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Van Gogh L'uomo e la terra
Dal 18 Ottobre 2014 al 08 Marzo 2015 MILANO LUOGO: Palazzo Reale ENTI PROMOTORI: Palazzo Reale di Milano Comune di Milano Arthemisia Group e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE in collaborazione con Kröller-Müller Museum TELEFONO PER PREVENDITA: +39 02 54913 TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 02 54913 SITO UFFICIALE: http://www.vangoghmilano.it
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Indice pg. 5 Assistenza sessuale ai disabili, una novità? Solo per l'Italia
pg.7 Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea. Intervista a Ilaria Margutti
pg.16 Jack White
pg. 18 Determinata, onesta, nobile, naturale e attraente, in una parola Donna!
pg. 21 Manifesto per un suono povero
pg.24 Fulvio Abbate: “Tutto il resto è schiuma!”
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Assistenza sessuale ai disabili, una novità? Solo per l'Italia Quello che ho scelto per voi in questo numero è un argomento particolarmente delicato, difficile da trattare a causa dei numerosi pregiudizi che ne potrebbero sorgere.
sfogo senza remore, proprio come qualsiasi altra persona. Il fatto di essere disabile non preclude la possibilità di avere impulsi e desideri come tutti e la soluzione che in molti Paesi già legalizzata, si chiama “assistente sessuale”. Un rappresentante per l'Italia Max Ulivieri, 44 anni, vive a Bologna ed è un blogger affetto da CMT (Malattia di CharcotMarie-Tooth), che, ormai da diverso tempo, si occupa di promuovere la parità dei diritti e delle possibilità dei ragazzi diversamente abili. E' stato proprio lui a parlare per primo di assistenza sessuale in Italia, presentando una petizione al fine di consentire a questa figura di godere di un riconoscimento a livello istituzionale.
La sessualità, e nessuno credo possa smentirmi su questo, è uno dei principi fondanti dell‟esistenza, così come il bisogno di esprimere, di vivere liberamente certi sentimenti e pulsioni, è un diritto, la normalità, per qualsiasi essere umano. Ma se sei disabile? Se sei costretto da qualche malattia che ti immobilizza a letto? Qualcuno potrebbe non porsi il problema, altri potrebbero affermare che non si tratti di un tema di prioritaria importanza, altri ancora che, purtroppo una soluzione non esiste. Il disabile ha lo stesso diritto di poter scoprire il proprio corpo, le proprie pulsioni e di darvi
Chi è l'assistente sessuale L‟assistente sessuale è un operatore professionale formato, che si occupa di fornire al paziente un vero e proprio percorso di benessere psico-fisico. Il fine è quello di aiutarlo a vivere la propria sessualità, cosa che altrimenti non gli sarebbe possibile fare, dandogli la possibilità di raggiungere una maggiore autostima e consapevolezza di sé e del proprio corpo.
InAsherah - Il Magazine Il disabile in questo modo può finalmente concedersi un diritto che per troppo tempo gli era stato negato, o che, forse, non era neanche stato preso in considerazione. In Germania, Svizzera, Olanda, Danimarca questo è possibile poiché questa figura esiste ormai da diversi anni. Cosa fa
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L'equivoco della prostituzione Troppo spesso questa figura viene equivocata con quella della prostituta. Niente di più assurdo e sbagliato. L‟assistente, infatti, segue un corso di formazione di 600 ore grazie al quale acquisisce delle competenze mediche fondamentali, imparando a rispondere alle esigenze di ogni paziente e riconoscere l'approccio migliore per la disabilità che lo stesso presenta. Le lezioni sono curate da professionisti, psicologi e sessuologi. Per di più, l'assistente sessuale non offre un semplice sfogo fisico; tra quest'ultimo ed il paziente si instaura un vero e proprio rapporto costituito di coccole, dialogo, comprensione, condivisione, che va al di là del semplice sesso.
Attraverso carezze, abbracci, l' assistente aiuta i disabili ad avvicinarsi ad un esperienza sessuale che altrimenti gli sarebbe preclusa cercando di dare suggerimenti, dove possibile, sull'attività autoerotica. Il tutto si svolge attraverso incontri che possono consistere in un semplice massaggio, nella masturbazione, fino a fare sperimentare il piacere dell‟orgasmo. Secondo le statistiche pare che la maggior parte dei fruitori siano uomini. Ancora troppo poche, molto probabilmente questo è dovuto a pregiudizi culturali, risultano essere le donne che lo richiedono.
