Carissimo lettore di “Nero su Bianco”, ben trovato! Forse sono capitato nelle tua mani “per caso”, o perché incuriosito dall’immagine suggestiva in copertina o dalla frase profondissima e “sconvolgente” di Madre Oliva Bonaldo, o probabilmente perché ti sono stato consegnato da qualche amico che vive la realtà della Cappella Universitaria o addirittura sei amico, conoscente o parente di uno dei redattori, oppure mi hai trovato lì solo soletto sul banchetto in fondo alla Chiesa di San Vigilio... Qualsiasi sia la motivazione, eccomi qui, mi presento! Sono “Nero su Bianco”, Bianco” giornalino ormai quattordicenne della Cappella Universitaria di Siena, luogo di incontro, di formazione e di vita di alcuni giovani studenti che hanno ritrovato la propria “seconda famiglia” in questa realtà viva. Nelle mie pagine trovi alcuni volti della Cappella Universitaria che “parlano” di vita vissuta dai giovani della Comunità che in “quasi vent’anni hanno potuto conoscere Gesù, avvicinarLo, servirLo, amarLo, farne la guida della propria esistenza”, esistenza con la presenza attenta e paterna di Don Roberto, Rettore della Cappella Universitaria, e materna e discreta delle nostre care Suore Figlie della Chiesa. Frammenti di “vita vissuta” dalla Cappella Universitaria (e non solo!!) ti sono qui presentati da numerosi miei amici che anche per quest’anno contribuiscono a darmi forma e stile del tutto originali. Si inizia subito con “Giuseppe Giuseppe e i suoi fratelli” fratelli presentato da Don Roberto: Roberto è questo il tema dell’anno della Comunità! E’ una storia che ci interpella chiaramente e che ha tanto da dire alla nostra vita, qui a Siena, oggi! I padri del deserto citati possono aiutare efficacemente nel comprendere e praticare la fraternità e l’opportunità di amore presente nel prossimo. Ti racconto un po’ di quello che negli ultimi tempi è accaduto a San Vigilio… Fabio illustra come “lo spirito gagliardo” abbia efficacemente lavorato e si sia manifestato concretamente nella Comunità della Cappella Universitaria; con Sofia invece si parte in trasferta in montagna dove la scorsa estate si è svolta la prima straordinaria vacanza comunitaria tra vette e sentieri della Val Seriana, mentre Alice ti riporta nello scenario di Venezia dove si è svolta l’avvincente gita d’amicizia annuale. Sono permeato anche di esperienze: Luisa ed Elisa ti raccontano dei “volti dell’amore”, invece Katia fa rivivere i “percorsi panoramici dello spirito”, riflesso dell’esperienza vissuta durante gli esercizi spirituali di quest’anno. Tante rubriche... “Il personaggio” in questo numero sarà illustrato da Davide che presenta “Don Francesco e la tradizione”, mentre Domenico ha intervistato Antonia Arslan, ospite della Cappella Universitaria e “voce” del massacro del popolo Armeno. In questo numero ti riporto anche vari spunti di riflessione: “il diritto di diventare grandi” di Cristina, i “rave party” di Federica, l’ ”amare se stessi” di Claudia e infine anche il “dramma” dei bambini in TV di Stefano. Gabriele invita a “pedalare” verso l’abbazia di Sant’Antimo, mentre Mariella e Leonardo iniziano a deliziarti con delle curiosità divertenti: cioccolato e “un black metal”.. tutte da scoprire! Con Eugenio ci si immerge nel mondo del cinema d’autore mentre si parte a Sharm el Sheik con Ludovica (eh, ce la meritiamo una vacanzina!!) A fine anno sembrano doverose le previsioni “Catt-astrali” per l’imminente 2011: sarà il CattOroscopo di Domenico ad avere una parola “buona” per ciascuno di noi. Tante foto, numerose opportunità da cogliere dalle varie citazioni… avete abbastanza materiale per stare a lungo in mia compagnia!! Quindi: pronti… via!!!
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Buona lettura e buon Natale dalla Redazione!
In questo numero vi augurano buona lettura...
L’angolo del Don
Riflettendo
Io sono Giuseppe, il vostro fratello di Don Roberto Bianchini
Rave party di Federica Maniscalco
Pag. 4
Amare se stessi
Cappellania
di Claudia De Pasquale
Lo spirito gagliardo di Fabio Fiorino
Pag. 5
Amici in trasferta di Zofia Juras di Alice Pappelli
Pag. 6
Esperienze Quanti volti ha l’amore? di Luisa Cipriano di Elisa Belvisi
Radiografia di una distorsione: bambini in TV di Stefano Fonsdituri Pag. 16
A spasso per... Abbazia di Sant’Antimo di Gabriele Romano
Pag. 17
Pag. 7
Cioccolato: in fondo non fa così male di Mariella Schettini Pag. 18
Pag. 8
L’un black metal di Leonardo Martino
Il personaggio Don Francesco e la tradizione di Davide Privitera
Pag. 15
Curiosità
Percorsi panoramici dello spirito
di Katia Capozzoli
Pag. 14
Pag. 19
Ciak si gira Pag. 9
“Al otro lado del rio” di Eugenio Alfonso Smurra
Pag. 20
Intervista Antonia Arslan e il genocidio armeno di Domenico Bova Pag. 10
In viaggio con... La Sharm el Sheik nascosta di Ludovica Cesaroni
Pag. 21
Riflettendo Il diritto di diventare grandi di Cristina Loprete
Cattoroscopo 2011 Pag. 11
Fotografando di Fabio Fiorino
di Domenico Bova
Pag. 22
Bacheca
Pag. 23
Pag. 12-13
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IO SONO GIUSEPPE, IL VOSTRO FRATELLO Abba Antonio disse: “Dal prossimo ci vengono la vita e la morte. Se infatti guadagniamo il fratello, guadagniamo Dio; ma se scandalizziamo il fratello, pecchiamo contro Cristo”. Con queste parole Antonio del deserto va al cuore dell’esistenza cristiana. Potrebbe sembrare strano che un amante della vita solitaria formatosi in lunghi anni di separazione dal mondo nel torrido deserto egiziano dia tanta importanza alla vita fraterna quando si tratta di lasciare un insegnamento ai discepoli che si riuniscono intorno a lui. Eppure Antonio non dubita per un istante che l’amore per il fratello è il centro della sequela del Signore. Un altro padre del deserto, Giovanni Nano, ebbe a dire: “Non si può edificare una casa dall’alto verso il basso, ma dalle fondamenta verso l’alto”. Questi nostri antichi maestri di vita spirituale comprendono che non ci può essere nessuna opposizione schizofrenica tra l’amore per Dio e quello per i fratelli; anzi sembrano tutti concordi nel ritenere che bisogna cominciare ad amare il fratello che ci vive accanto se si vuol giungere al puro amore del Dio invisibile. Tutto ciò è verissimo anche per noi oggi. Si dubita ovunque della bontà della vita secondo il Vangelo; qualche volta anche i cristiani sembrano arresi all’inevitabilità di un modo di vita egoistico, conflittuale e mondano che vede nel fratello un pericoloso concorrente più che una chance formidabile. formidabile Se vogliamo tornare ad essere significativi per il mondo post moderno dobbiamo cercare di costruire comunità fraterne dove si viva gli uni per gli altri; dove il bene del fratello diventi il nostro stesso bene; dove la sofferenza che porta chi ci sta accanto sia alleggerita dalla nostra solidarietà. Durante gli esercizi spirituali ci siamo soffermati a lungo sulla storia di Giuseppe d’Egitto che in estrema sintesi dice la possibilità della fraternità contro la tentazione della gelosia e della vendetta; mostra quanto sia vincente la via del perdono che risana e ricostruisce le relazioni; quanto ogni risentimento contro il fratello avveleni il nostro cuore ed uccida in noi la somiglianza con Dio che sta alla base della nostra dignità di persone. Giuseppe è il sognatore non tanto perché conosce le arti divinatorie dell’interpretazione dei sogni, ma perché permette al sogno della fraternità di abitare il suo cuore e di animare ogni sua azione. L’eredità che ci lascia la sua storia ci urge a costruire vera fraternità dove viviamo per attrarre tanti alla bontà della vita evangelica. ■ Alcune parole dei Padri del deserto per aiutarci a riflettere... Non si può essere salvati se non attraverso il prossimo, come ci è stato comandato: “Perdonate e vi sarà perdonato!” Questa è la legge spirituale scritta nei cuori che credono, che porta a compimento la prima legge. Sta scritto infatti: Non sono venuto ad abolire la legge, ma a darle compimento”. (Pseudo Macario) Abba Poimen disse: “Non si può trovare amore più grande di questo: dare la propria vita per il prossimo. Se per esempio uno sente una parola cattiva, cioè una parola che lo rattrista, e, pur potendo dirne una simile, lotta per non dirla; o se è maltrattato, sopporta senza ricambiare, costui dà la sua vita per il prossimo”. (Detti dei Padri) Talora, vinti dalla nostra superbia o dalla nostra incapacità di pazienza, poiché ci rifiutiamo di educare la nostra condotta sregolata e disordinata, ci lamentiamo di aver bisogno di solitudine, come se là, non essendoci più nessuno che ci provoca, potessimo trovare subito la virtù della pazienza; e così, cercando di scusare la nostra negligenza, diamo a intendere che il nostro turbamento non dipende dalla nostra mancanza di pazienza, ma dai difetti dei fratelli. Ma finché continueremo ad addossare ad altri le cause del nostro errore, non riusciremo mai a raggiungere la meta della pazienza e della perfezione! (Giovanni Cassiano)
