MYGENERATION - MAggio 2012

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FREEPRESS BIMESTRALE - ANNO 1 - NUMERO 4 - MAGGIO 2012

MYGENERATION

città

festival

QUESTA NON È UNA CITTÀ PER DISABILI

tendenze

NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA

ONE BILLION DOLLARS APP

inchiesta sulle barriere architettoniche nei luoghi d'arte partenopei

breve guida per districarsi tra i numerosi eventi della rassegna

a pochi giorni dalla quotazione in borsa Facebook ufficializza un acquisto a sorpresa


COMITATO PARITETICO PER LA PREVENZIONE INFORTUNI, L'IGIENE E L'AMBIENTE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI

via Leonardo Bianchi, 36/40 - 80131 NAPOLI Tel. 081.7705749 - 081 5469244 Fax 081.5452780 www.comitatoparitetico.it FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4


MYGENERATION

MYGENERATION è l'incanto di comunicare MYGENERATION è contro tutte le mafie MYGENERATION è un munaciello dispettoso MYGENERATION è gagliarda MYGENERATION è una belva assetata di colore MYGENERATION è un sorriso che non si spezza MYGENERATION è l’informazione che segue il mondo MYGENERATION è la scintilla del pensiero MYGENERATION è coraggio inaspettato Abbiamo immaginato MYGENERATION come uno strumento per raccontare il mondo, diffondere idee ed istigare ad un pensiero libero e indipendente. Una rivista, un’occhiata trasparente allo specchio di una generazione che non c’è.

MYGENERATION IS . . .

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NERDZONE

editore MY GENERATION s.r.l. MY GENERATION s.r.l. - 80100 Napoli (NA)

CULTURA

EVENTI

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SPETTACOLO

ATTUALITÀ

cosa stai cercando?

direttore editoriale Pasquale Caiazza vicedirettore editoriale Stefano Scarpa direttore responsabile Ciro Cuozzo direttore comunicazione ed eventi Marco Capasso direttore commerciale Massimo Ferrara direttore web Marco Cappa

TENDENZE

registrazione tribunale di napoli n°64 del 28/09/2011 stampato presso Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. via Cisterna dell'Olio 6/B - 80134 Napoli

attualità Gennaro Casoria spettacolo Marco Capasso cultura Riccardo Caputo scienze e nerdzone Emanuele Zappia tendenze Pasquale Caiazza sport Massimo Ferrara grafica Stefano Scarpa

copertina di Marco Capasso

SPORT

caporedattori

MYGENERATION

PROFILO... SUL SOCIAL NETWORK 06. ILdi Riccardo Caputo COLD DARK MATTER editoriale 07. di Giuseppe F HOMINIS DIGNITATE E LA LEGA NORD 08. DE di Gianluca De Santis e Riccardo Caputo MORTE CARDIACA IMPROVVISA 10. LA di Alberto Maraolo NON È UNA CITTÀ PER DISABILI 12. QUESTA di Mirko Galante PIÙ GRANDE "SOCIAL"? IL CINEMA 14. ILdi Alberto Maraolo NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA 16. di Maria Emma Di Lorenzo '72 18. MUNICH di Marcello Micciarelli ROME WITH LOVE 19. TO di Concetta Russo IN CITTÀ 21. EVENTI a cura di Napoli da Vivere PORTA IL VINO IN CITTÀ 22. WINE&THECITY dalla Redazione - 28 ANNI DOPO 24. 1984 di Gabriele Basile BENE, ESSERE OLTRE 26. CARMELO di Francesca Paone ed Emma Maria Di Lorenzo SOTTERRANEA 28. NAPOLI di Carla Boccadifuoco STROFA SUL SOFÀ: TOMMASO DI DIO 31. LA a cura di Anna Ruotolo 34. MYGENERATION IS 35. YOURGENERATION IS 36. MANGENERATION di Pasquale Caiazza ANIMALS 38. CRAZY di Bianca Cacciapuoti LA SIGARETTA "DIGITALE" 40. SVAPO, di Raffaele Nappi STALKERS 42. IdiNUOVI Marco Terribile e Marco Fucito 44. DIABLO di Roberto De Luca BILLION DOLLARS APP 46. ONE di Stefano Scarpa SHORE, LA TV TAMARRA 48. TRASHEY di Pasquale Caiazza DEL MOBILE 2012 50. SALONE di Marco Capasso ECONOMICS OF GANJA 52. THE di Gianluca De Santis 54. HEROES HARRIS 55. CALVIN di Pasquale Caiazza OLIMPICHE 56. MAZZATE di Emanuele Zappia VS JUVENTUS - CIUCCIO vs ZEBRA 58. NAPOLI di Gennaro Casoria GORDO, RUBRICA DI CUCINA 56. EL a cura de "La Taverna di Bacco" - SOCIAL SICKNESS 58. L'OCCHIO di Dario De Natale


IL PROFILO... SUL SOCIAL NETWORK di

riccardo caputo

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Tentacolo virtuale, materialmente prende. Tenaglia del contatto insensibile, non-luogo di raduni condizionati, scadenzati … siamo tutti collegati. La Verità è in vetrina, esposizione permanente, sette giorni su sette: uno sguardo al Profilo… sul social network. Il Profilo è certezza, sicurezza del mostrare, un Profilo non può tradire, esporre più del dovuto: cancello ciò che non va, mi allontano da chi non voglio, do un’occhiata, persino, se mi va, senza farmi vedere, mi distacco repentinamente, con facilità. Irresponsabilità del regno dell’assenza. Il Profilo è una comoda identità sempre uguale, ordinata, rassicurante, disponibile, quasi immortale. Il Profilo è fedele a sé stesso. E io sono solo davanti al p.c., soggetto utente, non partecipante. Elettore un po’drogato dal sistema (ma è 'social', quindi niente proibizionismo) delle preferenze. E magari qualcuno che spia, e non è tra chi ho scelto, ci sta pure. Guardo il mio Profilo sullo schermo: specchio contro specchio. Relazione tra relativi. Creazione d’infinito, diviso dalla cerniera tra possibile e impossibile. “Io ti conosco” -dico- “Mi piaci. Perché piaci. Mi pare di permettere un arbitrio troppo grande e non troppo bello, soverchiante, se ti plasmo con le dita sulla tastiera, come fa la mente col cervello. ....................................................................................... Macché! Basta! Io riconosco te, Profilo! Eccome! Perché tu non puoi toccare niente, 'veramente', eh! Né guardare degli occhi, o 'davvero' parlare. Tu sei come una tua parola. Profilo privo di struttura. Profilo fuori da un contesto. Buio vuoto, senza silenzio intorno. Tzè! Sono stato bravo, però. T'ho fatto proprio uguale a me. Proprio come me…” Perché abbiamo scelto questo tema? Perché siamo curiosi, nonostante tutto, di scoprire cosa c’è dall’altra parte del cristallo… liquido. 'Se cerchiamo di considerare lo specchio in sé, finiamo per scoprire su di esso nient’altro che le cose. Se vogliamo cogliere le cose, ritorniamo in definitiva a nient’altro che lo specchio. Questa è la più universale storia della conoscenza'.

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MYGENERATION

E LE STELLE STANNO A GUARDARE

La giovane democrazia ungherese orrendamente mutilata e l’Europa cosa fa? DI GIUSEPPE FEI

giuseppe.fei@mygenerationweb.it

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e qualcuno vi chiedesse di fare il nome di uno stato in cui un partito nazionalista ha preso il potere con una larga maggioranza e che questa circostanza ha permesso al carismatico leader del suddetto partito di poter stravolgere tutto lo stato facendo approvare una costituzione liberticida il cui testo è stato definito autoritario, nazionalista e discriminante rispetto alle minoranze e alle altre religioni, cosa rispondereste? Se state pensando alla Germania del 1933 o all'Italia del 1922 non avete sbagliato ma forse non siete informati della attuale situazione che sta vivendo l’Ungheria. Bhe, l'errore è veniale se si considera il fatto che gli ingredienti storici per creare un nuovo regime totalitario ci sono tutti: il periodo di recessione economica che fa venire a galla sentimenti protezionistici nell'economia e di chiusura delle frontiere; la forte identità nazionalista e religiosa che caratterizza il paese; lo stato sull'orlo della bancarotta; il leader, Viktor Orbán, carismatico e populista che prima predicava un altro credo politico, quello liberale, per poi professare l’odio per i postcomunisti, per gli euroburocrati e i banchieri del Fondo monetario internazionale e predicare la volontà di “purificare” il Paese; infine il partito Fidesz – Magyar Polgári Szövetség (Fidesz - Unione Civica Ungherese) conservatore, populista e cristiano, che alle ultime elezioni ha preso il 52,73% delle preferenze fatto che gli ha permesso di poter cambiare, lo scorso gennaio, la Costituzione di modo che si potesse creare un'autorità governativa di controllo della giustizia, dare il

potere ad una autorità nazionale di controllo sui media e l'informazione di vietare o punire informazioni mediatiche che violano presunte regole morali. Inoltre al vaglio del parlamento c'è una normativa per “tutelare i giovani dall’omosessualità”. Da segnalare poi il clima di apartheid che si respira verso la minoranza Rom. La Ong Chance for Children Foundation 4 dichiara che "in almeno un terzo delle scuole elementari esiste di fatto la separazione razziale in Ungheria" verso i bambini Rom. Ora c'è da chiedersi: " E l'Europa?" Il 13 gennaio la commissione europea ha avviato l'iter per attuare la procedura d'infrazione nei confronti dello stato magiaro con José Manuel Barroso, Presidente della Commissione europea, che dichiarava: "Speriamo che le autorità ungheresi effettuino i cambiamenti necessari per garantire il rispetto del diritto comunitario. (...) non vogliamo che l’ombra del dubbio infici oltre il rispetto dei valori e principi democratici in nessun Paese Ue". Da allora nulla più è accaduto. Il partito di governo siede tuttora nel Parlamento europeo nei ranghi del Partito popolare europeo che mostra di saper mantenere l'eredità politica e culturale europeista di Helmut Kohl, Adenauer e de Gasperi. Basta sentire le dichiarazioni di Obran per capire che gli eurodeputati di Fidesz sono seduti nei posti giusti: "Non saremo mai una colonia, non ci lasceremo dettare da altri le nostre leggi"; oppure: “Noi non crediamo nell’Unione Europea, crediamo nell’Ungheria, e consideriamo l’Unione Europea da un punto di vista secondo cui, se facciamo bene il nostro lavoro, allora quel qual-

cosa in cui crediamo, che si chiama Ungheria, avrà il suo tornaconto". Che Merkel e Cameron si ispirino alle grandi figure politiche di Chamberlain e Daladier che vedevano in Hitler un uomo con cui dialogare e in Mussolini l'uomo della pace? Possibile che nessuno nelle alte sfere dell'unione veda questo oscuro valzer politico ungherese come un possibile requiem per le speranze di evoluzione dell'Unione se non, volendo essere catastrofisti, per l'Unione stessa? Per ora si può solo sperare che qualcosa si muova in Europa per evitare che le ombre di un passato non lontano tornino a oscurare il nostro continente. Intanto la bandiera europea continua a sventolare sulle sponde del Danubio richiamando il titolo del romanzo di A. J. Cronin: "E le stelle stanno a guardare".


ATTUALITÀ

DE HOMINIS DIGNITATE

E LA LEGA NORD Il teatrino di periferia che sbarcò a Roma ladrona… senza accorgersene Rosi Mauro

DI GIANLUCA DE SANTIS E RICCARDO CAPUTO

gianluca.desantis@mygenerationweb.it riccardo.caputo@mygenerationweb.it

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ipario. Belsito, giunto alla vicepresidenza di Finmeccanica tra lingotti e diamanti, Rosy Mauro, cacciata dalla Lega, ancora vicepresidente del Senato, Bossi jr sputtanato dall’autista-bancomat, ovviamente poi licenziato dal partito, titoli di studio comprati con i soldi del ‘rimborso elettorale’ della Lega al Trota e a Pier Moscagiuro – compagno di Rosy Mauro – poliziotto in aspettativa e cantante, finito a lavorare, manco a dirlo, alla vicepresidenza del Senato,

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il passo di lato nella gestione della Lega da parte di Bossi, cui rifanno la casa a sua insaputa sempre con i soldi pubblici. Ancora Bossi, che il 10 Aprile, giorno dell’ ’orgoglio padano’ a Bergamo, rutta al complotto. Tra la Lega ed i complotti pare esserci una certa affinità, almeno a vedere le performance di Belsito e suoi dossier – no, non “The Family” - sequestrati per ordine del sostituto procuratore antimafia Giuseppe Lombardo che insegue la ’ndrina De Stefano e il riciclaggio (indagato lo stesso Belsito) di denaro sporco. Bersagli principali, gli esponenti della Lega che con lui avevano aperto una crisi di fiducia: Roberto Maroni, Marco Reguzzoni e Giancarlo Giorgetti. Tornando un po’ indietro, ma mica tanto, le accuse a Davide Boni, ora dimessosi,

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di essersi intascato un milione di Euro, quasi impallidiscono. Meglio fermarsi qui. Da un lato c’è chi si dispera, consapevole che “senza Bossi la Lega non esiste”, dall’altro chi lo irride di rimando, sottolineando come così la Lega sia finalmente tornata in armonia con la padania, ma l’opinione pubblica del Bel Paese avrebbe dovuto rizzare le antenne già da tempo sul tema “Lega”. Gli ultimi sviluppi in sostanza aggiungono una buona dose di rabbia, magari danno la possibilità appigliarsi ad elementi inoppugnabili (qualora ce ne fosse stato bisogno) nelle filippiche contro il movimento padano, ma non stravolgono le idee di chi un’opinione in mente ce l’aveva già ben chiara.


MYGENERATION Quando eravamo a scuola ci insegnavano che “la classe politica di uno stato è lo specchio della società che lo compone”. Ora, se pensate all’establishment della Lega il discorso potrebbe già dirsi bell’e finito, ma proviamo a scavare un po’ più a fondo, stringendo il focus sul leader maximo del movimento: Umberto Bossi. Ripercorrendo la sua carriera politica appare subito evidente come, per quanto si sia sempre tenuto distante, con attenzione maniacale, dall’immagine del raffinato statista, in diverse occasioni abbia non solo denotato una scaltrezza politica non indifferente, ma anche una profonda conoscenza del suo elettorato e di come questo andasse di volta in volta orientato (diciamo che forse ha sbagliato qualcosina solo ultimamente). Nonostante i loro riti – di sapore un po’ tribale – si consumino tra ampolle ed alambicchi sulle rive del Po (sperando non sia stato ribattezzato con qualche termine astruso di derivazione celtica), pare che questi signori negli ultimi anni abbiano sviluppato una passione per un altro tipo di acqua che magicamente sembra dissetare un po’ tutti: quella del Tevere. Conferme interessanti in questo senso si sono avute proprio in questi giorni. “Magari mi sbaglio”, penserà qualcuno, “ma quelli lì mi è sembrato di averli visti tutti a Montecitorio negli ultimi dieci anni. Proprio lì a Roma, a governare, facendo danni incalcolabili ed irreparabili al Paese. Ma allora erano lì con Berlusconi o nelle loro belle valli a pescare le anguille? Sedevano comodi in Parlamento per proteggere la nipote di Moubarak, o bevevano grappa giocando a briscola in via Bellerio? E quando si votava per I capitali scudati, i processi, o sulle intercettazioni e sul falso in bilancio? Ed i ministeri a Monza?”. Ed adesso cosa fanno? Beh, dopo aver ridotto il Paese – svillaneggiato in ogni sede, quando non compatito – alla credibilità internazionale di Asterix ed Obelix e sull’orlo del default finanziario – mi fermo qui per carità di patria – ora sono saldamente e con convinzione all’opposizione. Una contraddizione? Umberto Bossi ha scoperto solo adesso con chi ha avuto a che fare per più di una legislatura? Sono ben due gli elementi che rendono questa presa di posizione grave e farsesca allo stesso tempo. Il primo è che queste affermazioni non sono state fatte da una persona disturbata nell’intimità della sua dimora, ma di fronte ad un’intera piazza (durante la manifestazione del 22 gennaio a Milano) che lo ha lasciato fare senza batter ciglio. Ci si dovrebbe indignare? Francamente il primo sentimento che si prova è una bilanciata commistione di pena

e compassione. Il secondo punto – non certo per importanza – è che Mr.Secessione sul palco della manifestazione era circondato dall’establishment leghista al gran completo e, fatto salvo qualche muso lungo, nessuno ha osato protestare. D’altronde, alla Lega Nord l’unica scelta coerente dopo dieci anni di governo di tantissime parole e pochissimi fatti, è sembrata schierarsi da subito contro un governo soli-

Urge uscire dalla fase di annebbiamento nella quale da troppo tempo siamo immersi, nella quale tutto sembra essere diventato accettabile, nella quale il limite da non oltrepassare continua ad essere maledettamente sfuggente, quasi un miraggio che svanisce all’esplosione dell’ultima minibomba mediatica per poi riapparire qualche centimetro più avanti, inafferrabile. Ed è evidente che qui il pensiero non va esclusivamente alle folkloristiche piazzate a tinte verdi (che si tratti d’insulti a Napolitano o Monti poco importa ormai), ma alla situazione Si era davvero disposti a politica e istituzionale nella quale credere che queste dimissioni versiamo. sarebbero riuscite a restituPer concludere, la strategia politica leghista degli ultimi tempi, gli slogan ire al partito la tanto agogdemagogici, la linea totalmente inconata nuova verginità? O che erente, ma mai inaccettabile per un elettorato cieco e sordo, costituiscole scope di saggina portate a no spunti di riflessione di gran lunga Bergamo il 10 Aprile sarebbero più rilevanti rispetto alle simboliche davvero riuscite a ‘fare pulizia’? dimissioni di Bossi. Si era davvero disposti a credere che queste dimissioni sarebbero riuscite do e deciso che sta portando a termine inizia- a restituire al partito la tanto agognata nuotive che loro (come, a onor del vero, l’intero va verginità? O che le scope di saggina portaParlamento) nemmeno immaginavano. La te a Bergamo il 10 Aprile sarebbero davvero stessa stupefacente linea è stata riproposta riuscite a ‘fare pulizia’? anche a livello locale; basti pensare che dopo E con le indagini venute alla luce nelle ultiaver introdotto, giustamente, l’Ecopass a Mi- me settimane? Come la mettiamo? Mio caro lano, adesso la Lega è dichiaratamente con- elettorato leghista, che sia l’occasione giusta tro il blocco del traffico e contro l’area C in per scuotersi da questo lunghissimo e imbauna delle città più inquinate d’Italia. Un altro razzante torpore? esempio? Due decadi intrise di proclami di Dal canto nostro ci limitiamo a dichiarare solidi principi, onestà e non meglio precisati che se questi prendono più del 4% alle prosvalori, sono state spazzate via con un colpo di sime elezioni (Dio ce ne scampi, ma siamo pur spugna quando la Lega ha osato dichiararsi sempre nel paese dei balocchi…) temiamo di contro l’arresto di Cosentino. E qui ci si con- vederci costretti a chiedere asilo politico in ceda di sottolineare l’“osato” perché è impor- Tanzania, anzi no, a Kooly Noody. tante recuperare il senso del pudore politico del quale siamo stati privati negli ultimi anni.

