brevetto depositato, tutti sintomi di grande serietà e garanzia. Se volete delle garanzie pratiche vi basterà cercare su Facebook “Blurum Italia” e cliccare su foto: vedrete le foto dei premi che alcuni utenti hanno voluto condividere per testimonianza e personale soddisfazione. Come è possibile? Il meccanismo è molto semplice: Blurum salverà tutte le ricerche e siti visitati per poi rivendere tali informazioni a grandi aziende. Tali aziende, grazie a queste informazioni, potranno effettuare strategie di marketing mirate agli interessi reali dei clienti. Saranno ad esempio in grado di decidere se

comprare più telefonini Samsung o Motorola, o potranno inviarci della pubblicità mirata ai nostri interessi. Saremo noi a scegliere come ricevere la pubblicità (email, sms, telefono ecc) e anche in che orari. Privacy? Qualcuno di voi si starà giustamente chiedendo se valga la pena di vendere la propria privacy in cambio dei ricchi premi. Come è indicato nel contratto, Blurum fa della nostra privacy un imperativo, trattando i nostri dati personali in modo confidenziale. Ma ad ogni modo, per i più scettici, dovete sapere che ogni azione che compiamo sul web viene tracciata e schedata con o senza l'uso di questo sito. Facebook in primis, grazie ai cookie che ci inietta nel browser, traccia ogni nostro movimento, anche quando lo chiudiamo o ci slogghiamo. Google è in grado di dirci: interessi, l'istruzione ed età del visitatore medio per ogni sito, gli altri siti visitati e tanto altri ancora. Dunque Blurun non effettua nulla di nuovo, nulla a cui non siamo già soggetti durante la navigazione quotidiana. Come inscriversi: L'iscrizione è semplice e gratuita ed inoltre, se ti registri mediate invito, la tua scalata verso l'oggetto del desiderio partirà da 50 punti. Per ricevere l'invito manda una mail a marco.fucito@mygenerationweb.it specificando l'indirizzo email col quale credi di inscriverti. Riceverai a breve una mail contenente un link per l'iscrizione, cliccaci ed iscriviti; a fine procedura ti saranno accreditati subito 50 punti.

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STILISTA

NON CHIAMATELO

TENDENZE

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gni stilista che si rispetti ha nel suo DNA alcune parole chiave: creatività, sartorialità e provocazione. Colui che riesce ad avere tutte queste tre caratteristiche può essere definito un talento senza pari. Molti dei designers attuali arrivano ad averne una, al massimo due. Si tende ad esaltare l’aspetto provocatorio attraverso la spettacolarizzazione delle collezioni, e sempre meno spazio viene dedicato a creatività e sartorialità, di riflesso assistiamo a delle creazioni spaventose che solo il più ardito e sfrontato di noi avrebbe mai il coraggio di indossare. Creano dimenticandosi che l’abito prima di essere spettacolare, elaborato, fantasioso deve essere principalmente indossabile e non tutti ci riescono. Negli anni si è assistito a creazioni di tutti i tipi. Probabilmente l’unico che è riuscito a coniugare le tre caratteristiche è stato Franco Moschino. Talento creativo senza paragoni è riuscito a trovare un’armonica alchimia delle tre qualità senza che nessuna prevalesse sulle altre. Moschino nasce ad Abbiategrasso, in Lombardia, nel 1950, padre fondatore della omonima maison, ha fatto per anni della provocazione una delle sue bandiere. Stile riconoscibile e famoso nel mondo, la sua figura ha posto le basi per una nuova visione del sistema moda. Formatosi presso l’Accademia di Brera, inizia il suo percorso nella moda sotto la stella di Gianni Versace, che attraverso i suoi consigli gli mostra i segreti della moda. Nel 1988 lancia la prima collezione Moschino Cheap & Chic, un successo mondiale senza precedenti. La stampa internazionale lo osanna, proclamandolo stilista d’avanguardia del tempo. Tutti ne parlano, vedendo in lui una boccata d’ossigeno in una moda ormai stantia e poco innovativa. Il suo modo di vedere la moda lo ha reso speciale e interessante sia agli addetti del settore che agli appassionati consumatori, che videro nelle sue creazioni una moda concepita e disegnata direttamente per il pubblico. Moschino si mostrava così com’era. La sua visione della moda era una contrapposizione alla moda stessa; amava profondamente prendere capi simbolo degli altri designers e rivisitarli in chiave ironica, esasperandoli. Difficile dimenticare il famoso tailleur Chanel dove i bottoni erano stati sostituiti da girandole, o ancora il logo “ no stress no dress” presente su moltissime t-shirt. Tutto diventava fonte di ispirazione e tutto si tramutava in oggetto-moda. Fervente sostenitore di una moda libera, senza regole e precisi canoni da rispettare, era solito affermare: “Dico alle donne di non essere vittime della moda: se ti senti piu' felice con un vestito scomodo, fai pure” . Non voleva che le donne fossero schiave di un immagine stereotipata, ma che creassero da sè la propria immagine; odiava profondamente chi lo etichettava come stilista, sapeva di essere altro, sapeva di essere un’artista. Moschino ha stravolto il mondo della moda, ha infranto le regole di un sistema che spesso diventa macchinoso e pesante. Ha posto le basi per un nuovo modo di concepire e fare moda: provocare e stupire con garbo, eleganza e qualità. Il suo scopo era divertire e fare moda nello stesso momento. Alla sua morte, avvenuta a soli 44 anni, la maison è passata sotto la guida di Rossella Jardini, sua antica collaboratrice, la quale ancora oggi veste i panni di direttore creativo di tutte le linee affiliate al brand. Nonostante il passaggio di testimone il tono scanzonato e provocatorio della maison sono rimasti intatti. E’ di solo qualche collezione fa l’omaggio alla poetica dell’artista tramite la rivisitazione di quel capo Chanel, tanto famoso negli anni, un abito completamente ricoperto di perle. La continua ricerca, il buon gusto, l’eleganza ricercata fanno della maison Moschino un punto fermo dello stile italiano, reso famoso grazie al lavoro di persone, come lo stesso Moschino, che hanno continuato a fuggire da una realtà che gli andava stretta per cercare un mondo nuovo dove potessero esprimersi in totale libertà.

