Anno nuovo vita nuova! cari amici lettori di “Nero su Bianco”, il primo numero di questo 2011 è ricco di tante sorprese… Si sa:i buoni propositi di inizio anno sono sempre una costante della vita dello studente! Chi di noi non ne ha fatti? Studierò di più, cercherò di essere più paziente con i miei coinquilini, andrò sempre a lezione. Ma si sa anche che i buoni propositi sono i primi a morire!
Ma quale occasione migliore della quaresima per dare alla nostra vita una decisa sterzata e cercare di stare in silenzio davanti al Signore e sperare in Lui… proprio come ci hanno ricordato le “40’ore” da poco vissute in Cappella. I momenti di silenzio come quelli di
adorazione comunitaria che, come ci ricordano gli articoli di Fabio e Matteo, ormai dall’inizio dell’anno con-
dividiamo con gli amici seminaristi del seminario di Siena. E proprio di una bella esperienza di condivisione ci parla l’articolo di Federica e Francesca che ci deliziano
con la loro esperienza di settimana di vita comune; mentre Suor Pina ci racconta il concerto che il
Coro della Cappella Universitaria ha tenuto a Roma presso la casa generalizia delle nostre Suore Figlie della Chiesa. Ma come sempre in questo numero non mancheranno le storie e le testimonianze: si parte da quella del giovanissimo Luca Bertola, “quel pezzettino di cielo” presentato da Alice che sembra davvero la storia di un
angelo caduto dal cielo. Ancora più drammatica di quella di Luca è forse la storia che ci racconta il film “Uomini di Dio” (Des hommes et des Dieux) del regista Xavier Beauvois) che Don Roberto ricorda nel suo articolo, o una storia
tragica come quella di Shahbaz Bhatti che Cristina propone nella sua atroce attualità.
Ej, non vi preoccupate! non abbiamo fatto un numero da quaresima, pieno di tragedie e drammi! Ci sono anche storie positive e affascinanti come quella di Enzo Bianchi raccontata nel suo libro “Il pane di ieri” o come quella di Luca di Tolve, il Luca della canzone di Povia “Luca era Gay”. Immancabili poi le nostre rubriche sul cinema e sui viaggi, con Eugenio che ci accompagna al cinema a scoprire Le
conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino
mentre Ludovica ci invita a fare le
valigie per partire verso est, destinazione BU….ona DA…vvero PE…r ST…arci.
E se tutto questo non dovesse bastarvi… c’è sempre da riflettere sull’oggi, su quello che accade in Italia. Stefano ci parla di politica, quella buona! mentre Mariella si arrampica su “montagne di ciccia” e ci parla di diete e dimagrimenti! Roba da donne!
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Buona lettura!!!
In questo numero vi augurano buona lettura...
Riflettendo L’angolo del Don Degli uomini e degli dei di Don Roberto Bianchini
Shahbaz Bhatti: essere cristiani nel mondo di Cristina Loprete Pag. 14 Pag. 4
Cappellania E’ bello fermarsi con il Signore di Fabio Fiorino di Matteo Ceccarelli
Curiosità Pag. 5
Quarant’ore per innamorarsi di Cristo di Isabella Petrocelli Pag. 6 La bellezza della scoperta di Katia Capozzoli di Sr. Pina Audasso
Pag. 7
Esperienze Quando l’ordinario diventa straordinario di Federica e Francesca Camilletti Pag. 8 Luca: un pezzettino di cielo
di Alice Pappelli
Pag. 9
“Il pane di ieri è buono domani” di Federica Maniscalco
Fotografando di Fabio Fiorino
Sicuri che il problema sia la taglia? di Mariella Schettini
Pag. 16
Una boccata di digiuno di Domenico Bova
Pag. 17
Ciak si gira Le conseguenze dell’amore di Eugenio Alfonso Smurra
Pag. 10
Pag. 11
Pag. 18
In viaggio con... BU...ona Da...vvero PE...r ST...arci di Ludovica Cesaroni
Pag. 19
diSegno in Segno La Pietà di Filippo Sanfilippo
Il personaggio La libertà di cambiare di Claudia De Pasquale
La necessità di veri cattolici in politica di Stefano Fonsdituri Pag. 15
Pag. 20
Per pensare... Il fabbricante di matite Una mattinata movimentata
Pag. 21
La preziosità del silenzio
Pag. 22
Pag. 12-13
Bacheca
Pag. 23
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DEGLI UOMINI E DEGLI DEI Dopo alcuni anni di quasi assoluto oblio al di fuori del mondo monastico il film Uomini di
Dio (Des hommes et des Dieux) del regista Xavier Beauvois ha fatto rinascere l’interesse per la storia dei monaci trappisti rapiti la notte del 26 marzo 1996 in Algeria e poi uccisi barbaramente dopo alcuni mesi, probabilmente l’11 maggio. Il film, presentato al Festival di Cannes, ha avuto in Francia un vasto successo di pubblico mentre in Italia sta ottenendo consensi quasi esclusivamente all’interno del mondo ecclesiale. L’autore è un laico che però sa guardare alla vicenda dei monaci da un punto di vista più articolato di quello della cronaca. Mostra in tal modo sia il mistero della loro vocazione a seguire il Signore nella radicalità della via trappista, sia le ragioni della scelta di non abbandonare il monastero mentre si stava facendo sempre più pericoloso restare. Evitando la facile deriva della stereotipizzazione eroica dei protagonisti il regista non teme di sottolineare i lati più quotidiani della vita di una piccola comunità come quella di Thibirine, dove monaci tutti stranieri e provenienti da diversi monasteri si trovavano a vivere rispondendo ad una chiamata che si faceva sempre più misteriosa.. Cercare Dio sopra ogni cosa, come dice la Regola di San Benedetto, per loro vuol dire cercarlo là dove la vita li ha posti tra le infinite contraddizioni e debolezze di ognuno di loro. Quando nel ’93 subiscono la prima visita violenta dei guerriglieri del GIA sono destabilizzati umanamente e spiritualmente. Si fanno mille domande; sperimentano la paura; dubitano di quale sia il senso di rimanere nel loro monastero. Lentamente, guidati dallo Spirito a ricercare la volontà di Dio, giungono ad un’unanimità tanto più preziosa quanto non forzata ma accolta come un dono di grazia. E quando i carnefici bussano alla loro porta sono pronti ad accoglierli, coraggiosi e timorosi, vecchi e giovani, forti solo dell’amore del Cristo. Come i nomi dei martiri dei primi secoli quelli dei monaci dell’Atlas sono scritti nei cieli e dicono al mondo ed alla chiesa di oggi che l’unica parola assolutamente eloquente è quella della testimonianza del sangue. La laica Francia del ventunesimo secolo si è lasciata scuotere da questo film che non cerca ragioni storiche o politiche, che non si affanna a dare la colpa a qualcuno, ma che lascia trasparire la verità più sconvolgente del cristianesimo: l’amore a Cristo fa impallidire ogni realtà creata fosse anche quella della vita stessa. ■ Dal Testamento di P. Christian de Chergé, Priore di N. D. de l’Atlas E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah Di questa vita perduta, totalmente mia, et totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto.