Locandina del Film "The Session" che ha affrontato la questione dell'assistenza sessuale ai disabili
Valentina Bellezza Max Ulivieri
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Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea. Intervista a Ilaria Margutti Mondadori e premio Embroideres‟ Guild di Birmingham. Nel 2010 è in Costa d‟Avorio per il progetto De L'Esprit e de L'Eau sostenuto dal Consolato Italiano. Segue progetti per la diffusione dell‟arte contemporanea presso il Museo Civico di Sansepolcro. Tra le sue mostre principali più recenti: 2014: E Corpore Medendo - Personale a cura di Elena Merendelli, presso ex Mattatoio di Anghiari (AR) Ilaria Margutti
Protagonista dell‟intervista di questo mese è Ilaria Margutti. (Modena 1971), vive e lavora a Sansepolcro, dove svolge l‟attività artistica e quella di docente di storia dell‟arte. Nel 1997 si diploma all‟Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha collaborato con gallerie: Janinebeangallery Berlino, Wannabeegallery Milano, MLBhomegallery Ferrara, Bontadosi ArtGallery Montefalco (PG), Galleria Art Forum Bologna. Dal 2007 inserisce il ricamo nei suoi dipinti, linguaggio in cui sente meglio rappresentata la propria poetica. Nel 2008 le sue opere sono finaliste in tre premi internazionali: Arte Laguna, Arte
2013 - Catino Azzurro di strega, Ilaria Margutti e Alessandra Baldoni, a Cura di Atlante Cultura - Sala degli Ammassi Citerna (PG) Ananke - personale a cura di Manuela Bacchiega, Sala Espositiva di Barberino di Mugello Il corpo scritto sul filo - personale, a cura di Vincenza Tomaselli, Galleria Nazionale Montevergini, Siracusa; Ilaria Margutti - personale ArtForum, Bologna; 2012 - Biennale di FiberPhiladelphia, Philadelphia; Fuori dalla pelle - personale a cura di Manuela De Leonardis, Lavatoio contumaciale, Roma; 2011 - Pelle|Muta - personale a cura di Viviana Siviero, Wannabee Gallery di Milano;
InAsherah - Il Magazine 2009: “Il Filo dell‟Imperfetto” - personale a cura di Alessandra Redaelli, Wannabee Gallery, Milano.
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conoscenza e la consapevolezza del proprio evolversi nel mondo.
Fiere 2014: Arte Fiera Bologna Fiere 2013: Conteporary Instanbul Arte Fiera Verona Paratissima Galleria di riferimento ART FORUM - Bologna www.ilariamargutti.com milaria25@hotmail.com Ilaria, spiegami cosa rappresenta per te l’arte e il tuo modo di vivere/convivere con essa. Esiste un momento nella vita di alcuni, in cui nasce l‟urgenza di comprendere se stessi in relazione al mondo che lo circonda, sia esso interno o esterno. Quando l‟urgenza personale per risolversi e capirsi viene superata, allora si può iniziare a parlare di Arte. Essa diventa così, un modo per donare al mondo un mezzo di comprensione. Qualche tempo fa, un mio alunno durante una delle mie lezioni tenute di fronte alle opere del Museo Civico di Sansepolcro, mi disse : “l'Arte non è espressione del talento umano, ma del talento della Natura, in quanto l'Artista restituisce il Dono della Natura, alla Natura stessa". Credo che questa frase riassuma perfettamente il concetto che ho dell‟arte. Personalmente penso che l‟arte sia un catalizzatore della vita, un canale d‟indagine, sia per l‟ artista, che per il fruitore; é un mezzo indispensabile per la
Il Dono [Aracne]-ricamo a mano su tela, fili di seta, ago 50x100cm 2013
Il tuo mondo espressivo è molto legato al femminile, rappresenti spesso donne nell’atto di autocucirsi, quasi a voler richiudere una ferita aperta ormai da secoli. Mi sbaglio? Come ti poni rispetto alle problematiche del femminile?
InAsherah - Il Magazine La ferita è una metafora. Oggi, può rappresentare tutte le ferite del mondo, mie, di altre donne, o altre persone, anche se son state proprio ferite personali il punto di partenza del mio percorso.