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ATTUALITÀ

MCI

LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA

Il nuovo incubo nel mondo dello sport per i giovani altleti Il camerunense Marc-Vivien Foé, morto durante la semifinale di Confederations Cup del 2003

DI ALBERTO MARAOLO

amaraolo.mygeneration@gmail.com

L

a morte cardiaca improvvisa (MCI) nello sport si definisce come “decesso naturale, da cause cardiache, che avviene in modo istantaneo in apparente assenza di sintomi, o comunque entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi, in un individuo privo di patologie cardiovascolari note po-

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tenzialmente fatali”. I giovani atleti sono considerati i membri più sani di una società, eppure negli USA, per esempio, ogni anno ne muoiono inaspettatamente più di novanta. Inquietanti sono gli episodi occorsi nel mondo del calcio negli ultimi anni, amplificati spesso dalla diretta tv, che trasforma lo sport da romanzo popolare in agghiacciante “reality show” dell’orrore, dove lo spettatore assiste impotente al dramma e al suo contorno, spesso fatto di er-

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rori grossolani (ritardo nei soccorsi), isteria (in primis dei media), ipocrisia (ha senso sospendere i campionati senza che alcun provvedimento venga preso, anzi, inscenando un triste spettacolo litigioso su quando e come recuperare il turno?). Morosini è solo l’ultimo di una lista luttuosa: la memoria torna al camerunense Foé, fulminato da un arresto cardiaco in mondovisione nel luglio 2003, mentre disputava la semifinale di Confederations Cup; la triste vicenda di


MYGENERATION quest’ultimo riaccese la luce sul problema di approfondimento, solo se da anamnesi ed dei controlli dei giocatori africani, non po- esame obbiettivo dovessero emergere dati chi dei quali affetti da anomalie cardiache, anomali, assumendo che l’ECG sia un esame perenne oggetto di controversia tra fede- gravato da troppi “falsi positivi” – cioè che razioni più rigide – a sorpresa, l’Italia – nel classifichi come malati soggetti che, dopo rilasciare l’idoneità agonistica e federazioni indagini più sofisticate, risultano essere sani. meno fiscali. Di diverso avviso è invece l’ESC (European La domanda, che erompe dalle menti e dai Society of Cardiology), che, nelle cosiddette cuori di appassionati e non, è semplice: per- “Raccomandazioni di Losanna” (2006), avalché? Le cause sottostanti la MCI sono mol- late dal CIO, sposa la linea secondo cui l’ECG teplici; escludendo l’uso di sostanze stupe- è fondamentale nello screening di base degli facenti o dopanti, si possono suddividere in atleti; tra l’altro, ciò deriva dall’esperienza due gruppi a seconda dell’età: per atleti al italiana del gruppo di lavoro veneto del Prodi sopra dei 35 anni, la malattia aterosclero- fessor Corrado, che ha studiato per circa tre tica delle arterie coronarie (coronopatia) è decenni i risultati dello screening “pre-parla principale colpevole; per atleti al di sotto tecipation” negli atleti, dimostrando come dei 35 anni, c’è un’ampia l’inclusione dell’ECG gamma di condizioni comporti una riduzione La prevenzione è statisticamente signifipatologiche, includente la cardiomiopatia ipercativa di MIC. l'arma migliore; trofica (frequente negli Un recente studio ameil problema è nei ricano, di M. T. Wheeafricani come Foé), la displasia aritmogena ler, partendo proprio metodi del ventricolo destro, dal lavoro di Corrado, malattie delle valvole sostiene a sua volta cardiache (come per il nigeriano Kanu, che fu questa tesi, battendo il tasto del favorevole salvato prima di eventi fatali da un interven- rapporto costo-efficacia di un protocollo di to chirurgico), disturbi del ritmo, anomalie prevenzione che contempli l’ECG; purtroppo, cardiache congenite di vario tipo. Il rischio di infatti, il problema è sempre il solito: i soldi. E’ MCI cresce con l’aumentare dell’intensità di una piccola soddisfazione quella che, nel Paepicco dello sforzo fisico e del livello di com- se regno degli sprechi, ci sia un investimento, petizione. almeno teorico, sulla salute dei giovani atleti, Le patologie responsabili sono spesso clini- come si evince dalle prescrizioni delle “norcamente silenti e difficili da diagnosticare, me per la tutela sanitaria dell’attività sportio addirittura improbabili solo da sospettare, va agonistica” emanate nel 1982. sulla base di sintomi spontanei. La valutazio- Resta da vedere se i regolamenti sono verane medica prima della partecipazione degli mente applicati. Altra questione è l’eticità o atleti alle competizioni (screening) offre la meno della scelta di riservare esami più sopossibilità di individuare soggetti asintoma- fisticati, come l’ecocardiogramma, per atleti tici portatori di anomalie cardiovascolari di élite, andando a discriminare tutti gli altri, potenzialmente letali, e di proteggerli dal ri- ma anche in questo caso tutto si riconduce schio di MCI mediante inibizione dall’attività al rapporto tra i costi e l’effettiva capacità di agonistica. questi esami di individuare soggetti a rischio. A questo punto sorge la grande questione: Ultimo problema, posto che la prevenzione è qual è il miglior protocollo di prevenzione l’arma fondamentale contro la MCI: cosa fare da adottare? C’è discordanza nella comu- dinanzi ad un giovane stramazzato al suolo nità scientifica mondiale sulle linee-guida a mentre giocava? E’ necessario attivare con riguardo, e il dilemma principale è: includere rapidità ed efficacia un protocollo di soccoro no l’ECG standard a 12 derivazioni a riposo so in cui il defibrillatore ha un ruolo cruciale, (il comune elettrocardiogramma) nello scre- dato che la sua utilità è massima se usato enening? tro tre-cinque minuti. Statunitensi ed europei concordano sull’indi- Dato il numero elevatissimo di atleti che si spensabilità di un’accurata anamnesi – rac- impegnano nelle più svariate discipline, molti colta di informazioni personali e familiari, dei quali provenienti da Paesi dove i controlli inerenti allo stato di salute individuale e dei latitano, azzerare le MCI è un’utopia. Fortuparenti di primo grado – associata ad uno natamente, e l’Italia attraverso alcune sue scrupoloso esame obbiettivo – esame fisico eccellenze l’ha dimostrato, ci sono gli struvolto ad individuare segni di sospetto, come menti per ridurre il più possibile gli eventi un “soffio” al cuore. fatali, a patto che si sappia usarli e sfruttarli. L’AHA (American Heart Association) però raccomanda di procedere oltre, con esami

PIERMARIO MOROSINI È l’ultimo calciatore a perdere la vita durante un evento sportivo. Il 14 aprile 2012, si accascia a terra intorno al trentesimo minuto di Pescara-Livorno.

ANTONIO PUERTA Cresciuto nel Siviglia, nell’estate della sua morte rifiutò un trasferimento milionario al Real Madrid per divenire una bandiera della sua squadra del cuore. Il 25 agosto 2007 Puerta ha perso conoscenza in campo durante la partita Siviglia-Getafe, prima giornata della Liga, colpito da un arresto cardiaco.

RENATO CURI Morì durante la gara di campionato Perugia-Juventus a soli 24 anni per un arresto cardiaco il 30 ottobre 1977. Oggi lo stadio comunale di Perugia porta il suo nome.

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ATTUALITÀ

QUESTA NON È

UNA CITTÀ

PER DISABILI

Un viaggio tra musei e barriere architettoniche nella Napoli dell’America’s cup DI MIRKO GALANTE mirkogalante@virgilio.it

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artiamo da un luogo comune: Napoli potrebbe vivere di turismo. Una frase che ogni abitante della “città del sole” si sarà sentito ripetere almeno un milione di volte. In effetti, la lungimi-

ranza di De Magistris nel volere a tutti i costi l’America’s cup, ha mostrato a tutto il mondo le grandi potenzialità di una Napoli tristemente famosa per le montagne di immondizia e per i fatti di camorra. Qualcosa però è sfuggita a Palazzo San Giacomo. Traendo liberamente ispirazione da un noto film dei fratelli Coen, possiamo tranquillamente affermare che questa: “Non è una città per disabili”. Il motivo è facilmente intuibile. Alcuni musei e numerosi luoghi d’interesse artistico e culturale, che da soli rappresenterebbero una forte attrattiva per un turista, risultano non essere accessibili da chi è affetto da grave disabilità motoria.

Questa problematica è stata posta alla mia attenzione il 26 ottobre 2011, sette mesi fa, dalla mamma di una bambina disabile. La signora lamentava infatti, una notevole difficoltà nel portare la bimba in giro per i Decumani. “Come faccio da sola a far salire le scale a mia figlia che è bloccata sulla carrozzina? Non posso chiedere sempre aiuto ai passanti”. Così, dopo questa sconcertante affermazione, in me è nata la voglia di approfondire questa grave problematica. Spinto dalla curiosità, mi sono chiesto: “se fossi il parente di un disabile, e se quest’ultimo non fosse di Napoli, cosa potrei fargli visitare della mia città”?

QUATTRO ESEMPI

CASTEL DELL'OVO

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SAN FRANCESCO DI PAOLA

La struttura è fornita di ascensori perfettamente funzionanti

Nessuna presenza di scivoli per carrozzine

Le terrazze sono raggiungibili solo con due ripide scalinate

È quasi impossibile raggiungere l’ufficio informazioni nella piazza

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MYGENERATION Partendo da questa domanda e fingendomi il nipote di una signora affetta da gravi difficoltà motorie, per sette mesi, con una certa regolarità, sono andato il giro per musei e chiese. Quindi oltre al piacere di fare il turista nella mia città, ho avuto modo di costatare quanto sia difficile per un diversamente abile muoversi nella Napoli dei monumenti. Il mio tour tra le meraviglie partenopee, parte dal protagonista di ogni foto ricordo: Il Castel dell’Ovo. Il castello, generalmente sede di importanti mostre d’arte, si presenta fornito di ascensori perfettamente funzionanti e capaci di ospitare le carrozzine. Peccato però che le terrazze, dalle quali si gode di uno splendido panorama, siano raggiungibili solo percorrendo due ripide scalinate. Come seconda tappa, ho scelto Piazza del Plebiscito e la famosa chiesa neoclassica San Francesco di Paola. Anche in questo caso, nessuna presenza di scivoli per carrozzine. Per visitare la chiesa, o semplicemente per recarsi all’ufficio del turismo (locato sotto il porticato), bisogna accedere da Via Gennaro Serra, citofonare il parroco e chiedere la cortesia di entrare dalla “porta di servizio”. Ma anche in questo caso ci sono da affrontare un paio di gradini. Un vero scandalo, se si considera che questa piazza è utilizzata come location di grandi eventi. Nel procedere nel mio giro, ho notato che visitare La Napoli sotterranea, per un diversamente abile è una missione a dir poco impossibile, e non è tutto. Chiacchierando con l’addetta ai biglietti, sono venute a galla storie di persone trasportate in braccio per i cunicoli, una cosa

MUSEO MADRE La struttura è perfettamente fornita di impianti

che trovo altamente lesiva per la dignità dell’ammalato. Ironica è invece la situazione presente al Duomo: scivolo a norma sulla prima rampa di scale, ma stranamente nessuno ha considerato come ostacolo il gradino presente sulla soglia d’ingresso. Non è migliore la situazione al Museo di San Gennaro. La struttura è dotata di elevatore, quest’ultimo però è guasto da sette lunghi mesi. Il personale per coprire l’indecenza della cosa, ripete

Rendere una metropoli vivibile, significa anche renderla accessibile a tutti a tutti la solita storia: “è guasto da due giorni, quanto prima il servizio sarà ripristinato”. Ma la realtà è un’altra. Pare che l’azienda addetta alla manutenzione dell’impianto sia fallita da un anno e che quindi, per un diabolico gioco di responsabilità e competenze, nessuno possa provvedere alla riparazione. La stessa storia la troviamo nella bellissima Villa Pignatelli. Per un elevatore rotto, nessun paraplegico potrà osservare le bellezze in essa contenute. Tutto a norma al Museo Madre, ma qualche gradino di troppo sprovvisto di pedana per sedie a rotelle lo si riscontra nella Chiesa di Donnaregina Vecchia, struttura considerata tra le maggiori testimonianze di epoca medievale a Napoli. Procedendo nelle indagini, ho riscontrato

problemi anche presso la chiesa del Gesù Nuovo: quattro gradini. Mentre una discreta rampa di scale impedisce la visita della caratteristica Chiesa delle Anime del Purgatorio. Altrettanto problematico è raggiungere l’ingresso della Chiesa San Giovanni a Carbonara, una vera scalata. Confesso che dopo la seconda scalinata affannavo anche io. Il Museo di San Lorenzo invece è accessibile in ogni sua ala tranne che negli scavi, la chiesa invece presenta un gradino all’ingresso. Complicata è anche la visita delle chiese di San Giuseppe dei Ruffi e di San Domenico Maggiore. In quest’ultima c’è la possibilità di entrare dal lato posteriore, ma anche in questo caso bisogna superare due gradini. A San Paolo Maggiore invece, mi raccontava un responsabile, che era prevista l’installazione di un ascensore, ma a causa delle minacce di un prepotente, il progetto è stato abbandonato. Attualmente, chi volesse accedervi dal retro, dovrebbe fissare un appuntamento con il parroco qualche giorno prima. Quella che ho riportato è una situazione assurda ed insostenibile, che dovrebbe far riflettere chi ci governa. Non basta una semplice “lavata di faccia” per rendere Napoli una città al passo con le grandi capitali europee. Rendere una metropoli vivibile, significa anche renderla accessibile a tutti.

SAN GIOVANNI A CARBONARA È impossibile raggiungere l'ingresso a causa di una ripidissima scalinata

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OLO

SPETTAC

IL PIÙ GRANDE "SOCIAL"?

IL CINEMA Stampa, radio, televisione, internet: tutti al servizio della settima arte

DI ALBERTO MARAOLO

amaraolo.mygeneration@gmail.com

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a nascita del Web 2.0 ha segnato l’irruzione nel mondo attuale dei social media, capaci di innalzare la comunicazione fra le persone ad un livello qualiquantitativo superiore rispetto ai media tradizionali: stampa, radio, televisione, cinema, nonché lo stesso Web statico, opposto a quello “dinamico” oggi imperante, degli inizi. Eppure, già negli anni Cinquanta André Bazin, re della critica cinematografica francese e padre spirituale della Nouvelle Vogue, affermava che il cinema poteva essere considerato un medium intrinsecamente legato alla modernità, sempre all’avanguardia, slegando quest’ultimo concetto da fenomeni quali l’elitarismo o lo sperimentalismo tecnico-espressivo radicale. Consapevolmente o meno, David Fincher si è rivelato più realista del re, conservando il suo carattere di regista d’avanguardia entrando nell’universo pop, allorché nel 2010 ha portato sul grande schermo la storia del social

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media per eccellenza, usato da oltre mezzo miliardo di persone: Facebook. In “The Social Network” da un lato c’è la specificità del mezzo, capace di integrare le funzioni di tutte le principali espressioni del Web 2.0 (Youtube, Twitter, Wikipedia); dall’altro la storia (vera? verosimile? romanzata?) della genesi di un progetto d’impatto sconvolgente sulla vita di tutti. La rete sociale del titolo è quella che collega milioni di persone virtualmente, ma è quella che manca, o viene meno, attorno al fondatore Zuckerberg; l’ottimo Jesse Eisenberg è bravo nell’interpretare un personaggio titanico eppure meschino, geniale eppure glaciale: insomma, ricco d’ingegno, povero di sentimenti. Facebook non può raccontare se stesso; il cinema – che invece può raccontare se stesso, come in “Effetto Notte” (1973) di Truffaut – è riuscito a sollevare il velo sul social più usato: raccontando virtù e vizi del creatore, il film ha spiegato anche pregi e difetti della creatura. Agli Oscar 2011 l’opera di Fincher, però, pur premiata con tre statuette (sceneggiatura non originale, montaggio, colonna sonora), nei premi importanti è stata beffardamente surclassata da una pellicola, “Il Discorso del

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Re” (2010), incentrata sulla disperata lotta del Duca di York Albert, asceso poi al trono d’Inghilterra come Giorgio VI, contro la balbuzie: un male da poco in epoche lontane, tuttavia non in un presente dove la voce dei regnanti, tramite la radio, primo pervasivo mezzo di comunicazione di massa, deve raggiungere ogni angolo dell’impero britannico. Almeno al cinema, la radio, per quanto agée, ha battuto i nuovi social. Primo medium a rispondere alla richiesta che l’informazione dovesse essere in “tempo reale” – cioè che vi fosse un intervallo minimo, al limite della percettibilità, tra l’emissione del messaggio e la sua ricezione, superando i limiti dell’informazione a mezzo stampa – la radio ha rappresentato un importante oggetto di narrazione per molti grandi registi. Un esempio: “Radio Days” (1987) di Woody Allen. E’ un lavoro dal sapore felliniano, intriso di invincibile nostalgia: rievoca i fasti della radio nella New York degli anni Trenta, dove si contrappongono la falsità degli addetti alla radio stessa e la simpatia di una famigliola ebraica che ruota attorno al piccolo Joe, immancabile proiezione alleniana. Se il rapporto tra cinema e radio è stato in


MYGENERATION genere “pacifico”, all’insegna di un narrato (appena venticinquenne) riuscì a descrivere, quasi sempre positivo, ben diverso è il discor- con occhio precorritore, l’intreccio tra massso per stampa e televisione – i social media media e potere. per antonomasia, prima dell’avvento di Inter- Lo stesso intreccio si è poi amplificato a dinet – raccontate dal cinema nei loro splen- smisura con la capillare diffusione della dori e nelle loro miserie, con storie sovente a televisione a soppiantare la stampa come tinte forti, ricche di personaggi controversi. principale canale di comunicazione. Il cineNell’ambito del cinema che si occupa di car- ma non solo ha fotografato questa realtà, ma ta stampata, il manuale pratico per aspiranti è perfino riuscito a sondarne i suoi aspetti giornalisti di Tim Harrower individua cin- più perversi, a volte con folgorante anticipo que classici: “La Signora del Venerdì” (1940), sui tempi: esempio lampante è “The Truman “Quarto Potere” (1941), “Tutti gli Uomini del Show” (1998) di Peter Weir, la storia di un Presidente” (1976), “Dentro la Notizia” (1987), mite impiegato (un mai più così bravo Jim “Good Night and Good Carrey) che vive dalla Il Cinema ingloba e nascita senza saperlo Luck” (2005); sono film non classificabili sotstudia gli altri media in un reality show teto un’unica etichetta, levisivo – un mostruocon impareggiabile so Grande Fratello ma che attraversano più generi, commedia ante litteram – dove efficacia compresa. Comuntutto è pianificato nei que, il giornalista protagonista si modella di minimi dettagli da un regista-demiurgo, un solito su schemi consolidati: riprendendo la inquietante Ed Harris. terminologia di Elena Dagrada, ai due estremi E così si arriva e torna al social media, o netci sono il “crusader” (crociato), paladino della work, definitivo (finora): Facebook, ormai Verità, e il seguace dello “yellow journalism” organizzato in modo tale da influenzare e (il sensazionalismo); modelli intermedi sono indirizzare le vite dei suoi utenti, in base al falo “story journalism”, troppo influenzato moso aforisma di Marshall McLuhan “il medalla fantasia, e il giornalismo “muckracker” dium è il messaggio”, per cui sono importanti (spalaletame), di chi accetta troppi compro- più i criteri con cui è veicolata la comunicamessi per arrivare a scopi positivi. zione che la comunicazione in sé. “Quarto Potere” di Orson Welles però fa sto- Spetta dunque al cinema – come ha già fatto ria a sé: è la ciclopica avventura di un magna- per gli altri media – svelare trucchi e inganni te dell’editoria, descritta in sei memorabili del sistema. Fincher ha aperto la porta, ora flashback. E’ il film che ha cambiato la sto- non resta che proseguire lungo la strada da ria del cinema, in cui il giovanissimo regista lui tracciata.

