Storytelling Visuale Tutorial - Come creare una bella Storia

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STORYTELLING [diffidate dai titoli in rosso] Le storie sono: “Le uniche che dalla notte dei tempi sanno unire informazioni, conoscenza, saggezza, emozioni, cura di sé e degli altri (…) Ci sono state civiltà che hanno ignorato la ruota, ma nessuna che non abbia conosciuto le storie” [Luisa Carrada - Il mestiere di Scrivere]


leggete se ne avete voglia ma ricordate che questo è il mio personale punto di vista


Fin da piccolo sono stato affascinato dalle storie. Mia nonna mi raccontava le “novelle”, io stavo ore ad ascoltarla e ogni sera le chiedevo di raccontarmene una nuova, una che non conoscevo. Lei puntualmente si inventava un particolare che non aveva svelato la volta precedente... aggiungendo creatività a fantasia e seminando nella mia mente l’idea che: ‹‹I RACCONTI non sono INNOCENTI, hanno sempre un messaggio, il più delle volte così ben nascosto che nemmeno il narratore sa quale stia perseguendo›› [Jerome Bruner 2002] Da qui sono partito e quando nel 2006 ho deciso che sarei diventato fotografo ho cercato di unire le due cose, sempre per quel concetto base che ha spronato il mio pigro essere: “se nella vita fai quello che ti piace non dovrai mai lavorare” . Ho iniziato visualizzando quelle storie che mia nonna mi raccontava, dandogli forme, colori e ragionandoci in termini di immagini, di fotografie. Una “Visualizzazione Fotografica” mi verrebbe da puntualizzare, perché nei miei calcoli creativi cercavo di capire che focale avrei utilizzato se avessi scattato quella foto, che diaframma, se il soggetto era fermo o si muoveva… che effetto volevo e se c’era un modo [ovviamente fotografico] per trasmettere meglio e più chiaramente la sensazione che provavo. Insomma un approccio abbastanza didascalico e metodico.


Per chi mi conosce è altrettanto palese il fatto che io non possa andare avanti con un approccio metodico e ordinato per più di pochi giorni. Quindi dopo la fase della “Visualizzazione” era necessario dare un giro di vite e andare oltre. Un buon té o un caffè spesso fanno miracoli :-)


PRACTICE!

per dirla all’inglese… bisogna sperimentare, fare esercizi e sacrificare il tempo in onore della propria fantasia. Sacrificare in questo caso è sinonimo di offrire in sacrificio in cambio di… Partiamo! Si scattano foto e si chiedono feedback… a chi? Direte voi? A TUTTI! Non ci servono esperti di storie perché una storia bella piace a tutti. Si collezionano pareri, idee,spunti e poi si raccolgono in modo “ordinato” [questa parola per me è difficile anche da scrivere]. Prima domanda: “A chi volete raccontare la vostra storia?” Se i vostri uditori saranno bambini, allora è semplice: provate ad indovinare a chi si devono chiedere feedback!!!??? “Di cosa parla la vostra storia?” Parla di sorrisi? Di gioia? Di stupore? O di cipolle? Qualunque sia il vostro soggetto di sicuro ha una storia da raccontare e allo stesso tempo, se avete una storia, molto probabilmente fra poco tempo conoscerete il suo protagonista. “L' Uomo è un ANIMALE NARRANTE“ ed è capace di vedere grandine in granelli di zucchero e neve nello stesso in polvere...


cosa rende davvero BUONA una storia? lo STUPORE e


1) Fiducia 7 3) Relazionabilità 4) Immedesimazione la CIOCCOLATA!!!

5) Semplicità 6) Interpretazione 7) Familiarità

INGREDIENTI

2) Emozioni


Che paroloni!!! Relazionabilità!!!??? Che vuol dire?… Ok, ok… vado avanti punto per punto. State leggendo questo post… quindi, questo vuol dire che un po’ mi date fiducia!!! Yahoo! [non è un motore di ricerca, ma un esclamazione]. I nostri sentimenti nei confronti del narratore influenzano positivamente o negativamente il nostro approccio e di conseguenza la nostra reazione alla storia. Probabilmente se mi mettevo a scrivere un libro su come si costruisce un aeroplano nessuno lo avrebbe letto o cmq avrebbe preso il tutto con “leggera ironia”. Del resto è anche vero che se avessi scritto un tutorial su come si smacchiano i giaguari, forse qcn avrebbe dubitato della storia, ma l’avrebbe letta attentamente. Ecco cosa si intende per

Fiducia

Se non hanno fiducia in voi non disperate dopo la pioggia arriva il sereno!


