LA PIETRA Vito Maiullari
La pietra Vito maiullari
Testi di Vito Maiullari Foto: da pag. 4 a 24 Luciano Montemurro Archivio fotografico Torre di Nebbia; da pag. 32 a 48, da 50 a 51, da 55 a 57, 58(b), 59(a) e 61 Romolo Paradisi; pag. 49, da 52 a 54, 60 Nicola Petrara; pag. 58(a), 59(b) Moramarco. Grafica e impaginazione Nino Perrone
Š 2012 - Vito Maiullari Torre di Nebbia Edizioni via Santa Croce 3 70022 Altamura (BA) ISBN 9788895911311
Sommario
5 PRemessa 7 CAPITOLO I 7 Litosfera 9 1.2 Il territorio Murgiano 16 16 16 19
CAPITOLO II 2.1 Excursus storico 2.1.1 Architettura 2.1.2 Scultura
22 22 25 27 28
CAPITOLO III 3.1 Estrazione e cave . Problematica del riutilizzo La situazione in Puglia 3.2 Coltivazione di cave a cielo aperto 3.3 Coltivazione di cave in sotterraneo o in galleria 3.4 Tecniche di estrazione
33 33 34 36 39 41
CAPITOLO IV 4.1 Attrezzi per la lavorazione dei marmi Lavorazione meccanica 4.1.1. I macchinari 4.2 Attrezzi per la lavorazione dei marmi Lavorazione manuale 4.2.1 Gli attrezzi 4.3 Breve storia degli attrezzi
Lavoro dell’artista 43 ricerca sul territorio 63 CONCLUSIONE
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la pietra
PRemessa
In questo libretto, o opuscolo, o come lo si voglia denominare, mi pongo l’intento di delineare un quadro generale circa la pietra, le sue caratteristiche, l’estrazione della stessa, la sua lavorazione, il suo utilizzo e impiego nei più svariati ambiti, dalla scultura all’architettura, dall’arredo urbano, alla concettualizzazione della materia. Sin dalla presenza dell’uomo sulla terra, la pietra è stato un materiale di vitale importanza per lo stesso: utile e indispensabile a costruire i primi mezzi di difesa, i primi utensili, i primi rifugi… “L’uomo primitivo fece un rivoluzionario passo avanti; infatti si è trovata la prima prova, giunta fino a noi, dell’esistenza di uomini che sceglievano deliberatamente di esprimere i propri sentimenti in forma scultorea o pittorica.” Questa prodigiosa, prima manifestazione intellettuale ebbe luogo probabilmente per caso, quando l’uomo dell’età della pietra si mise a esplorare i più tenebrosi meandri delle caverne, nelle quali si rifugiava durante l’inverno. Con i nervi tesi e l’immaginazione alimentata dalla paura dell’ignoto, la caverna gli dovette sembrare popolata da ombre a lui familiari e cominciò a dipingere. “Ben presto la maggior parte degli uomini riuscì a capire che i grandi oggetti a tre dimensioni potevano essere ritratti con sufficiente fedeltà in miniatura, oppure a due dimensioni.” Per realizzarli si servivano di avorio o li modellavano con la creta. Una volta accettata questa idea, l’artista poteva registrare, per sempre e per tutti gli altri uomini , la sua
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idea di animale, una delle sue fantasie e così via. Le sue creazioni potevano servire per i giochi, per scopi religiosi o , più semplicemente, per il piacere di essere guardate. Ben presto l’uomo creò anche simboli che erano rappresentazioni “stenografiche” dell’oggetto reale. Così nacque non soltanto l’arte ma anche il diagramma, l’immagine didattica, il modello su scala, il giocattolo, l’idolo… Si cominciarono a scolpire, con apposite asce di selce affilate come uno scalpello , teste di pietra che rappresentavano forse gli dei venerati dagli abitanti ; gigantesche lastre di pietra erano usate per costruire le camere interne delle tombe, generalmente coperte da un tumulo di terra o pietra; si costruirono grandi templi di pietra spesso decorati con sculture. Si è calcolato che per costruire una tomba , 200 uomini avrebbero dovuto lavorare un anno intero per estrarre e mettere in opera le 5.000 tonnellate di pietra impiegate. Tuttavia non tutte le tombe erano costruire in superficie; in certe regioni erano scavate nella roccia. Dopo molti secoli le popolazioni preistoriche che avevano costruito complicate tombe di pietra per i morti, cominciarono a erigere immensi monumenti di pietra per i vivi. A partire da questo momento la pietra ed il marmo assumono, nelle grandi civiltà, una notevole importanza per i numerosi monumenti che rappresentano un lusso e una raffinatezza estremi .
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CAPITOLO I
1.1 L’origine della pietra Nella Terra si è soliti distinguere la litosfera, l’idrosfera e l’atmosfera; mio interesse è approfondire, in questo libro, l’ambito riguardante la litosfera, costituita dall’involucro solido più esterno della Terra (detta anche «crosta terrestre»), vale a dire da quelle masse solide indicate con il nome di rocce e formate da un insieme di minerali che ebbero origine in seguito a particolari condizioni, quali erosioni, depositi di materiali, piegamenti e sollevamenti. Litosfera Rocce scistoso-cristalline ed eruttive....................95,00% Rocce argillose.........................................................4,00% Arenarie....................................................................0,75% Calcari......................................................................0,25% Totale....................................................................100,00% Qualunque sia l’origine del nostro Pianeta, è certo che le prime rocce solidificarono in enormi masse da uno stato fuso o semi-fuso: masse simili ai graniti che noi associamo all’attività vulcanica: queste sono le rocce “ignee”. Quando la Terra si raffreddò e il vapore acqueo si condensò, incominciò l’erosione delle rocce e l’attacco da parte degli agenti atmosferici. Le rocce si frantumarono a contatto con l’acqua e con i gas disciolti nell’atmosfera, furono trasportate e depositate ovunque capitava, dando così origine alle prime rocce sedimentarie. Da allora, le rocce si consolidarono ed erosero più volte e ogni volta i minerali costituenti divennero parte di una nuova roccia sedimentaria che originariamente proveniva dalle rocce ignee.