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DI FRANCESCA IORIO

MYGENERATION

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TENDENZE

IL DESIGN

OGNI COSA È DISEGNATA DI MARCO CAPASSO

marco.capasso@mygenerationweb.it

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esign [di∫àin] = le parole italiane più vicine a questo sostantivo inglese non sono sufficienti a rendere tutte le sue sfumature semantiche: “disegno” rimanderebbe solo all’aspetto artistico e descrittivo, mentre “progetto” solo a quello tecnico. Per questo, nel linguaggio comune, si è diffusa ed è tuttora in uso la parola inglese design, che comprende gli aspetti sia estetici che tecnici della progettazione industriale. Sempre più frequentemente e in ambiti spesso diametralmente opposti, questo termine inglese, viene utilizzato erroneamente per definire solo l'estetica di un prodotto, quindi strettamente legata alla parte esterna: alla sola "carrozzeria". Design, invece, ha un significato molto più ampio che comprende, oltre che il rapporto tra il prodotto e il suo utilizzatore, l'intero studio del suo processo di costruzione e produzione. Il design di un oggetto, quindi, racchiude in sè un elevato insieme di studi come l'ergonomia, l'usabilità, la pre-produzione, l'impatto ambientale, la dismissione, i costi, la scelta dei materiali e delle loro proprietà ed una forte personalità estetica. Le definizioni sulla parola design possono essere quasi sempre ritenute inutili, ma è altrettanto vero che inquadrare un'area progettuale, anche se con labili confini, è piuttosto importante per combattere una visione totalizzante del design di oggi: tutto, ovunque, è sempre design, dalla moda, all'architettura, dall'urbanistica, alla grafica. Divertiamoci dunque con questa breve carrellata su alcune tipologie di design, alcune commercialmente riconosciute altre inventate, tenendo ben in mente questa riflessione di Steve Jobs: "Molte volte la gente non sa quello che vuole finchè non glielo mostri.”

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FOOD DESIGN La ricerca tecnologica legata al Design e alla forma di alcuni prodotti, ne ha sicuramente garantito la fortuna: come nel caso delle patatine Pringles, un artificio chimicofisico-morfologico dove la fetta di patata è ricostruita in una sagoma ergonomica che si adagia sul palato e veicola le particelle che determinano il sapore solo sul lato a contatto con le papille gustative. Le famose patatine, nascono non solo per stuzzicare il palato, ma per farlo il più a lungo possibile. A questo devono la loro forma, che si adatta perfettamente alla bocca,

LIGHTING DESIGN La luce, naturale o artificiale che sia, caratterizza ed influenza in maniera determinante gli spazi nei quali viviamo. Il Lighting Design si occupa di controllare le esigenze personali legate ad un progetto di luce, giostrando in maniera professionale le sinergie fra emozione e comfort visivo, fra l'imprintig da dare ad uno spazio e la sua diretta funzionalità. Per questo motivo nasce la figura del lighting designer il quale attraverso sofisticati e innovativi software, oltre ad una grande esperienza maturata nel settore, è in grado di impiegare la luce come strumento per la modellazione dello spazio attorno a sé. In questo modo la luce viene utilizzata in tutte le sue forme e in tutte le sue possibili applicazioni. Per illuminare ambienti, per accentuare dettagli architettonici, per richiamare l'attenzione, per dividere o per solleticare le nostre percezioni.

