Vivere con la fabbrica

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La Regione Puglia ha deciso di fare scelte coraggiose, non più procrastinabili: unica, in Italia, si dota di una Legge che stabilisce dei limiti precisi alle emissioni tossiche degli impianti industriali e, ignorando quelli altissimi

VIVERE CON LA FABBRICA

alle normative della maggior parte dei paesi industrializzati. Una Legge per affermare che il diritto alla salute e i diritti dell’ambiente non possono più essere contrapposti al diritto al lavoro e che anzi, lavoro e ambiente, devono essere considerati come unico paradigma di un modello di sviluppo lungimirante e di qualità.

www.nodiossine.puglia.it

VIVERE CON LA FABBRICA

consentiti dalle normative italiane, si allinea, finalmente,

La Legge regionale per limitare le emissioni di diossine e furani e per restituire a Taranto e alla Puglia una prospettiva di lavoro, nel rispetto della salute e dell’ambiente.



VIVERE CON LA FABBRICA


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Indice 5

Siamo partiti dai bambini

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Lettera aperta del Presidente della Regione Puglia al Presidente del Consiglio dei Ministri

13 Restituire a Taranto e alla Puglia nuove prospettive di lavoro rispettando la salute e l'ambiente

33 Conoscere per operare scelte consapevoli

55 Dentro la fabbrica

95 Quale futuro per Taranto e per la Puglia? Quattro casi di studio.

16 Le emissioni di diossine dei principali stabilimenti industriali in Italia

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Inquinanti dell’aria: le quantità prodotte nell’area industriale di Taranto in rapporto al totale prodotto in Italia

57 24 ore nella più grande acciaieria d'Europa. Fotoreportage di Angelo Pergolini e Pigi Cipelli

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Inquinanti dell’acqua: le quantità prodotte dall’area industriale di Taranto in rapporto al totale prodotto in Italia

90 Vivere e morire nell’Ilva di Taranto

99 2. Ilva di Cornigliano (Genova). Lo smantellamento del ciclo a caldo e la riconversione del siderurgico.

17 La Legge regionale sulle emissioni di diossine e furani per affermare un nuovo modello di sviluppo 19 La legislazione europea: il Protocollo di Aarhus 20

Raffronto dei limiti alle emissioni di diossine e furani degli stabilimenti industriali in alcuni paesi industrializzati

21 La legislazione nazionale 22 Riferimenti normativi e procedure autorizzative ambientali per gli impianti industriali 23 La legge regionale anti-diossina 26 Diossine e furani immessi in atmosfera in Italia e dall’Ilva di Taranto dal 2002 al 2006 27

Emissioni di diossine del camino E312 dello stabilimento Ilva di Taranto misurate nelle ultime tre campagne di rilevazione

27 Valori limite alle emissioni di diossine previsti in Puglia dalla Legge Regionale anti-diossine 28 Il testo della Legge della Regione Puglia n. 44 del 19 dicembre 2008 Sezioni Testi Dati e documenti

30

Protocollo integrativo dell'Accordo di Programma "Area industriale di Taranto e Statte" dell'11 aprile 2008 sottoscritto a Roma il 19 febbraio 2009

37 Il primato di Taranto nel raffronto con le 30 provincie italiane più rilevati per emissioni inquinanti 38

Catena dell’esposizione alle diossine per l’uomo e ripartizione percentuale delle fonti di assunzione media giornaliera

39

Le evidenze scientifiche accertate degli effetti sulla salute umana dei principali inquinanti e variazione % del tasso di incidenza dei tumori nella popolazione maschile nella città di Taranto rispetto alla provincia

40 L’ambientalizzazione dello stabilimento Ilva di Taranto 42 L’occupazione all’Ilva di Taranto. La più grande fabbrica italiana per numero di dipendenti diretti 44 Taranto periferia dell'area industriale 46 Gli interventi strategici in programma per Taranto 47

Principali programmi di riqualificazione urbana per la città di Taranto e i relativi finanziamenti pubblici

48 Breve cronistoria dell'industrializzazione a Taranto

1. Il siderurgico Lucchini (ex Servola) a Trieste. L’adeguamento al protocollo di Aarhus dello stabilimento

101 3. Il siderurgico VoestAlpine di Linz. Rispetto dell'ambiente e della salute dei lavoratori in una fabbrica competitiva che sostiene anche il rilancio culturale del territorio. 105 4. La rinaturalizzazione del bacino siderurgico e minerario della Ruhr e la costruzione partecipata del più grande parco paesaggistico d’Europa


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Siamo partiti dai bambini

Siamo partiti dai bambini, dalle loro lettere, dai loro disegni, dai loro sogni, ma anche dai loro incubi.

I bambini di Taranto ci hanno raccontato il dolore della convivenza con una grande fabbrica dai cui camini viene sputata ogni giorno, ogni ora, una valanga di veleni.

Ci hanno raccontato la paura e la bruttezza.

Hanno evocato la scena di una assenza dolente: assenza di bellezza. Ovvero povertĂ di qualitĂ ambientale. Ma anche malattia e morte.

I bambini di Taranto ci hanno chiesto di fare sul serio,

di afferrare per le corna un veleno cattivo come la diossina. Ci hanno chiesto di respirare il profumo della speranza.

Nichi Vendola

Disegni sono tratti dalla pubblicazione Sognando nuvole bianche. I bambini di Taranto contro l'inquinamento della cittĂ . A cura della Presidenza della Giunta Regionale della Puglia, giugno 2008

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“Le scriviamo perché speriamo che Lei sia uno di quei pochi adulti che ascoltano i bambini. Siamo molto preoccupati per la nostra salute perché abbiamo letto sui giornali che ci sono tarantini di 8 anni che hanno polmoni malati come

persone di 70 anni che hanno fumato tre pacchetti di sigarette al giorno da

quando erano ragazzini. Fra di noi ci sono compagni che soffrono di allergia, asma e di altri problemi respiratori. Il nostro mare è considerato uno dei più

belli d’Italia, ma non tutti sanno che per fare i bagni in estate siamo costretti a percorrere tanti chilometri nel traffico per raggiungere una spiaggia, dove

l’acqua è sporca a causa delle numerose ville costruite a pochi metri dal mare

che vi scaricano rifiuti. Il cielo di Taranto di notte non è splendente, perché i fumi delle fabbriche lo ricoprono con tanto fumo grigio che nasconde le stelle. I nostri

nonni ci raccontano che quando andavano al mare a piedi e facevano i bagni nel Mar Piccolo e dei cieli stellati della loro infanzia. Noi facciamo fatica perfino ad

immaginarli. Sappiamo che uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento di Taranto è l’ILVA. Noi non desideriamo che la fabbrica chiuda perché molti nostri papà vi lavorano per mantenere le famiglie. Le chiediamo però: cosa dobbiamo scegliere tra salute e lavoro? Non sono tutti e due diritti garantiti dalla nostra costituzione?

Perché le fabbriche non possono utilizzare impianti di depurazione per offrire lavoro e salute? Vorremmo mangiare le nostre cozze crude, ma senza correre il rischio di ammalarci come facevano i nostri nonni. Siamo sicuri che lei ci

risponderà e, perciò, le chiediamo anche di dotare la nostra scuola di contenitori interni per consentire la raccolta differenziata dei rifiuti e dei cassonetti esterni

per poterli svuotare. Vedrà quanta carta un’intera scuola consumerà in un’anno scolastico”.

Gli alunni della 5a D della Scuola Elementare "Rodari" di Taranto

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“Come i miei compagni le scrivo per farle capire quanto siamo preoccupati per la nostra amata città. Soffriamo quando nei telegiornali Taranto viene ricordata

come una delle città più inquinate d’Europa. So che lei può fare qualcosa e quindi intervenga in questo problema”.

Gianmarco

“Io so che tanta gente si sta ammalando e sono preoccupato non solo per me,

ma anche per la mia famiglia. Ci dicono sempre che i bambini sono la felicità,

che amano giocare spensierati, ma forse stiamo diventando tristi come le nuvole grigie della mia città”.

Mirko

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“Caro signor Vendola sono un bambino che vive in provincia di Taranto. Io vivo a Massafra e anche Massafra è vicina all’ILVA.

Io ho capito che l’ILVA fa mangiare le famiglie però non è giusto che per mangiare si deve rischiare di morire. Voi avete la possibilità di aiutarci e richiamare quelle persone che devono togliere il problema, e non lo hanno ancora fatto”.

Gianni

“Sono un ragazzino di 10 anni e mi chiamo Renato. Sono orfano di padre e per colpa di un tumore ha perso da poco il nonno.

Qui a Taranto, dove vivo per colpa dell’ILVA ogni anno muoiono di tumore

moltissime persone, sugli oggetti c’è una polvere argentea e il mare è inquinato e

si sente puzza di smog: so anche che molte famiglie sono alimentate dall’ILVA, ma rimango fermo sulle mie idee, perché è immondo che siamo la città con il più alto tasso di tumori! Perciò chiedo aiuto”.

Renato

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“A te che comandi le fabbriche è scritta questa mia lettera. Tutta Taranto è

circondata dall’inquinamento, l’acqua dei fiumi e dei mari è stata avvelenata, non ci sono più tanti alberi nei boschi e i pesci muoiono in continuazione.

Ti prego di pulire e riordinare tutta la città e cacciare tutti i delinquenti che sporcano e distruggono il verde dei boschi.

Taranto, ormai è una sporcizia, anche se pulire sarà molto faticoso, fallo lo stesso”.

Patrik

“Il primo alimento che ho conosciuto è stato il latte, prima quello della mamma e poi quello della mucca.

Ma adesso mi proibiscono di berlo perché adesso c’è la diossina”.

Rebecca

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una speranza di futuro.

per ridurre l’inquinamento, per far respirare la gente e dare

Il tutto per modificare in concreto le condizioni ambientali,

(autorizzazione integrata ambientale).

Ministero dell’Ambiente ha indirizzato le procedure di aia

Ilva e tutte le parti sociali, un accordo di programma con il

È stato sottoscritto un protocollo di intesa che ha coinvolto

ragioni della salute e quelle del lavoro.

modificare, per riequilibrare, per provare a coniugare le

In questo contesto la Regione Puglia è intervenuta per

una città allo stremo.

(e contrastata) come se fosse un colpo di grazia alla tempia di

oggi qualsiasi tipo di attività e di impresa viene considerata

dono). Talmente alta è la soglia di allarme fra i cittadini che

libro che Le invio come un promemoria oltre che come un

mi inviano. (Lettere e disegni che ho voluto raccogliere in un

nelle lettere e nei disegni che i bambini tarantini ogni giorno

aprire le finestre: queste sono le immagini che compaiono

lo sfregio di interi quartieri condannati a vivere senza poter

Inquinamento, malattie tumorali, distruzione del territorio,

attese e le speranze di una intera comunità.

simbolo e vita della città - sembra essersi rovesciata contro le

grande fabbrica che doveva essere il suo polmone produttivo,

Taranto è una città splendida ma sofferente. La fabbrica - la

Caro Presidente del Consiglio,


Nichi Vendola

In attesa di un gentile riscontro, La saluto cordialmente.

che Le rinnovo per conto di tutti i pugliesi.

E’ la stessa richiesta che ho avanzato al precedente Governo e

tutto.

che stabilisce un limite così alto a questo veleno che vi rientra

ecco perchè Le chiedo di aiutarci cambiando quella norma

spalmare in 5 anni una riduzione significativa delle diossine,

interventi efficaci, ecco perché non possiamo accontentarci di

Ecco perché la Regione intende chiedere ed ottenere da Ilva

scelte coraggiose, scelte non più procrastinabili, scelte di vita.

velatamente, il ricorso al ricatto occupazionale. Occorre fare

spasmodiche attese della città minacciando, sia pure

siderurgico. E quel management non può replicare alle

ambientalizzazione delle strutture produttive del colosso

con realismo e rispetto l’obiettivo di una radicale

più. Il management dell’Ilva sa che abbiamo perseguito

segnati su un calendario troppo lungo. La città non ne può

neanche continuare così, con piccoli miglioramenti

A Taranto questo non è possibile ma non è possibile

e riscoperto il colore del cielo.

fabbrica ed hanno visto repentinamente cambiare la loro vita

Altre città, come Genova, si sono semplicemente liberate della

emissioni in atmosfera, ma tutto questo non basta.

sulle diossine per ridurne la carica distruttiva, migliorate le

ridotto il cumulo di olivina, applicata una sperimentazione

stato rimosso l’amianto, dismesse le apparecchiature al PCB,

realizzati, un’altra sessantina sono in corso o programmati, è

72 progetti di risanamento ambientale in Ilva sono stati già

Alcuni obiettivi sono stati raggiunti:

Lettera aperta del Presidente della Regione Puglia al Presidente del Consiglio dei Ministri 30 luglio 2008

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Restituire a Taranto e alla Puglia nuove prospettive di lavoro rispettando la salute e l'ambiente

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Le emissioni di diossine dei principali stabilimenti industriali in Italia Fonti dei dati: Ines, 2006 valori in grammi/anno

Tutti i dati presentati provengono solo da fonti ufficiali. Le principali sono: Il Registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) raccoglie i dati secondo quanto previsto dalla direttiva europea 96/61/CE, meglio nota come direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control). Essi sono il risultato di un approccio integrato alla gestione ambientale che coinvolge i governi, le industrie e il pubblico e dà la possibilità a quest'ultimo di esercitare il proprio diritto di accesso ad informazioni ambientali in maniera semplice anche attraverso la consultazione online (www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/). Il registro contiene informazioni su emissioni in aria ed acqua di specifici inquinanti provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti di grossa capacità presenti sul territorio nazionale. Le informazioni vengono raccolte annualmente con la Dichiarazione INES sulla base dei criteri stabiliti dal D.M. 23.11.2001. In sintesi tali criteri, che comprendono una lista di inquinanti con un valore soglia di emissione, stabiliscono che ciascun stabilimento dichiara l’emissione di un inquinante solo se superiore al corrispondente valore soglia. Il Registro EPER (European Pollutant Emission Register) analogamente al Registro INES, contiene informazioni provenienti dai principali settori produttivi e da stabilimenti generalmente di grossa capacità presenti nei paesi membri della comunità europea e in altri paesi aderenti all'iniziativa. L'aggiornamento delle informazioni è triennale. L'anno di riferimento delle informazioni contenute nel Registro EPER è, attualmente, il 2000 o 2001 o 2002 e il 2004. Le informazioni relative all'Italia attualmente disponibili sono riferite al 2002 e al 2004. Anche il registro EPER è consultabile online (http://www.eper.ec.europa.eu/eper/). Dal 2009 sarà disponibile il Registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register) previsto dal Protocollo di Aahrus che sostituirà l’attuale Registro EPER, secondo quanto previsto dal recente Regolamento 166/2006/CE. Il nuovo registro amplierà i contenuti informativi, rendendoli sempre più accesssibili al pubblico. Il primo anno di riferimento sarà il 2007.

