ALLESTIMENTO E USO TEMPORANEO Strumenti per la riattivazione dei micro spazi urbani
TESI DI LAUREA TRIENNALE
Nicolò Chierichetti Matr. 847205
ALLESTIMENTO E USO TEMPORANEO Strumenti per la riattivazione dei micro spazi urbani
POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni Corso di Laurea in Progettazione dell’Architettura Classe L17 - Scienze dell’architettura A.A 2018/2019 - sessione Settembre 2019 Relatrice Prof.ssa Lola Elisabetta Ottolini
Indice Index
01. ABSTRACT
08
02. ANTEFATTI DEL RIUSO TEMPORANEO | Introduzione
13
03. POLITICHE E STRUMENTI OPERATIVI
21
3.1 LE POLITICHE in ambito internazionale 3.2 RIFERIMENTI NORMATIVI casi emblematici sul territorio nazionale 3.3 STRUMENTI OPERATIVI
04. IL PERCHÈ DELL’USO TEMPORANEO 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5
45
IL contrasto al consumo di suolo La valorizzazione dell’esistente L’adattabilità e la flessibilità della destinazione La riduzione dei costi di intervento La riduzione dei tempi di intervento
05. DOVE E CON CHI AGISCE IL RIUSO TEMPORANEO 5.1 DOVE 5.1.I 5.1.II 5.1.III 5.1.IV
Tipologie ed esempi di spazi Edifici funzionalmente dismessi Public Art e Street Art “Guerrilla Gardening” e i giardini condivisi Beni confiscati alla mafia
5.2 CHI
Gli attori del temporaneo
55
06. IL CASO MILANESE: alcuni esempi
69
07. CONCLUSIONI
93
08. BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA, INDICE DELLE FIGURE
96
7
catalisi; /ca·tà·li·si/ Fenomeno in virtù del quale una sostanza, detta catalizzatore, presente anche in piccola quantità, modifica la velocità di una reazione chimica, senza entrare a far parte della composizione dei prodotti finali e senza variare lo stato di equilibrio della reazione stessa; [1] L’esplorazione del tema della “Catalisi
Dal 2001 al 2003 la ricerca mira ad
Urbana” (Urban catalyst) [2] ha inizio con
indagare il potenziale dell’uso temporaneo
il lavoro dell’omonimo gruppo di ricerca
come motore di trasformazione urbana in
della Berlin’s Technical University negli
cinque differenti città Europee, in quanto
anni ’90, finanziato dalla comunità Europea.
si cominciò a notare come uno sviluppo definito
“informale”
fosse
divenuto
il
L’origine del nome è quasi provocatoria e
primo indicatore per una pianificazione
vuole essere una sinestesia[3] dialettica tra
programmata, un indice per le grandi
la catalisi, fenomeno chimico e l’aggettivo
realtà per definire quali fossero i principali
urbano, due termini solitamente non
luoghi su cui intervenire e investire, e
accostati tra di loro. Con questa terminologia
sulle quali passare da una pianificazione
si vuole intraprendere il racconto di realtà
informale ad una più formale. La principale
che vengono trasformate grazie a micro-
trasformazione avvenuta grazie a questo
interventi (i catalizzatori) e i vari usi non
studio fu proprio nel concepire questa realtà
pianificati e informali di questi spazi, che
non come antitetica alla pianificazione
non rientrano nelle competenze della
usuale e come un problema, bensì come
pianificazione urbana tradizionale.
componente fondamentale per lo sviluppo di nuove strategie progettuali.
Voce Catalisi, in Enciclopedia Treccani online (vd. http://www.treccani.it/vocabolario/catalisi/) P. Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz, Urban Catalyst. The power of temporary uses, DOM Publishers, Berlino 2014 è la pubblicazione dell’omonimo gruppo di ricerca che negli anni novanta ha indagato sugli effetti dell’uso temporaneo sulla pianificazione dello spazio urbano e sulle relative dinamiche sociali e progettuali. La ricerca è stata finanziata dall’Unione Euripea (Key Action 4 “City of Tomorrow”) in collaborazione con l’università di Berlino. [3] Il termine “sinestesia” qui adoperato è da intendersi come accostamento di un sostantivo e un aggettivo che appartengono a due ambiti differenti. L’abbinamento è proposto dalla omonima ricerca op.cit. nota 2 come parallelo tra il fenomeno chimico e il fenomeno di “riattivazione” dovuto ad esperienze di uso temporaneo, quali catalizzatori. [1]
[2]
ABSTRACT, introduzione.
Obiettivo di questa ricerca è quindi indagare
spontanei che normalmente risulterebbero come
su
intervento
marginali o addirittura non considerati. Questo
di urbanistica tattica [4], dove la dimensione
approccio è esistito fin dalla seconda metà
partecipativa assume un ruolo predominante
del diciannovesimo secolo, nel suo periodo di
nella definizione delle future trasformazioni;
massimo sviluppo, dovuto anche dalla transizione
l’uso temporaneo dello spazio pubblico diviene
dal Fordismo [5] ad un’economia Knowledge-based
il protagonista della riattivazione degli spazi
e ad una densificazione delle attività, portando
marginali, di quei luoghi all’interno della città
ad avere aree dense di funzioni ed altre lasciate
densamente costruita che restano a lungo inattivi,
senza alcun programma a breve termine. Ed è
in “letargo” grazie all’intervento, consapevole o
proprio a partire dai vuoti urbani che la ricerca
non, di tutti coloro che “abitano” questi spazi.
vuole soffermarsi e porre maggiore attenzione.
questi
metodi
alternativi
di
Pianificazione e trasformazione spontanea sono generalmente definite come due poli opposti,
L’uso temporaneo nel maggior numero dei casi
e ancor di più si pensa all’uso informale dello
è quindi non programmato, ma è presente in
spazio come un’interferenza dei progetti originali
numerose grandi città e gioca un ruolo importante
– ma proprio da questa contraddizione si sviluppa
nella realtà urbana e sociale, nonché nel loro
la ricerca, sulla distinzione (o unione) tra
sviluppo. Ogni (ri)uso temporaneo ha il suo punto
pianificazione della città e uso urbano informale.
di inizio in edifici non utilizzati (o scarsamente) e
Quindi, l’uso temporaneo quale importante fattore
in quegli spazi interstiziali solitamente dimenticati
per lo sviluppo della città, può essere incorporato
e svalutati.
nella pianificazione? E come una progettazione può essere spontanea? E viceversa, può il non-
Può quindi un uso temporaneo, inconsapevole,
pianificato
informale essere la scintilla per la riattivazione,
diventare
pianificato,
l’informale
diventare formale?
riqualificazione e pianificazione di questi spazi
Questa analisi poggia quindi le proprie basi
silenti?
sull’esame di processi non programmati e cfr. M. Lydon, A. Garcia, Tactical Urbanism Short term action for long term change, Washington, Island press, 2015. «Si tratta di un approccio alla soluzione di problemi alla scala di quartiere che agisce sull’ambiente urbano sviluppando diverse policies. In particolare interviene sullo spazio pubblico grazie al coinvolgimento della cittadinanza, utilizzando interventi temporanei e a basso costo. Il Tactical Urbanism è utilizzato da numerosi attori del panorama urbano, tra cui ad esempio il governo locale, le società private, aziende no-profit, gruppi di cittadini ma anche singoli individui.» [5] cfr. E. Armano, C.A. Dondona, F. Ferlaino (A cura di), Postfordismo e trasformazione urbana - Casi di recupero dei vuoti industriali, Ires, Torino 2016. “Post-fordismo”: «in economia, la fase di sviluppo industriale che caratterizza gran parte delle economie più avanzate a partire dagli ultimi decenni del 20° secolo in cui la precedente produzione di massa tipica del fordismo viene sostituita da una maggior riflessione e organizzazione di tempistiche, tecniche e modalità.» [4]
catalyst; /kae·tà·li·st/ Phenomenon by which the speed of a chemical reaction is modified by the presence of small quantities of substances (catalysts) that are not consumed during the reaction, not becoming part of the final products; The exploration of the theme of “Urban
From 2001 to 2003 the study tries to
Catalysis” begins with the work of the
investigate the potential of temporary use
homonymous research group of the Berlin’s
as an engine of urban transformation for
Technical University in the 1990s, funded
five different European cities, as it began
by the European community.
to be noticed that a development seen as “informal” had become the first indicator for
The origin of the name is almost provocative
a planned planning, an index for the great
and aims to be a dialectical synaesthesia
realities to define which were the main
between catalyst, a chemical phenomenon
places on which to intervene and invest,
and the urban adjective, two terms that are
and on which to move from an informal
not usually combined. With this neologism
planning to a more formal one.
we want to undertake the narration of realities that are transformed thanks to
The main transformation that took place
micro-interventions (the catalysts) and
thanks to this study was precisely in
the various unplanned and informal uses
conceiving this reality not as antithetical
of these spaces, which are not normally
to usual planning and as a problem, but
included
as a fundamental component for the
within
the
competence
traditional urban planning.
of
development of new design strategies.
ABSTRACT, introduction.
The aim of this research is first of all to investigate
would normally pass as marginal or would not
these new methods of tactical urban planning,
even been considered.
where the participatory dimension assumes
This type of use of community spaces shouldn’t
a predominant role in the definition of future
be considered marginal, nor as something
transformations; the temporary use of public
innovative. It has existed since the second half of
space becomes the protagonist of the reactivation
the nineteenth century, in its period of maximum
of the marginal spaces, of those places within the
development, due also to the transition from
densely built city that remain inactive for a long
Fordism to a Knowledge-based economy and to a
time, in “lethargy” thanks to the intervention, aware
densification of activities, leading to dense areas
or not, of all those who “inhabit these spaces.
of activities / offices / places of aggregation and others left without any short-term schedule. And it
Spacial design and urban-social realities are
is precisely here that the research wants readers
generally defined as two opposite poles, and even
to pay more attention.
more if we think of the informal use of space as an interference of original projects - but it is exactly
Temporary use in most cases is unplanned, but
from this contradiction that the research starts,
it is present in many large cities and plays an
from the distinction (or union) between urban
important role in urban and social realities, as
planning and informal use. So can temporary use,
well as in their development.
as an important factor for the development of the
Each temporary (re)use has its starting point in
city, be incorporated into traditional planning?
unused (or poorly used) buildings and in those
And how can it open up to social spontaneity? And
interstitial spaces that are usually forgotten and
vice versa, can the unplanned become planned,
de-valued.
the informal become formal? Can it be a temporary, unconscious, informal use This analysis begins on the examination of
to be the spark for the reactivation, requalification
unscheduled and spontaneous processes that
and re-planning of these silent spaces?
12
Introduzione
IL PRIMO INCONTRO CON L’INFORMALE
ANTEFATTI DEL RIUSO TEMPORANEO La pianificazione informale è divenuta negli ultimi decenni la protagonista nello scenario nazionale ed internazionale sul tema della progettazione dello spazio urbano: da dove scaturisce e quali sono gli obiettivi che si prefigge? In che modo ha trovato spazio nella pianificazione dellà città? Il riuso temporaneo è un fenomeno che
Nello scritto The temporary City di P. Bishop
sta entrando profondamente della realtà
e L. Williams [3], viene illustrata una serie di
quotidiana solamente negli ultimi decenni e
tattiche e iniziative volte alla riattivazione
si presenta come una risposta al fenomeno
degli spazi marginali, re-immaginando lo
dello shrinkage (contrazione urbana) per il
spazio attraverso piccoli interventi dinamici,
quale il numero di vuoti urbani all’interno del
ma capaci di trasformazioni importanti.
[1]
tessuto della città è destinato ad aumentare, portando ad avere tante superfici senza uso
Queste “scintille” hanno la conseguenza di
o attenzione sufficienti, in contrasto a spazi ed
movimentare il mercato attivando i vuoti
edifici di nuova progettazione. La risposta a
urbani e restituendo a quest’ultimi il loro
questo problema è la pianificazione definita
valore.
come bottom-up , ovvero una progettazione
Williams è un concetto complesso, definisce
che parte dalla situazione attuale per
un periodo finito che ha un inizio e una
raggiungere un obiettivo, prefissandosi una
fine ben definito, ma allo stesso tempo il
serie di passaggi successivi e traguardi
“temporaneo” non può essere definito come
intermedi, al fine di evidenziare il potenziale
tale fino al momento della sua conclusione.
[2]
Il “temporaneo” secondo Bishop e
degli spazi inattivi.
«An unplanned phenomenological outcome of economic and political decisions that result in an excess of urban space, buildings andobsolete properties», op. cit. Oswalt 2005 [2] Voce Bottom-up in Enciclopedia Treccani - «Strategia che regola la gestione di conoscenze e la risoluzione di problemi, applicata in particolare allo sviluppo dei software informatici, ma estesa anche ad altre teorie scientifiche e umanistiche. In generale, l’approccio b.-u. («dal basso verso l’alto») è un processo di sintesi, da elementi base fino a un sistema complesso». [3] P. Bishop, L. Williams, The temporary city, Routledgem, New York 2012 [1]
(RI)USO TEMPORANEO, l’inizio Il riuso temporaneo è un tema che sta diventando sempre di più oggetto di attenzione negli ultimi decenni, ma non è un tema né innovativo né marginale. È presente fin dalle prime rivoluzioni industriali e ha subito il periodo di maggior sviluppo nella seconda metà del diciannovesimo secolo, ed una crescita sempre maggiore dai primi decenni degli anni novanta. Dopo un iniziale crescita nella produzione immobiliare in questi anni, che portò alla costruzione di nuovi immobili in un totale interesse economico, la situazione mostrava come vi fosse un gran numero derivato di “spazi secondari” che rimanevano però malamente gestiti e quindi in secondo piano. Il “side-effect” di questo boom edilizio fu proprio la frammentazione dello spazio urbano, precedentemente concepito come un unicum, e la definizione di quegli spazi interstiziali generati dalla concentrazione delle attività in punti strategici: inbetween spaces [4] è proprio la definizione che il gruppo di ricerca Urban Catalyst dà a questi spazi. Un interesse che quindi si concentra sui nuovi “poli edilizi” ma che porta ad una mancanza di attenzione agli spazi di mezzo, spazi “di nessuno”. Proprio dal nuovo millennio si avvia in risposta un approccio definito da Margaret Crawford come “Everyday Urbanism” [5], ovvero un’urbanistica del quotidiano con cui porre maggior attenzione alla stratificazione degli usi dello spazio pubblico nella società e ai veri utilizzatori
dello spazio. Questo tipo di approccio potrebbe essere l’unico metodo in grado di comprendere al meglio il grado di complessità della realtà urbana, una dimensione che non deve essere puramente funzionalista, ma che deve prendere in considerazione l’evoluzione e stratificazione di usi e funzioni nel corso del tempo. Dalla seconda metà del XX secolo [6], la pianificazione urbana fa riferimento a quei movimenti del modernismo classico ed influenzate dalla democrazia sociale: la pianificazione della città è affidata al diretto intervento della cittadinanza, una progettazione partecipata diremmo oggi, in cui il “pubblico” è il protagonista della trasformazione. Dagli anni ‘70, questo ideale viene però sostituito dal modello delle corporate city [7] in cui al centro dell’attenzione viene invece posto nuovamente l’investimento privato. Da una parte troviamo quindi la necessità di valorizzare un patrimonio già esistente, mentre dall’altro un interesse privato dell’imprenditoria che punta sulla costruzione ex-novo. L’aspetto interessante tuttavia, è come queste zone abbandonate e marginali si propongano come luoghi ideali per permettere ai cittadini di esprimere la loro creatività e reinventare lo spazio urbano, spesso inconsapevolmente. Sfruttando quelle che non verrebbero di certo definite “aree potenziali” o di interesse economico, questi attori trasformano gli spazi marginali, restituendo un senso ai luoghi temporaneamente non utilizzabili dal mercato immobiliare tradizionale.
Iniziale Boom economico e immobiliare
Modello delle “Corporate Cities”
1970
ANNI 90
1954
Giancarlo De Carlo espone alla X Triennale di Milano
P. Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz, Urban Catalyst. The power of temporary uses, DOM Publishers, Berlino, 2014, pp. 7-11 Ivi, pp. 151-156 [6] I. Inti, G. Cantaluppi, M. Persichino, TEMPORIUSO: Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, Altreconomia, Marzo, 2015, pp. 15-16 [7] Ibidem [4]
[5]
2.600
2.200
1.800
1.400
1.000
1
2
3
4 2001
1999
2000
1997
1998
1995
1996
1993
1994
1991
1992
1990
1988
1989
1987
1985
1986
1983
1984
1981
1982
1979
1980
1977
1978
1976
1974
1975
1972
1973
1971
1970
1969
1967
1968
1965
600 1966
Prezzi medi reali di nuove costruzioni (euro/mq)
I quattro cicli del mercato immobiliare italiano (1965-2001)
Semestri
Un esempio, avanzato dallo stesso gruppo Urban Catalyst [8], è quello di Berlino nei primi anni ’90. Qui diverse azioni al di fuori della pianificazione tradizionale contribuirono alla trasformazione della città, soprattutto negli spazi indefiniti tra gli edifici. Si andavano a delineare una serie di circoli privati, feste improvvisate in aree industriali, mercati poco legali e altri tipi di attività, soprattutto nella parte est di Berlino. Altre attività includono street art, mostre, rave ed eventi discografici, così come la vendita di oggetti artigianali, e questi spazi interstiziali cominciarono ad avere una lenta crescita economica, diventando una forte e importante risorsa per la città.
importante indice di sviluppo urbano e sociale: l’idea di sviluppo dei “temporary users” è ben lontana da quella del governo della città. Il tema del temporaneo viene infatti solitamente posto in contraddizione alla permanenza, alla definizione di qualcosa di duraturo. Tuttavia, interpretando il concetto di temporaneo, si scopre una metodologia di intendere lo sviluppo urbano che consiste in un “progetto” flessibile, dinamico, senza definire uno stadio conclusivo del progetto, ma andandolo ad inserire in un flusso continuo, quasi indefinito. È la pluralità di possibilità del temporaneo che si distacca dalla definizione singolare di un progetto permanente e definito nel suo stadio finale.
Purtroppo, le amministrazioni comunali, allora come oggi, tendono ad interpretare queste realtà come interferenze allo sviluppo urbano, e non come un
Gruppo di ricerca “Urban Catalyst”
2001
2000
Crollo del mercato immobiliare + “Everyday Urbanism”
[8]
2009
TempoRiuso e la comparsa delle prime associazioni per il riuso temporaneo
op. cit.
15
Già dal 1954[9], in Italia, è Giancarlo De Carlo che organizza in occasione della X Triennale di Milano una serie di approfondimenti dal titolo “Una lezione di Urbanistica” [10] legati al tema della città e alla posizione con cui il cittadino vi si inserisce. L’oggetto dell’esposizione è l’indagine e la dimostrazione di come una società gestita da burocrati e funzionari amministrativi non sia in realtà il miglior modo di agire, e che possa anzi avere diversi riscontri negativi. Lo studio indaga su come potesse essere proprio il cittadino ad agire in prima persona nella ridefinizione dello spazio urbano.
Allo stesso modo nel 1970 il sociologo Lucius Burckhardt [11] pone delle critiche alla pianificazione tradizionale funzionalista, proponendo un metodo di “pianificazione aperta” che si distaccasse dalla tradizionale metodologia “analisi-progetto”, bensì verso il non programmato, in modo che potesse accogliere nel tempo usi diversi ed imprevisti. Anche James Corner [12], nel saggio Terra Fluxus[13], spiega come bisogni liberarsi dai modelli di pianificazione funzionali e fissi, ma si debba invece perseguire un modello che tenga conto delle possibili trasformazioni nel tempo e dei cambi di usi e funzioni.
