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Indice pg. 4 Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea. Intervista a Ilaria Berlingeri pg.7 Maria Maddalena e le sue molteplici identitĂ pg. 9 Marilyn Monroe, una donna, una diva, un simbolo pg. 13 De sĂŹ alla vita, questo il motto del S.A.V. di Bologna
Scrivono per InAsherah - Il Magazine: Matteo Arcuri Sara Donfrancesco Lucia Lo Cascio Cassandra Rotelli Chiara Sabatini Stefano Valente
pg.15 l culto della Dea pg. 19 LovArt. Performance di Emiliano Yuri Paolini ed Evita Andujar pg. 25 La mostra in evidenza: Frida Kahlo
In copertina: "reazione di doppio scambio" di Ilaria Berlingeri , 180 cm x 60 cm, garze, stracci, acrilico e olio su tavola - agosto 2014
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InAsherah Vivimus: Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea. Intervista ad Ilaria Berlingeri. InAsherah Vivimus vuole essere uno spazio in questa rivista dedicato a quell'arte vicina alle tematiche del femminino, della sacralità del donna e del suo corpo per rispondere ad un appello di Lei, la Nostra Madre, che risale a 4300 anni fa: "ovunque voi siate in qualunque tempo non ignoratemi"!!!
"Fatamorgana - Miraggi Numerati" -misura: variabile (300 cm circa) - garze e smalti su tavola - novembre 2013
La materia declinata al tempo/non tempo del ritorno, una materia di uso comune, povera, come nella migliore tradizione della omonima corrente artistica contemporanea, i colori più spesso utilizzati sono quelli del bianco, del nero e del rosso, (l'alfa e l'omega con l'innesto dell'uomo?), il tutto magistralmente condotto da una sapiente direttrice d'orchestra. Iniziamo dunque la conoscenza di Ilaria Berlingeri attraverso le sue stesse parole... Ilaria, cos’è per te l’arte e qual è il tuo modo di viverla, sentirla, rispetto al quotidiano? L'arte è in tutto. Nei gesti , nelle parole, negli oggetti di uso comune, nell'evolversi incessante dei pensieri. L'arte è un modo di vivere e di affrontare la vita stessa. Nel quotidiano, chi sceglie questa strada, è sempre alla ricerca dell'arte. Cosa rappresenta la forma? Credi sia indispensabile non dico all’opera d’arte ma addirittura al pensiero? La forma è indispensabile, anche l'informe ha una sua forma. Anche il pensiero “informe” ha la sua forma, è fondamentale che La materia declinata al tempo/non tempo del la abbia o che la acquisti col tempo. Sì, la forma è indispensabile all'opera d'arte quanto al pensiero. Possiamo anche parlare di Forma mentis, letteralmente: forma/idea/impostazione della mente. La Forma Mentis è
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fondamentale nelle opere e nel pensiero, quando ci si riferisce allo specifico modo di pensare ed agire od anche ad un'abitudine, di una persona o di una collettività, soprattutto se questo è condizionato, o ritenuto condizionato da una educazione con un ben preciso orientamento tematico o pragmatico. In un periodo in cui ormai arte coincide con mercato, quale credi sia la strada per rivendicare una dimensione in cui l’arte ritorna a farsi evento della verità (Heidegger) ? Credo che non solo oggi l'arte coincide con mercato ma in qualche modo, in modalità diverse è sempre stato un po' così, non credi? Anzi ti dirò, c'è anche un gran ritorno alla street art che per natura si distacca in qualche modo dal mercato ed è una delle forme d'arte più “libere” da vincoli economici. Detto questo anche essendo finalizzata al mercato o gestita dal mercato in fondo se è arte vera e non ruffiana è sempre evento della verità. Heidegeer "Sonounadonnanonsonounasanta" (particolare) Garze, diceva che l’arte ha essenzialmente a che stracci e smalto su tavola da stiro in legno cm 31x138 fare con la verità, e la riflessione sull'arte non può non assumere i tratti di una speculazione ontologica che conduce a una riformulazione del problema dell’essere dell’ente. Dire che l’arte consiste nel porsi in opera della verità, tuttavia, non significa affatto riproporre una concezione dell’arte come imitazione o riproduzione della realtà, in base alla tesi secondo cui la verità è adeguazione tra pensiero e ente, concetto e cosa, segno e designato, copia e modello. Nel mio caso l'arte ha a che fare con l'imitazione e la riproduzione della realtà e della verità delle emozioni e sensazioni interiori e le sensazioni interiori possono anche coincidere con la verità che il mercato stesso dell'arte richiede. A proposito di verità, credi che esista una verità personale o piuttosto, tutto quanto facciamo in pubblico come in privato è condizionato da ciò che abbiamo visto, vissuto, appreso? La verità di oggi, la nostra verità di oggi è irrimediabilmente conseguenza del vissuto. Le azioni che svolgiamo in privato, i piccoli "Intervallum" garze mediche e smalti su tavola cm 88x29