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Le rocce sedimentarie comprendono rocce formate da particelle che si depositano sul terreno (per es. sabbia trasportata dal vento) oltre che nell’acqua. Sono le rocce clastiche, formate da particelle provenienti da sedimenti più antichi e da rocce ignee. L’attacco di sostanze chimiche è affidato all’azione dell’acqua e dei gas disciolti nella roccia. Dei diversi minerali da cui la roccia è formata, alcuni si sono attaccati più rapidamente ad altri, per cui i cristalli di quelli più resistenti si sono liberati e hanno formato depositi sabbiosi. Per esempio, il granito è formato da quarzo (silice), feldspato e mica. Il feldspato si disintegra per effetto delle intemperie, liberando gli altri minerali. Il trasporto prolungato rimuove molti dei minerali più molli e meno stabili, cosicché le sabbie depositate nel fondo dei fiumi o intorno alle coste, sono formate principalmente da quarzo e mica. Tra i depositi sedimentari figurano anche quelli chimici (rocce di origine chimica), quali il salgemma, il gesso e alcuni calcari, come il travertino. Esistono, inoltre, grandi giacimenti di diverse età geologiche formatisi grazie all’evaporazione di acqua marina in bacini chiusi. L’evaporazione è dovuta al clima arido come per esempio quello di certe parti della Sicilia, e determina la precipitazione dei Sali. I più importanti tra i depositi chimici sono i cloruri e i solfati, ma, in certe regioni, si trovano anche depositi di nitrati, borati e di sali di ferro. Per marmi si intendono i calcari a struttura cristallina, di solito nati per effetto di una ricristallizzazione secondaria. Questa definizione scientifica appare restrittiva, per cui si associano, ai materiali marmorei, le diverse varietà
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dei calcari bianchi o colorati a struttura semicristallina o compatta e così via. In senso artistico i marmi comprendono tutti i materiali lapidei, da costruzione e da ornamentazione. 1.2 Il territorio Murgiano La Murgia è una sub-regione pugliese che si estende per circa 4000 km² ed è situata tra il corso dell’ Ofanto a Nord e la “soglia messapica” a Sud.
100 milioni di anni fa
I suoi limiti fisici sono: a Sud-Ovest la depressione Bradanica (o premurgiana) parzialmente ricadente entro la vicina regione Basilicata; a Nord-Est il mare Adriatico; a Nord-Ovest la valle del fiume Ofanto e la pianura del tavoliere di Foggia; a Sud-Est piana di Brindisi. La sua formazione risale a circa 130 milioni di anni fa, nel periodo del cretaceo, e coincide con la scomparsa dei dinosauri e delle ammoniti e con la costituzione della piattaforma calcarea. Sono le rocce carbonatiche a costituire questa piattaforma apula nelle 3 propaggini fondamentali: il Salento, il Gargano, la Murgia. “La meno italiana delle terre italiane collegata all’Appennino senza appartenergli”: questa è la definizione prediletta che viene data alla Puglia, che, pur mantenendo una certa omogeneità, è caratterizzata nello specifico da diversi aspetti morfologici. Si presume, infatti, che nelle vicinanze delle terre emerse ci fosse un bacino non molto profondo da cui siano successivamente emersi dei blocchi carbonatici in un periodo di circa 35 milioni di anni. Grazie a questo processo e al fenomeno carsico, si è definita la morfologia del territorio pugliese. Il territorio pugliese è ricco di materiali da ornamentazione e di pietre da costruzione.
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65 milioni di anni fa
situazione attuale
NOME
ZONA
PROPRIETÀ
VARIETÀ
Pietra di Trani
Trani
Calcare minuto, Puro, perlato, omogeneo, cioccolato, indagato, compatto, resistente, neretto adriatico, cristallino, di broccatello, giallo colore tendente adriatico al giallognolo, lucidabile
Calcare Bianco
Fra le Murge e l’Adriatico
Bianco candido
Pietra di Gioia del Colle
Bari
Bianco gialliccia,quasi saccaroide nella struttura
Pietra di Bisceglie
Bisceglie
Bianco giallastra, compatta, ben pulimentabile
Rosso di Puglia
Provincia di Bari
Calcareo
Pietra di Lecce
Lecce
Calcare marmoso Pietra gentile, bianco gialliccio, saporana, bastarda, a grana molto piromafo uniforme, resistente e duro, facilmente lavorabile
Tufo pugliese
Puglia
Calcareo, poroso, leggero, spesso vacuolare
Vetrigne, riducibili in lastre sottili
Mazzaro, scorzo, verdatiero, zappigno, molica,carparo
Nella Penisola del Gargano vi è abbondanza di calcari colorati, subcristallini; inoltre vi sono brecce e alabastro. Fra le brecce, la breccia rossa di S. Angelo di Puglia, la bigia, il nero (in località Terre Nere), breccia corallina. L’alabastro calcareo si trova specialmente nei pressi di Alberobello.
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Grazie alle loro eccellenti qualità, le rocce sono sempre state utilizzate sia come materiale da costruzione di edifici (per la resistenza, durabilità e varietà di aspetto e colorazione delle stesse) sia per la produzione di ornamenti . A questo proposito, risulta fondamentale lo studio scientifico dei diversi materiali, sia per l’architettura stessa, sia per favorire un’eventuale ed idonea opera di restauro. Particolare decorativo in pietra in una delle masserie dell’Alta Murgia.
La tipica forma ad ottagono del cortile interno di Castel del Monte
cheche costitutive delle rocce, fattore economico, che
Quasi tutte le rocce presenti sulla terra sono utilizzabili come pietra da costruzione, a patto però che soddisfino determinati criteri, denominati: fattore geologico, legato alla natura degli affioramenti geologici e alle loro carat-
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teristiche, fattore petrografico, concernente le caratteristiche costruttive delle rocce, fattore economico, che valuta la possibilità di sfruttamento delle rocce, anche attraverso la loro coltivazione nelle cave, e fattore estetico, riguardante gli effetti ottenuti dalla lavorazione di un certo materiale.
Considerando questi fattori risulta di fondamentale importanza tenere ben presente: • la morfologia e l’estensione dell’affioramento (disposizione degli strati, quantità ricavabile di materiale; disponibilità del materiale in diverse cave), la tipologia del materiale che si vuol coltivare (blocchi, lastre,conci; spessore degli strati, presenza di interstrati, scistosità, presenza di venature), la modalità di estrazione (consumo di energia o di tempo) – FATTORE GEOLOGICO • le caratteristiche costitutive dei materiali (colore, durabilità, lavorabilità, lucidabilità e scolpibilità) FATTORE PETROGRAFICO
Affioramenti calcarei nei pressi di una cava dell’Alta Murgia.