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LO SPIRITO GAGLIARDO Molte volte la nostra vita ci porta ad affrontare delle situazioni che noi non sceglieremmo mai, se solo avessimo il potere di decidere tutto di noi, e di frequente anche degli altri. La nostra famiglia di San Vigilio all’inizio di quest’anno accademico ha un bel po’ “tribolato”, prospettandosi la necessità per la Comunità delle nostre Suore Figlie della Chiesa di chiudere baracca per “mancanza di personale”, vista la malattia di Sr. Lucia e di Sr. Rita. Della Comunità creata lo scorso anno rimanevano dunque solo Sr. Elisa e Sr. Onorina. Allo straziante incontro di fine ottobre hanno partecipato Sr. Maria Ferri, Vicaria Generale, e Sr. Piera Giorgi. Le due Suore inviate dalla Madre hanno portato la Comunità a conoscenza della sofferta decisione di “sacrificare” la realtà di Siena. Durante l’incontro, il dialogo aperto e franco, le ragioni meditate portate da noi e l’accoglienza di esse da parte delle suore hanno fatto cambiare qualcosa. Senza poter promettere nulla ci hanno assicurato che la questione sarebbe stata ripresa in esame. Lo Spirito Santo ha soffiato gagliardo: gagliardo Sr Rita rientrava a Siena i primi di novembre. Alla fine del mese Sr. Maria e Sr. Piera sono tornate ed hanno ufficialmente “data per salva” la nostra famiglia di San Vigilio, assicurandoci anche dell’arrivo a breve di una nuova Sorella. Eh, quando lo Spirito opera e sconvolge… sconvolge Vi riporto stralci della lettera del Rettore Don Roberto Bianchini e dei ragazzi della Cappella Universitaria alla Madre Generale dell’Istituto Maria Teresa Sotgiu in cui è ben chiara l’identità della nostra realtà di Chiesa e il ruolo indispensabile delle nostre Suore all’interno di essa.
“… ci rivolgiamo a Lei per sottoporre alla Sua attenzione lo stato della nostra Comunità: una Chiesa fatta di giovani, tanti giovani universitari universitari, che in questi quasi vent’anni hanno potuto conoscere Gesù, avvicinarLo, servirLo, amarLo, farne la guida della propria esistenza. Tanti di noi hanno vissuto la loro esperienza di studi qui a Siena come la più preziosa e formativa della loro vita. vita Tutto questo non sarebbe accaduto senza la presenza delle nostre Suore che quotidianamente accompagnano le nostre giornate. La loro mancanza, infatti, decreterebbe la morte della Cappella Universitaria e dunque delle sue innumerevoli attività: accompagnamento spirituale, catechesi, lectio divina, adorazioni mensili, corsi di cresima, corsi per fidanzati, cineforum, giornalino, gruppo di lettura, conoscenza delle realtà monastiche, sostegno quotidiano, coro, gruppo liturgico e l’associazione missionaria (AmBoMo). La necessità di scriverLe, dunque, è originata dalla consapevolezza dell’IMPORTANZA IMPORTANZA che la Vostra casa ricopre qui a Siena. Noi siamo il presente, perciò l’accoglienza, la familiarità, la convivialità, la conoscenza, l’amicizia è già avvenuta e certo, ci piacerebbe rimanesse tale, ma il nostro è un appello per le future generazioni di studenti qui a Siena; un appello per consentire di preservare un tesoro inestimabile che la Vostra Comunità rappresenta per la nostra città: un luogo di conversione, preghiera, amicizia, collaborazione, sostegno spirituale; in poche parole una vera e propria famiglia dalla quale la presenza delle suore è inscindibile.” In questa esperienza sconvolgente abbiamo senza dubbio conosciuto e vissuto concretamente la maternità della Chiesa, ci siamo resi consapevoli dei tesori che coronano la nostra vita e la nostra Comunità per la quale vogliamo continuare a sognare… proprio come Giuseppe d’Egitto (Gen, 37-50), e a cogliere quel germe di Provvidenza che, per grazia, non ci lascia proprio in pace! ■
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AMICI IN TRASFERTA... La
Cappella
Universitaria ogni
anno ci regala un sacco di emozioni: gite, visite... ma per la prima volta dopo il lavoro di tutto un anno intero siamo andati insieme in vacanza sulle Alpi bergamasche. Eravamo una quindicina di ragazzi, Don Roberto, Zia Iva e Suor Rita. L’esperimento ha avuto successo. Per la maggior parte di noi, “gente di mare”, è stata un'esperienza completamente nuova. Non sempre tutto è stato agevole: i sentieri erano spesso accidentati, molto stretti e irti, pieni di sassi e radici. Nonostante ciò, nessuno si è lamentato troppo, nè è rimasto indietro. Anche Anna, benchè non omettesse mai occasione di dire quanto odiasse la montagna, camminava con noi ignorando il dolore al ginocchio. Dopo giornate piene di avventure trascorrevamo serate molto tranquille. Dopo cena si cantava la
Sabato
compieta, poi si andava al bar a prendere la cioccolata calda (brr... quanto faceva freddo di sera!) oppure si giocava a carte. Nonostante fossimo sempre in movimento e respirassimo aria fresca, non abbiamo perso i chilogrammi in eccesso. Quando c’è Fabrizio come chef è impossibile dimagrire! Addirittura un giorno sono venuti a trovarci i parenti di Suor Rita portando le specialità trentine: la polenta, le salsicce, i crauti, lo strudel e un delizioso liquore al caffè. La vera sfida è stata salire al rifugio Coca: non tutti erano abbastanza coraggiosi da accettarla. Ma quelli che hanno deciso di andare non l’hanno rimpianto! Raggiunto il rifugio la vista era davvero mozzafiato. Le foto non riescono a rendere a pieno la bellezza del paesaggio, anche se Fabio, il nostro fotografo ufficiale, è stato veramente bravo. Ne potete aver prova visitando il sito della Cappella: http://www.capunisi.it/ Foto.htm. ■
16 e domenica 17 ottobre la Cappella Universitaria ha ufficialmente riaperto i
battenti con la gita di amicizia a Padova e Venezia. A notte ancora fonda la nostra allegra compagnia ha intrapreso il viaggio in pullman; giunti a Padova, una veloce visita alla basilica del Santo (così tutti in città chiamano Sant’Antonio) per poi proseguire alla volta di Venezia! Il tempo non ci è stato del tutto propizio: una pioggerellina costante ha accompagnato tutta la nostra permanenza nella città dell’amore; l’acqua alta in Piazza San Marco ha letteralmente inzuppato alcuni di noi che erano alla ricerca di cibo per il pranzo e il vento ha reso avventurosi i nostri spostamenti in battello verso l’isola di San Lazzaro degli Armeni, tappa significativa per il nostro percorso di conoscenza della storia e della cultura armena. Nonostante parecchi di noi già l’indomani mattina abbiano accusato febbre, raffreddore,…credo che per tutti il bilancio sia stato: è valsa davvero la pena aver visto la luminosissima chiesa di San Marco e la sua piazza e camminare per le “calli”. C’è stata la possibilità per alcuni di rivedere, per altri di conoscere il vecchio don della Cappella Roberto Donadoni. Abbiamo staccato per due giorni dai pensieri e dalle occupazioni quotidiane per stare in compagnia di vecchi e nuovi amici. ■
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QUANTI VOLTI HA L’AMORE? Il gruppo missionario della Cappella Universitaria ne ha individuati tre e li ha trasformati in progetti per la tutela di quei diritti che costituiscono la base della crescita socio-economica di ogni nazione: il diritto all’istruzione, alla salute e al lavoro. “L’AMORE ISTRUISCE”: attraverso questo progetto l’Associazione si impegna ad erogare ogni anno lo stipendio ad un insegnante che lavora presso una scuola indiana dell’Andra Pradesh. Il coordinatore locale del progetto è Don David Sebastian: grazie alla sua preziosa collaborazione l’Am.Bo.Mo. è riuscita a realizzare in tre anni una scuola professionale di taglio e cucito e di meccanica nello sperduto villaggio di Veerapalle. GUARISCE”: il progetto ha come obiettivo quello di sostenere l’ambulatorio medico che “L’AMORE GUARISCE” l’Associazione Amici della Bolivia e del Mondo ha portato a termine nel 2004 a La Paz con la preziosa collaborazione delle suore Figlie della Chiesa in Bolivia. L’Am.Bo.Mo. si impegna ad acquistare materiale sanitario per l’ambulatorio e ad “adottare” un medico garantendogli lo stipendio che corrisponde a 130 euro mensili. “L’AMORE COSTRUISCE”: il progetto è finalizzato alla costruzione di casette in muratura nell’Amazzonia Boliviana. I tempi di attuazione si aggirano intorno ai due mesi e il costo di ogni casetta è di circa 3.000 euro. Il progetto assume una grossa importanza sia dal punto di vista sociale che economico in quanto garantisce l’incolumità delle persone e contribuisce fattivamente allo sviluppo dell’economia locale. L’Amore è anche gratitudine: è per questo che desideriamo esprimere il nostro grazie a tutti coloro che, in Italia e nelle terre di missione, attraverso gli Amici della Bolivia e del Mondo, sostengono e alimentano l’Amore! ■ Associazione AMICI DELLA BOLIVIA E DEL MONDO ONLUS C.C.P. 35745660 - IBAN: IT 91 B 07601 14200 000035745660