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rituali, come le azioni e reazioni pubbliche sono sicuramente evoluzione di un vissuto e di un radicato che condiziona scelte. Le tradizioni condizionano scelte, come gli errori (se di errori si può parlare) condizionano decisioni. Uso il termine condizione con accezione non negativa. Non si tratta di mancanza di libertà ma, piuttosto, di presa di coscienza di un vissuto, di un “guardato” in passato che torna e ritorna e che ci consiglia come agire nel presente. Le tue opere si ergono come dei Totem, si muovono tra denuncia e malinconia, spesso con una forte componente ironica. I colori sono quasi esclusivamente quelli del bianco, del nero, del rosso. Si ha sovente la sensazione, osservandole, di trovarsi al cospetto di una purezza che se pur violata, mostra ancora la propria innocenza, discretamente, senza urlare a sottolineare ancora di più quello stato di quiete da cui ogni cosa ha origine e a cui ogni cosa farà ritorno a dispetto di tutte le resistenze possibili. I colori si ripetono e la componente ironica è necessaria. Risulta necessaria per non prendersi mai troppo sul serio. Credo che tra gli individui esista un continuo scambio, sempre e comunque, e prendersi troppo sul serio dimenticando il resto intorno ci farebbe perdere d'occhio proprio quello scambio. In questo scambio tra individui e tra me e la tavola, la tela, o il supporto di riciclo su cui lavoro, è necessaria la base di innocenza e la mancanza di sovrastrutture che poi, però, sorgono e si rincorrono successivamente nel corso della lavorazione. Esattamente come affermi ogni cosa ha origine da uno stato di quiete e cui si fa ritorno. Prima del ritorno alla quiete, però, l'evento circolare che segue la lavorazione, interseca uno stato di caos che si trova all'apice del “totem” che ne esce fuori. Cosa ci aspetta seguendoti? Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro e quale il sogno che ti porti dietro e vorresti vedere realizzato? Sto preparando una mostra personale e il tema ruota intorno al concerto di Metatesi o reazioni di doppio scambio, che in chimica sta ad indicare una reazione basata, "Ogni 4 secondi", 95 cm x 95 cm più variabili - pedana di legno, appunto, sullo scambio di due o più ioni fra garze mediche, stracci, foto su carta da lucido, lente ingrandimento, smalti e acrilico, sgabello cartone, Audio elementi e gruppi aventi la stessa valenza. installazione battito dei secondi - 2013 Per metterla su un piano puramente schematico: AB + CD = AD + CB ...Un po' quello che succede tra le gli esseri umani, no? Per il resto, di sognare e progettare non si finisce mai per fortuna...ne ho molti di sogni da realizzare! Info: <"https://www.facebook.com/IlariaBerlingeriImlost/timeline">
Lucia Lo Cascio
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Mistero: Maria Maddalena e le sue molteplici personalità.
Jules Joseph Lefebvre Maria Maddalena nella grotta (1876) San Pietroburgo, Hermitage
Secondo gli scritti la Maddalena è stata la prima testimone della resurrezione di Gesù e paradossalmente, considerando le discussioni riguardanti la sua vera identità, non riuscì subito a riconoscere Gesù risorto, anzi, fu Lui a riconoscere lei chiamandola per nome. “Rabbunì” - fu allora la prima esclamazione di Maria Maddalena, che significa “Maestro”. Una storia che è molto interessante se la si pone alla controluce di alcune interpretazioni metafisiche. Di base abbiamo il confronto con Pietro che da solo apre un ventaglio di non pochi interrogativi: pare che Pietro infatti, in un primo momento credesse che la Maddalena sapesse cose di Gesù ignote agli altri discepoli, delle quali tentò di farsi raccontare. In seguito però, Pietro screditò lei e il suo un suo vangelo apocrifo, ritenendo impossibile che Gesù nascondesse i suoi insegnamenti ad alcuni. La storia della Maddalena sembra quasi appositamente costruita per lasciare spazio a fraintendimenti ed interpretazioni molteplici. E' stata liberata da sette demoni, ma dagli scritti non risulta di che tipo fossero stati i suoi peccati. E' stata scambiata per una prostituta, ma in realtà Anthony Frederick Augustus Sandys Maria nella Bibbia si attribuisce questa attività ad una sua Magdalena - 1858-60 omonima; il fatto che sostenesse con i propri beni le
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Domenico Tintoretto Maddalena Penitente
attività di Gesù ha dato poi ancora più credito a questa tesi anche se tra gli storici è molto diffusa l'opinione che la Maddalena fosse semplicemente di una famiglia ricca piuttosto che una meretrice. E che dire degli scritti apocrifi del terzo secolo provenienti dall'Egitto che capovolgendo completamente la credenza più diffusa raccontano la Maddalena come la madre di Gesù? Certamente potrà risultare più familiare la teoria che vede Maria Maddalena come moglie di Gesù, dovuta sopratutto ai romanzi di Nikos Kazantzakes e Dan Brown, originati dagli scritti di Filippo nei quali la Maddalena e Gesù si baciano in bocca. In effetti, nella Bibbia c'è scritto che la sapienza esce dalla bocca dell'Altissimo, e cosa altro può rappresentare la Maddalena se non proprio la Conoscenza? Secondo l'interpretazione gnostica Maria di Magdala rappresenta
l'archetipo del sacerdozio femminile e a seguito del contrasto con Pietro gli altri discepoli diffusero le sue dottrine. Uno dei concetti principali contenuto in esse è che il divino è sia maschile che femminile, avendo infatti un Padre primo di tutte le cose che è affiancato da una componente di Grazia che lo rende ineffabile. Maria Maddalena, un archetipo, una donna dalle molte identità, detentrice di segreti e rappresentante del divino femminile, in altre parole un mistero in carne e ossa.