QUARTO POTERE di Orson Welles 1941, USA

TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE di Alan J. Pakula 1976, USA

THE TRUMAN SHOW di Peter Weir 1998, USA

THE SOCIAL NETWORK di David Fincher 2010, USA

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SPETTACOLO

Breve guida per districarsi tra vecchie proposte e nuove promesse del Napoli Teatro Festival DI MARIA EMMA DI LORENZO emma.dilorenzo@mygenerationweb.it

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rocevia di incontri ed eventi internazionali, a giugno la città partenopea ospiterà per la quinta volta il Napoli Teatro Festival Italia. Nato per eguagliare eccellenze europee del calibro dell’Edinburgh International Festival, del Festival d'Avignon e del Festival iberoamericano de teatro de Bogotà, il NTFI ha dimostrato, con le 72000 presenze dell’ultima edizione, di non essere da meno. Con la sua capacità di conciliare grandi attori e registi con altrettanti artisti emergenti ed il talento nel rendere qualunque luogo teatro: dai tetti della città ai suoi vicoli fin giù nel sottosuolo, il Napoli Teatro Festival è tra gli eventi più attesi dell’estate.

La storia E’ il lontano 2006 quando Napoli viene preferita ad altre città italiane come sede per ospitare questo prestigioso progetto. Due anni dopo, nel giugno del 2008 la prima storica edizione prende il via con la rappresentazione di ‘Le Troiane’ di Euripide. In scena, già dai primordi, vengono rappresentate opere

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Kevin Spacey in una scena del Riccardo III, spettacolo di chiusura del 2011 dal respiro internazionale come ‘Chie Chan e io’ tratto dall’omonimo romanzo di Banana Yoshimoto ed interessanti novità, prodotte dal festival stesso, come ‘England’ di Tim Crouch o ‘Cosa deve fare Napoli per rimanere in equilibrio sopra un uovo’ di Enrique Vargas. Il 2009 è un anno di sperimentazioni, la più suggestiva delle quali è “ROOF a live movie/ Napoli” di Rodrigo Pardo, prodotta dal festival: lo spettatore, armato di binocolo, osserva da una postazione privilegiata i tetti dei palazzi che lo circondano sui quali prendono vita scene di film tra i più famosi della storia del cinema. Tra le anteprime, guadagna il posto d’onore ‘La trilogia della villeggiatura’ di Carlo Goldoni, regia di Antonio Latella. La seconda edizione presenta un’ulteriore novità: ospita per la prima volta il Napoli Fringe, un festival nel festival che premia il teatro off e ha l’importante ruolo di promuovere gli artisti emergenti. Con la terza edizione si cerca di dare ancora

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più spazio alla città ed è così che la vicenda di ‘Delitto e Castigo’ di Dostoevskij sbarca nei quartieri spagnoli in una rappresentazione itinerante dove il pubblico segue gli attori per le strade e i vicoli. Il teatro in strada dunque ma anche la strada che affolla il teatro quando al più amato eroe popolare napoletano, alla mano de Dios, all’unico e solo Diego Armando Maradona viene dedicato un concerto al San Carlo. ‘El Diego - Concerto n. 10’, regia video di Carlo Alvino e musiche di Roberto De Simone, è un successo annunciato. Siamo giunti a giugno 2011 con la quarta edizione che porta con sé ancora una volta artisti internazionali, dall’autore inglese Declan Donnellan con la sua ‘The Tempest’ alla commovente danza delle donne vietnamite in ‘Sécheresse et pluie-recreation’ di Ea Sola passando per i due spettacoli in giapponese, andati in scena nelle sale del Museo di Capodimonte ‘Tokyo notes’ e ‘The Yalta Conference’. Da non sottovalutare i luoghi: l’Otello in barca a vela di Antonella Monetti, il racconto


MYGENERATION WEEKEND APERTURA The Makropulos Case di Robert Wilson Teatro Mercadante 7-8-9 giugno

Un giorno tutto questo sarà tuo di Davide Iodice Teatro San Ferdinando 8-9-10 giugno

Che fine ha fatto Baby Jane? Come stelle al buio di Enzo Vetrano e Stefano Randisi

FOCUS ARGENTINO Los hijos se han dormido da ‘Il Gabbiano’ di Anton Čechov, di Daniel Veronese Teatro Nuovo 13-14-15 giugno

Espìa a una mujer que se mata di Daniel Veronese Galleria Toledo 14-15-16 giugno

FOCUS ISRAELIANO Null coreografia Noa Wertheim Teatro San Ferdinando 19-20 giugno

Bein Kodesh Le’Hol (Sacred and Profane) coreografia di Rami Be’er Teatro Politeama 19-20 giugno

Tercer cuerpo di Claudio Tolcachir

Birth of the phoenix coreografia Noa Wertheim

El viento en un violìn di Claudio Tolcachir

If At All coreografia di Rami Be’er

Tommy…non apro!!! di Vincenzo Borrelli

El tiempo todo entero da Lo Zoo Di Vetro di Tennessee Williams, di Romina Paula

’E feste a mmare di Antonella Monetti

La Omisiòn de la Familia Coleman di Claudio Tolcachir

Higher expectation coreografia Dafi Altabeb Creazione Dafi Dance Group (Israeli Choreographers Association)

Teatro Pausilypon 8-9 giugno

Teatro Mercadante – Ridotto 15-16-17 giugno

Igiene dell’assassino da Amélie Nothomb, di Alessandro Maggi

Teatro Mercadante 15-16-17 giugno

Teatro Nuovo 8-9-10 giugno

Galleria Toledo 10-11-12 giugno

Darsena Nisida dal 10 al 17 giugno

NUOVA DRAMMATURGIA

Teatro di Corte 15-16 giugno

Teatro Pausilypon 21-22-23 giugno Teatro Politeama 22-23 giugno

Teatro Pausilypon 23-24 giugno

Teatro Mercadante 15-16-17 giugno

WEEKEND CHIUSURA

ALTRI

Museo delle utopie di Pietro Favari, regia Giuseppe Sollazzo

Il teatro in cucina: Sartù di Rosi Padovani regia Roberto Azzurro

Welcome on board a cura di Gennaro Cimmino, coreografia Francesco Nappa

L’angelo della casa, Omaggio a Emily Dickinson di Giorngia Palombi

The Suit di Peter Brook, Marie- Hélène Estienne, Franck Krawczyk

RAMBLAS – Vie permanenti dell’arte di strada a cura di Giulio Barbato e Claudio Benegas

Grotta di Seiano 8-9 12-13 17-18 giugno

Real Orto Botanico 12-13-14 giugno

Exils di Fabrice Murgia

Teatro Mercadante 12-13 giugno

Ifigenia in Aulide di Mirce Eliade, regia Gianpiero Borgia Teatro Pausilypon 12-13 giugno

Summer di Edward Bond, regia Daniele Salvo

Teatro San Ferdinando 14-15-16 giugno

Taking care of Baby di Dennis Kelly, regia Fabrizio Arcuri

Cortile dell'Accademia di Belle Arti di Napoli 20-21-22 giugno

Teatro Mercadante 22-23-24 giugno

Wonderland di Matthew Lenton Teatro Sannazaro 22-23-24 giugno

Yo, el heredero da ‘Io, l’erede’ di Eduardo De Filippo, regia di Francesco Saponaro

NAPOLI. INTERNO. GIORNO. Visioni oltre… ed altre di una città di Marco Luciano

Spettacolo itinerante in 4 location 10-11-17 -18 giugno Ore 10.30

A bocca piena progetto di Mascia Musy

Écrire et mettre en scène aujourd’ hui

Sala Assoli 23-24 giugno

Institut Français de Naples 10 giugno ore 19

L’isola di Arturo di Elsa Morante, lettura di Licia Maglietta Teatro Odeion 12-13-17-18-24 giugno

The Rerum Natura’ progetto speciale da THE END di Enrico Castellano, Valeria Raimondi

Il Vantone di Plauto, traduzione Pier Paolo Pasolini, regia Arturo Cirillo

Sala Assoli 18-19-20 giugno

7-24 giugno - Napoli teatro festival 2012 - prima parte La quinta edizione è ormai alle porte e Mygeneration non vuole che i suoi lettori arrivino impreparati a questo importante appuntamento.

Via Benedetto Croce, piazza San Domenico Maggiore, via Chiaia, piazza dei Martiri, Villa Comunale 9-10-1617-23-24 giugno

Teatro San Ferdinando 23-24 giugno

Teatro Nuovo 18-19-10 giugno

di donne ‘Variazioni sul mito-femminile sotterraneo Arianna, Elena, Antigone’ nel Tunnel Borbonico e ‘La Tana’ di Francesco Saponaro con Mascia Musy nelle suggestive Catacombe di San Gennaro, dimostrano come ogni luogo possa trasformarsi, all’occorrenza, in un palcoscenico. Anteprime e grandi star non mancano: i nostrani Massimo Ranieri e Lina Sastri ne ‘L’opera da due soldi’ di Brecht in scena al Real Albergo dei Poveri e i due ospiti stranieri Sam Mendes e Kevin Spacey, rispettivamente regista ed attore protagonista di un “Richard III” scelto come degna conclusione di quella che, ad oggi, viene considerata la migliore edizione del festival partenopeo.

Hotel della Città di Napoli Dal 7 al 10, dal 13 al 15 e dal 21 al 23 giugno

Teatro Pausilypon 17-18 giugno

Si inizia con una vera e propria anteprima del festival. Il 6 Giugno la cantante israeliana Noa si esibirà al teatro San Carlo con un concerto tratto dal suo nuovo album, Noapolis, dedicato proprio alla città partenopea. Introduzione perfetta dunque per uno dei due approfondimenti di questa edizione: la danza israeliana che, assieme al teatro argentino, rappresenterà il focus del 2012. Grandi ospiti aprono e chiudono la kermesse: il maestro Robert Wilson con il suo ‘The Makropulos case’, preannunciato come un’opera fantastica dal grande impatto scenico, sarà dal 7 al 9 giugno al Mercadante, teatro in cui, dal 22 al 24 dello stesso mese, “The suit” di Peter Brook porrà fine alla prima parte di questa edizione. Tra le sperimentazioni: ‘Un giorno tutto questo sarà tuo’ si interroga sul mondo e su ciò che di esso lasceremo in eredità alle generazioni future in un confronto diretto tra genitori e figli che avverrà sotto gli occhi del pubblico.

Luoghi inconsueti non mancheranno: ‘Napoli. Interno. Giorno. Visioni oltre… ed altre di una città’ di Marco Luciano prevede un percorso a piedi ed in bus, ‘Ramblas’ vedrà artisti di strada esibirsi nelle ‘calles’ più frequentate di Napoli e ‘’E feste a mmare’ di Antonella Monetti andrà in scena su un’imbarcazione ormeggiata nella darsena di Nisida. La leggerezza è il tema scelto dal direttore Luigi Fusco per questa edizione e Napoli viene definita nello spot ufficiale del festival, ‘teatro ideale’. Parole queste, che richiamano alla mente una poesia di Eduardo De Filippo: “Napule è nu paese curioso, è nu teatro antico sempe apierto, ce nasce gente che senza cuncierto scenne pe strade e sapè recità, nun è ca o' ffanno apposta ma pe loro o panorama è na scenografia”.

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SPETTACOLO

MUNICH '72 L’olimpiade di sangue

DI MARCELLO MICCIARELLI

marcello.micciarelli@mygenerationweb.it

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anca poco alla XXX edizione delle Olimpiadi, evento sportivo per eccellenza, sul quale i media hanno cominciato a concentrarsi già da tempo. Riteniamo, perciò, importante ricordare nella nostra rubrica un film che affronta questo evento da un punto di vista più complesso, analizzando il nesso strettissimo tra sport e società, tra sport e vita. Non potevamo, pertanto, tralasciare Munich, l’ottima pellicola di Spielberg del 2005. Il film parte dal terribile massacro di Monaco di Baviera avvenuto durante le Olimpiadi estive del 1972 quando un gruppo di terroristi, facenti capo all’organizzazione palestinese “Settembre Nero”, fece irruzione negli alloggi degli atleti israeliani nel villaggio olimpico, uccidendone immediatamente due che avevano provato a fuggire, e prendendo in ostaggio altri nove membri della squadra olimpica. La vicenda si concluse con un maldestro tentativo di liberazione da parte della polizia tedesca che portò alla morte di tutti gli atleti israeliani e del gruppo di fedayin. A condurre l’operazione segreta del Mossad israeliano dal nome “Collera di Dio” cinque

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uomini con a capo il giovane Avner. Con il procedere della missione, quest’ultimi, si vedranno sempre più implicati nella storia, fino ad accorgersi che non sono più loro ad essere i portatori della vendetta israeliana, ma saranno loro stessi, carnefici, a mettere in atto un meccanismo di violenza che genera altra violenza. Il film risulta essere un misto di noir e spy story ma il riferimento intrinseco ai fatti dell’11 settembre non produce altro che ulteriore e inutile odio. Non solo: permane, infatti, l’incertezza sulle concrete responsabilità e sulle motivazioni reali e oggettive che spingono ancora oggi le diverse organizzazioni terroristiche internazionali e gli stessi apparati governativi a compiere atti criminali o a “farsi giustizia”. Avner e i suoi credono ancora, perlomeno fino agli ultimi drammatici eventi del film, nella possibilità di una giustizia che non coincida con la vendetta poiché si rendono conto che la risoluzione dei problemi politici deve partire dall’eliminazione delle cause che sono alla base di quei problemi, non solo delle persone. Due sono i motivi ricorrenti nel film. Innanzitutto, il cibo, che accompagna le azioni dei protagonisti, a cominciare dall’inizio, quando i cinque seduti alla stessa tavola chiacchierano con leggerezza delle loro vite, di modo che niente lascerebbe supporre la metamorfosi a cui lo spettatore assisterà nel corso del film.

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Altro filo rosso è rappresentato dalla televisione che commenta e racconta i fatti. Triplice è il ruolo di questo elemento: da un lato, ribadisce quello che Spielberg ha già detto all’inizio e cioè che il film si basa su fatti reali; in secondo luogo, serve a mostrarci i fatti da punti di vista molteplici, in alcuni casi distorti; infine, crea due piani diversi di spettatori in quanto veicola la reazione dello spettatore del film verso uno o l’altro dei commenti che, all’interno del film, gli spettatori “diretti” della televisione, esprimono a caldo sui fatti. L’intera vicenda, e la maturazione e metamorfosi di Avner, sono poi segnate dal susseguirsi di flashback che rievocano l’episodio iniziale del massacro di Monaco, la cui funzione, oltre che narrativa ed esplicativa, sottolinea una specie di convergenza di comportamenti e, forse, anche di obiettivi tra i palestinesi di Settembre nero e gli israeliani che devono vendicarsi. Qual è infatti il discrimine fra quegli assassini di monaco e quelli da parte di Avner e compagni? Mettere in evidenza l’umanità delle future vittime, in palese contrasto con i crimini di cui sono accusati, solleva una serie di considerazioni e dubbi nello spettatore ben al di là della naturale tensione che il film scatena nel pubblico. Insomma, è un film che fa riflettere. Un film da vedere.


SPETTACOLO

MYGENERATION

ROME th i w LOVE to

Un omaggio alla città eterna

DI CONCETTA RUSSO

concettarusso.mygeneretion@gmail.com

«Q

«Quando giravamo, il film sembrava la storia di Renzo Bossi. C'era il presidente del Consiglio, le escort, le feste e c'era ancora Umberto Bossi e il sole. Adesso c'è Monti, gli esodati e piove...». Così Roberto Benigni scherza con i giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione del film "To Rome with love", l'ultima opera di Woody Allen, girato interamente a Roma. E’ da qualche anno ormai, che Allen, ha abbandonato New York, protagonista di molti dei suoi film, per ambientarli nelle principale città del vecchio continente. "To Rome with love", omaggia la città eterna, ma ancora di più la magia che pervade chiunque ne entri in contatto. “Roma –afferma il regista- è una città esotica, totalmente diversa da Parigi, Londra e Barcellona, nonostante però le accomuni la stessa energia e lo stesso fermento culturale, sono posti, questi, in cui

diventa facile trovare storie da raccontare. Girare un film a Roma è una chicca, un regalo speciale". Oltre al grande cast, dai nomi stellari (Woody Allen, Roberto Benigni, Penelope Cruz...), la pellicola mette in risalto i vizi e le virtù italiche, si passa così dalla superficialità di un certo giornalismo al chiacchierato fenomeno delle escort fino ad arrivare alla conquista della notorietà senza alcun merito, in un panorama da cartolina, non necessariamente congruente alla realtà della nostra quotidianetà ma così come appare agli occhi del regista newyorkese. La critica questa volta, nonostante gli ottimi incassi al botteghino, non ha perdonato l'ennesimo "film cartolina". I personaggi sembrano non avere una vera e propria forma, penalizzati, per così dire, anche dal fatto che non vi è una trama unitaria, e, a differenza dei precedenti film del maestro americano, non vi è un intreccio che alla fine lega le diverse storie. I temi e le riflessioni presenti nel film, sono sicuramente interessanti, ma i metodi e gli strumenti per raccontarli appaiono spesso fuori luogo e molto comuni, soprattutto per

un autore che ci ha abituato a ben altre soluzioni stilistiche. Si sorride poco o niente in “To Rome with love” (le uniche tre battute spiritose Allen le tiene per sé) ma in particolare non si riflette per nulla. Durante tutta la durata della pellicola vi è un continuo omaggio a Fellini: il quarto episodio del film, ad esempio, con protagonista Penelope Cruz, sembra ricordare lo “Sceicco Bianco”; altre volte lo si nota in quei piccoli elementi quotidiani trasformati spesso in surreale fantasia. Purtroppo, le solite citazioni e riproposizioni di figure nevrotiche/sessuali, già ben sviscerate nel suo cinema del passato, rendono la visione del film ancor più noiosa e piena di luoghi comuni. Inssoma, niente a che vedere con “Midnight in Paris”, anzi, sembra proprio che il tour Europeo del regista stia lentamente arrivando al capolinea. Il più grande rammarico per noi italiani, dopo i successi intrernazionali ottenuti a Barcellona e Parigi, resta quello di “un'opportunità” miseramente sprecata.

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CONCERTI

MOSTRE

Passione Tour

Sud Sound System

Percorsi di Arte Povera

C’è il meglio dell’anima creativa della Napoli contemporanea con belle e intense interpretazioni e performance dal vivo degli artisti coinvolti.

Originari del salento, combinano la tradizione del sud con i ritmi giamaicani. Questa volta sono in Tour all’Arenile.

Venti opere che ricostruiscono l’apporto individuale dato al vasto movimento dell’Arte Povera dagli artisti, molto diversi fra loro, Claudio Cintoli, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Mario Merz, Giulio Paolini.

Dove: Arenile Reload Quando: 19 maggio 2012 Prezzo: 12 € + eventuale prevendita

Dove: Arenile Reload Quando: 26 maggio 2012 Prezzo: 10 € + eventuale prevendita

Giuliano Palma

Nuova Orchestra Scarlatti

Vecchie canzoni diventano brani nuovi, all’avanguardia, contemporanei. È musica rock, folk, hip hop e blues allo stesso tempo.

La Nuova Orchestra Scarlatti ci presenta una entusiasmante Primavera Musicale che fanno rivivere la musica di artisti del calibro di Vivaldi e Mozart.