Peter Cook (Archigram) “Instant City, Before IC”, 1969 Inchiostro su Carta, 32,2 × 46 cm © Collezione Frac Centre / Philippe Magnon
16
Numerosi sono i gruppi che nel diciannovesimo secolo piano piano cominciano ad interrogarsi sul tema del temporaneo, tra questi è il gruppo Archigram[14] che nel 1968-70 inizia a propagandare interventi minimi e provocatori, come “Instant City” in cui strutture gonfiabili e facilmente smontabili sono utilizzate per rivitalizzare la città. Una serie di illustrazioni di Peter Cook[15], fondatore di Archigram, rappresenta perfettamente il processo seguito dal gruppo Urban Catalyst nello studio dei processi di trasformazione temporanea dallo stato di fatto, passando per l’evento catalizzatore, fino alla definizione dell’uso. Tra il 2000 e il 2010 il crollo del mercato immobiliare comporta una progressiva chiusura degli impianti industriali, commerciali e la migrazione di migliaia di persone: tutti questi sono fattori che portarono ad una maggiore attenzione sul tema dell’auto-organizzazione spaziale e su nuovi usi e funzioni da utilizzare negli spazi in abbandono per la loro riattivazione. L’evoluzione del quadro economico-finanziario ha comportato quindi un sempre maggiore e progressivo ripensamento dei tempi e delle modalità di trasformazione della città rispetto ai modelli consueti della pianificazione urbana tradizionale.[16] Nello specifico, il fenomeno ha portato ad una riflessione sulle strategie di riqualificazione e riattivazione dello spazio collettivo, alle diverse scale d’intervento, e sulla definizione delle relative modalità di attuazione e definizione, al fine di applicarle alla realtà attuale. L’uso temporaneo si pone come obiettivo quello di contribuire alla riattivazione del patrimonio esistente non utilizzato, architettonico e non, quale scintilla del processo di valorizzazione delle aree da riqualificare, in cui il “valore” si identifica non solo con l’aspetto economico, ma anche con quello sociale. È una tipologia di intervento sempre più diffusa che coinvolge dapprima i cittadini, fino alle amministrazioni pubbliche e ai
professionisti, tutti con lo stesso obiettivo di valorizzare e riattivare questi spazi “utopici” [16] marginali che caratterizzano tutte le realtà urbane. È lo studio “Urban Catalyst” [17] di O. Oswalt, K. Overmeyer P. Misselwitz a dare l’avvio tra il 2001-2003 alla omonima ricerca su 5 città europee (Helsinki, Amsterdam, Berlino, Vienna e Napoli), indagando sulle potenzialità degli usi temporanei in quelli che sono spazi abbandonati e di scarso pregio come motore per la trasformazione urbana. L’obiettivo è quello di dimostrare come questi usi informali siano la risposta e la soluzione alla definizione di questi spazi incerti, dove invece la logica immobiliare e la pianificazione urbana avevano fallito. La rigenerazione degli spazi vuoti, così intesa, permette di evitare i costi troppo elevati, le lente burocrazie delle amministrazioni e l’opposizione dei comitati locali.
Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz, Urban Catalyst. The power of temporary uses DOM Publishers, Berlino, 2014
Ibidem, nota 6 Una lezione di Urbanistica è il titolo del filmato proposto da Giancarlo De Carlo e Billa Zanuso in occasione della X triennale (1954) in cui trattano del tema della “Città partecipata” [11] Lucius Burckhardt è stato un sociologo e urbanista svizzero. È noto per essere il padre fondatore della “promenadologia” ovvero un metodo di percezione e studio del paesaggio e di come l’uomo modifica lo spazio con le sue attività e la progettazione. [12] James Corner (1961-) è un architetto paesaggista e teorico le cui opere si concentrano sullo «sviluppo di approcci innovativi verso la progettazione architettonica del paesaggio e l’urbanistica». [13] J. Corner, “Terra Fluxus” in The Landscape Urbanism Reader, Princeton Architectural Press, New York, 2006. È l’opera in cui l’autore descrive i vari temi portanti del Landscape Urbanism, in particolare all’idea di paesaggio come sfondo neutro per ospitare qualsiasi rappresentazione. [14] Archigram fu un gruppo di avanguardia architettonica formatosi negli anni sessanta del Novecento, con sede presso l’Architectural Association di Londra. [15] Peter Cook (1936-) è uno dei fondatori del gruppo Archigram. [16] La parola deriva dal greco οὐ «non» e τόπος «luogo»; [quindi «luogo che non esiste»] vuole indicare liberamente “spazi silenti”, potenzialmente valorizzabili ma non nel contingente. [17] op. cit. [9]
[10]
17
Alcuni anni dopo, in Italia, il collettivo TempoRiuso[18] avvia una serie di sperimentazioni di riuso temporaneo di edifici di archeologia industriale. Il progetto accoglie 15 atelier di designer, stilisti, architetti, video-maker, artigiani per la durata di 3 anni, e con possibilità di rinnovo. Con la Delibera comunale n. 669 del 30 Marzo 2012[19]., il collettivo TempoRiuso entra a far parte anche di un protocollo d’intesa tra il Politecnico di Milano e il Comune di Milano, quale prima sperimentazione di politiche pubbliche di riuso temporaneo di spazi sottoutilizzati, sebbene ancora non vi fosse una normativa a livello nazionale. Negli stessi anni, si avvia il primo esperimento in cui un Piano di Occupazione si fonde ad un Programma di Riqualificazione Urbana, a Zaragoza, con l’iniziativa Estonoeseunsolar [20]. L’obiettivo è la rigenerazione di una serie di lotti urbani in disuso nel tessuto storico, e quindi nella città più consolidata.
Una maggiore attenzione allo spazio pubblico ci mostra come, in assenza di uno sviluppo pianificato, molte aree diventino spazio libero di sperimentazione per nuove attività e nuovi interventi sociali. Tali spazi sono appunto i protagonisti degli interventi di innovazione da parte dei cittadini, i veri protagonisti e indicatori della trasformazione che assieme alle associazione culturali e ai volontari sperimentano il tema dell’uso temporaneo quale catalizzatore per la riattivazione dello spazio. L’obiettivo di questo continuo processo di valorizzazione e rigenerazione del patrimonio esistente, considerato dal punto di vista della temporaneità, è quello di mostrare alle pubbliche amministrazioni l’importanza e l’incredibile contributo che processi informali e spontanei possono apportare alla pianificazione della città nei programmi di rigenerazione e riattivazione urbana.
In alto: un esempio di vuoto urbano a Zaragoza riqualificato a piazza pubblica Nella pagina seguente: un orto botanico pubblico in un vuoto urbano di Zaragoza, Spagna Progetto del 2009: 390 metri quadrati di spazio riattivato
Temporiuso è un’associazione culturale per la promozione di progetti di riuso temporaneo di spazi in abbandono ed è anche una rete di collaborazioni con associazioni, attivisti e ricercatori a scala locale ed internazionale. I fondatori sono Isabella Inti, Valeria Inguaggiato, Giulia Cantaluppi, Andrea Graglia e dal 2011 Matteo Persichino. [19] Il testo integrale è disponibile all’indirizzo http://www.temporiuso.org/wp-content/uploads/2014/01/DOC-DELIBERA-COMUNALE_Temporiuso-per-Milano.pdf [20] Estonoesunsolar è un collettivo che ha iniziato i suoi interventi di riuso temporaneo a Saragozza, in Spagna. Il nome significa “questo non è uno spazio vuoto” e si pone gli stessi obiettivi dell’associazione Temporiuso, ovvero avanzare una serie di proposte di occupazione temporanea per la riattivazione e riqualificazione di spazi marginali. [18]
18
20
IL RUOLO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
POLITICHE E STRUMENTI OPERATIVI In che modo le principali città Italiane ed Europee hanno integrato il temporaneo nella pianificazione e programmazione della vita cittadina? Come si inserisce questa nuova modalità nell’ambito tecnico-burocratico delle amministrazioni locali? Il tema del riuso temporaneo dello spazio
non trovano un’espressione in una normativa
urbano è quindi un tema molto attuale che si
nazionale più generale.
consolidato solamente negli ultimi decenni.
È interessante analizzare gli strumenti di cui
Questa forma innovativa di progettazione
si sono dotati i principali organi di governo
partecipata si fonda su una serie di processi e
per far fronte alla pianificazione “bottom-
metodologie che spesso non trovano riscontro
up” [1] così come le strategie di intervento che
nelle normative delle amministrazioni locali.
associazioni pubbliche e private decidono di seguire per lo sviluppo dei propri progetti di
In tempi recenti alcune città europee hanno
riuso temporaneo.
cominciato ad adattare ed integrare le proprie regolamentazioni per prevedere e attuare
In
quest’ottica,
è
sempre
maggiore
queste trasformazioni “dal basso”.
l’interazione che si crea tra la realtà dei cittadini, le associazioni, i professionisti e
[1]
In particolare, come vedremo, è lo scenario
le stesse amministrazioni comunali, che
internazionale ad essere più avanzato su
in alcuni casi cominciano a vedere questa
questo fronte, mentre sul territorio nazionale
pianificazione informale come un elemento
ci sono dei micro-interventi nelle realtà
di forte sviluppo e con un potenziale apporto
comunali, provinciali e regionali che però
di risorse economiche e organiche alla città.
Nota 2, p. 13
LE POLITICHE in ambito internazionale Ponendo attenzione al fenomeno dello sviluppo urbano nelle città Europee, spesso si denota una forte contraddizione tra le leggi di pianificazione “permanente” e quello che realmente accade sul territorio urbano. Da un lato, ciò che è stato pianificato spesso non trova il riscontro atteso e spesso non si realizza, mentre altri eventi spontanei, non pianificati, “informali” proseguono con ottimi esiti. La tensione è innegabile, e il problema deriva dal fatto che numerose normative sono ancora legate all’idea che lo sviluppo urbano possa essere pianificato dall’inizio alla fine, mentre in realtà gli sviluppi economici e sociali mostrano come sia necessaria una grande flessibilità nella programmazione e pianificazione della città. La prima regolamentazione che risulta essere limitante è inerente all’accessibilità delle aree inutilizzate. Spesso quelle che potrebbero essere aree potenzialmente fruibili rimangono inattive per anni senza che il reale proprietario si renda disponibile ad una riattivazione temporanea. Al contrario, nei Paesi Bassi, una specifica normativa permette a terzi l’utilizzo di uno spazio inattivo se il proprietario non si adopera in prima persona. In Germania, ad esempio, sono in studio delle proposte di legge per innalzare le tasse sui beni non utilizzati dai proprietari, in modo da incentivare gli stessi a metterli a disposizione della comunità. Sempre su territorio tedesco è stata sperimentata per anni, ad esempio nella città di Leipzig[2] con esito positivo, una serie di accordi di trasferimento di beni alle pubbliche istituzioni: quest’ultime prendevano la responsabilità della legale salvaguardia del bene, così come l’incarico di compiere le prime riqualificazioni. Nella pianificazione territoriale europea non sono quindi presenti delle vere e proprie regolamentazioni per l’uso transitorio dello spazio. A questo fa eccezione la città di Amsterdam che dal 2000 si è fornita di un apposito Ufficio per il riuso temporaneo, il bureau broedplaatsen.
In generale, nello sviluppo di un progetto di riattivazione, il proprietario del bene ha come primo pensiero un eventuale ritorno economico a lungo termine e cerca di sfruttare la normativa per trarne il maggior beneficio possibile. Allo stesso tempo, data l’attrattività dell’area, è compito delle municipalità quello di rivitalizzare l’area e proporre le iniziative a potenziali investitori. Le proposte devono senza dubbio prevedere un progetto di riattivazione temporanea, senza però dimenticare lo sviluppo della stessa a lungo termine: è importantissimo dunque riflettere non solo a breve termine, ma anche sugli sviluppi futuri. L’importanza della regolamentazione a livello di normativa, sebbene possa sembrare molto restrittiva, si presenta come una sorta di griglia all’interno della quale sviluppare determinati intenti: l’obiettivo è quello di dare un quadro normativo e metodologico per questi processi informali per poi lasciare spazio alla creatività delle associazioni e dei cittadini. Sicuramente un altro problema che sorge è riferito agli investitori di queste trasformazioni urbane: le amministrazioni locali tendono a prediligere i forti investitori in termini economici, ma questi “attori” sono solamente una parte della città. Dall’altro lato ci sono i privati cittadini, anch’essi primi fruitori dello spazio urbano. C’è da dire anche che attualmente in Italia non esiste una vera e propria normativa a livello nazionale per quanto riguarda il riuso dello spazio pubblico. È infatti ogni singola amministrazione comunale, provinciale o regionale, che adotta i propri strumenti normativi per la definizione di questi processi e come notato dallo stesso gruppo Urban Catalyst, spesso questi eventi sono regolati da norme “non scritte” o facilmente labili. Nel caso italiano, lo strumento più frequentemente utilizzato dalle amministrazioni locali è quello della delibera comunale, un provvedimento ad hoc per la gestione dell’accessibilità e della pianificazione ad uso temporaneo.
Nell’ambito del programma dell’Unione Europea, LC-FACIL, dal 2007 la città di Leipzig coordina e condivide informazioni, strategie ed esperienze di progettazione con altre 7 città Europee per lo sviluppo urbano sostenibile attraverso il riuso temporaneo. [2]
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RIFERIMENTI NORMATIVI casi emblematici sul territorio nazionale
Con l’avvento di queste nuove modalità di trasformazione urbana, le amministrazioni pubbliche hanno provveduto ad emanare articoli, decreti e delibere sulla regolamentazione dell’uso temporaneo del suolo pubblico, nonché alla ridefinizione del concetto di “bene comune” (o pubblico). In misura esemplificativa, ma non esaustiva, si propongono alcuni esempi ed estratti delle normative che hanno permesso la nascita di diversi progetti di riattivazione di vuoti urbani.
Art. 42 della Costituzione Italiana: beni pubblici abbandonati come “beni comuni”. Si tratta del punto di partenza per la definizione formale degli spazi marginali, oggetto del riuso temporaneo.
“La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
Paolo Maddalena[3], Vicepresidente emerito della Corte costituzionale, in merito a questo articolo sostiene che “qualunque bene abbandonato, in virtù della cessazione della sua funzione sociale, debba ritornare alla disponibilità del soggetto che originariamente ne è proprietario e che ne aveva ceduto parte ad un singolo privato” [4], ovvero il popolo sovrano.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. [cfr. artt. 44, 47 c. 2]. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.” La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. [5]
Paolo Maddalena è un ex giurista e magistrato italiano, che ha ricoperto anche la carica di giudice costituzionale. Si esprime sulla delib. n° 259 del 17/04/2014 del Comune di Napoli per la gestione dei beni comuni tramite bandi pubblici [5] Costituzione Italiana, Parte 1, Titolo III, Art. 42. vd. https://www.senato.it/1025?sezione=122&articolo_numero_articolo=42 [3] [4]
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Legge n. 164 dell’11 Novembre 2014: Art. 26 - Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili inutilizzati L’accordo di programma di cui al Decreto Legislativo n. 267 del 18 Agosto 2000, con oggetto il recupero degli immobili pubblici non utilizzati, costituisce una variante urbanistica. Per definire i contenuti dello stesso, il Comune può presentare una proposta di recupero (anche con un cambio di destinazione d’uso) all’Agenzia del Demanio, che la valuta ed entro trenta giorni ne dà approvazione, salvo opposizioni e diverse ipotesi di utilizzo. Grazie al presente decreto l’agenzia può, in accordo con il Ministero della difesa, proporre all’amministrazione locale una proposta di recupero a diversa destinazione urbanistica.
3. Entro 30 giorni dalla adozione dei provvedimenti di individuazione di cui al comma 2, l’Agenzia del demanio e il Ministero della difesa possono proporre all’amministrazione comunale, un progetto di recupero dell’immobile a diversa destinazione urbanistica, anche previa pubblicazione di un avviso di ricerca di mercato per sollecitare la presentazione del progetto da parte di privati. [...] 6. Approvata la variante urbanistica, l’Agenzia del demanio, ovvero il Ministero della difesa procedono, secondo le norme vigenti, all’alienazione, alla concessione e alla costituzione del diritto di superficie degli immobili. [6]
Dpr n. 296 del 13 settembre 2005 Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato. Art. 1 Ambito di applicazione Il Decreto Presidenziale n. 296 disciplina gli ambiti di applicazione e i processi burocratici per l’assegnazione dei beni appartenenti allo stato. In particolare il decreto permette di beneficiare di beni pubblici in concessione a canone agevolato (Capo III, Art. 11) o a canone gratuito a seconda delle categorie richiedenti.
Il presente regolamento disciplina il procedimento per l’affidamento in concessione, anche gratuita, ovvero in locazione, anche a canone ridotto, dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, gestiti dall’Agenzia del demanio, destinati ad uso diverso da quello abitativo e:
Possono rientrare nei beni da assegnare tutti gli immobili non ad uso governativo, concreto ed attuale e non inseriti in programmi di dismissione o valorizzazione. L’unica eccezione è costituita dai beni costituiti da edifici di culto o religiosi, che possono essere destinati solamente ad enti religiosi.
a) non idonei ovvero non suscettibili di uso governativo, concreto ed attuale;
Un esempio di bene pubblico che ne ha tratto benefici è la Villa Vista Lieta a Sanremo, detta anche “Villa degli ufficiali”, che ha visto nascere una proposta progettuale per trasformare questa ex residenza per ufficiali, in una struttura socio assistenziale per persone con disabilità e necessità di riabilitazione. Sebbene il progetto di riattivazione, insieme alla prevista riapertura al pubblico dei giardini, sia ancora in attesa del parere della soprintendenza dei beni culturali, il forte interessamento di una Onlus, la UNUCI[XX], ha potuto riconvertire questo spazio con una nuova destinazione.
b) non inseriti nei programmi di dismissione e di valorizzazione di cui ai commi da 01 a 10 dell’articolo 19 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni; c) non inseriti nei programmi di dismissione e di valorizzazione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410; d) che non sono oggetto delle procedure di cui al decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112; e) non inseriti in elenchi di beni dismissibili, ai sensi dell’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni. [8]
Nella pagina seguente: Villa Vista Lieta “Villa degli Ufficiali” - Ottobre 2008
Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 262 dell’11 novembre 2014), Legge 164/2014, Art. 26. vd. https://www.gazzettaufficiale.it/atto/ serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=26&art.versione=1&art.codiceRedazionale=14A08767&art. dataPubblicazioneGazzetta=2014-11-11&art.idGruppo=5&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0 [7] UNUCI; Unione nazionale ufficiali in congedo [8] Decreto del Presidente della Repubblica, n. 296 del 13 settembre 2005, Capo I, Art. 1, vd. http://presidenza.governo.it/USRI/ confessioni/norme/DPR_296-2005.pdf [6]
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Legge n. 383 del 7 Dicembre 2000 : Disciplina delle associazioni di promozione sociale (Art. 32 - Strutture per lo svolgimento delle attività sociali) Lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni possono concedere in comodato, beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali. Inoltre è precisato che ciò comporta anche un aiuto economico per l’associazione o l’ente che usufruisce dello spazio e che svolge un lavoro socialmente utile (senza finalità di lucro) sul territorio comune.
5. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da utilizzare per le finalita’ di cui al comma 1, per la dotazione delle relative attrezzature e per la loro gestione, le associazioni di promozione sociale sono ammesse ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i privati, in particolare per quanto attiene all’accesso al credito agevolato. [9]
Legge regionale (Veneto) n. 14 del 6 Giugno 2017: Contenimento del consumo di Suolo, riqualificazione, rigenerazione e miglioramento della qualità insediativa. (Art. 8 - Interventi di riuso temporaneo del patrimonio immobiliare esistente) La legge è volta alla rigenerazione urbana, grazie al recupero e alla riattivazione del patrimonio esistente, con l’ausilio della partecipazione attiva della cittadinanza. L’obiettivo principale è quindi garantire il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, grazie alla riqualificazione degli elementi architettonici della città. Il tutto si inserisce all’interno di un programma più ampio, Veneto 2050, che si preoccupa in primo luogo della riqualificazione e della rinaturalizzazione del territorio, ma anche della ricostruzione o eventuale demolizione di elementi di degrado urbano.