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Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
E’ BELLO FERMARSI CON IL SIGNORE Correre, correre, correre!! Non è solo l’imperativo da prefiggersi prima di una gara podisti-
ca nei sentieri del Chianti o all’inizio di una competizione ciclistica in Val d’Orcia, ma credo che descriva anche la nostra quotidianità, frenetica e isterica allo stesso modo. Ma durante la corsa, qualsiasi sia, avete mai sperimentato la possibilità di scrutare a fondo quello che si vive, darne senso pieno, leggere gli eventi non come casualità pura e vera ma con un’ottica più attenta e provvidenziale? Forse per ciascuno di noi sarebbe salutare di tanto in tanto raggiungere delle piazzette di sosta e fermarsi un attimino per rallentare quel turbine nel quale siamo inghiottiti e che, spesso, ci priva del goderci in pienezza il bello che ci è riservato in ogni istante, che sia Chianti o Val d’Orcia. La preghiera comune che in quest’anno stiamo vivendo il primo giovedì del mese con gli amici seminaristi del Seminario di Siena per me descrive proprio questa piazzetta di sosta e ristoro: non c’è bisogno di fare fare fare… e ancora fare!! Bisogna soltanto essere, ed esserci! Concedersi una sosta con la compagnia di coloro che hanno attinto in maniera più radicale il senso di vita piena proprio da quel fermarsi lì e da quel rallentare la corsa della vita per confermare costantemente la correttezza della direzione intrapresa, e la sua bellezza, vi assicuro che non può lasciarci come prima, ma è una opportunità privilegiata per guardarci nel profondo. Universitari e seminaristi sono una ricchezza gli uni per gli altri: più o meno coetanei, nella nostra diversa vocazione tutti siamo chiamati a fermarci e fare rifornimento in quella piazzetta, che sia con benzina, diesel, gas… o un sorso d’acqua! E’ in quella preghiera degli gli uni per gli altri che, nonostante il peso delle nostre misere fragilità, attingiamo quella forza capace di sostenerci vicendevolmente per proseguire e godere del cammino della vita. Allora, ti fermi con Lui?? ■
“E'
Gesù che cercate quando
sognate la felicità”. Queste parole di Giovanni Paolo II credo che sintetizzino in maniera paradigmatica la mia esperienza da seminarista con la realtà della Cappella Universitaria. Infatti tutta l’esistenza di una persona può essere nascosta in quel “cercare” e in quel “sognare la felicità”. Sant’Ambrogio nel De Virginitate dice una frase geniale: “Cristo è tutto per noi!”. Infatti quando con il Seminario abbiamo la grazia di cenare e pregare a San Vigilio non facciamo niente di speciale. Mettiamo Cristo al centro, il Tutto, e cerchiamo di conoscerci; infatti la Chiesa è comunità e fraternità accorgendoci che Cristo è presente in mezzo a noi. Per me è sempre una ricchezza poter vedere dei ragazzi come me, magari fidanzati, che adorano il Signore. Ciò mi richiama con forte evidenza che io sono fat-
to per amare e che in fin dei conti abbiamo la stessa vocazione: amare ed essere amati. La mia presenza a San Vigilio la percepisco così: pregare per e con i miei coetanei gustando quanto è bello fermarsi con il Signore. Certo, la presenza di un seminarista come di un consacrato è segno di amore totale per Cristo ed i fratelli. La mia presenza, anche se silenziosa, vuole essere semplicemente una freccia puntata verso il Maestro per ricordare che solo Lui è la pienezza del cuore dell’uomo e che la vocazione, che è per tutti, è la sua parola di amore rivolta a me. “Gli stai a cuore non c'è dubbio…Ha scritto “t'amo” sulla roccia…E accanto ci ha messo il tuo nome, non si è vergognato di te” (A. Bello). ■
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QUARANT’ORE PER INNAMORARSI DI CRISTO “Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui” (Sal 36,7)
Venerdì 18 marzo le parole di Don Enrico hanno concluso quarant’ore di perpetua medita-
zione e adorazione di Gesù Eucaristia. Sono stati due giorni di intensa preghiera e partecipazione, di comunione di sentimenti, di amore, in cui la casa del Signore si è mantenuta estremamente viva ed abitata da tutti coloro che sentivano il bisogno di restare in sua compagnia e fermarsi a parlare un po’ con lui. Si è trattato soprattutto di un momento che ci ha dato la possibilità di misurarci con il nostro silenzio, parola chiave di quest’Adorazione Eucaristica: a volte capita infatti che stanchi dei ritmi incalzanti della vita, avvertiamo il bisogno di fermarci, di sederci al banco di una Chiesa, magari senza parole precise, magari con le spalle stanche per il peso di errori che non siamo riusciti a toglierci di dosso e ginocchia flesse pronte a riconoscerli. Forse i “silenzi” di queste quaranta ore non ci sono appartenuti tutti, forse alcuni ci hanno colti distratti, in altri ci saranno mancate anche le parole dell’anima, in altri ancora guardandoci attorno avremmo voluto scoprire quante parole vi fossero racchiuse dentro, ma poi è arrivato quello che abbiamo sentito davvero come il “nostro silenzio”, quello in cui più attenti ci siamo fermati ad ascoltare cosa aveva da dirci, in cui le porte del cuore si sono schiuse svegliando una coscienza addormentata dalla quotidianità e abbiamo capito che non solo la bocca è in grado di parlare ma che paradossalmente siamo capaci di farlo senza emettere suoni ascoltando semplicemente quelli che abbiamo dentro. Proprio in quello stesso silenzio ci sarà capitato di gettare un piccolo sguardo al passato, remoto e prossimo, per tirare le somme di ciò che si è fatto e soprattutto non fatto e fare la conta di tutte le nuvole nere cui abbiamo permesso di spegnere una speranza; è un silenzio che somiglia alla notte, che ci scava dentro facendo venire a galla le paure più recondite, le sofferenze taciute, le richieste di aiuto e sostegno, il suono di pensieri confusi e rumorosi che fanno sorgere domande cui forse una vita non basterà per rispondere, un silenzio in cui ci lasciamo trasportare dalla preghiera per vedere dove ci porta, consapevoli del tempo che richiede ma pronti a perseverare per scoprire quanto ci farà sentire bene. In queste quaranta ore ci siamo impegnati a tenere compagnia al Signore, non abbiamo lasciato che rimanesse solo neanche un momento, siamo stati sempre lì, vigili, pronti a parlargli con quelle voci interiori che non hanno bisogno di parole e che solo Lui sa ascoltare, ognuno narratore di se stesso, ognuno desideroso alzare il volume dell’anima per ribadirgli la nostra fiducia, la nostra fede e la certezza che anche nelle notti più silenziose la solitudine non ci coglierà mai perché abbiamo scelto di camminare con il nostro più fedele compagno di viaggio. ■ 6