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lasciando il sapore più a lungo. E a questo serve il famoso tubo, comodo e perfetto per non schiacciare il prodotto. Poco importa che la patatina, in fondo, non sia per nulla una patatina, ma il prodotto di una farina di patata compatta. Guardarvi intorno adesso e provate a riconoscere altri esempi di come la forma della gomma che mastichiamo, o la pasta che scegliamo al supermercato sia il risultato di un attento studio di design.


MYGENERATION Tutto, ovunque, è sempre design, dalla moda, all'architettura, dall'urbanistica, alla grafica

COMUNICATION DESIGN

Il Design della comunicazione nasce parallelamente agli altri rami del disegno industriale poiché la progettazione di un prodotto finito prevede anche la sua presentazione, praticamente bisogna progettarne l'immagine finale da dare al pubblico. Si intensifica e arricchisce di molteplici altre conoscenze tecniche con l'avvento sempre più importante dei sistemi di comunicazione tramite immagini "virtuali" veicolate dalla televisione o in maniera ancora più incisiva da internet. Il progettista della comunicazione si occupa di molteplici sistemi di presentazione dei vari prodotti di disegno industriale, ma anche di servizi e marketing tramite pubblicità e realizzazione di siti web, sfruttando al

meglio le proprie conoscenze per "impressionare" il target di vendita e aumentare l'appetibilità del prodotto venduto. Essendo questo il ramo più influenzato dalle nuove tecnologie virtuali e grafiche, il design della comunicazione racchiude molteplici sottocategorie. Un esempio interessante e facile da verificare è lo studio delle migliaia di icone presenti sul nostro smartphone o sul nostro computer che rendono intuitivo qualsiasi movimento riportando immediatamente alla nostra mente, grazie all'immagine, l'azione richiesta senza l'utilizzo di ulteriori scritte.

IL DESIGN COME AIUTO

IL DESIGN COME AVVISO

IL DESIGN COME AGGIUNTA

IL DESIGN COME PROVOCAZIONE

IL DESIGN COME...


TENDENZE

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MYGENERATION DI IVAN AUGLIESE

ivan.augliese@mygenerationweb.it

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i sarà capitato di sentirlo nominare, o quantomeno di vedere il suo logo da qualche parte. Joel Thomas Zimmerman, questo è il nome del “topo morto” che fa impazzire ormai da 10 anni le più famose dancefloor mondiali. Fenomeno dell’ electro-progressive, maestro della scenografia. I set di Deadmau5 si concretizzano in un mix geniale di musica e spettacolo, passando da sonorità solide come quelle techno e trance, alla sperimentazione delle piu estreme esperienze percettive di dubstep e minimal. Nato a Toronto, Canada, il topo ha raggiunto il successo mondiale anche grazie alle sue produzioni; brani come Strobe, Arguru (inserito da Tiesto nella raccolta “In Search of Sunrise 6”) e Ghosts ‘n’ Stuff. Nel 2010 è stato inserito in quarta posizione della Top 100 Djs dalla rivista Dj Mag ed è considerato tuttora l’unico grande erede dei Daft Punk. Tuttavia, le sue performance hanno esaltato solamente sei volte il pubblico italiano, nonostante i nostri dancefloor, per quanto se ne dica, hanno ospitato artisti di ogni genere. Lo stile di Deadmau5, che non può essere limitato ad un unico e semplicissimo filone musicale, stenta a decollare nel nostro Paese, restando nel limbo di quella musica cosiddetta di nicchia che però riesce a riempire anche i nostri festival. L’ultima apparizione di Joel in Italia è stata

quella all’ Electrovenice Festival di Venezia, il 18 Giugno del 2011, che ha vantato presenze per l’occasione da mezza Europa, segno evidente della sua crescita esponenziale anche nel nostro continente. Negli ultimi anni infatti, Deadmau5 ha ricevuto vari riconoscimenti internazionali, come quello della WMC (Winter Music Conference) del 2010, in cui il nostro amico topo si è aggiudicato ben tre premi: Best Electro Track (Ghosts 'N' Stuff), Best American DJ and Best Artist (Solo). Celebre la sua recente partecipazione ad un evento organizzato dalla Nokia a Londra per la sponsorizzazione del nuovissimo Nokia Lumia: uno spettacolo pauroso di musica e scenografie all’avanguardia che hanno fatto letteralmente impazzire la città britannica. ( vai al link http://www.youtube.com/ watch?v=FgL7aWxaR4s ) Purtroppo dovremo aspettare che si inoltri il 2012 per poter sperare di avere la possibilità di ascoltare l’eclettico artista canadese qui in Italia, infatti per il mese di dicembre le sue date sono tutte fuori dall’Europa; il 2011 lo concluderà nella splendida New York City, dove darà vita ad un capodanno che si prospetta a dir poco stellare!