2. I progetti di riuso mirano preferibilmente a sviluppare l’interazione tra la creatività, l’innovazione, la formazione e la produzione culturale in tutte le sue forme, creando opportunità di impresa e di occupazione, start up. [...] 4. Il comune, a seguito di specifica proposta da parte dei proprietari o dei soggetti aventi titolo, può autorizzare l’uso temporaneo di singoli immobili, [...] 5. Il comune autorizza il riuso temporaneo previa presentazione di un progetto di riuso e la sottoscrizione di una convenzione approvata dal Consiglio comunale [...] 6. I comuni pubblicano nel sito internet del comune l’elenco dei “Luoghi del Riuso” [...] [10]
Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.300 del 27-12-2000), Legge n. 383, Capo III, Art. 32 vd. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2000/12/27/000G0431/sg [10] Bollettino Ufficiale Regione Veneto (Bur n. 56 del 09 giugno 2017) vd. https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioLegge.aspx?id=346720 [9]
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La definizione di questi schemi formali per il ri-uso temporaneo di spazi aperti e edificati, viene declinata maggiormente anche dalle singole amministrazioni comunali, che incentivano la riattivazione degli stessi a partire da una partecipazione attiva della cittadinanza. La logica con la quale pensiamo al rapporto tra proprietà privata e proprietà collettiva va completamente rovesciata: non è il pubblico che limita il privato nel suo uso esclusivo di un bene, ma è il privato che sottrae alla collettività la possibilità di utilizzarlo per il benessere comune. È scritto nero su bianco nella nostra Costituzione.
Bologna; Delibera PG n. 45010/2014 La città di Bologna è stata la prima in Italia, nel 2014, a dotarsi di una normativa comunale sul tema dell’assegnazione di spazi alla collettività per la loro riattivazione a seguito di interventi puntuali. Questo tipo di strumento, diffuso poi largamente sul territorio nazionale, nasce per valorizzare l’iniziativa dei cittadini per finalità di interesse generale. Questi “patti di collaborazione sociale” sono anche parte integrante del Protocollo firmato dallo stesso Municipio per il quale il tema della rigenerazione dei beni comuni è fortemente legato al tema di riuso temporaneo. La delibera regolamenta le forme di collaborazione della cittadinanza con l’amministrazione comunale per la rigenerazione e manutenzione dei beni comuni urbani, ovvero i beni, materiali, immateriali e digitali, che i cittadini e l’Amministrazione, anche attraverso procedure partecipative e deliberative, riconoscono essere funzionali al benessere individuale e della comunità. I cittadini attivi possono essere protagonisti di interventi di cura e rigenerazione dei beni comuni come singoli o attraverso le formazioni sociali in cui esplicano la propria personalità, stabilmente organizzate o meno.
Altro riferimento sono i semplicemente detti “Patti di collaborazione” [11], quali strumenti con cui l’amministrazione comunale e i cittadini, concordano strumentI e metodologie per la realizzazione di interventi di cura e riattivazione dei beni comunicondivisi. Il contenuto dell’accordo varia a seconda della complessità degli interventi resi necessari e della durata. La collaborazione può comportare in differenti tipologie di interventi, in particolare la cura occasionale o costante e continuativa, la gestione condivisa e la rigenerazione. Gli interventi definiti dai patti, sono finalizzati a: • Integrare o migliorare gli standard garantiti dal comune e migliorare la vivibilità degli spazi collettivi; • Assicurare la fruibilità collettiva di spazi pubblici o edifici non inseriti nei programmi comunali di manutenzione. L’accordo può prevedere che i cittadini si occupino in prima persona dello svolgimento degli interventi, (tuttavia possono avvalersi delle figure professionali necessarie per la progettazione, il coordinamento, l’organizzazione degli interventi). In alternativa si può optare per far sì che sia l’amministrazione ad assumere il ruolo esecutivo e di definizione dei soggetti a partire da procedure pubbliche, trasparenti, aperte e partecipate. Giardino dell’Ex convento Santa Marta - Giugno 2018 Via Torleone (Bologna)
A cura dell’associazione ASP della città di Bologna, un gruppo di cittadini ha deciso spontaneamente di rivitalizzare e restituire alla città il giardino dell’ex-convento Santa Marta. Chiuso da diversi anni, con il confronto con le associazioni locali, si è condivisa una proposta di rigenerazione dell’area che ha visto il 16 marzo 2016 l’approvazione del Comune di Bologna tramite un Patto di Collaborazione. L’accordo scritto a tre mani dal Comune di Bologna, dal comitato Torleone e dell’associazione ASP, prevedeva quali forme di sostegno, di materiali e attrezzi così come di diffusione delle iniziative e attività si dovessero svolgere. Tra gli eventi proposti dopo l’apertura spaziamo dalla recitazione alla musica, a cene di quartiere e di integrazione sociale, sicuramente un esempio da seguire.
Un Patto di Collaborazione è un contratto stipulato tra Amministrazione Comunale e cittadini attivi, che trova validità nel Regolamento per la gestione condivisa dei beni comuni urbani e che disciplina l’intervento concreto dei cittadini per quanto concerne la cura di un qualsiasi bene pubblico o ad uso pubblico. [11]
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Napoli; Delibera n. 258 del 24 aprile 2014 Anche nella Città di Napoli, una delibera dello stesso anno ha come oggetto la definizione delle procedure per l’individuazione e la gestione collettiva dei beni pubblici, quali beni che possano rientrare nel pieno processo di realizzazione degli usi civici e del benessere collettivo. Oggetto della delibera sono quindi i beni “inutilizzati o parzialmente utilizzati” di proprietà dell’amministrazione comunale, ma anche di proprietà dei privati. Nel Maggio 2016 un’altra delibera contribuisce con il riconoscimento di alcuni luoghi nel centro storicocome «spazi che per la loro stessa vocazione sono divenuti di uso civico collettivo, per il loro valore di beni comuni» e quindi da restituire alla cittadinanza. Un esempio è l’ex Asilo Filangieri che era stato abbandonato dopo il terremoto del 1980 e che è stato oggi riqualificato e adibito a spazio pubblico condiviso per la cultura. Grazie alla delibera del 2016 il giardino ha cambiato il suo status da luogo abbandonato a spazio di cultura, sperimentazione collettiva e progettazione partecipata. In generale, negli ultimi anni l’amministrazione De Magistris del Comune di Napoli ha individuato una categoria di edifici, dichiarandoli “di uso civico e collettivo urbano” e affidandoli alla gestione dei cittadini attraverso progetti pilota di riuso e rigenerazione urbana.
La delibera prevede: L’individuazione, a cura dell’Osservatorio cittadino[12] permanente sui beni comuni della Città di Napoli, anche sulla base di eventuali segnalazioni, di beni immobili o terreni comunali che si trovino in stato di inutilizzo, anche se parziale. Gli stessi provvedono ad una mappatura; La definizione della destinazione dei precedenti, anche mediante procedure di democrazia partecipata, privilegiando l’individuazione degli stessi quali sede di attività a carattere sociale, culturale, educativo e ricreativo, attraverso i quali poter soddisfare l’interesse generale della collettività e favorire l’inclusione e aggregazione sociale; La pubblicazione di specifici avvisi pubblici rivolti a soggetti, singoli o in associazioni, per la manifestazione di interesse finalizzata ad una gestione del bene. Nello specifico, sono tenuti a presentare un “Piano di gestione” che dovrà contenere le finalità, i benefici attesi, le attività programmate, le modalità di autofinanziamento, etc.[13]
Nella pagina seguente, dall’alto: una delle sale dell’ex asilo adibita per uno spettacolo; teatro dell’Ex asilo Filangieri - Ottobre 2017
Delibera di Giunta n. 740 del 16/06/2011
Delibera di Giunta n. 521 dell'11/07/2013
Nel 2012 è stato approvato il Regolamento delle Consulte per
Nel 2014 il Comune ha approvato in Consiglio Comunale
la Disciplina dei beni comuni, quali beni di appartenenza
una nuova delibera avente in oggetto le procedure per
collettiva, fissando nei punti della delibera del 18 gennaio 2013
l'individuazione e la gestione collettiva dei beni pubblici, quali
i Principi per il governo e la gestione dei beni comuni della
beni che possano rientrare nel pieno processo di realizzazione
Città di Napoli secondo i quali «ogni cittadino deve concorrere
degli usi civici e del benessere collettivo. Una delibera
al progresso naturale e spirituale della Città».
fondamentale che ha attivato un dibattito in Italia e che pone al centro dell'azione amministrativa il prevalente interesse
Delibera di Giunta n. 17 del 18/01/2013
pubblico sancito dalla Costituzione.
Nel 2013, il Comune di Napoli ha fatto propria la "Carta dello Spazio Pubblico", approvata al termine dei lavori della II Biennale dello Spazio Pubblico, tenutasi a Roma dal 16 al 18 maggio 2013, quale contributo fattivo e concreto al processo di valorizzazione e di studio dei modi d'uso dello spazio pubblico urbano.
L’Osservatorio Edilizio Cittadino, istituito ai sensi dell’art. 4 del Regolamento Edilizio, ha il compito di affiancare l’Amministrazione Comunale nelle attività di aggiornamento e di interpretazione dello stesso regolamento, nonché di proporre soluzioni innovative, anche di ordine organizzativo e procedurale. [13] Delibera di Giunta n. 258 del 24/04/2014 vd. http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/16783 [12]
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Milano; ICity Lab Due sono le politiche maggiormente centrali nel tema del riuso temporaneo: una è la delibera sull’uso temporaneo n. 669 del 30 Marzo 2012 del Comune di Milano e l’altra, sempre dello stesso anno, riferita agli spazi residuali. “Un po’ per uno: il riuso temporaneo come soluzione alla sostenibilità permanente delle città” è il titolo dell’incontro che si è tenuto a Milano durante ICity Lab con oggetto il riuso degli spazi urbani dimenticati e dei vuoti urbani. Uno dei principali soggetti che agisce sul territorio milanese è Temporiuso, che sta svolgendo un lavoro di sperimentazione e riattivazione sia di edifici che di spazi aperti di proprietà comunale in attesa di trasformazione. Secondo la presidentessa, Isabella Inti, il modello sviluppato da Temporiuso e dalle realtà analoghe, permette la protezione del patrimonio paesaggistico e culturale. Una delle sperimentazioni più significative condotte da Temporiuso è quella nel quartiere Stadera nella periferia Sud di Milano. Il primo step del processo è stato quello di riattivare quegli spazi con l’organizzazione di eventi pubblici (quali pranzi collettivi ad esempio) – in modo da adoperare gli spazi vuoti come contenitori di eventi culturali, mostre fotografiche o workshop. Come le realtà Bolognesi e Napoletane, anche il Comune di Milano ha adottato i Patti di Collaborazione, con Delibera n. 461 del 16/03/2018 e ha contribuito alla propria normativa locale anche con apposite delibere, come ad esempio quella relativa alla gestione dei giardini condivisi. “Invece di riqualificare gli spazi e poi provare ad affittarli, tra bandi che vanno pure deserti, il riuso temporaneo permette di testare alcune funzioni, se uno spazio è più adatto a scopo abitativo, piuttosto che a scopo commerciale o ludico. Un’altra Legacy è quella di provare ad attivare delle comunità di cura, pertanto o il progetto viene rinnovato, per cui quella comunità si ingrandisce e rimane, o le realtà che si sono conosciute all’interno di questi spazi attivano delle sinergie, delle reti di collaborazione per cui nascono dei nuovi progetti, come abbiamo visto accadere sia Milano ma anche a Sesto San Giovanni con i primi progetti all’interno dei magazzini Falck” Isabella Inti, Presidente Temporiuso Intervista di Patrizia Fortunato del 13 Settembre 2017 A fianco: Seminario sulle Città innovative (da “ICity Lab 2017 - Milano) - 24 Ottobre 2017 Foto di Stefano Corso
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Verona; Associazione Agile Nel territorio di Verona, AGILE (Arte, Giovani, Impresa, Lavoro, Etc..) si è occupata di una prima mappatura degli spazi residuali, abbandonati e di proposte circa il possibile riuso. L’obiettivo è di capire quali e quanti siano effettivamente gli spazi potenzialmente riattivabili e se possano essere un punto di partenza per una collaborazione a grande scala. L’Associazione ha avviato, nel periodo compreso tra giugno 2013 e febbraio 2014, un progetto di mappatura del territorio veronese al fine di realizzare un censimento degli spazi in disuso e in stato di abbandono, in modo analogo al lavoro svolto dall’associazione TempoRiuso. Scopo dello studio è stato quello di riportare un riassunto numero del fenomeno dell’abbandono, lavoro che ha portato all’individuazione di 555 spazi [14], per una superficie complessiva di 2.636.570 m² e alla determinazione delle dinamiche di disuso più frequenti, la cui analisi diventa fondamentale per definire una futura strategia di intervento su ampia scala. Il primo intervento è stato quello del sottopasso di Porta Vescovo, un luogo abbandonato seppur in perfette condizioni: è stata la cittadinanza che ha contribuito alla pulizia e sistemazione del luogo, organizzando in seguito tre giorni di attività socio-culturali. Dopo questa iniziativa, il Comune di Verona ha deciso di riaprire il sottopasso, e questo è un chiaro esempio di come una collaborazione dei cittadini possa essere lo strumento migliore per la riattivazione di un bene pubblico.
A destra: Sottopasso di Porta Vescovo (Verona) - Agosto 2014 Associazione A.G.I.L.E.
vd. https://associazioneagile.wordpress.com/portfolio/ mappatura-dei-luoghi-in-disuso-di-verona/ [14]
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COSA PUÒ GENERARE QUINDI UN PATTO DI COLLABORAZIONE? L’idea di fondo dei patti di collaborazione è quella di sviluppare un modello in cui la cittadinanza possa essere il catalizzatore di una serie di micro-interventi e azioni - disciplinati dagli strumenti appena citati – che comportano effetti sulle politiche, soprattutto a livello locale, convolgendo le singolarità nella definizione degli interessi e dei beni comuni. Questi accordi rappresentano lo strumento per porre sullo stesso piano la pubblica amministrazione e i cittadini, sulla base del principio di sussidiarietà. Sono uno strumento per far rivolgere l’attenzione sugli spazi marginali, spesso non di primo interesse delle realtà comunali. Nonostante questa regolamentazione non sia specifica sul riuso temporaneo di uno spazio, esistono altre realtà, quali associazioni e organizzazioni che si promuovono come “Agenzie per il riuso temporaneo”, come l’associazione Citymine(d) [15] e l’associazione Temporiuso.[16] I patti di collaborazione sono uno dei dispositivi con cui l’Amministrazione Comunale e i cittadini concordano gli interventi di cura e rigenerazione dei beni comuni. Il contenuto di questi accordi varia a seconda del grado di complessità degli interventi e della durata della collaborazione che può prevedere la gestione occasionale, la cura costante e continuativa o condivisa. L’intervento è comunque finalizzato a: – migliorare gli standard manutentivi garantiti dall’amministrazione comunale e migliorare la qualità degli spazi; – assicurare la fruibilità collettiva degli spazi pubblici e degli immobili non inseriti nei programmi comunali di manutenzione. Il patto di collaborazione può prevedere che i cittadini si occupino direttamente dell’esecuzione degli interventi di rigenerazione o che sia derogata all’amministrazione. In tal caso è quest’ultima che individua gli operatori attraverso procedure e bandi pubblici e trasparenti. La durata della gestione condivisa non supera normalmente i nove anni, ma periodi più lunghi possono essere concordati prendendo in considerazione i tempi e le risorse economiche necessarie per gli interventi. Il Comune concorre, ove possibile, alla copertura dei costi sostenuti per le opere di rigenerazione dei beni comuni urbani. 34
Il principio di sussidiarietà è regolato dall’articolo 118 della Costituzione italiana il quale prevede che “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà [17]
La definizione di questi schemi formali per il ri-uso temporaneo di spazi aperti e edificati, viene declinata maggiormente anche dalle singole amministrazioni comunali, che incentivano la riattivazione degli stessi a partire da una partecipazione attiva della cittadinanza.
Bologna. Delibera PG n. 45010 del 16/06/2014 Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani https://www.comune.fi.it/system/files/2017-11/2017-Collaborazione%20cittadini%20e%20amm.ne%20gestione%20beni%20comuni.pdf
Firenze. Delibera di Giunta Comunale n. 54 del 30/10/2017 Regolamento sulla collaborazione tra cittadine, cittadini e amministrazione per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani https://www.comune.fi.it/system/files/2017-11/2017-Collaborazione%20cittadini%20e%20amm.ne%20gestione%20beni%20comuni.pdf
Genova. Delibera di Giunta Comunale n. 51 del 25/10/2016 Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa de beni comuni urbani http://www.comune.genova.it/sites/default/files/upload/partecipazione/reg_collaborazione_cittadini_amministrazione_20161025_con_link.pdf
Milano. Delibera di Giunta Comunale n. 1978 del 28/09/2012 Approvazione dei criteri per l’utilizzo e la concessione d’uso di beni di proprietà comunale al fine di avviare progetti finalizzati allo sviluppo di attività culturali sociali ed economiche. https://mediagallery.comune.milano.it/cdm/objects/changeme:53675/datastreams/dataStream9840882415523661/content
Milano. Delibera di Giunta Comunale n. 461 del 16/03/2018 Approvazione delle linee di indirizzo strategico per la sperimentazione di politiche dirette a promuovere la partecipazione dei cittadini attivi, di gruppi informali, associazioni riconosciute e altri operatori, nella gestione condivisa dei Beni Comuni. Durata della sperimentazione, propedeutica alla presentazione al Consiglio Comunale di un Regolamento in materia: 12 mesi. https://www.comune.milano.it/documents/20126/1547870/Delibera+Patti+Collaborazione.pdf/f2ecf9cb-0552-b4c3-106e-997742622806
Trento. Delibera di Giunta Comunale n. 54 del 18/03/2015 Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni urbani https://www.comune.trento.it/content/download/939009/9029894/file/A19.pdf
Torino. Delibera di Giunta Comunale n. 375 del 11/01/2016 Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani http://www.comune.torino.it/benicomuni/bm~doc/regolamento-beni-comuniurbani-n_375.pdf
Verona. Delibera di Giunta Comunale n. 10 del 02/03/2017 Regolamento per l’attuazione della sussidiarietà orizzontale mediante interventi di cittadinanza attiva - attuazione del principio di sussidiarietà espresso dall’articolo 118, comma IV, della costituzione, dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 267/2000e S.M.I, dall’articolo 3 dello statuto comunale. https://www.comune.verona.it/media//_ComVR/Cdr/SegreteriaConsiglio/Allegati/sussidiarieta/DCC_10_2017.pdf
Citymine(d) è un’organizzazione no profit per l’arte, la cultura e lo sviluppo urbano. È stata istituita nel 1997 e da allora ha avviato, sostenuto e prodotto oltre 100 iniziative in 15 città in tutta Europa. [16] TempoRiuso è un’associazione culturale per la promozione di progetti di riuso temporaneo di spazi in abbandono ed è anche una rete di collaborazioni con associazioni, attivisti e ricercatori a scala locale ed internazionale, attiva principalmente nella città di Milano [17] Voce Principio di sussidiarietà in Enciclopedia Treccani Online, 2019 [15]
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STRUMENTI OPERATIVI per il riuso Con questa presa di posizione della riattivazione dei vuoti urbani attraverso il riuso temporaneo, si sono delineati diversi strumenti a servizio dei cittadini, liberi professionisti ed enti privati, per garantire la possibilità di intraprendere questo percorso di progettazione partecipata. L’intento è proprio quello di favorire uno sviluppo della realtà urbana alla piccola scala. E’ possibile individuare cinque “macrocategorie” le diverse tipologie di servizio offerte alla comunità per questo scopo.