Dove: Arenile Reload Quando: 2 giugno 2012 Prezzo: Gratis

Tutte le date: http://bit.ly/primavera-musicale

TEATRO La Boheme

Napoli Teatro Festival Italia

Al teatro San Carlo di Napoli torna l’opera di Puccini. L’Opera è un tesoro inespugnabile della nostra penisola e assistere ad una di queste pietre miliari della cultura peninsulare è quasi un dovere.

Tra giugno (dal 7 al 24 giugno) e settembre (tra il 25 e il 30) Napoli sarà trasformata in un palcoscenico a cielo aperto, in un vero e proprio cantiere culturale.

Dove: Teatro di San Carlo Quando: http://bit.ly/boheme-napoli Prezzo: da 30 a 160 €

Info: http://bit.ly/ntfi-programma

Dove: AICA, Andrea Ingenito Contemporary Art Quando: Fino al 2 giugno 2012

DA NON PERDERE Maggio dei Monumenti

La storica rassegna napoletana dedicata all’arte cittadina quest’anno prevedrà sei i luoghi privilegiati dell’arte e dodici itinerari inconsueti riscoperti per l’occasione. Tutte le info: http://bit.ly/maggio-dei-monumenti

Trasporti

A partire dallo scorso 26 aprile e fino al prossimo 3 giugno 2012, data della fine del Maggio dei Monumenti di Napoli, la funicolare di Chiaia modifica gli orari di chiusura del servizio secondo i seguenti giorni: Venerdì e Sabato: ultima corsa e chiusura alle ore 02.00 Domenica, Lunedì e Martedì: ultima corsa e chiusura alle 00.30 Mercoledì e Giovedì: orario normale fino alle 22.00

What’s goin’on in Naples? - www.napolidavivere.it


EVENTI

WINE&

THECITY PORTA IL VINO IN CITTÀ DALLA REDAZIONE

mygenerationstaff@gmail.com

A

peritivi on the road, degustazioni nei negozi e nelle gallerie d’arte, eventi a tema e wineparty: dal 16 al 19 maggio Napoli accoglie la V edizione di Wine&Thecity, il fuori salone del vino di Vitignoitalia. Dalle vie dello shopping di Chiaia al centro antico, 106 indirizzi compongono quest’anno il circuito dell’evento: sono gioiellerie, boutique storiche e di tendenza, gallerie d’arte e home gallery, grandi griffe, show room di design, wine bar, pizzerie, ristoranti e grandi alberghi, location storiche e persino parrucchieri. Un itinerario eclettico e stravagante che mescola il vino alla moda e al design, all’arte e all’antiquariato, al gusto e ai gioielli. In ogni indirizzo troverete un vino da degustare (partecipano più di 70 cantine) illustrato dal produttore in persona o da un sommelier dell’Ais di Napoli e, tra un bicchiere e l’altro, assisterete ad una mostra, farete shopping, ascolterete musica, degusterete cioccolato o un buon sigaro italiano. Il fil rouge è il vino: rossi doc, bianchi, bollicine, rosè, grappe e distillati sono sparsi in tutte le location. “Ogni tappa è una scoperta”, assicurano gli organizzatori che quest’anno hanno condito l’evento con tante curiosità. Si comincia al PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli in via dei Mille, che Antonella Di Nocera, assessore al Turismo e Cultura del Comune di Napoli, ha concesso per festeggiare l’opening

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MYGENERATION

Dal 16 al 19 maggio una staffetta di appuntamenti a tema vino in 106 indirizzi da Chiaia al Centro antico. E il 15 opening al PAN

dell’evento il 15 maggio. L’aperitivo inaugurale nell’atrio di Palazzo Roccella vede un binomio vincente: i vini delle cantine del Movimento Turismo del Vino della Campania e gli assaggi gourmet della Città del gusto Napoli con il Dj set di Lunare Project e le perfomance di arte teatrale e circense della Compagnia degli Elefanti. Mercoledì 16 si va per negozi, a partire da Chiaia: i negozi che aderiscono espongono uno stendardo con l’immagine dell’evento. Si brinda con il chianti di Frescobaldi nella gioielleria Ileana della Corte e con i vini dei Feudi di San Gregorio nella boutique Galiano in via Calabritto che per la prima volta partecipa a Wine&Thecity. Tra le new entry di quest’anno ci sono la boutique Ganesh in via Morelli, Mister Fox in via Poerio e ancora Pinko in via dei Mille e Pride Concept store in via Cavallerizza. Anche gli show room di design sono una bella novità: Blandini (con lo studio Pisani), Poltrona Frau (con lo studio VeneziaTre), Novelli, Roche Bobois aderiscono quest’anno per la prima volta e ospitano aperitivi con gli architetti napoletani. Le signore più modaiole faranno tappa da Nennapop in via Bisignano, boutique trendy e di ricerca e da Idem dove Marietta Tramontano presenta le nuove collezioni primavera estate con i vini di Di Meo. I negozi sono davvero tanti ed è difficile citarli tutti, alcuni però si distinguono per proposte davvero originali come Paola Grande Habuhiah che per Wine&thecity presenta una collezione di tappi gioiello e accessori per il vino in argento e brone. Al centro antico ci piace segnalare l’appuntamento con Alba Rosa Man-

cini, architetto e designer che apre il proprio atelier in via Benedetto Croce per i 4 giorni dell’evento, e quello con la galleria Ab Ovo in via Bellini con reading a tema vino. Quello che sorprende di Wine&thecity è senza dubbio la creatività libera che si sprigiona in questi giorni: chi organizza mostre, chi presenta prodotti esclusivi – come la wine-bag in cuoio della sartoria M.Cilento 1780 -, chi allestisce vetrine a tema come Angelo Marino, Ernesto Esposito, Ldv. Il circuito comprende anche due saloni di parrucchieri: Noi Color Cutstyle e Team Leo in piazza Amedeo che presenta la vino terapia per capelli. Il vino incontra la bellezza anche allHotel Santa Lucia dove Mustilli, storica azienda di Sant’Agata dei Goti, presenterà il 19 maggio dalle 11 alle 14 la nuova crema viso da estratti di Aglianico, Linfa d’Uva. Da non perdere i private wine party serali: al Palazzo Caracciolo di via Carbonara e al vivaio di Esterni Galleria Elena dove il tema è Cappelli e vino. Tra le location speciali anche il Tunnel Borbonico che il 18 presenta un percorsodegustazione dedicato al Falerno bianco del Massico di Villa Matilde con performance teatrale e video installazione di Gennaro Regina. Durante Wine&Thecity si beve, ma si mangia anche: la Bersagliera, Palazzo Petrucci, il Garum, Paradiso Blanco, Ristorante Donn’anna, Clu Coffe&food, Motus e le pizzerie Sorbillo e La Notizia propongono menu a tema a prezzi speciali. Solo per Wine&thecity! Per saperne di più e consultare tutti gli eventi e scaricare il catalogo on line: www.wineandthecity.it

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1984 28 anni dopo: CULTURA

chi spia gli spioni

DI GABRIELE BASILE

gbasile.mygeneration@gmail.com

U

topia: dal greco oύ (non) e τόπος (luogo), quindi non-luogo, posto che non esiste; il dizionario la definisce anche come sogno, aspirazione irrealizzabile. In letteratura “Utopia” di Thomas More è stata la prima (in realtà la seconda, considerando anche “La Repubblica” di Platone) di una serie di opere dedicate alla descrizione di una società ideale, i cui membri vivono in perfetta armonia in un sistema capace di provvedere al benessere e alla felicità di ciascuno. Altri importanti esempi sono “La Città del Sole” di Tommaso Campanella, “Men like Gods” di H.G. Wells, e “Island” di Aldous Huxley per citarne giusto qualcuno.

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Ma cosa accade quando la situazione ruota di 180°? Quando si passa dall’altra parte dello specchio? Ci troviamo in presenza di quella che viene chiamata ‘distopia’: un mondo allucinante i cui abitanti sopravvivono in condizioni di infelicità o di schiavitù più o meno esplicita. Tra le opere più significative di questo filone, ricordiamo “A Brave New World” ancora di Huxley, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury e soprattutto “Nineteen-Eighty Four” di George Orwell. Nel 1948, in un mondo ancora sconvolto dalla guerra e tutt’altro che libero dai regimi totalitari, il romanziere inglese immagina il destino delle generazioni future, basta invertire l’ordine delle ultime due cifre ed ecco il titolo “1984”. Ciò che si presenta al lettore è un vero e proprio incubo: il protagonista, Winston Smith, un impiegato del Ministero della Verità (che ironicamente, si occupa di

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riscrivere la storia adeguandola alle necessità e alla propaganda del partito) si aggira per le strade di una Londra post-atomica, tra le macerie dei continui bombardamenti e i cartelloni e gli slogan inneggianti al Grande Fratello, il vertice massimo dell’unico Partito. Sottofondo di questo allucinante scenario è il ronzio degli onnipresenti elicotteri di sorveglianza, dal momento che gli abitanti dello stato di Oceania (una delle tre superpotenze in cui è diviso il mondo) sono perpetuamente monitorati della Psicopolizia, il braccio armato del Partito che combatte i reati di pensiero (psicocrimine). I cittadini sono osservati non solo mediante gli elicotteri, ma anche grazie ad una complessa rete di apparecchi disseminati in (quasi) tutto il territorio, questi inquietanti aggeggi hanno una doppia natura ancora più sinistra: non si limitano a spiare, ma, dal momento che sono in tutto e per tut-


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to dei teleschermi, proiettano in continuazione la roboante propaganda del Partito. Regolarne il volume è consentito, spegnerli no. Il romanzo si articola in tre parti, nelle quali assistiamo alla lenta e ineluttabile caduta di Smith nello psicocrimine, fino alla sua cattura e all’imprigionamento nel Ministero dell’Amore, ove – sempre in virtù di un grottesco contrappasso – verrà torturato e ricondotto all’ortodossia e all’amore cieco per il Partito e soprattutto per il Grande Fratello. Quest’ultimo, benché non appaia mai di persona e la sua stessa esistenza venga messa in discussione, è diventato col tempo una figura capace di trascendere i confini del mondo letterario assurgendo a simbolo della sorveglianza di massa e della limitazione delle libertà da parte dei governi. È del tutto pleonastico ricordare che il romanzo è un capolavoro assoluto, come testimoniato anche dai vari adattamenti (teatrali e filmici), tra cui il bellissimo “Orwell 1984” di Michael Radford, ma c’è un interessante giochino al quale è impossibile sottrarsi una volta cominciato a trattare l’argomento: fare una lista delle cose sulle quali l’autore inglese ha visto giusto, e di quelle su cui si è sbagliato. Partiamo da queste ultime: tanto per cominciare il mondo non è diviso in tre stati

in guerra perpetua tra loro; ci piace inoltre pensare che la dittatura non ci sia, o che almeno non sia così esplicita, e che gli elicotteri che sorvolano le città abbiano affari più importanti che sbirciare nelle nostre case. Qualcosa di molto orwelliano invece accade quando si parla di informazione: la manipolazione della realtà e la sfacciata negazione di quanto appare evidente sono fenomeni ai quali ci stiamo – ahimè – abituando, ma che dire del resto? La domanda più importante è: siamo sotto costante sorveglianza? La parola ‘privacy’ non è che un relitto di epoche ormai lontane? Non è così facile rispondere: sicuramente i nostri televisori non ci spiano, e abbiamo la libertà di spegnerli, difendendoci da quanto essi ci propinano quotidianamente; ma il campo su cui si combatte questa battaglia è un altro, uno nuovo e così potente che nemmeno Orwell era riuscito a visualizzarlo: internet. Viviamo in un’epoca in cui il confine tra reale e virtuale tende a diventare sempre più sottile e i due piani tendono a sfociare l’uno nell’altro: dopo gli orrori del Grande Fratello televisivo e delle varie trasmissioni più o meno simili ad esso, il voyeurismo ha assunto i tratti al tempo stesso rassicuranti ed inquietanti della quotidianità. I social network

sono diventati la realizzazione più fedele del romanzo orwelliano: i nostri monitor sono quasi l’equivalente dei teleschermi del romanzo; attraverso essi spiamo e siamo spiati in un gioco perverso che mischia le carte in maniera ancora più intricata. Chi siamo noi? Siamo il povero Winston Smith, spiato notte e giorno, o la feroce Psicopolizia? Dipende da quale parte del monitor occupiamo. “L’Ignoranza è forza” recitava uno dei tre slogan del Partito, e probabilmente è vero più che mai in questi tempi in cui trasmissioni televisive di dubbio gusto si appropriano del nome del ‘povero’ Grande Fratello, eppure, aldilà di questo e altri simili scempi, il motivo principale per cui Orwell si sta probabilmente rivoltando nella tomba è che mentre Smith e i suoi sciagurati compatrioti erano vittime di un qualcosa situato su un piano finanche ontologico del tutto diverso, noi siamo vittime di noi stessi («Big Brother, c’est les autres.» direbbe probabilmente Sartre) avendo costruito con le nostre stesse mani questa torre d’avorio fatta di connessioni superveloci e foto in altissima risoluzione, scioccamente convinti che percezione e realtà siano la medesima cosa.

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O BE

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la maschera teatrale

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essere oltre

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la maschera letteraria

me ne frego di carmelo bene voi no, ma io sĂŹ

CULTURA


MYGENERATION DI FRANCESCA PAONE

francescapaone.mygeneration@gmail.com

A

dieci anni dalla sua scomparsa (16 Marzo 2002), celebriamo la grandezza d'un artista eclettico ed eccezionale come Carmelo Bene. Scusa, Carmelo chi? Ecco. . .

A Carmelo Bene. A te, che te ne sei sempre fregato del mondo e, a sentir quel che dicevi, anche di te stesso, del tuo personaggio emblematico e folle, pur consapevole del fascino che esercitavi. È la tua incredibile umanità a conquistare. “Non sono eroico” dicevi, mostrando la bellezza dell'imperfezione e dell'antieroe. Antieroe come Don Chisciotte, che pure hai interpretato e che combatteva contro i mulini a vento dell'istituzione, dell'Io come prigione. Anche l'amore, per te era simbolo di negazione degli schemi, come lo sputo allo specchio del tuo Riccardo III, che nonostante

DI MARIA EMMA DI LORENZO emma.dilorenzo@mygenerationweb.it

L

La nostra non ha l’ardire di essere una critica su Carmelo Bene, volumi interi non sarebbero sufficienti a descriverlo e, d’altronde, <<per capire un poeta, un artista ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista. La critica vive dalle 22 alle 24, cioè due ore la sera. Non puoi due ore la sera capire quello che invece io continuo a vivere ora per ora>>, bensì un semplice accenno a ciò che di lui è stato su questa terra nel periodo in cui ha calcato il palcoscenico del mondo. Il modo migliore, o forse l’unico, per descriverlo, è attraverso il teatro che è << nell'atto, cioè nell'immediato, in quello che un filosofo chiamò l'immediato svanire, la presenza e al tempo stesso, assenza >>. Bene attore ricercava l’assenza, nel suo Pinocchio è tutto e niente, maschere gli coprono il volto ed il suo stesso viso, nell’interpretare il burattino, è una maschera. Voci diverse caratterizzano ogni suo perso-

tutto, torna indietro e ferisce. Le volgarità, gli scandali e le esagerazioni, ti riempivano il letto di donne, un letto caldo e sfatto, da cui voltavi le spalle al perbenismo della coppia. Per tentare di dare un senso alla tua vita attraverso la tua penna, sono partita (senza, d'altronde, poter fare altrimenti) dall'idea di depensamento e dal tuo incontro-scontro con la teoria sul linguaggio. Accostando questo dif�icile concetto, meta�isico e metaforico, al �lusso di coscienza novecentesco, ecco, comincio a comprenderti. Ai tuoi occhi, anche le parole erano una gabbia di luoghi comuni e, ispirandoti all'“inconscio strutturato nel linguaggio” di Jacques Lacan, ti pre�issavi la sua destrutturazione. Eppure, dal presunto trauma in�litto alla tua volontà di soggetto, sono nate splendide ferite in versi e in prosa. A questo punto, ronzare di opera in opera, è stato semplice, scoprendo i tuoi scritti poco a poco, tra cui i romanzi A boccaperta e Il rosa e il nero, dal quale fu tratta l'omonima opera teatrale di successo. Con La voce di Narciso, ho potuto spalancare una �inestra su un nuovo modo di leggere il mito. Col suo capitolo

Non esisto: dunque sono, l'opera si fa beffa di Cartesio, mentre Narciso osserva il proprio ri�lesso nello specchio (d'acqua), scoprendo, piuttosto che sé stesso, il “dover essere” e opponendovi l'aprassia del gesto. Ammetto di aver sorriso (per il titolo) nel far conoscenza con Sono apparso alla Madonna, sorta di autobiogra�ia sospesa in una dimensione parallela, fuori dal tempo e dallo spazio, volutamente ostica alla lettura, quasi arcana. Così profondamente legato alla scrittura novecentesca, nonostante il tuo tormentato rapporto con la critica, i primi ad apprezzare la tua arte, furono proprio Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Non so se accetterò mai il capovolgimento de Les �leurs du Mal, nel titolo del tuo poema 'L mal de' �iori, ma la mescolanza di dialetti e lingue, scorre come �iume in piena, nonostante per te sia tutto sottrazione. Sarà, ma è pur sempre dolce. Un punto a questo articolo e un punto alla tua vita, come pausa eterna a una poesia che, nonostante tutto, continua a far parlare di sé.

naggio, se si chiudono gli occhi, ascoltando ad esempio la sua lettura di Majakovskij, senza prestare attenzione alle parole, ‘che non sono nulla’, si resta rapiti dal suono vibrante, dalle variazioni del tono, dall’atmosfera che creano intorno a sé. La voce di Carmelo Bene era musica di per sé, perfetta per amalgamarsi ad una sinfonia, come nel Manfred, in cui le note di Schumann si alternano al recitato. Controverso e conturbante nella ricerca dell’erotico, censurato fu il suo ‘S.A.D.E.’ per le scene di nudo in teatro, tanto oltre era Carmelo Bene. Non un semplice attore, ma una figura tanto complessa da meritare un posto tra Leopardi, i cui Canti interpretava in modo unico e Dante, il cui Inferno è tra le più note e amate performance di Bene, considerato quasi, nell’interpretazione dalla Torre degli Asinelli di Bologna, il suo testamento. Difficile descriverlo dunque, l’amico Giancarlo Dotto nel suo ‘Elogio di Carmelo Bene’ consiglia di diffidare <<ora di tutti quelli che dicono di averlo conosciuto, di sapere tutto di lui. Non fidatevi neppure di me. Non ne sapremo mai abbastanza di lui>>.

A chi affidarsi, allora, per tentare non di comprendere ma al meno di conoscere un tale genio? L’unica risposta possibile è contare sui propri sensi: riprendere i video disponibili sul portale RAI e lasciare alla vista e all’udito l’infinito piacere che si ha nel godere di ciò che lui è stato. L’eterno è nella sua voce amplificata da microfoni potentissimi, strumenti per raggiungere l’oblio, per lasciare solo il suono, per congedare la chiacchiera della <<parte imparata a memoria>>, è nel suo viso <<antico>> deformato dalla malattia e dagli eccessi, è nei suoi occhi spalancati, rivolti alla ricerca dell’<<assenza>>. L’eterno è in tutto il nulla disperatamente raccontato da Carmelo Bene. E riecheggerà per sempre: <<io sono già un classico perché vivo nell'eternità, sono eternamente vivo>>. Non è il significato, non sono le parole, è molto di più, bisogna guardare oltre: <<io mi occupo solo dei significanti, i significati li lascio ai significati>>. Tutte le citazioni, dove non specificato diversamente, appartengono a C. B., che da loro “fu detto”, come forse, se gli andasse, preciserebbe lui.