"Kore degli spilli" - ricamo di seta e spilli su tela, 80x190cm 2013
C‟è sempre un inizio dovuto da una contingenza biografica dalla quale nasce “l‟urgenza”, poi si sfoca, perde consistenza e allo stesso tempo si amplifica, diventa assoluta,
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universale, slegandosi da me o dal singolo soggetto. Questo avviene perchè ad un certo punto del mio cercarmi, sento che quella stessa “urgenza” non mi appartiene più, si distacca, come se fosse uscita fuori da me, diventa altro, ed è lì il momento in cui sento che inizia la vera ricerca. Le mie prime opere sull‟autocucirsi, risalgono al 2008, è una fase iniziale dei miei lavori dove rappresentavo donne nell‟atto di cucire il proprio corpo, ricamavano i confini della pelle per definire la propria identità, non c‟era ferita, c‟era però il limite di se stesse che doveva emergere alla coscienza tramite l‟azione. Vediamo l‟ago, ma non c‟è dolore, perché appare la stessa cura che una ricamatrice impiega per eseguire il proprio lavoro. Successivamente con il progetto di “Il filo dell‟Imperfetto”, ho dedicato una serie di lavori alle cicatrici sulla pelle, che avevano lasciato un segno indelebile sul vissuto personale. In quei ritratti, ho chiesto ai miei soggetti di raccontarmi la loro storia, li ho fotografati nelle pose in cui, dialogando con se stessi, “richiudevano” metaforicamente la propria ferita e donandola al mondo, si liberavano di quel peso, come fosse una seconda guarigione, quella definitiva. Io non ho fatto altro che portare a conclusione il loro gesto, rammendando la tela, come fosse pelle.
"Kore degli spilli" ricamo di seta e spilli su tela, dettaglio 2013
Finora il ricamo è stato inteso e utilizzato come espressività creativa o tecnica artigianale,
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mentre il gesto che rappresento tramite queste figure, vuol trasformare il ricamo in un linguaggio e quindi un mezzo per fare Arte. Ricamare solitamente, nel suo fare antico, è associato alle sole donne. Un tempo era il modo per riunirsi, narrare, tramandare le tradizioni e prendersi cura dei propri figli; molta della letteratura femminile parte proprio da questo tipo di aggregazione, la quale frequentemente, veniva utilizzata per imparare a leggere e scrivere di nascosto dalla volontà maschile.
E CORPORE MEDENDO COMPOSITION 270x180cm, ricamo su tela
Rappresento spesso figure di donne, ma non mi riferisco unicamente alla problematica del femminile, piuttosto credo che ci siano delle problematiche umane, anche se tutto è partito da una mia esigenza personale di indagine interiore, quindi dal mio essere donna, mi rivolgo all‟umano in generale, alla relazione con se stessi e con l‟altro. Ad un artista uomo non viene mai chiesto se stia trattando una problematica maschile. La problematica femminile dovrebbe riguardare anche l'uomo e se esiste, è proprio questa: il dover essere riconosciuta in quanto donna e non in quanto essere umano. Nessuna evoluzione, artistica, filosofica o scientifica è stata finora maschile, anche se è stata portata avanti da molti più uomini che donne.
E CORPORE MEDENDO - Beatrice/dettaglio Sindone - ricamo su tela 90x170cm, 2012
Rispetto alla mia personale visione delle cose, intendo l’arte come un atto d’amore, è questo che mi ha colpito nelle tue opere. Rappresentano, oserei dire, un vero e proprio parto con un lungo periodo di gestazione, dovuto anche alla tecnica da te utilizzata. Parlaci di questo tua antica quanto originale tecnica rappresentativa. Il ricamo è una forma di tessitura e quest‟ultima ha un‟origine antichissima, il poter tessere ci ha reso umani. E‟ un‟insieme di discipline e tecniche che derivano dall‟uso della ragione e dell‟ingegno (basti pensare alla complessità di progettare e realizzare il filo, il telaio e quindi la trama e l‟ordito) uniti dalla necessità di coprirsi e dalla creatività dei decori. In fin dei conti il tessuto è il mezzo tramite il quale abbiamo fabbricato la nostra prima difesa,
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e incompleta, ma questo permette di acquisire altri vantaggi: ho la possibilità di estraniarmi perdendomi nelle particolari sfumature del filo e nelle sue forme in quei pochi cm quadrati di superficie. Un’altro aspetto che trapela dalle tue opere è che queste donne trasmettono serenità, i loro sguardi sono come uno specchio emotivo che ci spingono a riflettere sui nostri archetipi. Si, infatti è proprio questo il concetto che vorrei potesse passare di fronte alle mie opere. Il gesto che le mie figure compiono, è quello del “dono”, sono le custodi di un segreto, non hanno avuto paura di affrontarsi, per questo non hanno espressione di dolore, nonostante il contrasto. Penso alle mie figure femminili come delle Korai greche, proiettate verso il distacco razionale del controllo di loro stesse.
