L'anima fotosensibile

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Saggio critico sull’opera di Nicola

Bertoglio

scritto da

Angelo Checchia


graďŹ ca e scritti: Angelo Checchia mail_checchia.angelo@gmail.com search on behance_Angelo Checchia tutte le opere di Nicola Bertoglio in copertina: Fine delle illusioni (particolare)


scritto da

Angelo Checchia

L’ANIMA FOTOSENSIBILE

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@rtWORK

Milano, Maggio 2015

L’Anima Fotosensibile

Saggio critico sull’opera di Nicola Bertoglio



capitolo .1

IL MONDO DELLE TECNOPPORTUNITA’

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L’Anima Fotosensibile

E’ divenuto largamente evidente come la tecnologia di stampo contemporaneo abbia aumentato considerevolmente la realtà dell’uomo. Mai come in quest’epoca ci si è resi conto del fatto che tali conquiste possano comportare da un lato comodità e privilegi e dall’altro un senso di smarrimento. Oggi il potere d’acquisto generalizzato dovrebbe rappresentare l’accorpamento in dinamiche profonde, le quali naturalmente sarebbero in nostro possesso. Tuttalpiù risulta che un ingresso troppo facile denunci semplicemente una spontaneità dissociata. Questo distingue un’epoca di eccessiva malattia spirituale, meglio conosciuta come consumismo. Con un click accendiamo la luce, il riscaldamento, l’automobile, avviamo la nostra transazione e ci interfacciamo con la realtà più allacciata che mai. Per quanto fantastico possa essere sovviene che ciò, almeno per il mainstream, corrisponde a una cucitura più che ad un collegamento. Nonostante possa esistere la continua possibilità di dare e ricevere un messaggio, non necessariamente ci si sente vicini a qualcosa. Addirittura imperversano dubbi sulla vera realtà. L’espansione oltre i limiti del tradizionale non dimostra effettivamente la coscienza e la padronanza di un medium; né tanto meno l’abilità di distinguere il sacro da una semplice informazione. Per quanto invisibile, l’avvicinamento puramente materiale a persone e cose lontane, o ai fatti della norma contemporanea, non per forza evince la lucidità. Un po’ come la democratizzazione globalizzata non rappresenta un traguardo sistematico per l’umanità intera. E’ bello allargare il diritto tanto quanto rendersi conto che aumentano nello stesso istante i doveri e le responsabilità. Del resto, più si diventa liberi e più dovrebbe subentrare una ricerca individuale, azione sostitutiva delle supervisioni istituzionali che da sempre hanno organizzato e diretto il tutto. Questo preambolo mi è sembrato necessario per arrivare a un’interessante citazione: “broadcast yourself”. Ebbene, la trasmissione di se stessi è già una pratica propria dell’essere umano, con o senza la tecnologia. Purtroppo però, un autentico allargamento dall’interno all’esterno è divenuto tanto impervio quanto l’acquisizione dell’esterno da parte dell’interno; sempre che si senta la necessità di distinguerne una differenza. A questo punto, continuare dilungandosi troppo sugli attuali deficit psicospirituali contribbuirebbe a rafforzare l’inevitabile asservimento a pratiche sociali dozzinali. Quindi passerei a qualcosa che non significhi crogiolarsi in drammi ridondanti tipici della mancanza d’ispirazione. Concluderei questo processo di disincanto citando l’idea abbastanza comune affermante che: la quantità non fa la qualità, proprio come l’allargamento inoculato della cultura non definisce somme vette di illuminazione collettiva.