Fare un’esperienza di volontariato e partire in pellegrinaggio a Lourdes sono state per anni soltanto dei desideri che finalmente nello scorso settembre ho avuto la gioia di avverare assieme. Ho vissuto una straordinaria esperienza di vita con l’UNITALSI. Siamo partiti con il treno dei malati alla volta di Lourdes. Vivere Lourdes da dama o da barelliere penso che vada oltre il pellegrinaggio in sé in un posto santo. Per una settimana ho vissuto dimenticandomi di tutto quanto costituisce la mia vita quotidiana: è stato incredibile e inaspettato come nessun pensiero e nessuna preoccupazione mi abbiano mai assalita! Certo, è stata una settimana frenetica, scandita in ogni istante, ma anche nei momenti di raccoglimento la mia mente era sgombra da qualsiasi cosa: è
come se la mia vita si fosse concentrata in quella settimana a Lourdes. L’atmosfera che avvolge tutto è molto confidenziale, sia i rapporti con gli altri volontari che con i malati. Più volte mi sono ritrovata a parlare a lungo con un malato o un parente; raccontavano la loro storia, chi con il sorriso, chi con le lacrime, ma tutti con una gran fede. Storie incredibili! Anche io a tante persone, viste per la prima volta, ho raccontato di me. Questa è Lourdes! È un dare e ricevere interminabile. Non sei tu volontario che “dai”, ma sono gli altri, quelli che tu porti in carrozzina, a darti la forza con il loro sorriso, il loro affetto, la loro voglia di vivere. E tu faresti di tutto per farli felici e non far dimenticare loro di questo viaggio. È stata una meraviglia trovarmi davanti alla Madonna, la fonte, la grotta con quella roccia ormai lisciata dai tanti pellegrini. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita “nella volontà di Dio”! ■
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PERCORSI PANORAMICI DELLO SPIRITO Tecnicamente è un tempo dedito alla lettura della parola di Dio, scelta e ordinata secondo percorsi tematici, con relative meditazioni e riflessioni personali. In pratica, apre contesti di pace e natura che favoriscono tranquillità e bellezza; luogo e silenzio ne costituiscono elementi indispensabili. Questi sono gli esercizi spirituali. Nessuna apparizione o segno visibile dal cielo, solo attenzione e apertura di cuore. Tutto assume specialità. La gioia delle e nelle piccole cose. L’eventuale d i s i n t e r e s s e , umanamente in agguato, è travolto dall’unico scopo: la presenza di Qualcuno di più grande. Il presupposto fondamentale è certamente la presenza della fede; tuttavia, pur in mancanza di questa, esercitarsi nello spirito consente di godere della compagnia di se stessi, ascoltare il proprio silenzio, dare forma e colore ai propri pensieri. Tutto ciò è solo una delle tante “strade interiori” che qualche giorno di riflessione e preghiera, anche inconsapevole, è in grado di tracciare. L’apertura di sé a nuovi scenari, senza pregiudizio, è lo strumento ideale per assaporare i percorsi panoramici dello spirito di cui è fatto, in parte, un esercizio spirituale; per coglierne il resto è necessario farne esperienza. ■
Per gli esercizi spirituali di quest’anno c’è stata l’opportunità di calarsi nella storia di Giuseppe e i suoi Fratelli. Qualora voleste immergervi in questo “percorso panoramico dello spirito”, vi offriamo alcune Fratelli proposte per la riflessione: riflessione 1) La fraternità violata (Gen 37) Per approfondimenti: Gen 4,1-16 (Caino e Abele); Ger 38 (Geremia nella cisterna); Gv 13,21-30 (uno di voi mi tradirà); Gv 16,31 (Vi disperderete e mi lascerete solo); 2) La fraternità alla prova (Gen 39) Per approfondimenti: Gen 3 (la caduta); Gen 34 (la violenza a Dina genera altra violenza); 1Cor 6,12-20 (il corpo è per il Signore); 3) La fecondità nell’afflizione (Gen 41,52) Per approfondimenti: Is 52,13-53,12 (il quarto canto del servo: il giusto mio giustificherà molti); 2Mac 7 (il creatore dell’universo vi restituirà la vita); Rm 5,1-11 (ci vantiamo anche nelle tribolazioni); 4) La fraternità restaurata (Gen 45) Per approfondimenti: Lc 6,27-43 (sarete misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso); 1Gv 2,3-11 (chi ama suo fratello rimane nella luce); Lc 15,11-32 (bisogna far festa e rallegrarsi) 5) Il sogno della fraternità possibile (Gen 50) Per affrofondimenti: Fil 2,5-11 (svuotò se stesso assumendo la condizione di servo); Gv 13,1-20 (anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri); Gv 15. -12 (amatevi gli uni gli altri).
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DON FRANCESCO E LA TRADIZIONE Don
Francesco Ramella, 26 anni, sacerdote della diocesi di Albenga-Imperia era un
ragazzino delle scuole elementari quando ha avvertito il desiderio di seguire il Signore Gesù sulla via del Sacerdozio; desiderio che, sebbene espresso con la semplicità propria di quell’età, ha suscitato da subito una determinazione tale da crescere ed orientare le scelte importanti della sua vita. Oggi è un sacerdote che celebra la Messa in rito tridentino, per cui abbiamo voluto porgli alcune domande: Quali sono state le esperienze che l'hanno avvicinato alla liturgia tridentina? Nella mia infanzia ho sempre e solo partecipato alla liturgia nuova. Guardandomi intorno, però, capivo che in precedenza le cose dovevano essere differenti: cosa ci faceva un altare marmoreo monumentale dietro a quello in uso? A cosa servivano quei bellissimi paramenti gelosamente custoditi nei cassetti? Tutto ciò mi ha spinto a scoprire la liturgia antica. Nella sua personale esperienza di sacerdote che celebra la Santa Messa in rito tridentino, cosa ci può dire riguardo i fedeli? Si sentono attratti? Molto dipende dal modo in cui si presenta loro il rito. Se in precedenza ne viene spiegato il significato e il valore, fornendo opportuni supporti per partecipare alla liturgia e si avvalora la celebrazione con la cura dei gesti liturgici e del canto, la reazione dei fedeli è generalmente favorevole. Quali sono, secondo Lei, le differenze tra la liturgia moderna e quella tridentina? La liturgia antica, “canonizzata” da San Pio V ma riconducibile ai primi secoli della Cristianità latina, “parla” attraverso un linguaggio profondamente simbolico, e per ciò stesso “mistico”, capace di avvicinare l’uomo al soprannaturale in modo immediato; ciò appare meno evidente nella struttura prevalentemente didattica della liturgia moderna. Inoltre, la liturgia antica esalta mirabilmente l’aspetto più alto della Santa Messa, cioè il valore sacrificale. Negli ambienti ecclesiastici si parla talvolta di ciò che il Santo Padre pensi riguardo l'uso della liturgia preconciliare. Egli stesso ha permesso che si potessero svolgere queste liturgie in comunità che le richiedevano esplicitamente; pensa che andremo verso una ripresa di questo modo di celebrare la Santa Messa? Credo occorra muoversi in un duplice senso. Da un lato è doveroso conservare e tramandare quanto abbiamo ricevuto dalla tradizione. La liturgia antica deve essere approfondita, amata e diffusa come un’eredità importante che conserva tutta la propria freschezza e importanza. Dall’altro è necessario fecondare la liturgia moderna con quegli apporti irrinunciabili che essa può accogliere dalla forma antica. Spesso si sente il bisogno di un rinnovamento della liturgia che renda il rapporto verso Dio meno orizzontale e più verticale. Quali sono le sue idee a riguardo? La liturgia tradizionale è uno strumento potente per il rinnovamento della vita spirituale della Chiesa e, conseguentemente, è una delle risposte più efficaci alla secolarizzazione del mondo contemporaneo. Dinanzi al “pensiero debole” che, alla stregua di un platonismo decadente, relega il Trascendente sempre più lontano da sé fino a dimenticarlo, nessuna risposta può essere più efficace della liturgia che rendere Dio realmente presente tra gli uomini. Per ulteriori dettagli cliccate su: http://www.mtvnews.it/1-storie/lastoria-di-don-francesco/ ■
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ANTONIA ARSLAN E IL GENOCIDIO ARMENO Si può dimenticare un genocidio? Sai cosa disse Hitler ai suoi generali per convincerli che il suo piano non poteva suscitare obiezioni? Qualcuno al mondo si è accorto dello sterminio degli Armeni?
