ARTE

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Maestri

ROTHKO All’Aia, un’imponente rassegna di capolavori del grande espressionista astratto americano. Dal realismo degli anni Trenta alle invenzioni della maturità d i

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Mark Rothko, Untitled, 1956, olio su tela, cm 165,8x103,2. N E L L A PAG I N A A FIANCO, Untitled, 1968, acrilico su carta, cm 48,5x32,6. Tra le opere esposte al Gemeentemuseum dell’Aia dal 20 settembre al 18 gennaio.


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ark Rothko (1903-1970) riteneva che i suoi dipinti enigmatici, ipnotici e affascinanti, fatti di campiture di colore che sembrano galleggiare sulla tela, dovessero essere osservati da una distanza di appena 18 centimetri. Era necessario, diceva, che lo spettatore si immergesse letteralmente nelle sue opere, venendo così risucchiato nel suo mondo. L’occasione per farlo la offre nei prossimi mesi il Gemeentemuseum dell’Aia, che dal 20 settembre espone una sessantina di capolavori di Rothko, quasi tutti prestati dalla National gallery di Washington che dal 1984, l’anno in cui la Rothko foundation decise di dare al museo 285 dipinti e centinaia di disegni, vanta la più importante collezione di lavori dell’artista. Per Rothko le sue astrazioni rappresentavano «la semplice espressione di un pensiero complesso». Metten-

do in scena le emozioni universali dell’uomo, volevano essere un vero e proprio invito alla meditazione. Coltissimo, Rothko aveva letto e riletto le pagine della Nascita della tragedia di Nietzsche e credeva in un’arte che andasse al di là della ragione e parlasse direttamente al cuore e all’anima dello spettatore. Seguendo le idee del filosofo tedesco, i suoi colori dovevano regalare alla pittura la stessa emotività della musica. Per questo preferiva le forme piatte: «distruggono l’illusione e rivelano la verità», diceva. Credeva che una travolgente esperienza emotiva fosse la forma più sublime d’ispirazione, ai confini della spiritualità: «Chi pian-

l’arte deve parlare al cuore e all’anima dello spettatore

ge davanti ai miei quadri sta avendo la stessa esperienza religiosa che ho avuto io quando li ho dipinti», è uno dei commenti di Rothko più citati. fonti d’ispirazione. Guardando attentamente i suoi quadri si individuano una serie di influenze, spesso inaspettate. Lettore accanito, oltre a Nietzsche amava in modo particolare Kierkegaard e Dostoevskij, ma era stato impressionato in modo ancor più determinante dagli affreschi dell’antica Roma, soprattutto quelli di Pompei e quelli di Boscoreale, che andava a studiare continuamente al Metropolitan museum di New York. Nel 1958 gli architetti Mies van der Rohe e Philip Johnson, seguendo il consiglio di Alfred Barr, il potente direttore del Moma, gli avevano offerto 35mila dollari per realizzare 56 metri quadrati di pittura per decorare la sala più esclusiva del

Le tappe del successo

1958

Il gallerista Sidney Janis vende i quadri di Rothko (nella foto sopra) a 20mila dollari. Nel 1955 la rivista Fortune ne aveva consigliato l’acquisto, definendoli un investimento sicuro.

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1967

Il collezionista John de Menil firma un assegno da 250mila dollari per i 14 dipinti che Rothko realizza per la celebre Rothko chapel di Houston. Nel corso dell’anno, la National gallery di Berlino ne acquista uno per 22mila dollari.

1969

Al culmine della fama, nell’anno che precede la morte, Mark Rothko vende i suoi quadri a 130mila dollari ciascuno.

1983

Aggiudicato da Sotheby’s a 1,81 milioni di dollari, un quadro di Rothko spunta il record d’asta per un’opera del Dopoguerra.

2012 2 1 Untitled, 1968, acrilico su carta applicata su faesite, cm 60x45. 2 No. 2, 1947, olio su tela, cm 145,4x112,2. 3 Personnage two, 1946, olio su tela, cm 142,6x81,9. Gli anni Quaranta rappresentano per Rothko un periodo di transizione.

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Un dipinto del 1961 è battuto da Christie’s a 87 milioni di dollari. In asta sono 24 le opere di Rothko vendute a più di 10 milioni di dollari.

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ristorante dell’hotel Four Seasons, nel Seagram building di New York. Rothko s’ispirò al vestibolo della Biblioteca Laurenziana di Firenze (1524-26), dove Michelangelo aveva sistemato una serie di finestre finte, murate e oscure, per alterare il senso dello spazio dello spettatore e fargli perdere l’orientamento. Realizzò nove dipinti, lividi e tenebrosi, con i quali intendeva costruire uno spazio claustrofobico come quello michelangiolesco. Rivelò che con quei quadri (quattro preziosissimi studi di formato monumentale saranno esposti all’Aia) voleva sconvolgere e offendere i clienti del ristorante, «un posto dove i ricchi bastardi di New York vanno a mangiare e a farsi vedere. Spero di rovinare l’appetito di ogni figlio di puttana che mangi in quella sala». Dovevano sentirsi «intrappolati in una stanza dove tutte le porte e le finestre sono state murate». Tuttavia nel 1959, dopo aver

cenato in quella sala, Rothko ruppe inaspettatamente il contratto, e restituì il denaro che gli avevano dato: «Chi mangerà quei piatti pagando quei prezzi non guarderà mai uno dei miei dipinti», confidò al suo assistente. Dieci anni dopo li regalò alla Tate, pretendendo che venissero esposti nella penombra, in modo permanente e in una sala dedicata solo a loro. Il giorno in cui le opere arrivarono a Londra, il 25 febbraio 1970, trovarono Rothko nel suo studio al 157 East della 69th street, in una pozza di sangue larga 2,4x1,8 metri, come si legge nel gelido verbale della polizia. Si era tolto la vita, a 66 anni. la strada per il successo. Nonostante detestasse la maggior parte dei critici e degli storici dell’arte, che considerava, senza mezzi termini, una «banda di parassiti che sfrutta l’arte, senza avere nulla da dire», da tempo era un artista di successo e, tra

i pittori dell’Espressionismo astratto, certamente quello più pagato. Curiosamente, se fosse morto nel 1949, quando aveva già 46 anni ed era sul punto di approdare alla straordinaria e rivoluzionaria astrazione che lo ha reso famoso, oggi Mark Rothko sarebbe quasi sconosciuto. Eppure la strada che, dal 1950, lo ha condotto alla gloria era già segnata nella produzione degli anni Quaranta, meno conosciuta e per questo tutta da vedere ora al Gemeentemuseum. In queste opere, che la critica definisce di transizione, le figure e gli oggetti si dissolvono a poco a poco, per lasciare il posto a nuvole di colore asimmetriche che fluttuano liberamente per la composizione. Una formidabile, meditatissima anticipazione delle celebri campiture del Rothko maturo. Mark Rothko. L’Aia, Gemeentemuseum (www.gemeentemuseum.nl). Dal 20 settembre al 18 gennaio 2015.

4 4 Untitled, 1953, tecnica mista su tela, cm 195x172. 5 Untitled, 1956, olio e acrilico su tela, cm 235x211. 6 No. 7 o No. 11, 1949, olio su tela, cm 173x111. Quasi tutte le opere esposte all’Aia dal 20 settembre sono prestate dalla National gallery di Washington.

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