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L’Anima Fotosensibile

Sezioni di natura

Succede quasi sempre che dal disfacimento di marce o rinsecchite transitorietà, caratterizzanti eventuali periodi storici, si possa arrivare a setacciare gemme e ori nascosti dal tumulto della novità. Curando certe verità nel modo giusto si giunge spesso alla sovrapposizione della verità simbolica di pietre e metalli preziosi e l’incommensurabile del pane quotidiano. In questo caso ci si riferisce all’incontro fra funzionalità ed estetica come dell’idea con la pratica, da tempo divise. Quello di cui sto parlando diventa evidente concentrandosi semplicemente sulla parola estetica. Bisogna, per questo, distinguere un’espressione puramente reazionaria (per quanto empatica possa essere) che non distingue l’uomo da un’animale o una pianta, dall’esteriorizzazione del corretto pensiero (est – etica) la quale sottintende l’utilizzo dell’intelletto. Non a caso, la comunicazione fa riferimento ad una serie di norme includenti diversi livelli di qualità. L’effettiva condivisione, invece, sicuramente non comporta il lancio di un messaggio relativo a meccanismi esclusivamente psicologici, dubbi e impersonali. Dietro ogni espressione, parola o abitudine si nasconde sempre qualcosa. E se quel principio rimane inconscio, se il vizio di essere dissociati dalla nostra anima o dal nostro essere persiste, non saremo mai consapevoli di ciò che stiamo pubblicando. Clicchiamo e nascondiamo la mano, proprio perché questa gestualità, per quanto apparentemente ridotta, rimane un’azione voluta da quella che dovrebbe delinearsi come un’individualità. Forse bisogna collegarsi prima con se stessi in modo da riscoprire tutti quei contatti che già esistono con l’universo. Se facciamo riferimento al mondo dell’immagine possiamo traslare ulteriormente tali contenuti, giungendo a conclusioni ancora più metaforiche. Come l’avvento della macchina fotografica rivoluzionò la percezione visiva, l’invenzione di internet e degli smartphone a buon mercato lo fu per la comunicazione, che divenne istantanea e ubiquizzante. Logicamente, per via di un processo di assimilazione inevitabile, come l’obiettivo ha definitivamente messo in discussione la supremazia della vista (il senso a noi più caro) evidenziandone i limiti etici, tecnici e morali, così la possibilità di immortalare facilmente un medesimo evento da infiniti punti di vista lo fu per l’attendibilità della macchina stessa. Tutto ciò ha determinato definitivamente come non sia la messa a fuoco a fare il fotografo. Ed è stato proprio l’allargamento della possibilità a rendere sistematica quest’ottica di pensiero. Diventa sempre più limpido, anche ai meno sensibili, come il rendere grazia all’imperversante metafisica della macchina implichi la presa di coscienza che il pennello non fa l’artista. Altrettanto il martelletto del pianoforte a permette la vibrazione delle corde, nonostante non risulti direttamente percepibile. Perciò si rassicurassero


tutti i personaggi poiché il paradiso dell’Arte non si è né avvicinato né allontanato dell’uomo, e che la tecnologia non fa altro che svilire gli impostori. Infatti, l’incarnazione del fare le cose ad arte, cioè l’idea resa dalla produzione di un supporto che le rende giustizia, declina inevitabilmente l’individuazione di ciò che è un’opera d’arte dal direttore artistico a tutti gli altri. Nella stessa misura in cui l’opportunità di catturare un’immagine non sia più un’esclusiva di chi ha il dono del disegno o il capitale per comprarsi un’attrezzatura. Con questo non voglio mettere sullo stesso piano la produzione artigianale tradizionale e l’artisticità meccanizzata. Le prime sono a monte libere dai vincoli e caratterizzate da elaborazioni percettive direttamente rapportabili alla visione. Al contrario, cedere alle opportunità della tecnica significa adeguarsi al modo di vedere di un mezzo. Ne risulta come la libertà di scelta renda l’Arte una dimostrazione di saggezza. Il meccanismo freddo e sistematico “coglie” mediante il destreggiarsi dell’autore padroneggiante il mezzo. L’immagine fotografica è impersonale proprio come un ready – made, perciò imparagonabile a qualunque istantaneità pittorica. Per quanto sia una realtà, la messa in situazione del taglio renderebbe un’attendibilità solo in concorso di più spunti che diversamente sfuggirebbero allo strumento. Tuttavia per quanto l’aberrazione fotografica corrisponda al culmine della cultura prospettica e del calcolo meramente empirico, ciò non toglie che anche un manierismo eretico possa condurre al trascendimento dello stile personale dell’artista e dei suoi strumenti. Notevoli sono gli esempi che sempre più spesso vengono a galla, come nel caso di Nicola Bertoglio. L’autore non si definisce un’artista e tutto ciò l’ho trovato molto simpatico. Penso che si voglia dissociare da figure competenti tecnicamente, contraddistinti nella storia per il loro stile. Le stesse personalità che firmando un’opera hanno voluto suggerire l’invenzione di qualcosa. Credo che con Nicola voglia venir fuori più che il genio, l’artista. Può sembrare strana come affermazione ma parliamo di una persona che non è capace di disegnare, dipingere o scolpire, e che grazie al suo iphone con tanto di fotocamera integrata ha