Matteo Arcuri Luca Signorelli Crocifisso con Maddalena (1502.05)
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Cinema: Marilyn Monroe, una donna, una diva, un simbolo.
La famosa attrice Marilyn Monroe da generazioni intere viene vista ancora come un’icona del cinema. Una sex symbol per gli uomini di tutto il mondo, e una ragazza affascinante e gioiosa da imitare in ogni campo della vita sociale per tutte le donne partendo proprio dalla sua spiccata femminilità che la contraddistinse per tutta la sua vita. La sua carriera possiamo affermare che iniziò così, quasi come un gioco volendo diventare top model presso la “Blue Book Model Agency” che la portò ben presto ad affermarsi nel mondo del
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cinema e a diventare nel 1953 a soli 27 anni una star di fama internazionale. Molti sono i film che le diedero questo successo, ad esempio ricordiamo “Niagara” , ”A qualcuno piace caldo” o “Gli uomini preferiscono le bionde” in modo speciale quest’ultimo film, la consacrò come “femme fatale” con il suo classico biondo platino incorniciato nella sua memorabile pettinatura che abbagliò con la sua sensualità tutti per scalare e conquistare le vette del mondo. Ora la domanda che si pongono milioni di persone è come sia possibile che questa forza della natura stimata e acclamata da tutti il 5 agosto 1962 a soli 36 anni fu trovata morta,forse suicida, nella sua dimora a Brentwood, in California? Ebbene si,nel corso degli anni sono state fatte molte indagini e il caso è ancora un mistero irrisolto; se si scava un po’ più nel profondo di Marilyn o meglio di Norma Jeane Mortenson (il suo vero nome) possiamo forse intuire il perché della sua decisione di metter fine non solo alla sua carriera brillante, ma a se stessa e alla sua vita. I problemi non mancano fin da bambina. Nata da padre ignoto e da madre non psicologicamente affidabile Norma venne messa alla sola età di 11 anni sotto la tutela dello stato, e quindi affidata per ben dodici volte a diverse famiglie e orfanotrofi. L’infanzia quindi non le fu facile, non solo perché non aveva una dimora e dei punti di riferimento fissi, ma anche perché, racconterà lei stessa in futuro, in quegli anni subì diversi abusi sessuali. Il rapporto con la sua persona e il suo corpo, possiamo ben capire, venne messo a dura prova. La piccola Norma conobbe così in un modo non normale e molto violento la sua sessualità, e d’allora non poté più fermarla; racconta ella stessa di essere stata frustata dalla zia per aver toccato “la parte cattiva del suo corpo”. E se i problemi non sono mai abbastanza la nostra Marilyn purtroppo non fece pace nemmeno col suo cuore. Già all’età di 16 anni decise di sposarsi con Jim Daugherty l’unico ragazzo afferma lei col quale non provava nessuna repulsione nell’essere toccata ma che nonostante ciò lasciò quattro anni dopo. Più tardi nel 1954 dopo alcuni dei suoi primi successi, sposò Joe DiMaggio un famoso giocatore di baseball, col quale non stette nemmeno un anno ma che gli provocò lo stesso una forte ferita che avviò la poverina sulla strada della depressione. Solo due anni più tardi l’attrice si riprese del tutto, studiando presso l’Actors studio di New York e sposandosi con l'affascinante drammaturgo Arthur Miller. Questo periodo venne vissuto da lei come un qualcosa di unico e irripetibile e fu convinta pertanto di aver trovato l’uomo giusto, finché leggendo qualche pagina del diario segreto del
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marito capì che egli era deluso da lei e dai suoi comportamenti e questo sfociò nella rottura del suo “grande amore”nel 1962. Marilyn in seguito ebbe alcuni flirt, tra cui riconosciamo l’attore Yves Montand eil celeberrimo cantante Frank Sinatra ma qualcosa di più serio lo ebbe con i fratelli Kennedy. Le sue armi? Sorrisi ammiccanti e un innocente infantilismo usate da lei strategicamente per nascondere la dura realtà :una donna molto sola e triste. Le sue instabili storie d’amore e familiari infatti la porteranno a una instabilità emotiva dalla quale lei non si riprenderà mai più. Molte persone al giorno d’oggi usano le stesse armi usate da Marylin, non capendo che non serve a nulla fuggire dalla realtà e tirar su una maschera ma è meglio usare il dialogo come strumento per affrontare i problemi a cuore aperto. La regola è non fingere mai di essere qualcun altro, ma essere sempre se stessi nel bene e nel male e di non fare come la nostra sfortunata diva, che pensò di trasformare la sua vita in un’intera recita arrecandosi solamente danno.