E CORPORE MEDENDO - Beatrice I /dettaglio Sindone - ricamo su tela 90x170cm, 2012
prendendoci cura di noi. Per quanto riguarda il mio percorso, sono approdata al ricamo abbandonando la pittura, perchè sentivo che dovevo superarla, staccarmi dalla sua bidimensionalità che percepivo come un limite. L‟incontro con una ricamatrice, diventata poi la mia maestra di ricamo, mi ha permesso di scoprire il fascino del filo, il suo rilievo e la sua luce, ma anche la possibilità di liberare la tela, facendola tornare ad essere tessuto. L‟esperienza del ricamare, ha una fase di realizzazione completamente opposta a quella pittorica, quest‟ultima infatti, permette di avere sempre una visione totale dell‟immagine riportata sulla tela, cosa che con il ricamo non è possibile, in quanto il lavoro viene eseguito poco per volta, avanzando il disegno sullo spazio di un telaio di 25/30 cm di diametro. La visione dell‟intero, sarà dunque sempre parziale
In una sua intervista Marina Abramovic dichiarò che il pubblico poteva ucciderla. Frase ambigua e ambivalente, in quanto non si capisce bene se questo potere estremo è dello spettatore stesso o è in realtà il suo ( “io, creatore, conferisco a te la facoltà di uccidermi ... ). Cosa ne pensi? Qual’è il tuo rapporto con l’altro che si pone in contatto con le tue opere? Marina Abramovic pone se stessa di fronte all‟altro con l‟assunto di avere un controllo maggiore nella relazione, propone all‟altro la possibilità di dimostrare la propria parte istintuale, animale, dimostrando di essere superiore a quell‟impulso. Si eleva attraverso il superamento del limite e dell‟istinto. Ci ha dimostrato che è possibile mantenere il controllo attraverso la propria consapevolezza e ancor prima di Marina Abramovic, questo ce l‟ha dimostrato Gina Pane. La mia connessione con l‟altro inizia prima che l‟opera venga esposta, in quanto molti dei miei lavori, partono dalla relazione con il soggetto che scelgo di ritrarre, il quale si mette in gioco donandomi sia
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la sua storia che la sua fisicità. Propongo a queste persone di parlarmi del loro concetto di perdita, di trauma, segreto .. per poi utilizzare queste informazioni e realizzare i loro ritratti, ricamandoli. Il tessuto diventa la loro pelle che ricamo e rammendo. Un modo di prendermi cura di ciò che mi confidano, senza dimostrare il superamento del mio limite con “l‟utilizzo” dell‟altro, ma in funzione della corrispondenza che si crea. Ho citato una delle più grandi esponenti della Body Art non a caso, vedo infatti, nella tua ricerca un legame con tale corrente artistica, un proseguimento rispetto a quel mondo. La body Art, come le tue opere, si apre alla collettività attraverso l’uso del corpo. Entrambi, a mio avviso, cercate di compiere un gesto salvifico, c’è un tentativo di sublimare le sofferenze umane attraverso l’arte, liberando l’uomo dal proprio percorso di sofferenza. Cosa ne pensi? Sicuramente nei miei lavori, c‟è la sublimazione della sofferenza, ma penso che a vari livelli, sia un pò il tentativo di ogni artista, altrimenti non ci sarebbe bisogno dell‟Arte. La Body Art utilizzava/dissacrava e a volte scarnificava il corpo, in quanto è un movimento artistico nato anche come risposta alla rivoluzione sessuale degli anni „70, un modo per rendere consapevole “l‟altro” dell‟esperienza corporea, soprattutto quella femminile.
la pelle avrà la fragilità della pelle 30x60cm
Above the skin - embroidery on canvas, 110x110cm 2013
Oggi ancora si necessita di parlare del corpo, ma non nello stesso modo utilizzato dalla Body-Art, al contrario penso sia un altro il percorso da seguire, anche Abramovic ha cambiato metodo. Credo che la consapevolezza fisica, non debba più passare attraverso l‟oltraggio, il grido o l‟esibirsi per dimostrarsi presenti nel qui e ora, ma ci sia bisogno di una guarigione da tutte quelle ferite inflitte, ecco perché penso al tessuto come metafora della pelle. Mi voglio prendere cura di ciò che ho capito di quel corpo “sacrificato”, attraverso il gesto del ricamare. La stessa Gina Pane abbandona la Body Art per raggiungere una sorta di elevazione spirituale, proprio fosse una guarigione, infatti gli ultimi suoi lavori sono Sindoni che portano le tracce delle sue ferite. Io parto da qui.
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Boràgina e Giulia Brivio) e che hanno previsto anche i laboratori con i ragazzi delle superiori. Il secondo era una mostra dal titolo “Recto|Verso” curata da me, presso il nuovo spazio sperimentale della CasermArcheologica, una ex Caserma dei Carabinieri che aveva sede nelle satnze storiche di un palazzo signorile sempre a Sansepolcro. Artisti ospiti: Giancarlo Marcali, Ketty Tagliatti, Elisabetta Di Sopra e Samuele Papiro.