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Colore
uniforme (rocce sedimentarie)
punteggiato (roccia magmatiche)
variegato (marmi)
Durabilità
roccia resistente all’usura (roccia metamorfica scistosa) per pavimentazioni
roccia resistente alla compressione (roccia magmatica) per colonne e pilastri
roccia resistente al deterioramento (roccia magmatiche e sedimentarie compatte) per rivestimenti esterni
Lavorabilità
migliore nelle pietre tenere (roccia sedimentarie porose, senza quarzo e silicati)
meno rapida e più costosa nelle pietre dure (roccia magmatiche, roccia metamorfiche, con quarzo e silicati)
Lucidabilità
ottima in roccia compatte e omogenee (rocce magmatiche, calcari compatti, marmi)
impossibile in roccia formate da aggregati di frammenti di durezza diversa come le arenarie
Scolpibilità *
migliore nei marmi a grana fine
nei marmi a le roccia grana grossa, i magmatiche cristalli hanno non sono adatte un particolare alla scolpibilità impatto con lo a causa del scalpello e spesso loro colore non si sfaldano omogeneo
*La scolpibilità è legata a fattori quali la grana, l’omogeneità mineralogica e tessiturale, la compattezza, la presenza di venature e di minerali alterabili.
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plurimo (brecce)
•
•
la possibilità della coltivazione in cava e del trasporto ai cantieri di determinati materiali; la coltivazione dipende dalla quantità di lavoro necessario a mantenere funzionale una cava (una cava è più produttiva se in essa mancano strati superficiali di materiale non utilizzabile e acqua) – FATTORE ECONOMICO il risultato che si ottiene dalla lavorazione di un determinato materiale (in cui rientrano anche fattori precedenti: colore, durabilità, ecc..) – FATTORE ESTETICO.
Classificazione petrografica e commerciale di Bugini-Folli La classificazione petrografica è basata su un criterio genetico. MAGMATICHE Rocce originate da cristallizzazione di magmi (granito, diorite, gabbro, sienite; porfido, andesite, basalto, trachite) SEDIMENTARIE rocce originate da deposizione di sedimenti (conglomerato, arenaria, argilla, tufo; calcare, dolomia, travertino) METAMORFICHE rocce originate da aumenti di temperatura e pressione (fillade, micascisto, quarzite, marmo, calcescisto, serpentinite, anfibolite, gneiss, granulite) La classificazione commerciale considera invece criteri diversi quali la lucidabilità, la lavorabilità, ecc. GRANITI rocce resistenti di natura silicatica, lucidabili (granito, diorite, gabbro, sienite; porfido, andesite; gneiss, granulite) PIETRE rocce compatte o porose, non lucidabili (basalto, trachite; conglomerato, arenaria, argilla, tufo, calcare tenero, dolomia; fillade, micascisto, quarzite,
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serpentinite, anfibolite) MARMI rocce compatte di natura carbonatica, lucidabili (marmo, calcescisto; calcare compatto) TRAVERTINI rocce ricche di cavità, compatte, lucidabili (travertino) Se fino all’Ottocento i materiali venivano lavorati esclusivamente a mano, col passare del tempo e grazie a un generale sviluppo in svariati ambiti, sono stati introdotti, nella lavorazione dei materiali da costruzione, macchinari utili a rendere il lavoro più sicuro , semplice e veloce. Al giorno d’oggi, quasi la totalità dei lavori scultorei è realizzata a mano e l’uso dei macchinari a controllo numerico concerne un altro genere di attività. In seguito all’estrazione dei materiali che verranno utilizzati (§ 3.1, 3.2, 3.3) e alla divisione dei blocchi , questi ultimi devono essere sbozzati e sistemati sia nella forma che nell’aspetto superficiale. [ Per i vari attrezzi vedi CAPITOLO IV ] .
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Minervino Murge. Cava di pietra calcarea
Periodi ed ere geologiche
ARCAICA
PRECAMBRIANO
PERIODI
CAPITOLO II
2.1.1 Architettura Tra le prime costruzioni in pietra che ricordiamo, troviamo semplici ripari di pietra e rami, erette dall’Homo habilis, circa due milioni di anni fa.
Formazione degli scudi
2.500 Algonchiano
Prime tracce di vita
Grande diffusione dei Trilobiti
500 Ordoviciano
Comparsa dei primi vertebrati
PRIMARIO
PALEOZOICO
440 Siluriano
Inizio dell’orogenesi caleidoniana: primi vegetali terrestri
400 Devoniano
Sviluppo dei pesci; comparsa degli anfibi
350 Carbonifero
Orogenesi ercinica; formazione dei giacimenti di carbone
275 Permiano
Calotta di ghiaccio sul Gondwana; scomparsa dei trilobiti
225 Triassico
SECONDARIO
MESOZOICO
Nel Neolitico, in particolare, la necessità per l’uomo di essere cacciatore nomade e agricoltore determinò la realizzazione di nuovi strumenti di pietra per la caccia soprattutto; in contemporanea furono erette le primitive e colossali costruzioni che tutti conosciamo, come il famoso complesso di Stonehenge (luogo di culto).
Archeano
Cambriano
Il Gondwana si scinde; compaiono i primi mammiferi
190 Giurassico 135 Cretaceo 65 Paleocene 54 Eocene
TERZIARIO
La stessa espressione “Età della Pietra” indica quella fase dell’evoluzione umana in cui si iniziarono a costruire e usare utensili ricavandoli appunto dalle pietre e da altri materiali (legno, ossa, conchiglie animali), per supplire alla mancanza dei metalli. Questa Età viene suddivisa in tre periodi: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico, in relazione alle tecniche di lavorazione dei materiali ed all’ uso degli utensili.
4.600 anni fa formazione della Terra
600
CENOZOICO
2.1 Excursus storico Sin dall’antichità, la pietra è stato un materiale di vitale importanza per l’uomo, che ha costruito intelligentemente e con creatività i primi rifugi, le prime armi, i primi utensili, le prime opere artistiche.
Ere milioni anni
Trasgressioni marine; orogenesi in Europa e Nordamerica Alta Murgia: formazione della piattaforma calcarea, scomparsa dei dinosauri e delle ammoniti Sviluppo dell’Atlantico settentrionale e separazione fra Nordamerica e Eurasia Sollevamento dell’Himalaia
40 Oligocene
Inizia lo sviluppo di Alpi e Appennini
25 Miocene
Sollevamento delle Alpi e isolamento del Mediterraneo
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La pietra ha rappresentato il materiale per eccellenza delle prime opere architettoniche; infatti, indelebili sono state le tracce che l’uomo ha lasciato, costruendo con la pietra.