Con la splendida interpretazione di Michelle Williams, tutto questo viene bene espresso dal film “Marilyn” diretto nel 2011 dal regista Simon Curtis e vincitore nel 2012 di un Oscar e di un Golden Globe. Sara Donfrancesco
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Henriette Theodora Markovitch, meglio nota come Dora Maar, nasce a Parigi nel 1907, da padre croato e madre francese. La famiglia vive per diversi anni a Buenos Aires, dove il padre, architetto, ha importanti commissioni. Donna di rara bellezza, di carattere serio e distaccato, nel 1927 si iscrive all’Accademia di André Lhote, a Parigi, dove incontra e stringe amicizia con Henri CartierBresson. Studia presso l’École de Photographie de la Ville de Paris, ma è soprattutto Emmanuel Sougez, fotografo, che la forma negli aspetti tecnici del mestiere. Dora Maar alterna la fotografia sperimentale a quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, di pubblicità e di moda, fotomontaggi e molte fotografie “di strada”. In particolare queste ultime sono di grande interesse per le tre costanti che le caratterizzano: l’attenzione alle frange marginali della società (scene di miseria e vagabondi, ciechi e storpi), l’osservazione del mondo dell’infanzia lo studio della vita quotidiana che si svolge nelle strade. Il popolare (mercatini, fiere) e l’eccentrico (il negozio di tatuaggi, la vetrina del mago, il canguro di paglia…) sono i soggetti che più l’affascinano.
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Società: Dire s' alla vita, questo il motto del S.A.V. di Bologna
Il mio interesse per questa tematica nasce dalla volontà di toccare con mano le difficoltà e le preoccupazioni che molte mamme sono costrette ad affrontare dinnanzi ad una scelta che, spesso in epoca contemporanea, non è poi così scontata: mettere alla luce una nuova vita. A tal proposito, dopo accurate ricerche, ho deciso di presentarvi le attività del S.A.V (Servizio Accoglienza alla Vita), Associazione culturale che da diversi anni opera nel Bolognese. Un ringraziamento particolare va alla Presidente dell’Associazione Maria Vittoria Gualandi che ha voluto dedicarmi parte del suo prezioso tempo al fine di raccogliere le informazioni che troverete qui di seguito. Un po’ di storia Gravidanze a rischio, mamme, a volte anche molto giovani, impreparate alla nascita di un figlio e a volte anche vittime di gravi disagi economici. Nel 1978 Mons. Franco Fregni, Vicario per la Pastorale della Famiglia, cerca di dare una prima risposta ai problemi legati alla maternità, aprendo un piccolo punto di ascolto con l'aiuto di alcuni volontari, in una sede provvisoria nel centro storico di Bologna. Da questa idea nascerà quello che sarà Gustav Klimt La Speranza II (1907-08) successivamente noto con il nome di “S.A.V “ , Servizio Accoglienza alla Vita, riconosciuto come Associazione Onlus nel 1999 che, con sede legale a Bologna, in Via Irma Bandiera 22, presieduta da Maria Vittoria Gualandi dal 1991, si avvale della collaborazione di 4 educatori professionali , una psicologa ed oltre 70 volontari. Queste le attività svolte dal S.A.V: - Il centro d'ascolto Obiettivo primario è quello di offrire una prima proposta di assistenza. Il centro di ascolto dispone dei seguenti servizi, gestiti dai volontari: Guardaroba per bambini di età 0-10 anni Banco Alimentare: un contributo alla spesa mensile per famiglie in difficoltà economica; Banco Farmaceutico: farmaci da banco su richiesta di medico curante e/o pediatra. Tra i volontari sono presenti anche delle figure specialiste che mettono a disposizione del S.A.V la loro professionalità: pediatri, neurologi, cardiologi, dentisti, avvocati (…). - Progetto Aiuto vita - Adozione Prenatale a distanza Si tratta di un’ “adozione prenatale a distanza” che comporta il farsi carico di una donna negli
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ultimi 6 mesi di gravidanza e nei primi 12 mesi di vita del bambino. Il contributo minimo mensile è di 160,00 euro da versare direttamente al Servizio Accoglienza alla Vita che sceglie in quali situazioni bisognose utilizzarlo. Il S.A.V. garantisce riservatezza ed anonimato sia per la madre che per l'adottante. - Gruppi appartamento Il S.A.V dispone inoltre di 12 gruppi-appartamento destinati all'accoglienza di madri sole e dei propri figli o, eventualmente, del partner, in difficoltà socio-economiche. Le famiglie ospitate provengono da diverse parti del mondo, si tratta di persone che, nella maggior parte dei casi, non possono contare sull’aiuto della propria famiglia , in alcuni casi non consenziente alla gravidanza. L'ospitalità nei gruppi-appartamento del S.A.V. ha come finalità quella della conquista di una buona autonomia personale ed un successivo reinserimento sociale, aiutando nella ricerca di un lavoro, di una casa, attraverso l'intervento di personale qualificato che opera attraverso visite domiciliari settimanali. Parliamo di un servizio non isolato, ma in rete con i servizi sociali e del territorio.