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1,2

1,2

Dalmine spa Dalmine (Bergamo)

Silea spa Valmadrera (Lecco)

1,9

Profilatinave spa Brescia

3,7

Centrale Termoelettrica Monfalcone (Gorizia)

91,5 Ilva spa Taranto


La Legge regionale sulle emissioni di diossine e furani per affermare un nuovo modello di sviluppo

B Elaborazione su dati Eper 2004, http://eper.eea.europa.eu.

Il Governo Regionale di Puglia, dal suo insediamento, ha sempre posto al centro del proprio operato la tutela dell’ambiente, la salvaguardia del territorio e dei suoi 800 km di costa, il miglioramento della qualità dell’aria, il risanamento dei siti inquinati, la gestione ottimale dei rifiuti, lo sviluppo e la compatibilità ambientale. La qualità dell’aria assume una grande rilevanza per gli impatti che essa ha sull’ambiente e, quindi, sulla salute dei cittadini. Nel territorio regionale numerosi impianti industriali emettono in atmosfera grandi quantitativi di sostanze nocive. L’Ilva di Taranto contribuisce in maniera significativa alle emissioni nazionali di furani, diossina e di altre sostanze inquinanti: emette il 92% della diossina industriale italiana stimata e inventariata nel registro ines prodotta in Italia e l’6,9% di quella europeaB. La Regione Puglia è intervenuta per modificare, per riequilibrare, per provare a coniugare le ragioni della salute e quelle del lavoro della città di Taranto e della regione intera. È stato sottoscritto un protocollo di intesa che ha coinvolto Ilva e tutte le parti sociali e un accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente ha indirizzato le procedure di aia (autorizzazione integrata ambientale). Il tutto per modificare in concreto le condizioni ambientali, per ridurre 19


C Bifenili policlorati.

D Policlorodibenzodiossina/policlorodibenzofurano. E L’urea esercita una funzione inibitrice dei metalli (rame e ferro)

che catalizzano la reazione di formazione delle diossine riducendone il potere catalitico ossigenante e clorurante; la sua natura alcalina tende inoltre a neutralizzare l’acidità di SO2 e HCl nella formazione delle diossine.

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l’inquinamento, per non far ammalare la gente e dare una speranza di futuro. Alcuni obiettivi sono stati raggiunti: 72 progetti di risanamento ambientale in Ilva sono stati già realizzati, un’altra sessantina sono in corso o programmati, è stato rimosso l’amianto, dismesse le apparecchiature al PCBC, ridotto il cumulo di olivina, applicata una sperimentazione sulle diossine per ridurne la carica distruttiva, migliorate le emissioni in atmosfera. Il 15 luglio 2008 l’Arpa Puglia, dopo aver effettuato le rilevazioni della qualità dell’aria, ha evidenziato la necessità di definire i limiti alle emissioni degli impianti industriali dell’area e in particolare di quelli contenenti sostanze cancerogene e bioaccumulabili e la necessità di portare le emissioni di pcdd+pcdfD nei fumi dell’impianto di agglomerazione ai livelli più bassi ottenibili riportati in letteratura (0,4 ngTEQ). Dalle rilevazioni emerge che l’Ilva, pur nelle soglie consentite dalla legislazione nazionale, emette quantità rilevanti di diossina che potrebbero essere drasticamente ridotte con l’adozione di tecnologie innovative. I risultati parlano di emissioni di diossina che oscillano dai 2.4 agli 8.1 nanogrammi; valori più bassi sono stati ottenuti per i giorni in cui si è sperimentata la cosiddetta “tecnica urea”E. La grande fabbrica che doveva essere il centro produttivo di Taranto, simbolo e vita della città, si è rovesciata contro le attese e le speranze di una intera comunità. In Europa sono in vigore norme rigide nel monitoraggio della qualità dell’aria e nella valutazione delle emissioni di diossina e altre sostanze inquinanti in atmosfera.


La legislazione europea: il Protocollo di Aarhus

F Le P-dibenzodiossine policlorurate e i p-dibenzofurani policlorurati, chiamate diossine.

In particolare il Protocollo di Aarhus costituisce una norma quadro di riferimento e nasce dall’esigenza di porre freno alla “circolazione degli inquinanti organici” con “un’azione a livello mondiale” nella consapevolezza “dell’esistenza di tecniche e pratiche in grado di ridurre le emissioni di inquinanti”. Il protocollo sugli inquinanti organici persistenti, compreso i pcdd/fF, è stato approvato dal Consiglio dell’Unione Europea con Decisione n. 259 del 19 febbraio 2004 e per l’adeguamento degli impianti dispone un lasso temporale di due anni per quelli fissi nuovi e di otto anni (estendibili) per le fonti fisse esistenti. Per il pcdd+pcdf nell’industria metallurgica indica come parametro di riferimento la riduzione delle emissioni fino a 0,2-0,4 nanogrammi per metro cubo ottenuta nell’impianto Airfine di Linz a fronte di “misurazioni effettuate presso gli impianti di sinterizzazione che hanno messo in evidenza emissioni comprese fra i 0,4 e 4”. In Europa e nel mondo sono operativi vari limiti: in Austria non si possono superare i 0,4 nanogrammi per metro cubo (ngTEQ/mD), in Belgio i 2,5 per gli impianti pre 1993 e 0,5 per quelli post 1993, in Germania i 0,4, lo stesso nei Paesi Bassi mentre in Giappone il limite consentito è di 1 e in Canada di 1,35. Nel complesso il range di valori tipici per impianti tradizionali indicato nelle BREF dell’Unione Europea (documento tecnico che indica le BAT) è riportato fra 0,5 e 5 ngTEQ/mD mentre gli impianti migliori (almeno i primi 10 sul totale) si attestano su valori compresi fra 0,1 e 0,5 e per le rilevazioni dell’emissione oraria, piuttosto che media-annua, è fra 0,8 e 6,7 mgTEQ/h. La posizione assunta dal legislatore nazionale appare estremamente contraddittoria, 21


Raffronto dei limiti alle emissioni di diossine e furani degli stabilimenti industriali in alcuni paesi industrializzati Valori in ngTEQ/NmD

Le unità di misura per i non addetti ai lavori mg milligrammo. La millesima parte del grammo. ng nanogrammo. Equivale a un miliardesimo di grammo. ng/mD nanogrammi per metrocubo. ng/h nanogrammi per ora.

Austria Belgio Germania Olanda

NmD normal metro cubo. È L'unità di misura impiegata per misurare la quantità di gas a condizioni normali. Per definizione è la quantità di gas necessaria ad occupare un metro cubo di volume a 0°C di temperatura e 1,01325 bar assoluti (pressione atmosferica sul livello del mare) di pressione.

0,4

TEQ tossicità equivalente. È una grandezza tossicologica che esprime la concentrazione di una sostanza nociva in termini di quantità equivalente a un composto standard. In pratica, la TEQ esprime il quantitativo di un tossico come concentrazione della sostanza di riferimento in grado di generare i medesimi effetti tossici. La TEQ è in relazione con l'effettiva concentrazione di una data sostanza tramite

0,5

0,4

0,4

Giappone

1

Canada Italia

1,35 Il limite delle emissioni di diossina in Italia è così alto che è come non esistesse.

Limiti previsti dalla Legge regionale della Puglia Puglia 22

il fattore di equivalenza tossica (TEF, toxic equivalency factor), parametro adimensionale che moltiplicato per la concentrazione effettiva fornisce la TEQ. Esemplificando, un grammo di sostanza A che è tossica il doppio di un'altra B, ha la stessa "tossicità equivalente" di due grammi di sostanza B. La tossicità equivalente è di comune utilizzo per quantificare le diossine e i composti correlati o assimilati (come i furani). Anche i limiti di legge moderni relativi alle emissioni di queste sostanze legate ad attività antropica utilizzano l'unità di misura espressa comunemente in ng/ NmD (nanogrammi su normal metro cubo) di tossicità equivalente alla tetracloro-dibenzop-diossina. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato 17 policloro-dibenzo-pdiossine/policloro-dibenzofurani e 12 policlorobifenili tossici assegnando loro un fattore di equivalenza tossica internazionale relativo alla tetracloro-dibenzo-p-diossina (TCDD), la più potente tra le diossine. Per questo le normative ambientali hanno progressivamente esteso i limiti secondo la tossicità equivalente e le rilevazioni delle emissioni tossiche secondo la norma UNI EN 1948-2006 considerano solo queste 17 sostanze e non tutte le 210 diossine tossiche e non tossiche, il che permette un diretto confronto della tossicità di emissioni diverse e quindi l'imposizione di limiti di legge efficaci.

0,4

dal 31 dicembre 2010

2,5 dal 30 giugno 2009


perché: da un lato recepisce il Protocollo di Aarhus con la legge 125/06, dall’altro non ne tiene conto nel contesto del D.lgs. 152/06, che disciplina i limiti delle diossine senza peraltro prevederne la parametrazione in base al criterio della tossicità equivalente (TEQ); infine, si allinea con le previsioni metodologiche e con i parametri prestazionali delineati dal Protocollo in relazione ad alcune specifiche tipologie di impianti e con leggi settoriali (come il D. Lgs. 133/2005). La legislazione nazionale

Di fatto, il Protocollo nel nostro Paese non viene rispettato specie per la parte delle strategie, politiche, programmi, misure e informazioni. L’art. 2 della legge 125/06 prevede l’operatività del Protocollo a partire dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 18 del Protocollo stesso. Pertanto il Protocollo in questione è divenuto operativo “il novantesimo giorno successivo alla data di deposito del sedicesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione presso il Depositario”. Il 21 settembre 2007, con una lettera pubblica al Ministro dell’Ambiente, il Presidente della Regione evidenziava la necessità di un intervento nazionale invocando una “rapida definizione dei nuovi livelli autorizzativi in sede aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) sì da risolvere il

Occorrerebbero molte pagine per rappresentarlo correttamente. – – Y problema legato alla condizione del limite fissato dal D.lgs. 152/2006” e consentire il confronto fra valori omogenei dei congeneri ancora oggi impraticabile per “l’impossibilità di raffrontare il valore della 23


Riferimenti normativi e procedure autorizzative ambientali per gli impianti industriali Per l' area industriale di Taranto è stato stipulato l'11 aprile del 2008 un Accordo di Programma per il rilascio dell'AIA tra i soggetti istituzionali e i gestori degli impianti industriali dell'area (Edison, Eni, Cementir, Enipower, Ilva, Sanac, AMIU). I tempi per il rilascio dell'AIA, salvo deroghe, sono stabiliti in 300 giorni dalla data della stipula dell'accordo.

L'IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) è una nuova strategia, comune a tutta l’Unione Europea, per aumentare le “prestazioni ambientali” dei complessi industriali soggetti ad autorizzazione.

Direttiva IPPC dell'Unione Europea I principi generali alla base dell'IPPC sono: • prevenire l’inquinamento utilizzando le migliori tecniche disponibili; • evitare fenomeni di inquinamento; • evitare la produzione di rifiuti o, ove ciò non sia possibile, favorirne il recupero o l’eliminazione; • favorire un utilizzo efficace dell’energia; • organizzare il monitoraggio; • prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze; • favorire il ripristino dei siti dopo la cessazione definitiva dell’attività.

24

Decreto Legislativo 59/2005 In Italia l'IPPC è stata recepita attraverso il Decreto Legislativo n. 59 del 18/02/2005 che stabilisce le misure per evitare o ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese quelle relative ai rifiuti prodotte dalle attività industriali che operano nei seguenti settori: • attività energetiche; • produzione e trasformazione dei metalli; • industria dei prodotti minerari; • industria chimica; • gestione dei rifiuti; • altre attività (cartiere, allevamenti, macelli, industrie alimentari, concerie...).

Accordo di Programma per Taranto 11.04.2008 L'accordo prevede la partecipazione all'iter autorizzativo anche di soggetti portatori di interessi collettivi (associazioni ambientaliste, organizzazioni sindacali, ecc...). In Puglia sono stimati ricadere negli ambiti di applicazione del decreto circa 160 impianti di cui 14 di competenza ministeriale. L'Accordo è stato integrato con un Protocollo d'intesa sottoscritto il 19 febbraio 2009 fra tutti i soggetti coinvolti (vedi testo integrale a pagina 30).

Le BAT (Best Available Techniques) sono le migliori tecniche disponibili per lo sviluppo di attività e dei relativi metodi di esercizio. Indicano l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire e i limiti di emissione per evitare o ridurre le emissioni e l'impatto sull'ambiente.

Il Protocollo di Aarhus è stato adottato nel 1998 ed è stato ratificato finora da 41 paesi europei. Garantisce i cittadini per l’accesso alle informazioni ambientali e ne favorisce la partecipazione alle decisioni ed estende le condizioni per l’accesso alla giustizia.

Adeguamento alle BAT

Protocollo di Aarhus

Rilascio AIA

Legge regionale anti-diossine 44/2008

Il Decreto n. 59/05 disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’AIA Autorizzazione Integrata Ambientale che autorizza l'esercizio di un impianto imponendo misure tali da evitare o ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo. L'AIA sostituisce di fatto ogni altra autorizzazione, e attribuisce le funzioni di controllo degli impianti di competenza statale all’ ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale),mentre, per quelli di competenza regionale, tali funzioni sono affidate alle ARPA (Agenzie Regionali Per l'Ambiente).