A) CONCORSI PUBBLICI DI IDEE PER IL RIUSO TEMPORANEO La tipologia del concorso pubblico, solitamente bandita da enti privati che detengono la proprietà di un bene, o da parte delle amministrazioni locali, prevede la proposta di diverse soluzioni progettuali da parte dei soggetti interessati: è forse il miglior esempio di progettazione partecipata. Un esempio è il concorso per la riconversione del cantiere navale NDSM, in Olanda, oggi divenuto un parco urbano grazie a questa metodologia progettuale e al progetto dell’associazione Kinetich Noord. Nell’ottobre del 1999, La vecchia azienda Olandese NDSM che gestiva i cantieri navali nella parte nord della città di Amsterdam, decide di concedere lo spazio alla popolazione in modo da permettere uno sviluppo bottom-up, quindi a partire dagli stessi cittadini.
1. ex cantiere navale
2. spazio underground per artisti
3. residenziale, terziario, commerciale
Grazie al concorso bandito dall’amministrazione comunale di Amsterdam e ai finanziamenti pubblici per lo sviluppo culturale ricevuti nel 2003, una serie di interventi leggeri si prefiggono l’intendo di trasformare la vecchia area in uno spazio lavoro per artisti, artigiani, performers con l’intendo di favorire una forte interazione tra loro. Il progetto prevederà dal 2012 una nuova trasformazione ad uso terziario, residenziale e commerciale.
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Nella pagina seguente: NDSM Wharf Ex cantiere navale - 1999-2012, Amsterdam Kinetich Noord
B) SPORTELLO PUBBLICO PER IL RIUSO TEMPORANEO Un servizio innovativo è quello offerto per la prima volta dalla città di Amsterdam, con la definizione di un apposito ufficio all’interno dell’amministrazione comunale.[18] La scala di intervento risulta essere quella urbana e il primo obiettivo del bureau è proprio quello di attrarre il “capitale creativo” nella realizzazione di spazi pubblici all’interno di luoghi abbandonati, con progetti a medio-lungo termine. Le tre figure che si interfacciano in questo processo sono dapprima il municipio nella figura dell’assessorato allo sviluppo urbano, un gruppo costituito dalla Gilde van werkgebouwen aan het IJ (“Gilda degli edifici industriali” [19]) e infine associazioni minori per un coinvolgimento di diversi attori urbani. Lo scopo principale, ovvero ridurre la fuga di “capitale creativo” si è attuato con la definizione di circa 900 luoghi nel solo periodo 2000-2006 portando alla realizzazione di luoghi di lavoro, alloggio e spazi creativi nelle broedplaats all’interno del confine della città di Amsterdam ed eliminando così gli spazi creativi “illegali” in cui agivano artisti e venditori. Sono proprio loro le figure che con una protesta pubblica hanno portato alla definizione delle normative necessarie per il riconoscimento e la riattivazione del patrimonio pubblico a disposizione, ma non disponibile. Gli incentivi offerti hanno permesso un canone di concessione in affitto a prezzo agevolato (attorno ai 12/46 €/mq iva esclusa) fino ad un periodo di 10 anni, garantendo lo sviluppo delle “sub-culture”, una tematica molto cara all’amministrazione di quegli anni che ha trovato la sua massima definizione il 21 giugno 2000 con un “action plan broedplaats” denominato “no culture without subculture” da parte del consiglio municipale.
1. Assessorato allo sviluppo Urbano
2. Gruppo Gilde Van Werkgebouwen aan het IJ
3. Associazioni minori
CON IL SUPPORTO TECNICO DI
+ GRUPPI TECNICI-OPERATIVI PROFESSIONALI
L'associazione focalizza l'attenzione sulla sul dibattito riguardante la trasformazione di "free space" in "breeding space", che è tutto incentrato sul passaggio cruciale da una condizione di illegalità a una di legalità, e alla conseguente necessità di sottostare alle regole imposte dalla amministrazione. Quella illegale è una condizione che offre ampie possibilità di sperimentazione, mentre il passaggio verso la legalizzazione significa stabilità e la fine della migrazione dei gruppi all'interno della città alla ricerca di luoghi economici dove vivere e sviluppare le proprie attività.[20] Nella pagina seguente: “Geen cultuur zonder subcultuur - No culture without subculture” in Indymedia NL - 4 Luglio 2007
I. Inti, G. Cantaluppi, M. Persichino, TEMPORIUSO: Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, Altreconomia, Marzo 2015, pp 216-217 [19] Ivi, p. 13 [20] vd. http://bureaubroedplaatsen.amsterdam.nl/ [18]
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C) AGENZIE PER IL RIUSO // MAPPATURA DI SPAZI MARGINALI Un altro strumento operativo è la definizione di un database quale mappatura degli spazi marginali e sottoutilizzati, in modo da migliorare la consapevolezza e conoscenza sui vuoti urbani che caratterizzano le nostre città. Sempre il Bureau Broedplaatsen di Amsterdam realizza una mappatura on-line degli spazi in abbandono e allo stesso modo è rilevante il lavoro offerto dalla piattaforma Londinese Creative Space Agency che permette di trovare spazi sia di proprietà pubblica che privata, o ancora, sul territorio Milanese, la mappatura dei vuoti urbani offerta dall’associazione Temporiuso. Spostandosi in Germania, ad Amburgo, un’altra piattaforma è la Leerstandsmelder [21] fondata nel 2010 come iniziativa di mappatura degli spazi inutilizzati. Il progetto, esteso poi in altre 20 città, propone ai cittadini la condivisione dei luoghi inutilizzati per la definizione di questo strumento di diffusione.
Bureau Broedplaatsen brochure (Cover) - 2015, Amsterdam Tom van Veenhuijzen - Commissionato dal Comune di Amsterdam
Leerstandsmelder è una piattaforma per la mappatura degli spazi sottoutilizzati attiva in Germania. vd. https://www.leerstandsmelder.de/ [22] Delibera di Giunta Comunale n. 1143 del 25/05/2012 vd. http://mediagallery.comune.milano.it/cdm/objects/changeme:14387/datastreams/dataStream3921851261502586/content [23] vd. http://mediagallery.comune.milano.it/cdm/objects/changeme:85459/datastreams/dataStream22184228178911846/content [21]
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D) BANDI DI ASSEGNAZIONE TEMPORANEA Il bando di interesse di Giardini-Orti condivisi di San Faustino a Milano rientrano proprio in questa categoria. Il processo, iniziato nel 2015 da parte del Consiglio di zona del Municipio 3, ha visto l’interazione di 3 differenti associazioni del territorio grazie ad un affidamento in comodato d’uso per un periodo iniziale di 5 anni. Dal 2017 l’affidamento è passato ad una realtà no-profit che ha portato il 23 settembre 2018 all’inaugurazione del sito con una giornata di festa tra cittadini, associazioni ed istituzioni. Lo spazio ha quindi potuto essere riattivato grazie all’intervento partecipato di differenti realtà, portandolo da una situazione di terreno abbandonato e scarico abusivo di rifiuti e ancor prima come terreno agricolo, al “Giardino San Faustino” oggi aperto a tutti. Questo progetto ha inoltre portato, grazie alle proposte iniziale dal 2012, alla definizione di una delibera comunale[21] sulla rigenerazione e gestione di giardini condivisi sul territorio Milanese, grazie alle quale una numerosa serie di altri spazi verdi pubblici dislocati sui vari municipi di Milano, hanno trovato la loro riattivazione. Deliberazione Giunta Comunale n.1143 [22] del 25/05/2012 Linee di indirizzo per il convenzionamento con associazioni senza scopo di lucro per la realizzazione di giardini condivisi su aree di proprietà comunale.
Procedimenti operativi per i Bandi di assegnazione 1. Giugno 2016 - Protocollo di Intesa
2. Bonifica preliminare dell’area dal Comune
3. Avviso di Manifestazione di interesse
Organi di gestione all’interno delle iniziative A. Gruppo Referente (GR) Le associazioni “assegnatarie” vengono rappresentate da un membro che si interfaccerà con l’amministrazione e coordinerà le attività e gli spazi comuni.
B. Comitato di gestione (GR+M3) Le decisioni di gestione vengono prese dall’apposito comitato in accordo con il Municipio di riferimento.
C. Gruppo operativo (GO) Deliberazione Giunta Comunale n.451 [23] del 13/03/2015 Integrazione delle linee di indirizzo per il convenzionamento con associazioni senza scopo di lucro per la realizzazione di giardini condivisi su aree di proprietà comunale.
Rappresenta un gruppo di volontari libero che affianca il gruppo referente nell’organizzazione di progetti e iniziative.
Sotto: Giardini San Faustino - Settembre 2018 Giornata di inaugurazione del giardino condiviso
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E) TAVOLE ROTONDE ANNUALI TRA ISTITUZIONI, PROPRIETÀ E ASSOCIAZIONI L’ultimo strumento di cui parliamo è l’organizzazione di workshop-seminari-tavole rotonde per la sensibilizzazione e discussione sul tema del riuso temporaneo. Uno degli eventi a Milano che ha riscontrato maggior successo è quello del settembre 2012 dal titolo “Le giornate del riuso temporaneo / temporary reuse days”, ovvero cinque giornate di seminari e tavoli di dibattito a cura dell’associazione milanese Temporiuso che ha visto cittadini e professionisti discutere su questo tema innovativo, confrontandosi sugli spazi abbandonati pubblici e il loro possibile futuro e sviluppo. Questi spazi di confronto hanno come punto centrale la definizione di strumenti di progettazione, discussioni sulle politiche di riuso temporaneo e sul tema sempre più importante del consumo di suolo. Sono stati poi affiancati da veri e propri workshop, grazie alla collaborazione con il Politecnico di Milano, per la progettazione di idee sull’organizzazione spaziale e di riattivazione degli spazi in stato di abbandono presenti nel territorio Milanese. L’intero evento è stato inoltre intervallato da architetti e specialisti di fama internazionale, tra cui lo stesso Phillip Misselwitz del gruppo Urban Catalyst che hanno contribuito anche alla realizzazione delle idee progettuali sulle 9 zone designate appositamente per l’esperienza di workshop da parte degli studenti del Politecnico di Milano, all’interno dell’evento stesso.
Il workshop “Le giornate del riuso temporaneo” comincia con una breve introduzione a cura di Giulia Cantaluppi, Andrea Graglia, Isabella Inti con Filippo Ogliani e Caterina Palumbo attraverso una prima lezione “Che cos’è il riuso temporaneo? Strumenti e progetti”, tenuta dalla prof.ssa Isabella Inti agli studenti partecipanti. La lezione descrive e racconta il programma del workshop e i nove edifici (uno per ogni zona di Milano) sui quali i ragazzi svilupperanno dei progetti di riqualificazione e riuso; a seguito della lezione si definiscono i nove gruppi di lavoro, ciascuno dei quali effettua il sopralluogo per visitare l’edificio della zona scelta.
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ZONA 1 - Dazio Piazza V Giornate
Patio della Facoltà di Architettura (Politecnico di Milano) - 24 Settembre 2012 Momento di Workshop all’interno dell’evento per la progettazione di idee
ZONA 2 Palazzine ex cucine, Parco Trotter ZONA 3 Ex studentato Rombon ZONA 4 ex Palazzine liberty uffici e residenze ZONA 5 Mercato comunale Montegani ZONA 6 Piscina Argelati ZONA 7 Lido di Milano ZONA 8 Piazzale della Fabbrica del vapore ZONA 9 Piscina Scarioni
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COMPLEMENTARE O ANTITETICO?
IL PERCHÈ DELL’USO TEMPORANEO Perchè l’uso temporaneo potrebbe essere una nuova modalità di pianificazione alternativa a quella tradizionale? Come può integrarsi con lo sviluppo della città e dello spazio urbano, e quali effetti e sviluppi può apportare? Uno sguardo per comprendere meglio se l’approccio informale sia antitetico o complementare a quello formale. L’uso temporaneo dello spazio pubblico e
alternativi per contrastare gli scarsi successi
degli edifici sottoutilizzati è un tema carico
delle modalità tradizionali e consolidate.[2]
di
dalle
Adottare queste strategie di trasformazione
esperienze internazionali, di cui si è parlato
significa non solo riconoscere le potenzialità
nei passi precedenti, e da quelle milanesi che
spaziali ed economiche di un’area, ma anche
approfondiremo in seguito. [1]
interrogarsi su nuovi processi e procedure per
La diffusione e applicazione di queste pratiche
la riattivazione degli spazi, con un’attenzione
di intervento è garantita soprattutto da alcune
critica alle risorse e alle economie necessarie,
condizioni al contorno quali la situazione
e alle esigenze da soddisfare e su quali risvolti
economica attuale, che ha rallentato i processi
a lungo termine possa avere un progetto di
di trasformazione urbana e portato alla
uso a tempo determinato. L’uso temporaneo
ricerca di un “metodo alternativo”, l’aumento
diventa quindi un efficace strumento di
del
dismesso e
progettazione quando si tiene conto delle
l’emergere delle pratiche di cittadinanza
diverse componenti che lo caratterizzano:
attiva nella rivendicazione di uso e gestione
dai costi limitati, alla reversibilità delle
diretta dei beni pubblici.
azioni, fino alla partecipazione “bottom-up”[3]
Sono tutti fattori che evidenziano la forte
e agli eventuali risvolti successivi sull’area
presenza di questa tipologia di spazi da un
caratterizzata dall’intervento.[4]
potenzialità
patrimonio
come
dimostrato
immobiliare
lato, e dall’altro una necessità di interventi A Milano è particolarmente rilevante il lavoro dell’associazione TempoRiuso e il corso di perfezionamento post-laurea “Riuso temporaneo Strumenti e Strategie” del Politecnico di Milano. [2] cfr. BRUZZESE, Antonella, “Dismissioni, Usi temporanei, Eventi e rigenerazione urbana. Note Intorno al caso milanese”, in Iconemi 2017. Eventi: la città nella dimensione del transitorio, Bergamo 2018, pp. 23 [3] Nota 2, pp. 13 [4] Un esempio è il quartiere di Lambrate Ventura, a Milano, oppure la “Zona Tortona” che hanno subito profonde trasformazioni e riattivazioni a seguito di eventi temporanei quali Design Week, Fuori Salone, etc.. [1]
Come abbiamo spiegato, questa grande opportunità del riso temporaneo sta prendendo piede solamente negli ultimi decenni, e proprio per questa attualità c’è un forte rischio di affrontare il tema con leggerezza e senza gli strumenti necessari. Per ottenere questi risultati è fondamentale che si diffonda al meglio e in modo consapevole questa nuova cultura progettuale, soprattutto in virtù del fatto che è la nuova realtà nella pianificazione, dovendo riattivare e ripristinare luoghi e spazi definiti dai nostri architetti predecessori. È fondamentale andare a definire l’incredibile potenziale che queste nuove modalità di tactical urbanism[5] può apportare alla pianificazione del domani, evidenziando come uno spazio abbandonato o un vuoto urbano possa costituire un elemento di grande importanza strategica sia in ambito sociale che nel ripensamento “amministrativo” dello spazio. L’auspicio è quello di entrare in un’ottica nella quale si vada a contrastare l’abbandono dei luoghi che viviamo e la nostra cultura del vivere, riattivando e restituendo alla collettività gli spazi che un tempo erano grandi luoghi di aggregazione, e oggi rimangono inattivi.
IL CONTRASTO AL CONSUMO DI SUOLO L’economia europea dagli ultimi anni del diciannovesimo secolo si indirizza verso una densificazione del costruito e una sovraproduzione di beni immobiliari, proprio a seguito del precedente boom economico. Questi processi hanno portato indubbiamente ad uno sfruttamento del territorio senza alcun limite considerando il risultato a breve-termine, nell’immediato, ma senza riflettere sugli esiti successivi. La necessità contingente di realizzare nuovi spazi ed infrastrutture che venne dapprima soddisfatta come primo bisogno, ora si presenta come spazi sovradimensionati e di scarsa qualità tecnica. In realtà è importante notare come la realizzazione smisurata di questi spazi ed edifici in termini di dimensioni e quantità ponga maggiore attenzione alla disponibilità dello spazio, piuttosto che al reale uso e impiego di quel prodotto, portando ad avere numerosi spazi inutilizzati e altrettanti spazi interstiziali tra gli stessi, senza una destinazione funzionale. L’ottica degli scorsi decenni era infatti incentrata alla ingente realizzazione di nuovi complessi industriali e residenziali, piuttosto che al risanamento di quelli esistenti e in stato di iniziale degrado-abbandono. Questi elementi hanno avuto l’effetto di uno sconsiderato consumo di suolo e un’espansione sempre maggiore del tessuto consolidato verso le periferie e i terreni agricoli.
Con il termine “urban sprawl” [6] possiamo indicare proprio questo fenomeno, per cui la rapida crescita della città risulta essere tuttavia disordinata e priva di regole fondative, se non della necessità contingente economica, e realizza un’urbanizzazione che tiene conto solamente della massimizzazione dei vantaggi derivata da quest’ultima. Nonostante ciò, i dati ricavati dall’ [7] mostrano come l’andamento del consumo si suolo sia passato da un 2,9 % degli anni ’50, fino a un 7% nel 2015 e risulta ovvio come bisogni cominciare a parlare di sviluppo sostenibile e di recupero del patrimonio esistente, in particolare degli spazi sottoutilizzati e di quelli in abbandono che possono essere una grande opportunità di sviluppo economico e sociale. Come conseguenza di ciò, il mercato immobiliare con il passare degli anni ha rimosso questi spazi dalla propria attenzione, portandoli a diventare dei vuoti urbani, svalutati culturalmente ma anche economicamente, ed è proprio qui che l’uso temporaneo vuole mostrare come, partendo da micro-interventi, sia possibile riattivarli e portarli all’attenzione di potenziali investitori e delle amministrazioni pubbliche.
“Tactical urbanism” vd. nota 4, p. 9 Voce “Urban sprawl” in Enciclopedia Treccani Online, 2019. «Riferito alla città (s. urbano, urban s. o suburban s.) è sinonimo di locuzioni come città diffusa e designa le espansioni a bassa densità e ad alto consumo di territorio proprie di molte aree urbanizzate contemporanee.» [7] Indagine dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) presentata il 5 febbraio 2016 [5]
[6]
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Mappatura dei costi economici associati alla perdita di servizi ecosistemici (SE) dovuti al consumo di suolo
Perdita di SE (in mln di â‚Ź)
Perdita di SE (in mln di â‚Ź)
< 2.0
< 12.5
2.1 - 4.0
12.6 - 25.0
4.1 - 6.0
25.1 - 37.5
6.1 - 8-0
37.6 - 50.0
> 8.0
> 50.0
Andamento del consumo di suolo sulla superficie territoriale Italia
9%
Nord Italia
Andamento del consumo di suolo
8%
Centro-Sud Italia 7%
6%
5%
4%
3%
2% 1955
1965
1975
1985
1995
2005
2015
Quinquenni ( 1955 - 2015)
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LA VALORIZZAZIONE DELL’ESISTENTE L’operazione deve essere quella di creare un dialogo tra i vari elementi, nuovi e storici. Se riattivando uno spazio con nuove funzioni e strutture non pensassimo all’interazione con il contesto in cui ci troviamo, andremmo solamente ad accentuare questo divario e la presenza dei vuoti urbani: la temporanea trasformazione deve invece essere il tessuto connettivo all’interno degli spazi interstiziali in cui operiamo. La demolizione e la conseguente nuova costruzione, non importa quanto sia efficiente, normalmente richiede decenni per equilibrare quanto si risparmia nel riattivare uno spazio esistente, e quindi un uso “adattivo” è sicuramente più sostenibile. Sul territorio nazionale, gli edifici e i complessi edilizi sono 14.515.795[8]. Il 5,2% di questi risulta essere abbandonato o scarsamente utilizzato perché “cadente, in rovina o in costruzione”. Il patrimonio pubblico nel 2015, secondo l’Agenzia del Demanio, era pari a 47.042 unità e il numero di fabbricati era di 32.691, di cui 9.137, pari al 27,9% del totale, disponibili per riconversioni d’uso. Secondo il servizio OpenData dell’Agenzia del Demanio[9], al luglio 2018 le iniziative di rigenerazione e riuso dei beni pubblici erano 534, di cui il 37,6 % (pari a 200 iniziative) concluse e il 19,4% in fase di attuazione.