DICEMBRE 2011 1

CTICC

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WAVEHOUSE

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H20-WILD WATERS

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LA CIGALE HOTEL

8

CREAMFIELDS

Cape Town Durban (unhooked) Johannesburg

Doha, Qatar (unhooked) Abu Dhabi

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CE CENTRE

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PRAIRIELAND

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SHAW CONFERENCE CENTER

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RESOLUTION 12

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PIER 36

Ottawa, ON (unhooked) Saskatoon, SK (unhooked) Edmonton, AB (unhooked)

Centre des Congres de Quebec, QC NYC (unhooked)

Deadmau5 live @ London - Nokia Lumia

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TENDENZE news from the world

GENERATION Y

THE 10 MUST-SEE MOVIES The Quintessential Ten Pictures a Millennial can’t Skip

DI GIANLUCA DE SANTIS

gianluca.desantis@mygenerationweb.it

down, sit the fuck down”, DG: “Don't fuck around, man. This is serious. One more hour in this town and I'll kill somebody!”. Just one of the memorable quotes "Fear and Loathing in Las Vegas" [2] is dotted with.

J

unglist dancer: "Any jungle in guy?", Koop: "I got the tarzan n jane of jungle, just swung in on the vine today, this'll turn a hare krishna into a badboy!". Anyone belonging to the Millennial generation – or Generation Y, Echo boomers, you name it – hearing these lines would to like “Human traffic!” [1] straight away. Not a surprise, the movie got into our must-see list of the movies that carefully described and, to some extent shaped and defined, the way in which the Millenials think and behave.

Mark Renton’s quote “We would have injected vitamin C if only they had made it illegal” closely depicts the best Scottish movie of all time, "Trainspotting" [3], probably the most provocative pop-cultural experience after "Pulp Fiction". Tarantino’s most fortunate work that you may recall for several reason, among which Ezekiel 25:17, is undoubtedly included in our review mainly due to its masterly intertwined and outrageously violent three stories creating an enjoyable mix of different genres.

Those movies and their main characters, which negligently reviewed may be judged mere misleading lifestyle models, instead significantly contributed to single out a whole series of social evils, exposing them to severe criticism and careful consideration. Of course the aforementioned stands for most – yet not all – of the movies proposed in the following lines, as you will notice by going through them. A final disclaimer is due before throwing ourselves into the list: the selection included inspirational movies only, and was based on their dual capability of tracing extremely iconic characters with their values, their weaknesses and desires, and the courage to describe their collapse. Dr. Gonzo: “I have to go”, Raoul Duke: “Go?”, DG: “Yes. Leave the country”, R: “Calm down. You'll be straight in a few hours. Just sit

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Derek: “Jesus Christ, George, I don't see you for two years and you show up on my doorstep with 110 pounds of blow”, George: “Just fucking sell it”, D: “okay, but it's going to take me a year [scene shift] 36 hours, I can't believe we got rid of it in 36 hours”. Exactly, that’s "Blow" [4], what the industry commonly calls a “biopic” – a biographical movie – that dramatizes the life of cocaine smuggler George Jung, and his deals with Pablito Escobar and the Medellin Cartel. “You wake up at Seatac, SFO, LAX. You wake up at O'Hare, Dallas-Fort Worth, BWI. Paci�ic, mountain, central. Lose an hour, gain an hour. This is your life, and it's ending one minute at a time. You wake up at Air Harbor International. If you wake up at a different time, in a different place, could you wake up as a different person?”. In "Fight Club" Tyler Durden doesn’t push much stock in the materialistic world, as many other people, proposing that much can be learnt from chaos in an extremely thoughtful and enjoyable dark comic drama. Going back to the stream of drug abuse and addiction, underlying the first three movies already, another must-see is given by the next movies. Wanna guess? Well, there you