La Legge regionale “anti-diossine” , approvata il 16 dicembre 2008 dal Consiglio Regionale della Puglia, prescrive, per la prima volta, dei limiti precisi alle emissioni in atmosfera degli impianti industriali di diossine, furani e altre sostanze inquinanti.


concentrazione totale dei 17 congeneri con il limite di legge del D.lgs. 152 che si riferisce invece a quella di tutti i 210 congeneri”. La lettera, successiva alla prima campagna di rilevazione Arpa, evidenziava la situazione di criticità di un impianto che “sulla base delle stime eper/ ines produce più del 90% del totale delle emissioni di diossine degli impianti italiani” ed evidenziava come “il contesto normativo europeo, pur essendo piuttosto variegato, include Paesi che hanno adottato valori molto conservativi” ribadendo che “il rilancio industriale del più grande stabilimento siderurgico d’Europa non può non passare attraverso un radicale abbattimento delle emissioni inquinanti”. Il Ministro ha risposto affermativamente. La Legge regionale “anti-diossina”

G Comunemente chiamate diossine.

Il 16 dicembre 2008 è stata approvata dal Consiglio Regionale della Puglia la Legge anti-diossina che riduce il tetto previsto dalla legislazione nazionale alle emissioni di diossina, adottando i criteri previsti dal “Protocollo di Aarhus”, approvato dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2004 e applicato da 16 paesi dell’Unione ma non dall’Italia. La Legge pugliese impone che tutti gli impianti in esercizio a partire dal 1 aprile 2009, poi modificato al 30 giugno, non potranno superare la soglia di 2,5 nanogrammi per metrocubo di policlorodibenzodiossina e policlorodibenzofuraniG ; calcolati su base annuale secondo una specifica procedura indicata da un Protocollo d'Intesa sottoscritto successivamente all'approvazione della Legge regionale. Dal 31 dicembre 2010 la soglia di emissioni di pcdd+pcdf non potrà superare gli 0,4 nanogrammi per metrocubo, quanto previsto dal 25


Protocollo europeo per tutti gli impianti di nuova realizzazione. La legge affida i compiti di vigilanza e controllo all’Arpa. Entro 60 giorni dall’approvazione della legge l'Ilva, a proprie spese, dovrà presentare all’Arpa un piano di campionamento dei gas di scarico. L’elaborazione del piano di campionamento e la validazione dello stesso da parte di Arpa Puglia è un adempimento essenziale per il conseguimento delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione ed attivazione di nuovi impianti. In caso di superamento dei limiti previsti, l’Arpa Puglia provvederà a darne immediata comunicazione all’Assessorato all’Ecologia della Regione Puglia, che diffiderà il Gestore dell’impianto a rientrare, entro 60 giorni, nei limiti previsti. Se questo non dovesse accadere il Gestore dovrà arrestare immediatamente l’esercizio dell’impianto, dandone comunicazione alla Regione Puglia, Servizi Ecologia e Sanità, alla Provincia territorialmente competente, all’Arpa ed alla Ausl. Le modalità di riattivazione saranno definite in un’apposita Conferenza di Servizi solo dopo l’individuazione e rimozione delle cause che hanno determinato il superamento dei valori limite. La Legge è stata integrata con un successivo Protocollo di Intesa sottoscritto il 19 febbraio 2008 fra Governo nazionale, Regione Puglia, istituzioni locali, Ilva e parti sociali, finalizzato a meglio consentire la possibilità di adeguamento dello stabilimento tarantino alla norma.

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La Regione Puglia ha deciso di fare scelte coraggiose, non piÚ procrastinabili: unica, in Italia, si dota di una Legge che stabilisce dei limiti precisi alle emissioni tossiche degli impianti industriali e, ignorando quelli altissimi consentiti dalle normative italiane, si allinea, finalmente, alle normative della maggior parte dei paesi industrializzati. Una Legge per affermare che il diritto alla salute e i diritti dell’ambiente non possono piÚ essere contrapposti al diritto al lavoro e che anzi, lavoro e ambiente, devono essere considerati come unico paradigma di un modello di sviluppo lungimirante e di qualità .

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222,5

Diossine e furani immessi in atmosfera in Italia e dall’Ilva di Taranto dal 2002 al 2006

Arpa Puglia (Agenzia Regionale per la Protezione ambientale della Puglia) è l’organo tecnico della Regione preposto all’esercizio di attività e compiti in materia di prevenzione e tutela ambientale. Per la prima volta, nella storia dello stabilimento siderurgico di Taranto, Arpa Puglia ha effettuato tre campagne di rilevamento dei fumi dal camino E312 (giugno 2007, febbraio e giugno 2008), fornendo dati non più stimati ma derivanti da misurazioni. I dati rilevati sono stati calcolati in termini di Tossicità Equivalente (TEQ) , allineandosi, così, al sistema di riferimento adottato a livello internazionale. (www.arpa.puglia.it).

Fonte: inventario nazionale Ines valori in grammi/anno

Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) è l'ente di supporto tecnico del Ministero dell'Ambiente che accorperà tre istituti Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici), Icram (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare ) e Infs (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) Attualmente sono in via di definizione gli organi di amministrazione e controllo, la sede, le modalità di costituzione e funzionamento, le procedure per la definizione e l’attuazione dei programmi per l’assunzione e l’utilizzo del personale, nonché per l’erogazione delle risorse.

106,9

103,0

Italia

92,1 93,0

71,4

2002

73,4

2003

99,5

Ilva Taranto

91,5

76,2

2004

2005

2006

2007


Fonte: Arpa Puglia valori in ngTEQ/NmD

4,9 4,4

Trattamento con urea

8,3

3,4

Valori limite alle emissioni di diossine previsti in Puglia dalla Legge Regionale anti-diossine

Valore limite normativa Italia

La Legge regionale "anti-diossina" n. 44/2008 , denominata anti-diossina, prescrive, per la prima volta, dei limiti precisi per gli impianti industriali alle emissioni in atmosfera di diossine, furani. La legge è stata approvata il 16 dicembre 2008 dal Consiglio regionale della Puglia con l'astenzione dell'opposizione di centrodestra ad eccezione di tre consiglieri che hanno sostenuto la maggioranza per l'appovazione del provvedimento. Un solo consigliere di opposizione ha abbandonato l'aula al momento del voto. (Il testo integrale della legge a pagina 28 e 29)

valori in ngTEQ/NmD

Approvazione Legge regionale anti-diossina

Emissioni di diossine del camino E312 dello stabilimento Ilva di Taranto misurate nelle ultime tre campagne di rilevazione

In seguito al forte dibattito seguito all'approvazione della Legge e in vista della sua prima fase di applicazione (1 aprile 2009) è stato siglato a Roma, il 19 febbraio 2009, un Protocollo d'intesa tra tutti i soggetti coinvolti che rinvia di tre mesi (30 giugno 2009) l'entrata in vigore della prima fase della Legge regionale 'antidiossina' lasciandone, di fatto, inalterati i principi di fondo. Vengono stabiliti, nella prima fase, precisi criteri e modalità di monitoraggio delle emissioni e riaffermata la sostenibilità del limite di 0,4 ng I-TEQ/Nm3 come obiettivo da raggiungere entro il 2010 mediante l'adozione delle migliori tecniche disponibili che dovranno essere indicate da uno studio di fattibilità proposto dall'Ilva (entro il 30 dicembre 2009) supportata da ISPRA e Arpa Puglia. (Il testo integrale del Protocollo a pagina 30 e 31)

Valore limite transitorio dal 30 giugno 2009 (data modificata dal Protocollo d’intesa siglato il 19 febbraio 2009)

2,4

2,5

2008

Valore limite dal 31 dicembre 2010

30 giugno

16 dicembre

23-26 giugno

26-27 febbraio

12-16 giugno

1,9

2009

0,4

2010

2011

2012


30

Articolo 2. Valori limite di emissione nell’atmosfera 1. In attuazione di quanto previsto dal protocollo di Aarhus, ratificato e reso esecutivo dalla legge 6 marzo 2006, n. 125, tutti gli impianti di cui all’articolo 1 di nuova realizzazione devono adeguarsi ai valori limite ottenibili con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili. In particolare, in fase di esercizio, non devono essere superati i seguenti valori limite di emissione per i gas di scarico:

Articolo 1. Campo di applicazione e Definizioni. 1. Le presenti norme, nel rispetto del comma 2 dell’articolo 2 e del comma 1 dell’articolo 10 dello Statuto della Regione Puglia, si applicano ai processi termici dell’industria metallurgica del solo settore relativo ai punti 2.1, 2.2 e 2.5 dell’allegato 1 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), sviluppati all’interno di impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi del medesimo d.lgs. 59/2005 che sono una fonte di emissioni di policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF), quali: a) industria primaria del ferro e dell’acciaio; b) industria secondaria del ferro e dell’acciaio; c) industria primaria e secondaria dei metalli non ferrosi. 2. Ai fini delle presenti norme si intende per: a) “tutela del territorio”: la tutela degli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani, comprendendo i paesaggi terrestri, le acque interne e marine i cui caratteri derivano dall’azione di fattori naturali e umani e dalle loro interrelazioni; b) “tutela della salute e dell’ambiente”: la tutela della salubrità ambientale, individuata, nel rispetto delle parti prima e seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come modificate dall’articolo 1 del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, come prioritaria nell’adozione di forme di tutela giuridica più restrittive ovvero di limiti più restrittivi di emissione in atmosfera di PCDD e PCDF, al fine di prevenire ed evitare un pericolo grave, immediato o differito, per la salute degli esseri viventi e per il territorio; c) “emissione”: la diffusione diretta o indiretta nell’aria di sostanze da fonti localizzate o diffuse nell’impianto; d) “valore limite di emissione”: la massa, espressa in termini di parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un’emissione, che non può essere superata nell’unità di volume ovvero in uno o più intervalli di tempo; e) “PCDD e PCDF”: tutte le dibenzodiossine e i dibenzo-furani policlorurati di cui all’articolo 4; f) “tossicità equivalente” (TEQ): la tossicità equivalente, alla 2, 3, 7, 8, tetracloroparadibenzodiossina, calcolata come illustrato all’articolo 4.

Norma a tutela della salute e dell’ambiente: limiti alle emissioni in atmosfera di policlorodibenzodiossina, policlorodibenzofurani.

La Regione Puglia, prima in Italia, a dotarsi di una legge che fissa limiti precisi alle emissioni di diossine e furani degli impianti industiali.


Articolo 4. Fattori di equivalenza per le dibenzodiossine e i dibenzofurani 1. La concentrazione TEQ va calcolata mediante i fattori di equivalenza tossica riportati al punto 4 dell’allegato 1 del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti).

Articolo 3. Vigilanza e Controllo 1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, i gestori di impianti di cui all’articolo 1, già esistenti e in esercizio, devono elaborare un piano per il campionamento in continuo dei gas di scarico e presentarlo all’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Puglia (ARPA Puglia) per la relativa validazione e definizione di idonea tempistica per l’adozione dello stesso. Gli oneri connessi all’esecuzione del predetto piano sono a totale carico dei soggetti gestori. Nell’ambito del piano l’ARPA Puglia provvede a effettuare verifiche a campione per valutare l’effettiva attuazione dei piani di campionamento e la relativa efficacia. Per tutti gli impianti di cui all’articolo 1 di nuova realizzazione, l’elaborazione del piano di campionamento e la validazione dello stesso da parte dell’ARPA Puglia è adempimento essenziale ai fini del conseguimento delle autorizzazioni necessarie per l’entrata in esercizio. 2. In caso di superamento dei limiti di cui all’articolo 2, valutato sulla base del protocollo di Aarhus, l’ARPA Puglia provvede a darne immediata comunicazione alla Regione Puglia – Assessorato all’ecologia, che diffida il gestore dell’impianto che abbia determinato tale superamento a rientrare, entro sessanta giorni, nei limiti previsti. Ove il gestore non adempia la diffida entro i termini assegnati, lo stesso è tenuto ad arrestare immediatamente l’esercizio dell’impianto, dandone comunicazione alla Regione Puglia, Servizi ecologia e sanità, alla provincia territorialmente competente, all’ARPA e all’azienda sanitaria locale (ASL). Le modalità di riattivazione sono definite in apposita conferenza di servizi solo a valle dell’individuazione e rimozione delle cause che hanno determinato il superamento dei valori limite.

a) Somma di PCDD e PCDF 0,4 nanogrammi TEQ su metro cubo (ngTEQ/NmD). 2. Tutti gli impianti già esistenti e in esercizio alla data di entrata in vigore della presente legge devono adeguarsi ai su citati valori limite valutati sulla base dei criteri indicati dal protocollo di Aarhus secondo il seguente calendario: a) a partire dal 1° aprile 2009: somma di PCDD e PCDF 2,5 ngTEQ/NmD; b) a partire dal 31 dicembre 2010: somma di PCDD e PCDF 0,4 ngTEQ/NmD. 3. I valori limite suddetti sono riferiti a un tenore di ossigeno, da determinarsi per lo specifico impianto. Tale tenore di ossigeno è fissato nel piano di campionamento di cui all’articolo 3.

Il testo della Legge della Regione Puglia “anti-diossina” n. 44 del 19 dicembre 2008

31


32

Articolo 2 l. In deroga a quanto previsto all'articolo 3 della Legge Regionale 19 dicembre 2008 n. 44, le parti convengono che,dopo la messa a regime dell'impianto urea, in corso di realizzazione presso l'ILVA di Taranto, verrà effettuato, da parte di ISPRA e di concerto con ARPA Puglia, e con oneri a carico del gestore, un monitoraggio delle emissioni di diossine. Detto monitoraggio avrà durata semestrale, con rilievi effettuati ai sensi della Norma UNI EN 1948:2006, ciascuna prova sarà articolata su tre misure effettuate in giorni consecutivi, con campionamenti di 8 ore ciascuna. Le prove saranno ripetute a settimane alterne. I dati rilevati costituiranno la banca dati utile alla verifica dell'effettivo comportamento dell'impianto, dell'efficienza, dei valori emissivi, nonché delle tecniche di ottimizzazione delle prestazioni ambientali

Articolo 1 1. La Regione Puglia si impegna ad emanare, entro e non oltre il 31 marzo 2009, una norma primaria che costituisca interpretazione autentica della Legge Regionale 19 dicembre 2008 n. 44, dal seguente contenuto: "L'articolo 2, comma 2, della Legge Regionale Puglia 19 dicembre 2008 n. 44 si interpreta nel senso che il valore di emissione, da confrontare con i valori limite al fine della verifica della conformità, è calcolato su base annuale ed è ricavato secondo la seguente procedura: - si dovranno effettuare almeno tre campagne di misura annuali; - ogni campagna sarà articolata su tre misure consecutive, con campionamento di 8 ore ciascuna; - il valore di emissione derivato da ciascuna campagna sarà ottenuto operando la media aritmetica dei valori misurati, previa sottrazione dell'incertezza pari al 35%; - ciascuna misura sarà riferita al tenore di ossigeno misurato; - il valore di emissione su base annuale sarà ottenuto operando la media aritmetica dei valori di emissione delle campagne di misura effettuate." 2. La Regione Puglia si impegna altresì a modificare i termini temporali per l'applicazione dei valori limite di cui all'articolo 2, comma 2, sub a) dal 1 aprile 2009 al 30 giugno 2009.

Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, il Ministero dell'Interno, il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, il Ministero per i Rapporti con le Regioni, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Puglia, la Provincia di Taranto, il Comune di Statte, il Comune di Taranto, ILVA s.p.a., ISPRA e ARPA Puglia convengono di integrare l'Accordo di Programma sottoscritto in Bari l'11 aprile 2008, con il seguente Protocollo.


Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Ministero dell'Interno Ministero della Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali Ministero per i Rapporti con le Regioni Ministero dello Sviluppo Economico Regione Puglia Provincia di Taranto Comune di Statte Comune di Taranto Ispra Arpa Puglia Ilva S.P.A. Cgil Cisl Uil Ugl

Articolo 3 l. L'ILVA si impegna a presentare al Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare e alla Regione Puglia, entro il 30 dicembre 2009, uno studio di fattibilità dell'adeguamento dello stabilimento di Taranto ai valori limite per i PCDD/F stabiliti all'articolo 2, comma 2, sub b) della Legge Regionale 19 dicembre 2008, n. 44. 2. ISPRA e ARPA Puglia si impegnano ad effettuare una ricognizione delle tecniche di abbattimento utilizzate negli stabilimenti con caratteristiche simili a quello dell'ILVA di Taranto situati in altri Paesi europei ed extraeuropei, delle prestazioni in termini di emissioni di PCDD/F conseguite attraverso l'impiego di tali tecniche e dei valori limite alle emissioni delle PCDD/F cui detti stabilimenti sono sottoposti. Tale ricognizione sarà corredata dalla descrizione delle caratteristiche degli impianti, da una valutazione in merito all'applicabilità allo stabilimento ILVA di Taranto delle migliori tecniche individuate e alla possibilità che, attraverso l'impiego di tali tecniche, lo stabilimento consegua, entro il 31 dicembre 20l0 il limite di 0,4 ngTEQ/NmD. 3. All'esito, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare e la Regione Puglia concordano di riconvocarsi con tutti i soggetti del tavolo tecnico per le opportune valutazioni di quanto scaturirà dai precedenti commi l e 2, e per le conseguenti iniziative. Roma, li 19 febbraio 2009

delle due linee esistenti anche al fine di valutare l'effettiva possibilità, sotto il profilo tecnico-scientifico, di rispettare i limiti posti dalla legge regionale ed individuare, se necessario, soluzioni anche dal punto di vista normativo.

Protocollo integrativo dell'Accordo di Programma Area industriale di Taranto e Statte dell'11 aprile 2008. Sottoscritto a Roma il 19 febbraio 2009.

33


34


Conoscere per operare scelte consapevoli

35


Inquinanti dell’aria: le quantità prodotte nell’area industriale di Taranto in rapporto al totale prodotto in Italia Fonte: Registro Ines 2006. Dati certificati dalle aziende con obbligo di Dichiarazione Ines.

96% Idrocarburi policiclici aromatici Italia 33.707 Ilva Taranto 32.240 (kg/anno)

49% Cadmio

Italia 745 Ilva Taranto 366 (kg/anno)

96% Diossine e furani

(PCDD)+(PCDF)

Italia 95,2 Ilva Taranto 91,5 (g/anno)

49% Benzene

Italia 475.031 Area ind. Taranto 237.308 Ilva Taranto 231.387 (kg/anno)

85% Ossido di carbonio Italia 635.650 Ilva Taranto 540.614 (mg/anno)

41% Cloro e composti inorganici Italia 2.217 Area ind. Taranto 938 Ilva Taranto 899 (mg/anno)

Italia % area industriale Taranto

% inquinante emesso dall’Ilva di Taranto

36

17% Ossidi di zolfo Italia 252.131 Area ind. Taranto 53.077 Ilva Taranto 43.533 (kg/anno)

14 % Policlorobifenili (PCB)

Italia 864 Area ind. Taranto 204 Ilva Taranto 119 (kg/anno)

14% Ossidi di azoto Italia 216.544 Area ind. Taranto 35.846 Ilva Taranto 29.716 (kg/anno)


85% Piombo

Italia 87.670 Area ind. Taranto 74.299 Ilva Taranto 73.891 (kg/anno)

39% Cromo

Italia 10.074 Area ind. Taranto 4.604 Ilva Taranto 3.960 (kg/anno)

7% Anidride carbonica

Italia 169.285.200 Area ind. Taranto 23.492.769 Ilva Taranto 11.495.654 (mg/anno)

68% Mercurio Italia 1.364 Ilva Taranto 2.385 (kg/anno)

30% Rame

Italia 6.141 Area ind. Taranto 2.236 Ilva Taranto 1.850 (kg/anno)

5% Composti organici volatili non metanici Italia 35.633 Area ind. Taranto 2.441 Ilva Taranto 1.775 (mg/anno)

63% PM

Italia 18.236 Area ind. Taranto 11.805 Ilva Taranto 11.462 (kg/anno)

21% Zinco

Italia 77.180 Area ind. Taranto 34.232 Ilva Taranto 16.473 (kg/anno)

2% Nichel

Italia 30.348 Area ind. Taranto 1.951 Ilva Taranto 559 (kg/anno)

50% Fluoro e composti inorganici Italia 1.038.563 Ilva Taranto 521.655 (kg/anno)

19% Acido cianidrico Italia 20.154 Ilva Taranto 3.850 (kg/anno)

2% Ammoniaca Italia 1.567 Ilva Taranto 33 (mg/anno)

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Inquinanti dell’acqua: le quantità prodotte dall’area industriale di Taranto in rapporto al totale prodotto in Italia Fonte: Registro Ines 2006. Dati certificati dalle aziende con obbligo di Dichiarazione Ines.

91% Idrocarburi policiclici aromatici

72% Cianuri

57% Cromo e composti

40% Zinco e composti

36% Mercurio e composti

27% Cadmio e composti

18% Arsenico e composti

18% Azoto

Italia 3.562 Ilva Taranto 3.241 (kg/anno)

Italia 36.401 Ilva Taranto 20.834 (kg/anno)

Italia 71.421 kg/anno Ilva Taranto 51.448 (kg/anno)

Italia 174.768 Ilva Taranto 69.132 (kg/anno)

62% Rame e composti Italia 20.938 Ilva Taranto 13.012 (kg/anno)

Italia 1.294 Ilva Taranto 464 (kg/anno)

Italia % area industriale Taranto

% inquinante emesso dall’Ilva di Taranto

38

Italia 1.387 Ilva Taranto 368 (kg/anno)

Italia 6.119 Ilva Taranto 1.116 (kg/anno)

Italia 13.772 Ilva Taranto 2.440 (mg/anno)


Idrocarburi policiclici aromatici

Diossine e furani Bari Bergamo Brescia Brindisi Cagliari Catania Cosenza

Il primato di Taranto nel raffronto con le 30 provincie italiane pi첫 rilevanti per emissioni inquinanti

Firenze Foggia Genova Lecce Livorno Milano Napoli Padova Palermo

Fonte: Inventario nazionale delle emissioni Ispra 2005

Pavia Reggio C. Roma Salerno

Taranto Terni Torino Treviso Trieste Udine Venezia Vercelli Verona 30.000

25.000

20.000

15.000

10.000

5.000

kg/anno

Vicenza

10

g/anno

20

30

40

50

60

g/anno

39


Catena dell’esposizione alle diossine per l’uomo e ripartizione percentuale delle fonti di assunzione media giornaliera

Assunzione media giornaliera

Inalazione 1%

Carni 31%

co

con ta

ne anim azio al in i m

te ian ep

o ione su lo naz i am nt a sul suolo ut ad ric

deri v

ati

Bovine

14%

Altre

6%

Suine

5%

Pollame

3%

Latte

derivati contaminati

ar c sc

contaminazione pesci e crostacei

26% 40

2%

Derivati del latte

42%

contaminazione animali e piante Diossine emesse da combustione di processi industriali on ta mi a ic nazione acqu hi dir et ti e indiretti

Oli vegetali

esposizione e assorbimento delle diossine

22%

16%

Uova

4%

Pesci e crostacei di acqua dolce

19%

Pesci e crostacei marini

7%

Inalazione

1%

Ingestione e contatto suolo

1%


Il Registro Tumori Jonico-Salentino ha avviato la raccolta dei dati a partire dall’anno 1999 e si prefigge di monitorare l'incidenza, la mortalità e la sopravvivenza ai tumori della popolazione residente nelle province di Taranto e Brindisi osservando le variazioni nel tempo di tali indicatori e utilizzando i risultati a scopo di ricerca e di comprensione dei fenomeni, in collaborazione con altri Registri ed istituzioni epidemiologiche regionali, nazionali ed internazionali. Il Registro si propone inoltre di rispondere all’allarme diffuso nella popolazione, nelle istituzioni, nei sindacati circa la percezione di una aumentata frequenza di tumori nelle province, in particolare per quelli correlati alla presenza dei poli industriali delle aree metropolitane dei rispettivi capoluoghi di provincia. Nel marzo 2006 è stata completata la raccolta di tutti i dati incidenti della provincia di Brindisi relativi al triennio 1999-2001 e dalla fine del 2006 sono disponibili anche quelli della provincia di Taranto. In entrambi i casi è possibile evidenziare un gradiente di rischio che aumenta man mano che ci si approssima alle aree industriali. Questi risultati presentano i limiti propri delle indagini di epidemiologia descrittiva, dovuti all’assenza di disponibilità di informazioni a livello individuale e, pertanto, non si prestano a testare ipotesi circa associazioni causali tra esposizioni ambientali e malattie. Tuttavia, i risultati emersi sono sufficientemente consistenti per suggerire la necessità di avviare studi analitici finalizzati a chiarire se ed in che misura l’inquinamento ambientale del passato abbia influenzato lo stato di salute della popolazione residente in quelle aree. Con Delibera di Giunta n. 1500/2008 la Regione Puglia ha istituito il Registro Regionale dei Tumori per estendere il monitoraggio a tutto il territorio regionale.

Le evidenze scientifiche accertate degli effetti sulla salute umana dei principali inquinanti

Cancerogenità degli inquinanti per l’uomo Classificazione IARC 1

Fonte: IARC - International Agency for Research on Cancer Diossine e furani (cogeneri 2, 3, 7, 8 paradibenzodiossina) Idrocarburi policiclici aromatici

Mercurio

Piombo

2b

2a

Cadmio 1

2a

Probabili

2b

Possibili

Cromo VI

INQUINANTI

1

Sicuri

1 Policlorobifenili

1

2a

+31%

+43%

Tutti i tumori

TUMORI

+35% Tumori al polmone

+55% Tumori alla vescica

+44% Tumori alla prostata

+110%

Sarcomi tessuti molli

Linfoma non Hodgkin

Variazione % del tasso di incidenza dei tumori nella popolazione maschile nella città di Taranto rispetto alla provincia Fonte: Registro Tumori Jonico-Salentino 1999-2001

Tumori epatobiliari

+43%

+X% I dati percentuali sono relativi alla variazione del tasso standardizzato di incidenza per 100.000 abitanti di sesso maschile per specifiche neoplasie che risultano in letteratura associate ad inquinamento ambientale.

41


L’ambientalizzazione dello stabilimento Ilva di Taranto

Adeguamento alle linee guida BAT dello stabilimento Ilva di Taranto: investimenti e cronoprogramma degli interventi Milioni di euro

Ripartizione degli investimenti sugli impianti dello stabilimento Ilva di Taranto Investimenti totali 2.399.000.000 c

22,8%

Investimenti totali in ambientalizzazione 547.000.000 c

12,2%

Investimenti adeguamento BAT 294.000.000 c Fonte: Ilva, Bilancio di sostenibilitĂ dello stabilimento di Taranto, Esercizio 2005. 42

Aree di intervento

115

Cokerie

57

Altoforno

42

Parchi minerari

37

Laminatoi a caldo

26

Agglomerato

10

Acciaieria

7

Tubificio

Fonte: Ilva, Piano di interventi per adeguamento dello stabilimento Ilva di Taranto alle linee guida BAT 2003

2004

2005

2006


X

Totale interventi realizzati

X

Totale interventi da realizzare

18

10

6

13 28

14

4 5

3 3

2 5

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015 43


L’occupazione all’Ilva di Taranto. La più grande fabbrica italiana per numero di dipendenti diretti

1.000

2.000

Fonte: Ilva, Bilancio di sostenibilità dello stabilimento di Taranto, Esercizio 2005.

3.000

13.346

Dipendenti diretti

4.000

3.136

dipendenti diretti

Addetti indotto

Distribuzione percentuale dei dipendenti per classi di età nello stabilimento Ilva di Taranto

0,6% meno di 20

38,4%

18,7%

26–30

21–25

20,1%

17,1%

41–50

31–40

5,0%

0,1%

51–60 oltre 60

classi di età 12.000

Andamento dell’occupazione nello stabilimento Italisder/Ilva di Taranto dal 1969 al 2006

13.000

13.046 7.041 1969 1971

44

13.346

11.796 Italsider 1980

Ilva - Gruppo Riva 1995

2006

addetti indotto

Fonte: F. Pirro, A. Guarini Grande industria e mezzogiorno, Bari 2008 21.785

1.000

2.000

3.000


5.000

6.000

7.000

8.000

9.000

10.000

11.000

13.346

3.136

45


Taranto periferia dell'area industriale

“Negli anni Sessanta il centro siderurgico Italsider venne realizzato proprio a ridosso della città. Fu progettato ‘alla

rovescia’. La zona di lavorazione ‘a caldo’ (la più inquinante)

fu costruita accanto al quartiere Tamburi per risparmiare sui nastri trasportatori che trasferiscono la materia prima dal

porto allo stabilimento. L'area ‘a freddo’ (la meno inquinante)

fu invece collocata nel punto più distante dalla città. Nell’area

“Alla notizia la città esultò. Fu scomodato persino un complesso bandistico che portò in ogni rione l’annuncio tanto atteso. La città cominciava finalmente a guardare al suo futuro con maggiore serenità. Chi alzò un dito allora per dire che il IV Centro Siderurgico stava per nascere proprio alle porte della città? […] Nessuno poteva farlo. Perché, allora, c’era fame di buste paga, di posti di lavoro, di tranquillità economica, di serenità. Se ce lo avessero chiesto, avremmo costruito lo stabilimento anche in pieno centro cittadino, in Piazza della Vittoria, nella Villa Peripato, al lungomare.”