Emozione... E’ importante che una storia abbia uno sviluppo emozionale [cappucceto rosso se non veniva mangiata dal lupo probabilmente non se la filava nessuno] e in genere è preferibile una certa dinamicità, perchè anche nella nostra vita non sempre tutto va storto… [forse nelle comiche, ma quella appunto è un altra “storia” perchè alla fine le disavventure e i dolori non lasciano segni nel nostro protagonista]. Se togliamo dalla storia la parte “reale” perdiamo la “fiducia”. La vita stessa ci offre alti e bassi, luci ed ombre ogni giorno. Una storia che ha questi ingredienti è una storia reale e questo ci connette facendoci ritrovare in essa le emozioni provate nella nostra vita.


Relazionabilità... intesa come Capacità di portare dentro la storia “Quel personaggio mi ricorda Gigi! Quei gesti, quel modo di parlare e poi il suo carattere scorbutico e arrogante…”. Mai successo? Solo un migliaio di volte! Ci impadroniamo delle storie, notiamo come ci somigliano i personaggi, cerchiamo di capire cosa faranno in quella determinata circostanza, vediamo pregi e difetti di ognuno. “Cappucceto Rosso non guardare nella bocca della nonna”!!!! Caratteristiche nostre o di altri spesso le ritroviamo nei personaggi e ci riconosciamo nell’ Homer Simpson o nel genitore del ragazzino della pubblicità della Apple che, nel giorno di natale, passa tutto il tempo al cellulare. Video: [https://www.youtube.com/watch?v=B2xYU2NTjBc]


Immedesimazione...

Quando mia nonna mi raccontava le storie e più tardi negli anni quando guardavo i cartoni animati [roba che ancora non ho smesso] la cosa “ganza” era che mi immedesimavo in quegli eroi, mi impadronivo dei loro poteri e la notte sognavo di volare, di salvare il mondo. Mettiamo da parte per un po’ i miei personali drammi pre-adolescenziali: cosa vuol dire questo? Che ero pazzo? Lascio aperto il dubbio a riguardo… L’idea è che io mi immedesimavo nei protagonisti delle storie. Dopo aver capito, che per certi aspetti, quei personaggi erano come me, era facile sostituirmi a loro ed essere io il “super eroe”! Se avessi scritto io Lamù sarei stato contento che qcn si identificasse con Ataru :-) [sigla Lamù]

[https://www.youtube.com/watch?v=o3qL_zxNAfg]


Semplicità... in genere sono le storie più semplici quelle che ci prendono di più Una storia semplice è spessissimo una storia forte. Una volta chiesero a Hemingway se fosse possibile secondo lui scrivere una storia in 6 parole. La sua risposta fu: FOR SALE: IN VENDITA: Baby shoes, Scarpe da bambino never worn. mai indossate Da bravi storyteller dobbiamo togliere via tutto ciò che non serve alla narrazione. Se non aggiunge è di troppo! Raccontare storie semplici fa sì che le persone arrivino alla stessa conclusione che l’autore aveva in mente.


Interpretazione...personale lasciate che gli altri arrivino a trovare il loro significato Adoro gli indovinelli, ma soprattutto adoro la sensazione di quando li risolvi, mai provato? Che gusto che dà! L’idea se ho ben capito è questa: ti do una storia, la leggi, ti ci immedesimi fino a rivedere te stesso e poi, trovata la morale, ti porti a casa un bel regalino… qualcosa di utile per la tua vita, una soluzione, un consiglio… cioè: trovi il “vero” significato della storia, quello per cui lei è nata! Non quello che aveva in mente lo scrittore, ma il tuo personale! Non è un regalo da URLO!


Familiarità... come faccio a far interpretare agli altri la mia storia? Più una storia ci suona familiare, più sarà forte e coinvolgente. Quando ascoltiamo una storia la confrontiamo dentro di noi con tutte quelle che già conosciamo, passiamo al setaccio tutta una serie di informazioni, di ricordi e emozioni fino a che non troviamo qcs di simile. “Gotcha!” dicono gli inglesi. “Trovata!” Ed ecco che ci sentiamo tranquilli, a nostro agio! Valutiamo nuove storie incrociandole con quelle che conosciamo già [“ i film americani sono tutti uguali!!!” se mi sente la mia ragazza non mi fa freddo!]. Insomma una struttura collaudata è più facile da capire e interpretare.