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CULTURA

NAPOLI SOTTERRANEA Una lunga passeggiata nel ventre di Napoli DI CARLA BOCCADIFUOCO

carla.boccadifuoco@mygenerationweb.it

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aro Lettore, prima di trascinarti con noi in viaggio verso una Napoli nascosta e misteriosa, ecco un avviso per te: questa volta la sensazione che ti accompagnerà al termine della visita sarà diversa dalle altre. Sarà come perdere una parte di te, lasciare che pezzi della tua identità, senza accorgertene, ti scivolino di dosso e finiscano tra le pareti di un mondo antico, tanto lontano eppure così vicino a quello “moderno”. E te ne accorgerai quando, passeggiando per il centro storico di questa nostra splendida città, non potrai fare a meno di abbassare lo sguardo, osservarti i piedi e domandarti cosa ci sia veramente lì sotto, tentando di ricongiungerti con quanto di te sarà rimasto laggiù. Improvvisamente, sarà come se le bancarelle, i negozi di presepi e le pizzerie pronte a

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tentare i passanti ad ogni angolo, perdessero forma, per lasciare spazio all’attenzione catturata da quello che senti sotto di te: non più un rigido pavimento, ma un impercettibile foglio di carta velina che ti porterà ad intravedere un altro mondo. Basta scendere qualche gradino ed eccoti catapultato indietro nel tempo di migliaia di

primi colonizzatori furono colti dalla sensazionale scoperta che, oltre alle bellezze naturali, la città custodiva un’ampia gamma di materiale edile naturale nel suo sottosuolo. Specialmente il tufo sembrava essere presente proprio al fine di concretizzare le esigenze di edificazione della nuova colonia, consentendo rapidamente un grande sviluppo urbanistico. Non più un rigido pavimento, La città ha così seguito una crescita parallela nel sottosuolo ed in superma un impercettibile foglio ficie, come se mai fosse emersa una di carta velina che ti porprecisa linea di demarcazione tra terà ad intravedere un altro il sopra ed il sotto, come ci è stato abilmente illustrato dalla Dottoressa mondo Paola Miraglino, geologa, che ci ha accompagnati in visita alla scoperta di anni, sommerso dal silenzio. Come se fuori questo mondo. non esistesse più nulla. In verità, la storia del sottosuolo napoletano Eccoci. è valorizzata e riconosciuta come oggetto Ti trovi a ripercorrere i cunicoli scavati in di interesse culturale da un tempo relativa- tempi preistorici per recuperare materiali mente breve, pur convivendo da sempre con edificatori e in tempi successivi attraversati la storia della Napoli “visibile”. La conforma- dalle acque che per millenni hanno dissetato zione geologica della nostra città ha infatti l’intera città. permesso uno sviluppo verticale di questa, Un mondo così poco conosciuto e così denso fin dai tempi della Magna Grecia, quando i di storia, di vita.

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L'ASSOCIAZIONE

L'INGRESSO La visita parte da Piazza San Gaetano 68 Napoli (su via dei Tribunali), adiacente basilica di San Paolo Maggiore.

CITTA' A SPESSORI L'immagine mostra una sezione longitudinale dei Gradoni di Chiaia, evidenziando così i più strati che formano il sottosuolo napoletano. Immagine concessa del Servizio di Sicurezza Geologica e Sottosuolo del Comune di Napoli

Sembra quasi che le mura parlino, nel tentativo di raccontare secoli di eventi che hanno consumato quelle pareti, calpestato quelle pietre. Ci si sente piccoli, a quaranta metri di profondità. Piccoli dinanzi ad una storia così grande; minuscoli dinanzi ad ambienti così imponenti e colossali; insignificanti rispetto a uomini come noi, uguali a noi, ma con numerose conoscenze in meno, eppure in grado di dar vita a costruzioni di alta ingegneria idraulica. Sarà straordinario avvertire che, nell’attraversare un cunicolo largo non più di 50 centimetri, in cui la vista è assistita dall’unico ausilio di piccole candele, non avrai paura. Sentirai dentro di te un sentimento di empatia nei confronti di tutti coloro che hanno attraversato e attraverseranno lo stesso corridoio come te con un unico obiettivo: ammirare la capacità dell’uomo di modificare la propria terra per lasciare un segno indelebile del suo passaggio. Il percorso diventa, così, sorgente di un turbinio di emozioni soprattutto nell’istante in cui sarà illustrato dalla guida il modo in cui si fece ricorso alle cavità preesistenti sotto la

L’associazione “Napoli Sotterranea” nasce alla fine degli anni ‘60, avendo come obiettivo principale quello di condurre studi esplorativi, geologici ed archeologici, al fine di verificare la sicurezza della città di Napoli, che si sapeva in parte poggiata sul “vuoto”. Solo nella metà egli anni ’80 prende corpo l’iniziativa di organizzare percorsi ed escursioni per chiunque fosse interessato a conoscere aspetti della città poco noti. Enzo Albertini, attuale presidente dell’Associazione, diede vita a tale progetto, che catturò l’attenzione di numerose testate giornalistiche, locali e nazionali, oltre all’interesse di centinaia di curiosi, impazienti di intraprendere un “turismo sotterraneo” e pronti a prenotare le escursioni, in principio organizzate solo occasionalmente. L’Associazione, che oggi fornisce guide multilingua che accompagnano i visitatori alla scoperta delle cavità, ha così riscosso un crescente successo con il passare degli anni, affermandosi come grande punto di riferimento per numerose iniziative, sostenendo e finanziando il progetto “Un’Altra Galassia”, una festa del libro tenutasi lo scorso giugno nel Centro Storico di Napoli. L’organizzazione realizza stage universitari ed anche molteplici iniziative rivolte alle fasce più deboli della popolazione napoletana: ha, per esempio, ospitato comunità di volontariato per giovani in difficoltà.

città per offrire alla popolazione immediato rifugio dai bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale. Furono allargati i pozzi per costruirvi scale di accesso ai ricoveri, allargati i cunicoli, riempite le cisterne, imbiancate le pareti ed installati i servizi igienici e gli impianti elettrici ed idraulici. In questi ricoveri, il popolo napoletano ha vissuto interminabili ore e giorni trascorrendo, spesso al freddo ed al buio, gli anni più tremendi della Guerra. Questi interventi hanno frammentato quella rete fitta e continua di cunicoli e cisterne che, fino agli inizi degli anni Quaranta, poteva essere percorsa da un capo all’altro della città. “È bene non perdere la memoria storica di cosa ha significato “Napoli Sotterranea” per la “Napoli Superficiale” dalla sua fondazione fino all’ultima Guerra Mondiale. I legami tra questi due mondi, apparentemente separati, sono molti e solo conservando e conoscendo le sue radici storiche e culturali un popolo può sperare in un suo futuro sostenibile”. (cit. P. Miraglino)

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Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione “Giovanni Pascale” Napoli CROM Centro di Ricerche Oncologiche Mercogliano ARFACID Onlus Associazione di Solidarietà Sociale e di Promozione degli Studi sul Cancro, l’Invecchiamento e le Malattie Degenerative Dipartimento di Biochimica e Biofisica Dipartimento di Patologia Generale Facoltà di Medicina e Chirurgia Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Napoli Federico II Istituto di Scienze dell’Alimentazione - ISA Consiglio Nazionale delle Ricerche Avellino Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

PROVINCIA DI NAPOLI

PATRONAGES Accademia Nazionale dei Lincei Consiglio Nazionale delle Ricerche Regione Campania Provincia di Napoli Comune di Napoli Seconda Università degli Studi di Napoli Università degli Studi di Napoli Federico II Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Sezione di Napoli Associazione Italiana di Oncologia Medica Società Italiana di Biochimica Società Italiana di Cancerologia

THIRD INTERNATIONAL CONFERENCE

with the Patronage of Accademia Nazionale dei Lincei OPENING MAY 21, 2012 4:00 pm

Aula Magna dell’Università Federico II Via Partenope, 36 - Napoli SCIENTIFIC SESSIONS MAY 22-23-24, 2012 9:30 am

Aula Romolo Cerra Istituto Nazionale Tumori Fondazione “Giovanni Pascale" Via Mariano Semmola - Napoli MAY 25, 2012 9:30 am

Centro Ricerche Oncologiche Mercogliano Via Ammiraglio Bianco - Mercogliano - Avellino 1

Life Style and the Risk of Cancer

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Hot Topics in Diet and Cancer Round Table - Prevention of Cancer Recourrence

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Genetics and Epigenetics

4

Natural Dietary Molecules

5

New Emerging Breakthroughs in the Omics Approach

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Satellite - Olive Oil in Health and Disease

The proceedings of the Conference will be published as a volume of the series Cancer Treatment and Research, Editor Steven T. Rosen, Springer SCIENTIFIC COMMITTEE ORGANIZING COMMITTEE

Franco Berrino Giovanni Chieffi Marc Diederich Gaetano Lombardi Tonino Pedicini Elio Riboli Rodolfo Saracci Vincenzo Zappia Chairman

Lucia Altucci Adriana Borriello Alfredo Budillon Giuseppe Castello Fulvio Della Ragione Giuseppe Iacomino Rosanna Palumbo Salvatore Panico Gian Luigi Russo

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ORGANIZING SECRETARIAT

Paola Colonna Pina Carfora Phone: +39 081 5667609 Fax: + 39 081 5667608 arfacid@alice.it vincenzo.zappia@unina2.it EDITORIAL ASSISTANT

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DSL Comunicazione Nuccia Langione +393356227109 nuccia.langione@dslcomunicazione.com Giustina Purpo +393335446650 giustina.purpo@dslcomunicazione.com Alberto Grant designer


la strofa

sul sofà

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a cura di anna ruotolo

II.

di Tommaso Di Dio

Quella volta che hai trattenuto il sorriso per un tempo lungo, come un colore. Quella volta che lo hai tenuto nel viso prima della forma, prima del dolore che ne sagoma il contorno. Ci sono i parchi, le stagioni. Oggi sono due giorni che piove a dirotto. La terra fuori deve essere fradicia di cielo e ad ogni passo dovresti sentire un rumore. L’intrusione delle nuvole. La sagoma del sorriso. Cielo e viso sono sentieri.

da “Favole”, Transeuropa 2009

TOMMASO DI DIO Tommaso Di Dio (1982) vive e lavora a Milano. È autore di un libricino di poesie, Favole (Transeuropa, 2009, con prefazione di Mario Benedetti). Ha tradotto una silloge del poeta canadese Serge Patrice Thibodeau, apparsa nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori). Dal 2005 collabora all’ideazione e alla creazione di eventi culturali con l’associazione Esiba Arte (www.esiba.it ). Alcuni suoi testi sono presenti nell'antologia "La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta" (Ladolfi Editore, 2011).

...E LA SUA FAVOLA Due giorni di pioggia ininterrotta, la memoria lunga, un sorriso particolare, la forma bellissima del volto della ragazza amata e poi parchi, stagioni, le passeggiate: questa è la favola reale e possibile di Tommaso Di Dio, giovane poeta nato nel 1982. Sembra di poter camminare nel cielo e sulla terra, in questa poesia. Per salire bastano uno sguardo e una pozzanghera. E scendere è raccontare tutto il cammino fatto alla persona che ci dorme accanto.

illustrazione di loredana ionescu

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"happiness only real when shared" solo se condivisa, la felicità è reale Into the wild

MYGENERATION IS FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4


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YOURGENERATION Come vedete la nostra generazione? Che significato ha per voi? Cosa non è e cosa vorreste che fosse? Cosa vi trasmette questa rivista? Un pensiero tra carta ed esperienza, tra informazione e vissuto.

YOURGENERATION IS . . . “...leggere qualcosa fuori dagli schemi”

Domenico Cippe

“...un branco di incompetenti”

Sandro Orialci

“...una triste realtà” Giuseppina Montella

“...la risposta alla vergogna dei media”

Lauren Esposito

Vogliamo le vostre idee, opinioni, proposte, critiche sulla nostra generazione e sul nostro giornale in una frase, un concetto!

Inviateci tutto a yourgenerationis@mygenerationweb.it

Le migliori saranno pubblicate!


MANGENERATION

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MATTEO GARRONE REGISTA DA REALITY DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

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atteo Garrone, romano, regista e sceneggiatore rappresenta il cinema di qualità made in Italy che torna a prendersi la scena del grande pubblico internazionale. “Non parla del Grande Fratello. Dopo Gomorra volevo fare qualcosa di diverso, cambiare completamente registro, girare una commedia. Però non so se i risultati sono andati in quella direzione, strada facendo il tono del racconto si è un po’ incupito”. Questo è quanto dichiarato da Matteo Garrone all’ alba della sua candidatura alla Palma d’Oro al prossimo Festival di Cannes. Il regista romano sarà in concorso in Costa Azzurra con la pellicola “Reality” . Per lui si tratta di un ritorno sulla croisette dopo la partecipazione del 2008 con “Gomorra”, grazie al quale gli viene riconosciuto il “David di Donatello come miglior regista”. Proprio con il film tratto dal libro di Saviano, Garrone ha conosciuto il successo di pubblico e botteghino, ma la critica ne aveva

già esaltato le qualità di visione e narrazione nel 2002 quando diresse “L’imbalsamatore”, liberamente tratto da un racconto di Vincenzo Cirami, che gli valse il “David di Donatello per la miglior sceneggiatura”. Opera ambiziosa ed affascinante per la sua complessità espressiva, “L’imbalsamatore” sintetizza al meglio il percorso di maturazione artistica del nostro Matteo. Percorso artistico che come un ramo di iperbole nasce nel mondo del documentario, sviluppandosi poi tra trame noir ed in uno spanning continuo raggiungendo la commedia. È come se Matteo avesse saputo fin da subito dove sarebbe arrivato. La realtà è il focus della sua produzione, il contatto con il vero, con la generazione, è il filo di Arianna che lo conduce da “Terra di mezzo” (primo lungometraggio del 1996 che racconta tre storie di emarginazione di immigrati africani in Italia) a “Reality”. Cos’è un MANGENERATION? La prima risposta quella più immediata sarebbe: beh un MANGENERATION è uno come Matteo Garrone; allora cos’ha uno come Garrone per poter essere identificato come personaggio simbolo di una generazione? La risposta forse la possiamo ritrovare nelle

parole che il regista stesso ha pronunciato provando a descrivere la sua ultima produzione cinematografica: “la storia che prende spunto da un fatto vero racconta di un pescivendolo spinto dalla famiglia, vista la sua grande simpatia, a cercare fortuna nel mondo dello spettacolo, sognando di partecipare al Grande Fratello che per lui è una sorta di Eldorado. La vicenda mi ha permesso di compiere un viaggio nel contemporaneo”. Ecco forse sì, ci siamo, abbiamo la soluzione: un MANGENERATION è un interprete ed un viaggiatore, è colui che ha il coraggio di immergersi nella realtà e la lucidità per raccontarla, viverla ma anche per cavalcarla selvaggiamente, un Ulisse dantesco dell’ era web 2.0. David Fincher, Manu Chao, Raphael Gualazzi, Elio Germano, Richard Branson ed ora Matteo Garrone, ecco i personaggi che fino a questo numero abbiamo identificato come emblemi di una generazione. Alcuni di loro sono ragazzi, altri lo sono nello spirito, come Branson che alle porte dei settanta è pronto a volare nello spazio, ma tutti comunicano con questa generazione, la vostra generazione, la nostra generazione: MYGENERATION.

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SCIENZE

CRAZY ANI Alla scoperta del comportamento animale

DI BIANCA CACCIAPUOTI

bianca.cacciapuoti@mygenerationweb.it

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in dalla preistoria l’uomo si è sempre interessato al comportamento delle altre creature che popolano il nostro pianeta, ed in particolar modo degli animali. Se è vero che spesso vedeva questo mondo come qualcosa di estraneo, poco vicino lui, ha poi cominciato a studiarlo con interesse già nei tempi che hanno visto gli esordi della filosofia greca. Oggi l’etologia, la moderna disciplina scientifica che studia il comportamento animale nel suo ambiente naturale, ci dà la possibilità di immergerci nel meraviglioso regno animale e renderlo meno alieno ai nostri occhi. Molta è la meraviglia che può nascere vedendo come

gli animali possano essere “umani” nei loro comportamenti. Ad esempio è singolare il comportamento di alcuni elefanti, sia quello africano, Loxodonta africana, che quello asiatico, Elephas maximus, che hanno dimostrato di avere un grande rispetto per la propria morte e quella dei propri simili. Non è mai stato verificato un solo caso di suicidio o tentato suicidio da parte di questi intelligenti mammiferi ed è stato osservato che essi riconoscono le spoglie di un loro simile, anche non appartenente alla propria famiglia, e ne piangono la morte, attraverso tristi barriti e ricoprendone la salma con pietre e rami. Quando il corpo è completamente ricoperto, restano a vegliarlo per alcune ore o addirittura giorni, prima di decidersi ad abbandonarne la tomba, per poi farvi ritorno negli anni a venire. Molto particolare è anche la capacità di alcuni animali, tra cui elefanti, cani e gatti, di presagire la propria morte con un giorno d’anticipo; ciò li spinge ad abbandonare i propri simili o i propri padroni - in caso di animali domestici - per andare in cerca di un luogo appartato e tranquillo in cui aspettare placidamente la fine. In questo caso non si può certo parlare di premeditazione o di suicidio. Difatti, gli animali dotati di spiccata intelligenza possono premeditare il modo di cacciare una preda di lì a pochi minuti, o possono riflettere su come aprire un barattolo – nel caso delle scimmie e dei polpi -, ma di certo non pianificano la propria morte. A questo proposito molti etologi si sono scervellati sullo strano caso dei “cani suicidi”. Pare infatti che negli ultimi anni una cinquantina di cani si sia gettata da un ponte alto ben dodici metri, trovandovi la morte. Si tratta dello Overtoun Bridge, nei pressi di Glasgow, Sco-

phoenicopterus ruber I due fenicotteri, phoenicopterus ruber, di nome Carlos e Fernando nella riserva naturale di Slimbridge, in Inghilterra, da ben sei anni, compiono tutti i riti sessuali tipici della loro specie, costruiscono il nido e poi rapiscono i pulcini di coppie etero per allevarli con amore e dedizione.

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zia. I cittadini di Dumbarton hanno gridato subito ai fantasmi e agli ufo, ma gli scienziati, ovviamente, hanno trovato una spiegazione molto più semplice e realistica. Il dott. David Sands ha individuato una serie di fattori scatenanti i salti suicidi. I cani vengono attirati dal forte odore emesso dai tantissimi visoni americani, Neovison vison, che abitano sotto al ponte e, a causa del fitto sottobosco che circonda i pilastri dell’Overtoun, non riescono a rendersi conto della reale altezza da cui stanno per gettarsi. L’etologo è riuscito a dimostrare, con moltissimi esperimenti, che i cani non vogliono suicidarsi, ma solo curiosare nelle tane dei visoni. E il sesso? Cosa direbbe la Chiesa dei costumi sessuali degli animali? Ciò che avviene tra gli animali, in realtà, non interessa alla Chiesa, in quanto essi sono considerati privi di anima, quindi guidati dal solo istinto di conservazione. Il fatto che l’uomo discenda dalle scimmie, rende però lecito chiedersi cosa avvenga in natura. È noto che la scimmia antropomorfa Pan paniscus, o bonobo, dedichi la maggior parte della propria giornata ad attività sessuali, anche con elementi dello stesso genere. L’etologo Frans de Waal sostiene la teoria secondo la quale i bonobo hanno un tale comportamento al fine di combattere le discordie all’interno del gruppo familiare e dunque per preservarne la specie. I galli, tutti appartenenti alla specie Gallus gallus domesticus, invece, hanno trovato il modo di legare a sé un certo numero di galline senza l’uso della violenza, semplicemente soddisfacendo i desideri sessuali delle consorti - con l’accortezza di non generare pulcini indesiderati - in modo da non indurle all’infedeltà. L’omosessualità in natura non è affatto rara e non comporta motivo di discriminazione fra gli animali della stessa specie o famiglia. Essa è presente tra insetti, uccelli, mammiferi ed in particolare si riscontra in libellule, pinguini, gabbiani, fenicotteri, cani, gatti, elefanti, scimmie antropomorfe, ma soprattutto in bisonti americani, delfini e pecore delle Montagne Rocciose. Molti di questi animali


IMALS

MYGENERATION

sono bisessuali, alcuni di loro invece sono totalmente omosessuali. Per questi ultimi ci sono parecchi esempi interessanti: alcuni montoni potendo scegliere tra pecore femmine ed arieti, hanno preferito questi ultimi; i bisonti americani preferiscono la compagnia di animali dello stesso genere.