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unmistakable “white Russian”. The last mention is devoted to "Ali G Indahouse", Ali G: “You wanna know 'ow I make diz country bettah? Iz simple, two words: keep it real!”, Cabinet MP: “That's three words!”, Ali G: “Don't be a spannah, it ain't a real word. It's short for innit, innit?”. These lines are enough to put it in the list! There are of course plenty of other movies that demanded to be included in the list (e.g. Requiem for a dream; Lock, Stock and two smocking barrels; The snatch; Smoking aces; Lucky number Slevin; Old school), and of course everyone has his own picks. So now, just shoot! What’s in your top 10? What shouldn’t have been left out? Keep it up! go, here is your clue, and trust me, its length is well deserved! Saul: “Ah, Cross joint”, Dale: “Yeah”, S: “You ever smoke one of those?” D: “You can SMOKE this?”, S: “Hell yeah, man! This. Is. The future. Is like the apex of the vortex of joint engineering. It's rumored that M. M. O'Shaughnessy designed the �irst one - the guy who designed the Golden Gate Bridge. My second favorite civil engineer behind Hannskarl Bandel: Madison Square Garden... What you do is you light all three ends at the same time and then the smoke converges, creating a TRIFECTA of jointsmoking power. This is it, man. This is what your grandchildren are gonna be smoking. Future!”. Although a way more common among the US Millennials than the EU ones, "Pineapple Express" [5] makes pretty much anyone belonging to this generation, feel like he might be the one on the screen while he’s watching the movie. The same goes for "The Hangover", which can’t be left out of the list, since, apart from being a hilarious movies, it makes everyone think about his own crazy nights or bachelor parties with his pals. The Dude: “Nobody calls me Lebowski. You got the wrong guy. I'm the Dude, man”, BTT:

“Your name's Lebowski, Lebowski. Your wife is Bunny”, The Dude: “My... my wi-, my wife, Bunny? Do you see a wedding ring on my �inger? Does this place look like I'm fucking married? The toilet seat's up, man!”. Got it? Of course! It’s "The Big Lebowsky" [6] and his

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SPORT

BUON SANGUE

NON MENTE... ...il detto che funziona QUASI sempre!

DI MASSIMO FERRARA

massimo.ferrara@mygenerationweb.it

Q

uante volte tra amici ci si è domandati come ci si sentirebbe ad essere il fratello di una star del cinema, dello sport o della musica mentre la propria esistenza scorre lontano da riflettori, autografi e riviste patinate; e ancora, quante volte ci si è chiesti come ci si sentirebbe ad essere, oltre che fratello, collega di una star del cinema, dello sport o della musica mentre la propria carriera si consuma nel quasi totale anonimato e nel perenne raffronto col consanguineo più dotato. Il secondo è il caso di tante “meteore” del mondo del calcio che hanno strappato contratti e calcato palcoscenici illustri per il solo fatto di essere “il fratello di…”. Tra i più noti ricordiamo i fratelli Maradona, Hugo e Diego, i quali a guardarli, in campo, in comune avevano solo il cognome ed una vaga somiglianza fisica. Hugo Hernan iniziò la carriera da professionista nella stagione successiva al Mondiale dell’86 in Messico, torneo che vide come assoluto protagonista proprio il fratello Diego, il quale trascinò una mediocre Argentina sul tetto del Mondo: le premesse, insomma, non furono proprio delle migliori. Bastarono 19 presenze ed 1 gol con la maglia dell’Argentinos Juniors per attirare l’attenzione di molti club europei, i quali cullavano l’ambizione di prendere “il nuovo Maradona”, più giovane e magari con lo stesso talento, ad un prezzo decisamente più abbordabile. L’Italia fu la scelta dell’allora diciottenne Hugo, e l’Ascoli fu la “fortunata” ad aggiudicarsi il “promettente” centrocampista; ma il matrimonio fu nefasto per entrambe le parti: 13 presenze e 0 (dico zero) goal che gli valsero l’etichetta di “raccomandato” e la cessione. Rivelatesi fallimentari anche le esperienze in Spagna, Uruguay, Austria e Giappone, la car-