Progetti attivi di rigenerazione e riuso sui beni dell’Agenzia del Demanio 9
2
48
33
34 35
8
14
7
19 3
75
20 8
18
25 2
9
9 44
41 9
15 8 3 9
10
Luglio 2018
3 9
I circa 120 milioni di vani che costituiscono le nostre città sono formati da: • edifici storici (circa 30 milioni di vani), che costituiscono l’identità della cultura italiana, da considerare un bene comune da ri-vitalizzare e riattivare; •
fabbricati, soprattutto nelle periferie urbane, (circa 90 milioni di vani) caratterizzati da scarsa qualità architettonica e costruttiva, realizzati anche in ambiti inadeguati e con tecnologie ormai superate, materiali non sostenibili, carenze di servizi primari, tutti elementi che hanno contribuito al loro abbandono e sotto-utilizzo con il passare degli anni.
Rispetto al censimento di 10 anni prima, la percentuale di beni immobiliari non utilizzati è diminuita, passando dal 5,7 % al 5,2 %, effetto dovuto alla sempre maggiore sensibilità a questo tema.
Istat e agenzia delle entrate, pubblicazione di lunedì 11 agosto 2014, “Popolazione e famiglie” - Anno 2011; testo integrale vd. http:// www4.istat.it/it/files/2014/08/Nota-edifici-e-abitazioni_rev.pdf [9] Per reportistica aggiornata vd. https://dati.agenziademanio.it/#/valorizzazioni; Luglio 2018 [8]
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Numero di edifici non utilizzati nelle regioni italiane per il settore non residenziale (censimento 2011)
12%
9%
6%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia-Romagna
Friuli-Venezia Giulia
Veneto
Trentino-Alto Adige
Lombardia
Liguria
Valle D’Aosta
3%
Piemonte
Percentuale di edifici non utilizzati sul totale di edifici e complessi (2011)
15%
Regioni Italiane
Distribuzione per stato di avanzamento
Distribuzione per tipologia di progetto
Collaborazione istituzionale
Federalismo culturale
Predisposizione iniziative
Accordo - Protocollo d’intesa
Attuazione iniziative
Fari, Torri ed Edifici costieri
Conclusione iniziativa
PUVaT
Collaborazione istituzionale
PUV - PUVaT
Definizione degli obiettivi da perseguire ed individuazione del
Programma Unitario di Valorizzazione Territoriale finalizzato alla
percorso amministrativo idoneo alla valorizzazione urbanistica degli
valorizzazione di un portafoglio selezionato di beni in un determinato
immobili coinvolti.
territorio
Predisposizione iniziativa
Accordo – Protocollo d’intesa
Valutazione
tecnico-amministrativa
ai
fini
dell’individuazione
delle migliori destinazioni d’uso e, se necessario, del cambio della
Intesa finalizzata alla valorizzazione di un immobile o un portafoglio selezionato di immobili
destinazione urbanistica degli immobili coinvolti. Fari ed Edifici costieri Attuazione iniziativa
Iniziativa finalizzata allo sviluppo e alla salvaguardia del territorio
Attuazione della valorizzazione urbanistica in coerenza con gli
costiero, comprende sia gli immobili inseriti nel progetto Valore Paese
obiettivi definiti in fase di predisposizione e/o l’immissione sul mercato.
Fari sia immobili inseriti in altri percorsi di riqualificazione
Conclusione iniziativa
Federalismo culturale
Conclusione dell’iter della valorizzazione attraverso lo sviluppo delle
Trasferimento, a titolo gratuito, di immobili a favore di Enti territoriali
nuove previsioni urbanistiche e/o eventuale processo di immissione
per lo sviluppo di un programma di valorizzazione culturale
degli immobili sul mercato.
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ADATTABILITÀ E FLESSIBILITÀ DELLA DESTINAZIONE I luoghi della città somo spesso oggetto di cambiamenti morfologici e funzionali durante l’arco della loro vita, rispondendo ad un contesto sociale ed economico non statico, che viene condizionato fortemente soprattutto dai cittadini che li abitano. L’obiettivo che un progettista dovrebbe prefissarsi, è quello di realizzare spazi che riducano rischi, costi e sforzi futuri dovuti a questi cambiamenti inequivocabili, portando ad avere dei progetti sostenibili e favorevoli al loro riuso. L’adattabilità è purtroppo raramente considerata nella stesura di un progetto, piuttosto gli elementi di adattabilità sono introdotti periodicamente durante il ciclo di vita attraverso interventi sporadici e non pianificati a priori. Questo “essere adattabile” deve diventare un preconcetto della progettazione che deve riflettersi nelle caratteristiche spazili, strutturali e di servizi, permettendo di avere uno spazio malleabile che possa riconfigurarsi a seconda degli input esterni.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DI ADATTABILITÀ L’adattabilità fa riferimento al tempo o al ciclo di vita con delle considerazioni progettuali dinamiche, che hanno una forte interazione con le domande interne ed esterne di adeguamento al cambiamento, sia in termini funzionali che in termini spaziali. Questo principio corrisponde all’idea di un edificio non come prodotto non finito, ma come oggetto imperfetto le cui forme siano in un continuo flusso di cambiamento funzionale, tecnologico e di aspetto. Il diagramma sotto rappresentato è inerente all’approccio progettuale e mette in relazione quello spaziale (in alto) e quello relativo alla soluzione del progetto (in basso). Le due frecce indicano l’aumento e riduzione dei rapporti tra la mentalità immobiliare e quella degli users. SI può notare come una grande porzione degli edifici si trovi nella parte di destra, il che rappresenta tutti gli edifici di cui abbiamo parlato, quali risultati del boom immobiliare che aveva come interesse la sola produzione massiva. Possiamo notare come ciò che viene indicato come uno spazio adattabile sia allo stesso tempo una soluzione indeterminata, al contrario di uno spazio più targhetizzato che diventa una soluzione determinata. All’intersezione delle due “curve” è possibile trovare la soluzione più bilanciata tra i due approcci.
Bassa
Adattabilità
Ideologia di mercato
Alta
Qualità / Carattere poco adattabile
“Progetto Adattabile” “Buon progetto” APPROCCIO SPAZIALE
Carattere: adattabilità
Dinamismo
Funzionalismo
Su misura per più possibili utenti
Su misura per uno specifico uso dello spazio
Maggior parte degli edifici
Semplice
Difficile
Indeterminato Processi sociali tra progettista e utenza
50
APPROCCIO PROGETTUALE Alto
Ideologia di utenza
Determinato cambiamento basato su Basso una griglia preimpostata
Trasportabile Location
Aggiuntabile Gonfiabile
Peso dei componenti
Compito
Elementi “Plug and Play” Controllo dall’utenza
Prefabbrizazione
Facilità di stoccaggio
Prefabbrizazione
Elementi non fissi
Comprimibile
Connessioni movibili
Componenti scalabili
Elementi interagibili
Versatile
Scalabile Dimensioni
Spazio Prodotti a catalogo
Muri movibili
Materiali locali
Variabilità dimensioni ambienti
Adattabilità
Nuove tecnologie
Larghezza dei corridoi
la capacità di un luogo di adeguarsi effettivamente alla domanda evolutiva del suo contesto, massimizzando il suo valore nel ciclo di vita
Ridondanza strutturale Unità modulari Spazio aggiuntivo
Costruzione a telaio Elementi flessibili Spazi di stoccaggio
Unione/Divisione di ambienti
Eccesso di punti di servizio
Convertibile Funzioni
Adeguabile Punti di accesso
Diminuzione spazio Aumento in altezza Semplificazione e alleggerimento Impalcature e sostegni aggiuntivi Spazi multifunzionali Aumento capacità contenitiva
Il ciclo di vita previsto di uno spazio, l’aspetto fisico, il numero di attori e componenti coinvolti e la relazione con il contesto sono tutti elementi che portano alla realizzazione di complessi edifici. Può essere fatta una distinzione quindi tra i luoghi progettati per l’adattabilità e quelli antitetici. Per integrare l’adattabilità nel progetto c’è la necessità di entrare nel dettaglio del sistema elettrico, meccanico, strutturale, etc... Tutto questo si combina con diversi aspetti fisici come la durabilità dei materiali, le altezze e profondità degli spazi e la natura stessa dei componenti (parti intercambiali, modulari, etc..). Tutte le possibili integrazioni e modifiche mostrano come sia molto vantaggioso concepire in partenza un eventuale livello di adattabilità, e qualora questo non sia possibile, l’uso temporaneo di uno spazio è la soluzione più efficiente e adatta a questi spazi, avendo meno richieste e pretese rispetto ad una funzione programmata e permanente. Progettare per l’adattabilità, a priori, permette quindi di estendere la longevità di un prodotto che può quindi variare a seconda delle circostanze.
Prestazioni
Standardizzazione Connessioni solide Sistema di distruzione Componenti intercambiali Minimizzare i punti di contatto
La definizione di “adattabile” è quindi la capacità di uno spazio di adeguarsi effettivamente alla domanda evolutiva del suo contesto/contenuto, cercando di massimizzare il suo valore. E’ possibile quindi delineare alcuni aspetti che, a priori, possono favorire un uso temporaneo e adattabile dello spazio, che può infatti cambiare durante il ciclo di vita. • Il progetto deve comprendere nel suo studio tutto il ciclo di vita e non solamente la sua prima destinazione; • Le soluzioni progettuali offerte da un edificio adattabile devono essere studiate a priori e ben indicate, in modo da favorire la sua manutenzione e trasformazione; • Un alto grado di modularità e riutilizzo dei componenti può contribuire a rendere lo spazio o l’edificio più adattabile; • L’uso di componenti facilmente sostituibili e integrabili può costituire un ulteriore contributo.
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LA RIDUZIONE DEI COSTI DI INTERVENTO La cosiddetta “Embodied energy” o “energia grigia” rappresenta l’energia ed i materiali utilizzati per la costruzione ex-novo di spazi ed edifici pubblici ed è inclusiva di tutto il dispendio di energia causato da tutti i processi associati alla produzione di un nuovo bene, dall’acquisizione delle risorse naturali, al trasporto, fino ai processi produttivi e a quelli amministrativi. Riutilizzare spazi esistenti riduce notevolamente questa quantità e permette di risparmiare fino al 95% di energie, che sarebbe altrimenti impiegata. Il grafico nella pagina seguente illustra teoricamente il costo capitale dei componenti (raggruppati in tre differenti livelli) durante il ciclo di vita di un edificio, considerando i costi iniziali e quelli ricorrenti durante il ciclo di vita. I fattori iniziali sono costituiti da tutti e tre i livelli (spazio, servizio e struttura) mentre i costi ricorrenti risultano ridotti solo alcune categorie.
Materiali di recupero Riduzione nuove costruzioni e demolizioni
Materiali locali
Costi di costruzione ridotti Unità modulari
Elementi prefabbricati
Prodotti a catalogo
La realtà è che un ciclo di vita più breve comporta una serie di costi inferiori, che però si porta dietro maggiori costi accumulati durante tutto il ciclo. E’ evidente quindi come nell’uso prolungato di uno spazio, il costo strutturale rimanga di minor impatto, salvo le manutenzioni ordinarie e straordinarie, mentre il vero costo è caratterizzato dalle variazioni di spazi e servizi, costi che possono essere abbattuti con un riuso temporaneo, che richiede sforzi minori e materiali recuperabili. Come descritto nella sezione precedente, questi costi possono essere ulteriormente ridotti se nel progetto originario si tiene conto di queste modifiche future non pianificate, sia in termini spaziali che di servizi offerti. In particolare sono diversi gli elementi caratterizzanti di un progetto di riuso temporaneo che possono contribuire alla riduzione dei costi; ovviamente alcuni di questi fattori possono essere applicati anche alla progettazione di nuovi spazi, ma sicuramente ne deriverebbe un maggior costo iniziale. L’utilizzo di materiali di riuso e a basso costo, in primo luogo, è uno dei primi punti su cui si basa un uso temporaneo dello spazio: l’impiego di materiali di recupero, materiali locali e soprattutto prefabbricati può contribuire a una riduzione dei costi, che si innalzerebbero nel momento in cui si agisce in modo permanente.
P. Bullen, P. Love, A new future for the past: a model for adaptive reuse decision-making. Built Environment Project and Asset Management. pp.: 32–44 [10]
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LA RIDUZIONE DEI TEMPI DI REALIZZAZIONE Report indicativo dei costi nel ciclo di vita di un edificio
Costi Capitale
Spazio ridistribuito ogni5 anni
Costo capitale ogni 25 anni
Servizi ridistribuiti ogni 10 anni Costo iniziale
SPAZIO SERVIZI STRUTTURA
OGGI
5 ANNI
10 ANNI
15 ANNI
20 ANNI
25 ANNI
TOTALE
Tempo
La stessa suddivisione dello spazio e la sua articolazione con elementi modulari o prefabbricati permette di ottenere lo stesso effetto, mantendendo la caratteristica di adattabilità di cui si parlava prima: l’effetto risulta lo stesso di un progetto non-temporaneo, però i costi di realizzazione sono notevolmente ridotti, e possono essere riutilizzati in altri ambiti e progetti, riducendo il costo del 100%. La peculiarietà dell’uso di materiali a basso costo e il riciclo degli stessi permette sia di avere un costo minore iniziale, che si innalzerebbe altrimenti, sia di annullarlo completamente nel caso di utilizzi futuri in altre aree progettuali.
assistendo a una riduzione delle quantità di riutilizzo e riciclaggio e all’aumento di spreco di materiale utile. Il solo settore dell’edilizia assorbe fino al 50% di tutte le risorse materiali utilizzate a livello globale, generando allo stesso tempo una simile proporzione di rifiuti da costruzione e demolizione. In Europa[10], l’industria delle costruzioni rappresenta il 40% dei rifiuti da produzione, il 40% del consumo di energia e di emissioni di CO2, e il 50% di risorse materiali primarie. Al momento solo il 2530% dei rifiuti derivati da questi processi viene riciclato, ma questa cifra potrebbe essere portata a valori come il 75% grazie al riuso di risorse o alla riduzione di nuove costruzioni.
Sfortunatamente con il sempre crescete sviluppo e la riduzione della durata della vita delle costruzioni, stiamo
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TIPOLOGIE DI SPAZI, AZIONI E INTERVENTI PER LA RIATTIVAZIONE INFORMALE
DOVE E CON CHI AGISCE IL RIUSO TEMPORANEO Spazi diversi richiedono diversi interventi. In quale modo possono essere categorizzati i tipi di spazi soggetti al riuso temporaneo? E in quale modo vengono riattivati? Inoltre, chi sono i protagonisti di queste trasformazioni, e in quale modo si inseriscono nel flusso degli interventi? Seguendo la “regola delle 5W” dello stile
Dove? Verranno prese in analisi e saranno
giornalistico anglosassone, si è analizzato
spiegate alcune tipologie e modalità di
il tema e la sua durata temporale (COSA?
attuazione per alcuni casi esemplificativi di
QUANDO?), sono state spiegate le modalità di
riuso temporaneo che verranno poi ripresi
attuazione in relazione alle normative esistenti
negli esempi relativi alla città di Milano.
sul territorio nazionale ed internazionale
Diverse sono le strategie di intervento e
(COME?) e si sono trattati alcuni dei pro e dei
quindi diversi i luoghi e gli spazi in cui questi
contro dell’uso temporaneo come dispositivo
processi possono attuarsi.
di riattivazione (PERCHE’?). Mancano dunque all’appello le risposte agli ultimi due di questi
Chi? Sono state introdotte in parte le figure che
interrogativi.
si inseriscono all’interno delle riattivazioni temporanee e verranno qui prese in analisi considerando non solo il loro ruolo ma anche le metodologie e tipologie di interventi attuati all’interno delle trasformazioni e dell’urbanistica DIY[1].
Il “DIY urbanism” è l’insieme delle tecniche e strategie di sviluppo urbanistico che fanno riferimento al “tactical urbanism” in cui il ruolo attivo nell’attuazione delle trasformazioni è affidato in primo luogo al cittadino. Cfr. A. Lauria (A cura di), Piccoli Spazi Urbani - Valorizzazione degli spazi residuali in contesti storici e qualità sociale, Liguori Editore, Napoli 2017, pp 154 [1]
DOVE tipologie di spazi L'uso temporaneo si riferisce all'attivazione limitata nel tempo di spazi o fabbricati liberi o sottoutilizzati senza richiesta immediata di sviluppo. In generale, qualsiasi azione che utilizza un luogo in modo diverso dal suo uso comune, è definito come uso temporaneo. Tuttavia, utilizziamo il concetto per identificare anche quegli usi che comportano un orientamento allo sviluppo. È possibile quindi classificare eventi temporanei, inquadrati in un determinato lasso temporale, ed eventi che comportano un futuro sviluppo permanente. Le attività di uso temporaneo possono essere transitorie[2], vale a dire svolgersi una sola volta, per un periodo di tempo limitato, oppure ricorrenti, con una ripetizione più o meno regolare, ad esempio ogni anno. Le attività possono anche essere migranti, ovvero possono cambiare sede da una posizione all'altra, man mano che lo sviluppo procede. Alla fine, possono anche trasformarsi in uso permanente, di solito dopo essere diventati molto popolari e di conseguenza percepiti come elemento essenziale del nuovo carattere del luogo.
La maggior parte degli spazi pubblici ha il potenziale per essere sede di un riuso temporaneo, ma è importante fare una distinzione[3] tra spazi marginali e centrali, dal momento che si portano dietro diverse conseguenze e strategie di intervento. Nelle posizioni più centrali, all’interno del tessuto consolidato della città, la problematica è come intensificare ulteriormente una determinata funzione o inserirla all’interno del contesto, mentre uno spazio più marginale ed isolato si pone la questione di come attrarre gli utilizzatori all’interno di un’area sconosciuta e di trasformare il modo in cui viene vissuta e vista dalla cittadinanza. In entrambi i casi è evidente come ci sia il desiderio di una crescita urbana o di consolidamento. Panu Lehtovuori e Sampo Ruoppilla[4] hanno inoltre introdotto una terza condizione spaziale, che hanno chiamato “spazi che perdono significato” quale condizione intermedia tra le due parti.
AREE CENTRALI URBANE
AREE ATTUALMENTE SOTTO UTILIZZATE
SPAZI CHE PERDONO SIGNIFICATO
Definita
Non definita
Definita, ma carente
ATTENZIONE E FLUSSO DI PERSONE
Alto
Scarso
Potrebbe migliorare
PROSPETTIVE DI SVILUPPO
Stabile, carente di nuove attrattività
Aperto (a rischio)
Nuovo sviluppo opzionale
OBIETTIVI DEL RIUSO TEMPORANEO
Intensificazione
Introduzione della funzione
Ridefinizione, diversificazione
USO / FUNZIONE
Tratto da P. Lehtovuori, S. Ruoppila, Temporary uses as means of experimental urban planning, pp. 38
cfr. I. INTI, AA.VV, TEMPORIUSO: Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, Altreconomia, Marzo 2015. cfr. op.cit. K. Overmeyer, Urban pioneers [4] Ricercatori della Tampere University of Applied Sciences della Finlandia che hanno indagato sui temi del riuso temporaneo. cfr. “Temporary Use as means of experimental urban planning” [2] [3]
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Questi spazi si configurano come una sorta di contenitore per ospitare nuove funzioni. Per permettere questi nuovi usi può essere necessaria la messa in sicurezza con interventi base, come la rimozione dei detriti e il consolidamento strutturale e degli impianti di sicurezza (es. antincendio). Le nuove funzioni che vi vengono introdotte possono inoltre richiedere un supporto architettonico, ma si tratta nella maggior parte dei casi di interventi minimi e a basso costo. L’associazione Temporiuso ha proposto nel suo manuale[4] una classificazione in tre livelli per definire i diversi gradi di intervento in una struttura. Livello 0 prevede un riuso con tempi brevi, ad esempio per eventi di stampo artistico, per cui è previsto l’inserimento di allestimenti ed arredi interni/esterni temporanei e facilmente rimuovibili o spostabili, nonché l’utilizzo di materiali riciclati o a basso costo (esempi sono i pallets in legno, scarti di lavorazione, cartelli segnaletici, etc..).