Molta è la meraviglia che può nascere vedendo come gli animali possano essere “umani” nei loro comportamenti Si può quindi tranquillamente affermare che l’omosessualità non è affatto contro natura, come afferma la Chiesa, e ancor meno una malattia. Altro mito assolutamente da sfatare è il concetto di pedofilia legato all’omosessualità: né in natura, né tra gli esseri umani vi è un legame tra i due fenomeni e c’è da sottolineare che tra gli animali non sono mai stati osservati comportamenti pedofili. Insomma, il quadro è davvero vasto e, con questo articolo, MYGENERATION vi ha fatto solo intravedere l’uscio, spetta poi a voi lettori vedere quant'è profonda la tana del Bianconiglio.

Loxodonta africana ha un grande rispetto per la morte ed è stato osservato che essi riconoscono le spoglie di un loro simile, anche non appartenente alla propria famiglia, e ne piangono la scomparsa


TECNOLOGIA

SVAPO La risposta digitale alla sigaretta "analogica" DI RAFFAELE NAPPI

Q

uanta poesia c'è nel far brillare un accendino nella notte, accostarlo alle labbra serrate attorno ad una cara vecchia "bionda", compagna di mille avventure, per poi aspirare a pieni polmoni circa 4000 sostanze tossiche, polveri e residui che ci faranno compagnia per anni, ben custoditi nei nostri polmoni... A cosa serve fumare? Cosa rappresenta? Chiederselo non serve, rispondere neppure perché la risposta non è da cercarsi nella logica ma nell'irrazionale, nel vortice dello spirito dionisiaco dell'animo umano sempre in bilico

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tra conservazione e autodistruzione. Si fuma per emulazione, si fuma per vizio, per abitudine, per sedare l'ansia o lo stress e si fuma soprattutto per dipendenza. Dipendenza psicologica e dipendenza fisica dalla signora

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delle droghe leggere, dal nome così innocuo, quasi tenero, dal suono docile: nicotina. Fa male? Per via inalatoria non più del colesterolo o del caffè, meno di un superalcolico, sicuramente meno rischiosa di un lavoro in


MYGENERATION

fabbrica. Fa bene? No di certo se siete cardiopatici o donne incinte. È tossica? Ad alte concentrazioni è un veleno e viene assorbito anche attraverso la pelle. Ciò premesso, miei cari fumatori, nessuno potrà mai impedirvi di pomparvela in corpo giorno dopo giorno, in piccole dosi, anzi è lo Stato stesso che ve la fornisce a caro prezzo, in piccoli pacchetti variopinti, rinchiusa in quel minuscolo cavallo di Troia chiamato sigaretta. Esiste un altro modo? Ne esistono tanti, di modi, per assumere la quotidiana dose di nicotina (per gli amici Nico) ma pochi di questi vi faranno assomigliare ad un novello James Dean o ad un tenebroso Humphrey Bogart. Attaccarsi un cerotto o masticare compresse non vi faranno assumere quell'irresistibile posa da bello e vissuto, che esala fumo e virilità dalle narici e che conquista le donne. Come fare dunque per disintossicarsi dalle migliaia di veleni, sostanze cancerogene, polveri, catrami, monossidi e altre inenarrabili schifezze che si accompagnano a quel misero milligrammo scarso di Nico di cui, purtroppo, avete bisogno? La risposta arriva dall'internet: svapare. Traduzione del meno efficace "vaping" anglosassone, svapare significa letteralmente emettere vapore. Certamente avrete visto in giro qualcuno che, improvvisamente, comincia a sbuffare uno scarso fumo inodore da una cosa molto simile ad una sigaretta, con una orribile lucina rossa ad un'estremità. Si chiamano sigarette elettroniche e già da qualche anno si trovano in farmacia, a costi accessibili; per poco più di 50€ potrete portarvi a casa dei piccoli gioellini, dal design accattivante, neri o metallizzati, in confezioni super-accessoriate. Le svapo 2.0 potremmo chiamarle, evoluzione delle tradizionali sigarette elettroniche, pronte a svapare come ciminiere, a diffondere aromi e nicotina in una inerte mistura acquosa vaporizzata, senza alcuna combustione e senza tutto il danno

ad essa associata. Come funziona? Una e-cig è fatta di tre parti: una batteria, ricaricabile comodamente anche via USB, un "atomizzatore" ed un serbatoio. Prendi il tuo liquido, creato e personalizzato per soddisfare ogni tuo gusto, lo versi nel serbatoio, premi un pulsante e stai già svapando. Nuvole dense di vapore inodore, aromatizzato e con la nicotina che ti serve. Cos'è l'uovo di Colombo? Troppo facile. Forse sì, se siete disposti ad usare il cervello, ad essere elastici, razionali e ad avere un minimo di dimestichezza con gli acquisti on-line. Usare il cervello innanzitutto per capire: svapare una soluzione di

La risposta arriva dall'internet: svapare. Traduzione del meno efficace "vaping" anglosassone, svapare significa letteralmente emettere vapore glicole propilenico, glicerolo, acqua, nicotina (opzionale) e aromi, vaporizzati senza alcuna combustione è sicuramente meno dannoso di fumare tabacco bruciato. Su questo non credo possano esserci ragionevoli dubbi. Se poi possa esserci qualche effetto dannoso legato all'assunzione di queste sostanze è ancora tutto da dimostrare seppure in America la FDA ci abbia provato, con scarso successo. Sono davvero così poche le argomentazioni dei detrattori che nel comunicato ufficiale dell'organo di controllo americano l'unica vera obiezione mossa contro le svapo è la mancanza di adeguati controlli di qualità sulle aziende produttrici degli e-liquid (i liquidi aromatizzati). Mentre le sigarette analogiche, dispensatrici ufficiali di morte, sono

monopolio di stato, mentre lo stato ipocritamente ve le propina con allarmanti scritte "il fumo uccide", qualcuno teme che svapare possa essere nocivo, informatevi; in rete i forum sull'e-smoking sono in costante crescita e le informazioni si arricchiscono quotidianamente. Svapare è per ora una cosa da geek, da secchioni o smanettoni, da appassionati delle novità, early adopters e gadget-dipendenti. Informarsi sui modelli, le batterie, i diversi atomizzatori dalle performance differenti, i diversi liquidi e le miscele, gli aromi migliori, dolci o "tabaccosi", vedersi recapitare decine di pacchi, armeggiare con pipette, flaconi, fiale (ricordiamo che la Nico è tossica se ingerita o a contatto con la cute) sono operazioni che scoraggiano l'uomo medio, l'utente pigro e il fumatore ostinato di mezza età. Ma il mondo per fortuna evolve e se la sigaretta analogica è una tara che ci portiamo avanti da secoli, immutata da sempre, la svapo e la sua naturale, quasi obbligata discendente. Perchè non è necessario smettere di fumare, non è obbligatorio rimuovere un vizio, magari per sostituirlo con un altro. Svapare può quindi trasformarsi in un'alternativa al fumo, se proprio non si vuol smettere (che poi sarebbe la cosa più opportuna); un'alternativa meno dannosa (forse NON dannosa), certamente meno dispendiosa, più intelligente e innovativa. Ragionate, informatevi (svapo.it), spulciate la rete, abbiate pazienza e passione e innamoratevi delle novità. Nel frattempo che ci pensate bene io svapo e da un mese non tocco un'"analogica". La mia casa profuma, i miei vestiti anche, i miei posacenere sono vuoti. Svapo a letto, in auto, sul divano, a lavoro, al ristorante e per ora non ho alcuna intenzione di tornare indietro.

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NERDZONE

I NUOVI

STALKERS I guardoni del nuovo millennio scelgono i social network

I

mpegnati e distratti da tutti gli importanti cambiamenti degli ultimi anni forse nessuno si è accorto dell’incredibile diminuzione dei guardoni o del sospetto calo di vendite di binocoli e attrezzature professionali per pervertiti. Possibile che sia diventato più sicuro per le coppiette appartarsi in macchina e scambiarsi selvagge o romantiche effusioni? Possibile che stalker e maniaci siano spariti dalla circolazione?

Di Marco Terribile e Marco Fucito

PANTA REI Tutto è in continuo divenire, e così anche le abitudini degli stalker che, adeguandosi alle tecnologie odierne, hanno mutato arsenale; si è passato da binocoli e tute mimetiche a computer e social network. Già, per gli ex-maniaci di parchi ed "outdoor" in generale, non è più necessario recarsi di persona alla ricerca della ragazza di turno da fotografare o riprendere di nascosto, quando basta accedere a facebook e girovagare tra profili pubblici e non per crogiolarsi davanti a foto di ogni tipo. É dunque possibile giustificare la gelosia dei fidanzati che censurano le foto “zozze” o solo un po’ osé della propria anima gemella sul celebre social? Per rispondere a questa domanda è il caso di effettuare un’analisi un po’ più approfondita della questione. Iniziamo col distinguere due grandi categorie di vittime: le prede facili e le prede difficili. Ricordando comunque che, al di la della difficoltà, non esistono prede impossibili: ogni persona iscritta al social network in questione può essere raggiunta dal predatore di turno. Quello che può cambiare è il tempo e

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la fatica impiegato da quest’ultimo. LE PREDE FACILI sono coloro che hanno l’intero profilo, bacheca, foto, video e amici, impostato su pubblico; qui lo stalker, o qualsiasi curioso, non dovrà fare alcuna fatica e si ritroverà tutto su un piatto d’argento. In questo caso la gelosia dei fidanzati può essere più che giustificata in quanto, di default, la privacy di Facebook è impostata su amici, e dunque quella di mettersi a nudo davanti al mondo intero è un’azione volontaria. LE PREDE DIFFICILI sono coloro che prestano molta attenzione a tutto ciò che finisce in rete: assicurandosi dell’affidabilità della rete e pc usati per pubblicare il materiale, fino a rendere il profilo visibile solo agli amici più stretti. É di certo preoccupante l’incremento esponenziale dei profili pubblici; solo qualche anno fa nessuno mai si sarebbe sognato di condividere la propria intimità, o anche solo di pubblicare una propria foto impostando la privacy su pubblico. Sta dunque vacillando il confine della nostra riservatezza? E’ facebook che ci spinge subdolamente a farlo per aumentare i propri introiti? O i social rappresentano solo uno strumento più efficace, offrendo a chiunque una platea potenziale di 500 milioni di spettatori? Come scritto in un articolo su MYGENERATION di Ottobre, la verità credo stia nel mezzo: Zuckenberg ci ha sicuramente spinti, ma siamo stati noi a scegliere di vendere la nostra privacy in cambio di un desiderio di stima e auto-realizzazione.


MYGENERATION Detto ciò passiamo ad analizzare i metodi utilizzati dai nuovi maniaci per accedere all’intimità delle vittime designate, crogiolandosi davanti a foto, video, status e messaggi privati.

EASY

RICHIESTA DI AMICIZIA

ATTACCO: Inviare semplicemente una richiesta d’amicizia dal proprio account: in molti accettano come amici anche perfetti sconosciuti, senza preoccuparsi di chi possano essere, dunque può funzionare. DIFESA: Controllare chi si cela dietro ogni richiesta e se proprio si vogliono accettare sconosciuti supponendo che siano amici di amici visti a qualche festa, assicurarsi che le amicizie in comune coincidano e che non siano tutte dello stesso sesso; se così fosse, oltre a rifiutare la richiesta, avvisate anche i vostri amici del probabile pericolo.

HARD

HACK PASSWORD

ATTACCO: Hackerare la password: - provando prima a tentativi, sfruttando la pigrizia e ingenuità della massa che può portare a impostare password banali come il nome dell’anima gemella - per poi passare, in caso di fallimento, all’utilizzo di software ad hoc DIFESA: Impostare una password senza un reale significato semantico, quanto più lunga possibile, che comprenda lettere sia maiuscole che minuscole, diversi numeri e caratteri speciali come “€, %, @, *”, eccetera. In questo modo sventerete di sicuro il primo metodo banale di hack e complicherete notevolemente anche il secondo. In secondo luogo utilizzate sempre pc sicuri e connessioni affidabili.

MEDIUM

FALSO PROFILO

ATTACCO: Creare un falso profilo ad hoc per la vittima: - dello stesso sesso per destare meno sospetti - indicare di aver frequentato le stesse scuole - provare ad aggiungere quanti più amici in comune con la vittima - creare il profilo di un amico della vittima non ancora iscritto utlizzando informazioni e foto facilmente reperibili sugli annuari scolastici DIFESA: Quest’attacco seppur semplice e alla portata di tutti può rilevarsi molto efficace e difficilmente la vittima riuscirà ad accorgersene. Una delle migliori difese è come sempre la prevenzione: rendete tutto visibile solo agli amici, nascondete dunque anche dettagli che possono sembrare inutili come le scuole frequentate. Controllate le varie corrispondenze: se gli amici in comune si conoscono fra di loro e se hanno frequentato la stessa scuola, eccetera. Nel caso di un falso profilo di un vostro amico, vi consigliamo di controllare che abbia aggiunto tutti i suoi presunti compagni di classe e in caso di dubbio contattarlo attraverso altri mezzi.

Questi sono solo alcuni dei principali metodi usati da stalker o semplici curiosi, ma ne esistono molti altri; come la creazione di un profilo clone di un amico della vittima dal quale è possibile inoltrare la richiesta o aggiungere gli amici della vittima, per poter vedere le foto dove sono taggati entrambi e addirittura interi album, se si riesce ad individuare l’autore delle foto. Bisogna però ricordare che tutti i moderni sistemi informatici sono altamente sicuri quasi su tutti i fronti; si pensi che nemmeno Anonymous sarebbe in grado di penetrare direttamente nel database di Facebook. La vera debolezza sta nell’ingegneria sociale, ovvero nel sfruttare l’unico tallone di Achille del sistema: la nostra mente, che troppo spesso risulta essere poco attenta o poco informata.

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DIABLO La nascita del Signore del Terrore

DI ROBERTO DE LUCA

roberto.deluca@mygenerationweb.it

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ell’immaginario di ogni videogiocatore che si rispetti la parola Diablo non può che suscitare profonda ammirazione. Pubblicato per la prima volta nel lontano dicembre 1996 da una timida Blizzard Entertainment, Diablo fece immediatamente breccia nei cuori di tutti i giocatori PC, affermandosi da subito come capostipite di una nuovissima generazione di RPG, grazie alle sue meccaniche innovative di gameplay che introducevano alcuni elementi di gioco mai visti prima. Grazie al forsennato utilizzo del mouse come periferica principale per il comando e del proprio personaggio, sia le battaglie più cruente sia la semplice esplorazione dei dungeons che compongono la mappa di gioco, sono facilmente gestibili attraverso la pressione dei due pulsanti. La

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sviluppo pubblicazione data genere modalità di gioco piattaforma

Blizzard Entertainment Activision Blizzard 15/05/2012 Action RPG Multiplayer, (su battle.net) Microsoft Windows Mac OS X supporto DVD Digital distribution

visuale isometrica (vista prima del ‘96 solo in XCOM, sviluppato dalla stessa Blizzard) inoltre permette di avere sotto controllo un’ampia zona della mappa, permettendo, grazie alla parziale trasparenza delle pareti, di individuare tesori o nemici nascosti. Grazie all’unicità di molte sue caratteristiche, Diablo conquistò critica e videogiocatori, assicurandosi un posto nell’olimpo videoludico e inspirando numerosi altri titoli. Il giocatore può infatti scegliere tra tre classi: stregone, ladra e guerriero, ognuna differente per abilità e forza. Grazie all’esperienza accumulata completando le missioni assegnategli, ogni protagonista può aumentare il proprio livello, ridefinendo così ogni singolo attributo o imparando nuove arti magiche. Con i suoi 16 dungeon, suddivisi a loro volta in

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4 sezioni da 4 livelli, Diablo assicura al giocatore una longevità elevatissima, garantita soprattutto dalla casualità con la quale i livelli vengono generati dalla CPU: ciò vuol dire che ogni nuova partita sarà diversa da quella precedente (anche il posizionamento dei mostri e dei loot varierà) e sarà di fatto impossibile prevedere ciò che accadrà. Questo non vuol dire che durante le fasi più concitate ci si limita ad attaccare alla cieca, anzi; ogni mostruosità nemica ha un punto debole che toccherà scoprire e sfruttare per avere la meglio, altrimenti la vostra morte sarà rapida e dolorosa. Un comodo menù (che ha liberamente ispirato anche titoli postumi della stessa Blizzard, come World Of Warcraft o lo stesso Diablo II) nella parte inferiore dello schermo permette di avere sottomano qualsiasi abilità o pozio-


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ne che il protagonista necessiti ed è possibile usarla senza interrompere l’azione di gioco, cosa che accade ancora oggi in alcuni degli RPG più rinomati. Il mondo di Sanctuary, nonostante sia devastato da una perenne lotta tra il bene e il male, offre un panorama mistico ad ogni avventuriero in cerca di gloria che suo malgrado si ritroverà ad essere l’unico in grado di far ripiombare nell’oscurità il signore del terrore. La vera rivoluzione, però, è stata l’introduzione di Battle.net che ha permesso ai giocatori di tutto il globo di unire le proprie forze in spettacolari battaglie cooperative; attraverso la connessione ai server della Blizzard chiunque possedesse una copia del gioco poteva collegarsi, creare un personaggio ed iniziare la propria avventura affianco ad un amico. La cooperativa è stata calorosamente accolta dal pubblico, felice di poter condividere con qualcuno le proprie gesta oltre a poter sempre contare su qualcuno durante i passaggi più ostici del gioco. Il seguito del re dei giochi di ruolo non arriva nei tempi brevi a cui siamo abituati oggi. Ben 4 anni di esasperato sviluppo sono necessari per partorire Diablo II, seguito ufficiale e unico videogioco in grado di superare il predecessore. Orientato anch’esso prevalentemente all’azione con un’egregia localizzazione in italiano (che sfortunatamente mancava in Diablo, ma fu inserita soltanto nel 2003), è stato uno dei giochi online di maggior suc-

cesso nella storia dei videogames. Grazie ad un’avventura cooperativa senza precedenti, perfettamente bilanciata e studiata a tavolino per garantire ad entrambi i fruitori il massimo performabile dai server e dal gioco stesso, Blizzard mise a segno un altro colpo micidiale nell’industria videoludica e incominciò ad imporsi come una delle case di sviluppo più influenti del settore. Diablo II riprende tutte le caratteristiche che avevano reso famoso il primo, migliorando la qualità

per uscire. La data ufficiale è infatti il 15 maggio 2012, ma molte sono le informazioni che ormai già da qualche anno circolano in rete, tra cui le classi disponibili (che saranno 5 con la possibilità di cambiarne il sesso) e una bozza di trama principale. La visuale isometrica tornerà anche in questo terzo capitolo a fare da cornice ad una grafica ad alta definizione che assicura la tridimensionalità a qualsiasi modello presente sullo schermo. Anche l’interattività con gli ambienti è stata totalmente rivista, consentendo in questo atDiablo fece immediatamente tesissimo terzo capitolo di contare maggiormente su questa possibilità, facendo breccia nei cuori di tutti i crollare pareti con attacchi magici, incendiando ponti di legno con una palla giocatori PC, affermandosi di fuoco o semplicemente lanciando e da subito come capostipite spostando oggetti per scoprire strade altrimenti impraticabili. Ovviamente la di una nuovissima modalità cooperativa sarà presente e, generazione di RPG sempre con l’ausilio di Battle.net sarà possibile collegarsi e allo stesso tempo grafica degli scenari, gli effetti di luce e il nu- scaricare importanti aggiornamenti di gioco mero di modelli poligonali presenti su scher- in tempo reale, tenendo sempre a portata di mo, oltre ad introdurre nuovi personaggi mano le classifiche e i riconoscimenti guadaselezionabili arrivando, con le new-entry gnati. dell’espansione “Lord Of Destruction”, a ben L’oscurità sta per tornare nella fredda e de7 classi differenti: il paladino, il negromante, il solata Tristram. Non vi resta che pazientare barbaro, l’amazzone, l’incantatrice, il druido e fino al 15 maggio e tenere d’occhio il nostro l’assassina. sito ufficiale dove verrà pubblicata la recenNel 2008 è stato ufficialmente annunciato sione di Diablo III! Diablo III ed ora, a quasi 4 anni da quell’annuncio, sembra proprio che il terzo capitolo della saga RPG più famigerata al mondo stia

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TENDEN

ZE

ONE BILLION

DOLLARS APP Colpaccio di Facebook che si assicura un temibile concorrente grazie ad una valutazione record

DI STEFANO SCARPA

stefano.scarpa@mygenerationweb.it

U

n miliardo di dollari, cinquanta milioni di utenti e tredici dipendenti: questi sono i dati che contraddistinguono Instagram, applicazione prodotta dalla Burn, Inc. e sul mercato dal 2010. Sviluppata come omaggio alla ben più classica Polaroid (a questo si deve la forma quadrata delle foto), l’applicazione creata da Kevin Systrom e Mike Krieger, due ragazzi americani di ventotto e ventisei anni, è divenuta in due anni un’app insostituibile.