Quale modo migliore per iniziare a parlare di questa orrenda tragedia se non con questa frase del film “Ararat - Il monte dell'Arca”, un’ammissione di ignoranza chè tutt’oggi in pochi sanno quale è stato il primo genocidio della storia e cosa ha voluto dire per il popolo che lo ha subito. Noi invece ne abbiamo parlato con Antonia Arslan, Arslan la scrittrice che grazie al successo del suo bestseller, La masseria delle allodole, ha fatto conoscere a molti questa storia. E’ questo un romanzo di rara bellezza, ricco di coinvolgente pathos narrativo e umano ed erige, quello che a me piace chiamare un piccolo monumento letterario di civiltà e poesia insieme. Perché quando si denuncia un massacro nel modo in cui lo fa l’Arslan, con dignità e misura, si è poeti civili. E gli scrittori italiani che possono definirsi in questo modo sono talmente rari che è proprio questa caratteristica, la rarità, a renderli preziosi. Si trattò, senza alcun dubbio, di una straziante tragedia dell’innocenza, e lei, dando voce ad alcuni singolari protagonisti, perlopiù vissuti realmente, l’ha saputa raccontare con grande intensità e passione, ma senza rabbia né voglia di vendetta. Si possono perdonare delitti del genere?
Perdonare si deve. Il tempo fa sì che le cose passino nella loro drammatica intensità. Però non si può perdonare l’oblio. Non si può perdonare che non se ne parli più, che sul genocidio armeno si sia steso un velo di cinquant’anni. Questa, per me, è una lotta da combattere.
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Perché il governo di Washington si rifiuta di riconoscere a tutt’oggi il genocidio?
Per l’attività strenua, enorme e abile della diplomazia turca. Per un atteggiamento sbagliato, il Governo turco ancora nega l’esistenza del genocidio, in questo modo cancellando una parte della propria memoria. Io penso che farebbe bene anche alla Turchia riconoscere questi tragici eventi. Non ci sarebbero rivendicazioni economiche, ormai è passato tanto di quel tempo. Riguardo agli Stati Uniti c’è da dire che l’alleanza con la Turchia è solida e non si vuole offendere l’alleato. E’ mai stata in Anatolia orientale? No, non ci sono mai stata. Ho avuto invece la soddisfazione incredibile di essermi sentita dire da uno nato lì che avevo interpretato benissimo la realtà, i profumi, gli odori, i colori dell’Anatolia. Quale chiave di lettura ci offre perché possiamo capire l’accettazione del silenzio da parte degli Armeni scampati al Metz Yeghérn? Sono persone che sono state traumatizzate due volte. La prima per le terribili cose che hanno vissuto: quando sei l’unico sopravvissuto di gruppi di duecento persone è proprio un miracolo che tu riesca a essere una persona normale, eppure si sono costruiti una vita ecc. Però, bisogna anche ricordare che questa gente ha subito con il Trattato di Losanna del 1923 una seconda deportazione e persecuzione; la loro mente si è come atrofizzata. Perché di fronte ad un trattato di pace che non usa neanche la parola Armeni, che non dice agli armeni diamo poco o diamo nulla, ma non li nomina proprio, si sono sentite persone non esistenti, fuori posto dovunque. Che a parlare delle loro tragedie, la gente avrebbe riso piuttosto che pianto. ■
IL DIRITTO DI DIVENTARE GRANDI Chiudiamo gli occhi e pensiamo ad una cosa che vorremmo comprare: una borsa, un orologio, un profumo. Noi, abituati al “tutto e subito”, siamo capaci di allontanarci almeno per qualche minuto dalle nostre abitudini e dai nostri agi?
Il nostro viaggio tra i diritti umani comincia in Ecuador dove disuguaglianze sociali su base economica, geografica ed etnica impediscono a molti bambini di avere assistenza sanitaria, istruzione e protezione sociale. La nostra guida è Valentina, un’amica della Cappella e dell’Associazione AmBoMo. Attraverso foto e racconti, Valentina ci accompagna al confine con la Colombia, nella provincia di Esmeraldas per le strade di San Lorenzo, un’area in cui le problematiche di emarginazione e povertà sono tra le più acute dell’Ecuador. Qui le popolazioni risentono delle conseguenze del conflitto interno colombiano, dell’insicurezza e del clima di violenza causato della presenza di narcotrafficanti. Dal punto di vista sanitario l’Ecuador, come tutti i Paesi in via di sviluppo, si trova a dover affrontare vecchie e nuove sfide: non solo deve lottare contro le cosiddette “malattie della povertà e dell’emarginazione” come malaria, malnutrizione e tubercolosi, ma deve anche riuscire a superare ostacoli di carattere igienico, socio-economico ed ambientale che come un circolo vizioso sono le principali cause delle malattie e della mortalità infantile. Infatti, la scarsa copertura dei servizi di base è dovuta anche alla difficoltà di raggiungere le numerose comunità sparse lungo le sponde dei fiumi e alla mancanza di un personale capace di individuare ed affrontare problemi emergenti. Ciò che pesa in maniera particolare, però, è l’assenza dello Stato e delle sue Istituzioni. Per questo la Chiesa, ONG (organizzazioni non governative), imprese private e governi locali hanno dato vita a progetti di sostegno alle popolazioni per garantire i diritti fondamentali dei bambini e degli adolescenti. Il programma di cui fa parte Valentina, per conto dell’ospedale Mangiagalli di Milano, prevede l’acquisto di strumenti e farmaci salvavita, la diminuzione dei livelli di mortalità materna ed infantile e la formazione dei “promotori de salud”. Queste figure professionali, oltre a svolgere funzioni “burocratiche” come la registrazione dei dati relativi ai pazienti, indicano metodi di prevenzione, riconoscono i principali segnali di rischio delle malattie più frequenti e diventano i referenti basilari delle comunità ai quali rivolgersi per problemi di salute. Ti si stringe il cuore quando sai che fondi di bottiglie di plastica vengono utilizzati come maschere d’ossigeno per i neonati, che i bambini dormono su un’amaca posta in alto per proteggerli dagli animali perché non hanno un letto, che bambini di sette anni lavorano nei campi oppure si prendono cura dei fratellini più piccoli invece di andare a scuola ma sono felici perché hanno una ruota vecchia con cui giocare e dell’acqua per potersi lavare. Le scuole migliori, infatti, sono quelle private, mentre le pubbliche non garantiscono un’istruzione adeguata. Proviamo adesso a chiudere gli occhi. Cosa desideriamo? Io desidero che questi bambini crescano in salute. E tu? ■
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Muuuu uu...
a (BG) al Serian V a ic m ora gna: pan in monta Vacanza
Lagh etto del rifug io Cu rò
Cibo!!!!!