[5]
Livello 1 è riservato a progetti di riuso per periodi più lunghi, con un arco temporale di 1-2 anni e adatto a caratterizzare start-up di associazioni o il ciclo abitativo di studenti. Include, oltre ai dispositivi del livello 0, anche l’implementazione di infrastrutture stabili, quali luce, elettricità, acqua e servizi igienici, oltre alle dotazioni del livello precedente. L’ultimo, il Livello 2, prevede oltre agli strumenti precedenti, anche l’installazione di strutture leggere permanenti ma sempre indipendenti dall’involucro dell’edificio ospitante e sono solitamente riservati a riuso di durata maggiore, un periodo solitamente di 5 anni di attivazione.
op.cit. nota 1
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EDIFICI FUNZIONALMENTE DISMESSI Gran parte del patrimonio inattivo che può essere sede di un (ri)uso temporaneo è costituito dalle aree industriali e dai relativi fabbricati, che una volta dismessi vanno a costituire dei cospicui vuoti urbani. Spesso problematici, rimangono inutilizzati a causa di instabilità strutturali, problemi di sicurezza e di degrado. Intervenire su questi spazi e riattivarli significa quindi trasformare uno spazio silente in uno potenzialmente fruibile. Spesso le industrie sono fortemente legate al territorio, e un esempio sul territorio milanese è la stessa Lambrate Ventura che oggi è sede di diverse attività ed eventi soprattutto durante la Milano Design Week. Una fabbrica dismessa diventa quindi una grande occasione di trasformazione e può permettere la trasformazione del territorio stesso. Rigenerare un’ex area industriale significa quindi rigenerare anche un’intera area, arricchire la città in cui si trova e dare nuovo valore al territorio. Le strategie di riattivazione possono essere differenti, tra cui il riuso temporaneo, che può permettere un elevato grado di flessibilità in unione alla flessibilità data dalla tipologia dello spazio stesso, solitamente grandi edificicapannone. L’edificio industriale è infatti pensato per
ospitare i grandi macchinari per la produzione e per tenere conto della continua evoluzione dei processi, portandosi dietro un carattere di temporaneità. Queste caratteristiche richiedono dunque spazi molto ampi e alti, rendendosi adatti a progetti di riuso e configurandosi appunto come “edifici contenitore” [6]. Anche sul territorio milanese sono diversi gli esempi di riuso temporaneo, ad esempio la Casa dei Designers’06 che ha visto la riconversione da ex deposito ferroviario ad ostello temporaneo per un periodo di 10 giorni in occasione del Salone del Mobile. Questo progetto di riuso ricade nella categoria ricorrente e migrante, infatti è stato ripetuto anche negli anni successivi sempre con una location differente, e ha previsto l’uso di architettureleggere e attrezzareture da cantiere. Un altro esempio è BaseB metriquadricreativi che da palazzina per uffici e fabbrica si è trasformata in una serie di spazi creativi e per eventi grazie all’associazione Culturale Zona Bovisa che ha gestito e coordinato questo spazio multifunzionale. Il progetto è durato 3 anni e si è attuato con alcuni interventi di infrastrutturazione primaria, ovvero con la sistemazione degli impianti per acqua, luce ed elettricità. Nella pagina seguente, dall’alto: Casa dei Designers’06, Magazzini Porta Genova, 2006; BaseB metriquadricreativi, via Lambruschini 36, Milano (Zona Bovisa), 2006.
[6]
cfr. J. NOUVEL, Architettura e nulla - Oggetti singolari, Mondadori, Milano, 2003
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PUBLIC ART E STREET ART L’arte nello spazio pubblico è uno strumento di grande forza e potenza comunicativa, capace di modificare profondamente la percezione e l’esperienza del cittadino con lo spazio in cui si trova. La public art come strumento di riqualificazione urbana è capace, con interventi spesso minimali, di creare dispositivi che stravolgono il senso di un luogo. Fin dagli anni 60 diverse figure come Theodor W. Adorno si interrogano su come “aprire” il mondo dell’arte alla cittadinanza, senza lasciar confinato l’oggetto artistico nei “musei sepolcri di famiglia”,[7] bensì aprendolo alla vita di tutti i giorni. Fu così che si costituirono le prime associazioni di artisti per allestire appartamenti e aree industriali come spazi espositivi temporanei aperti alla collettività. Fino al 1973 gli artisti vivevano e lavoravano illegalmente in fabbriche convertite ed edifici vari, ma fu con l’avvento della avanguardie artistiche che le esposizioni si spostarono nelle galleria, nei café e nei ristoranti. Uno dei primi esempi di interazione tra arte e spazio pubblico fu nel 1971, quando Gordon Matta-Clark[8] venne invitato da Alanna Heiss[9] a partecipare in un progetto artistico di organizzazione dello spazio urbano.
Durò solamente tre giorni e fu distrutto, ma il suo successo provò che i muri di un museo non erano indispensabili per le esposizioni. Volevo un’organizzazione che potessimo spostare costantemente. L’unico elemento fisso sarebbe stato il nome dell’istituzione. Così organizzammo il “The Institute for Art and Urban Resources”. Le parole “urban resources” vennero aggiunte per indicare l’intenzione di usare spazi urbani. Alanna Heiss
Il concetto più ampio di “Public Art” nasce invece negli anni 90 con il tentativo di portare una maggiore attenzione non solo ai soggetti e agli spazi in questione, ma anche ai suoi abitanti e alle condizioni sociali. Lo spazio pubblico è diventato un palcoscenico per artisti di diversi ambiti, in particolare grazie alla popolare cultura di graffitismo, cultura hip-hop e movimenti DIY. Se gran parte di queste pratiche avviene senza un autorizzazione, spesso non viene considerata come vandalismo, bensì come strumento di sensibilizzazione e trasformazione di un’area. Un esempio è Bansky[10], artista attivo a Londra nei primi anni del 2000, che attraverso la tecnica del Guerrilla Art[11] ha diffuso il concetto di arte in luogo urbano. Questo tipo di movimento artistico ha legami con la pop art, il graffitismo e la controcultura della contestazione artistica, ma se da un lato può sfociare in atti di vandalismo, spesso può invece essere una scintilla per l’attivazione di uno spazio e per modificare il modo in cui un determinato spazio viene percepito dalla cittadinanza. Un esempio sul territorio milanese è quello degli OrticaNoodles[12] in cui è evidente come non si tratti di street art fine a se stessa, bensì di un’arte applicata alla collettività. I progetti avvengono in maniera partecipata e hanno il principale obiettivo di conferire al luogo una memoria di valore collettivo, ed è proprio grazie a questa iniziativa che si è creata una rete di associazioni “Progetto Ortica”. Il progetto sul quartiere, chiamato “Orme antica memoria”, prevede un totale di 20 opere che raccontino la storia del 900 attraverso diverse tematiche: in via Trentacoste troviamo il murales dedicato alle “Donne del ‘900, proseguendo troviamo il “Muro della legalità” e così via. E’ un chiaro esempio di come l’arte pubblica, in particolare la street art, possa riattivare un quartiere e creare una forte rete di contatti tra associazioni e cittadini, restituendo un nuovo volto grazie ad interventi partecipati.
op. cit. Urban Catalyst, p. 139 Goron Roberto Echaurren Matta è stato un artista e architetto statunitense noto per i suoi interventi temporanei e a basso costo [9] Alanna Heiss è stata la fondatrice di diverse associazioni artistiche no-profit, direttrice della Municipal Art Society (NY) e personaggio riconosciuto per il “alternative space movement” [10] Artista e Writer inglese, uno dei maggiori esponenti della street art. Noto per la sua natura satirica e sovversiva. [11] Movimento artistico nato dagli anni ‘70 quale branca della street art. La caratteristica principale è quella di lasciare tracce senza svelare l’identità degli autori. Basky è il più importante esponente. [12] Pseudonimo di due street artists italiani che hanno realizzato alcuni murales con la tecnica dello stencil nel quartiere di Ortica, Milano [7]
[8]
60
In alto: Bansky, “Bambina col palloncino” In basso: OrticaNoodles, “Donne del ‘900”
“GUERRILLA GARDENING” E GIARDINI CONDIVISI La modalità che più si lega al tema dei micro-interventi è quello del “verde in città”. In particolare, si ritrova la pratica del Guerrilla Gardening, ovvero una forma di giardinaggio su spazi e terreni di cui non si possiede la proprietà. Nel 1973, le autorità della città di New York ha visto la nascita di un gruppo auto-organizzato chiamato Green Guerrillas che ha cominciato a pulire in modo volontario e autonomo alcuni vuoti urbani della città convertendo queste aree in giardini. Dal 1978, l’amministrazione pubblica ha lanciato l’operazione “Green Thumb”, concedendo in affitto spazi della comunità per un dollaro all’anno, a condizione che venissero riqualificati e che non diventassero proprietà di una singola figura. Attualmente sono circa 750 gli orti comunitari presenti a New York. Anche a Parigi, nel 2015, l’amministrazione pubblica ha redatto i “permis de vegetalizer” quali strumenti per incoraggiare i privati cittadini ad entrare in azione per
realizzare interventi sul verde della città, curando e gestendo nuovi giardini e orti, prevedendo entro il 2020 un aumento di 100 ettari di verde urbano[13]. L’intero processo avviene attraverso procedure semplificate che definiscono tempistiche e modalità, nonché con un supporto logistico da parte dell’amministrazione. Un aspetto di notevole importanza è quindi il coinvolgimento diretto della cittadinanza e il favoreggiamento della spontaneità e iniziativa degli stessi. Sono infatti i privati che fanno richiesta direttamente alla municipalità, la quale entro un mese rilascia il permesso triennale per la gestione di uno spazio, unitamente ad un kit di supporto inziale. I primi esperimenti con i giardini condivisi a Milano invece risalgono al 2004, quando dei gruppi di cittadini decisero di promuovere la terapia orto culturale, seguendo l’esempio di città come Londra, New York e Parigi. Ad oggi sono 10 i giardini condivisi riconosciuti dal Comune di Milano. Nella pagina seguente: Isola Pepe Verde, Giardino Condiviso, Milano
Il giardino condiviso è uno spazio pubblico la cui gestione è frutto di un’attività collettiva e concertata. I giardini condivisi vedono protagonisti tutti i cittadini perché sono realizzati e gestiti dai cittadini stessi per rendere più vivibile il loro quartiere e rappresentano un metodo innovativo di recupero e gestione di aree pubbliche degradate e abbandonate che, per mancanza di risorse economiche, il Comune di Milano non è in condizione di riqualificare. Il Comune di Milano ha approvato il 25 maggio 2012 la Delibera N.1143 con la quale ha deciso di riconoscere e promuovere la pratica dei giardini condivisi. In questo modo sono state approvate le linee d'indirizzo per la realizzazione di giardini condivisi su aree di proprietà comunale abbandonate e/o degradate, in taluni casi anche aree urbanizzate, che presentino le caratteristiche per essere in tal modo valorizzate e meglio fruibili. L’obiettivo di creare le condizioni per realizzare luoghi aperti che incoraggiano l'interazione tra le generazioni e culture, instaurando relazioni e dinamiche tra le diverse realtà presenti nel quartiere, deve poter essere sostenuto da una partecipazione dell’Amministrazione comunale che intervenga con un ruolo più attivo e propositivo, soprattutto nella fase iniziale che deve poter agevolare l’attività dei volontari che vogliono prendersi cura collettivamente del bene pubblico. Comune di Milano, ss. Giardini Condivisi [14]
A. Lauria (A cura di), Piccoli Spazi Urbani - Valorizzazione degli spazi residuali in contesti storici e qualità sociale, Liguori Editore, Napoli 2017, pp. 157-158 [14] vd. https://www.comune.milano.it/aree-tematiche/verde/adotta-il-verde/giardini-condivisi [13]
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BENI CONFISCATI ALLA MAFIA Secondo gli ultimi dati disponibili offerti dall’ANBSC [15], gli immobili confiscati in via definitiva dal 1982 ad oggi ammontano a 23.526 unità. Di questi nemmeno la metà sono stati destinati e sono 10.056 e nonostante costituiscano un cospicuo patrimonio, devono ancora trovare delle politiche di gestione per consentirne la riattivazione e il riuso per il bene pubblico. In particolare, è la legge n. 109/96[16] che disciplina il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie (“Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati”) come concreta alternativa all’utilizzo da parte delle istituzioni per le normali finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile.
Nel giro di vent’anni, numerosi sono stati i progetti di riuso dei beni confiscati: immobili, terreni e altri beni sono stati convertiti e destinati a finalità sociali, migliorando le condizioni compromesse e restituendo un’accezione positiva a quelle che erano sedi di istituzioni illegali. Le criticità che rallentano il procedimento di destinazione sono legate soprattutto agli alti costi di ristrutturazione dei beni, vandalizzati in ogni modo una volta che sono tolti dalla disponibilità dei precedenti proprietari; ma pesano anche le irregolarità urbanistiche e le occupazioni irregolari da parte di familiari o terzi in buona fede.
Dati riepilogativi relativi agli immobili confiscati e sequestrati in gestione e destinati (aggiornamento agosto 2019)
Abruzzo 245 62 Basilicata 29 11 Calabria 2039 2698 Campania 2445 2409 Emilia Romagna 616 144 Friuli Venezia Giulia 35 19 Lazio 1111 793 Liguria 299 77 Lombardia 1837 1145 Marche 38 19 Molise 6 3 Piemonte 648 175 Puglia 1017 530 Sardegna 241 107 Sicilia Toscana 367 135 Trentino Alto Adige 2 16 Umbria 75 73 Valle d'Aosta 24 7 247 126 Veneto
Beni Immobili in gestione Beni immobili destinati
6053 6256
Dopo essere stati confiscati, i beni sono presi in carico dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC), una struttura centralizzata, istituita nel 2010, con sede principale a Reggio Calabria, in grado di gestire le procedure di assegnazione del bene per fini sociali. [16] vd. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1996/03/09/096G0120/sg [15]
64
1 150
9
24 8
tot Italia
10 5
769 1 42
2 3 124
70 1
8
108
197
Libera[17] è una delle associazioni che maggiormente si preoccupa dei beni confiscati alle mafie attraverso campagne di sensibilizzazione e di convegni, come quello tenutosi a febbraio 2014, in cui si è trattato delle nuove economie e delle strategie attuate per il recupero di questi beni, e le modalità di riconversione da poter applicare. È grazie a Libera che fu approvato il disegno di legge relativo al riuso sociale dei beni mafiosi e da allora si occupa di promuovere interventi formativi e di progettazione partecipata.
In alto: Destinatari delle riassegnazioni dei beni confiscati ad istituzioni mafiose Nella pagina precedente: Mappatura dei beni immobili in gestione e destinati (agosto 2018) dal sito web https://www.confiscatibene.it/
L’associazione ha poi trovato una forte collaborazione con diverse istituzioni statali, quali il Corpo Forestale dello Stato, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Dipartimento per le politiche di coesione e diverse associazioni e fondazioni di sostegno. Dal contributo di queste figure nasce il progetto nazionale per la trasparenza e la promozione del riutilizzo dei beni confiscati, Confiscati Bene 2.0 [18], realizzato da Libera con il sostegno di Fondazione TIM.
Libera è un’associazione che promuovere il riuso sociale dei beni confiscati alle mafie, e nasce nel 1995 con l’intento di una raccolta firme per il disegno di legge che verrà poi approvato il 7 marzo 1996 (Legge 109/36) [18] vd. https://www.confiscatibene.it/ [17]
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CHI le figure del temporaneo Dalle analisi dei differenti casi studio presenti nel materiale in bibliografia, e dei casi studio proposti in questa tesi, è emerso inoltre come siano presenti alcuni attori comuni nei processi di (ri)uso temporaneo. La figura del proprietario (pubblico o privato) dello spazio in oggetto, che per propria intenzione o per volontà di terzi mette a disposizione un luogo per permetterne la trasformazione, mantenendone la proprietà. Si tratta della figura più importante perchè è lui che dispone della proprietà ed è responsabile per la sua sicurezza. Purtroppo non sempre i proprietari accettano il riuso temporaneo, spesso per paura che diventi permanente o per evitare gli eventuali conflitti e dibattiti alla fine del periodo di riuso. Si trova poi l’intermediario, solitamente associazioni culturali, uffici pubblici e gruppi di cittadini) che gestiscono l’intero processo di trasformazione e si interfacciano con le amministrazioni per le questioni burocratiche. È questa figura che si interessa delle voci contrattuali, di ascoltare le richieste della cittadinanza e dello stesso proprietario, seguendo le normative della pubblica amministrazione, e di presentarsi come garante giuridico dell’intero processo. L’intermediario è quindi colui che si occupa di creare un “framework” di condizioni per far si che il progetto abbia i risultati attesi, una sorta di garante per il successo dei meccanismi informali. Gli agenti intermediari hanno motivazioni semplicemente idealistiche, sono loro infatti a concentrarsi su un determinato spazio e a mettere in contatto i temporary users con le amministrazioni comunali se lo ritengono potenzialmente valido. La terza categoria di utente all’interno di questi processi è quella dell’usufruttuario (professionisti, studenti, associazioni) che godono dello spazio e vi avviano le trasformazioni e le attività approvate dall’intermediario.
op. cit. Ivi, p. 53 [21] cfr. “Cultura e sottocultura” op.cit. F. De Girolamo (2014), p. 54 [19]
[20]
66
Secondo le statistiche elaborate all’interno della ricerca dello studio Urban Catalyst[19], si denota come gli attori della temporaneità, o “temporary users”, siano per il 32% dei casi associazioni, per il 23% attori della pubblica amministrazione, per il 15% gruppi di cittadini e per il restante 30% società a responsabilità limitata. La stessa ricerca[20] propone tre differenti categorie di utenti del riuso temporaneo; il primo gruppo è costituito dai giovani imprenditori che utilizzano lo spazio come “palcoscenico” per mettere in mostra una propria idea o un proprio progetto, in modo da poter avere grandi risultati ma con costi ridotti. Il secondo gruppo rappresenta tutti coloro che intraprendono la strada del riuso temporaneo come una sorta di hobby: hanno un lavoro e uno stipendio stabile, ma sfruttano le potenzialità dell’uso temporaneo per aumentare le proprie entrate o per sperimentare nuovi progetti sociali o non convenzionali. L’ultimo invece comprende la restante parte della cittadinanza, dai senza-tetto alle personalità “fuori dalla società” che sfruttano temporaneamente uno spazio come soluzione abitativa o per esporre i propri contrasti e credi politici-religiosi.[21] Comune a tutte le categorie è la tendenza di lavorare velocemente e in modo spontaneo nella scelta del proprio spazio, così come la predisposizione a lavorare con le condizioni esistenti in modo sperimentale e accettando il fattore dell’incertezza. A differenza della realtà immobiliare non hanno quindi degli standard da seguire, ma apprezzano l’imprevedibilità e l’inatteso.