18 maggio, 95 miliardi di dollari e 850 milioni di utenti, sono invece i numeri del colosso di Mark Zuckerberg. Nato in una città della Contea di Westchester, nello stato di New York, il giovane CEO di Facebook è pronto a sbarcare in borsa, proprio il 18 maggio di quest’anno. 95 miliardi di dollari, è invece una delle plausibili valutazioni che il social network ha ricevuto. Secondo alcune stime il titolo potrebbe toccare i 110 miliardi, raggiungendo il record della più grande quotazione mai avvenuta per un’azienda legata al web. Un miliardo di dollari è la valutazione ricevuta da Instagram al momento dell’acquisto da parte di Facebook. La piccola applicazione che permette di trasformare le foto attraverso sedici filtri differenti ha ricevuto una stima da capogiro, anzi, secondo molti osservatori, fuori mercato. Wired.com ha provato a fare qualche calcolo, sfruttando fonti interne alla stessa Burn: tra gli azionisti di Instagram troviamo la Benchmark Capital, l’Andreessen Horowitz e la Baseline Ventures, le quali saranno ricompensate con un bel capitale. 100 milioni di dollari, invece, saranno divisi tra i tredici dipendenti con proporzioni basate sull’anzianità in azienda. Del resto, la quotazione di un miliardo (quasi il doppio del valore) secondo TechCrunch, ha scioccato gli stessi venture capitalist, che solo una settimana prima dell’annuncio avevano finanziato Instagram con un’iniezione da 50 milioni di dollari. Tale operazione avrebbe fatto schizzare il valore da 100 a 500 milioni, ma niente faceva presagire ad un incremento del genere. Questa acquisizione, tra l’altro, si sgancia completamente da quelle già effettuate e

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rivolte quasi esclusivamente all’acquisto di aziende detentrici di un know-how utile allo sviluppo di Facebook. Questo fu il caso di Gowalla, competitor del più quotato Forsquare, chiusa ed inglobata in Facebook nel dicembre del 2011. Stavolta, si è di fronte ad una novità. Instagram manterrà la propria identità e la possibilità di poter condividere le proprie foto sul social preferito. L’operazione sembra essere nata per due ragioni. In primis, pare che Facebook si sia voluto sbarazzare di un concorrente scomodo. Intorno ad Instagram si sono sviluppati più di 230 gruppi di instagramers (o igers), senza contare di apps, come l’italiana Followgram, che sfruttano le funzionalità della stessa applicazione della Burn, Inc. In secondo luogo, la data del 18 maggio è vista come un punto di svolta dallo stesso Zuckerberg, il quale riceverà, senza dubbio, un’ulteriore spinta dall’operazione appena conclusa, cancellando qualsiasi possibilità di ridimensionamento del valore della società da possibili minacce esterne. Minaccia che tutto sommato si nota nelle stesse parole di Systrom, che ad aprile aveva dichiarato durante un’intervista su “L’Uomo Vogue”: «Volevamo un’app con cui poter postare foto senza necessariamente dover scrivere qualcosa», un modo di condivisione più congeniale a Twitter che a Facebook. Restano d’altronde dubbi sull’operazione. Non è ancora possibile definirla un flop come il caso MySpace, acquistata dal colosso Newscorp per più di mezzo miliardo di dollari nel 2005 e rivenduta cinque anni più tardi a soli 35 milioni, oppure una lungimirante visione come l’acquisizione di Youtube da parte di Google per 1,65 miliardi.


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KEVIN SYSTROM E' uno dei fondatori di Instagram. Riconduce la sua idea di un servizio di condivisione di foto con filtri ad un soggiorno all’estero di un anno, a Firenze. "Lì il mio insegnante di fotografia sequestrò la mia Dslr e mi diede una Holga", racconta, "Mi ha insegnato tanto sul valore artistico di una rappresentazione non perfetta di ciò che vedi".

FACEBOOK L'acquisizione di Instagram da parte di Facebook ricalca l'operazione effettuata da Google per Youtube. Instagram manterrà marchio ed indipendenza


TENDENZE

TRASHEY

SHORE la tv tamarra tra fiction e reality DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

S

erie cult, fenomeno del momento o semplice racconto di uno stile di vita che i più rinnegano ma da cui gli stessi sono affascinati o quantomeno interessati? È la solita questione del gusto dell’orrido o c’è qualcos’altro? Arrivato alla sua quinta stagione, il reality show Jersey Shore, in onda su MTV dal 2009, propone qualcosa che lo rende unico, una dialettica che lo distingue dallo stereotipo del reality a cui spesso siamo abituati. È il racconto della vita senza freni di 8 ragazzi italo-

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americani che non si scostano poi così tanto dalla realtà esistente ma meno raccontata e non ripresa di personaggi che appaiono sugli schermi nostrani. Il successo riscosso dalla serie probabilmente non è così inaspettato, d’altra parte il voyeurismo televisivo è da un decennio che ha sconvolto tutte le regole del piccolo schermo, e pare essere un virus che si è impossessato del paese date le vicende politico-istituzionali che ci hanno abituati a questo esercizio di osservazione-spiataintercettamento. Otto giovani che poco si preoccupano delle regole e delle prescrizioni del luogo in cui vanno. Giornate che scorrono senza pausa tra lavoro, serate nei locali, feste, litigi, storie d’amore e la rottura di qualsivoglia tabù con

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il conseguente abbassamento delle socialmente tollerabili soglie di pudore. La scorsa estate i tamarri del New Jersey sono sbarcati in Italia. La destinazione iniziale prescelta dalla produzione era Riccione, ma le autorità locali hanno osteggiato la presenza della produzione by MTV intimoriti della cattiva immagine che avrebbero potuto proiettare “The Situation” e compagni della movida romagnola. La quarta stagione è stata così girata a Firenze dove però la presenza dei ragazzi non è passata così inosservata caratterizzata da multe, arresti e da un vespaio di polemiche. Nonostante tutto, il successo del reality si è registrato subito anche in Italia fin dalla prima puntata con quasi nove milioni di telespettatori. Segno di un potere


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mediatico che non ha freni, che solo il pubblico deciderà quando far finire. Per ora però quello che si nota è la dedica di una puntata di “South Park” alla banda di “Guidos e Guidettese”, la maschera di Halloween 2010 più richiesta quella di Snooky, dopo solo a quella di Lady Gaga. La stessa Firenze ha potuto beneficiare di alcune esternalità positive della presenza del cast del reality in Toscana, ha registrato un aumento di incassi nei luoghi frequentati dagli stessi: quasi 5000 $ in più per la casa dove sono soggiornati e boom di presenze nelle discoteche, ristoranti e bar frequentati dai ragazzi. Non tutti però apprezzano che venga accostata la propria immagine con quella dei personaggi di Jersey Shore. Il noto marchio

di abbigliamento californiano Abercrombie & Fitch ha infatti dichiarato di essere disposta a pagare i protagonisti affinché non indossino i loro capi. L’associazione tra quei ragazzi tamarri e il marchio americano andava contro l’ispirazione dell’azienda, secondo la quale avrebbe anche creato riscontri negativi sulla clientela. Interrogarsi sul successo di Jersey Shore trasportando l’analisi sul piano psicosociologico è probabilmente un esercizio che condurrebbe alle solite sterili conclusioni riguardanti il ribaltamento dei valori etici di una società dominata dall’immagine, dall’arrivismo, da tanti vizi e da poche virtù. Un programma televisivo ha degli autori, una

sceneggiatura e degli interpreti, qui abbiamo davvero poco a che fare con il reality, ma con una fiction ambientata fra la gente invece che su di un set cinematografico. Il successo della trasmissione è dunque da ricondurre alla sagacia degli ideatori e degli autori del format che hanno dapprima selezionato attraverso un attento lavoro di scouting e poi costruito a tavolino, anzi sarebbe meglio dire a copione, i personaggi del programma. In fin dei conti la tv è solo tv, un elettrodomestico collegato ad una presa che riceve il segnale grazie ad un’antenna e trasmette le immagini attraverso uno schermo, non diamo la colpa al decadimento dei valori etico-morali della società se la lavatrici scolora i bianchi con i colorati.

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TENDENZE

SALONE

DEL MOBILE 2012 I grandi nomi del design internazionale al fianco dei giovani designers

DI MARCO CAPASSO

marco.capasso@mygenerationweb.it

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rganizzato per la prima volta nel 1961 e riservato (fino al 1967 n.d.r.) alle sole aziende italiane, il Salone del mobile rappresenta oggi, dopo 51 anni, il principale evento turistico e culturale per Milano e dintorni. Presenti quest'anno circa 2700 aziende con 21.000 prodotti esposti per gli oltre 350 mila visitatori provenienti da 160 paesi, un evento per le strutture ricettive milanesi che con il tutto esaurito ha fatto registrare un incasso che ha sfiorato i 200 milioni di euro. Il protagonista della settimana è il design made in Italy per eccellenza, attraverso presentazioni, eventi (oltre quattrocento) inaugurazioni, degustazioni, itinerari, cocktail, il Salone del Mobile è praticamente una festa diffusa: dal moderno polo fieristico di Rho al centro di Milano fino alla periferia. La mia settimana del design inizia dalla Fiera di Rho, i grandi nomi del design internazionale espongono qui tutte le loro creazioni. Il tempo di trasformare il mio pre-accredito stampa in biglietto e sono dentro avvolto dalle grandi tensostruture in acciaio e vetro disegnate dall'architetto Massimiliano Fuksas che caratterizzano questo nuovo e importantissimo polo fieristico milanese. Nonostante gli spazi enormi c'è grande fermento ed è impressionante notare la quantità di turisti stranieri che affollano i diversi padiglioni, in particolare giapponesi a dimostrazione dell'inesauribile amore del sol le-

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vante per il design e la creatività made in Italy. Il primo stand che visito, "trascinato" da una folla inverosimile, è quello della Kartell dal tema "Work in Project" l'attenzione, infatti, non è solo sul prodotto finale ma soprattutto a quello che c'è dietro: bozzetti, stampi, prototipi, forme grezze che svelano al visitatore il "vero" progetto di design, quello al quale l'acquirente non prende mai parte ma ne è però parte vitale. La ressa di persone aumenta ma la motivazione mi è presto svelata dalla presenza, accanto allo storico designer della Kartell, Philippe Starck (di cui abbiamo parlato nel numero precedente n.d.r.), della gueststar dello show-evento programmato per la serata: Lenny Kravitz. Un sodalizio inedito, per creare una linea di sedie (reintrepretazioni della famosa "Mademoiselle") emblematicamente chiamate "Kartell goes rock".

il solo aiuto del vapore. Presenta al salone la seduta ONE di GuggenbichlerDesign, accanto alla vincitrice del "Interior Innovation Award 2012" la bellissima 002 di Jaroslav Jurica, composta da soli tre pezzi, rigorosamente di legno, assemblati in una forma sinuosa tanto ricercata quanto semplice.

Le novità sono numerose, dalla poltroncina firmata da Tokujin Yoshioka che rappresenta il perfezionismo e l'essenzialità estetica giapponese. "Moon – ci spiega l'artista – ha un'eleganza sottesa, le sue linee sono nette e fluide e in rapporto armonico con lo spazio. Ma la sua originalità va ricercata anche nel movimento visivo che genera a contatto con la luce, da cui assorbe e diffonde una materialità tattile e percettiva tenue, quasi rarefatta (di penombra)".

Tornando al design, quello vero lontano dalle contaminazioni hollywoodiane, è impossibile non citare uno dei brand più convincenti dell'intera manifestazione: Ton, storica maison polacca, famosa da più di cent’anni per la maestria con cui plasma il legno, unica materia prima utilizzata, trasformandolo con

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MYGENERATION Le mie giornate al salone "ufficiale" terminano con la visita al padiglione Alessi dove mi aspettano le colorate e allegre lampade della linea "Alessi Lux" con un’assoluta novità: “I Love Animals” di Pier Paolo Pitacco, un uccellino luminoso in tessuto elastico colorato e acciaio.

FUORISALONE Anche quest’anno il "FuoriSalone" si è confermato, come consuetudine, il centro vitale degli appuntamenti collaterali del Salone, ma soprattutto il punto d’incontro di piccoli e medi produttori, artigiani, giovani creativi e appassionati di arredo; il luogo dove circolano le idee più innovative e creative, lontano dai grandi marchi dell’arredamento che popolano i padiglioni della Fiera di Rho. Non parliamo quindi di una “fiera nella fiera”, ma di una manifestazione spontanea dove le aziende o i nuovi designers decidono liberamente di realizzare un evento in una location qualsiasi della città. I singoli spazi espositivi del "FuoriSalone" non sono quindi progettati come stand fieristici ma per offrire ai visitatori un’esperienza coinvolgente e originale. La prima tappa del mio personale "FuoriSalone" è il Brera Design District, nel cuore di Milano. Passeggiando fra le stradine del quartiere e sbirciando nei portoni che fiancheggiano la strada, incontro quasi subito un nome noto, Republic of Fritz Hansen, che presenta con un'inedita performance “live”, l’ultima new entry del suo famoso catalogo: la poltroncina Minuscle di Cecilie Manz.

Nel quartiere di Lambrate mi attende invece il colosso dell’arredamento svedese Ikea, che ha scelto il fuori salone per presentare in anteprima la colorata (ed economicamente accessibile) collezione IkeaPS. E' la mia ultima tappa, Zona Tortona, a riservarmi però le sorprese maggiori, il vero cuore del "Fuorisalone". Partendo dall’immancabile e imperdibile "SuperstudioPiù" che mi regala uno degli spettacoli più belli di tutta la settimana: l'installazione nel padiglione della Canon, uno spettacolo multisensoriale di suoni, musiche e luci coinvolgenti e quasi ultraterrene. E ancora l’istallazione "White Air" di Carlo

Colombo per Cristalplant con i suoi incredibili giochi di ologrammi, le lampade Successful Living by Diesel in collaborazione con Foscarini o gli straordinari oggetti firmati dai designers campani considerate le nuove eccellenze di quest'anno e ai quali spero di dedicare ampio spazio sul nostro portale internet. Infine, dopo chilometri e chilometri percorsi, migliaia di foto scattate, sole, freddo, caldo e pioggia, e ancora colori, musica, folla, frenesia, entusiasmo e tanto, tantissimo design; il Salone del Mobile di Milano e il suo FuoriSalone, si confermano un’esperienza a cui, anche dopo anni, non ci si abitua mai ma anzi si aspetta con ansia la prossima edizione

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TENDENZE news from the world

THE ECON

GAN DI GIANLUCA DE SANTIS

gianluca.desantis@mygenerationweb.it

D

r. Jeffrey A. Miron is a 54-year-old visiting professor of economics at Harvard University. If you took a look at any of his close-up pictures you would never say that this guy not only wrote extensively about drug and alcohol prohibition, but also just produced a report pushing towards pot legalization. Because, yes, that’s exactly what he did a few months ago. "The budgetary implications of marijuana prohibition" shows how the U.S. government could easily save a pretty decent amount of money while generating at the same time a new stream of revenues from taxation. Just to roughly convey the

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magnitude of what Dr. Miron proposes, the savings on the expenditures on prohibition enforcement would top almost $ 8 billion per year. At the same time if marijuana were taxes at consumer goods rate (unlikely scenario) it would produce tax revenues of more than $ 2 billion yearly; assuming instead a rate similar to tobacco or booze it might generate $6 billion per year. Which would mean as much as $ 14 billion per year! Rhetoric about reducing the deficit in different countries has been standard fare in the last years, lacking, in most cases, of a real and immediate impact on the real economy. What Dr. Miron proposes instead would not only make of him a national hero for pot smokers, but also significantly improve U.S. federal deficit, which is already well beyond $ 1 trillion. Ok, well, that’s really interesting and promi-

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sing, but what if Dr. Miron was already on drugs himself when he produced his research? Should we trust or is he just a fool? Being a Harvard professor should to some extent speak for itself, but even if this was not the case, there is a small detail that hasn’t been mentioned yet and that you might all be interested in (and by “you” I mean both you beloved readers and our erratic OCSE governments). Milton Friedman, Stanford University, George A. Akerlof University of California, Berkeley, Vernon L. Smith George Mason University. These are three of the over 300 economists that signed Dr. Miron’s petition and open letter to the President, Congress, Governors, and State Legislatures. Of course those names were not randomly picked, being all the three of them respected Nobel Laureates, but rather chosen to confirm that replacing


MYGENERATION

NOMICS OF

NJA When 3 Nobel laureates join 300 Economists in calling for marijuana legalization

prohibition with taxation and regulation is truly feasible and convenient. Truth be told, the petition does not directly urge the government to legalization – it would have been visibly unwise – but calls for a honest and open debate about the matter. This of course does not affect the report’s findings, which are going to be the basis for discussion and lawmaking. Recent history proves that governments are quite reluctant to open to pot legalization, due to a whole bunch of implications that this would have both socially and culturally. One example is given by the attempt made in California just three years ago, which eventually did not succeeded in legalizing marijuana. Still there are a few, yet partial, success stories. Several municipal councils in the U.S. legalized medical consumption of marijuana, and different studies focusing on the outcomes

of such practices endorse this kind of policies. Why? In plain words, no one acts too weird or freaks out on a joint! Or at least not more than any drunkard in the worst case scenario! Other studies also proved how usual cigarette smokers tend to have smoking-related diseases much more that pot smokers. Moreover, as even kids may tell, prohibition doesn’t generally pay, but instead triggers the behaviors it prohibits, this would mean that if governments were truly focusing on discouraging pot consumption would likely achieve better results with legalization. This is mainly due to the fact that most of young teens – the largest segment in this market – actually get attracted to weed and try their first joint, right because doing it is illegal! Last but not least, being marijuana currently illegal in most western countries, its distribution to consumers happens via illegal

organizations, mafia and any other kind of criminal enterprise. Although these organizations don’t make money by selling marijuana only, by legalizing it governments would move profits generated by the sale of marijuana from the bad to the good side of the world. Not to mention that in this way criminal organizations could not count on the consistent amount of financial resources generated by pot smuggling, that are regularly reinvested in other illegal businesses, which end up further accelerating the evil spiral that government apparently want to fight so badly. So what are we waiting for? And, more importantly, is prostitution next? Keep it up!