NEOZOICO
Pliocene
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QUATERNARIO
1,2 Pleistocene 0,01 Olocene
Apertura del Mar Rosso Alta Murgia: formazione delle argille, sabbie conglomerati di origine continentale, conformazione attuale. Grandi glaciazioni quaternarie. Comparsa e sviluppo dell’Uomo Fine delle glaciazioni
L’ esempio più significativo di costruzioni preistoriche in pietra è il complesso di Stonehenge, a cui si è già accennato; troviamo poi i Menhir, i Dolmen,ossia costruzioni costituite da tre lastroni di pietra, fissati nel suolo e da una quarta lastra adagiata sopra di essi, come copertura (tomba di tribù) e di cui conserviamo degli esempi anche in Puglia. Assieme a questo tipo di costruzioni ricordiamo i Cromlech e i Nuraghe , simili alle precedenti. In Egitto intanto si costruivano le piramidi di Giza. Anche nell’architettura greca, la pietra rivestì un ruolo di fondamentale importanza. Nell’Acropoli d’Atene veniva impiegato soprattutto il marmo proveniente dalle cave del monte Pentelio. E la tecnica costruttiva delle murature lapidee raggiunse livelli di alta qualità. Nell’architettura romana,poi, la pietra fu in origine utilizzata come elemento portante, successivamente come materiale di rivestimento. Col passare del tempo (soprattutto nel Tardo Impero) la pietra acquisì rilevanza decorativa grazie alle variazioni cromatiche di diversi tipi di marmi. Il materiale maggiormente impiegato a Roma era il travertino,un calcare chiaro , abbastanza resistente e adatto a essere rivestito. Nel Medioevo vengono usate prevalentemente pietre recuperate dalle rovine romane, per costruire mura, cupole, colonnati. Soprattutto nel periodo gotico la pietra diventò uno dei materiali più utilizzati in tutta Europa e fu impiegata
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fino all’estremo, in particolare nelle cattedrali; mentre nel Rinascimento italiano non venne più utilizzata come materiale strutturale (fatta eccezione della cupola di San Pietro a Roma e delle arcate dei ponti) , ma come materiale di rivestimento soprattutto nei palazzi nobiliari. Con il passare del tempo, la pietra venne sempre più associata ad altri materiali e, con l’introduzione degli intonaci, venne impiegata per lo più nelle finiture, come cornici di porte e finestre,decori... Solo nella costruzione di ponti ad arco, la pietra conserverà un ruolo di fondamentale importanza grazie alla sua elevata resistenza meccanica. Nonostante la sostituzione della pietra con altri materiali ‘nuovi’, come l’acciaio o il calcestruzzo, l’architettura contemporanea ha rivalutato l’uso della stessa come rivestimento e paramento.
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In basso a destra: particolare di una porta interna di Castel del Monte; In basso: sommità di un trullo nell’Alta Murgia.
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2.1.2 Scultura Anche la scultura ha origini antichissime . L’uomo abitante delle caverne fece un rivoluzionario passo in avanti: si è trovata la prima prova, giunta fino a noi, dell’esistenza di uomini che sceglievano deliberatamente di esprimere i propri sentimenti in forma scultorea e pittorica. Ben presto riuscì a capire che i grandi oggetti a tre dimensioni potevano essere ritratti, con fedeltà, in miniatura. Inizialmente ci si serviva di creta e avorio, successivamente fu introdotta la pietra. Così l’artista poteva esprimere per sempre e per gli altri le proprie fantasie, o costruire oggetti utili , con scopi religiosi, ludici, propiziatori, come mezzi di caccia e di difesa. Si cominciò a scolpire con apposite asce di selce affilate come scalpelli. Troviamo i primi esempi di statuette, per lo più a scopi propiziatori, nella Preistoria. Gli uomini infatti costruivano questi piccoli oggetti, raffiguranti gli animali che speravano di catturare. Altra tipologia di statuette rappresentava donne con forme accentuate (seno, ventre e glutei), simbolo di fecondità e fertilità, le Veneri Preistoriche. Ricordiamo, poi, le prime incisioni rupestri e i primi graffiti, prodotti grazie all’uso di scalpelli rudimentali, con funzione prevalentemente comunicativa. Nelle zone quali l’Egitto, la Mesopotamia e l’Assiria, le materie prime utilizzate erano marmo, granito e legno che si trovavano in abbondanza presso il Nilo. Le statuette scolpite, prevalentemente votive, raffiguravano divinità e atleti, l’uomo come figura terrena e le gesta eroiche del popolo.
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E come non considerare i Greci, i veri padri della scultura, coloro che hanno fatto di quest’ arte la propria vita. Nel periodo arcaico (VII-VI secolo a.C.) si assistette alla nascita della scultura monumentale a tutto tondo; ricordiamo le figure dei giovani (kouroi e korai) . Con il passare del tempo ci si specializzò in una maggiore resa anatomica e nella ricerca sempre più dettagliata delle masse corporee,del movimento, della dinamicità e dell’ espressività del volto. Gli etruschi e i romani furono fortemente influenzati dall’arte greca. I primi usavano soprattutto la terracotta e il bronzo, perchè molto più diffusi. I romani si servivano della scultura come mezzo di propaganda per diffondere la conoscenza di nuovi imperatori e di famiglie nobili all’Impero. Le facciate delle chiese si affollarono di scene bibliche, con la funzione di educare i fedeli. Nel periodo gotico ritornò la scultura a tutto tondo e la statuaria in tutta Europa; la scultura si legò fortemente all’architettura tanto da diventare il suo completamento, con l’utilizzo più frequente di marmo, bronzo, metalli preziosi, pietra e legno. Il XVI secolo fu caratterizzato da tre grandi movimenti artistici legati l’un l’altro: il Rinascimento, il Manierismo ed il Barocco. Con il Rinascimento si assistette ad una riscoperta dell’arte classica. La scultura diventò protagonista e non fu più legata all’architettura . Caratteristica fondamentale delle statue divenne il realismo, sempre crescente, grazie
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all’approfondito studio dell’anatomia umana. È da ricordare la figura di Michelangelo Buonarroti. A questo movimento seguì uno stile più virtuosistico, il Manierismo, che imitava di gran lunga gli scultori rinascimentali, perfezionandoli. Lo stile Barocco,infine, fu il simbolo della vittoria , da parte della Chiesa, sulla Riforma Protestante. Verso la fine del XVIII si sviluppò il movimento Neoclassicista, caratterizzato dalla riscoperta dell’arte classica, attraverso la semplicità e la regolarità delle forme. Uno dei più grandi maestri fu Antonio Canova . Molteplici sono state le evoluzioni all’interno di questo ambito, da quella di Auguste Rodin che va al di là dei principi di equilibrio e proporzione tipici del neoclassicismo e crea opere intrise di tensione e di pathos, a quelle che tendono a rompere definitivamente con le convenzioni della scultura dei secoli passati (distruzione del concetto di unicità ed artigianalità dell’opera come i dadaisti, che usano oggetti già fatti come Marcel Duchamp, l’arte concettuale-povera italiana); fino a quelle che prediligono il ritorno continuo e costante al passato.