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Il Mondo delle Tecnopportunità

Il lato sinistro


potuto materializzare tutto un suo processo introiettivo di comprensione. L’esigenza di esprimersi, supportata dalla tecnologia, lo ha avvicinato, nel suo caso, ad un concetto sano di comunicazione. Incentrarsi sulla conoscenza di sé gli ha permesso di superare il manierismo come imposizione arbitraria, proprio perché tale riscoperta ha significato il riavvicinamento proporzionale a norme estetiche autentiche. Non a caso ho deliberatamente evitato di assoggettare la sua figura al di sotto dell’etichetta iphonismo del mondo Pop contemporaneo, pratica fotografica sempre più diffusa. Il suo operare parte da un concetto di ricerca interiore sempre aperto. Solo successivamente arriva ad interessarsi di un linguaggio. E cosa più di una riscoperta della retorica può trascendere lo stile e il limite stesso della macchina? Rimettersi a posto conduce ad una percezione trasparente, ad una sovrapposizione di microcosmo e macrocosmo – soggetto e oggetto, nel mantenimento dell’individualità. Bertoglio ambisce a qualcosa di più, parliamo della volontà di distaccarsi dall’inconscio collettivo. Questo si traduce nella produzione di supporti alla contemplazione imagisti molto personali ma tendenti al simbolico. Tutto ciò che diventa –ismo, invece, identifica solo una norma comportamentale più o meno accettabile e non necessariamente costituita di contenuti notevoli. Abitudine diffusa tra persone che in funzione della loro debolezza cedono a reazioni semplicemente passionali. La loro mancanza d’integrità non permette l’approdo in territori immanenti più alti.

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L’Anima Fotosensibile

Nell’ingenuità della sua ricerca Nicola si è ritrovato a riscoprire l’attitudine del fare Arte, ad avviare la riesumazione di direttrici a priori che incanalano l’espressione. Perciò più la sua ricerca va avanti e più diventa un’artista, dimostrando che il mondo delle libertà bisogna comunque guadagnarselo. O magari, sempre per una questione di Volontà, c’è chi sceglie con tutta la mente e il cuore di salire i gradini della scala mobile giusta, mentre tanti altri “geni” sono macchine ferme su supporti decadenti. Si sa, per Fare l’Artista ci vuole l’Occhio!