Valbon dione (B G) durant e le “sc alate” ne...” monta ie iz ic Am
Valbondio ne (BG)
Amiata : Monte 0 1 0 2 a t a Castagn
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Visita alla Cantina Banfi, Montalcino
Basilic Gita d ’Amic a di S izia: an Ma rco, V enezia
l’Isola to verso Vaporet E) (V azzaro di S a n L
Esercizi Spiritua li 2010: Pienza
Pienza 2010
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RAVE PARTY Cogliere
il battito dell’universo, lanciare un messaggio personale, far sentire la propria
presenza, esprimere un linguaggio dei corpi, stare insieme a ballare fino allo sfinimento. E’ questa la convinzione che porta centinaia di migliaia di giovani a riunirsi in luoghi isolati per dare vita a quello che può essere definito un sabba dei nostri giorni, una danza sfrenata nella quale tutti i partecipanti sono come immersi in uno stato di trans annientante. Non si tratta di una danza delle streghe né di un rituale dionisiaco, ma di una manifestazione dominata da una musica spacca timpani in cui le singole individualità si dissolvono per divenire una massa amorfa, avvolta dalla dimensione musicale techno, house, drum and bass o hardcore. Quello che conta è lasciarsi trasportare dal ritmo, svuotare la propria testa e naturalmente alimentare la sensazione di armonia con se stessi e con il mondo tramite il consumo di alcool e di droghe: ecstasy, anfetamina e ketamina sono tra le più usate. Fin dalla sua nascita, alla fine degli anni ottanta, il rave party ha alla base la trasgressione e l’impulso alla liberazione dell’individuo come forma di contestazione politica e come denuncia delle difficoltà economiche e sociali. I primi rave parties ebbero luogo negli stabilimenti industriali abbandonati della metropoli statunitense di Detroit. Ma fu soprattutto in Gran Bretagna che essi assunsero la forma di feste illegali: nel Regno Unito, infatti, la nascita delle luci psichedeliche e un maggiore consumo di droghe, determinò l’apertura di un nuovo teatro per i ravers: le strade, da cui la denominazione di “Streets Rave Party”. In questa manifestazione il corteo danza per le strade dietro carri in cui troneggiano i sound systems. La musica, dura e martellante, esprime il legame con la realtà urbana; essa è infatti, una riproduzione di suoni quali antifurti, sirene, macchinari industriali. Tutto sembra rispondere al tentativo di sentirsi diversi e padroni della vita. La mistica unione alla quale aspirano alcuni giovani è quella della “libertà assoluta” che non conosce ostacoli nemmeno quando questi sono rappresentati dalla morte, come è accaduto a Duisburg, in Germania, alla fine dello scorso mese di luglio dove, nel corso di una Love Parade, venti persone sono rimaste travolte dalla massa dei giovani che, come ipnotizzati, hanno continuato il loro rituale di libertà, senza alcuna consapevolezza del destino dei loro compagni. Il divertimento, nel senso etimologico della parola divergere, significa “fare qualcosa di diverso”, ma se la distrazione deve essere pensata come il proiettarsi in una dimensione che crea l’illusione di essere immortali, unici, senza alcuna considerazione per i singoli che ci stanno accanto, allora l’unica realtà che possiamo constatare è quella di un vuoto opprimente in cui i giovani vivono e che si illudono di colmare. “Amo chi rinserra nel silenzio la forza della letizia”: questo secondo il poeta francese Bonnefoy corrisponde al raggiungimento della vera libertà, all’autentica forza dell’individuo. La capacità di ascoltare il silenzio e la riscoperta di se stessi sono armi utili per affrontare i momenti di vuoto e di insoddisfazione, così come la pratica di un divertimento più sano ed edificante. ■
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AMARE SE STESSI “La tua vita è fatta per amare ed essere amato”. Quante volte ci sentiamo dire queste parole? Sono poche però le volte in cui ci fermiamo a riflettere sul fatto che la radice dell’amore sta nell’amare se stessi: questa è la vera e unica essenza dell’amore! Chi riesce ad amarsi, diventa amabile. Molti studiano il corpo umano e le sue mirabili prestazioni, ma pochi si fermano a contemplare, lodare e ringraziare il Creatore per tanto prodigio. Il punto cruciale è perdonare e perdonarsi, dare e ricevere perdono, a partire da chi ti ha dato la vita e, magari, non ti ha amato a sufficienza o addirittura ti ha fatto del male. Come saprai di amare veramente te stesso? Quando sospenderai ogni giudizio-confronto e ti abbandonerai alla sola contemplazione di te e degli altri; quando scoprirai che la bellezza emerge da ogni corpo; quando avrai disinnescato ogni competizione che alimenta quella miscela esplosiva chiamata “complesso di inferiorità”, fonte di invidie, gelosie e odio! Ci concentriamo sempre su tutto ciò che “non va”; ci lamentiamo ogni qualvolta che le cose non vanno come avevamo programmato… tutto ciò non è altro che perdita di tempo! Proprio così: noi perdiamo il nostro tempo consumando parole inutili, dando importanza a cose futili e illudendoci che noi siamo padroni del nostro destino e che siamo noi a decidere come e quando star bene! Tutto ciò ci porta ad una continua lotta con noi stessi seguita da un’incessante insoddisfazione. Allora ti dico: fermati… rifletti… amati amati! Trova la serenità e la pace dentro di te e vedrai come una gioia immensa si impossesserà di te e, allora, solo allora, riuscirai a trasmetterla agli altri! La felicità non sta al di fuori di noi e noi non possiamo amare se non a partire da noi stessi, ricordandoci che il Paradiso è dentro di noi! Sarà una lotta dura e difficile, ma quando si ha la consapevolezza che ne vale la pena, allora dentro di noi nascerà una forza così grande che nessuna sconfitta sarà in grado di battere! Concludo con un piccolo pensiero: “Che oggi tu possa avere la pace
interiore. Possa non dimenticare le infinite possibilità che nascono dalla fede in se stessi e negli altri. Possa tu utilizzare i doni che hai ricevuto e trasmettere l'amore che ti è stato dato. Possa essere contento con te stesso proprio per come sei. Che questa consapevolezza possa stabilirsi nelle tue ossa e donare alla tua anima la libertà di cantare, ballare, danzare, pregare e amare. L’amore è lì per tutti e per ciascuno di noi” ■
Una poesia per riflettere: Ama la vita così com'è Amala pienamente, senza pretese; amala quando ti amano o quando ti odiano, amala quando nessuno ti capisce, o quando tutti ti comprendono. Amala quando tutti ti abbandonano, o quando ti esaltano come un re. Amala quando ti rubano tutto, o quando te lo regalano. Amala quando ha senso o quando sembra non averlo nemmeno un po’. Amala nella piena felicità, o nella solitudine assoluta. Amala quando sei forte,
o quando ti senti debole. Amala quando hai paura, o quando hai una montagna di coraggio. Amala non soltanto per i grandi piaceri e le enormi soddisfazioni; amala anche per le piccolissime gioie. Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe, amala anche se non è come la vorresti. Amala ogni volta che nasci ed ogni volta che stai per morire. Ma non amare mai senza amore. Non vivere mai senza vita!