LA BELLEZZA DELLA SCOPERTA La Cppella Universitaria e le Suore Figlie della Chiesa si incontrano
“
Questa sera un lembo di cielo è sceso sulla terra!”: espressione poetica e delicata che rie-
voca un’immagine intima e universale insieme. E’ cosi che la Madre Generale, Suor Maria Teresa Sotgiu, ha apostrofato il nostro Coro della Cappella Universitaria in occasione dell’uscita a Roma presso la casa generalizia per festeggiare la famiglia delle Figlie della Chiesa nel giorno dell’Annuncizaione. Un’occasione di festa che ha consentito a religiose e laici di godere insieme di un pomeriggio pieno di abbracci, sorrisi e sguardi teneri. Proprio questi, infatti, sono stati i contenuti di una festa che ha tenuto impegnati studenti e suore nell’intento di esprimere un’apertura e un’accoglienza reciproca che fossero degne di riflettere il desiderio di stare insieme col cuore. Elemento unificante della giornata è stata unicamente Maria, Madre di Dio. La musica, dunque, ha avuto il grande merito di rappresentare il canale principale di emozioni e di essere, nel contempo, il linguaggio più immediato di conoscenza. Autentica e sincera è stata la bellezza di partire alla volta di Roma pieni della curiosità di chi incontra una nuova famiglia per la prima volta; inaspettata e gioiosa è stata la consapevolezza di tornare a casa ricolmi della scoperta che coloro che non conoscevamo, in realtà, già ci appartenevano. ■
Annunciazione del Signore 2011, nella Casa generalizia delle Figlie della Chiesa in Roma:
una giornata di freschezza, gioia e comunione, tutta profumata di Maria; coronata stupendamente dal Coro della Cappella Universitaria di Siena con un superlativo concerto. I giovani coristi, giunti verso sera, si inseriscono delicatamente nella festa di famiglia a “rappresentare – come avverte la calda presentazione di Katia – ciascuno col suo impegno e la sua presenza, un piccolo frammento di Chiesa, che insieme a noi, nella tradizione, si offre come dono a Gesù, riservando particolare attenzione ai poveri: « i Gesù » presenti nel mondo. “Attraverso i nostri canti, dedicati a Maria – continua la presentatrice – desideriamo unirci a voi in questa “ondata” di spiritualità mariana che ha il potere di illuminare le nostre vite e avvolgere il mondo in un tenero abbraccio, accogliente e materno”. Quando le voci si aprono al canto la direzione di Marta Marini dà il giusto tono e un’espressione musicale che ci è apparsa molto elevata. Di brano in brano l’entusiasmo e l’interpretazione dei solisti e del coro, ci contagia e commuove, è davvero preghiera. Restiamo affascinate in particolare dall’intensità e aderenza dell’interpretazione in musica che la giovane Maestra del Coro ha saputo dare alle tre delicate poesie della Fondatrice: Mater pulchrae dilectionis, Mater sanctae spei, Mater Jesu. L’effusione di gioia e comunione si prolunga nella cena e nel congedo, rimane in cuore. GRAZIE, grazie carissimi giovani della Cappella Universitaria per questo prezioso dono che testimonia anche a noi Sorelle, dai capelli bianchi o no, la freschezza, la forza e la bellezza dell’annuncio di Gesù, vero Dio e vero uomo, figlio di Maria, Salvatore 7 del mondo. ■
QUANDO L’ORDINARIO DIVENTA STRAORDINARIO Racconto dell’a “settimana di vita comune” svoltasi a Fermo nella casa di spiritualità " Villa Nazareth", animata dal direttore dalla casa don Enrico Brancozzi e dalla Comunità del Seminario Arcivescovile di Fermo
“Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi?” (Lc
24,32). E’questa la frase che meglio esprime il nostro stato d’animo quando ripensiamo alla settimana di vita comune, un tempo che il Signore ci ha donato per fare discernimento. Chiedersi quale sia la propria vocazione non è facile: la paura più grande è quella di scoprire che il suo progetto su di noi non corrisponda al nostro, come se egli, chiedendoci di aderire alla sua volontà, ci volesse togliere qualcosa, come se seguirlo significasse solo sacrificarsi. Ma può Dio volere per noi qualcosa che non è bene? La nostra volontà e la sua non sono forse uguali? Non desideriamo in fondo quello che Cristo desidera per noi: essere felici? E’ proprio tale felicità che abbiamo sperimentato in questa settimana in cui il rapporto con il Signore si è fatto più intimo riempiendoci di gioia e pace, quella gioia e pace che solo lui sa dare. Egli, rendendo il nostro cuore ardente come quello di una persona innamorata, ci ha ridonato quell’entusiasmo che la quotidianità sembrava averci tolto facendoci riscoprire la bellezza di essere cristiani. Fare un'esperienza di fede senza interrompere le normali attività giornaliere come la scuola, il lavoro, lo studio, lo sport, ecc. ci ha portato a capire che c’è un modo diverso di vivere la quotidianità, che, se vissuto alla luce di Cristo, l’ordinario è straordinario. Non è stato dunque difficile riconoscere Cristo nella parole del sacerdote che ci ha guidati in questa settimana, nei seminaristi che, privandosi del poco tempo che avevano per studiare, ci hanno supportato e sopportato, nei ragazzi che hanno condiviso con noi questa esperienza, e soprattutto, in tutti i testimoni che, donandoci un “pezzetto” della loro vita, ci hanno raccontato la loro vocazione. Ascoltare queste persone ci ha ricordato come ognuno noi è chiamato a fare cose grandi, e come, per fare cose grandi occorra farsi piccoli, morire a se stessi per donarsi completamente agli altri. Queste parole hanno fatto nascere in noi il desiderio di rendere concreto il vangelo nella nostra vita come lo era nella loro. Per un attimo ci è sembrato di stare perdendo tempo, di non dare la giusta priorità alle cose. Alla voglia di abbandonare tutto per seguire Cristo, è seguita però la paura di rinunciare alle nostre certezze e, allo stesso tempo, la tristezza derivata dalla consapevolezza che questa voglia di donarsi si sarebbe trasformata in indifferenza. Tutte queste paure sono finite nel momento in cui abbiamo capito che questo è per noi un tempo di crescita, di formazione. Come sempre alla fine di un momento come quello che abbiamo vissuto si crea una comunione spirituale talmente forte che abbiamo avuto la tentazione di “mettere le tende”. Però “non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”(Mt 5,15-16). Speriamo quindi di riuscire a trasmettere la gioia di un incontro vero del quale siamo testimoni cercando di non perdere l’entusiasmo che abbiamo dentro. Sicuramente non basta una settimana per capire quale è la volontà del Si8 gnore su di noi, ma, una volta terminata abbiamo la certezza che, in qualunque modo il Signore ci chiami a servirlo, seguirlo sarà bellissimo. ■