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Concludo chiedendoti di parlare dei tuoi progetti dell’imminente futuro. Ho appena concluso due importanti progetti per la promozione dell‟Arte Contemporanea presso il Museo Civico di Sansepolcro sostenuto anche dalla Regione Toscana: il primo è stato la quarta edizione di “ARTE AL PRESENTE incontri al Museo” con gli artisti (Marcello Carrà, Giorgio Tentolini, Marco Baldicchi e il progetto della rivista d‟arte Boité di Federica
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InAsherah - Il Magazine I due progetti verranno riproposti anche l‟anno prossimo e sono in via di organizzazione. Il 12 settembre inaugura la collettiva Hit PARAde a cura di Francesca Canfora e Daniele Ratti a Torino, mentre prosegue fino al 27 settembre la collettiva a Ferrara nello spazio di Casa Ariosto curata da Frattura Scomposta.
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Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985
A novembre sarò di nuovo in fiera a Istanbul con la mia galleria di riferimento ArtForum di Bologna. Per saperne di più: www.ilariamargutti.com www.facebook.com/IlariaMargutti.Artist
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Lucia Lo Cascio
E-mail: elenamaria.conenna@comune.milano.it Sito: http://www.comune.milano.it
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Jack White
Lazaretto è l'ennesima prova che John Anthony Gillis, in arte Jack White, è uno dei musicisti più interessanti di sempre anche quando non è negli White Stripes. Infatti, l'ultimo album del chitarrista di Detroit ha debuttato alla prima posizione nella classifica Billboard 200, vendendo 138,000 di copie nella sua prima settimana; il merito è soprattutto del primo singolo, omonimo al titolo dell'album, pubblicato in anteprima il 19 aprile, dal sound blues rock. Mi sbattono in un lazzaretto / nato marcio, stufo marcio / di fare modellini di persone che una volta conoscevo dice White nel testo, a voler significare che si è sentito messo in quarantena; in realtà, ha svelato al giornalista Bob Boilen di npr.org che il protagonista della canzone non è lui stesso, ma un personaggio che si vanta degli obiettivi che è riuscito a
realizzare, a differenza dei cantanti hip-hop, che nei loro testi vantano possedimenti immaginari. La B-side del singolo è nientepopodimeno che una cover della canzone di Elvis Presley The Power of my Love. Il suo primo album solista, Blunderbuss, risale al 2012. «Per molto tempo ho evitato di pensare a dei dischi da far uscire come solista - aveva spiegato White al magazine Rolling Stones alcuni mesi prima della sua pubblicazione - ma è come se queste canzoni potessero uscire solo a mio nome». Le canzoni di Lazaretto sono state ispirate, in parte, da racconti brevi scritti dall'autore quando aveva 19 anni; ora, a 39 anni, Jack White può vantare ben 10 album pubblicati tra White Stripes, Raconteurs e Dead Weather e il
InAsherah - Il Magazine 70esimo posto nella classifica dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi secondo Rolling Stones. I suoi talenti non sono solo la chitarra, le percussioni, il pianoforte e la voce, ma anche la recitazione: infatti Jack è attore in vari film, tra cui il pluripremiato Ritorno a Cold Mountain (2003), sul set del quale conobbe Renée Zellweger, con cui fece coppia per un anno. A tre anni dal loro scioglimento ufficiale, gli White Stripes restano una colonna portante del rock con 6 album pubblicati: The White Stripes (1999), De Stijl (2000), White Blood Cells (2001), Elephant (2003), che si apre con la “canzone da stadio” Seven Nation Army vincitrice di un Grammy Award, Get Behind Me Satan (2005), Icky Thump (2006). Il loro successo è dovuto anche molto al loro stile inconfondibile e suggestivo con i colori rosso, bianco e nero presenti totalmente nell'immagine della band, in particolare nel loro abbigliamento. Parte della visibilità degli White Stripes è conseguenza anche del mistero attorno al legame tra Jack e Meg White, che permise loro di comparire nelle prime pagine di riviste di musica e di cronaca rosa; infatti una versione piuttosto improbabile dice che i due siano i fratelli più piccoli di una grande famiglia e un'altra versione che invece siano stati sposati per quattro anni e abbiano poi divorziato.
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Il duo possiede anche un curioso Guinness World Record: nel 2007 ha suonato il concerto più breve della storia, ovvero una sola nota davanti a un pubblico di circa 500 persone a St. John‟s in Canada
(https://www.youtube.com/watch?v=2vYlHTG smso).
Giulia Ambrosini
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Determinata, onesta, nobile, naturale e attraente, in una parola Donna!