Angelo Monfredi

Sindaco di Taranto nel 1959

industriale si sono aggiunti anche altri stabilimenti con un

significativo impatto ambientale, come la raffineria Agip e la

Cementir.” 1

Oggi l'area industriale di Taranto, occupa un'area doppia rispetto alla città e i due terzi del suo gigantesco porto.

“La realizzazione di un simile impianto... e delle altre aziende

ad esso collegate avrebbe indotto gravi squilibri in qualunque area. A maggior ragione ne indusse in quella tarantina, e in

particolare nel capoluogo, di tradizione certamente industriale,

ma caratterizzata da un basso livello di infrastrutture e assolutamente incapace di affrontare i processi di

trasformazione che l'avrebbero investita. Molti dei problemi

posti allora attendono ancora soluzione, altri se ne sono creati;

misurarne l'entità non è sempre agevole, ma è certamente vero che, per affrontarli correttamente, non è possibile dimenticare che tutta Taranto, gli organismi pubblici e privati, le forze

politiche e sindacali, alla fine degli anni Cinquanta del '900 hanno fortemente voluto il IV Centro siderurgico Italsider, mossi esclusivamente dalla speranza o dalla possibilità di risolvere i gravissimi problemi occupazionali dell'area.”2

1 2

www.peacelink.it.

Patrizia Consiglio, Francesco Lacava, Il caso Taranto. Sviluppo economico, lotte sociali democrazia in fabbrica, Ediesse, Roma 1985, pagina 5.

46


5

1

4

4

3

3

2

Mar Piccolo

6

Mar Piccolo

5 1

5

2 Mar Grande

Insediamenti industriali

6 1

Insediamenti urbani

1 Ilva

1 Taranto

2 Raffineria Eni

2 CittĂ Vecchia

3 Cementir

3 Quartiere Tamburi

4 Taranto Container

4 Cimitero

5 Altre industrie

5 Quartiere Paolo VI

6 Arsenale Militare

6 Ex Ospedale Testa

47


Gli interventi strategici in programma per Taranto

Il Polo ospedaliero d'eccellenza: Il San Raffaele del Mediterraneo

La Regione Puglia ha

valutato positivamente

(con la Delibera n.

2039/2008) la fattibilità

di un progetto sperimentale

per la realizzazione a Taranto di una nuova struttura ospedaliera che

costituisca, in una logica integrata e

Il Polo della Conoscenza e della Ricerca

A seguito di una

proposta, avanzata nei

Forum di Area Vasta,

è stato sottoscritto un

Protocollo d'Intesa tra il Comune,

la Provincia di Taranto, l'Università di Bari, L'Arpa Puglia, l'Asl e il CNRTalassografico, per costruire

sinergica con il complesso ospedaliero

un Polo della Conoscenza e

soprattutto nella cura dei tumori.

prospiciente il Politecnico si

“S. G. Moscati”, un polo di eccellenza Viene suggerita una localizzazione su un'area confinante con la c.d. Cittadella della Carità. L'ipotesi

progettuale dovrà essere sostenuta

della Ricerca a Taranto. Nell'area ipotizza, con finanziamenti europei, la realizzazione di un Centro di

eccellenza per la ricerca, soprattutto nel campo ambientale. Inoltre, in

da una discussione fra tutti i soggetti

quella zona, si prevede la costruzione

al fine di predisporre una Variante

alloggi per studenti e infrastrutture al

convolti nella pianificazione anche

condivisa al Piano regolatore della Città.

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La riqualificazione della città, del suo cuore degradato e delle sue periferie esterne, è al centro di numerosi programmi, a diverso stadio di attuazione, che impegnano le amministrazioni comunale e regionale in una intensa attività di collaborazione per combattere il degrado e l'abbandono e migliorare la qualità della vita degli abitanti.

di un Campus Universitario, con servizio dell'Università.

Quartiere Tamburi L'APQ (Accordo di programma Quadro) per il quartiere Tamburi prevede l' impiego di più di 78 milioni di euro dei quali 10 milioni già in corso di utilizzo e altri 68 milioni inclusi nel nuovo ciclo di programmazione dei fondi FAS (Fondi Aree Sottoutilizzate). Con l'approvazione della Delibera regionale del 10.12.2008, riguardante la prima tranche di finanziamenti (10 milioni di euro), sarà avviata la gara per la costruzione di un moderno mercato rionale (al posto dell'ex Mercato all'ingrosso), per la riqualificazione urbana del verde e delle piazze , per l'analisi, la bonifica e la progettazione della "foresta urbana", per il Piano sul Rischio di Incidenti Rilevanti (RIR) . Per la demolizione e la ricostruzione dei 450 alloggi delle case parcheggio di via Orsini e delle palazzine più a ridosso dell’Ilva che versano in un evidente stato di degrado ambientale con inevitabili ripercussioni per la salute dei residenti, è stata avanzata una richiesta alla Regione Puglia di rilocalizzazione degli alloggi in varie parti del territorio comunale in base alle preferenze degli abitanti. Per accompagnare la realizzazione del programma sono previste attività di comunicazione, progettazione partecipata e assistenza alle famiglie nell’ambito del “cantiere sociale” . Quartiere Salinella Per consentire il completamento degli interventi previsti dal Contratto di quartiere Salinella , oltre ai 10 milioni di euro messi a disposizione dallo Stato, la Regione Puglia ha stanziato altri 3 milioni nell'ambito dell'Accordo di Programma Quadro Città. La Zona Franca Urbana La Zona Franca Urbana prevede agevolazioni fiscali per interventi privati di piccole attività produttive.


milioni di euro

68* 10

POR Puglia 2000-2006

46

Urban II

39

CittĂ Vecchia

6,2

PIRP Quartiere Paolo VI

4*

E

PIRP Talsano

4

F

Accordo di Programma Quadro

B E

Zona industriale

APQ quartiere Tamburi

A

Zona Franca Urbana A B

Recupero e riqualificazione sistemi urbani

C C

B

D C

Principali programmi di riqualificazione urbana per la cittĂ di Taranto e i relativi finanziamenti pubblici

Programma di Iniziativa Comunitaria

G

Interventi di recupero residenziale Programma Integrato di Riqualificazione delle Periferie Programma Integrato di Riqualificazione delle Periferie

F

3

Piano Casa Regionale

1

Fondi da attivare

*

D

10

Contratto di quartiere Salinella Interventi IACP Salinella, Tamburi e Talsano

C

G

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Breve cronistoria dell'industrializzazione a Taranto dal 1957 al 2009

1957 [Italsider] Prime voci circa la localizzazione di uno stabilimento siderurgico nella zona di Taranto. [Stato] Necessità di un nuovi investimenti in siderurgia nel Mezzogiorno. Attività di lobbing parlamentare per convogliare nell’area di Taranto gli investimenti pubblici. [Comune di Taranto] Dopo un lungo susseguirsi di giunte di sinistra (Taranto rossa) inizia un lungo periodo di giunte democristiane. Il sindaco, Raffaele Leone, convoca una riunione per la costituzione di un Consorzio per l’area industriale. [Sindacati] Atteggiamento favorevole alla localizzazione a Taranto del centro siderurgico. [Associazioni] Non vi sono opposizioni rispetto alla localizzazione dell’impianto a Taranto. 1959 [Stato] A giugno il Comitato dei ministri per le Partecipazioni Statali delibera la costruzione a Taranto del IV centro siderurgico. [Italsider] Costruzione a Taranto del IV Centro Siderurgico [Comune di Taranto] La città esulta. 1960 [Italsider] Italsider rappresenta una speranza per la popolazione: viene percepito come una opportunità di miglioramento delle condizioni di vita. Preparazione del sito per accogliere l’impianto. [Stato] Dagli studi commissionati dalla Finsider vengono individuate 3 zone comunali che presentavano caratteristiche idonee. [Comune di Taranto] Si decide la localizzazione dello stabilimento con superficie di 528 ettari, separato dalle abitazioni cittadine solo da una strada statale senza tener conto delle prescrizioni del Piano Regolatore. La Camera di Commercio in un documento di qualche anno prima ribadiva

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la necessità dell’ubicazione della nuova area industriale in prossimità delle grandi linee stradali, ferroviarie e marittime. Si costituisce il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale (Consorzio ASI) che cerca di regolamentare l’insediamento della grande fabbrica. 1961 [Italsider] Iniziano i primi lavori per la costruzione dello stabilimento. I bulldozers sradicano ventimila alberi di ulivo tra l’indifferenza generale, anche di quei proprietari terrieri che vengono comunque risarciti con buoni indennizzi. [Comune di Taranto] Boom economico tarantino: la popolazione aumenta di oltre 32.000 unità. [Associazioni] Si segnalano mancanza di infrastrutture ed eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. 1964 [Italsider] Ad ottobre viene avviato il primo altoforno. [Associazioni] Il Circolo Universitario Popolare Jonico (CUPJ) che nel 1964 si trasforma in Università Popolare Jonica (UPJ) funge da spazio di elaborazione culturale. Proprio nei locali dell'UPJ, siti nella centralissima via D’Aquino, per la prima volta la direzione dell’Italsider si confronta con la cittadinanza: il direttore dello stabilimento Arnaldo Mancinelli presenzia dei confronti sulle grandi questioni ecologiche. Italia Nostra, attraverso il suo presidente Antonio Rizzo, esprime perplessità nei confronti di un’industrializzazione incontrollata. 1968 [Italsider] Progetto di ampliamento dello stabilimento da 528 a 1500 ettari (due volte la


superficie urbana della città di Taranto). [Stato] Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) delibera i lavori di ampliamento. [Comune di Taranto] Il Consiglio Comunale è chiamato ad esprimersi rispetto all’ipotesi di ampliamento. [Sindacati] Si afferma con decisione la questione ambientale. Dibattito tra forze politiche e sindacali. 1970 [Stato] A marzo il Comitato Tecnico Esecutivo dell’IRI relaziona sulla opportunità dell’ampliamento dell’Italsider di Taranto. Il 26 novembre la relazione viene approvata dal CIPE. [Comune di Taranto] A novembre viene istituita una Conferenza dei Servizi per la discussione dei lavori d’ampliamento di stabilimento e porto industriale e per la variante al piano ASI necessaria. [Regione Puglia] A dicembre viene istituita la Regione Puglia con l’approvazione del suo statuto. [Sindacati] Le forze politiche e sindacali, seppur con accenti diversi, giudicano con favore l’ulteriore sviluppo industriale ma rivendicano l’importanza nelle decisioni finali della volontà locale espressa in consiglio comunale. 1971 [Italsider] I lavori di ampliamento porteranno l’Italsider “sul mare”, concedendole tre dei cinque sporgenti per l’attracco delle navi che trasportano materie prime, con gravi conseguenze per l’ecosistema della rada di Mar Grande, già fortemente compromesso con la prima fase insediativa e con la conseguente distruzione dell’isola di San Nicolicchio, piccolissima isola disabitata utilizzata dai pescatori come appoggio

per le loro attività. A settembre viene avviato l’altoforno 4. [Comune di Taranto] A gennaio la Giunta Comunale nega la licenza edilizia per l’ampliamento. [Stato] A marzo il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno invita il Comune alla concessione della licenza “in precario” all’Italsider per i lavori d’ampliamento [Comune di Taranto] Dopo le pressioni del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, ad ottobre, viene concessa la licenza “in precario”. [Associazioni] L’associazionismo ambientalista locale muove i primi passi convocando manifestazioni pubbliche nelle vie del centro cittadino e momenti di sensibilizzazione e riflessione soprattutto nel quartiere Tamburi, il più colpito dall’attività industriale. Il 31 gennaio (in pieno dibattito sulla variante al piano ASI) durante la manifestazione “Taranto per un’industrializzazione umana” organizzata nel centro cittadino da Italia Nostra, furono esposti in Piazza della Vittoria panni simbolicamente anneriti dal fumo, sugli alberi della stessa piazza furono appesi cartelli che riportavano la scritta “reliquia”, furono esposte altre “reliquie” contenenti “aria non inquinata”, “acqua dello Jonio non inquinata” e “terreno agrario purissimo”. Il Circolo Culturale “La Routine”, con sede nel quartiere Tamburi, riesce a raccogliere 700 firme per una sottoscrizione finalizzata a sensibilizzare le istituzioni competenti sul problema ambientale. [Regione Puglia] Viene istituito il Comitato Regionale per L’Inquinamento Atmosferico (CRIA) ma sin dal suo insediamento il comitato non interverrà nell’area di Taranto. [Provincia di Taranto] La tematica ambientale acquista legittimazione a livello istituzionale. L’Amministrazione Provinciale organizza un

convegno dal titolo "Inquinamento ambientale e salute pubblica a Taranto", durante il quale per la prima volta si confrontano tutti gli attori interessati alla salvaguardia ambientale: amministratori locali, studiosi, sindacalisti, ambientalisti e rappresentanti dell’industria. Sull’onda lunga del convegno, per la prima volta a Taranto, si decide di condurre uno studio sull’inquinamento atmosferico che viene commissionato dal Comune. I primi risultati indicano abbastanza chiaramente che nella zona occidentale della città esiste un processo di crisi ambientale”. [Italsider] La direzione dello stabilimento, nel corso del dibattito sull’ampliamento, annuncia investimenti per 50 miliardi di lire per il perfezionamento e potenziamento di impianti di depurazione e abbattimento dei fumi, e la collaborazione con una società statunitense, la Ecological Science Corporation, per la revisione del processo produttivo. Per i lavori di ampliamento si annunciano ulteriori investimenti in eco-compatibilità per 75 miliardi di lire. 1972 [Sindacati] CGIL CISL e UIL organizzano la prima piattaforma rivendicativa della lunga Vertenza Taranto. Il sindacato e la classe operaia tarantina - con le loro lotte e la loro cultura, nate dalla fusione dei caratteri innovativi delle conquiste e delle posizioni della classe operaia del Nord con le migliori tradizioni del bracciantato pugliese - riaffermeranno nel corso dei decenni la propria presenza, difendendo e migliorando le condizioni di vita e di lavoro nell'area industriale, contribuendo a modificare i rapporti sociali, politici, economico-produttivi della città e, in