Andando via


capitolo .2

IL VIAGGIO DELL’EROE

Si è già parlato delle intenzioni fondamentali di Nicola Bertoglio, rivolte ad un genere di espressione cosciente per quanto intuitiva. Grazie alla sua ricerca tutta incentrata sul sé è giunto ad una produzione condivisibile da un numero più ampio di individui. Il suo portfolio incarna una ricerca interiore che può instillarsi e rappresentare chiunque, diventando perciò una verità collettiva. Egli si concentra su diverse tematiche e grazie ai vari soggetti affiorano quelle particolarità che permettono un riconoscimento individuale. Non ci troviamo necessariamente di fronte alle somme cristallizzazioni delle forme tradizionali, piuttosto a un ritratto che delinea un tipo psicologico in viaggio per la realizzazione. Tutta questa propensione al Divenire è decisamente contemporanea e ritrova nell’attitudine ricostruttiva di spazi post – dogmatici una necessità tipica dell’uomo contemporaneo, con tutti i pro e i contro del caso. Si è navigato per secoli sull’oceano dell’inconscio, poi lo Sturm und Drung ci ha fatti colare a picco. Oggi abbiamo tutti gli strumenti per riemergere qualora ci attirassero i privilegi della coscienza. L’opera in analisi è un processo sempre aperto in cui certe impressioni, in concomitanza con il suggerimento onirico che soccorre per compensazione la nostra cecità, possono oltrepassare la transitorietà. Acquisire sostanza è un valore annoverabile fra le massime esperienze del viaggio inteso come archetipo.

INVARIANTI - Innanzitutto, coerentemente con i contenuti, le immagini vengono stampate su lastre di alluminio Chromaluxe. Sono molto sottili e installate su di un fondo cornice bianco come se fossero sospese. L’alluminio è riciclabile al 100% leggero e funzionale, che ben si sposa con l’idea di presente dinamico. E’ un materiale freddo come il meccanismo e la tecnologia, ma nella sua durezza riflette

Il Viaggio dell’Eroe

In tutto questo variare si possono scovare prima delle invarianti e poi delle chiavi di lettura. Le prime sono direttamente collegate a determinati a priori, le seconde possono rispecchiare le sfumature che fanno dell’essere umano il colore delle idee. Non a caso il simbolo dello specchio, che caratterizza globalmente l’opera di Nicola come la voce di un dialogo interiore onnipresente, diviene un biglietto da visita distintivo e talvolta troppo intenso. In alcuni casi estremamente evidente soprattutto da un punto di vista visivo.

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in maniera particolare la luce e vibra. Oltre alla tematica del riflesso, l’evidente bidimensionalità distacca le opere dal comune scorrere degli eventi. Infine la leggerezza e la dinamicità acquisiscono la forte integrità del metallo. Tutto lo spazio concettuale è sospeso e in osmosi con l’ambiente. Una fase impreziosita da un vuoto che vuole sottolineare l’essere. E’ appunto lo spazio di un bicchiere che rende l’oggetto illuminante, proprio come l’approccio impersonale dell’artista e del suo smartphone. Soprattutto la scelta delle tematiche e dei soggetti trasmette i tratti distintivi. Gli sfondi bianchi richiamano la più classica istantaneità fotografica e sottolineano un’unità compositiva - l’insieme e il particolare. Suggeriscono anche l’eclissarsi di una fonte di luce potente ad opera di una forma terrena fruibile e sempre in collegamento con essa. Un’affermazione sull’indistinto che si ripropone anche nella poetica del controluce. In nero godiamo della logica inversione, il fotogramma diventa una fonte.

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A pelo d’acqua

- Tutte le immagini sono in formato quadrato poiché Nicola si serve della post – produzione di Istangram per lavorare il materiale grezzo. Tali spunti si dividono in una fotografia di getto ambientata nel quotidiano, più realistica e umana. Spesso coincidente con un’impellente necessità di cedevole espressione, molto personale e che non di rado si abbandona all’informale, alla mancanza della misura, all’emotività e all’assenza. Nell’altro caso ci ritroviamo di fronte ad una più evidente trasfigurazione, prevalgono silhouette nitide. Le intuizioni, dove le forme prevalgono sulla luce che riflettono, sono un superamento dell’umanità più prossima a noi. Il tutto diventa molto interessante poiché il limite espressivo della macchina si trasforma da un tipico ready – made ad un work in progress condivisibile in diretta. Un atelier en plein air e prêt-à-porter. Comunque, in entrambi i casi si può sentire l’eco di un’aura schiacciata, di una spiritualità quasi romanica e sempre sincera. Non a caso la vista è quasi sempre frontale o per lo meno non assoggettata alla forma prospettica tipica del mezzo fotografico. Manca una deformazione attorno ad un unico punto di vista, a meno che non si presenti una necessità legittima. Se la costruzione è la foto, la composizione leggibile è una scelta simbolica. Tutto suggerisce uno spazio delimitato razionale e in linea con questo le luci non comportano un chiaro – scuro, al massimo suggeriscono un rilievo, se non la bidimensionalità. Non è sicuramente il colore protagonista, il quale viene regolarmente messo in secondo piano