La donna, per la società maschile di un tempo, è sempre stata colei che si occupa di casa e figli non essendo adatta a fare altro. Per quanto riguarda il mondo dello spettacolo, solo nel XVII secolo la donna poté riprendersi la propria parte nelle commedie teatrali, poiché nel Medioevo far recitare delle donne era una cosa a dir poco disdicevole e gli uomini erano costretti a travestirsi, fingendosi persone del sesso opposto. Fortunatamente nei secoli avvenire la situazione è nettamente migliorata (anche se non sconfitta del tutto) e la donna oggi, è descritta da molti uomini come una
creatura nettamente superiore a loro, con un grande intelletto, cuore e virtù. In tutto ciò, ultimamente, il cinema ha rappresentato quel luogo, dove poter verificare quanto lo stereotipo femminile sia cresciuto nel contesto economico, politico e culturale. Soprattutto nel secondo dopo guerra, la donna è la protagonista di tantissime produzioni cinematografiche e questo perché oltre a essere un‟ottima lavoratrice, la donna negli anni cinquanta comprese che attraverso il cinema poteva dar prova di quanto valeva, mostrando al
InAsherah - Il Magazine mondo le proprie attitudini. Questo tema, infatti, fu preso molto in considerazione dal regista Antonio Pietrangeli il quale vedeva, nella commedia, il ruolo sempre più centrale della donna evidenziandone una nuova trasgressione, ben lontana dalle situazioni contadine e patriarcali di una volta.
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pubblicità, manifesti rari, fotografie e abiti da premiazione per La Notte degli Oscar.
Ai giorni nostri molti sono i film che parlano di donne, si passa da un tema all‟altro facendo in modo che a esse siano accostati svariati ruoli, infatti, la donna non è più appendice di nessun uomo ma è libera, un essere umano forte e determinato che combatte per quello che vuole.
Nascono così “LE DIVE”, e con loro quel fenomeno di massa che idolatrava quelle donne che erano riuscite a emanciparsi e a farsi apprezzare per quello che erano. Ricordiamo Asta Nielsen, protagonista nel 1910 del film “Abisso” o Lydia Borelli con “ Ma l‟amor mio non muore” sino ad arrivare a tempi più moderni con Betta Davis, Anna Magnani, Ingrid Bergman e Brigitte Bardot, donne acclamate da ogni parte del mondo. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino, per celebrare ciò, ha proposto per tutta la stagione primaverile\estiva alla Mole Antonelliana, la mostra “Best Actress, Dive da Oscar” un progetto di Stephen Tapert, il quale rende omaggio a 72 dive del cinema incoronate dalla statuetta per la miglior interpretazione femminile, con oltre 370 pezzi rari fra costumi,
InAsherah - Il Magazine Ricordiamo “Mona Lisa Smile”, un film del 2003 diretto da Mike Newell, che narra la storia di una professoressa di storia dell‟arte che negli anni‟50 con i suoi principi di libertà e d‟indipendenza femminile cercherà di schierarsi contro i soliti vecchi insegnamenti dell‟epoca, che spingevano la donna solo alla conquista di una buona vita matrimoniale. Un tema
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anticonformista che elimina paure create da una società chiusa e monotona a favore dell‟autoaffermazione di ogni singola donna. Altro bel film di successo risalente al 2009 fu “Agora” di Alejandro Aménabar, il quale narra la vita della matematica, astronoma e filosofa Ipazia terminata col suo violento assassinio. Con questo film si possono evincere, sia il coraggio e la fermezza di una donna, sia quanto la figura della donna sia stata una figura chiave nella Rivoluzione Scientifica. Insomma la donna vince ogni giorno sempre più battaglie e come afferma la scrittrice Oriana Fallaci essere donna è molto affascinante, perché è un‟avventura che non finisce mai.
Sara Donfrancesco
ESCHER Dal 20 Settembre 2014 al 22 Febbraio 2015 Roma Chiostro del Bramante Curatore: Marco Bussagli Promosso da: Roma Capitale DART Chiostro del Bramante Arthemisia Group Fondazione Escher Info biglietto: intero € 13, ridotto € 11 / € 9, gruppi € 10, scuole € 5 Info tel: +39 06 916508451 E-mail: info@chiostrodelbramante.it Sito: http://chiostrodelbramante.it
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Manifesto per un suono povero
Giotto - San Francesco predica agli uccelli
Ormai da diversi anni noi di ASSISI SUONO SACRO stiamo portando avanti una approfondita ricerca (supportata da strutture laboratoriali sia teoriche che pratiche) intorno al rapporto musica e sacro. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi eppure ciò che fa la differenza – e di questo ne siamo profondamente convinti – è l‟aver legato questa ricerca alla figura esemplare di San Francesco d‟Assisi. Allora di quale suono siamo alla ricerca? Un suono sacro che è tale solo se cercato come suono povero. Questa
ricerca presuppone un passaggio decisivo dal sacro al santo – una vera e propria conversione; anche se la nostra ricerca non vuol essere caratterizzata in senso confessionale. Siamo convinti però che senza questo passaggio il nostro tentativo si appiattirebbe sulla dilagante moda del NEW AGE, dove per sacro si intende qualcosa di genericamente spirituale che si aggancerebbe a non meglio specificate energie cosmiche, a forze trascendenti e/o immanenti vaghe ed indeterminate a cui una musica d‟atmosfera
InAsherah - Il Magazine dovrebbe facilitare l‟accesso. La musica cercata non è neanche la tradizionale musica sacra, ovvero la musica così chiamata solo perché a soggetto religioso. Per noi, invece, la musica sacra va distinta in linea di principio (e non certo di fatto) dalla musica a soggetto religioso – naturalmente ciò non toglie che spessissimo questi due modi di fare musica si siano incontrati ed abbiano coinciso.