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riera della “pecora nera” di casa Maradona si concluse nella stagione ’96-’97 nel totale anonimato: attualmente si diletta ad allenare squadre dai nomi esotici, quasi a voler continuare ad emulare il fratello (ndr. Diego Armando Maradona attualmente allena l’AlWasl negli Emirati Arabi Uniti). L’ Argentina non è l’unico Paese ad averci regalato uno splendido esempio di fratelli “imparagonabili”: gli odiati rivali brasiliani, infatti, ci forniscono il caso dei fratelli Izecson Dos Santos Leite: come si suol dire “se Atene piange, Sparta non ride”. In questo caso anche i loro soprannomi non aiutano a riconoscere la parentela che li accomuna, oltre ad una “drammatica” differenza di talento nella professione: stiamo parlando del trequartista del Real Madrid Kakà e del difensore (così sostiene il padre procuratore) Digào. Fisico da corazziere, faccia da collegiale modello, ma soprattutto piedi e capacità difensive degni di uno stopper da campi parrocchiali, queste le caratteristiche del più giovane dei fratelli Izecson che, all’età di 26 anni appena, dopo esperienze fallimentari in Italia, Portogallo e Belgio, si ritrova senza un contratto con una carriera che può sembrare quasi al capolinea. Cambia Continente, ma non cambia la musica: anche il nostro Paese annovera casi di fratelli non all’altezza dei loro “maggiori”. Baggio-Vieri-Inzaghi sarebbe un “tridente” che farebbe accapponare la pelle anche alle difese più rocciose e imperforabili del globo, non se composto, però, dai fratelli dei tre su citati campioni, ossia Eddy, Max e Simone. I primi due si sono sfidati a suon di reti su campi di periferia tra Serie B e C2, senza mai mostrare un talento tale da poter essere paragonati ai rispettivi fratelli; diverso è il caso di Simone Inzaghi che si presentò al grande pubblico come “promessa” del calcio italiano, per poi concludere la carriera senza il rimpianto di nessuno. Nella stagione d’esordio in Serie A Simone realizza 15 reti con la maglia del Piacenza attirando l’attenzione dell’allora Presidente della Lazio Cragnotti, che decise di strappar-

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lo alla concorrenza a suon di miliardi di lire; buone prestazioni e uno storico “Poker” europeo rifilato all’Olimpique Marsiglia fanno gridare all’affare, fin quando il “baby” Inzaghi non bagna le polveri e inizia la sua parabola discendente che lo porterà in giro per l’Italia a scaldare panchine e tribune. Negli ultimi 5 anni di carriera realizza una sola rete, condita da un’esultanza polemica nei confronti del suo allenatore dell’epoca, Delio Rossi, reo di aver tenuto in “naftalina” un campione della sua portata per troppe gare. Conclusa la carriera non abbandona il mondo del calcio, sedendosi, forse per abitudine, sulla panchina degli “Allievi” della Lazio in veste di allenatore. Fratelli Inzaghi, Vieri, Baggio e Maradona, ma anche fratelli Baresi, Cannavaro, Tourè e De Boer a rompere quella che sarebbe potuta diventare un’autentica maledizione: “buon sangue non mente” dunque, “il detto che è vero QUASI sempre”.


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SIMONE INZAGHI

Esploso nel Piacenza di Materazzi passerĂ alla storia per la relazione con la Marcuzzi

MAX VIERI

Attualmente al Prato in Lega Pro Nella sua carriera conta 29 presenze e 5 gol nel Napoli dell'anno di Agostinelli e Simoni

HUGO MARADONA

Ovviamente è quello a destra! Per lui 13 presenze nell'Ascoli 87/88

GEMELLI FILIPPINI

Carriere quasi parallele per i due gemelli bresciani Ritiratisi, entrambi lavorano nello staff del Brescia


SPORT

PALLONE

D'ORO

Un attacco al calcio italiano? DI MARIO D'ANDREA

mario.dandrea@mygenerationweb.it

L

a “Fifa” e la rivista francese “France Football” hanno pubblicato tre settimane fa la lista dei 23 finalisti che concorreranno per il Pallone d‘Oro, e, com’era facilmente preventivabile, l’Italia non ha nemmeno un giocatore che la rappresenti, sempre che “l’Olandese Volante”, Wesley Sneijder e il capitano della “Celeste“ dell’Uruguay, Diego Forlan, entrambi in forza all’Inter, possano davvero portare avanti il buon nome della Serie A. Figurarsi che nel “listone” pubblicato meno di un mese fa, nel quale la Nazione più rappresentata è la Spagna, campione d’Europa e del Mondo, c’era un solo italiano, quell’Antonio Di Natale, capocannoniere napoletano dell’Udinese, che, almeno in Italia, fa sfracelli, avendo conquistato per due volte consecutive il titolo di Capocannoniere della Serie A, segnando ben 57 reti. Qualsiasi siano i punti di vista, le opinioni e le prospettive dalle quali la si veda, la lista dei candidati al Pallone d’Oro negli ultimi anni è sempre destinata a far discutere. Non è solo una questione patriottica, ma ciò che comunque lascia abbastanza interdetti è l’ormai