LUCA: UN PEZZETTINO DI CIELO Che
cosa può venir fuori dagli
scritti e dalle pagine di diario di un ragazzino tenute insieme dal racconto che ne fa la sua mamma? Nel nostro caso Il libro di Luca, opera della signora Agnese Guglielmi, autrice del libro e madre di Luca Bertola, stroncato a tredici anni da un sarcoma di Ewing. Questa testimonianza commovente e capace di toccare ogni cuore nell’intimo è stata presentata venerdì 11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, nel chiostro di San Domenico a Siena. In un mondo come quello in cui viviamo in cui sembra ormai un tabu parlare di morte, malattia, sofferenza come se il tacerne costituisse una tecnica efficace per esorcizzarle, la mamma di quest’angelo ha saputo andare coraggiosamente oltre il dolore e la sofferenza personale per condividere insieme a noi il grande regalo ricevuto da Dio, il dono della vita seppur breve di Luca, in modo tale che “quel pezzettino di cielo” possa diventare un po’ anche il “nostro” angelo. Una figura che si inquadra nella numerosa schiera di quelli che con un’espressione forse un po’ ardua possono essere definiti “santi normali”: un bambino molto serio, ma non privo di senso dell’umorismo che come in tutte le famiglie di questo mondo litigava con i fratelli, ma “buono per scelta”, capace di chie-
dere scusa, dire grazie, dimenticarsi per gli altri. La sua breve esistenza è stata un continuo inno alla vita, segnata dalla gioia di seguire le gare di MotoGP, di mangiarsi la pizza preferita e dormire fino a tardi come tutti i ragazzini della sua età. Dotato di una fede semplice e matura al tempo stesso, credeva molto nella forza della preghiera e del digiuno; un ragazzino capace di accogliere in una maniera speciale l’amore per il Signore trasmessogli dalla mamma; un piccolo con una storia da adulto, cresciuto in fretta ma con timori, paure e ansie prettamente umane. “Ho paura di non andare in Paradiso”, confidò un giorno in ospedale a mamma Agnese. Un bambino capace di affrontare la malattia con pazienza e spirito di sacrificio, sempre grato a quanti gli sono stati accanto negli anni del dolore, ma soprattutto riconoscente a quel Signore che di certo non lo avrebbe lasciato fino all'incontro definitivo con Lui. Dotato di una forza che noi diremmo soprannaturale, nel momento in cui, è ormai consapevole della fine imminente, conforta la madre dicendole: "Non temere, mamma, ho fatto la Cresima, e chi ha ricevuto lo Spirito Santo non va perduto". Una prova di come “Dio ha scelto ciò
che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor 1,26-29). ■
Agnese Guglielmi. Il libro di Luca, Casale Monferrato (AL), Piemme 2010. Blog di Luca: http://www.librodiluca.it/
“Signore, io ho visto molte persone soffrire qui all’ospedale dei tumori e quindi ti volevo dire una preghiera. Signore, prega per tutti quelli che non pregano. Signore, prega per tutti quelli che sono in fin di vita. Signore, prega per tutti quelli sotto le bombe. Signore, prega per tutti quelli che non amano. Signore, prega per tutti quelli che soffrono. Signore, prega per tutti quelli che sono stati rapiti.”
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LA LIBERTA’ DI CAMBIARE
“Luca era gay”: abbiamo iniziato a conoscerlo così al Festival di Sanremo 2009. In realtà
Luca era un semplice ragazzo costretto fin da piccolo a vivere senza una figura paterna a causa della separazione dei suoi avvenuta poco dopo la sua nascita. All’età di soli 13 anni la sua infelicità e la sua necessità di affetto si manifestarono in pulsioni omosessuali ed avendo avuto la consapevolezza che esistevano “altri come lui” a 18 anni andò via di casa ed entrò nel cosiddetto “mondo colorato”. Discoteche e festini erano il fulcro di tale mondo, un mondo dove puoi soddisfare le tue più recondite perversioni ma dove non esistono relazioni stabili e vere: “dopo la consumazione, quel che rimane è solo vuoto e tristezza”. Da queste parole ciò che trapela è un’angoscia straziante. Il punto di massimo declino fu la scoperta di essere sieropositivo. Cercando delle risposte a quel dolore così lacerante Luca si rifugiò nel buddismo. Questa esperienza lo aiutò a staccarsi dal mondo materiale che ormai colmava la sua vita ma un giorno, mentre era nel tempio buddista comparvero davanti a lui delle immagini della Madonna. Si rifugiò nella sua stanza e, prendendo in mano un rosario regalatogli da sua nonna ma di cui non si ricordava nemmeno l’esistenza, iniziò a pregare. Durante la recita della terza decina sentì dentro di lui una pace e una gioia mai provata ed affermò: “In quel momento sentii la presenza della Madonna al mio fianco”. In un momento di confusione assoluta l’unica certezza di Luca era l’aver trovato qualcosa in cui confidare. Iniziò a seguire la terapia riparativa di Joseph Nicolosi, uno psicologo cattolico che aiutava a recuperare le relazioni maschili perdute. All’inizio per lui fu alquanto difficile accettare la distruzione della sua identità e riuscire a perdonare gli altri e se stesso; ma la voglia di salvezza e la forza della fede furono così forti che dopo questo lungo percorso le sue parole furono: “Ho imparato a non idea-
lizzare gli altri uomini. Ho ricominciato a dormire di notte. La malattia mi ha costretto a mollare tutto, eppure oggi dico che è stata la mia grazia”. Luca adesso è sposato con Teresa - una donna che conobbe in un pellegrinaggio a Medjugorie - e insieme conducono il gruppo Lot aiutando gli omosessuali a rifiorire. Tutte le sue testimonianze si concludono con queste parole: “Vivo in
affitto, non ho più le belle automobili di un tempo, non m'interessa farmi pubblicità, ma chiedo solo di poter affermare quello in cui credo: io stesso ne sono la prova vivente. Oggi sono un uomo vero, un uomo libero!”.