Assisi - veduta
Si comprende come sia decisivo per la nostra ricerca di un suono sacro il fatto che questa ricerca abbia come centro di gravità la cittadella di Assisi. É per questo che non basta ad un suono essere sacro, deve essere santo e per essere santo deve essere povero: perché? Non per un mal compreso pauperismo compiaciuto di sé; infatti qui si allude in primo luogo a quella povertà in spirito che fa beati. Nessuno, nemmeno il suono di cui andiamo alla ricerca, può essere veramente santo se non vive in questa povertà che francescanamente coincide con la perfetta letizia. Ora, così come il canto di ringraziamento dispensa dal dire (cantare è un modo di tacere), della povertà non si parla, essa si vive; pur tuttavia qualcosa dobbiamo dirne così esponendoci al rischio di perdere quella santità che nessuno possiede a priori.
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Il suono della povertà è un suono che eccede le componenti costitutive del discorso musicale: ritmo, melodia, armonia, composizione… è un suono che in qualche modo si ripiega su se stesso rifiutandosi ad essere suonato (resiste e si oppone ostinatamente alla musica che vorrebbe suonarlo: una opposizione etica prima ancora che estetica). È un suono che resiste! Il suo risuonare è comprensibile solo nella misura di questo resistere. Eppure è un resistere non ostentato, non gridato, non rivendicato… non perché un suono povero sia necessariamente un suono muto o una voce che si ammutolisce. Anzi, lo abbiamo continuamente nelle orecchie ed è per questo che non riusciamo ad ascoltarlo, soltanto ad ascoltarlo. Esso risuona ma senza eco nella musica che vuole suonarlo. La nostra ricerca, quindi, è la ricerca di una musica che lotti contro se stessa per liberarsi da se stessa (la sua storia, le sue regole, i suoi generi ecc.) e così dis-chiuda quell‟ambito (un luogo-nonluogo, cioè qualcosa di utopico) in cui un suono povero possa essere ascoltato. La difficoltà sta proprio qui: infatti, alla richiesta pressante di molti (ma cosa intendete per “suono povero”?) non possiamo che rispondere poveramente che un suono povero è un suono che può essere solo ascoltato e non compreso. Per questo è non solo inaudito, ma anche al limite inaudibile – e non perché rimandi ad un metafisico silenzio al di là della musica, né perché nichilisticamente non ci sia più nulla da ascoltare essendo tutto parimenti insensato. Ascoltarlo è difficile perché sta continuamente nelle nostre orecchie – si tratta non di ascoltare questo o quello, ma di ascoltare l‟ascolto (ecco perché la ricerca di Assisi Suono Sacro
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Giotto-Sposalizio di San Francesco con la Povertà
comporta tutta una elaborazione di una estetica e di una ermeneutica dell‟ascolto come paradossale passività attiva). Questa è la perfetta letizia, che è una cosa sola col suono povero. Per povertà, infatti, non si intende una mancanza, bensì un eccesso anche qui secondo il principio francescano del nulla avere e perciò tutto possedere! Il suono povero è lieto perché irriconosciuto ed irriconoscibile, inteorizzato perché inteorizzabile. É l‟impossibile stesso; tuttavia solo l‟impossibile può realmente accadere. Un suono per niente vuoto ed astratto, ma a tal punto reale da accadere prima che sia data la sua stessa possibilità. Per questo il compito che ci siamo proposti stilando questo strambo manifesto è quello di enucleare nella misura del possibile quelle che vogliamo
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chiamare le condizioni di im-possibilità di un suono povero. Esso non può essere progettato o previsto o calcolato – ha il carattere arrischiato di una scommessa. Ma se non è possibile né conoscerlo, né riconoscerlo come cercarlo? Oppure il suono povero ci ha già trovato e noi non ce ne siamo ancora accorti? É qualcosa che sta già avvenendo, non però nella forma epifanica di una apparizione, ma nella forma strana di una sparizione. Per questo parlare di un „manifesto‟ per il suono povero significa non capire la posta in gioco – qui si tratta più di una sparizione che di una apparizione. Il suono povero c‟è senza esistere. Esso non può essere progettato, ma solo testimoniato e testimoniato proprio nella sua im-possibilità. Allora anche noi vivremo la povertà e quindi la perfetta letizia di un ascolto di qualcosa di inaudito ed inaudibile che non sta al di là della musica (come un metafisico silenzio) ma sta nella musica e al limite in ogni musica – quindi un suono povero esige e ci insegna un ascolto povero perché chiuso alla sapienza (musicale) di questo mondo. Capite la nostra difficoltà: il suono povero non è un argomento di conversazione! Non è, però, una utopia di là da venire, ma è una utopia realizzata. Ascoltarlo richiede esercizio perché bisogna limitarsi al solo ascolto resistendo alla tentazione di comprendere. Il suono povero può solo essere più che compreso. Ora diventa decisiva la via che si è scelta per arrivare lì dove si dà senza esserci un suono povero: è la via della ispirazione, della intonazione e della improvvisazione… Ma su questo punto di importanza capitale preferiamo per ora tacere, visto che la nostra ricerca in tal senso è appena cominciata. Michele Bianchi, Stefano Valente
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Fulvio Abbate: “Tutto il resto è schiuma!”