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RADIOGRAFIA DI UNA DISTORSIONE: BAMBINI IN TV Ballano, cantano, sono spiritosi ed arguti. Sono i bambini in tv, ormai veri e propri “animali” da palcoscenico in questo 2010. All’ormai conosciuto “Chi ha incastrato Peter Pan?” di Paolo Bonolis, si sono aggiunti “Io canto” condotto da Gerry Scotti e “Ti lascio una canzone” di Antonella Clerici. Li guardi atteggiarsi, ormai abituati alle telecamere, con movenze da adulti. La timidezza non si intravede neanche per un attimo, sono sfrontati, impertinenti, brillanti. Ma è eticamente giusto tutto questo? Un bambino in televisione, privato della spensieratezza dell’infanzia, sottoposto a faticose prove, fa dormire sonni tranquilli ai genitori? In principio i bambini frequentavano il piccolo schermo magari in occasione dello “Zecchino d’Oro”, ma trattasi di programmi ben differenti. La rassegna canora di musica per l’infanzia è appunto un programma in cui i pargoli sono i soli protagonisti. Le canzoni sono interpretate da bambini ed i temi trattati sono quelli che caratterizzano quell’età. Ora è tutto diverso. L’esibizione dei bambini ormai non è più solamente diretta all’universo chiuso dei loro coetanei. Una piccola che danza sulle note di “Waka waka”, un altro –il tredicenne Cristian Imparato- che canta brani di artisti famosi o si esercita in duetti con Giorgia e Zarrillo. Ammiccano al mondo dei “grandi”, dei lustrini e delle paillettes, delle celebrità. In un mondo dove se non appari sullo schermo sembri non esistere. Parafrasando la celebre locuzione di Cartesio “cogito ergo sum”, penso quindi sono, direi che viviamo in un mondo dominato dalla logica del “video ergo sum”, sum” essere (qualcuno) o semplicemente essere e basta solo in quanto video-trasmessi. Colpevolizzare i produttori ed i conduttori di questi programmi è fin troppo facile, ma tutto sommato inutile. Business as usual, usual si direbbe per rendere l’idea. La logica del mercato e del denaro fa sì che nuove fasce d’età vengano sempre più “narrate” dalla televisione. Al di là del ragionamento di carattere economico, è da sottolineare l’arrivismo miope dei genitori di questi piccoli, incuranti delle ripercussioni su una normale vita d’infanzia. Pochi anni fa, ma sembra un’eternità, la Rai proponeva un programma come “Solletico”, destinato ai bambini, ma che comunicava un messaggio educativo, mostrando, ad esempio, la preparazione di dolci. Dando un’occhiata ad un fortunato cartone del momento, “A tutto reality”, sono rimasto molto colpito. Sembra quasi che si voglia plasmare la mente ai futuri concorrenti di domani. Ci vorrebbe pedagogicamente una televisione di bambini per bambini. Non si deve trasmettere la fretta di diventare adulti, o presunti tali. L’infanzia è un’età della vita fatta di mille quotidiane scoperte. Della felicità legata a piccole cose. Se la televisione presenta programmi con bambini–adulti o non più bambini, si distrugge l’innocenza dell’essere fanciulli. Il mondo incantato, da “Mulino Bianco” che queste trasmissioni comunicano non è la realtà. Sorridere a causa dell’esibizione della bambina danzante sopracitata mi sembra simile al riso provocato dagli animali nel circo. La tv dei “grandi” è già fin troppo malata tra Grandi Fratelli, Isole, X-Factor di vario genere. Non lasciamo che nel pentolone del diseducativo finiscano anche i bambini. ■
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ABBAZIA DI SANT’ANTIMO Tra
i monumenti più suggestivi che si possono visitare nella provincia di Siena rientra
sicuramente l'abbazia di San'Antimo, situata nella valle Starcia nei pressi del borgo Castelnuovo dell'Abate (comune di Montalcino). L'abbazia, secondo una famosa tradizione, venne costruita nel 781 per volontà dell'imperatore Carlo Magno, anche se la documentazione certa si ha solo a partire dal 814 con un atto di Ludovico il Pio (re dei Franchi) con il quale si attribuirono doni e privilegi alla chiesa di Sant'Antimo. La leggenda infatti narra che Carlo Magno ordinò la costruzione della chiesa per la grazia ricevuta, chiesta da lui stesso per fermare il flagello della peste che colpì il suo l'esercito in ritorno da Roma sulla via Francigena. Dopo qualche difficoltà finanziaria del IX secolo, l'abbazia divenne poco a poco fiorente fino a raggiungere il suo massimo splendore nel XII secolo, quando il conte Bernando Ardensgheshi donò all'abbazia il suo intero patrimonio. Se volete raggiungere l'abbazia da Siena, dovete prendere la Cassia e raggiungete la meta in un’oretta di auto. Per chi volesse invece prendere una strada più lunga ma più paesaggistica o addirittura per chi fosse amante del ciclismo e si volesse addentrare in posti naturalistici, può prendere la strada provinciale 46 che passa per Murlo. Io ho percorso in bici parte di quest'ultimo itinerario, con il quale è possibile raggiungere anche altri splendidi luoghi di interesse come il borgo medievale di Vescovado di Murlo. Una volta arrivati a Buonconvento si svolta poco dopo per Montalcino e si prosegue fino ad arrivare nella deserta valle di Starcia dove domina l'abbazia. Ci si accorge subito che la splendida struttura è costruita in travertino. La facciata molto semplice ha una monofora asimettrica sormontata da una bifora ed in basso ha il portale con l'architrave che porta inciso il nome dell'architetto della chiesa: il monaco Azzo. L'interno della chiesa è a tre navate divise a colonne che ad ogni gruppo di tre si alternano con un pilastro cruciforme. Il tetto della navata mediana è a travature scoperte mentre le navate laterali hanno volta a vela. In fondo alla navata sinistra c'è il campanile ed invece in fondo alla navata destra si entra nella sagrestia che presenta affreschi del XV secolo. Quella che oggi è la sagrestia era in antichità la cappella carolingia che venne costruita successivamente alla principale struttura abbaziale, nel 1117. Oggi l'abbazia rimane uno dei monumeti più importanti di stile romanico del territorio toscano. La splendita struttura e il paesaggio incontaminato in cui è situata rendono questo posto affascinante e mistico che il visitatore ne rimarrà quasi sicuramente affascinato. Una paio di curiosità: nel 1971 venne girato nell'abbazia di Sant'Antimo il film “Fratello sole e sorella luna” di Franco Zeffirelli e negli ultimi anni la comunità di Sant'Antimo ha registrato alcuni cd di canto gregoriano che accompagna le liturgie. Per chi volesse vedere anche le foto che ho scattato negli altri luoghi, oggetto degli articoli scorsi della rubrica “A spasso per”, può visitare: http://rubricaspassoper.blogspot.com . Buona visione e buon giro a tutti! ■
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CIOCCOLATO: IN FONDO NON FA COSI’ MALE! Ma quanti anni ha? Tantissimi! Agli Aztechi risalgono bevande a base di cacao, utilizzate al posto del vino (riservato solo alle occasioni speciali); i Maya, inoltre, usavano il cacao come moneta: barattavano semi di cacao con vestiti e sale. E in tempi lontani, per la contentezza dei più piccoli, del cioccolato si è anche fatto un medicinale per curare la tosse! E, ovviamente, ancora oggi il cacao continua a riscuotere gran successo: nei film Lezioni di cioccolato, La fabbrica del cioccolato, Chocolate e in numerosi eventi, primo fra tutti l’ Eurochocolate a Perugia. In fondo bastano qualche seme di cacao, zucchero, latte, nocciole, mandorle e la giusta dose di un misterioso aroma ed ecco che l’alimento tanto amato prende forma. E come si fa a privarsene? E’ ottimo a colazione con una fetta di pane, così come qualche spot pubblicitario insegna, e anche a merenda: una buona tazza di cioccolata calda, soprattutto se in compagnia di qualche amica, permette a quei pomeriggi a base di lunghe chiacchierate di raggiungere l’optimum, proprio come Carole Matthews racconta nel suo libro The Chocolate Lover's Club. Ma… ahimè, quando si tratta di regimi alimentari controllati è il primo alimento ad essere proibito. Ma sarà vero che fa così tanto male?! Qualcuno crede proprio di sì, affermando che, oltre all’elevato apporto calorico, il consumo abitudinario di cioccolato favorisce dipendenza. Ma c’è chi, fortunatamente, afferma il contrario sostenendo che il cioccolato favorisce la liberazione nell’organismo di endorfine, le molecole del buon umore. E forse proprio questa convinzione ha permesso di presentare, durante l’Eurochocolate, le Tachiciocc, compresse il cui principio attivo a tutto fa pensare tranne che ad un farmaco: puro cacao. Così il gran consumo di cioccolato dei nostri giorni ha fatto sì che le multinazionali ci mettessero lo zampino: ettari e ettari di coltivazioni da preservare dai parassiti che facilmente attaccano le piantagioni di cacao, per assicurare ottimi raccolti atti a soddisfare le richieste del mercato. I produttori, decisamente sottopagati, sono quasi sempre ignari del marchio che segnerà a fine produzione, il frutto del loro duro lavoro. Questo il motivo per cui oggi il cioccolato è protagonista, ormai indiscusso, delle botteghe di commercio Equo e Solidale: perché non farci un salto la prossima volta che avremo voglia di deliziare i nostri palati? E a questo punto, penserei…e se il gran consumo di cacao facesse di noi ottimi “Costruttori di dolcezze” (questo il tema di una delle passate edizione di Eurochoccolate)? E se davvero bastasse un po’ di cioccolato per regalare un pizzico di dolcezza, un sorriso e una manciata di buon umore sul posto di lavoro, all’università o in Cappella? E se davvero quella barretta di cioccolato consumata a merenda ci garantisse il giusto apporto energetico per affrontare, non con semplice vitalità, ma con eccezionale grinta lo studio o il lavoro di quei pomeriggi che proprio sembrano non finire mai? Certo è che il cioccolato non fa miracoli, ma alle volte, basta crederci… Perché non crederci allora?! In fondo un pizzico di ciocco-grinta in più nella grande avventura della vita non ha mai fatto male! Dimenticavo… questo link credo che potrebbe essere utile per i vostri acquisti (anche di cioccolato): http://www.commercioequo.org/cees.htm . ■