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CAPITOLO III
3.1 Estrazione e cave . Problematica del riutilizzo La situazione in Puglia Per poter utilizzare pietre e vari materiali da costruzione è necessaria l’estrazione degli stessi dai loro giacimenti naturali. In particolare la cava è uno scavo a cielo aperto in cui i materiali costituiscono sia la parte affiorante, sia la struttura stessa di colli, monti,pianure, ecc…e in cui i lavori di abbattimento avvengono con facilità e in tutte le direzioni. Solo eccezionalmente l’estrazione avviene in sotterraneo, soprattutto se si tratta di materiali non poveri, quali marmi, ardesie, calcari ornamentali, perché il metodo sotterraneo , per l’appunto, richiede spese maggiori. La questione della coltivazione e del recupero successivo di queste aree di cava è delicata, in quanto spesso collide con la problematica ambientale e di tutela e riqualificazione della morfologia dei territori degradati. Infatti, il problema fondamentale riguarda la massiccia sottrazione di materia dal territorio (anche di terreno vegetale) che determina una maggiore vulnerabilità e impoverimento (concreto e visivo) del paesaggio. Considerato ciò, risulta di fondamentale importanza adottare tecniche idonee e tipologie di intervento atte a tutelare il territorio , in particolare quello mediterraneo, più propenso alla desertificazione.
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Tuttavia le cave possono essere riutilizzate e recuperate in maniera diversa, a fini agricoli, naturalistici, per impieghi civili (es. costruzione di spazi per il tempo libero) e per opere civili (es. bacini artificiali, discariche controllate). Tra le diverse modalità di recupero di cave abbandonate, mi ha particolarmente colpito il caso di Rättvik , nel cuore della Svizzera, in cui è stata dismessa una cava di calcari marnosi. Lo scavo sembra un grande cratere lunare, tuttavia la cantante lirica , Margareta Dellefors, grazie a sostegni pubblici e privati, è riuscita a farvi costruire, all’interno, un teatro all’aperto, nel quale si tiene, ogni anno, un festival operistico di grande successo. Il territorio italiano offre all’attività estrattiva un assetto geologico particolarmente favorevole; così anche in Puglia questa attività è ben sviluppata; basti pensare che
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Cave di bauxite dismesse in agro di Spinazzola (BAT)
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questa è la terza regione italiana, dopo Toscana e Lazio, ad avere rilevanza in questo campo, con la produzione annua di circa novemila tonnellate di materiale. Data la mancanza di un censimento affidabile delle cave, in Puglia, non è possibile determinarne il numero preciso; si pensa, in generale, che siano circa 600 o poco più. Queste cave sono quasi tutte a “fossa”, cioè sviluppate sotto il piano superficiale, a causa della prevalenza di territorio pianeggiante; solo alcune, sui versanti collinari, sono a “mezza costa” e poche “in sotterraneo”, soprattutto nel Salento .
3.2 Coltivazione di cave a cielo aperto In questo caso la cava si estende e si approfondisce, asportando tutto il materiale e sconvolgendo la morfologia del territorio in cui si trova. Cave di calcare. Il calcare comune può essere estratto in frammenti irregolari (pietrisco , fabbricazione del cemento, della calce,…) o in blocchi per ottenere poi pezzi lavorati. Nel primo caso l’estrazione si effettua con l’uso di mine piccole,sfruttando i piani di stratificazione. Nel secondo caso si separano blocchi parallelepipedi utilizzando i piani di sedimentazione e litoclasi (frattura delle rocce) . La separazione dei blocchi , secondo le litoclasi, si ottiene con cunei introdotti con la mazza e facendo uso di piccole mine a polvere nera se le litoclasi sono discontinue. Se non vi sono affatto le litoclasi si adopera, per la separazione, il filo elicoidale, che evita anche spreco di materiale. Cave di marmo. Nelle cave di marmo non si usano leve e cunei, ma il filo elicoidale. Esso è adatto per tagliare rocce di media durezza o dure; è formato da tre fili di acciaio, avvolti ad elica, che danno origine ad una fune metallica. Questa fune, il filo elicoidale appunto, è montata in circuito su pulegge di rinvio, lunghe da
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Nella pagina a fronte: (in alto) trasformazione di inerti in una cava;
(in basso) cava di tufo.
alcune decine di metri a oltre mille; il filo scorre sul masso da tagliare, versando all’imbocco del taglio una specie di miscela molto diluita di acqua e sabbia silicea,che funge da abrasivo; l’acqua ha funzione lubrificante. Al posto della sabbia si può usare una miscela sabbia-carburo di silicio o solo quest’ultimo. La puleggia penetrante Monticalo, ideata dall’ingegnere omonimo, rappresenta un notevole miglioramento nell’applicazione del filo elicoidale; prima di utilizzare questo utensile, bisogna praticare un foro di 9 cm di diametro nella roccia, per permettere il passaggio della forcella che sostiene la puleggia. I fori vengono praticati con la perforatrice Monticolo (fissata al tubo perforante) mediante una corona di acciaio, su cui sono incastonati da 15 a 16 diamanti; al posto dei diamanti vi possono essere anche, per il costo meno proibitivo, placchette taglienti di acciaio tungsteno. Per tagliare le rocce dopo aver eseguito il foro, alla corona si sostituisce la puleggia penetrante e il filo elicoidale viene fatto passare sulla periferia della puleggia e su di un’altra puleggia che si fa scorrere lungo il montante. Le cave di marmo sono generalmente tenute a gradini, per facilitare il distacco dei blocchi; hanno la forma ad anfiteatro se sono aperte a mezza costa, e anche in questo caso sono tenute a gradini, bassi (estrazione per piccoli strati o fette orizzontali), alti (fette verticali, grandi blocchi). Nel marmo di Carrara è scomparsa ogni traccia del piano di sedimentazione; sono presenti invece fratture naturali, con direzione assai diversa da quella di sedimentazione, le quali simulano, per il loro parallelismo, i piani di stratificazione; tali fratture sono dette “peli del contro”. Le fenditure secondo i piani di stratificazione, più rare e manifestantisi con la percussione effettuata tramite
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cunei o mine, sono dette “peli del verso”. Nelle cave di marmo di Carrara sono utilizzate frequentemente grandi mine per evidenziare giacimenti di marmo buono dal resto inutilizzabile. Cave di arenaria . L’arenaria è una roccia regolarmente stratificata; la coltivazione è analoga a quella del calcare. I grossi blocchi si staccano mediante fratture naturali e piccole mine; caduti sul piazzale si riducono alle misure volute, vengono tagliati (con i cunei) , li si riquadrano e li si sagomano con lo scalpello. Cave di granito . L’ abbattimento si ottiene con le mine e i pezzi staccati dalla montagna cadono lungo la scarpata; giunti a valle si lavorano in modo da renderli trasportabili sino al cantiere di lavorazione. Cave di beole. Sono rocce metamorfiche , scitose, di colore più o meno chiaro, dalle quali si ottengono lastre di grande dimensione; si usano per scale, balconi, pianerottoli, ecc… Oggi sono sostituite da marmo, cemento, ardesia. L’abbattimento avviene sfruttando i piani di scitosità e qualche mina.