Dati: Al fine di sottolineare il contributo che questa Associazione opera sul territorio, ho deciso di riportare per voi alcuni dati relativi all’attività del 2013: - Nel corso del 2013 sono stati effettuati 404 colloqui; - I casi seguiti in presenza di interruzione di gravidanza volontaria sono stati 40 e di questi 34 hanno comportato il salvataggio del bambino e la gravidanza è stata portata a termine; - I progetti di Aiuto Vita attuati sono stati 25; - Più di 800 famiglie hanno usufruito del Servizio Guardaroba; - Le famiglie che hanno usufruito di sostegni alimentari sono 192; - All’interno degli 11 gruppi appartamento sono state accolte 15 madri sole, 6 coppie di genitori, 37 bambini. Ritengo che il S.A.V possa essere considerato un aiuto concreto e significativo. Valentina Bellezza
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Antropologia: Il culto della Dea.
Il Culto della Dea è legato alla cultura agricola del Neolitico ed è considerato da molti studiosi come l' ETA' DELL' ORO. Si diversifica oltre nel Neolitico, anche nell' età dei metalli in tre figure distinte: LA DEA CON IL BAMBINO: Dove perderà la sua rilevanza spirituale in favore della nascita del proprio figlio durante lo sviluppo delle civiltà storiche. LA DEA IDEOGRAMMA: Una figura che per tutto il Neolitico persevera l' essenza divina della Dea Madre. VENERE PROFANA: La figura divina che fa fronte a due forze: EROTICA e SENSUALE. La figura della Dea viene rappresentata attraverso le famose Statuette" Steapogide", cioè grasse che rappresentano la divinità la venere di willendorf
femminile nel suo ruolo di nutrice e portatrice di fertilità.
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Il corpo della Dea viene immaginato nella sua totale carnalità, i suoi attributi sessuali sono enfatizzati con la rappresentazione di grossi seni e di abbondanti glutei (Divinità fortemente legata alla sfera terrena). Il viso è in completo contrasto con le forme del corpo generose e terrene, poiché la sua espressione quasi ascetica del volto leggermente sollevato e con lo sguardo rivolto altrove, sta a significare che le sue ici sono da ricercarsi nel mondo spirituale. La Dea in molte culture era ed è ancora oggi considerata nella triplice forma : FANCIULLA, LA MATURA, LA VECCHIA con riferimento alle famose fasi lunari e in riferimento non solo alla gravidanza ma anche alla sua corrispondenza con il ciclo mestruale. Per questo la figura della Dea diviene x sua eccellenza padrona della vita e della morte: GENEROSA con chi rispetta il culto....SPIETATA con chi lo contrasta. Diviene così accompagnatrice e protettrice del defunto. Da qui un esempio di quello che è IL RITO DEL DEFUNTO: dove i defunti venivano posti in posizione fetale e cosparsi di OCRA ROSSA che sta a rappresentare il colore della vita e del sangue stesso che ricopre il neonato al momento del parto; accolto nel grembo della madre e pronto per una nuova rinascita. Nei secoli il Culto della Dea Madre ha attraversato varie forme : LA DEA ISHTAR appartenente al culto Assiro Babilonese; DEA ASTARTE appartenente al culto Fenicio; DEA ISIDE appartenente al culto degli Egizi; LA MARIA VERGINE; LA DEA ECATE colei che rappresenta la fertilità delle donne, nelle sue Ishtar babilonese tre forme come 3 sono le fasi della vita; LA DEA DEMETRA colei che rappresenta la fertilità dei campi e del raccolto; LA DEA DIANA la dea della caccia; ISIDE, la più conosciuta delle Dee madri, porta con se tutte le caratteristiche della divinità femminile, è doppiamente donatrice di vita ma anche dispensatrice di morte e capace di spietate vendette.
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La Dea assume anche l' influenza dominante che sul pensiero cristiano è stato particolarmente sensibili. La Vergine viene venerata come una Dea, la Madonna viene chiamata non solo la MADRE di Cristo ma anche SPOSA di Cristo; vengono costruite chiese su resti di antichi templi pagani dedicate alla Vergine segnando così lo sviluppo del famoso CULTO MARIANO. Da qui abbiamo la visibilità di due sviluppi paralleli che sono quelli delle tradizioni pagane e cristiane, completamente fuse e influenzate tra di loro.