67
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ESPERIENZE DI RIATTIVAZIONE
IL CASO MILANESE: ALCUNI ESEMPI Abbiamo visto come la pianificazione informale e temporanea della realtà urbana si articola nelle relazioni sociali e amministrative in termini teorici e con alcune applicazioni pratiche, ma come questa si sviluppa nella realtà di una città metropolitana come quella di Milano? Dopo aver analizzato le caratteristiche del
cittadini, e differenti normative attuative per
riuso temporaneo e i vantaggi che questo
la realizzazione dei progetti. Nelle schede
può apportare alla trasformazione della
presentate viene messa in relazione la
città e dopo aver documentato le principali
tipologia di spazio, le normative e le politiche
normative che supportano queste pratiche
che hanno supportato il riuso temporaneo e
di intervento, vengono presentati alcuni casi
le figure coinvolte.
studio emblematici sul territorio milanese. Inoltre,
viene
evidenziato
il
tipo
di
Diffusi su tutta la città metropolitana di Milano,
trasformazione associata all’uso precedente e
le esperienze di riattivazione temporanee
in relazione alla destinazione futura da piano
presentano diversi attori protagonisti, dalle
municipale.
associazioni culturali, enti pubblici ai privati
04
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INDICE DEI CASI STUDIO, Città di Milano 01. #NEVICATA 14 02. GIARDINI LEA GAROFALO 03. BIENNOLO - EX FABBRICA DI PANETTONI COVA 04. BOSCO IN CITTA’ CASCINA SAN ROMANO 05. #DERERUMLUCREAZIO 06. SUPERPOWELL SKATEPARK 07. GREEN LIVING LAB SAN SIRO 08. EX-BREDA GREENHOUSE 09. ISOLA PEPEVERDE 10. IL GIARDINO DELLE CULTURE
08
03
09 02
01
10
06
05
#NEVICATA 14 TIPOLOGIA SOGGETTO
Piazza Castello (Milano, 2015) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Comune di Milano, Triennale di Milano
Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Contestuale a EXPO2015 - n.6 mesi
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Piazza pubblica
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Sperimentazione di pedonalizzazione dell’area
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Ritorno alla situazione originale
LIVELLO DI INTERVENTO
Livello 0
Livello 1
Livello 2
REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE
Delibera di Giunta (Comune di Milano)
Sabato 13 dicembre 2014, alla presenza dell’allora presidente della Triennale di Milano, Claudio De Albertis e del coordinatore del progetto, Alberto Ferlenga, la giuria, composta da Marco Romano, Franco Purini, Paola Viganò e Francesca Bavestrelli, ha scelto all’unanimità il progetto #nevicata14 del gruppo Guidarini&Salvadeo + Snark, selezionato tra gli undici progetti che hanno partecipato a ‘Atelier Castello’, un concorso internazionale per la definizione di Piazza Castello.
Il progetto del gruppo Guidarini&Salvadeo + Snark è nato da un’ampia condivisione e confronto con il territorio anche attraverso i social network. Il progetto selezionato prevede una tinteggiatura bianca della pavimentazione analoga al calcestre della pavimentazione del Parco che ricoprirà lo spazio attuale fino all’ingresso del Castello, conferendo unità materica e percettiva e liberandolo da tutti gli impedimenti all’accessibilità (marciapiedi, rialzi). Allo stesso modo verranno eliminati pali, transenne, semafori, cartelli in disuso.
La motivazione della scelta della giuria: “per la qualità e la leggerezza del progetto, per la sua reversibilità, la capacità di rispondere alle immediate esigenze della fase Expo2015, ai limiti di budget, senza compromettere la possibilità di un’ulteriore riflessione sull’assetto futuro dell’intera zona”.
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Si tratta di una proposta che, più che aggiungere, toglie cose ormai inutili e semplifica lo spazio, adibendolo allo stesso tempo ad una sorta di palcoscenico di un teatro, nel quale sarà possibile allestire molteplici e diverse possibilità d’uso: fiere temporanee (fiera degli o’bei o’ bei), isole d’ombra estive, isole riscaldate in inverno, esposizioni open-air, ecc.
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Allestimento temporaneo di arredo urbano Manto di calcestre bianco per conferire unità metrica (previsto / non realizzato)
Il progetto ha visto il suo avvio con la definizione di 12 isole temporanee allestite, ognuna con una differenza destinazione e declinazione: dallo spazio gioco, al semplice spazio di sosta. L’intero sistema permetteva inoltre una forte interazione tra la cittadinanza e l’installazione, ad esempio per quanto riguarda la componente illuminotecnica che poteva essere gestita dagli utenti attraverso l’utilizzo di un’apposita applicazione per smartphone. Il rivestimento in calcestre è stato tuttavia abbandonato per sicurezza.
GIARDINO LEA GAROFALO TIPOLOGIA SOGGETTO
Viale Montello, 3 (Milano, 2017) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Associazione “Giardini in Transito” Fondazione Cariplo, Gruppo Uvet, Municipio di Milano Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Comodato d’uso - n.5 anni
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Piccola Scuola di Circo, poi discarica a cielo aperto
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Giardino Condiviso a gestione dei cittadini
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Manutenzione del verde e dello spazio
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE Questo spazio verde rappresentava in passato un importante punto strategico della ‘ndrangheta in città e veniva sfruttato come deposito di armi e come luogo di transito per sostanze stupefacenti. Proprio in virtù di questo, il giardino sarà poi dedicato dal 19 ottobre 2013 a Lea garofalo, ex-moglie di un narcotrafficante che operava in questa zona, poi crudelmente uccisa per aver collaborato con le forze dell’ordine. Dopo l’abbattimento dei civici 1 e 3, il giardino venne adibito a spazio per i circhi di passaggio, per poi essere destinato alla Piccola scuola di Circo, fino alla proposta dell’amministrazione Albertini di realizzare un garage sotterraneo, mai realizzata, che portò la zona a diventare un luogo abbandonato e ben presto una discarica a cielo aperto. Dal 2011 gli abitanti della zona in collaborazione con alcuni consiglieri comunali decisero di riqualificare l’area, che però rimase di proprietà dell’azienda incaricata di costruire il garage, almeno fino al 2014 74
Livello 0
Livello 1
Livello 2
Convenzione per i giardini condivisi Consiglio di Zona 1 (Comodato d’Uso) - Maggio 2013 quando venne adibito a verde pubblico. Il progetto ha previsto anche la collaborazione dell’associazione Libera, dal 2013, quale ONG italiana che si occupa di contrastare l’azione magiosa sul territorio e di Fondazione Cariplo, che da giugno 2017 ha stanziato dei finanziamenti per iniziare importanti lavori di riqualificazione. L’azione partecipata dei cittadini è stata fondamentale: numerosi sono stati i volontari che hanno contribuito alla gestione delle aperture/chiusure di questo spazio ad uso pubblico, alla manutenzione del verde e all’organizzazione di eventi e laboratori. Il progetto è indice di come si possano recuperare aree degradate con risorse a basso costo e buget limitati, iniziando con pochi elementi indispensabili fino a quando l’amministrazione comunale ha deciso di affidare l’area in comodato d’uso gratuito all’associazione Giardini in transito, che ha potenziato i lavori di riqualificazione.
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Iniziativa dell’associazione di provvedere alla riqualifica dell’area verde e alla fornitura di materiale; collaborazione dei cittadini volontari
La riqualificazione è iniziata con piccoli interventi, quali la realizzazione di una passerella di legno e vasche per fiori e piante. Con il susseguirsi delle azioni volontarie dei cittadini, il giardino è stato riconosciuto dal Comune di Milano ed è stato assegnato ad un’associazione, che ha potuto migliorare i servizi e le infrastrutture a supporto (un focolare, allaccio dell’acqua, operazioni di potatura, etc..)
BIENNOLO - ex fabbrica di Quartiere NoLo (Nord Loreto) panettoni Cova (Milano, 2019) TIPOLOGIA SOGGETTO
Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
Associazione
Istituzione culturale
Carlo Vanoni // ArtCityLab // Matteo Bergamini
Pedonalizzazione
CATEGORIA DI PROGETTO
Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Riattivazione spazio
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Biennale (1a edizione 2019)
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Laboratorio di Panettoni Giovanni Cova, poi in disuso
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Spazio d’Arte temporaneo (Biennale di NoLo)
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Spazio espositivo temporaneo Livello 0
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE L’iniziativa nasce da Carlo Vanoni, critico d’arte, che ha poi coinvolto l’associazione ArtCityLab e alcuni curatori di mostre e allestimenti e ha trovato finanziatori per il progetto. L’obiettivo dell’esperimento è quello di rivolgersi alla scala di quartiere, coinvolgere i dintorni e cercare di attivare spazi che non sono stati attivi per un lungo periodo di tempo, cercando di ripensarli come spazi espositivi dove poter svolgere manifestazioni culurali. L’acronimo Nolo sta per “a Nord di Piazzale Loreto” ed ha potuto diventare parte della lista di 88 NIL (Nuclei di Identità Locale) del Comune di Milano, grazie ad una decisione del consiglio comunale del 19 febbraio 2019. La prima Biennolo, tenutasi dal 17 al 26 maggio, ha la sua sede nello spazio dell’Ex Laboratorio Panettoni Giovanni Cova ed è stata una propria biennale d’arte che ha coordinato una serie di eventi collaterali aperti a tutti. L’obiettivo è quello di migliorare il quartiere sotto diversi aspetti, essendo considerato un “quartiere difficile”. 76
Livello 1
Livello 2
Emendamento al Piano di Governo del Territorio per il NIL di NoLo “NoLo è un’area metropolitana prototipo di comunità che accoglie, si integra, si inventa modi di stare insieme, si riappropria degli spazi per vivere in un quartiere che ha già mutato pelle: da area disagiata a meta di giovani e creativi. È qui che abbiamo pensato di mettere in scena la prima biennale milanese” [1]
[1]
Intervista a Carlo Vanoni, Autore e critico d’arte milanese
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Allestimento di mostre temporanee
L’edificio è stato dapprima messo in sicurezza, con la sistemazione e integrazione delle infrastrutture primarie, ed è stato poi avviato con la sperimentazione di incontri artistici (ad esempio su M. Duchamp) tenuti dallo stesso Carlo Vanoni. Dopo una prima fase di attivazione, è divenuto poi sede della prima biennale di NoLo (2019) con un’esposizione relativa alla “paura del numero 17” dal titolo #Eptacaidecafobia. Vedrà ogni due anni la presentazione della biennale, ma resterà attiva come spazio di allestimento temporaneo.
BOSCO IN CITTÀ - Cascina San Via Novara (Milano Ovest) Romano TIPOLOGIA SOGGETTO
Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Associazione Italia Nostra // La strada dell’Ovest con Agenzia Forestale Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Indeterminato
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Centro produttivo, poi in abbandono post seconda guerra mondiale
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Parco Urbano in “Parco Agricolo Sud”
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Parco Urbano in “Parco Agricolo Sud”
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE Dalla convenzione tra l’amministrazione comunale e le associazioni Italia Nostra e Centro Forestazione Urbana (CFU) lo spazio, ex-zona agricola in stato di abbandono, è entrata nel centro dell’attenzione con l’obiettivo di ampliare il parco e realizzare “gli orti del tempo libero”. Questo parco urbano ha visto una serie di rinnovi delle convenzioni comunali, fino a quello del 2002 con un’ulteriore ampliamento e la realizzazione di un giardino d’acqua, spazi destinati ad orto e aree attrezzate. La cascina ha subito una rinascia, diventanto il centro operativo dell’intera area, oggi nota come “Boscoincittà”, e luogo di incontro per corsi di educazione ambientale,
[2]
Livello 0
Livello 1
Piano recupero delle cascine - Comune di Milano, 1976 Regime concessionario ad “Italia Nostra” - Municipio7 eventi estivi per ragazzi e interventi di gestione come giardino condiviso. All’interno sono stati realizzati diversi servizi come la “Biblioteca verde”, ovvero un luogo di raccolta di pubblicazioni relative al tema del verde e della forestazione urbana. E’ presente inoltre la Foresteria, per permettere a gruppi di studenti di svolgere attività ludico-educative inerenti a temi ambientali, e un’area feste organizzata in portici in modo da poter ospitare gruppi numerosi, associazioni ed eventi culturali. L’intervento rientra nell’ambito del Piano di recupero delle cascine [2] del Comune di Milano per l’assegnazione e la successiva manutenzione ordinaria e straordinaria di complessi cascinali.
vd. https://www.comune.milano.it/aree-tematiche/urbanistica-ed-edilizia/attuazione-pgt/valorizzazione-cascine 78
Livello 2
Minuto 00.00.00 Evento Catalizzatore Creazione CFU (Centro Forestazione Urbana) per il coinvogimento di ssociazioni, enti e scuole
Il progettoè esemplificativo di una categoria di spazi e edifici molto diffusa sul territorio milanese e lombardo. Le azioni delle associazioni hanno riguardato non solo la riqualificazione dellâ&#x20AC;&#x2122;area, ma anche la restaurazione conservativa di alcuni edifici presistenti e di spazi esterni coperti.
#DERERUMLUCREZIO TIPOLOGIA SOGGETTO
P.zza Tito Lucrezio Caro (Milano, Agosto 2015) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
n.3 studenti di Architettura del Politecnico di Milano
Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Riqualificazione partecipata volontaria // poi passata all’amministrazione comunale
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Parco pubblico (stato di degrado ed abbandono)
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Parco pubblico e spazio di allestimento
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Parco pubblico con regolare manutenzione e attrezzature
LIVELLO DI INTERVENTO
Livello 0
Livello 1
Livello 2
REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE
Oneri di urbanizzazione[3] per la riqualificazione degli spazi verdi, percorsi, illuminazione, etc..
Il 14/15/16 maggio 2015 questo spazio sottoutilizzato ha ospitato diversi visitatori che hanno potuto contribuire all’allestimento di questo luogo proponendo la loro idea di spazio urbano e quali potessero essere gli elementi necessari al riuso dello stesso. I più piccoli hanno realizzato delle planimetrie attraverso i loro disegni, in alternativa ad una bacheca in cui si poteva lasciare un appunto. Una vera e propria raccolta partecipata di idee.
Il primo step è stato un intervento di pulizia della piazza, un tentativo di sensibilizzazione dei residenti nei confronti di questo spazio nascosto, preceduto dal taglio dell’erba qualche giorno prima. Grazie all’AMSA i volontari hanno potuto trovare rastrelli e altri strumenti utili per il lavoro.
Da una prima fase di analisi dell’area e di ascolto dei cittadini, sono state poi pubblicate le proposte emerse durante questo momento di incontro, permettendo di mettere in evidenza quali erano i punti di maggiore interesse per gli utilizzatori di questo spazio.
In contemporanea, il secondo step è stato il 14 maggio con un Festival di poesia che ha scelto Piazza Tito Lucreazio come uno dei punti di sosta del tour poetico.
TETTAMANZI, Giovanna, “Più di un milione di euro oer la zona 5”, in Milano Zona Sud, n. 10, Anno XIX, ottobre 2015 - il giornale di zona gratuito conferma che 370.000 euro di oneri di urbanizzazione verranno destinati ad alcune delle proposte avanzate nei mesi precedenti [3]
80
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Iniziativa privata di risistemazione dell’area
La riqualificazione di piazza Tito Lucreazio Ccaro è un chiaro esempio di come l’attenzione dell’amministrazione pubblica possa essere attirata semplicemente dall’iniziativa spontanea di alcuni studenti. A partire da un intervento autonomo, uno spazio sottoutilizzato e in stato di degrado ha potuto essere riconosciuto per la sua importanza e ciò ha permesso di essere destinatario di finanzimenti pubblici per la sistemazione e ammodernamento dell’area (illuminazione, arredo urbano, etc..)
SUPERPOWELL SKATEPARK TIPOLOGIA SOGGETTO
Via Filippo Argelati (Milano Municipio 6, dicembre 2012) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
TempoRiuso // Controprogetto snc // Politecnico di Milano Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Indeterminato
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Spazio di risulta (degradato e sottoutilizzato)
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Skatepark ad uso pubblico
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Skatepark e spazi per cultura underground
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE Con il bando rosso periferie del CDZ 6 del Comune di Milano, il progetto vincitore prevedeva di allestire una piazza pubblica in stato di sottoutilizzo a skate park e spazi per la cultura underground. Con lo strumento della progettazione partecipata e con il supporto di esperti si è potuto implementare l’arredo urbano della piazzetta gradonata e rafforzare le diverse culture che coesistono nel quartiere. Il progetto è a cura dell’associazione milanese Temporiuso e ha visto coinvolte diverse realtà, da associazioni terze fino ad alcuni studenti del Politecnico di Milano. Il 21 dicembre 2012 lo spazio è stato inaugurato con una serie di mini rampe modulari da skateboarding, quali opere del laboratorio di falegnameria, e strutture per l’attività outdoor e di supporto all’organizzazione di eventi aperti. 82
Livello 0
Livello 1
Livello 2
Bando pubblico “Rosso periferie” del Consiglio di Zona 6
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Allestimento di arredo urbano
GREEN LIVING LAB San Siro TIPOLOGIA SOGGETTO
Via Abbiati (Milano, Marzo 2019) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DASTU) nell’ambito del programma SohoLab // Temporiuso Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Percorso progressivo in tre fasi
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Spazio aperto
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Cambiamento fisico e percettivo dello spazio ad uso pubblico
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Miglioramento della qualità dello spazio urbano interstiziale
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE All’interno dell’azione pilota nel quadro euripeo “SoHoLab - The Regeneration of Large-Scale Social Housing Estates through LivingLabs” si è avviata una riqualificazione partecipata di spazi pubblici in piccole oasi verdi. Il progetto si inserisce all’interno di un quadro più ampio di interventi sugli spazi pubblici del quartiere San Siro e si è concentrato nell’installazione di alberature, sedute e nella riqualificazione del manto stradale. Il progetto propone una serie di micro-interventi per generare un cambiamento fisico e percettivo negli abitanti per quanto riguarda lo spazio ad uso pubblico. La partecipazione delle associazioni e degli abitanti ha portato alla progettazione e realizzazione di una segnaletica orizzontale “a zembra” quale spazio gioco, dissuasori per auto e elementi di arredo per biciclette. Il percorso si è avviato a ottobre 2017 ed è stato reso possibile a marzo 2019 grazie al primo patto di 84
Livello 0
Livello 1
Livello 2
Patto di collaborazione 21 dicembre 2018 // Progetto DASTU // Bando “Sottocasa” parte di “Lacittàintorno” collaborazione del Comune di Milano (21 dicembre 2018). In collaborazione con il Politecnico di Milano, domenica 24 marzo è stato inaugurato lo spazio di GreenLivingLab, con una giornata di attività e laboratori per festeggiare gli interventi di riqualificazione urbana. “Oggi festeggiamo la restituzione di via Abbiati ai suoi residenti, possibile grazie agli strumenti innovativi dell’urbanismo tattico e dei patti di collaborazione per l’amministrazione condivisa dei beni comuni”, ha commentato l’assessore alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data Lorenzo Lipparini. “Attraverso l’intenso lavoro congiunto di tantissime realtà, finalmente quest’area della città potrà tornare a vivere e animarsi portando un miglioramento della qualità della vita e della fruizione dello spazio pubblico a beneficio dei cittadini del quartiere”. Sindaco Giuseppe Sala, 24 Marzo, Inaugurazione
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Fase 1 | Micro azione di design urbano
Il marciapiede prima sede di parcheggi non regolamentati, ora presenta giochi su asfalto per bambini; una serie di aiuole permettono la sperimentazione di un giardinaggio condiviso. Sono state sistemati dei dissuasori per la sosta irregolare e nuove rastrelliere per le biciclette, il tutto incorniciato da una scritta: â&#x20AC;&#x153;ABBI CURAâ&#x20AC;?, lo slogan dellâ&#x20AC;&#x2122;intervento.