È incredibile come la forza della fede dona all’essere umano forza, energia e positività per riemergere facendoci comprendere che, nonostante il dolore, quando alla fine la grazia di Dio si rivelerà agli occhi del nostro cuore tutto diventerà infinitamente più semplice. Con il nostro pensiero, con la nostra volontà, con la nostra capacità di scegliere noi abbiamo una potenza incredibile: usiamola per orientarci verso il Bene ricordandoci che l'uomo conquista la sua libertà interiore nella misura in cui si fortificano in lui la fede, la speranza e l'amore. ■
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“IL PANE DI IERI
E’ BUONO DOMANI” Il suono soave e malinconico delle campane, gli odori della cucina monferrina, con le sue
spezie, il suo calore e la sua vitalità, la ritualità della bogna cauda, la semplicità delle tradizioni, la quotidianità faticosa e semplice della vita contadina. Sono questi i suoni, i colori, i profumi che si possono sentire, respirare e nei quali è possibile immergersi attraverso la lettura de “Il pane di ieri” del Priore del monastero di Bose Enzo Bianchi. La sua vita è stata davvero scandita dai ritmi caldi e lenti della preparazione del pane, della vendemmia, della fermentazione del vino e della cura della vigna perché, come dice il Priore stesso, “curare la
vigna è come curare la vita, la propria vita, attraverso potature e anche pianti, in attesa della stagione della pienezza: per questo la potatura è un’operazione che il contadino fa quasi parlando alla vite, come se le chiedesse di capire quel gesto che capire ancora non può”. Curare la propria anima come il contadino cura la vigna o l’orto: è questo il cuore della formazione spirituale di ogni uomo, un arricchimento fatto di esperienze e incontri che ha portato Enzo Bianchi da chierichetto della parrocchia del Monferrato ad essere Priore di una comunità ecumenica che mette al centro della propria esperienza un messaggio di dialogo interreligioso e di condivisione attorno al Pane Eucaristico, vero centro di irradiazione di amore e di luce. Una realtà aperta all’ascolto e alla realizzazione di una comunione intensa e profonda che cerca di realizzare fin da ora il Regno di Dio sulla terra senza esclusioni, vedendo sempre nell’altro un fratello con cui camminare insieme. “Noi uomini
abbiamo fame, siamo esseri di desiderio e il pane esprime la possibilità di trovare vita e felicità […]. La nostra fame è anche di parole che escono dalla bocca dell’altro: abbiamo bisogno che il pane venga da noi spezzato e offerto a un altro, che un altro ci offra a sua volta il pane, che insieme possiamo consumarlo e gioire, abbiamo soprattutto bisogno che un Altro ci dica che vuole che noi viviamo, che vuole […] salvarci dalla morte”. Salvarci dalla morte at-
traverso il contatto con gli altri: è forse questo uno degli insegnamenti più importanti e significativi che il Priore ha portato dentro di sé. “Gli altri” sono stati i suoi grandi maestri: non sacerdoti, teologi o intellettuali, bensì girovaghi, fabbri, vicini di casa, personaggi rimasti impressi nel suo animo perché si sono rivelati con la loro capacità di sorridere e con il loro infinito desiderio di comunione dei piccoli grandi maestri di umanità. “Così ho imparato molte presto a scoprire autentici tesori di umanità in poveri uomini cenciosi che tutta-
via conoscevano bene la vita perché l’attraversavano nella fatica, nell’estraneità, nell’ascoltare molto e nel parlare poco”. Non solo dunque sacerdoti che aprivano e chiudevano i cieli profetizzando sciagure o pro-
mettendo ottimi raccolti, ma soprattutto persone semplici che hanno coltivato “il proprio orto” con costanza e dedizione, la cui vita aveva un sapore semplice e genuino. La semplicità di un passato che vale la pena rivivere attraverso queste pagine. ■ (ENZO BIANCHI, Il pane di ieri, Torino, Einaudi, 2008)
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FESTA DI CARNEVALE 2011: personaggi dei periodi storici donn insti gli Illum
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SHAHBAZ BHATTI: ESSERE CRISTIANI NEL MONDO Si fa ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio agli esseri umani, se si nega ad essi il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia. Papa Paolo VI
“Non voglio posizioni di potere, voglio solo un posto ai piedi di Gesù, voglio che la mia vita,
il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo!”. Sono
queste le ultime parole di Shahbaz Bhatti, ministro cristiano nel Pakistan musulmano, brutalmente assassinato il 2 marzo scorso da estremisti islamici per non aver desistito dal difendere gli indifesi, cioè dal fare il suo dovere di Ministro delle minoranze religiose. Insegnante di scuola elementare, nel novembre del 2010 il ministro Bhatti aveva salutato il cardinale JeanLouis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, con queste parole: “So che mi uccideranno. Offro la mia vita per Cristo e per il dialogo interreligioso”. Un martire, un testimone della fede cristiana, voce delle minoranze e dei più poveri che ha fatto del suo credo non un’etichetta da strumentalizzare, ma l’anima della sua esistenza. La dimensione religiosa dell’uomo fa parte dell’esperienza umana in tutte le culture. Dalla reciproca apertura degli aderenti alle diverse religioni possono derivare grandi benefici per il dialogo tra le civiltà, la pace e il bene comune dell’umanità. E questa apertura poggia sulla consapevolezza che tra i valori comuni ad ogni cultura, perché radicati nella dignità della persona umana, si trovano i diritti fondamentali dell’uomo incluso certamente il diritto alla libertà religiosa. Shahbaz Bhatti è l’ultima vittima di un clima di intolleranza con finalità politica, che lascia una scia di sangue di tanti cristiani trucidati, tra cui Benazir Bhutto, Primo Ministro pakistano assassinata nel 2008, il Governatore del Punjab Salman Taseer Talking, i monaci trappisti di Nostra Signora dell'Atlas sequestrati e uccisi nel 1996 dai fondamentalisti dei “Gruppi islamici armati” e, ahimé, molti altri. Chi ha rivendicato la morte di Bhatti non poteva essere più chiaro: è stato ucciso “perché era un cristiano, un infedele e un blasfemo”. Il suo assassinio è parte di una guerra di religione per eliminare quanti vogliono modificare la legge sulla blasfemia. Quest’ultima è la radice di molti problemi che impediscono al Pakistan di diventare un paese multietnico e multiculturale. Dal canto loro i politici e il governo hanno mantenuto un atteggiamento debole che non ha permesso di apportare modifiche alla legge nera diventata un pretesto per dirimere controversie personali. Generalmente i cosiddetti “paesi civilizzati” stabiliscono la libertà religiosa nella Costituzione, ma la promessa legale non è sufficiente per garantirla veramente. Come tutte le libertà, anche quelle religiose sono fragili e a volte scomode. Molti vogliono queste libertà, ma non necessariamente per tutti e talvolta la maggioranza si oppone alla protezione delle libertà specialmente per la religione e per i gruppi di minoranza. Per questa ragione il diritto di professare liberamente il proprio culto ha bisogno di un forte appoggio da parte dei governi. E’ dall’affermazione incondizionata della libertà religiosa che derivano la democrazia, la pace e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo, primo fra tutti quello della sacralità della vita umana, ma tale principio di civiltà non può valere a senso unico. ■ 14