Vergine nera di Częstochowa
Il tempo della Dea è così composto dai famosi riti di passaggio, dove abbiamo lo scorrere della vita che può essere sia circolare, ciclico, spiraliforme, non razionale e non lineare ma che in questo modo sta' ad esprimere il nostro corpo.
il cosiddetto PRINCIPIO FEMMINILE è strettamente legato ad un senso di appartenenza alla NATURA stessa; non a caso gli attributi simbolici della DEA stessa sono legati al dominio sugli animali; ambientazioni naturali, culti notturni e ai famosi 4 elementi :TERRA ARIA FUOCO ACQUA. Il risveglio della donna viene chiamato FEMMININO SACRO, poiché le donne sono state da sempre considerate le fedeli rappresentanti della Terra stessa. La Dea diviene SPOSA del Dio maschio , Figlia del dio padre e madre di colui che una volta nato diviene la figura più importante, riducendola a colei che è il contenitore della vita.
Iside Alata
Il Culto della Dea , è stato il più antico e duraturo culto dell' umanità e nonostante i tantissimi tentativi di distruggerlo, le tante tesi false, dimostra ancora oggi tutta la sua forza nascosta nelle pieghe delle più grandi religioni e della tradizione ermetica. Per approfondire: http://antropologia-italia.blogspot Chiara Sabatini
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Manifatture Sottosasso snc di Malavolti Marco e Morgantini Lorella via Gabellotta 22 48103 Brisighella (RA) tel.: 0546 40222 mobile: 333 3157613 e-mail: manifatture@sottosasso.it sito: www.sottosasso
Quasi Quadro.
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L'angolo Valente: LovArt, performance di Emiliano Yuri Paolini ed Evita Andujar.
L'idea. I due artisti, un uomo ed una donna, sono invitati a “rappresentare” l'amore attraverso la “raffigurazione” del cuore. Creeranno l'opera in un tempo prestabilito di 25 minuti. Durante questo tempo ognuno dei due potrà intervenire con il suo proprio segno sul dipinto dell'altro a simboleggiare una partecipazione, uno scambio, un'unione di anime. Alla fine del tempo fisico le due tele si uniranno per formare un grande dittico, simbolo della continuità dell'amore anche dopo il tempo corporeo. Cosa domanda l’amore? In Lacan troviamo una riposta semplice: l’amore domanda l’amore. L’amore non domanda ciò che l’Altro ha, ma domanda l’amore, domanda il segno della mancanza dell’Altro. L’amore è domanda di essere amati. La domanda d’amore scaturisce da una faglia cioè da una mancanza, dalla mancanza dell’Altro, è do manda di mancare all’Altro. Amare è donare la propria mancanza. Ma questo implica che nell’amore ci sia sempre un muro, un a -mur. L’amore implica il muro. L’ Amuro. L’amour è a-muro. Il muro è il muro del linguaggio. Il linguaggio è un muro nel senso che è una struttura di separazione [ passo tratto da www.psychiatryonline.it ] Nel nostro caso, invece, il muro che sta dentro la parola “amour” non è il linguaggio, bensì la rappresentazione e più precisamente la tela sul cavalletto che si para davanti ai due artisti proprio come un muro, un muro tra loro e l'amore che dovrebbero rappresentare. La tela non è semplicemente il supporto su cui dipingere, ma è quella rappresentazione che si intromette tra il soggetto e l'oggetto da rappresentare. Ma l'amore può essere ridotto a rappresentazione?
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Verso la fine della loro performance gli artisti hanno continuato a dipingere seppur bendati con uno stesso nastro – quasi a dire che l'amore non può e non deve essere visto con gli occhi per poi rappresentarlo. Per vedere bisogna chiudere gli occhi soprattutto quando in gioco è l'amore. Non possiamo mettere a distanza l'amore come si fa con un oggetto al fine di meglio rappresentarlo. Rappresentare l'amore porta solo ad immagini stereotipe e retoriche, meschinamente romantiche ed intollerabilmente dolciastre. Ma quanto detto non basta. L'amore ed in special modo l'amore tra un uomo e una donna (è questo l'amore che in questa performance è in gioco, non a caso è stata organizzata proprio a ridosso della festa di San Valentino) ha a che fare con l'esperienza dell'intimità: ora l'intimità può essere solo sentita e vissuta, non può essere rappresentata – rappresentarla significa violarla e profanarla. Nell'intimità viene meno la opposizione soggettooggetto che porta fatalmente con sé la rappresentazione. L'intimità una volta rappresentata trasforma il pudore in vergogna. I nostri artisti, invece, rifiutandosi nella loro arte alla logica reificante della rappresentazione hanno tolto quel muro che dall'amore ci separa. Essi hanno tolto la distanza di sicurezza che noi poniamo tra noi stessi e le cose per non farci da queste travolgere al fine di meglio gestirle ed amministrarle. Essi hanno tolto il muro della rappresentazione scegliendo di avvicinarsi pericolosamente all'amore fino ad esporsi pericolosamente a quell'emozione che può essere solo sentita, ma che non deve essere rappresentata pena la sua perdita. Chi rappresenterebbe un campo magnetico raffigurando semplicemente un magnete? Chi rappresenterebbe l'amore raffigurando semplicemente un cuore? Eppure sembra che i nostri artisti facciamo proprio questo – ma così non è. Qui – trattandosi di una performance – è più importante il percorso del punto di arrivo. Qui è più importante l'energia dinamica che si sprigiona tra la tela ed il pennello che il risultato
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raggiunto. Il cuore qui non è semplicemente il simbolo o l'allegoria dell'amore, ma è lo stesso palpitare della pittura; è il cuore pulsante della creazione artistica. É un cuore che batte: non solo il cuore degli artisti, ma anche il cuore dei riguardanti che sono coinvolti in prima persona a partecipare emotivamente al processo artistico a cui stanno assistendo.