51


gran parte, della provincia. Il Movimento operaio tarantino - storicamente fra i più forti nel Mezzogiorno - saprà superare anche l'ambito provinciale per diventare un punto di riferimento valido per l'intero Movimento sindacale italiano. 1974 [Italsider-Sindacati] A seguito della Vertenza Taranto viene firmato l’accordo tra sindacati ed Italsider. Nell’accordo viene inserito il problema dell’eco-compatibilità e dell’ammodernamento impiantistico. Gli impegni assunti dall’Italsider, in tutti i suoi stabilimenti, ammontano a 90 miliardi di lire da spendere per la maggior parte a Taranto. Vengono riviste l’organizzazione del lavoro in fabbrica e gli investimenti in campo ecologico. [Comune di Taranto] Creazione del Servizio Sicurezza Lavoro e del Servizio per l’Igiene del Lavoro e Ambientale. 1975 [Italsider] Crollo del consumo mondiale di acciaio (-8%). Solo nei Paesi della Comunità Europea la diminuzione fu addirittura del 18%. Il costo del lavoro all’Italsider si collocava ad un livello nettamente superiore alla media nazionale. In effetti la forza-lavoro Italsider era ben organizzata, dotata di un elevato potere contrattuale, grazie alla presenza di un sindacato forte di una percentuale di adesioni del 75%. Nel complesso, la caduta della produttività era legata principalmente alla diminuzione dell’attività produttiva che, a sua volta, si inquadrava nella crisi strutturale dell’azienda. 1976 [Stato] Viene varata la Legge Merli, che detta la disciplina per gli scarichi degli insediamenti

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industriali. Rimarrà inapplicata fino alla metà degli anni Ottanta, per i ritardi del Governo nell’emanare i decreti esecutivi. [Regione Puglia] Stenta ad assumere quel ruolo di indirizzo e programmazione conferitole dalla legge Merli a causa della mancanza di adeguate risorse finanziarie. 1978 [Stato] Viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con la legge 833, la legge della riforma sanitaria. La riforma prevede la creazione di apparati tecnico-burocratici, le Unità Sanitarie Locali (USL), alle quali vengono assegnati anche compiti di prevenzione e tutela dell’ambiente. 1979 [Stato] L’attività svolta dall’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) sin dall’insediamento del Siderurgico inizia a far emergere i primi preoccupanti dati relativi all’incidenza delle malattie professionali derivanti dall’esposizione a gas, fumi e polveri altamente nocive. [Provincia di Taranto] A settembre del 1979, vengono installate 5 stazioni fisse di rilevamento posizionate in punti strategici del territorio provinciale. Dall’analisi dei dati emerge un primo rapporto sullo stato dell’ambiente nell’area jonica. 1980 [Italsider] Si acuisce la crisi del settore siderurgico, infatti negli anni 1980, 1981, 1982, si registrerà un calo costante della domanda mondiale. Nel 1983 la domanda scende fino a raggiungere i 300 milioni di tonnellate nei Paesi industrializzati. [Magistratura] Prime azioni della Magistratura nei confronti di una serie di impianti industriali tarantini, tra i quali la Cementir, l’IP e anche l’Italsider.

1981 [Italsider] L’effetto della crisi della siderurgia vede Italsider in grave crisi di liquidità e incapace di fronteggiare la situazione con mezzi propri, l’azienda viene ceduta alla Nuova Italsider e sottoposta ad una ricapitalizzazione. Viene avviato un programma, denominato TARAP-MRO, di ristrutturazione degli impianti e dei processi produttivi su consulenza della Nippon Steel. Lo scopo era quello di migliorare l’efficienza degli impianti e di razionalizzare i costi assai elevati. Attraverso questo piano si cercava, con l’aiuto della siderurgia leader nel mondo, quella giapponese, di porre rimedio alle diseconomie di scala generatesi dopo il raddoppio, a causa della crisi siderurgica, agli errori gestionali e soprattutto alla bassa produttività degli impianti. 1982 [Magistratura] La Pretura di Taranto indaga per getto di polveri e inquinamento da gas, fumi e vapori, i vertici dell’Italsider. Il processo si svolge nel 1982, vede la partecipazione di numerosi testimoni provenienti dai quartieri più a rischio d’inquinamento industriale (Tamburi, Città Vecchia, Paolo VI) e, almeno in una prima fase, la costituzione di parte civile non solo di associazioni ambientaliste ma anche del Comune. [Comune di Taranto] Dopo una prima fase in cui si era costituito parte civile nel processo contro l’Italsider, nel corso dell’anno però l’orientamento dell’Amministrazione Comunale cambia: quasi alla vigilia della sentenza il sindaco dell’epoca, Giuseppe Cannata, annuncia la revoca della costituzione di parte civile del Comune per motivi di opportunità politica. [Magistratura] Il processo si conclude con la condanna del direttore dello stabilimento


Italsider a 15 giorni di arresto con l’accusa di getto di polveri ma non di inquinamento da fumi, gas e vapori

dell’Italsider, della Nuova Deltasider e della Terni Acciai Speciali, che si concluderà nel 1989 con la costituzione di una nuova società, l’Ilva spa.

1984 [Italsider] Dopo la sentenza la direzione dell’Italsider si adopera per migliorare la percezione dell’attività dello stabilimento, soprattutto attraverso la carta stampata. In questo senso gli interventi dei dirigenti evidenziano gli investimenti che dalla metà degli anni Settanta si sono realizzati e quelli in fase di realizzazione che riguardano sempre gli impianti ecologicamente più critici. [Comune di Taranto] Costituzione del Fondo d’Impatto Ambientale. Il comitato direttivo del Fondo comprende 13 membri, 7 rappresentanti degli Enti Locali, 3 dei sindacati e 3 delle industrie. Il Fondo è alimentato dallo 0,85% del monte salari delle industrie stesse e rimane in vita fino alla durata in carica del sindaco di sinistra Mario Guadagnalo, presidente dal Fondo.La portata innovativa in termini di finalità annunciate del Fondo viene smentita all’atto pratico: le azioni intraprese sono di natura prettamente ordinaria, non incidono in maniera strutturale sul problema delle polveri e più in generale dell’inquinamento.

1991 [Stato] Il Ministero dell’Ambiente dichiara l’area di Taranto “area ad elevato rischio ambientale”. L’area interessata, oltre al comune di Taranto, comprende altri 4 comuni della provincia jonica (Crispiano, Massafra, Montemesola, Statte) per un totale di 564 kmC e 263.614 abitanti. [Associazioni] Nasce Peacelink, associazione ambientalista che, per prima, utilizza strumenti telematici per la diffusione delle informazioni sulle tematiche della pace ma anche sulle problematiche ambientali, soprattutto a Taranto.

1986 [Stato] Con la Legge n. 349 viene istituito il Ministero dell’Ambiente. 1988 [Stato] Viene approvato dall’IRI un piano di ristrutturazione discusso sia dal Parlamento che in sede comunitaria. Esso prevede aiuti per un ammontare di 5.170 miliardi di lire. Nel contempo a maggio inizia il processo di liquidazione volontaria della Finsider,

1994 [Stato] L’ENEA avvia il “Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto” che verrà pubblicato nel 1998 seguito da una nuova dichiarazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 30/07/97). La dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale ha validità massima per un periodo massimo di 5 anni (art. 7, comma 1 L. 349/86). La dichiarazione reiterata è avvenuta perciò con un ritardo di 2 anni rispetto ai tempi previsti dalla legge. La dichiarazione di area ad elevato rischio ambientale del 1990 e le successive reiterazioni, segnano gli ultimi significativi avvenimenti della storia ambientale che lega il territorio tarantino alla gestione pubblica dello stabilimento siderurgico. Infatti, nella prima metà degli anni Novanta, si esaurisce l’intervento pubblico nel settore dell’acciaio.

1995 [Stato–Ilva] In aprile giunge al termine la trattativa tra l’IRI ed il Gruppo Riva per l’acquisizione dello stabilimento di Taranto. Il prezzo di cessione concordato è di 1.460 miliardi. Il Gruppo Riva si presenta come una vera e propria multinazionale (non quotata in Borsa) che ha però mantenuti intatti gli equilibri di gestione e controllo di tipo familiare, infatti uno dei due fondatori è ancora il Presidente del Gruppo, Emilio Riva, che gestisce le attività affiancato nelle posizioni dirigenziali chiave dai figli e dai nipoti. [Comune di Taranto–Provincia di Taranto] Le istituzioni locali sono tenute fuori dal tavolo di negoziazione tra IRI e Gruppo Riva. Gli esponenti politici si limitano ad intervenire seguendo la scia delle rivendicazioni sindacali, non ponendo la questione ambientale tra le priorità nell’agenda istituzionale. [Associazioni] L’associazione “Caretta Caretta” denuncia il versamento in Mar Grande di sostanze non trattate da un canale di scarico dell’Ilva. 1996 [Regione Puglia] La Regione viene investita di competenze speciali in materia ambientale ed è quindi costretta a dedicare una parte del suo apparato tecnico-amministrativo a queste tematiche. Il ruolo della Regione acquista rilievo nella questione ambientali per la collaborazione con il Ministero dell’Ambiente alla realizzazione del Piano di Risanamento. Nel maggio si crea l’Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza ambientale, una carica per un certo periodo condivisa dal Prefetto di Bari e dal Presidente della Regione con competenze differenziate per ambiti d’intervento e in seguito (agosto 2000) assegnato al solo Presidente regionale.

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1997 [Regione Puglia–Ilva] Viene siglato il Primo Atto d’intesa tra Regione e Ilva. L’Atto non prevede nè limiti di tempo più stringenti in fatto di risanamento nè il ricorso a sanzioni in caso di inadempienze. Viene presentato dal Gruppo Riva il primo piano industriale di investimenti per 539 miliardi di lire per rifacimenti di nuovi impianti e per l’eco-compatibilità e la sicurezza sul lavoro. Inizia nello stesso periodo l’intervento per la rimozione dell’amianto dagli impianti produttivi. [Comune di Taranto–Provincia di Taranto] Le istituzioni locali svolgono un ruolo marginale, non delineando una strategia d’intervento da seguire. Comune e Provincia si limitano ad intervenire nella fase di attuazione e coordinamento degli interventi previsti nel Piano, a livello comunale tentano di portare avanti il progetto del Fondo di Impatto Ambientale. [Sindacati] Il fronte sindacale non partecipa ai tavoli di concertazione tenuti a livello regionale ed i malumori iniziano a serpeggiare soprattutto negli ambienti della UIL. Si denuncia la mancanza di impegno su una serie di problematiche ambientali presenti all’interno dello stabilimento ci scaglia contro la logica dell’accordo che di fatto “concede una proroga di due anni e mezzo all’impresa per adeguarsi agli impegni”. La UIL inizia a distinguersi rispetto alla CGIL e alla CISL, mantenendosi più rigida rispetto all’approccio collaborativo che diventa predominante in campo politico e sindacale. 1998 [Stato–Ilva] Dopo otto anni di attesa dalla prima dichiarazione di Area ad elevato rischio di crisi ambientale arriva in primavera il Piano di Risanamento Ambientale messo a punto dall’ENEA per conto del Ministero dell’Ambiente. Il Piano prevede interventi, in termini di

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finanziamento, a titolarità privata e pubblica, con diversi livelli di priorità. Tra gli interventi a titolarità privata ben 14 su 25 si concentrano sugli impianti Ilva, per una spesa complessiva di 208 miliardi, quelli a titolarità pubblica (48 miliardi) riguardano azioni per porre rimedio a decenni di mancanza di controlli rispetto al rapporto salute-industria. Il rispetto delle fasi di attuazione si rivelerà completamente disatteso. I tempi stringenti fissati nell’Atto d’Intesa Regione-Ilva, gli stessi interventi ribaditi nel Piano ed altri interventi previsti in sede di trattativa IRI-Riva non verranno rispettati. Deterioramento delle relazioni tra il management Ilva e operai. Scoppia il grave caso di mobbing delle palazzine Laf a danno di 70 operai successivamente costretti alle dimissioni. 2000 [Stato–Regione Puglia] Visto il ritardo nell’attuazione del Piano di risanamento, ad agosto, il Ministero dell’Interno, affida la titolarità esclusiva dello stesso al Presidente della Regione nella sua veste di Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia. [Comune di Taranto–Provincia di Taranto] Comune e Provincia vengono privati delle loro prerogative nei meccanismi di controllo e di attuazione del Piano. [Comune di Taranto] Nel corso della primavera con le elezioni amministrative si conclude definitivamente l’esperienza del “citismo” (Giancarlo Cito era stato eletto sindaco nel 1993). Le elezioni le vince il centrodestra con il sindaco Rossana Di Bello. Creazione della commissione consiliare “Ambiente ed Ecologia” che svolge un’indagine conoscitiva sullo stato dell’ambiente e della salute dei cittadini.