LA NECESSITA’ DI VERI CATTOLICI IN POLITICA “
Montanelli diceva: De Gasperi e
Andreotti andavano insieme a Messa e tutti credevano che facessero la stessa cosa, ma non era così: in chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete” (dal film “Il Divo”, regia di Paolo Sorrentino). Il politico romano è a colloquio col suo sacerdote. La battuta del prete è emblematica raffigurando al meglio la concezione del legame tra politica e spiritualità del Divo Giulio. “I preti votano, Dio no”, risponde laconicamente Andreotti. La Democrazia Cristiana, il partito di Andreotti, ha sempre goduto del sostegno da parte del Vaticano e ne ha fatto un punto di forza. Un interrogativo sorge spontaneo: la Chiesa ha il diritto di intervenire nella vita politica italiana? Io credo che sia giusto indicare ai fedeli quali tematiche le stiano più a cuore. Nel nostro Paese, tuttavia, c’è una strana concezione del ruolo che deve avere la Chiesa: se il suo parere è favorevole ad uno schieramento, le arrivano consensi; in caso contrario si urla all’indebita interferenza. Il centrosinistra plaude ai messaggi di apertura agli immigrati. Il centrodestra, nondimeno, conviene circa le affermazioni in appoggio alla vita, all’unicità del matrimonio tra uomo e donna, al contrasto dell’aborto. Spesso, inoltre, capita che uno stesso messaggio sia letto con favore da entrambi gli
schieramenti. “Parigi val bene una Messa”, disse l’ugonotto Enrico IV il Grande, re di Francia alludendo alla sua conversione al cattolicesimo, per poter salire al trono. Nel quadro della politica italiana, tuttavia, può ancora andare così? Può succedere che l’alta gerarchia ecclesiastica chiuda gli occhi dinanzi ai vizi e ai peccati degli uomini politici pur di ottenere “contropartite” legislative, in tema di eutanasia e di tutela del matrimonio? Il livello etico della politica è desolante:si va dai protagonisti del bungabunga a chi ama così tanto la famiglia da farsene due o tre. Da chi è passato nel giro di pochi anni dai riti pagani del Dio Po all’ipocrita difesa del crocifisso, a chi vorrebbe una società secolarizzata. Poco più di un anno il Cardinal Bagnasco rivelava il “sogno di veder nascere in Italia una nuova generazione di politici cattolici […] che sentono la cosa pubblica come importante e alta”. L’etica, il buon costume, i comportamenti assennati e morigerati sono tutte qualità rilevanti nell’amministrazione del bene comune. Chiesa e politici cattolici dovrebbero far causa comune nella difesa di valori non negoziabili, non raggiungibili con ogni mezzo, con uomini affetti da schizofrenia comportamentale, ma frutto di un percorso coerente di fede. ■
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SICURI CHE IL PROBLEMA SIA LA TAGLIA? Fucsia, giallo, arancio, verde: spazio ai colori per le collezioni primavera-estate. Mettono in
risalto l’abbronzatura e soprattutto sostituiscono le tonalità scure, indiscusse protagoniste delle stagioni fredde. Tutto ciò che c’è di grigio si colorerà recitava uno dei tanti bans che da piccoli cantavamo, alla Festa degli incontri dell’Azione Cattolica. Sarà proprio così! Lo sostengono i più affermati stilisti del momento che già provvedono ad allestire le nuove passerelle a Milano, Parigi, Londra, New York e Tokyo, capitali della moda. E chi sarà a presentare le nuove tendenze? Su questo non c’è dubbio: ragazze alte, non con un etto in più, capaci di muoversi con estrema disinvoltura su tacchi vertiginosi, sia che si tratti di indossare pantaloni, sia che si tratti di abiti o di vestitini esageratamente mini. Alcuni le definiscono indossatrici, altri modelle; nessuno stilista però ha mai ammesso di esibire le sue creazioni grazie a manichini in carne ed ossa pronti a catturare l’attenzione dei presenti e quella del pubblico a casa. Quante volte ci sarà capitato di sfogliare uno dei tanti giornali, dove gli scatti sugli eventi di moda non mancano, e di dire: “… ecco lo cercavo proprio così, questo fa per me”, quando magari a un capo così mai avevamo pensato prima? Così dopo due giorni siamo in giro a fare shopping, alla ricerca dell’ultima novità! Ecco la trovi, ma presto cominci a realizzare che se avessi una taglia in meno sicuramente ti starebbe meglio: a questo punto, nei casi migliori, lontana è l’idea del mettersi a dieta (piuttosto si cerca un altro capo). Ma non è detto che sia così: c’è anche chi quel chilo di troppo lo vuole perdere a tutti i costi facendo delle indossatrici viste in tv veri e propri esempi da seguire. Ed è a tal riguardo che molti studiosi si sono interrogati arrivando a sostenere che l’anoressia, malattia che ahimè colpisce un numero sempre più alto di ragazze (ma non solo) affonda le sue radici proprio nel mondo della moda. E allora che si fa? Semplice: eliminiamo la taglia 38 dalle passerelle, anzi smettiamo anche di venderli capi così piccoli! Ma sarà giusto? L’anoressia sta davvero diventando un gigante da affrontare e anche presto. Le sue origini sono complesse: affermare che la taglia 38 è la causa del male potrebbe essere il risultato banale di uno studio semplicistico. I giganti vanno affrontati con grande spirito critico e con estrema intelligenza. E’inutile puntare il dito contro passerelle e stilisti. Non serve eliminare la taglia 38 (pure perché non è detto che la taglia 38 sia sinonimo di anoressia). E’ vero, il mondo della moda oggi spaventa: molte modelle ahimè sono anoressiche, ma chi dice di seguire il loro esempio? Perché non guardare una sfilata semplicemente per un suggerimento sui colori trend dell’estate? In fondo, al bando l’ ipocrisia, sfoggiare le ultime tendenze piace a tanti di noi! ■ 16
UNA BOCCATA DI DIGIUNO «La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito... Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia... Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12,23.29.31).