Eravamo rimasti agli ingredienti della storia, abbiamo visto come sia importante trasferire al lettore una percezione di autenticità, familiarità e altri aspetti importanti.

ma quale può essere la struttura di una storia? Il SETTING in breve: ambientazione nel tempo e nello spazio. I PERSONAGGI Protagonista, Antagonista [può essere una persona o delle circostanze] e Minori [supportano il protagonista o l’antagonista]

Antagonista

Protagonista Imprevisti


La storia si sviluppa su come il protagonista raggiungerĂ il suo OBIETTIVO [o eviterĂ qcs di brutto]. Spiderman come ogni altro eroe deve sempre salvare il mondo.

Gli IMPREVISTI: sono circostanze che accadono contro il protagonista, possono essere sviluppi di ostacoli giĂ presenti, o nuovi . Sono in generale momenti di tempo in cui il protagonista deve usare ogni sua energia per uscirne.

Obiettivo


Poi nel bel MEZZO DELLA STORIA ogni imprevisto si sviluppa in una crisi, un po’ come nella vita quando intorno ai 50 anni ci prende la crisi di mezza età.Non è la peggiore della nostra vita, ma la affrontiamo non con pochi sforzi [io parlo sapendo di non sapere].

qualcosa cambia grazie alla crisi di mezza età, il protagonista acquisisce nuove consapevolezze o cambia proprio la situazione intorno a lui.

MOMENTO BUIO

tutto sembra impossibile, non riusciremo mai a salvare il mondo! Tutto sembra perso! L’emozione che regna è la disperazione più nera.

Antagonista Vita Regolare Protagonista Imprevisti

Mezzo della Storia

La “Crisi di mezza Storia” in genere ci porta a quello che in inglese suona piacevole, il “Climax”e cioè il culmine della nostra storia… ma lo affronteremo dopo, prima di ogni Climax c’ è sempre un po di lavoro da fare.

GIRO DI BOA

GIRO DI BOA

L’antagonista e gli imprevisti tengono o cercano di tenere il protagonista lontano dal suo obiettivo.


CLIMAX

finalemente il Protagonista arriva a fronteggiare il “mostro” finale [i videogames insegnano]. E’ il momento di tirare fuori tutte le energie che abbiamo in corpo e combattere con tutti noi stessi. DOBBIAMO RAGGIUNGERE IL NOSTRO OBIETTIVO! Solo noi siamo in grado di sapere se sarà un SUCCESSO, una SCONFITTA o tutte e due.

SOLUZIONE

MOMENTO BUIO

CLIMAX

“Come sarà da ora in poi?” E vissero tutti felici e contenti… Finita la tempesta ritorna il sereno, cambia il ritmo del racconto e si ritorna alla vita normale [+ o -]. un esempio di storia: qui

fonte: memecollection.net

Obiettivo

SOLUZIONE


Ok STRUTTURA DI BASE data! ora che facciamo? Ora che facciamo? Io direi di capire meglio “fotograficamente” cosa ci dice ogni tipo di inquadratura. In effetti è bello e siamo tutti contenti che il nostro eroe sia riuscito nel suo obiettivo, ma come ce la visualizziamo la storia? Parliamo di:

Grammatica Visuale: Panoramica:

ssoggetto piccolo, si vede bene tutto, si danno informazioni sullo spazio, il tempo, il meteo…. etc. In genere si usa per il SETTING.


Figura Intera:

vedi il soggetto, capisci l’azione [cosa fa]. All’ inizio della storia ci permette di “presentare” il personaggio al pubblico. In genere si usa per i PERSONAGGI. Presentazione del soggetto o ad es. per far capire cosa fa e dove va il nostro soggetto.


Mezzo Busto:

vedi le mani , il viso, puoi percepire l’emozione in maniera diretta. In genere si usa per coinvolgere un po’ di piÚ lo spettatore.


Primo Piano:

il soggetto, ma soprattutto lo spettatore è vicino alla fotocamera. E’ un approccio intimo, molto vicino alle emozioni. in genere si usa per favorire la relazione e l’ immedesimazione.


Close Up:

lo spettatore è vicino al soggetto. L’ approccio è estremamente intimo, a volte imbarazzante. Siamo molto vicini alle emozioni. in genere si usa per accentuare la relazione e l’ immedesimazione.