EX-BREDA GREENHOUSE TIPOLOGIA SOGGETTO
Milano, 2009-10
Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Associazione Cantieri Isola // Precare.it
Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
3 mesi (settembre-dicembre 2009) + rinnovo
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Ex edificio adibito a portineria
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Riattivazione di parte dell’edificio sottoportico a serravivaio per attività culturali (tema Land Art)
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE LIVELLO DI INTERVENTO
Spazio temporaneo per arte e cultura
Livello 0
Livello 1
Livello 2
REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE
Contratti di uso temporaneo (iniziativa privata, protocollo d’intesa tra le associazioni Precare e cantieri Isola)
La società Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche era una storica industria che operava a Sesto San Giovanni fino a quando, dopo un periodo di inattività, nel 1997 l’amministrazione comunale approva un Accordo di Programma e decide di procedere con la valorizzazione e riqualificazione dell’area. Lo spazio ospitò dapprima il workshop “Cittadella del Riuso Temporaneo” [4] finchè dopo brevi tempi di risistemazione si avvia una serie di workshop settimanali, installazioni e progetti temporanei di durata mensile. Il progetto è differente dai consueti bandi di assegnazione di spazi e mantiene un assetto democratico valorizzando quanto più il progetto in sé piuttosto che il curriculum dell’individuo. Ai vincitori si offriva la possibilità di gestione dello spazio,
organizzando momenti di incontro pubblico e offrendo servizi in unione con le attività presenti nel territorio. Il progetto ha poi previsto un allestimento interno di infrastrutture elettriche e di riscaldamento ad aria grazie al supporto di sponsor. Il progetto vincitore ha inoltre previsto la trasformazione dell’edificio in un laboratorio dove poter realizzare una serra-vivaio di piante e ortaggi per essere luogo di discussione di paesaggisti, scienziati, agronomi e interessati di verde urbano. Nel 2009, all’avvio del progetto sull’Ex area Breda, non esistevano politiche pubbliche[5] se non la pubblicazione di bandi pubblici quali concorsi di architettura, ed è quindi la natura “open” di questa iniziativa a caratterizzare maggiormente questo vuoto urbano.
L’evento, tenutosi dal 5 al 9 novembre 2009, vedeva partecipi 30 studenti delle facoltà di Architettura, Urbanistica e Agraria del Politecnico di Milano e Arte e Design della NABA e fu seguito dal seminario internazionale “Dispositivi di riuso temporaneo” organizzato dal collettivo EXYZT di Parigi. [5] Si parla del Comune di Sesto San Giovanni [4]
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Messa in sicurezza e allestimento di eventi culturali
Le associazioni culturali Cantieri Isola e Precare. it in collaborazione con Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo e Comune di Sesto San Giovanni (MI) invitano giovani artisti, green designers, architetti del paesaggio, associazioni culturali, cooperative e attivisti del verde urbano, interessati a realizzare unâ&#x20AC;&#x2122;installazione temporanea di land-art che porterĂ poi alla realizzazione di una serra-vivaio quale sede di workshop e convegni internazionali.
ISOLA PepeVerde TIPOLOGIA SOGGETTO
Via Pepe, 10 (Milano Quartiere Isola, 2013) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Collettivo Pepeverde // Isola Art Center
Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Ineterminato (destinazione dell’area da Edificabile a Area verde)
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Deposito di piastrelle
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Giardino comunitario con biblioteca e Area Playground
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Integrazione nel progetto di pedonalizzazione di via Pepe, fino al Cavalcavia Bussa
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE Il progetto di Isola pepe Verde nasce dalla richiesta di riappropriazione dell’area verde durante la lunga serie di interventi dei cantieri di Porta Nuova e nasce dalla volontà di sperimentare la partecipazione dei cittadini nella getione del verde. Dopo una serie di confronti, nel maggio 2012, il Comune di Milano riconosce ufficialmente l’importanza dei giardini condividi e solamente un anno dopo viene firmata la convenzione con il consiglio di zona 9, portando Isola Pepe Verde ad essere il primo giardino condiviso ad aver seguito l’iter burocratico-normativo per la firma di patti di collaborazione.
88
Livello 0
Livello 1
Livello 2
Convenzione con Municipio 9 (7 maggio 2013) con Delibera comunale n. 1143 del 25 maggio 2012 Il primo step è stato quello di ripulire l’intera area, grazie al contributo dei 18 soci fondatori e dell’AMSA, seguito da una serie di micro-interventi di consolidamento delle strutture esistenti quali il ripristino della tettoia, la sistemazione di un magazzino, una sala riunioni, etc.. E’ stata poi realizzata un’area ludico-ricreativa per bambini e una grande pedata in legno con tavole e sedute per incentivare l’organizzazione di eventi pubblici. Dalla sua nascita, Isola PepeVerde non è mai costata nulla alle amministrazioni locali, se non per quanto riguarda l’allacciamento del servizio di acqua potabile e la potatura straordinaria degli alberi esistenti.
Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Primo giardino convidiso a seguire l’iter burocratico
Isola PepeVerde è un giardino condiviso interamente gestito da volontari con annessa una piccola biblioteca. Inoltre è sede durante tutto l’anno di eventi, spettacoli e di mercatini. Un ex deposito di materiale edile, che grazie alla collaborazione di privati cittadini è diventato il primo giardino condiviso del suo genere a Milano.
IL GIARDINO DELLE CULTURE TIPOLOGIA SOGGETTO
Via Morosini (Milano, 2015) Individuale
Amministrazione pubblica
Dipartimento Universitario
SOGGETTO PROMOTORE
CATEGORIA DI PROGETTO
Istituzione culturale
Comitato XXII Marzo // È-Vento // Teatro Laboratorio Mangiafuoco // Lino Faccincani //Francesco Camillo Giorgino @ Millo (murales) Pedonalizzazione Giardino Condiviso
Allestimento
Riattivazione spazio
Riattivazione edifici terziari
Riqualificazione spazi verdi
TIPOLOGIA DI SPAZIO
Associazione
Piazza
Area Industriale
Spazi aperti
Aree disattive
Design Urbano Spazio verde di risulta
FATTORE TEMPO
Indeterminato
DESTINAZIONE PRECEDENTE
Frammento urbano non utilizzato // previsione di parcheggio regolamentato
DESTINAZIONE DI PROGETTO
Spazio pubblico per attività culturali e ricreative
DESTINAZIONE A CONCLUSIONE
Non definito // con la nuova amministrazione comunale il comitato ha abbandonato la gestione del progetto
LIVELLO DI INTERVENTO REGOLAMENTAZIONE E POLITICHE
Livello 0
Livello 1
Livello 2
Patto di Collaborazione (CdZ 4)[6] Delibera di Giunta n. 1143 del 25 maggio 2012
Il Giardino delle Culture è un “giardino senza verde”, infatti fino al 2014 era prevista la realizzazione di un grande parcheggio, che però ha visto un cambio nella sua destinazione fino a quando il 19 aprile 2015 si sono conclusi i lavori di riqualificazione dell’area, finanziati da un privato cittadino, Lino Faccincani. Lo spazio è poi stato abbellito da un writer, Francesco Camillo Giorgino - in arte Millo, che ha dipinto le facciata principali dei palazzi sovrastanti, precedentemente in stato di degrado. Purtroppo a fine 2018 l’associazione che si prendeva cura dello spazio ha abbandonato il progetto, non potendolo più sostenere economicamente.
vd. https://www.comune.milano.it/documents/20126/1547870/Patto+di+collaborazione+Giardino+delle+Culture+2019.pdf/ f5e48e86-826b-c038-468e-5ccd7d5b059f?t=1553185286589 [6]
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Minuto 00.00.00
Evento Catalizzatore Allestimento di arredo urbano e riqualificazione
Il progetto ha visto il suo avvio con la definizione di 12 isole temporanee allestite, ognuna con una differenza destinazione e declinazione: dallo spazio gioco, al semplice spazio di sosta. L’intero sistema permetteva inoltre una forte interazione tra la cittadinanza e l’installazione, ad esempio per quanto riguarda la componente illuminotecnica che poteva essere gestita dagli utenti attraverso l’utilizzo di un’apposita applicazione per smartphone. Il rivestimento in calcestre è stato tuttavia abbandonato per sicurezza.
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Conclusioni
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Le tendenze economiche, sociali e culturali contemporanee hanno portato ad un progressivo aumento dell’interesse nelle tematiche degli usi temporanei nello spazio urbano. Le ricerche citate in questa tesi hanno affrontato le dinamiche che regolano gli usi temporanei, i loro caratteri esplorativi e sperimentali, nonché la loro capacità di sostenere le diversità culturali e il rapporto con le regolamentazioni e il sostegno da parte delle autorità pubbliche. Si è evidenziato inoltre come abbiano notevoli benefici pubblici e commerciali, grazie alla loro capacità di aumentare i valori immobiliari delle aree in cui si attuano, senza essere semplicemente il risultato di una gentrification. Sono strumenti capaci di generare nuovi spazi pubblici, di sostenere pratiche collaborative e di includere l’azione dei cittadini con approcci “bottom-up”, migliorando non solo la qualità degli spazi, ma anche i rapporti sociali all’interno della città. Gli usi temporanei sono uno degli strumenti più preziosi per lo sviluppo di luoghi “difficili”, dove la pianificazione tradizionale non raggiunge i risultati attesi e dove lo scarso valore commerciale non attira l’attenzione dei grandi investitori. In questo caso una via possibile è quella di implementare o consentire usi temporanei all’interno di processi più ampi, pianificando una serie di fasi intermedie ed un eventuale obiettivo finale a lungo termine, piuttosto che attuare un approccio diretto allo stadio finale. Diverse sono le questioni ancora aperte, prima di tutto il rapporto tra l’informale e l’istituzionalizzazione della pratica del riuso temporaneo e le conseguenze della sua applicazione ai processi tradizionali. Nonostante sia progressivo il riconoscimento di queste pratiche d’uso e di conseguenza l’aggiornamento delle relative norme amministrative, solamente in alcuni casi internazionali questa modalità di pianificazione si è consolidata come pratica riconosciuta. La seconda questione è la possibile evoluzione di un uso temporaneo in uno permanente; uno degli obiettivi strategici del riuso temporaneo è infatti quello di non essere fine a se stesso, ma di poter innescare una serie di trasformazioni più ampie e a lungo termine. Il riuso temporaneo dello spazio è quindi un potente dispositivo che può essere adottato in modo semplice, con costi e tempistiche ridotte, e che allo stesso tempo può mettere in evidenza in modo efficace uno spazio abbandonato o sottoutilizzato. L’auspicio è quello di entrare in un’ottica nella quale si vada a contrastare l’abbandono dello spazio pubblico, riattivandolo in modo semplice e veloce e restituendo alla collettività quegli ex-luoghi di aggregazione, oggi inattivi, ma potenzialmente fruibili.
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Bibliografia, i riferimenti. A. Lauria (A cura di), Piccoli Spazi Urbani - Valorizzazione degli spazi residuali in contesti storici e qualità sociale, Liguori Editore, Napoli 2017, cap. 3-6 B.E. Manuel, Public Catalyst, Actar Publishers, Barcellona 2015. Cantieri Isola e Precare.it, Manifesto per il riuso temporaneo, 2009, brochure limited edition C. Cellamare, Progettualità dell’agire urbano, Carocci Editore, Roma 2011, cap. 7-8 C. St Hill, This is Temporary / How transient projects are redefining architecture, RIBA Enterprise, New Castle 2016 D. Fassi, Temporary Urban Solutions - Soluzioni temporanee per la città, Maggioli Editore, Segrate 2012, cap. 1,3 E. Armano, C.A. Dondona, F. Ferlaino (A cura di), Postfordismo e trasformazione urbana - Casi di recupero dei vuoti industriali, Ires, Torino 2016, cap 1-2 F. De Girolamo, Ruolo della temporaneità nei processi di rigenerazione delle aree-intervallo. Il caso mediaspree, Tesi di Dottorato, Università degli studi di Roma “La Sapienza”, Roma, 2014, cap. 2 I. Inti, G. Cantaluppi, M. Persichino, TEMPORIUSO: Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, Altreconomia, Marzo 2015. J. Gehl, Life between buldings. Using public space, Island Press, Londra, 2011, cap. 1-2 J. Leveratto, Pubblico e privati. Spazi urbani a misura d’uomo, Using public space, Tesi di Dottorato, Politecnico di Milano, cap. 2 M. Lydon, A. Garcia, Tactical Urbanism. Short-term action for Long-term change, Island Press, Washington 2015 P. Bishop, L. Williams, The temporary city, Routledgem, New York 2012, cap. 1-3, 5, 7-10 P. Crowther, Temporary Public Spaces: A Technological Paradigm, Vol. 1, n.1, Queensland University of Technology 2016. P. Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz , Urban Catalyst. The power of temporary uses, DOM Publishers, Berlino 2014. P. Bonora, Atlante del consumo di suolo, Baskervile, Bologna 2013. R. Leazza, Codici del Temporaneo, LetteraVentidue, Siracusa 2018. S. Commisso, S. Rainieri, Shriking San Siro - I vuoti come risorsa per un futuro possibile, Maggioli, Rimini 2016
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ARTICOLI E RIVISTE BOERI, Stefano, “Deserti Urbani”, in Territorio, n. 56 n. 56, gen-feb-mar 2011, pp. 77-78 BRUZZESE, Antonella, “Dismissioni, Usi temporanei, Eventi e rigenerazione urbana. Note Intorno al caso milanese”, in Iconemi 2017 Eventi: la città nella dimensione del transitorio Bergamo 2018 DEGIROLAMO, Flavia, “Time and Regeneration: Temporary Reuse in Lost Spaces”, in Planum, the journal of Urbanism n. 27, Vol 2/3, Ottobre 2013 FERRERI, Mara, “The competing values of temporary use” in WickZine, n. 5, settembre 2014, pp. 4-7 INGUAGGIATO, Valeria, “Riuso temporaneo a Milano”, in Territorio, n. 56, gen-feb-mar 2011, pp. 43-58 INTI, Isabella, “Che cos’è il riuso temporaneo”, in Territorio, n. 56, gen-feb-mar 2011, pp. 18-42 INTI, Isabella, “Dispositivi per il riuso temporaneo”, in “Spazi urbani residuali e azioni temporanee: un’occasione per ridefinire i territori, gli attori e le politiche urbane” Tesi di Dottorato IUAV, 2005, pp. 158-170 INTI, Isabella, “Riuso temporaneo”, in Territorio, n. 56, gen-feb-mar 2011, pp. 14-17 LA VARRA, Giovanni, “Post-it City. L’ultimo spazio pubblico della città contemporanea”, in Territorio, n. 56, gen-febmar 2011, pp. 84-86 LEHTOVUORI, Panu, RUOPPILA, Sampo, “Temporary uses as means of experimental urban planning”, Estonian Academy of Arts / University of Turku, aprile 2012, pp. 29-49 NICOLIN, Pierluigi, “Entr’acte”, in Lotus International, n. 167, settembre 2018, pp. 15-22, 126-127 NICOLIN, Pierluigi, “Temporary”, in Lotus International, n. 122, novembre 2004, pp. 20-25, 105-111 TETTAMANZI, Giovanna, “Più di un milione di euro oer la zona 5”, in Milano Zona Sud, n. 10, Anno XIX, ottobre 2015
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Sitografia, i riferimenti. ANTEFATTI DEL RIUSO TEMPORANEO http://www.temporiuso.org data di consultazione: 28 Maggio 2019
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http://www.shrinkingcities.com/ data di consultazione: 01 Giugno 2019
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POLITICHE E STRUMENTI OPERATIVI https://comune.milano.it/aree-tematiche/ partecipazione/patti-di-collaborazione-per-lagestione-dei-beni-comuni data di consultazione: 15 Maggio 2019 https://www.labsus.org/ data di consultazione: 15 Maggio 2019 https://issuu.com/comunedibologna/docs/ report_patti_scenari_comunebologna data di consultazione: 16 Maggio 2019 http://beta.citymined.org/ data di consultazione: 31 Maggio 2019
https://www.isprambiente.gov.it/ data di consultazione: 15 Luglio 2019 http://adaptablefutures.com data di consultazione: 22 Luglio 2019
DOVE E CON CHI AGISCE IL RIUSO TEMPORANEO https://confiscatibene.it.com data di consultazione: 11 Agosto 2019
IL CASO MILANESE: alcuni esempi
https://comune.milano.it/ data di consultazione: 02 Giugno 2019
https://domusweb.it/it/notizie/2014/12/16/_ nevicata14.html data di consultazione: 10 Giugno 2019
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IL PERCHĂ&#x2C6; DELLâ&#x20AC;&#x2122;USO TEMPORANEO
Diagrammi, indice delle fonti. I quattro cicli del mercato immobiliare italiano (1965-2001) ilsole24ore.com
p. 15
Mappatura dei costi economici associati alla perdita di servizi ecosistemici (SE) dovuti al consumo di suolo www.isprambiente.gov.it/
p. 47 (in alto)
Andamento del consumo di suolo sulla superficie territoriale www.isprambiente.gov.it/
p. 47 (in basso)
Progetti attivi di rigenerazione e riuso sui beni dell’Agenzia del Demanio https://dati.agenziademanio.it/#/valorizzazioni
p. 48
Numero di edifici non utilizzati nelle regioni italiane per il settore non residenziale (censimento 2011) https://www.istat.it/it/files/2015/12/C18.pdf
p. 49 (in alto)
Distribuzione per stato di avanzamento; Distribuzione per tipologia di progetto https://www.istat.it/it/files/2015/12/C18.pdf
p.49 (in basso a sinistra) p.49 (in basso a destra)
Diagramma di paragone sull’approccio tra ideologia di mercato e ideologia di utenza http://adaptablefutures.com
p. 50
Diagramma sulle caratteristiche di adattabilità http://adaptablefutures.com
p. 51
Report indicativo dei costi nel ciclo di vita di un edificio http://adaptablefutures.com
p. 53
Prospetto didascalico delle tipologie di aree in relazione al riuso temporaneo P. Lehtovuori, S. Ruoppila, “Temporary uses as means of experimental urban planning”, pp. 38
p. 56
Dati riepilogativi relativi agli immobili confiscati e sequestrati in gestione e destinati (aggiornamento agosto 2019) https://www.confiscatibene.it/openregio/immobilidestinati
p. 64
Destinatari delle riassegnazioni dei beni confiscati ad istituzioni mafiose https://www.confiscatibene.it/openregio/immobilidestinati
p. 65
Le illustrazioni e i diagrammi sono stati ridisegnati e/o modificati dall’autore
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Ringraziamenti
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Ringrazio la Prof.ssa Lola Ottolini per avermi seguito in questi mesi con grande attenzione e soprattutto pazienza, senza mai farmi mancare il suo sostegno e i suoi preziosi consigli, aiutandomi e accompagnandomi nella realizzazione della tesi. Un ringraziamento enorme ai miei genitori, che mi hanno sostenuto non solo economicamente ma soprattutto emotivamente, riuscendo a starmi vicino anche nei momenti di rabbia e sconforto. Un grazie per tutti quei “In bocca al lupo” inviati per messaggio alle 7 del mattino da mio padre e un grazie per tutte le preghiere e i consigli di mia madre prima degli esami. Un grazie a entrambi per avermi permesso di cambiare facoltà senza ostacoli e poter ora sognare di diventare un architetto. A Chiara Centoducati, la mia compagna di avventure, che nonostante le tantissime litigate e i momenti di scontro non mi ha mai abbandonato, che è stata probabilmente una delle poche a farmi ragionare e cambiare idea quando non vedevo di avere torto e che mi ha fatto crescere più di chiunque altro. Un immenso grazie per esserci sempre stata e per esserci ancora. Un ringraziamento speciale ai colleghi del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano che mi hanno dato man forte durante il mio percorso universitario e nel periodo di redazione di questa tesi, e non solo, nonché la possibilità di entrare in contatto con diverse personalità, tra cui la prof.ssa Ottolini. Un ulteriore grazie alla Dott.ssa Arch. Benedetta Marani che mi ha accompagnato durante il Laboratorio di Urbanistica del primo anno e che mi ha aiutato a coltivare la mia passione per l’urbanistica e lo spazio urbano, nonché per esserci sempre stata per un consiglio o un parere. E un grazie enorme per quel messaggio di congratulazioni inviatomi alla fine dell’esame del corso, che mi ha dato più volte una spinta ed energia quando mi sentivo abbattuto. Un sentito ringraziamento anche alla professoressa Annalisa Comerio, che durante il mio percorso liceale mi ha permesso di apprezzare e appassionarmi alle discipline artistiche e architettoniche, ed anche per essermi stata vicina sia professionalmente che umanamente. Un grazie ancora a tutti gli amici e parenti che mi sono stati vicini durante questo percorso, che mi hanno dato momenti di svago ed aiutato a “staccare la testa” quando era necessario. Un grazie per aver creduto in me.
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Tesi di Laurea di
Nicolò Chierichetti