Il digiuno in quaresima unito alla preghiera può davvero diventare un cibo per la nostra ani-
ma e il nostro corpo? proviamo a rifletterci insieme. Si può scegliere di digiunare per vari motivi, più o meno futili: c’è infatti chi digiuna per la “panza”, chi invece lo deve fare perché ha problemi di stomaco; c'è poi, purtroppo, chi lo fa ogni giorno perché malato di un male tremendo come l’anoressia. Infine ci sono poi quei fanatici, conservatori, talebani dei preti che vorrebbero farci digiunare ogni venerdì di quaresima! Sicuramente è questo quello che vi sentirete dire anche da molti “cattolici maturi”. Aggiungeranno magari che c’è già abbastanza fame nel mondo o in Africa e sarebbe peccato per noi che abbiamo il cibo non mangiarlo. Da questo si capisce la differenza tra chi ha provato a fare il digiuno quaresimale anche con semplici fioretti e chi no. Già ai tempi degli Apostoli la Chiesa ne ha proclamato l'importanza senza però proporre una legge fissa, in quanto questa pratica spirituale è direttamente proporzionata alla capacità del penitente di sopportarla. “Assicurati che nessuno ti
distolga da questa via tracciata dalla dottrina... se puoi sopportare tutto il giogo del Signore, sarai perfetto; se non puoi fai ciò di cui sei capace. Per quanto riguarda il digiuno osservalo secondo la tua forza.” (Didachè 6,1-3)
Se guardiamo alle Scritture, prima di intraprendere la sua missione nel mondo il Signore stesso ha digiunato per quaranta giorni ed ha insegnato l'esercizio del digiuno. Per il Nuovo Testamento il digiuno è un mezzo di astinenza, di pentimento e di elevazione spirituale. Io ci ho provato. Ho provato a digiunare in quaresima per comprendere cosa si provi a non mangiare un giorno. All’inizio vi confido che è stata una sfida con me stesso, una delle sfide più antiche del mondo, quella tra corpo e mente, tra desiderio e volontà; forse in fondo anche il desiderio inconscio di avvicinarmi in punta di piedi alla passione di Cristo. “Il di-
giuno, così come indica il termine, significa astenersi dal cibo; ma il cibo non ci ha mai resi né più giusti, né più ingiusti” diceva Clemen-
te Alessandrino, sottolineando così che il vero valore del digiuno è essere capaci di non diventare schiavi delle passioni e del mondo. Il digiuno dal cibo è un consiglio ascetico, e l'ascesi è una proposta, non una legge. A voi la scelta... Ascesi? ■
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LE CONSEGUENZE DELL’AMORE «Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita» (Il protagonista del film)
Un commercialista, un uomo abitudinario senza immaginazione né frivolezze; l’unica cosa
frivola è il suo nome: Titta Di Girolamo. Un elegante uomo di mezza età, da 8 anni ospite di un anonimo albergo in un’anonima cittadina del Canton Ticino. Un personaggio probabilmente affascinante, sicuramente misterioso, ritratto con i suoi stessi occhi attraverso la voce dei suoi pensieri. Per lungo tempo sullo schermo non succede splendidamente nulla: nessun evento, ma solo l’esistenza monotona e noiosa del protagonista. Il suo tempo è scandito dal fumo delle sigarette, dalle partite a carte con gli ospiti dell’albergo, dalle notti insonni e da un’iniezione di eroina una volta alla settimana, sempre lo stesso giorno, alla stessa ora, da anni. Un’evasione programmata, senza rischi: è calcolato persino il lavaggio completo del sangue, una volta all’anno. Cosa potrebbe mai cambiare questa esistenza statica e chiusa? Le conseguenze dell’amore, appunto. Almeno secondo Paolo Sorrentino, probabilmente il migliore tra i registi italiani dell’ultima generazione. Un autore che marchia su pellicola uno stile personalissimo e riconoscibile nonostante il solido tessuto di citazioni. L’amore è quello per Sofia, la giovane barista dell’albergo. Non si tratta, però, di una storia di passioni; forse lei non è neanche innamorata, ma non ha importanza: conta l’aver visto un’alternativa, una possibile via di fuga. “Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita”, le dice Di Girolamo. E’ il primo atto di una rivoluzione che lo porterà progressivamente a violare tutte le norme che lo imprigionavano, soprattutto quelle dei suoi padroni: la mafia che, per aver commesso uno sgarro, lo aveva murato vivo in quest’albergo, costringendolo al ruolo di fattorino nel riciclaggio di denaro sporco. Attraverso improvvise geometrie visive (i quadranti della porta, il flusso avvolgente delle scale), una fisicità originalissima (impercettibili i cambiamenti nel volto di Titta magistralmente interpretato da Toni Servillo), suggestioni grottesche (l’insonnia e la droga), il regista spaccia per indifferenza una sincera desolazione, mostrando un uomo né schivo né timido, ma che semplicemente non ha nulla da trasmettere (Di Girolamo che ammette la sua verità: “Cosa devo dire? Io sono un commercialista”). E’ questo il vero noir: il depistaggio non dei fatti – la catena degli eventi è voluto ricalco di un topos - ma delle multiformi sensazioni dell’uomo. La linea temporale subisce continue variazioni con numerosi dettagli ed angolazioni sempre nuove: quasi filosofica è l’inquadratura in cui il protagonista è rovesciato e giace all’incontrario proprio come la sua esistenza. La mano di Sorrentino è quasi miracolosa nel controllare la macchina da presa ed inclinarla al senso del racconto, usando sterzanti piani-sequenza che sembrano accarezzare volti ed oggetti: un cinema personale che rifiuta ogni filtro. La conclusione è memorabile: nonostante l’espediente dell’omissis narrativo tipicamente recuperato in pochi flashback (un’esecuzione, un milione di dollari, una vetta innevata), l’autore in fondo chiude un discorso molto più interiore. Quindi soltanto il silenzio, il tramonto, il crepuscolo: così il Cinema scioglie il ghiaccio di ogni lacrima. Buona Visione. ■
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BU...ona DA...vvero PE...r ST...arci Budapest è la capitale dell’Ungheria e dista solo poco più di due ore di aereo dall’Italia.
Questa città dell’Europa orientale racchiude molti più tesori di quanti se ne possano pensare: non molto conosciuta, questa perla in mezzo ai Balcani ha invece davvero molto da offrire. La meta, in quanto poco gettonata, ha prezzi abbordabilissimi, sia per il biglietto aereo che per quel che riguarda il soggiorno. Anche se gli euro sono ufficiosamente accettati, vi consiglio di convertire un po’ di euro nella nazionale moneta, il fiorino ungherese, che vi servirà per le piccole spese. Muoversi qui è semplice: le linee della metropolitana rendono agevoli gli spostamenti ed i taxi non sono cari. È interessante sapere che la città è formata dalle due città di Buda e Pest, unitesi solo a metà ’800. Prima esse erano indipendenti e divise dal Danubio che attraversa la città. Una mini-crociera sul fiume è indicata per osservare la città e cogliere le preziose meraviglie visibili sulle sue sponde come il maestoso Parlamento in stile neogotico, l’isola Margherita che sorge in mezzo al Danubio, e gli innumerevoli ed enormi ponti che si susseguono l’uno dopo l’altro, particolarmente suggestivi di notte, quando sono illuminati da mille luci. Tra i luoghi di culto vi segnalo la Chiesa di San Mattia, capolavoro corredato di preziose vetrate ed affreschi e la Sinagoga ebraica, la più grande d’Europa e la terza nel mondo (tuttora a Budapest è presente la più grande comunità ebraica europea). Un giro nel cuore della città è d’obbligo: numerosi sono i musei d’arte che richiameranno la vostra attenzione, ma molte sono le bellezze che si possono scorgere semplicemente passeggiando per la città. A dir poco maestosa è ad esempio la Piazza degli Eroi con statue a semicerchio che ricordano tredici personaggi tra i più importanti della storia ungherese. Proseguendo per le vie cittadine, vi troverete davanti all’antica Pasticceria Gerbeaud situata in un caratteristico palazzo d’epoca in piazza Vörösmarty dove potrete gustare meraviglie finemente preparate in un ambiente raffinato e nostalgico. Se siete alla ricerca di qualche souvenir tipico (come il salame ungherese, il liquore Unicum in miniatura e la paprika) vi consiglio il grande mercato coperto, immenso bazar di prodotti ungheresi: ne rimarrete affascinati. Non potete lasciarvi sfuggire una visita nei dintorni di Budapest. Apprezzerete la bellezza della campagna e potrete osservare l’architettura delle casupole magiare, che si susseguono l’una dopo l’altra a perdita d’occhio. Inoltre, tra i vari paesini attorno alla capitale, è facilissimo trovare caratteristici locali per entrare pienamente nell’atmosfera ungherese: danzatrici e suonatori vi intratterranno con la musica folkloristica e balli ungheresi e intanto potrete gustare il goulash e il locale vino bianco tokaj. Un consiglio: se andate in inverno, come è capitato a me, portate il tipico abbigliamento da montagna. Di notte la temperatura scende sempre sottozero ed anche il giorno è molto freddo e spesso nevica… però ne vale la pena: è stata per me un’emozione vedere per la prima volta una neve così “ghiacciata” da poter addirittura scorgere ad occhio nudo le for19 me di ogni singolo cristallo di neve. ■
LA PIETA’
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STORIE... IL FABBRICANTE DI MATITE In principio,il Fabbricante di matite parlò alla Matita dicendo: ”Ci sono cinque cose che devi sapere prima che io ti mandi nel mondo. Ricordale sempre e diventerai la miglior matita che possa esserci.”