o considerato quasi come se non ci fosse. La costruzione fermata grazie allo scatto equivale alla sincerità del disegno in pittura. Sono le linee a fremere dal voler dire necessariamente qualcosa. Questo materiale, inoltre, è il risultato di un atto performativo grazie al quale l’autore entra in contatto con i suoi modelli carpendone le particolarità. - Quando Nicola vuole concentrarsi su una fase trasmutativa ricorre ad una successione di tre fotogrammi in cui può facilmente riconoscersi un flash diacronico. Sono particolari le tipologie di lettura che possono effettuarsi: da sinistra a destra quando si racconta una prassi quotidiana e conosciuta, coincidente con le emersioni di contenuti inconsci. Da destra a sinistra quando l’alfabeto del rinnovamento prende piede. E dal centro in espansione quando, indipendentemente dal soggetto e dal contenuto, quello spazio recintato e familiare procede evidentemente verso l’illimitato più che all’infinito. Non a caso è stato ribadito che il procedimento generale rappresenta l’antitesi di un’esclusione aprioristica. Ragion per cui in quest’ultimo si oltrepassa il limite narrativo. In tutte e tre le eventualità, però, ci troviamo di fronte ad una tripartizione che, per sua natura simbolica, richiama determinate suggestioni. Sistematicamente in tale forma si accentua l’idea del procedere: tutto sembra indicato da una freccia scoccata da un certo luogo e che voglia arrivare

11 Prigione

Incompiuto

Il Viaggio dell’Eroe


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in ogni dove. L’aneddoto sulla geometria dinamica triangolare rende l’orientamento intellettualizzato una prassi oltre che attiva, destra e penetrante, decisamente futurista. Il quadrato si allunga e diviene una successione ritmica di incroci: un rettangolo. Tuttavia, quest’ipotetica quadratura del circolo non si realizza proprio perché rimane sempre aperta. Diviene interessante come, di conseguenza, il fruitore si senta incluso, in quanto visibilmente oltre che effettivamente parte dell’opera. L’Anima chiamata in causa profuma di terra promessa in rapporto al concettualismo della simbolica dispari e maschile del dogma della trinità. Costituisce l’unità del 3+1 che delinea lo spazio concreto. Ai movimenti mitici, agli algoritmi e alle proporzioni universali ora espressi nel 3, prevale un lampante principio attivo e l’azione di un’energia interiore prorompente dal centro del cosmo. Pare di oltrepassare il tempo: passato, presente e futuro si uniscono nell’Ora. Si abbandona la suggestione di un’atmosfera di luce o di un determinato istante, elevando così un fatto o un’emozione al di sopra dello spazio-tempo. - Quando i fotogrammi creano un quadrato, l’autore affronta territori più tranquilli, in minore attrito. I fotogrammi evincono specialmente luoghi più che di esseri. Nicola si concentra su particolari e oggetti che si trasformano in mete riposanti per flussi energetici ancora senza forma. Egli ambisce al luogo poiché sente un logos affine a sé. Cerca di ritrarlo mediante un composito di particolari, tutti interi e mai associati ad uno sfondo globale. Per quanto sia evidente l’ortogonalità delle direttrici, le quali si sovrappongono modularmente in opere sinistre, femminili, interne, accoglienti e tipicamente statiche, non fuoriesce ancora un limpido volto dell’Anima. Per quanto quadrato e divisibile sia lo spazio, questo circolo deve ancora espletarsi grazie alla ricerca perpetua. Una cosa è certa, l’osservatore diventa il centro della quadripartizione. Forse, per lo stesso motivo, questa serie rappreseEquilibrio