3.3 Coltivazione di cave in sotterraneo o in galleria Questo metodo è più costoso del precedente; tuttavia questo tipo di cava segue un determinato livello o strato sotterraneo lasciando quasi integra la morfologia del territorio. Cave di calcare ornamentale. Il più grande esempio di cave di marmo coltivate in galleria sono quelle di Lasa (Bolzano) : sono al livello di 1600 metri; di qui i marmi vengono trasportati con una teleferica, sospesa
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alla volta della galleria d’ingresso, e deposti sui vagoni di una ferrovia marmifera superiore; poi mediante un piano inclinato arrivano a una ferrovia inferiore e di qui sul piazzale di lavorazione. Lo scavo in galleria è fatto dall’alto in basso formando dei gradini e ,con il filo, i massicci vengono suddivisi in tante fette verticali, per essere poi frazionati in blocchi commerciabili. Cave di tufo . Si trovano nel Napoletano e la coltivazione avviene mediante gallerie orizzontali scavate nella massa tufacea.
3.4 Tecniche di estrazione* La separazione dei blocchi “dal monte” dipende dalle condizioni di giacitura della roccia. Nel caso più semplice si sfruttano i giunti naturali (fessure per le rocce magmatiche, stratificazioni per le rocce sedimentarie, scistosità per le rocce metamorfiche) aprendoli con cunei battuti da una mazza; nel caso più complesso si scavano solchi intorno al blocco da cavare, con piccone oppure con mazza e punta ed infine lo si distacca dalla roccia inserendo cunei in apposite fessure praticate lungo l’ultima superficie da staccare. Casi intermedi prevedono l’utilizzo di giunti naturali e di solchi appositamente scavati al “contro” . L’estrazione di grandi blocchi richiede tecniche diverse a seconda della natura della roccia. In presenza di rocce tenere si scava una larga trincea fino a raggiungere le dimensioni desiderate del blocco; in presenza di rocce dure, l’estrazione di un grande blocco è preceduta dall’estrazione di blocchi più piccoli ai lati; in tal modo si riducono il lavoro e lo scarto. Il blocco deve essere diviso in pezzi delle dimensioni desiderate mediante spaccatura o segagione, a seconda della natura geologica della roccia. Nella divisione dei blocchi è importante riconoscere il verso, il secondo, il contro (figura 15).
* Lezioni di petrografia applicata 2008 R.Bugini-L.Folli
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Nelle rocce magmatiche (es. granito) sono evidenti: una direzione (verso) lungo la quale la roccia si divide più facilmente rispetto alle altre direzioni; un’altra (secondo) normale al verso, lungo la quale la divisione è più difficile; una terza (contro) normale alle altre lungo la quale la divisione è nettamente più difficile. Nelle rocce sedimentarie il verso è identificato dalle superfici di stratificazione. Il secondo e il contro sono individuati di conseguenza. Nelle rocce metamorfiche il verso è identificabile con i piani di scistosità. Gli strumenti necessari per dividere i blocchi sono: cunei, battuti da una mazza in file di fori paralleli appositamente scavati (utilizzati per rocce dure – Figura 16 a,b,c) e seghe, a denti oppure senza denti in cui l’azione di taglio è dovuta al trascinamento di granuli di sabbia (utilizzate per rocce tenere).
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Figura 16a - Fori d’inserzione dei cunei per la separazione dei blocchi (granito rosso di Assuan, Egitto)
Figura 16b - Fori d’inserzione dei cunei (Uadi Hammamat, Egitto)
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Figura 16c - Sistemi di divisione dei blocchi (Fantiscritti)
Figura 16d - Estrazione dei blocchi con macchine da movimento terra
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CAPITOLO IV
4.1 Attrezzi per la lavorazione dei marmi Lavorazione meccanica Come in tanti altri campi, anche per la lavorazione dei marmi, l’uomo è riuscito a moltiplicare e a migliorare le macchine utensili. Tra quelle usate per la lavorazione del marmo, appunto, si possono annoverare martelli pneumatici, macchine per segare, piallatrici, macchine per lisciare, tornitrici. Ma prima della lavorazione vera e propria, bisogna considerare il distacco dei blocchi dal monte che avviene tramite il filo diamantato o le tagliatrici a nastro . Il laser segnataglio garantisce l’allineamento dei tagli. Dai blocchi si ottengono pezzi o lastre grezze di diverso spessore, grazie a seghe a disco diamantato e a telai multilama. Queste lastre vengono poi lucidate a nastro continuo. Riscontriamo l’impiego delle macchine anche nei lavori quali incisione di lettere o motivi decorativi, nei lavori di commesso , con la giustapposizione di pietre di diverso colore, ecc… Spesso, nei lavori di scultura decorativa, le pietre e i marmi vengono sbozzati tramite carotatura e fresatura che garantiscono l’eliminazione del materiale in eccesso. Nei lavori delicati vengono impiegati utensili tradizionale (§ 4.2) mossi da martelli pneumatici.
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Nella pagina a fronte: Blocco di pietra calcarea lavorato con una macchina da taglio monolama.