Ora i due artisti tentano di togliere questo muro della rappresentazione che li divide e ci divide dall'amore ognuno con un suo proprio stile (qui veramente lo stile è l'uomo). In Evita Andujar è in gioco una erotica, mentre in Emiliano Yuri Paolini abbiamo a che fare non con eros, ma con porno; in Paolini, se così possiamo dire, è in gioco qualcosa di porno-grafico. Abbattere il muro della rappresentazione significa, quindi, rifiutare la logica gnoseologistica che distingue e mette in relazione soggetto ed oggetto separandoli per poi opporli ed in ultimo unificarli in una superiore sintesi. Ora Andujar togliendo la rappresentazione si espone pericolosamente al suo oggetto; tra lei e quest'ultimo viene tolta ogni distanza che sia misurabile; non si capisce cosa voglia raffigurare proprio perché ha rinunciato alla rappresentazione. Non si capisce dove finisca lei e dove cominci l'oggetto in una con-fusione creatrice che mettendo fuori gioco la rappresentazione abolisce l'oggetto così presentandoci non più l'apparire di questo o di quello, bensì presentandoci l'apparire dell'apparire medesimo – al di là di soggetto ed oggetto: la carne! Ma attenzione: non si sta dicendo che Andujar rappresenti la carne; tutt'altro! Andujar ci fa sentire la carne palpitante della rappresentazione. Quindi abbiamo a che fare con una erotica senza oggetto del desiderio; oppure con una erotica dove l'oggetto è talmente prossimo da far riposare il desiderio nell'intimità di un abbraccio. Andujar stessa commentando la sua opera ci ha detto che le sue più che pennellate erano carezze. Quindi, più che un desiderio con il suo oggetto, una carnale intimità. Se nell'opera di Andujar è in gioco l'apparire, in Emiliano Yuri Paolini è in gioco il segno: non l'immagine di una scrittura, ma l'immagine stessa come scrittura. Questo è subito chiaro. In questo senso la sua opera resta come sospesa tra segno ed immagine dove tra i
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due c'è un rimando continuo. Fin dall'inizio Paolini comincia con lo scrivere sulla tela come se si trattasse di un foglio e scrive: “Storiesoprastorie”. Poi comincia ad apporre pennellate grumose e colanti somiglianti anch'esse a antiche lettere incrostate e torte. Lo stesso cuore che emerge inintenzionalmente da questo intrico di segni che è la pittura-scrittura di Paolini è una lettera come un'altra; anzi conserva tutta la enigmaticità dei geroglifici egiziani – un enigma, però, la cui soluzione è sconosciuta anche allo stesso Paolini. Le pennellate sono segni; anzi, Paolini sembra di-segnare col colore. Sovrappone segno su segno popolando il territorio della tela di una giungla intricatissima di tratti. La sua è, sì, una scrittura, ma illeggibile – anzi questi tratti sembrano proprio volersi rifiutare ad essere letti. Qui la forma (cioè il cuore palpitante dell'opera) si rivela essere non altro che una stratificazione del contenuto (sto naturalmente facendo riferimento al filosofo Theodor Adorno). É da questo intrico di segni che può emergere (ma il risultato non è garantito) la forma. Paolini non ha una idea pregressa all'opera che poi prenderebbe in maniera progressiva possesso del quadro; anzi, l'arte di Paolini più che messa in opera si presenta come un'arte inoperosa. Abbiamo parlato a proposito del dipinto di Paolini di porno-grafia nel senso che il rapporto che qui è in gioco non è più un rapporto soggetto-oggetto, bensì è un rapporto tra oggetto ed oggetto (porno), tra segno e segno (grafia) dove il soggetto si assenta completamente venendo meno esso stesso come soggetto desiderante e rappresentante (obliandosi) lasciando il campo libero a questa proliferazione di segni. Allora il cuore diventa quella tavola su cui solo può essere inscritta la legge dell'amore. Quindi la tela di Paolini lungi dall'essere una rappresentazione è davvero una lettera d'amore indirizzata a tutti coloro che vorranno esporsi al rischio di leggerla. Un'ultima parola sul rapporto (con-creativo) tra i due artisti. Tra loro non c'è un rapporto riconducibile a qualsiasi tipo di psicologia. Infatti il loro non è un rapporto a due: anzi tra loro non v'è rapporto anche se l'uno in maniera molto discreta ha interagito col quadro dell'altro. Tra loro non si è data nessuna dialettica – potremmo dire che si è trattato di un dialogo tra sordi autentici. Eppure da questo silenzioso dialogo qualcosa è risuonato. Padre Marko Ivan Rupnik, teologo ed artista, una volta ha detto: “É importante che in amore ci sia il terzo e che questo terzo sia l'amore”. Queste parole sono quanto mai appropriate per descrivere quanto è successo in occasione di questa performance di Paolini e Andujar. Effettivamente il terzo c'era (anche se presente come assente): non ci stiamo solo riferendo alle persone che alla performance non solo hanno assistito, ma in qualche modo hanno anche partecipato in quanto coinvolte nel processo creativo. Infatti questo terzo, l'amore, si è veramente incarnato in questo bel dittico realizzato con tanta passione dai nostri due artisti. Allora l'arte divenendo memoria incarnata della comunione si fa celebrazione liturgica a cui noi tutti siamo invitati a partecipare. Stefano Valente