Dettaglio:

ffornisce una serie di informazioni, sul carattere, sull’azione, sul modo di relazionarsi, pone l’accento su un argomento. Stiamo dicendo allo spettatore: “guarda lì!” In genere si usa per descrivere sfaccettature del carattere o per far notare qcs allo spettatore. Questi particolari spesso fanno volare con la fantasia e ognuno dà la sua personale interpretazione.


Finito di parlare delle inquadrature, [sono consapevole che si potrebbe andare avanti per ore, ma l’idea è sempre quella di fornire delle basi su cui ognuno riflette a modo suo] dobbiamo meglio chiarire cosa “significa” uno scatto o un’ inquadratura.

FUNZIONE DELLO SCATTO [I SEE] Io vedo il contenuto dello scatto e lo reinterpreto secondo quello che c’è nel mio background, nel mio passato, nella mia cultura, dando all’immagine un significato che è mio proprio personale. Alcune volte le foto hanno significati più universali, per il loro contenuto o per essere magari meno “chiare”. Se non vedo un volto sono libero di associare quella emozione a chiunque.

Informativo

L’immagine da informazioni riguardo qcs o qcn.

Simbolico

L’immagine usa simboli per aggiungere significati

Estetico

L’immagine è considerata bella per la composizione, per la luce, etc

Emozionale

L’immagine suscita un emozione: felicità, tristezza, piacere, disgusto, paura, rabbia, etc


PUNTO DI VISTA

Non sono mai stato alto in vita mia e ho sempre invidiato chi nel mezzo della folla riusciva a spiccare in alto e sovrastare tutti, avere insomma visuale libera e poter guardare tutti “dall’ alto al basso”. Non ho ancora il desiderio di dominare il mondo, ma quella sensazione mi piace. Se ci ragioniamo un po’ su, magari la associamo a quello che si prova fotograficamente. Possiamo, se vogliamo, rendere in un’ immagine la stessa sensazione cambiando il nostro punto di vista. In genere fotografando dalla stessa altezza del soggetto ci mettiamo in posizione di dialogo, ci consideriamo suoi pari e la stessa sensazione la proverà chi guarda la foto. Se variamo il nostro punto di vista e ci alziamo, sovrasteremo il nostro soggetto e trasmetteremo allo spettatore la medesima sensazione. Viceversa se siamo noi sotto al nostro soggetto, lui ne risulterà slanciato e noi schiacciati. prendendo come riferimento the Eye Level [l’altezza dello sguardo] l’effetto che trasmetteremo allo spettatore è: 1) stesso livello del soggetto = ci pone in dialogo alla pari 2) dall’alto = sovrasto il mio soggetto lo domino, sono superiore [spesso infatti dall’alto si fanno le caricature] 3) dal basso = sono succube, vedo enfatizzato il mio soggetto


NARRATORE

Mi son dimenticato di chiedervi: chi è il narratore della vostra storia? Siete voi? E’ il protagonista della storia o un suo amico? Decidere chi racconterà la vosta storia è importante davvero. Ricordate l’autenticità che ci viene richiesta e la fiducia? … Beh se il narratore non è credibile allora forse ne risentirà un po’ anche la vostra storia. Perchè secondo voi in pubblicità esistono i testimonial? Ci raccontano una storia, la loro personale “avventura” con quel prodotto o servizio e noi lo proviamo, perchè diamo fiducia al narratore e al mezzo di comunicazione. Ricapitolando ci sono tre modi di raccontare una storia: 1) dal punto di vista personale del protagonista 2) dal punto di vista del co-protagonista o dell’antagonista o di un personaggio della storia diverso dal soggetto principale 3) dal punto di vista del narratore. La classica voce fuori campo: è lo spettatore nella tribuna VIP.


Concludendo:

Volendo potremmo andare avanti a parlarne per ore, esaminando le tipologie di storie, cercando di capire come sono state utilizzate nel tempo, in pubblicità, per modificare o creare credenze. So di non essere stato esaustivo, ma credo che in questo breve tutorial ci siano gli spunti per lasciarvi fare un po’ di PRACTICE e ragionarci sopra. Chiedete feedback e riprovate! Ultima cosa… mi hanno sempre detto che: “per essere buoni scrittori, occorre essere buoni ascoltatori”.

Buona luce e belle storie!


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www.nedobaglioni.com


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