nta la voglia del fotografo di regalarci qualcosa di sé. - Con la forma binata ci rapportiamo all’idea stessa di riflesso, talvolta espressa con il simbolo stesso dello specchio. La divisione orizzontale è il connubio fra spirituale e materiale, cielo e terra, deità e umanizzazione, pensiero e sentimento, conscio e inconscio. Con la divisione verticale dialogano femminile e maschile, madre e padre, accoglienza e penetrazione, sensazione e intuizione, passività e attività. - Negli scatti singoli tutto si fa più tipico ma non per questo meno evocativo. Sia che ci si riferisca ad un soggetto vivo, sia che ci si immedesimi nel materico o nella visione geometrica. Quest’ultima, potenziale immagine degli equilibri ritmici universali. - Alcune volte, indipendentemente dalle forme tipiche dell’1, 2, 3 o 4, l’autore gioca con riflessioni speculari o assemblando particolari. Anche addentrandosi in dualismi più evidenti o scomposizioni squilibrate vige comunque una certa analiticità. Il raggiungimento di forme atipiche, indipendentemente dal risultato estetico, costituisce il frutto dalla sete di conoscenza oltre che di comprensione, l’invariante più brillante del processo d’individuazione.

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in alto, Berlino 2015

in basso, Nessun dove

CHIAVI DI LETTURA

- La ricerca sulla figura umana rende l’unità di misura dello spazio. Essa viene sostituita al massimo dall’albero, il nostro bio – corrispettivo da quando ci siamo allontanati dalla natura. Questo rileva la direttrice verticale e la voglia di unione tra la terra e il cielo. Arriviamo a fare i conti con qualcosa di sublime che quando è rivolto verso l’alto si apre verso la deità, ma quando rigira verso le bassezze della vita transitoria si traduce in capovolgimento drammatico.

Il Viaggio dell’Eroe

Completare il percorso d’analisi mediante i cenni che seguono aiuterà lo spettatore a comprendere principi vicini ai contenuti più che alla norma visiva.


14 Alberi in ambra

- Osservando le opere in successione si nota come il soggetto e il paesaggio vengano indagati separatamente. Quando la concentrazione ricade sull’individuo in rapporto con scenari urbani o bucolici risultano effetti estranianti e surreali. La necessità di riavvicinarsi al mondo circostante è parte integrante di un processo vitale.

L’Anima Fotosensibile

- Nel momento in cui la donna passa al centro del campo tutto si focalizza evidentemente sull’interiorità. L’obiettivo è l’Anima in senso junghiano e tutto questo attraversa fasi emotive e temporanee. Volti coperti, sguardi intensi e spontanei. La gestualità e il rivolgimento verso l’osservatore assumono un valore importantissimo.

Clausura

- Anche il profilo rende un valore conoscitivo oltre che intenzionale, sincero come la frontalità. Una condizione di leggibilità semplice ed immediata si sposa con l’idea di volontarietà. Di conseguenza le pose laterali spesso vengono presentate in concomitanza di una post – produzione incisiva. Proprio in questi casi il rapporto con l’archetipo dell’ombra appare lampante. Tutti devono avere a che fare con esso per completarsi. Per elevarsi al di sopra di dualismi banali, illusioni, delusioni e sensi di colpa che intralciano la vita.


15 - Se l’uomo è assente viene sostituito da oggetti o si sfocia nell’astrazione, parliamo di una dimensione totalmente sentimentale. Generalmente però, soprattutto quando vige la figurazione, godiamo di gestualità e di emozioni contenute. Piuttosto che abbandonarsi alla contorsione dolorante, si cede alla magia dello sfocato. L’azione bloccata, dubbiamente naturale, pregiudicherebbe la chiarezza, la frontalità o la spontaneità. Oltretutto, nel rapporto fra stasi nitida e tradizionalista e movimento sfocato si delineano eventualità notevoli, soprattutto quando divise in due parti. La prima di radice eterna, mentre l’attività, per quanto briosa e viva, resta più soggetta agli smottamenti del relativo.