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ALLEANZA PER LA CULTURA PER ROMA. A tutte le persone e operatori di “buona volontà” che intendono condividere o promuovere idee, progetti, iniziative e proposte per un nuovo rilancio culturare della nostra Città.
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La mostra in evidenza: Frida Kahlo
Dal 20 Marzo 2014 al 31 Agosto 2014 LUOGO: Scuderie del Quirinale - Roma CURATORI: Helga Prignitz-Poda COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 12, ridotto € 9.50, studenti € 4 TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 06 39967500 E-MAIL INFO: info@scuderiequirinale.it SITO UFFICIALE: http://www.scuderiequirinale.it/
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Alle Scuderie del Quirinale una grande mostra sull'artista messicana Frida Kahlo (1907-1954), simbolo dell'avanguardia artistica e dell'esuberanza della cultura messicana del Novecento. Roma e Genova presentano con un progetto congiunto e integrato due importanti mostre incentrate sull’opera dell’artista messicana Frida Kahlo, Autoritratto come Tehuana / Diego nei miei pensieri / Pensando a Diego, Frida Kahlo. 1943. © The Vergel Foundation, Collezione Jacques and Natasha Gelman, Città del La mostra romana, Messico, by SIAE 2014 alle Scuderie del Quirinale, dal 20 marzo al 31 agosto 2014, indaga Frida Kahlo e il suo rapporto con i movimenti artistici dell’epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale, analizzandone le influenze sulle sue opere. La mostra genovese, Frida Kahlo e Diego Rivera, a Palazzo Ducale, dal 20 settembre 2014 al 15 febbraio 2015, prosegue il racconto iniziato, analizzando l'universo privato di Frida, un universo di grande sofferenza, al centro del quale sarà sempre il marito Diego Rivera, delineando un rapporto che lascerà enormi tracce nella sua arte. Non vi è dubbio che il mito formatosi attorno alla figura e all'opera di Frida Kahlo (1907-1954) abbia ormai assunto una dimensione globale; icona indiscussa della cultura messicana novecentesca, venerata anticipatrice del movimento femminista, marchio di culto del merchandising universale, seducente soggetto del cinema hollywoodiano, Frida Kahlo si offre alla cultura contemporanea attraverso un inestricabile legame arte-vita tra i più affascinanti nella storia del XX secolo. Eppure i suoi dipinti non sono soltanto lo specchio della sua vicenda biografica, segnata a fuoco dalle ingiurie fisiche e psichiche subite nel terribile incidente in cui fu coinvolta all'età di 17 anni. La sua arte si fonde con la storia e lo spirito del mondo a lei contemporaneo, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali che portarono alla Rivoluzione messicana e che ad essa seguirono. Fu proprio lo spirito rivoluzionario che portò alla rivalutazione del passato indigeno e delle tradizioni folkloriche, intesi come insopprimibili codici identitari generatori di un'inedita fusione tra l'espressione del sé e il linguaggio, l'immaginario, i colori e i simboli della cultura popolare
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messicana. Allo stesso tempo Frida è un'espressione dell'avanguardia artistica e dell'esuberanza culturale del suo tempo e lo studio della sua opera permette di intersecare le traiettorie di tutti i principali movimenti culturali internazionali che attraversarono il Messico del suo tempo: dal Pauperismo rivoluzionario all'Estridentismo, dal Surrealismo a quello che decenni piÚ tardi avrebbe preso il nome di Realismo magico.
Frida-Kahlo-Autoritratto-con-vestito-di-velluto, 1926
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Un cammino di studio e di ricerca di noi stessi e di tutto ciò che ci circonda. Kaname0 è quella porta che si apre verso una strada lunga e piena di serenità e soddisfazioni.
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