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L’UN-BLACK METAL La miglior testimonianza che possiamo dare al mondo è mostrare come viviamo le nostre vite. frontman dei Frosthardr
Una sera, parlando con dei miei amici di fenomeni underground, sono venuto a conoscenza di una realtà che credevo essere fondamentalmente un ossimoro: l’esistenza di un black metal con tematiche cristiane. Tutti noi abbiamo più o meno sentito parlare di musica metal; ebbene il Black ne è un sottogenere caratterizzato dall’associare a un sound estremo e sporco un credo e una ritualità sfacciatamente satanisti e prospettive acrimoniosamente anticristiane. La maggior parte dei componenti di tali gruppi sono semplici atei affascinati dal male, inteso solo nel senso di esaltazione solipsistica e degenerazione ribelle agli schemi sociali; il loro esplicito occultismo resta così un apparire esteriore solo per meri fini estetici e commerciali. Ignoravo che in reazione alla nascita del Black si fosse sviluppata una corrente parallela, ancora più underground e di nicchia, che utilizzava il Black metal, inteso come forma musicale – quindi dono di Dio, come tutte le scienze e le arti – per esternare il caos delle passioni, per cercare di esprimere col mezzo strumentalmente più estremo possibile la propria fede in Cristo. Il cristianesimo vissuto si presenta qui molto più filosofico e sofferto di quello di un cristiano “medio”, che forse in modo un po’ bigotto, tende a frequentare le pratiche religiose, più a favore di un'appartenenza sociologica a un gruppo stimato, a una tradizione, che per propria convinzione razionale o fideistica. La fede espressa dai gruppi “black cristiani” che amano definirsi “un-black”, secondo l'attributo terminologico creato dal gruppo fondatore di questo nuovo genere, gli Horde, è una fede talmente sentita ed emotivamente vissuta che per essere espressa appieno ha bisogno di uno stile sonoro così estremo. Le tematiche trattate sono generalmente incanalabili in quattro filoni: riflessioni esistenzialistico – filosofiche in chiave cristiana e antisatanismo. Satana, causa prima e attuale di ogni sorta di male terreno e spirituale, è l'Antico Nemico, colui che va combattuto e necessariamente distrutto, nella battaglia spirituale, dentro di sé, per il volere di Dio. Lo stile black metal con la sua estrema caoticità, i suoi sofferenti scream ed uno stile cupo e dark, manifesta stati d’animo al limite che in questa prospettiva diventano edificanti: il dolore della lotta è acuto, ma è certa, con lo sforzo della volontà della fede, la vittoria del bene. Le altre due tematiche sono le lodi al Creatore, in particolare nella Sua straziante esperienza terrena nei panni del Cristo umile e bistrattato ma al tempo stesso Re e Signore assoluto ed eterno e la prospettiva escatologica con la certezza di una parusia al termine di quest’epoca così blasfema e peccatrice. Molti gruppi unblack e loro sostenitori hanno subìto pesanti minacce e aggressioni per la loro fede cristiana, sono stati boicottati da case discografiche, ma nonostante tutto, questo movimento sta prendendo sempre più piede sia in America che in Nord Europa e Sud America, perché, citando le parole del frontman dei Frosthardr: “La miglior testimonianza che possiamo dare al mondo è mostrare come viviamo le nostre vite”, un consiglio che tutti noi dovremmo sempre tenere a mente. ■
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“Al OTRO LADO DEL RIO” Buenos Aires, 1952: due amici fraterni, Alberto ed Ernesto, biochimico di 29 anni il primo, ventitreenne laureando in medicina il secondo, si mettono in viaggio in sella ad una sgangherata motocicletta del ’39 per andare alla scoperta dell’America Latina. I diari della motocicletta, diretto nel 2004 dal brasiliano Walter Salles, è un film singolare, affascinante, sentito, a tratti emozionante, che trova il suo punto di equilibrio in una sorta di realismo poetico capace di mostrare il percorso fisico ed interiore dei protagonisti. Un viaggio che durerà otto mesi, durante i quali i due amici percorreranno 13.000 chilometri attraverso le pampas dell’Argentina, la neve del Cile, la misteriosa bellezza del Perù, la cordigliera delle Ande, Cuzco, Machu Picchu e i resti superbi della civiltà Inca, lo squallore della capitale Lima (avanzo degli invasori spagnoli), fino al lebbrosario di San Pablo sul Rio delle Amazzoni. La vecchia moto spesso si inceppa e presto li abbandona, ma i due non si scoraggiano e vanno avanti: in autostop, su un battello, su una zattera, a piedi. Gradualmente l’avventura, da normale viaggio iniziatico si trasforma nella scoperta e nella conseguente presa di coscienza di una realtà umana, sociale e politica: un Sud America (come tanti altri Sud del mondo) schiacciato da miseria e malattie; dove ricchi e poveri abitano pianeti diversi, dove i malati non hanno gli stessi diritti dei sani, dove si impone un falso progresso creato da sistemi economici spietati con i più deboli. E’ un racconto di formazione giocato sullo sguardo in cui l’aprire gli occhi sulla realtà diventa la vera conquista: la voce narrante è infatti limitata all’essenziale, a vantaggio del profilmico e dell’attenta regia (ciò che è davanti e chi è dietro alla macchina da presa). Il transito dei protagonisti attraverso gli sconfinati spazi, illustrato con soggettive, panoramiche, carrelli o ripresa fissa, è quasi sempre racchiuso in campi lunghissimi che evidenziano la sproporzione fisica e cognitiva tra i personaggi e la “Maiuscola America” che vanno attraversando. Ernesto ed Alberto stanno imparando da ciò che guardano, anzi stanno imparando a guardare. Fino alla verità della grande scena che segna la maturazione raggiunta: dalla sua baracca nella colonia dei lebbrosi Ernesto osserva il Rio delle Amazzoni: ha capito che il fiume è il confine fittizio che separa i malati dai sani. Il momento fondamentale, cui seguirà l’azione forse temeraria ma sincera (già preparata dal rifiuto di usare i guanti nel trattare i lebbrosi) è quando il giovane asmatico, di notte, attraversa a nuoto il fiume per salutare gli ammalati: è il non rimanere fermi sulla riva del fiume, ma è l’accostarsi all’Altro abbattendo ogni barriera. Poco importa, alla fine, se questo ragazzo si chiami Ernesto Guevara De la Serna, il futuro e mitizzato “Che”: il film, tratto dagli appunti di viaggio dei due protagonisti, racconta una vicenda storica senza lasciarsi spingere dal vento dell’agiografia. Anzi, ne è proprio questo il pregio: nessuna enfasi profetica, nessun retorico anacronismo. Solo dubbi, ansie, incompiutezza e maturazione: un viaggio che chiunque potrebbe o vorrebbe aver fatto. Buona Visione. ■