4.1.1. I macchinari Il martello pneumatico rappresenta una delle più geniali applicazioni dell’aria compressa. Nei laboratori hanno dimensioni minori e sono da considerarsi dei veri scalpelli pneumatici che possono essere sostituiti da forme e tagli diversi, adatti sia per asportare il grosso del marmo che per fare i più delicati lavori senza affaticarsi. I martelli elettrici , invece, presentano il grande vantaggio di non aver bisogno dell’impianto ad aria compressa ma solo di una comune presa di corrente ed agiscono come il martelletto di un comune campanello elettrico. Ambedue i martelli possono essere costruiti in dimensioni più grandi di quelli da laboratorio e possono servire anche per lavori di mina nelle industrie marmifere estrattive. La macchina per segare è usata, al contrario del filo elicoidale che può fare tagli ai singoli blocchi in due o tre parti a misura fissa, per ottenere tagli di grande lunghezza, oltre i cinque metri. Inoltre il filo elicoidale permette di eseguire non solo tagli curvi ma anche svuotamenti delle colonne rendendole più leggere. Le seghe a filo veloce multiplo sono in grado di eseguire contemporaneamente due, tre e fino a sette tagli paralleli, ed impiegano come abrasivo unicamente il carburo di silicio. Il taglio dei materiali marmorei si distingue nelle lavorazioni dei marmi e in quelle dei graniti. Esso consiste nel taglio dei blocchi con il filo elicoidale o nel taglio dei blocchi mediante lame per ottenere lastre. Il telaio meccanico per segare il marmo può essere azionato o da cascate d’acqua o da forze motrici . Al di
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sotto di ogni telaio viene posto il blocco da segare sul quale si appoggia un certo numero di lame d’acciaio, senza denti, disposte parallelamente e ad una certa distanza tra loro, a seconda dello spessore che si vuole ottenere dalle lastre di marmo. Il telaio, per mezzo di un meccanismo di biella e manovella, esegue un movimento di va-e-vieni, mentre sulle lame che penetrano nel marmo e scavano tanti solchi paralleli, è distribuita una miscela di sabbia silicea ed acqua. La sabbia, premuta dalle lame, agisce per abrasione sul marmo , più tenero, e lo lima penetrandovi, mentre l’acqua agisce da lubrificante. Ma il progredire della tecnica e la continua ricerca dell’aumento della produttività a costo economico ha da tempo messo in evidenza diversi tipi di abrasivo atti a sostituire quelli tradizionali; sono stati presi in considerazione quelli sintetici come il carburo di silice. Tale carburo è duro quasi come il diamante e quindi è un prodotto industriale di ben noto impiego nel campo della lavorazione delle pietre. Ma le seghe circolari a nastro d’acciaio diamantato rappresentano un progresso in questo campo. Le macchine per raffilare e tagliare. Compiono , almeno parzialmente, un lavoro simile a quello delle seghe. Sono formate da un massiccio banco di ghisa perfettamente piano, con guide, e da un contro-banco sul quale si depongono le lastre che si vogliono tagliare. Questa macchina serve per raffilare e tagliare lastre, scalini, lapidi, ecc… Macchina analoga è quella per raffilare marmette per pavimentazione. Vi sono anche macchine segatrici per usi particolari; la segatrice automatica per strisce come soglie, zoccolini, ecc…
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La segatrice-fresatrice per lavori vari consente l’esecuzione di ogni tipo di taglio e scorniciatura: gradini, soglie, marmette, tavoli, zoccolino, architravi. Le sue caratteristiche costruttive, consentono alta produzione e durata soprattutto nel campo dell’artigianato. La segatrice automatica di blocchi permette di ricavare direttamente dal blocco grezzo lastre per gradini , sottogradini, zoccoletti e tutti i pezzi per l’edilizia, in genere. Nel campo delle rifilatrici ci sono macchine che realizzano il taglio del materiale imprimendo un moto di rotazione all’utensile e di avanzamento alla lastra in segazione: queste macchine hanno carattere artigianale: sono le fresatrici a bandiera; mentre le fresatrici a ponte, più adatte all’industria, tagliano il materiale con moto rotatorio e traslatorio del disco, ferma restando la lastra in segazione. Molto interessanti sono : la fresa a disco diamantato per il taglio di blocchi in forme di marmo e la fresa rotativa a dischi diamantati ad alimentazione continua. Queste possono trovare larga applicazione nel produrre in serie marmette da pavimenti, anche utilizzando blocchi difettosi. Per levigare e lucidare pavimenti fini in marmo si usano le levigatrici-lucidatrici multiple che, oltre a lavorare con grande precisione, levigano e lucidano con notevole automatismo fornendo mattonelle di assoluta uniformità e servono anche per produrre battiscopa.
4.2 Attrezzi per la lavorazione dei marmi Lavorazione manuale* Gli strumenti per lo sbozzo di pietre dure sono: la subbia (o punta), su grandi estensioni; lo scalpello, su piccole
*(Lezioni di petrografia applicata, 2008 R. Bugini - L. Folli)
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superfici piane; la gorbia, per piccole superfici curve. Per lo sbozzo delle pietre tenere si utilizzano: asce; scalpelli a taglio largo o pialle. Per dare compimento si utilizzano: la subbia fine; la gradina; la martellina, la bocciarda e lo scalpello. In caso di lavori di scultura vengono anche impiegati ugnetti, raschietti, lime e trapani. Subbia, gradina, scalpello, ugnetto e gorbia, detti ferri, necessitano dell’uso di un mazzuolo; gli altri sono strumenti a manico. Nelle figure 17 a,b,c,d sono illustrati alcuni degli strumenti appena citati.
Figura 17a Mazzuolo in legno
Figura 17b Scalpello a taglio largo e subbia o punta 37
Figura 17c Gradina e due diversi scalpelli
Figura 17d Ugnetto e sgorbia
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La lavorazione delle facce dei conci per muratura deve essere perfetta sulle superfici di appoggio; le superfici laterali sono invece rifinite solo per una ristretta fascia lungo i bordi, il resto viene lasciato grezzo. Un sottile strato di malta favorisce lo scivolamento dei conci facilitandone la messa in opera definitiva. Come ultima operazione, i graniti, i marmi o alcuni calcari ricevono il cosiddetto pulimento ottenuto attraverso l’azione abrasiva di determinate sostanze che riducono le asperità superficiali. A seconda del grado di pulimento si distinguono: l’arrotatura (con pezzi di arenaria), la levigatura (con la pomice), la lucidatura (con limatura di piombo). La superficie lavorata si definisce pelle (pelle grossolana, mezzana, liscia, levigata, lucidata). Le caratteristiche che contraddistinguono una roccia lucidabile sono: la coesione, l’omogeneità mineralogica, l’uniformità nella durezza dei componenti e la bassa porosità. Tutte queste lavorazioni necessitano di un continuo controllo e di misurazioni; si utilizzano la riga graduata, la squadra, il compasso, il filo a piombo e l’archipendolo.