Fine delle illusioni

- Detto ciò possiamo chiudere individuando qualcosa di costante seppur non così immediato: le sequenze, quando incanalate sullo stesso soggetto, possono caratterizzarsi di forti distinzioni o impercettibili cambiamenti. Ciò sottolinea come l’attenzione sia fondamentale per la riscoperta di sé. Solitudine

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in alto, Tronco e braccia

in alto, Confine unico

in basso, Nessuna via di fuga


capitolo .3

CONCLUSIONE

La tematica del riflesso, del guardarci in un flusso morbido e tranquillo è fortemente legata all’elemento dell’acqua. Essa rappresenta la possibilità sorgente. Con Nicola Bertoglio la ricerca come via di miglioramento e di redenzione consiste in una processione. Il suo è una sorta di spazio mandalico anche se non propriamente iconico. L’espressione risente di un forte razionalismo che tuttavia non può esser definito egocentrico. La necessità di comunicare viene al contrario filtrata da un témenos indispensabile, il quale lo difende da inflazioni e dissociazioni. Dissoluzioni, disintegrazioni e fughe dalla propria personalità. Quindi, tali psicologismi potrebbero consumarsi convertendosi nella soglia d’ingresso della completezza. Inoltre, come per i modelli tradizionali o per la serialità industriale e culturalmente pop, la ripetizione del gesto e del soggetto sembra l’unica via possibile per la comprensione della totalità. Penso che la citazione a seguire renda sinteticamente gli input che contraddistinguono l’ispirazione dell’autore e possa costituire il degno epilogo del qui trattato:

Angelo Checchia checchia.angelo@gmail.com

behance.net/checchiaan43a2

Conclusione

“Lo spirito avventuroso del nostro tempo dà la coscienza in preda all’indeterminato e all’indeterminabile, sebbene ci sembri, e non senza fondata ragione, che anche nell’illimitato regnassero quelle leggi psichiche che non furono invenzione dell’uomo, il quale ne ebbe cognizione per “gnosi” del simbolismo del dogma, che soltanto l’impudenza insensata tenta di abbattere, ma non chi ha cari i valori dell’Anima.” - Carl Gustav Jung

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18 in alto, Il peccato

a destra, Sponde del Naviglio

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in basso, In quiete liquida


capitolo .4

BIOGRAFIA

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Nicola Bertoglio

Biografia

Nicola Bertoglio è nato a Cremona il 25 settembre 1974. L’infanzia e l’adolescenza sono state scandite dai ritmi lenti e semplici della campagna della bassa pianura padana. In questo periodo ha iniziato la sua esperienza artistica come poeta partecipando ad alcuni concorsi sia a livello locale che nazionale. Questa fase però è durata pochi anni giusto il tempo per raggiungere l’età adulta e l’indipendenza economica con il lavoro di consulente informatico in banca a Milano, città nella quale si è poi trasferito stabilmente. La passione per la fotografia è maturata lentamente nel corso di viaggi ed esperienze sempre in movimento in giro per l’Italia e l’Europa. L’incontro con il mondo iPhone è avvenuto per caso durante un viaggio a Malta, e da li è iniziata la sperimentazione di quel particolare tipo di fotografia utilizzando l’applicazione Instagram. Le foto di Nicola Bertoglio sono istanti di vita e di viaggio estrapolati e rielaborati tramite Instagram con lo scopo di rappresentare una visione istintiva, emotiva e fantastica della realtà sia oggettiva che propria dell’incoscio del artista.


La Vita deve diventare un’opera d’Arte

Ricerche ARTISTICHE

L’Anima Fotosensibile

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Lo SHOOTING come PERFORMANCE


...volevo inďŹ ne ringraziare Novella Rosania per il supporto, la mia famiglia, tutti i miei maestri, me stesso e le meccaniche divine.


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