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LA SHARM EL SHEIK NASCOSTA Quando si pensa a Sharm, le prime (e spesso le uniche) cose che vengono in mente sono: mare cristallino, pesci tropicali e divertimento. Sharm è tutto questo, ma molto di più: è la destinazione perfetta sia per chi è alla ricerca di relax e mare paradisiaco, sia per coloro che prediligono una meta naturalistica o culturale. La prima cosa che colpisce sbarcati dall’aereo - soprattutto se si ha la balzana idea di andarci a fine luglio, come me - è la torrida temperatura che toglie quasi il respiro; tuttavia, essendo Sharm abbastanza ventilata, il caldo-umido che attanaglia le nostre città in estate, è pressoché sconosciuto, e alla fine ci si abitua presto alle alte temperature. Per quel che riguarda le strutture alberghiere, attenti al cibo: cercatene una con cuoco italiano ed evitate gli sbalzi di temperatura tra esterno e interno dove impera l’aria condizionata, se non volete incorrere in quella che là è chiamata maledizione di Tutankhamon, ossia spiacevoli e frequenti fughe al bagno. Dimenticatevi il nostro concetto di hotel a 5 stelle e non aspettatevi il lusso più sfrenato; in ogni stanza troverete però tutto ciò che occorre: pulizia, aria condizionata e personale molto affabile; gli Egiziani sono un popolo estremamente cordiale, dal sorriso amichevole e dalla battuta pronta: Inoltre quasi tutti conoscono la nostra lingua, per via del grande turismo italiano. Per quel che riguarda la vacanza vera e propria, oltre al nuotare in uno dei più bei mari del mondo, dotato di coralli dalle mille forme e pesci variopinti, ci sono mille cose da fare! Tra le più interessanti la visita ad una vera tenda beduina, per assaporare il the fatto con erbe desertiche e conoscere usi e costumi della comunità beduina egiziana. La “cammellat”’ in riva al mare è unica: una cavalcata su questi ondeggianti animali è davvero esilarante (soprattutto per le traballanti fasi di salita e discesa dal simpatico quadrupede). Consiglio caldamente il safari-jeep alla scoperta della natura: una scorrazzata nell’aspro deserto roccioso vi porterà fino al parco marino di Ras Mohamed per dello snorkeling di grande fascino. Da qui è facile raggiungere un luogo presso cui crescono le mangrovie: il Lago Magico d’acqua salata, un gioiello incastonato tra le rocce desertiche e in cui è possibile fare il bagno ed esprimere un desiderio. Non distante da Sharm si può ammirare il Canyon Colorato, dalle particolari tonalità, che a differenza di quelli americani, permette agili camminate ed esplorazioni dei suoi antri. Per gli amanti della cultura l’appuntamento è con la Valle dei Templi a Luxor e con le Piramidi del Cairo, comodamente raggiungibili tramite pullman o voli interni. Non vi può mancare infine una visita - magari by night - a Sharm Vecchia, suggestiva per gli odori speziati; qui potrete davvero respirare l’aria egiziana più autentica e vedere come vive il suo popolo. Diametralmente opposta ad essa è la località di Naama Bay: costruita per il turismo, è una specie di Las Vegas piena di negozi, ristoranti, bar, discoteche e insegne luminose. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, ed i costi dell’intera vacanza sono davvero alla portata di tutti! E allora che aspettate? Iallà! (“Andiamo” in arabo). ■
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CATTOROSCOPO 2011 Ariete:: Ariete: Avete atteso questo 2011 come gli animali la primavera, dura prova per voi che come motto potreste avere “tutto e subito” ma ricordate, siate dei buoni testardi. Per il 2011: 2011 La santità è la testardaggine nel
Toro: Dotato di fino intelletto, sai come utilizzarlo e dosarlo a seconda delle occasioni, tuttavia nei momenti critici può mancarti decisione e spirito di sacrificio. Per il 2011: 2011 Dovremmo stare attenti a non fare
compiere la volontà di Dio sempre, nonostante qualsiasi difficoltà. (Giacomo Alberione)
dell'intelletto il nostro Dio;esso ha, certamente, muscoli potenti, ma nessuna personalità. (Albert Heinstein)
Gemelli: Sapete ragionare bene per affrontare gli ostacoli della vita e tenendo sempre in conto il vostro prossimo. Punto dolente, la vostra libertà, guai a chi la tocca. Per il 2011: La piena adesione alla verità 2011
Cancro: pacifici e mai polemici, tendete invece a rivelare il vostro lato aggressivo quando vi sentite criticati e messi in discussione. Per il 2011: 2011 Iniziare un litigio è
cattolica non diminuisce, ma esalta la libertà umana e la sollecita verso il suo compimento, in un amore gratuito e colmo di premura per il bene di tutti gli uomini. (Giovanni
come aprire una diga, prima che la lite si esasperi, troncala. (Salomone)
Paolo II)
Leone: siete persone di grande successo in tutti i campi, dal lavoro, alla sfera delle amicizie, ai sentimenti. Per il 2011: 2011 Mia madre
tracciava una distinzione tra conquista e successo. Sosteneva che la conquista è la consapevolezza di aver fatto del proprio meglio. Il successo è essere lodato da altri, e anche questo è positivo ma non altrettanto importante o soddisfacente. Mira sempre alla conquista e dimentica il successo!! (H. Hayes)
Bilancia: Questo segno è il simbolo della Bilancia che bilanciando il meccanismo vuole stare alla pari, tranquillo. Si pensi alle bilance della giustizia e a come esse lavorano per raggiungere il giusto equilibrio.. Per il 2011: 2011 Il vero
Vergine: il senso del dovere innato in queste persone è considerevole, ed assicura che esse lavoreranno sempre per il bene supremo. Per il 2011: 2011 Tutte le cose di
questo mondo non sono altro che terra. Mettile in un mucchio sotto i tuoi piedi e ti ritroverai più vicino al cielo. (San Josemaría Escrivá de Balaguer)
Scorpione: Troverete grande amore, mistero, sensibilitá e sentimento quando attraverserete le profonditá del misterioso Scorpione. Per il 2011: Dì la verità con 2011
calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare. (Scritta nella Chiesa di San Paolo (Baltimora). Datata 1692)
giusto è colui che si sente sempre a metà colpevole dei misfatti di tutti. (Kahlil Gibran)
Sagittario: Onesti e giusti. Vi approcciate alla vita con zelo e apertura. Qualche volta siete irrequieti, correte stupidi rischi e raramente imparate dagli errori fatti. Per il 2011: 2011 Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell'errore. (Alessandro Manzoni)
Acquario: Siete proprio convinti che migliorare il mondo è un processo che implica la collaborazione tra tutte le persone, visionario e innovativo. Per il 2011: 2011 In effetti,
la differenza più grande tra il realista e l'idealista e che l'idealista pensa, mentre il realista conosce. (Étienne Gilson)
Capricorno: Molto pazienti e stabili. Sopportate qualsiasi compito abbiate. Su di voi si può sempre fare affidamento. Non pensate troppo a salire nel mondo e ad avere qualcosa per dimostrarlo. Per il 2011: 2011
Chi realmente cerca il vero, da tutto si fa aiutare per il vero. (Don Giussani)
Pesci: I nati sotto il segno dei Pesci sono tendenzialmente sognatori e creativi, si lasciano facilmente assorbire dalle arie poetiche e mistiche. I Pesci sono apparentemente deboli, ma dimostrano una grande resistenza e sopportazione di fronte alle difficoltà e ai problemi. Per il 2011: 2011 Quello che si spera si
deve credere che possa essere ottenuto; è quanto aggiunge la speranza al puro desiderio. (Tommaso d'Aquino)
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Una storia per pensare… pensare IL FILO INUTILE C’era una volta un filo di cotone che si sentiva inutile. “Sono troppo debole per fare una corda” si lamentava. “E sono troppo corto per fare una maglietta. Sono troppo sgraziato per un arazzo e non servo neppure per un ricamo da quattro soldi. Sono scolorito e ho le doppie punte… Ah, se fossi un filo d’oro, ornerei una stola, starei sulle spalle di un prelato! Non servo proprio a niente. Sono un fallito! Nessuno ha bisogno di me. Non piaccio a nessuno, neanche a me stesso!” Si raggomitolava sulla sua poltrona, ascoltava musica triste e se ne stava sempre solo soletto. Lo udì un giorno un mucchietto di cera e gli disse: “non ti abbattere in questo modo, piccolo filo di cotone. Ho un’idea: facciamo qualcosa noi due, insieme! Certo, non possiamo diventare un cero da altare o da salotto: tu sei troppo corto e io sono una quantità troppo scarsa. Potremmo diventare un lumino e donare un po’ di calore e un po’ di luce. E’ meglio illuminare e scaldare un po’ piuttosto che stare nel buio e brontolare”. Il filo di cotone accettò di buon grado. Unito alla cera, divenne un lumino, brillo nell’oscurità ed emanò calore. E fu felice. Chissà quanti fili di cotone ci sono nel mondo: hanno bisogno di trovare un mucchietto di cera per essere felici...
Auguri al p iccolo MATTEO CARMINE AURISTO frutto dell’ amore di Pascal e Ser gio
ATALE NOVENA di N OGNI SERA dal 15 dicembre ore 19.00
AU G ai red UR I attor i di N partit ero su i “in m Bianc ission e Ma o e”: R ria St o e berta fa n i a Filipp per la oeL voro… orenz o in E rasmu , s…
ADORAZIONE EU CARISTICA
AUGURI ti della ai neo-laurea iversitaria Cappella Un
Dott.ssa Claudia Laurea in Scienze Economiche e Bancarie
Dott.ssa Clelia Laurea in Scienze Biologiche
ogni primo GIOVED I’ del mese: ore 19.00 : silenzios a ore 21.00: comunitar ia con gli amici seminaristi del semina rio di Siena La prossima: 13 genn aio!!!!
CINEFORUM 1 marzo, dall’8 febbraio al I’ OGNI MARTED ore 20.45
FESTA di CARNE VALE 5 marzo
RE ANT’O QUAR arzo, 18-19 m tica eucaris e n io z ora con ad na nottur
Dott.ssa Maria Master in Comunicazione d’Impresa
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