4.2.1 Gli attrezzi * SCALPELLI La spuntatura è il più antico dei trattamenti superficiali della pietra e veniva realizzato con punta (subbia) e mazzuolo da abili operatori manuali. Si tratta di una percussione della pietra mediante scalpelli di varie dimensioni che determinano sulla superficie un’alternanza di zone depresse e zone in rilievo. RASPE Le raspe vengono utilizzate per la levigatura di parti della scultura che rimangono particolarmente appuntite dopo
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* Giuseppe Gianfelice
la prima lavorazione detta sgrezzatura. GRADINE Nell’ambito della bocciardatura e della spuntatura è doveroso accennare alla martellinatura, una delle operazioni di sbozzatura e finitura che, storicamente, veniva applicata ai blocchi appena estratti in cava. Sui blocchi, infatti, appena operata la lavorazione “alla punta grossa” e “alla punta fina”, seguiva il trattamento con la martellina, a denti grossi (sporgenti e radi, in numero di circa 8) e a denti fini. Ciò permetteva di ottenere l’anathyrosis (conosciuta dagli scalpellini come “cordellina”), per il combaciamento dei massi tra di loro ed avere quindi un buon grado di finitura finale, nella posa in opera. I materiali più idonei a ricevere la spuntatura e la bocciardatura sono i materiali a grana fine, medio-fine, anche se sono molte le eccezioni. BOCCIARDE La bocciardatura è una delle più antiche forme ditrattamento rustico della superficie dei materiali, adottata soprattutto nei manufatti collocati in esterno, come sculture, scale, cordoli, elementi per pavimentazioni; essa conferisce alle superfici un particolare aspetto scolpito, scabro ed in rilievo, ed agisce, prima che sul colore di un materiale, sulla sua tessitura. Per lungo tempo si è parlato di superfici “a buccia d’arancia” per ricordare a quale oggetto a noi familiare l’effetto di questo tipo di trattamento può essere paragonato.
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4.3 Breve storia degli attrezzi Gli attrezzi per la lavorazione della pietra si dividono in due classi : percussivi (martelli, in legno o metallo, che vengono usati insieme a strumenti da taglio), che modellano la pietra, la quale viene colpita e frantumata, e abrasivi che la sfregano. Nel medioevo veniva spesso utilizzato il picchierello,martelletto con testa sottile e appuntita alle due estremità. Questo strumento poteva essere utilizzato anche da solo, direttamente sulla pietra, reggendolo con entrambe le mani per poter colpire a 90° il blocco e la superficie. Tra gli strumenti da taglio impiegati in epoca medievale si ricordano il cuneo (in legno o in metallo), utensile elementare che viene spinto dal martello o dalla bocciarda in un taglio della pietra, provocandone la frattura. Per le sculture dirette venne impiegata la subbia, un’asta in metallo dalla punta piramidale, che veniva colpita con il martello. Simile alla subbia, ma dal bordo dentellato e affilato, è la gradina (adatta in modo particolare alla scultura su marmo), che veniva colpita sulla superficie tenendola obliqua, per creare una prima levigatura a scanalature più o meno fitte. Le rifiniture delle forme erano, e sono ancora oggi, affidate agli scalpelli, dal bordo piatto e affilato capaci di lisciare la superficie producendo effetti di ombreggiature che dipendono dall’angolo con cui lo strumento è tenuto sulla pietra e dall’intensità del colpo. Per scavare scanalature piatte e a sezione quadrata nel medioevo fu impiegato anche un particolare tipo di scalpello detto unghietto: sottile, ma robusto, permetteva di giungere ad intagli fini ma in profondità Gli strumenti ad abrasione sono impiegati sia per il
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taglio che per la lucidatura di superficie. La sega, nelle sue varianti, è uno strumento da estrazione ad abrasione e si utilizzava infatti facendola scorrere nel solco con l’aiuto di sabbie miste ad acqua: si ottenevano in questo modo ampie specchiature lapidee, senza grossi sprechi di materiale. Importante strumento ad abrasione fu anche la raspa: da un manico centrale partivano due estremità a punte affilate e ruvide come lime, che potevano essere di varia forma;è ancora oggi utilizzata sul marmo per le rifiniture della superficie (che risulta così segnata da una trama di graffi sovrapposti).
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Lavoro dell’artista, ricerca sul territorio
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Aquilone. Scultura in pietra, 250 x 90 x 10 cm.
Aquilone. Scultura in pietra, 100 x 100 x 4 cm.
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Planetario. Scultura in pietra, 450 x 250 x 5 cm
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Impronta su pietra. Scultura in pietra calcarea, 50 x 70 x 12 cm
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Design mediterraneo. Tavolo in pietra e legno d’ulivo, 130 x 130 x 80 cm.
Modello per il progetto “La grande torre�. Pietra, 60 x 30 x 30.
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Piuma. Marmo bianco di Carrara, marmo nero del Belgio e paglia. 120 x 40 x 50. 49
Senza titolo. Pietra e ferro, 270 x 90 x 20 cm
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Monolite in memoria di Don Francesco Cassol. Pietra calcarea di Minervino, 300 x 200 x 70 cm
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Messaggio dal Mare. Pietra e carbone, 50 x 50 x 30 cm Nella pagina a fronte: Parole di pietra. Formelle in pietra, 20 x 20 cm 53
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Fossile contemporaneo. Blocco di mazzaro, 250 x 130 x 130 cm 55
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Non sento. Blocco di calcare, 300 x 140 x 80 cm 57
Divano in pietra. Monoblocco in pietra calcarea in basso: Seduta caveosa. Blocco di mazzaro e corde
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Architettura sonora. Stele di pietra e canne, 600 x 450 x 350 cm
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Pecora fotovoltaica. 60
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Pecora poltrona. Pietra calcarea, 150 x 80 x 60 cm 61
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CONCLUSIONE
Attraverso questo essenziale percorso, grazie al quale si è giunti ad una maggiore conoscenza della struttura dei materiali lapidei , delle tecniche di estrazione degli stessi e della modalità di lavorazione (con un elenco dettagliato circa gli “attrezzi del mestiere”), risulta evidente che l’impiego della pietra ricopra svariati ambiti di applicazione, dalla scultura, all’architettura urbana, all’arredo; dalla creazione di piccoli oggetti di uso quotidiano alla creazione di grandi opere commemorative e monumentali. Lo studio tecnico-teorico circa la metamorfosi di tale materiale ben si coniuga con un meticoloso studio concettuale e intellettuale, che coinvolge continuamente le tematiche del riconoscimento del proprio territorio, dell’origine della materia, della sua estrapolazione e manipolazione.
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