Fulvio Abbate, intellettuale, socialista libertario, creatore della televisione monolocale Teledurruti e del movimento Situazionismo e Libertà. Creatore.. Questa credo sia la parola più appropriata all'uomo Fulvio. Infatti Fulvio Abbate non solo è un'artista ma è il primo esempio della storia dell'arte in cui artista e opera d'arte coesistono anzi, sono la stessa cosa. Questa condizione è chiara nella distanza che c'è tra lui e pubblico: quella assenza tra reale e
TV è in realtà presenza che diventa sospensione del tempo ( tipico delle opere d'arte ). Si diventa artisti quando si è in grado di creare un mondo unico che appartiene agli altri. Con Abbate ci troviamo quindi al cospetto di un performer, di una nuova forma di body art. Quando Fulvio parla, dall'altra parte c'è lui stesso che guarda. Lui è il suo primo e ultimo spettatore. Si crea così un teatro in cui lo spettatore non esiste. Esiste invece una comunicazione tra lui e se stesso, lo spettatore rimane depotenziato,
InAsherah - Il Magazine come un proiettile già vuoto, sparato, di fronte ad un autoritratto. Non serve che il pubblico lo guardi, lo spettatore guardandolo dà corpo ad un avvenimento già avverato, esso arriva già dopo, è colui che decreta l'avvenuta di ciò che già c'è, una sorta di “antespettacolo”. Fulvio Abbate diventa autore e coautore della sua parola. Esso viene catturato da se stesso, è accentratore della sua stessa concentrazione. Svolge un atto consumatorio, una sorta di masturbazione pubblica.
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c'era lo spettatore era lo stesso perchè la sua morte scenica diveniva un'aurea che aleggiava fino a rivivere nel primo passante ). Entrambi compiono un gesto che è quello del dono, si donano per ridiventare se stessi, così Carmelo come Fulvio. Abbate, tirando fuori questo se stesso trasparente, diventa specchio di tutti noi ( ognuno di noi ha questo se stesso ) si accende in un autoritratto. La sua parola è un'autoparola. L'artista diventa tale quando è in grado di sottrarsi e addizionarsi, quando si moltiplica, quindi quando è in grado di fare un'operazione di se stesso. L'operazione di Fulvio è l'addizione ( si sdoppia in uno, due, cento, mille Fulvio ), quella di Carmelo la sottrazione (si uccide per essere ). Che io abbia ragione o meno, la cosa sicura è che Fulvio Abbate ha apportato qualcosa di nuovo al panorama artistico attuale e, fosse solo per questo, c'è da essergliene riconoscenti. Per approfondire: http://www.teledurruti.it/
C'è una sorta di similitudine tra Fulvio Abbate e Carmelo Bene, riscontrabile in quella che è la funzione del Pubblico. Lo spettatore che guarda Abbate come quello che guarda Carmelo Bene non sa perchè lo sta guardando, entrambi sono in grado di togliere ogni tipo di facoltà decisionale allo spettatore che proprio per questo, viene inserito anche lui stesso nell'opera. Ma mentre Carmelo Bene moriva in scena per vivere nello spettatore, Fulvio si sdoppia, tira fuori come una matrioska quello che è dentro Fulvio che lui stesso non vede. Lo spettatore serve e non serve, si può dire che è inutile come lo era per Carmelo Bene ( se non
Lucia Lo Cascio
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