1°: potrai fare grandi cose, ma solo se ti lascerai portare per mano; 2°: di tanto in tanto dovrai sopportare una dolorosa “temperata”, ma è necessario se vuoi diventare una matita migliore; 3°: avrai l’abilità di correggere qualsiasi errore tu possa fare; 4°: la parte più importante di te sarà sempre al tuo interno; 5°: a prescindere dalle condizioni, dovrai continuare a scrivere e lasciare sempre un segno chiaro e leggibile, per quanto difficile sia la situazione. La Matita ascoltò, promise di ricordare, ed entrò nella scatola comprendendo pienamente le motivazioni del suo Fabbricante. Ora sostituisciti alla Matita; non dimenticare mai le cinque regole, ed anche tu diventerai una persona migliore.
1°: potrai fare grandi cose, ma solo se permetterai a Dio di tenerti per mano. Permetterai così ad altri esseri umani di accedere ai molti doni che possiedi; 2°: di tanto in tanto sperimenterai una dolorosa “temperata”, attraversando vari problemi, ma ti servirà per diventare una persona più forte; 3°: sarai capace di correggere o superare gli errori che potrai fare. 4°: la parte più importante di te sarà sempre quella interna; 5°: qualsiasi superficie camminerai, dovrai lasciare il tuo segno. Non importa quale sarà la situazione, dovrai continuare a servire Dio in tutto.
UNA MATTINATA MOVIMENTATA Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un'ottantina di anni arrivò per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice. Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9,00. Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltre un'ora prima che qualcuno potesse vederlo. Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita. Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita. Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta. L'anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie. Mi informai della sua salute e lui mi raccontò che era affetta da tempo dall'Alzheimer. Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po' tardi. Lui mi rispose che lei non lo riconosceva già da 5 anni. Ne fui sorpreso, e gli chiesi: "E va ancora ogni mattina a trovarla anche se non sa chi è lei?" L'uomo sorrise e mi battè la mano sulla spalla dicendo: "Lei non sa chi sono, ma io so ancora perfettamente chi è lei..." Dovetti trattenere le lacrime... Avevo la pelle d'oca e pensai: "Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita". Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà…
Tutti siamo come una Matita, tutti siamo creati dal Creatore per un unico e speciale scopo. Comprendendo e ricordando, facciamo in modo di vivere la nostra vita su questa terra avendo uno scopo pieno di significato nel cuore ed una quotidiana relazione con Dio. Sei fatto per fare grandi cose!
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La preziosità del silenzio Il silenzio è mitezza:
quando non rispondi alle offese, quando non reclami i tuoi diritti, quando lasci a Dio la tua difesa e il tuo onore! Il silenzio è magnanimità:
quando non riveli le colpe dei fratelli, quando perdoni senza indagare sul passato, quando non condanni, ma intercedi nell’intimo. Il silenzio è pazienza:
quando soffri senza lamentarti, quando non cerchi consolazioni umane, quando non intervieni, ma attendi che il seme germogli. Il silenzio è umiltà:
quando taci per lasciar emergere i fratelli, quando celi nel riserbo i doni di Dio, quando lasci che il tuo agire sia male interpretato, quando lasci ad altri la gloria dell’impresa. Il silenzio è fede:
quando taci perchè è Lui che agisce, quando rinunci alle voci del mondo per stare alla Sua presenza, quando non cerchi comprensione, perchè ti basta essere conosciuto da Lui. Il silenzio è saggezza:
quando ricorderai che dovremo rendere conto di ogni parola inutile, quando ricorderai che il diavolo è sempre in attesa di una tua parola imprudente per nuocerti e uccidere. Il silenzio è adorazione:
quando abbracci la croce, senza chiedere il perché, nell’intima certezza che questa è l’unica via giusta. Da un documento di S. Giovanni della Croce
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RECITA C
GRAZIE iesa di Suore Figlie della Ch Alla Comunità delle in occi accoglienza donata Roma per l’amicizia e del Covisita per il concerto a str no lla de ne sio ca nità iversitaria per la Solen ro della Cappella Un loro l Signore e Festa della dell’Annunciazione de Famiglia Religiosa
AUGURI A Suor Lilia per il suo arri vo nella nostra Comunità
alla Nonna Tosca è tornata Casa del Padre. ia è vicina alla La Cappella Universitar Maddalena famiglia della Dott.ssa Comunità, Cioni, grande amica della cara mamma e per la perdita della sua . nonna di tutti i ragazzi
AUGURI i della ai neo-laureat versitaria Cappella Uni
Dott.ssa Maria Assunta Laurea in Programmazione e Gestione delle Politiche e dei Servizi Sociali
Dott.ssa Cristina Laurea in Archeologia
OMUNIT ARIA DE L ROSARIO ogni GIOV EDI’ di ma ggio ore 19.00
ADORAZIONE EU CARISTICA ogni primo GIOVED
I’ del mese: ore 19.00 : silenziosa ore 21.00: comunit aria con gli amici seminaristi de l seminario di Siena Prossimi appuntamen ti: 5 maggio; 2 giugno PELLEGRIN AGGIO A MONTE OL IVETO MAG GIORE (a piedi...) partenza da Siena con ta ppa intermed ia per la notte 11-12 giugno ICO MONAST D N E K E WE ZI” “RAGAZ Prad’Mill o aster di n o M il o press gio 27-29 mag
WEEK END MONASTIC O “RAGAZZ E” presso il Mo nastero di Is ola San Giu lio 13-15 maggio
Per suggerimenti e osservazioni sul giornalino: nerosubianco@capunisi.it (aiutaci a migliorarci!!!!)
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