stucchevole prosopopea sui criteri di valutazione: prima il talento, poi i risultati. Secondo questi parametri, nessuno, o almeno la maggior parte degli addetti ai lavori e dei tifosi, si è scandalizzato nel vedere Lionel Messi, fenomeno assoluto nel Barcellona, ma “normale” con la sua nazionale, ritirare per la seconda volta l’ambita sfera aurea, davanti ai compagni di club, Andrés Iniesta e Xavi Hernandez, che hanno trascinato la loro Nazionale alla vittoria mondiale in Sudafrica, mentre l’interista Wesley Sneijder, trascinatore della sua squadra di club alla vittoria della Champion’s League, del Mondiale per Club e dell’Olanda fino alla finale dei Mondiali, rimase a guardare fuori dal podio i “marziani” del Barcellona e, Diego Alberto Milito dell’Inter, “Mr.Triplete”, addirittura, fu clamorosamente escluso dalla lista dei 23. Fino a qualche anno fa, i giudici non si facevano scrupoli ad assegnare il premio, in base soltanto ai trofei sollevati: emblematici furono i casi di Fabio Cannavaro, capitano dell’Italia Campione del Mondo nel 2006 in Germania, e di Matthias Sammer, capitano della Selezione tedesca trionfante nell’edizione del 1996 del Campionato Europeo disputatosi in Inghilterra. Al netto di recriminazioni sulle passate edizioni del premio, ciò che getta discredito sui parametri di giudizio

è l’assenza nella lista dei 23 di quest’anno di giocatori come il milanista Zlatan Ibrahimovic e l’italiano del New Jersey, Giuseppe Rossi, del Villarreal, due giocatori dall’indubbio talento, come anche Carles Puyol e Eric Abidal del Barcellona, Rafael Van Der Vaart del Tottenham, Robin Van Persie dell’Arsenal e David Silva, ala offensiva dalla tecnica sopraffina in forza al Manchester City di Roberto Mancini. Giornalisti ed opinionisti sportivi interpretano questo come un segnale della perdita di interesse nel nostro calcio, stretto a doppio filo al livellamento verso il basso dei valori tecnici individuali delle venti squadre che formano la Serie A.

ANTONIO DI NATALE bomber dell'Udinese ed unico italiano inserito nella prelista

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ALEX

BELLINI Non un supereroe, solo un “viaggiatore”

DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

A

cqua, Terra, Aria, Fuoco: l’ “arkè” per i nostri padri greci, ovvero gli elementi originari delle forze vitali, le più grandi sfide per Alex Bellini. Alex nasce trentatrè anni fa ad Aprica, un comune di poco più di millecinquecento anime nella provincia di Sondrio, nel cuore della Valtellina. Lì fra le montagne impara a conoscere il freddo, il rapporto con la natura e con la libertà di sconfinati spazi, lì dalle vette alpine si può guardare il mondo, espandere i confini delle proprie conoscenze, ed immaginare sfide oltre il limite delle proprie fantasie. Le avventure del nostro Ulisse della Valtellina iniziano nel 2000 con la maratona di New York, in cui Alex conclude i 42,195 km fra le strade della “Grande Mela” e comincia a cullare idee da supereroe. Il 2001 è l’anno del Marathon des Sables, una proibitiva maratona in autosufficienza fra le dune infuocate del deserto marocchino, sei torride tappe al limite delle umane possibilità per un totale di 250 km. Terra e fuoco si fondono fra le sabbie africane, e lasciano ben presto spazio ai sempiterni ghiacciai dell’ “Alaska Ultra Sport”, non una competizione, ma un’avventura fra le nevi americane. Bellini vi partecipa nel 2002 e nel 2003, dove nella prima edizione per 900 km e nella seconda per 1400 km traina a piedi lungo i ghiacci dell’Alaska una slitta in vetroresina, da lui stesso costruita, nella quale si rifugia durante le notti per sfuggire alle impossibili condizioni climatiche. La mongolfiera è il modo con cui Alex sperimenta il volo, e grazie al quale, come in un romanzo di leggendari avventurieri, può volare libero nell’aria. Il mare è da sempre però il vero infinito nelle immensità del quale Alex ha voglia di perdersi, ma che soprattutto ha voglia di conqui-