[Stato] Relazioni allarmanti del Presidio Multizonale di Prevenzione PMP (uffici tecnici delle ASL) circa l’inquinamento prodotto dalla produzione del coke e richiesta del fermo delle batterie 3 e 6. [Magistratura] In base alle ipotesi di reato segnalate dalla relazione del PMP sull’inquinamento industriale dell’Ilva viene realizzata una perizia a seguito della quale si invitano gli organi istituzionalmente competenti ad intervenire. 2001 [Comune di Taranto] A seguito della perizia e della lettera della Magistratura con la quale si invitava, chi di dovere, a prendere provvedimenti circa l’inquinamento industriale prodotto dagli stabilimenti Ilva, l’Amministrazione comunale, con una “storica” ordinanza sindacale (6 febbraio) ordina, entro 15 giorni (poi passati a 90) dalla notifica dell’ordinanza, di realizzare interventi migliorativi relativamente ai forni delle batterie 3 e 6, di ridurre la produzione di coke con il fermo delle batterie 3 e 6 o alternativamente di procedere alla sostituzione delle stesse. Scoppia la “vertenza ambiente”. [Ilva] Il Gruppo Riva che fino a quel momento si era dichiarato disposto al dialogo solo con l’interlocutore regionale, si dimostra conciliante. Intanto viene formulato un ricorso al TAR mentre le azioni messe in atto per scongiurare il fermo delle batterie oggetto dell’ordinanza risultano insufficienti. La direzione dello stabilimento sembra reagire come nel 1997, mostrandosi da un lato favorevole al dialogo e dall'altro non rispettando gli impegni pattuiti per ritardi o “imperfezioni” nelle fasi di attuazione. [Magistratura] Avvisi di garanzia inviati al Presidente del Gruppo Riva e ad altri due dirigenti


dello stabilimento, legati alle risultanze della maxiperizia realizzata per conto della Procura nei mesi precedenti [Sindacati] Le confederazioni sindacali si dichiarano esplicitamente contrari e ad una “vertenza ambiente” condotta attraverso le ordinanze, esprimono preoccupazione nei confronti di un crescente antindustrialismo che si diffonde in città, denunciano eccessiva strumentalizzazione politica della vicenda e ripropongono lo strumento del Piano di risanamento, seppur rivisto nei meccanismi di attuazione, come strada da seguire. [Associazioni] L’associazionismo ambientalista si mostra compatto nell’appoggiare l’ordinanza comunale. Viene praticata una forte azione di denuncia per favorire un coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisionali territoriali e diffusione dell’informazione attraverso gli strumenti telematici. Per la prima volta viene posta la questione dell’effettiva attivazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpa) che, a distanza di due anni dalla legge regionale di istituzione, non è entrata ancora nella fase operativa. [Comune di Taranto] Il 31 ottobre il sindaco Di Bello invia una lettera pubblica al Presidente delle Regione Fitto nella quale afferma di avvertire la limitatezza dei suoi poteri di Sindaco e “quel che è peggio[…] una sorta di sottomissione istituzionale ormai conclamata verso i responsabili dell’inquinamento” . [Ilva] In risposta alla pressione proveniente da Comune e Magistratura, la direzione dello stabilimento per la prima volta decide di rivolgersi direttamente alla cittadinanza rivendicando il ruolo di fonte di occupazione e reddito per la città, evidenziando gli investimenti fatti sin dal 1995

per migliorare l’impatto ambientale e rendendosi disponibile a continuare in questa direzione che è l’unica a garantire rispetto della salute dei cittadini ed una posizione di primo piano per l’azienda nel panorama mondiale. Sono le idee principali espresse in una lettera firmata da Emilio Riva ed inviata in ottobre alle famiglie tarantine. 2002 [Comune di Taranto] Il sindaco non riesce a persuadere il Gruppo Riva ed è costretto a cambiare atteggiamento, richiedendo l’intervento del Governo centrale e della Regione Puglia. L’opposizione di centrosinistra, dopo aver appoggiato le azioni del sindaco, rivede la sua posizione e lo invita a perseguire, insieme a Provincia e Regione, gli interventi previsti nel Piano di risanamento del 1998 che attendono ancora attuazione. [Magistratura] A luglio, in un clima più favorevole ad un approccio consensuale, arriva la condanna di primo grado per il procedimento iniziato nel 1999. Qualche giorno dopo la sentenza, l’Ilva comunica la decisione di spegnere le batterie oggetto delle ordinanze comunali e di ridurre gli investimenti per lo stabilimento tarantino. [Associazioni] L’associazionismo continua ad appoggiare l’Amministrazione Comunale e l’azione della Magistratura che in questa fase sembrano operare in maniera sinergica. Dopo una fase iniziale di reciproca diffidenza, gli ambientalisti cercano il confronto con i sindacati per condividere una piattaforma di rivendicazione della tutela occupazionale e del rispetto dell’ambiente. [Stato–Regione Puglia–Provincia di Taranto– Comune di Taranto–Ilva] Inizia la cosiddetta “stagione delle intese”.

Il Ministero dell’Industria, a settembre, istituisce un tavolo, da attivare a livello regionale, con il compito di definire un accordo per il risanamento complessivo dello stabilimento siderurgico che definisca in maniera puntuale gli investimenti che il Gruppo Riva deve realizzare. Al livello regionale è anche affidata la realizzazione di un Accordo di Programma che interessi tutta l’area ionica da risanare. Viene siglato il primo Atto di intesa, ne seguiranno altri 3, nel quale vengono concordati interventi precisi con altrettante scadenze temporali vincolanti finalizzate all'adeguamento delle migliori tecniche disponibili (BAT Best Available Techniques) necessarie per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalle direttive europee. 2003 [Stato–Regione Puglia–Provincia di Taranto– Comune di Taranto–Ilva] L'8 gennaio viene siglato il secondo Atto d'intesa che prevede il potenziamento del barrieramento tra lo stabilimento e le aree urbane contigue ad esso, tramite l'ampliamento delle colline artificiali esistenti. Si accertò poi che l'opera oltre che non comportare miglioramenti riguardo alla dispersione di inquinanti in atmosfera, avrebbe provocato il peggioramento della qualità della vita dei residenti, alterando la morfologia dei luoghi, accentuando l'attuale chiusura del quartiere e la sua separazione dal contesto territoriale, riducendo luce e aria agli edifici residenziali e scolastici adiacenti. 2004 [Stato–Regione Puglia–Provincia di Taranto– Comune di Taranto–Ilva] Il 27 febbraio viene siglato il terzo Atto d'intesa e il 15 dicembre il quarto Atto d'intesa.

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Uno degli aspetti positivi di innovazione degli Atti d’Intesa sta nella volontà di racchiudere finalmente in un quadro organico e di concreta realizzazione la miriade di interventi programmati fino a quel momento. I risultati, però, sono limitati in quanto ad interventi di natura prettamente tecnica e a breve termine si alternano interventi e atti programmatori a lungo termine. Molti problemi di natura strettamente tecnica vengono affrontati in maniera poco convincente. [Comune di Taranto–Provincia di Taranto] Solo dopo la sottoscrizione del 3° Atto d'intesa, Comune e Provincia ritirano la costituzione di parte civile nel processo che aveva visto la condanna in primo grado dei vertici dello stabilimento per le polveri del parco minerali che ricadevano sul quartiere Tamburi. [Stato–Comune di Taranto– Regione Puglia] L'intervento di “barrieramento” a ridosso dei parchi minerari è sostituito da un nuovo progetto per il risanamento del quartiere Tamburi. Si tratta, però, di un Programma che mai avrebbe potuto essere approvato dal Ministero per palese incompatibilità dei contenuti con i regolamenti della delibera CIPE 2004. 2005 [Regione Puglia] Nelle elezioni di aprile viene eletto Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. 2006 [Comune di Taranto] Il 17 ottobre viene dichiarato ufficialmente lo stato di dissesto finanziario del Comune di Taranto. [Stato–Regione Puglia–Comune di Taranto] La struttura commisariale del Comune di Taranto e la Regione Puglia rimodulano il Programma di

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risanamento di Tamburi per renderlo coerente con il regolamento CIPE. 2007 [Comune di Taranto] Il 14 giugno Ippazio Stefano viene proclamato Sindaco di Taranto. [Regione Puglia] Viene riorganizzata L'Arpa (Agenzia Regionale Per l'Ambiente) che inizia una campagna di rilevamento dei dati dell'inquinamento prodotto dall'Ilva. Emergono dati preoccupanti soprattutto per quanto riguarda le emissioni di diossine e di idrocarburi policiclici aromatici. [Associazioni] A maggio, PeaceLink, Uil Taranto e il Comitato contro il rigassificatore, presentano un dossier allarmante sull'inquinamento. [Ilva] A giugno l'Ilva querela i relatori del dossier sull'inquinamento per "procurato allarme ambientale". [Associazioni] Comincia nuovamente a diffondersi un diffuso senso di preoccupazione tra la popolazione. 2008 [Regione Puglia] L'Arpa continua la campagna di rilevamento delle emissioni inquinanti e i dati resi pubblici sono sempre più allarmanti. Attraverso una rimodulazione dell'originario progetto di riqualificazione del quartiere Tamburi, vengono stanziati e resi utilizzabili per la costruzione del mercato rionale, la realizzazione di urbanizzazioni e spazi verdi e la bonifica dei suoli inquinati, 10 milioni di euro in attuazione della delibera CIPE n. 3 del 22 marzo 2006 con l'impegno a stanziare ulteriori 68 milioni di euro includendoli nel nuovo ciclo di programmazione dei fondi FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate). Ad agosto viene siglato l'atto integrativo d'intesa che rende utilizzabili i 10 milioni di euro.

[Associazioni] Anche le associazioni si attivano creando una propria rete di informazione e divulgazione dei dati. Si crea un vero e proprio allarme inquinamento e riemerge un diffuso atteggiamento "antindustriale". Inizia un dibattito circa l'opportunità di indire un referendum cittadino sull'opportunità di chiudere lo stabilimento Ilva, seppur con varie sfumature (chiusura totale o del solo ciclo di lavorazione a caldo). [Regione Puglia] Il 30 luglio il Presidente Vendola in una lettera aperta al Presidente del Consiglio Berlusconi sottolinea tutta la gravità del "caso Taranto" e lo invita a collaborare per la soluzione del problema. [Stato] Ad agosto la risposta arriva attraverso il Ministro dell'Ambiente Prestigiacomo che a fronte di generiche dichiarazioni di interessamento sul caso Taranto (annuncia anche un Consiglio dei Ministri a Taranto per settembre che non avrà mai luogo) di fatto si schiera a fianco del Gruppo Riva sostenendo di non ritenere opportuna la revisione delle limitazioni legislative alle emissioni inquinanti (quelle italiane sono scandalosamente alte) sottolineando invece positivamente gli sforzi tecnici e di investimento dell'Ilva per la riduzione delle emissioni. Viene addiritturta messa in discussione l'attendibilità dei dati prodotti dall'Arpa. Sullo sfondo sembra esserci l'iter per l'adeguamento alle "migliori tecniche disponibili" (BAT-Best Available Tchniques) da parte dell'Ilva e il conseguente rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalle direttive europee. Contestualmente, in sede europea, il governo pone la questione dell'insostenibilità per l'Italia delle limitazioni alle emissioni di CO2.


[Associazioni] Le associazioni, e più in generale la comunità tarantina, assistono a quello che sembra essere uno scontro istituzionale senza precedenti e si preparano a sostenere l'azione della Regione Puglia. [Regione Puglia] La stagione delle intese sembra definitivamente terminata. Il 20 novembre, all'ospedale Testa di Taranto, viene presentata la nuova legge regionale sulle emissioni di diossina. La Legge impone, a tutti gli impianti che producono diossine, di rispettare i limiti alle emissioni di 0,4 nanogrammi all’ora, in linea con quelli indicati dal Protocollo di Aarhus. [Ilva] La dirigenza dello stabilimento dichiara l'impossibilità a rispettare i tempi previsti dalla Legge. [Associazioni] Il 29 novembre il comitato cittadino Altamarea, che riunisce 18 fra associazioni e movimenti ambientalisti, indice una grande manifestazione contro l'inquinamento. Con lo slogan "Vogliamo Aria Pulita!" più di 20.000 persone scendono in piazza. [Regione Puglia] Il 16 dicembre viene approvata dal Consiglio regionale della Puglia la Legge regionale "anti-diossine", con l'astensione dell'opposizione di centro-destra ad eccezione di tre consiglieri che sostengono la maggioranza per l'approvazione del provvedimento. Un solo consigliere di opposizione abbandona l'aula al momento del voto. 2009 In seguito all'approvazione della Legge regionale "anti-diossina"e in vista della prima fase della sua applicazione (1 aprile 2009) si apre un forte dibattito circa la sua effettiva applicabilità. [Ilva] La direzione dello stabilimento, oltre a ribadire le sue valutazioni negative delle prescrizioni previste dalla Legge regionale,

annuncia ripercussioni sul piano occupazionale. [Stato] Agli inizi di febbraio, il Ministero dell'Ambiente, recependo le sole preoccupazioni della dirigenza Ilva, convoca un tavolo di concertazione tra Ministero, Regione Puglia, Ilva e sindacati per evitare la paventata chiusura degli impianti e arriva a 'minacciare' il ricorso contro la Legge regionale per incostituzionalità. [Sindacati–Associazioni] Forte dibattito nella comunità tarantina con posizioni sostanzialmente convergenti nel ritenere necessario un punto di mediazione tra le ragioni ambientali e le problematiche occupazionali. Il 17 gennaio Legambiente avvia a Taranto la campagna nazionale "Mal'aria" e presenta il libro bianco sull’inquinamento atmosferico da attività produttive in Italia. [Regione Puglia] La Regione Puglia ribadisce l'assoluta sostenibiltà della riduzione delle emissioni di diossina prevista dalla prima fase della Legge regionale, peraltro già ottenuta in una precedente sperimentazione (giugno 2007) mediante l'impiego del trattamento con urea. [Stato–Regione Puglia–Provincia di Taranto– Comune di Taranto–Ilva–Sindacati] Dopo una fitta serie di incontri contrassegnati da toni accesi, il 19 febbraio viene siglato a Roma un Protocollo d'intesa tra tutti i soggetti coinvolti che rinvia di tre mesi (30 giugno 2009) l'entrata in vigore della prima fase della Legge regionale 'antidiossina' lasciandone, di fatto, inalterati i principi di fondo. Vengono stabiliti, nella prima fase, precisi criteri e modalità di monitoraggio delle emissioni e riaffermata la sostenibilità del limite di 0,4 ng I-TEQ/NmD come obiettivo da raggiungere entro il 2010 mediante l'adozione delle migliori tecniche disponibili indicate da uno studio di fattibilità proposto dal gestore (entro il 30 dicembre 2009) supportato da ISPRA e Arpa Puglia.