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we can be 54

HEROES just for ONE DAY

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TENDENZE

MYGENERATION

from scotland with synthesizer DI PASQUALE CAIAZZA

pasquale.caiazza@mygenerationweb.it

F

u Dumfries, cittadina di poco meno di cinquantamila anime nel cuore della Scozia, ad aver dato i natali ventotto anni orsono ad Adam Richard Wiles, intendiamoci stiamo parlando di Calvin Harris. Non è facile dalla uggiosa Scozia affermarsi come fenomeno delle dancefloor globali, ma la carriera di Calvin Harris ha tutta l’aria di essere quella di un predestinato. Calvin, o forse sarebbe meglio dire Adam, ha più volte dichiarato che da piccolo il suo sogno era sempre stato diventare un calciatore, e di essersi sempre ispirato a Steven McManaman, campione del Liverpool e della nazionale, ma, non riuscendo a replicare le abilità calcistiche ed anche la capigliatura del biondo centrocampista, la migliore soluzione gli sembrò ripiegare sulla musica, e pare che gli sia riuscito piuttosto bene.

Produttore, cantante e autore il suo ingresso nel panorama dell’electropop è dirompente, le sue sonorità, caratterizzate da un sapiente uso dei sintetizzatori, lo identificano in modo inconfondibile e toccano le corde elettroniche del cuore dei suoi fan, che sin dalle primissime produzioni lo premiano con un successo di vendite ed affollando i suoi djset sparsi in ogni angolo del globo. Il suo album di debutto “ Created Disco” del 2007 è subito disco d’oro, e due singoli contenuti nel medesimo: “Acceptable in the 80s” e “The girls” raggiungono la top ten dei singoli più venduti di Gran Bretagna. In realtà però è con “Ready for the weekend”, il suo secondo album del 2009, che Calvin Harris fa il botto, scalando tutte le posizioni della Top Ten UK Chart raggiungendone la vetta trainato da tracce come “I’m not Alone”, “Flashback” e “You used to hold me”. Le collaborazioni con artisti di tutto il mondo e dei più lontani generi musicali sono, però, il vero fiore all’occhiello dell’artista scozzese, ha prestato il proprio genio creativo a progetti al fianco di: Kylie Minogue, Sophie Ellis Bextor, ha prodotto il singolo di ritorno

di Cheryl Cole “Call my name”, le cui sonorità non si discostano molto della sua hit mondiale “We found the love” portata al successo nei cinque continenti dalla barbadonegna Rihanna; ha firmato anche “Only the Horses” il singolo che ha decretato il ritorno sulle scene degli Scissors Sisters e che anticipa l’uscita dell’album “Magic Hour”. È stato protagonista del “Unhooked Tour” al fianco di Skrillex e Deadmau5, due nostre vecchie conoscenze, che sicuramente i lettori più attenti di MYGENERATION non mancheranno di ricordare. Per consultare il calendario completo del tour 2012 di Calvin Harris vi invitiamo ad effettuare lo scan del qrcode presente in questa pagina, che vi condurrà come per magia sulla pagina ufficiale del produttore scozzese, se per caso doveste capitare in quel giorno in quel luogo che si trova chissà in che angolo del mondo dove Calvin si esibirà non perdete l’occasione di vederlo mixare del vivo, perché è in grado di farlo come forse pochi altri sulla scena elettronica e dance mondiale.

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SPORT

MAZZATE OLIMPICHE Gli sport da combattimento nei giochi olimpici

DI EMANUELE ZAPPIA

emanuele.zappia@mygenerationweb.it

A

NZ Stadium, Sydney 2000. La folla urla, la tensione è al massimo, l’avversario esita: è il momento! Un ultimo calcio al viso a e l’oro non sarà più un miraggio; con un urlo disumano l’atleta sferra un colpo micidiale, invisibile e potente, una pennellata letale che decreta la sua vittoria. L’oro olimpico è suo e sul tappeto non esulta un atleta ma un campione, un campione olimpico di Taekwondo. La scena descritta introduce il tema centrale di quest’articolo: le arti marziali e le olimpiadi o, per essere più precisi e sottili, gli sport da combattimento e le olimpiadi. Lo scontro fisico, inteso come lotta a mani nude, nei giochi olimpici ha radici antiche. Inizialmente le olimpiadi consistevano unicamente in una grande maratona, ma dal 648 a.C. nei mitici giochi in onore di Zeus vennero introdotte, tra le altre, due discipline: la lotta, versione antica ma molto simile all’omonimo sport moderno, e il Pancrazio, una brutale forma di combattimento in cui i contendenti avevano la possibilità di usare tutte le tecniche possibili: sgambetti, proiezioni, leve articolari, pugni, calci, ginocchiate, gomitate, unghiate, tecniche di rottu-

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Steven Lopez alle Olimpiadi di Atene 2004 ra delle dita, morsi e possibilità di strozzare l'avversario, spesso il vincitore di tali incontri

moderni giochi olimpici si è avuta un’evoluzione dal mero combattimento agli sport da combattimento. La componente catarLa componente catartica e tica e la violenza legate a queste attivila violenza legate a queste tà non furono più necessarie, le parole d’ordine per le moderne discipline olimattività non furono più piche di combattimento sono: spettaconecessarie, le parole d’ordine larità e agonismo sportivo, sempre cercando di mantenere tutti gli atleti in vita. per le moderne discipline Nei giochi del 1904 alle olimpiadi fece il olimpiche di combattimento suo grande ingresso la Boxe, la madrina di tutte le scazzottate ha permesso che sono: spettacolarità e sfilassero sotto i riflettori della compeagonismo sportivo tizione dai cinque anelli atleti del calibro di Cassius Clay e George Foremann; sesera anche l’unico ancora in vita. sant’anni dopo, nella lontana Tokyo, hanno Più di due millenni più tardi, con l’avvento dei fatto la loro comparsa strani individui in ki-

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MYGENERATION mono capaci con poche mosse di far volare, o tecnicamente proiettare, i loro avversari sul tatami. Il Judo era entrato negli sport olimpici ufficiali. Dobbiamo aspettare l’ultimo anno del vecchio millennio per veder approdare alle olimpiadi il Taekwondo: quest’arte marziale, che letteralmente significa “l’arte dei pugni e calci in volo”, si basa sull’esecuzione di svariati tipi di calci portati al busto ed al viso; la possibilità di portare a segno tecniche in volo e la dinamica degli incontri rendono il Taekwondo una disciplina estremamente spettacolare e adatta ad essere ammessa negli sport ufficiali delle Olimpiadi. Ma non manca qualcuno all’appello? Che fine hanno fatto arti marziali famose come il Kung Fu o il Karate?

Perché non figurano ancora tra le discipline olimpiche ufficiali? Per quanto riguarda il Karate, il Ju-Jitsu, il Wu-Shu moderno e il Sumo sono riconosciuti dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) e figurano come sport presenti nel programma dei giochi mondiali, un’organizzazione che, facendo svolgere parallelamente le competizioni delle discipline ad essa ammesse a quelle olimpiche, funge da contenitore per quegli sport in attesa di essere ammessi ufficialmente alle Olimpiadi. Per dare una spiegazione a queste scelte, senza entrare nell’aspetto tecnico della questione, appare evidente come gli sport da combattimento ammessi alle olimpiadi siano estremamente godibili e spettacolari anche

per i profani, che semmai vogliono vedere solo un po’ di “mazzate olimpiche”. Ricordiamoci anche che le Olimpiadi, oltre ad essere una manifestazione sportiva, hanno sempre puntato, soprattutto negli ultimi anni, all’aspetto estetico delle esibizioni, al fine di catalizzare ancora di più l’attenzione mediatica e del pubblico. Magari in futuro il numero di sport da combattimento ufficiali crescerà, forse a seguito di un’evoluzione dei regolamenti delle discipline escluse o dell’arrivo di nuovi sport. MYGENERATION vi lascia con un filmato di Taekwondo sui best kicks di Bejing 2008, in attesa delle prossime “Mazzate Olimpiche” di Londra 2012.

MAZZATE A LONDRA

JUDO

BOXE

14 medaglie d'oro in palio In scena dal 28 luglio al 3 agosto

13 medaglie d'oro in palio In scena dal 28 luglio al 12 agosto

LOTTA

TAEKWONDO

18 medaglie d'oro in palio In scena dal 5 al 12 agosto

8 medaglie d'oro in palio In scena dall'8 all'11 agosto

DISCIPLINE NON AMMESSE Karate, Wu-shu, Ju-jitsu, Sumo

Best Taekwondo kiks Bejing 2008

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SPORT

NAPOLI VS JUVENTUS

CIUCCIO ZEBRA

contro

Una delle sfide più sentite del calcio italiano avrà come palcoscenico la finale di Coppa Italia 2011/2012 DI GENNARO CASORIA

gennaro.casoria@mygenerationweb.it

S

e esiste una partita che i tifosi “napoletani” sentono più di altre è sicuramente quella con la Juventus. Quella con la “Vecchia Signora”, infatti, non è una semplice sfida ma il perpetrarsi di un’eterna, insanabile rivalità. Il 20 maggio prossimo a Roma, nella cornice dello stadio Olimpico, le due formazioni si sfideranno per la conquista della Coppa Italia. Un trofeo snobbato durante la stagione ma che comincia a fare gola alle squadre, naturalmente vogliose di arricchire la propria bacheca,

quando entra nelle fasi finali. Questa volta, dunque, tra le due acerrime rivali ci sarà in palio qualcosa di più della consueta rivalità. E tutto ciò promette di dare vita ad una partita tesissima e combattuta su ogni pallone, con il Napoli che deve riscattare la sconfitta per 3 a 0 patita allo Juventus Stadium lo scorso 1 Aprile, e resa più amara dal gol finale dell’”core ingrato” Fabio Quagliarella. Certamente la Juventus non vorrà stare a guardare e cercherà di ribadire la supremazia evidenziata nel corso della stagione. Ma ogni partita fa storia a se ed il calcio si sa è imprevedibile. Lo stadio Olimpico sarà meta di pellegrinaggio da parte di entrambe le tifoserie e in quell’atmosfera incandescente tutto potrà accadere, la partita, insomma, è tutta da giocare è l’esito non è affatto scontato. La Juventus vanta ben nove vittorie nella competizione (record insieme alla Roma) e quindi se dovesse vincerla per la decima vol-

ta sarebbe la prima società in Italia a poter inserire nel proprio stemma una stella d’argento (ndr. la stella d’oro viene invece assegnata ogni dieci campionati vinti ). Il Napoli invece si è aggiudicato il trofeo per tre volte (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987) e detiene alcuni record: nel 1962 ha vinto la Coppa Italia militando in serie B, unica squadra italiana a riuscire nell’impresa senza militare nella massima serie (insieme al Vado che si aggiudicò la prima edizione del trofeo nel 1922 militando nelle Promozione Ligure); e nel 1987 ha conquistato il trofeo vincendo tutte e tredici le partite disputate, l’impresa è stata poi eguagliata della fiorentina nel 1996 e dall’Inter nel 2009-2010 ma con un numero inferiore di partite disputate. La finale sarà in gara unica come avviene dall’edizione 2007-2008. La Juventus in base al sorteggio effettuato lo scorso marzo durante la riunione organizzativa della competizione avrà il vantaggio

GLI ULTIMI INCROCI

2008/2009

Una vittoria a testa in campionato, ma in coppa passa la Juve ai rigori

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2-1 0-0 1-0

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2009/2010

Due vittorie del Napoli intervallate da un ottavo di Coppa Italia vinto dalla Juventus

2-3 3-0 3-1


MYGENERATION

Ezequiel Lavezzi in azione in Napoli-Juventus della scorsa stagione di giocare in “casa” potrà quindi decidere se effettuare l’allenamento di rifinitura prima o dopo il Napoli ed avrà priorità nella scelta delle maglie e della panchina. Il Napoli torna in finale dopo più di dieci anni, l’ultima volta era infatti stata nell’edizione 1996-1997. I partenopei vinsero nella finale di andata al San Paolo per 1 a 0 (ndr. la finale in quell’edizione si giocava in doppia gara), ma nella finale di ritorno al Romeo Menti di Vicenza, i 90 minuti regolamentari si conclusero con il risultato di 1 a 0 e quindi furono necessari i tempi supplementari che videro il Napoli subire altri due gol e perdere la competizione a vantaggio del Vicenza che alzò al cielo il trofeo. L’ultima finale della Juventus risale invece all’edizione 2003-2004: nella gara di andata allo stadio Olimpico la Lazio si impose per 2 a 0 , nella gara di ritorno la Juventus inizialmente rimediò lo svantaggio con i gol di David Trezeguet e di Alessandro Del Piero ma alla fine la Lazio riuscì a volgere a suo

favore le sorti della doppia sfida andando a segno nel secondo tempo con Bernardo Corradi e Stefano Fiore. Entrambe le compagini vengono quindi da una sconfitta nella loro più recente esperienza in finale e quindi c’è

re in una finale di Coppa Italia : nell’edizione 2008-2009 la sua Sampdoria giocò la finale ma fu sconfitta ai rigori dalla Lazio. Ci sono tutti gli ingredienti giusti per una grande sfida: una fiera rivalità, una prolungata astinenza di entrambe le squadre Ci sono tutti gli ingredienti dalla vittoria della competizione ( Jugiusti per una grande sfida: ventus dall’edizione 1994-1995, Napoli dall’edizione 1986-1987) e due allenatori una fiera rivalità, una prolun- desiderosi di vincere. Walter Mazzarri gata astinenza di entrambe per cancellare la sconfitta patita con la Sampdoria e Antonio Conte per regalale squadre dalla vittoria della re alla sua società l’onore di potersi, per competizione e due allena- prima ,fregiare della stella d’argento. In questo quadro non si può fare altro che tori desiderosi di vincere sperare che la partita e il “combattimento “ siano solo in campo. E che lo stadio, da credere che vorranno spazzare via il brut- che sicuramente sarà stracolmo di tifosi di to ricordo con una vittoria. Una vittoria che, entrambe le fazioni ,sia teatro solo del tifo siamo sicuri, desidera anche l’allenatore del più caldo e non di intollerabili atti di violenza. Napoli Walter Mazzarri che approda per la seconda volta nella sua carriera di allenato-

2010/2011

2011/2012

3-0 2-2 Cavani stende la Juve con una fantastica tripletta nel match d'andata

3-3 3-0 Simone Pepe firma l'insperato 3 a 3 finale di fronte ad un San Paolo incredulo

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sformatino di

VERDURE con vellutata di

FONDUTA

 Lavare accuratamente le verdure e sbucciare le patate e le carote.  Fate lessare singolarmente le verdure in acqua leggermente salata e tiratele su non troppo cotte.  Poi saltate le verdure appena tagliate a cubetti piccoli con del burro fuso e formaggio, pepe e sale quanto basta.  Riponete il tutto in un mixer ad immersione e frullate per circa tre minuti.  Aggiungete le uova e mixate fino a ricavare una crema.  Versare il composto di verdure negli stampini già imburrati e riporre il tutto nella teglia con un foglio di giornale e due dita di acqua.  Infornate a 180° per circa 40 minuti.

per la vellutata

 Tagliate a fettine sottili il formaggio e copritelo con il latte fresco, mettete tutto a bagnomaria mescolate con una frusta delicatamente.  Aggiungete la farina per legarla e il rosso d’uovo.  Servite nel piatto 2 cucchiai di fonduta e adagiatevi sopra lo sformato di verdure e copritelo.

ingredienti

per 4 persone - 2 mazzetti di spinaci freschi - 2 patate - 1/2 porro - 2 carote - 2 zucchine - 3 uova intere - formaggio grana - sale - pepe - un po' di latte o se si preferisce panna - 4 stampini di alluminio - una teglia con bordi alti per la vellutata - 200 gr di fontina o formaggio a pasta morbita - latte fresco - un pizzico di farina - un tuorlo d’uovo tempo di cottura

40 minuti a bagnomaria nel forno a 180°

suggerimenti

Per renderlo ancora più particolare, servitelo con un filo d’olio al tartufo bianco. Decorate il piatto con del prezzemolo riccio e un po' di carote a julienne.

www.latavernadibacco.com www.sasapizzamia.it

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L'OCCHIO di dario de natale dariodenatale@gmail.com

Social sickness Buongiorno a tutti voi che mi leggete che lo facciate spesso o raramente Come, chi sono? Già mi conoscete!

ed ogni giorno, gramo, dei defunti redige un resoconto addolorato purché sian morti celebri o presunti.

Ho il volto e il dire di quel tale utente di cui su facebook, twitter o altre reti avrete letto in questo o quel frangente.

Son quello che non mangia cucinato, colui che ama l'Africa o il Giappone, quello con petto e stinco tatuato,

Forse sono tra quegli analfabeti che con merdate assurde e malconcette imbrattano dei social le pareti;

qualunque picciòl dato o informazione vale oro se investito con ingegno nel gioco d'avida autoesposizione

o forse quello che vi si connette per dirvi il suo colore preferito, che preferisce il pesce alle polpette,

pertanto ogni attributo o contrassegno lo strillo in lungo e in largo, ad ogni gente sì come ciò che amo o che disdegno.

e ha l'animo di dirsi infastidito se tu gli fai notar, con cortesia, che non tenevi ad essere avvertito.

Illuso di sembrare seducente mostrando al mondo il profilo migliore - da me sofisticato inconsciamente -

O ancora, quel che nell'antologia di detti, frasi fatte ed aforismi rimesta o va inneggiando all'anarchia

trascorro tutto il giorno, tutte l'ore ad allestir la teca digitale al fine di colpir lo spettatore

e tutto il dì, mimando antagonismi, - col cazzo in mano e il culo sulla sedia rivoluzioni invoca, e cataclismi.

(che intanto, nel frattempo, fa l'eguale) con stracci della mia propria persona cuciti con pazienza maniacale.

Magari, invece, sono quel che tedia vicini, vecchi amici e suoi congiunti col bieco amore ch'ha per la "tragedia"

Ogni meschino a me si paragona: son torbido, volgare, inopportuno, ma prima ancora sono, ahimé, un�icona: Sono tra voi, son tutti, son nessuno.

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Solarium e ristorante aperti tutti i giorni dalle 8:30 alle 18:00 FREE PRESS BIMESTRALE DI DISCUSSIONE E DI RIFLESSIONE . ANNO 1 . capitolo 4


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