stare. Il sogno di diventare il primo uomo ad effettuare una navigazione transoceanica in barca a remi ed in solitaria naufraga al suo primo tentativo; partito da Genova con obiettivo la Guyana Francese, il valtellinese incontra una tempesta, e dopo sole cinque ore di navigazione è costretto a rientrare in porto. Passano solo undici giorni ed Alex è di nuovo lì a riprovarci, questa volta però saranno ventitré i giorni che ha previsto il destino per i suoi sogni, e così dopo poco più di tre settimane ancora nel cuore del Mediterraneo, le sue speranze si infrangono contro le coste di Formentera. La storia non poteva però riservare un finale così amaro, e così Alex Bellini dopo 226 giorni ed oltre 11000 km, navigando fra le acqua dell’Atlantico raggiunge Fortaleza, ed il giorno che mette piede sulla terra di Brasile lo consegna direttamente alla leggenda, avendo portato a termine la navigazione a remi più lunga della storia. L’Atlantico non è, però, ciò che di più proibitivo possano offrire i sette mari, e così come un corsaro a bordo del proprio galeone, il 26 febbraio 2008 Alex salpa da Lima in Perù, puntando dritto verso Sidney. Sono 18000 i kilometri che separano il Perù dall’Australia, c’è un oceano infinito da solcare: il Pacifico. I compagni di viaggio di questa straordinaria sfida saranno la fame, la solitudine e la voglia di non arrendersi. Dopo 294 giorni di Oceano a sole 60 miglia dalle coste neozelandesi Bellini è costretto ad interrompere la navigazione, il mare sta mettendo a rischio la sua stessa vita. Un rimorchiatore neozelandese lo scorta presso il porto di Newcastle, dove riabbraccerà la moglie, con la quale è rimasto sempre in contatto nel corso del viaggio. Nonostante quelle sessanta maledette miglia, l’ “Ocean Rowing Society” ha certificato la navigazione transoceanica attraverso il Pacifico come “completa”. Inoltre pochi mesi fa, Alex ha raggiunto New York a piedi da Los Angels, con un gruppo di altri 34 “Iron Men”. Queste non sono storie da umani, sono storie da leggende o forse solo, come lui ama definirle, “storie da viaggiatori”.

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ZAPPING el gordo

STRUFFOLI A fa ‘e struffoli è nu sfizio Cumminciamm dall’inizio DI MARTA PATTURELLI

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isporre la farina a fontana e mettere al centro tutti gli ingredienti. Nell’impasto, come nello sciroppo, è fondamentale “aromatizzare”; aggiungete allora nella fontana una bella grattugiata di bucce di quanti più agrumi avete a disposizione (arance, mandarini, limoni). Lavorare bene il composto e tenere presente il peso di farina utilizzata per poter dosare il miele! Far riposare un’ora l’impasto. Ricavare dall’impasto tanti salsicciotti e tagliarli a dadini grossi quanto un cecio; li avete mai provati così…crudi?! Ottimi! Friggere gli struffoli e lasciar freddare. In un pentolone, versare il miele con lo zucchero e aromatizzarlo abbondantemente con bucce di agrumi grattugiate, sentite il profumo del Natale?

Far scaldare fino ad avere un colore biondooro (pochi minuti). Aggiungere gli struffoli allo sciroppo e mescolare bene. Adagiarli, infine, su un piatto da portata e decorare a piacere. versione celiaca Usare farina senza glutine per dolci. Stare attenti alla presenza di glutine nei confetti per ornamento. Nel preparare l'impasto, se percepite che questo è troppo secco, aggiungete del liquore o dell'olio in più. I salsicciotti che ricavate dovranno essere molto più grandi di quelli fatti con l’impasto “normale” (più grandi li fate, meglio è).

MYGENERATION ingredienti impasto 2 uova + 1 tuorlo Zucchero 4 cucchiai Olio 4 cucchiai (+ olio per friggere) Liquore “Strega” 1 cucchiaio Scorzette agrumi grattugiate (mandarino, arancia, limone) Farina qb mielatura Miele metà del peso della farina 100 g di zucchero ogni 250 g di miele Confetti vari (diavolilli, anicini, cannellini, argentini) Scorzette candite (arancia, cedro) Calorie: ma veramente lo volete sapere? (circa 500 Kcal per 100g)

A fa ‘e struffoli è nu sfizio. Cumminciamm dall’iniz io: faje na pasta sopraf fina, e po’ tagliala a pallin e, cu na bona nfarinata . Dopp’a frje. Già t’e stancate? Chest è a parte chiù importante! Mò ce vo’: miele abbo ndante e na granda cucuzzat a (a cocozza nzuccher ata). N’è fernuto ancora, aspiette! S’anna mettere ‘e cu nfiette: aggrazziate, piccerille , culurate: ‘e diavulille … Ma qua nfierno, è Pa raviso! Iamme, falle nu’ surr iso! Comme dice? “Mamma mia, stanne troppi ccalur ie so’ pesante, fanno ma le?” Si va buò,ma è Nata le!

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