Bibliografia di riferimento Patrizia Consiglio, Francesco Lacava, Il caso Taranto. Sviluppo economico lotte sociali democrazia in fabbrica, Ediesse, Roma 1985; Mauro del Monaco (tesi di laurea specialistica), Processo di policy ambientale: il caso Ilva di Taranto, Facoltà di Economia, Università Bocconi di Milano, 2006; Riccardo Mongelli (tesi di laurea), Ilva (ex Italsider) di Taranto. L'italsiderino e il metalmezzadro. Da braccianti e pescatori a metalmeccanici, Facoltà di Scienze Politiche, Università di Siena, 2006; Giacinto Nasole (tesi di laurea), L'operaio di Taranto, una situazione difficile. Il caso Ilva, Facoltà di Economia, Università Bocconi di Milano, 2006; Federico Pirro, Angelo Guarini, Grande industria e Mezzogiorno 19962007, Cacucci editore, Bari 2008. Sitografia www.comune.taranto.it (Comune di Taranto); www.fiomtaranto.it (sindacato CGIL-Metalmeccanici di Taranto); www.legambientetaranto.eu (Legambiente Taranto); www.peacelink.it (Associazione Peacelink di Taranto); http://www.rassegnastampacrp.com/rassegna.aspx (Rassegna stampa del sito ufficiale del Consiglio Regionale della Puglia) www.regione.puglia.it (Regione Puglia); www.rivagroup.com (Gruppo Riva); www.uilmtaranto.org (sindacato UIL-Metalmeccanici di Taranto).

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Dentro la fabbrica

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Visto di notte, dalla riva del Mar Piccolo ingombra di reti e piccole barche da pesca, lo stabilimento pare un drago,

acciambellato intorno alla cittĂ , che erutta ritmicamente colonne di fumo gigantesche, fiamme, rumori sordi.

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24 ore nella pi첫 grande acciaieria d'Europa. Fotoreportage di Pigi Cipelli Testi di Angelo Pergolini1

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Testo tratto da: Angelo Pergolini, La pi첫 grande fabbrica d'Europa. Ilva: viaggio dentro il drago d'acciaio, Panorama, Milano, 1 novembre 2007.

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Alla luce di fotoelettriche, enormi benne svuotano la stiva di una nave cinese, la Zhen Xing Hai. Il minerale, ovvero il materiale ferroso da cui

si ricaverà la ghisa (la prima tappa per la produzione dell'acciaio), ha la consistenza della sabbia.

La banchina è coperta da un velo grigio, sembra di camminare su un tappeto. È polvere di minerale.

Grazie a un sistema di oltre 10 chilometri di nastri trasportatori, il

materiale ferroso (che viene da Cina, Brasile e Australia) finisce in alcune aree di stoccaggio all'interno dello stabilimento. Le chiamano “parchi minerali” e sono off limits.

Quando tira vento, e a Taranto lo scirocco soffia spesso e forte, dai parchi (e dai nastri trasportatori che li collegano al porto) si alzano nuvole

impalpabili: coprono il rione Tamburi, periferia di case popolari cresciuta parallelamente allo stabilimento da cui è divisa solo da un muro;

scendono sugli edifici fatiscenti della Città vecchia; si posano sulle vetrine eleganti di via d'Aquino, cuore dello shopping e dello struscio. Lasciano

ovunque la stessa scia grigia e velenosa, penetrano dappertutto: polmoni compresi.

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Dai “parchi” il minerale viene portato agli altiforni: il più grande è

quello numero 5. All'ossido di ferro viene aggiunto il coke, ottenuto

precedentemente dalla cottura del carbon fossile nelle cokerie. Nella

miscela di minerale, coke e altri combustibili ausiliari viene poi immessa aria calda, il «vento» la chiamano, alla temperatura di 1.200 gradi. La

fusione raggiunge i 2.100 gradi. In un gigantesco crogiolo si raccoglie la ghisa fusa, che viene poi spillata attraverso quattro bocche d'uscita. La ghisa si divide dalla loppa, un sottoprodotto di materiale inerte

(utilizzato dai cementifici), e finisce dentro i carri siluro, contenitori

a forma di giganteschi sigari, che la trasportano nel cuore del drago:

l'acciaieria. Quella principale (e di più recente costruzione) è la numero 2, ci lavorano 500 operai, organizzati su tre turni.

La ghisa portata dai siluri viene versata in enormi pentoloni: sono

d'acciaio e all'interno sono foderati con materiale refrattario, pesano 140 tonnellate ciascuno e ne contengono più del doppio di ghisa liquida. Poi il pentolone viene sollevato fino a 20 metri e rovescia il suo contenuto dentro quella che sembra la bocca di un vulcano.

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Nel convertitore, per depurare la ghisa dal carbonio, viene pompato

ossigeno al ritmo di 1.000 metri cubi al minuto e a una velocitĂ che

raggiunge 2,5 mach (2,5 volte quella del suono). La temperatura sale da 1.300 a 1.700 gradi e la ghisa si trasforma in acciaio.

All'acciaieria numero 2 fanno capo tre colate continue, dove l'acciaio fuso prende la forma di una enorme tagliatella rovente. Quando comincia a raffreddare, il nastro d'acciaio viene tagliato da una gigantesca fiamma ossidrica.

CosĂŹ si ottengono le bramme, biscottoni d'acciaio che pesano da 6 a 43 tonnellate.

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Quando le bramme escono dall'acciaieria, sopra a un sistema di rulli

perennemente annaffiati da getti d'acqua, hanno una temperatura che

raggiunge ancora i 700 gradi. Una volta raffreddate, le bramme vengono caricate su carri ferroviari per un'ulteriore fase di lavorazione, quella del laminatoio.

Ăˆ un capannone immenso, lungo piĂš di 1 chilometro.

Per prima cosa la bremma viene portata a "temperatura giallo", ovvero

1.250 gradi, grazie a forni che sembrano sarcofagi. Poi viene letteralmente sparata fuori dal sarcofago, con uno schianto tremendo e una girandola di schizzi di metallo rovente. Finisce su un nastro trasportatore, e viene progressivamente assottigliata dalle macchine laminatrici. Il rumore è infernale, fumi e vapori ovunque.

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Fino a qualche anno fa la laminazione avveniva con strumenti

elettromeccanici, che gli operai manovravano tramite leve. Oggi funziona tutto con tecnologia digitale. Per molti di loro è stato un dramma: erano considerati una Êlite operaia, ma si sono ritrovati senza un mestiere,

sostituiti da giovani informatici. Pochissimi si sono adattati alle nuove tecnologie, la maggioranza ha scelto il prepensionamento. [...]

La parte piÚ delicata e rischiosa della lavorazione è quella finale: la lastra viene fatta passare attraverso un sistema di cilindri che riducono lo spessore fino a 1,5-8 millimetri.

I cilindri sono sottoposti a fortissima usura: vengono cambiati ogni otto ore. Ma capita che si rompano. O che si spezzi la striscia di metallo.

Ogni mese vengono trattate 15 mila bramme. Le rotture sono il 2 per mille, il che significa che riguardano 30 bramme al mese, una al giorno. Avvolto in enormi nastri, l'acciaio è pronto per essere spedito all'utilizzatore finale.

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Per i 13 mila, fortunati o dannati, che ci lavorano è semplicemente

l'acciaieria. Per i 250 mila tarantini che fin dai primi anni Sessanta ne

aspirano fumi e polveri è ancora l'Italsider. Per il registro delle società, infine, è l'Ilva di Taranto, gruppo Riva.

Occupa un'area di 15 milioni di metri quadrati, quanto una città di medie dimensioni, ed è la più grande fabbrica siderurgica d'Europa.

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Fuori dalla zincatura i rotoli, accuratamente imballati, aspettano solo di essere portati sulle banchine del porto (da dove parte l'85 per cento

della produzione). Prima c'è il tempo per una sosta pranzo alla mensa principale. All'Ilva ce ne sono cinque, ma la stragrande maggioranza degli operai sono turnisti e mangiano in piccole aree attrezzate nei reparti dove lavorano.

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A fianco della mensa c'è la carpenteria. È un capannone grande come due campi di calcio: ci lavorano 300 operai e riparano di tutto, dai

carri ferroviari ai giganteschi pentoloni dell'acciaieria. È anche uno dei

reparti a maggior tasso di infortuni. Spiegano: “Qui si usano le mani e le fiamme”. E quasi ogni giorno qualche operaio esce in anticipo: direzione infermeria.

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Quello di Taranto è l'unico impianto siderurgico italiano in cui è possibile l'intero ciclo produttivo dell'acciaio.

«Non siamo una fabbrica di cioccolatini. Facciamo acciaio» dicono i

dirigenti dell'Ilva. Ed è impensabile, aggiungono, che una fabbrica con queste enormi dimensioni abbia un impatto ambientale pari a zero.

Non c'è fashion, stile o design in quello che si produce in un'acciaieria.

L'Ilva è la mammella da cui Taranto succhia il miele di migliaia di posti di lavoro ma, se non si risolveranno i problemi ambientali, potrebbe

rappresentare un vincolo insuperabile per immaginare un futuro diverso della città.

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Il giorno in cui misi piede per la prima volta nel cantiere Ilva di Taranto fui preso dallo sconforto, come mai mi era accaduto nella mia lunga esperienza lavorativa. Difficile arrivare alla fine di quella giornata. Trovare quel lavoro non era stato facile: dopo mesi di mobilità e decine di domande un contratto a due mesi mi aveva dato respiro. Conoscevo già il cantiere per averci lavorato in trasferta qualche anno prima. La sensazione che avevo ora, però, era di definitiva appartenenza a quel luogo e questo mi infondeva pessimismo per il futuro. Dovevo avere un’espressione molto avvilita se, tornato a casa, mia moglie mi abbracciò forte, dicendosi sicura che presto avrei trovato qualcosa di meglio. Invece restai in quella ditta per due anni, passai in un’altra come caposquadra per altri due, per poi tornare alla prima divenendo vice-capocantiere circa tre anni dopo. Questo scatto di livello mi gratificò, gravandomi al tempo stesso di una grande responsabilità a causa di lavori molto impegnativi che eravamo chiamati a fare. Ciò che restava immutato era il paesaggio. Contro un cielo velato dai fumi, si stagliavano bizzarre architetture: come cattedrali futuriste consacrate alla grande economia, svettavano numerose ciminiere attorniate da condutture metalliche che percorrevano in lungo e in largo la città-cantiere, trasportando enormi quantità di gas, per arrivare ai potenti altoforni capaci di ridurre i metalli in lava incandescente. A fumi e vapori si aggiungeva il polverino, come lo chiamavano qui, che si sollevava dalle nere colline di carbone dei parchi minerali, in una sorta di moderna rivisitazione dell’Inferno dantesco. Di tanto in tanto, paradossalmente, il tutto era avvolto dalle note dell’Inno alla gioia di Beethoven, diffuse dagli altoparlanti per sottolineare il momento culmine della «colata». A questo scenario pian piano non ci feci più caso, se non per il fatto che gradualmente contribuiva ad aggravare la mia allergia. La prima estate che affrontai in Ilva fu una delle più calde in assoluto, toccò i 40 gradi e a noi toccò ristrutturare un altoforno ancora caldo situato vicino a un altro in funzione, a 1.800 gradi. In seguito bisognò revisionare dei silos contenenti residui oleosi che impregnavano le nostre tute rendendole inutilizzabili; condutture buie e fuligginose che ci rendevano irriconoscibili come minatori a fine turno; strutture poste ad altezze irraggiungibili da chi non avesse una qualche capacità funambolica. Difficile raccontare questo stato di cose a chi non conosceva quell’ambiente. E infatti non lo raccontavo. Non lo raccontavo ai conoscenti, non lo raccontavo ai parenti. Non lo raccontavo agli storici amici insieme ai quali avevo condiviso battaglie sociali: col tempo le nostre vite erano cambiate, dal punto di vista del lavoro però, la mia vita era cambiata più delle loro. Lavoratori per lo più «di concetto», li ritenevo

Francesca è la moglie di Antonino, un operaio dell’Ilva di Taranto morto il 18 aprile 2006 in un incidente sul lavoro. Nel suo racconto ridà voce al suo compagno che non c’è più.

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teorici idealisti, lontani anni luce dal mondo cui accennavo loro con battute ironiche. Mia moglie era l’unica a conoscere nei dettagli la mia realtà lavorativa. Quasi ogni mattina mi chiamava per un rapido saluto che mi rincuorava e poi, una volta a casa, mi martellava di domande per conoscere tutto della mia giornata. Benché restìo a raccontare aspetti poco rassicuranti per lei, mi ritrovavo poi a farle un resoconto completo anche di dettagli tecnici. Questo suo modo di essermi vicina era parte integrante di una condivisione totale della nostra vita, e aveva in effetti il potere di alleviare tante giornate difficili, così come mi aiutava il bellissimo, profondo legame con i nostri figli. Ma anche al lavoro mi aiutavano i contatti umani. Ci tenevo a stabilire rapporti di amicizia prima che professionali; una risata, una battuta, qualche aneddoto ci faceva superare le giornate più pesanti. Avevo buoni rapporti con tutti o quasi e avevo rispetto per i superiori come per l’ultimo arrivato: in passato avevo subito troppe vessazioni solo per essermi opposto a delle ingiustizie da parte di capi tesi ad affermare il proprio ruolo, per non nutrire rispetto per chi avevo di fronte. Oltretutto lavoravo quasi sempre al fianco dei miei operai per condividere rischi e fatica. Era nel periodo delle «fermate», vale a dire il blocco produttivo di un settore del cantiere che permetteva a noi di intervenire, che divenivo duro ed esigente, preoccupato che tutto andasse per il meglio. Ad ogni modo, odiavo quel lavoro. Non lo lasciavo perché volevo mettere un po’ di risparmi da parte per avviare una attività indipendente, magari nella ristorazione. Cosa non facile con una famiglia monoreddito e due figli in crescita. D’altro canto, per quanto ancora avrei potuto svolgere un lavoro così usurante con due vertebre schiacciate, un menisco lesionato e una tendinite al braccio destro? E comunque sognavo un lavoro che mi lasciasse più tempo per vivere insieme alla mia famiglia e programmare finalmente delle ferie in estate, seguire il calcio, la politica, fare passeggiate senza sentirmi stanco e stressato. E se la stanchezza era dovuta alla manualità del lavoro, lo stress derivava dal carico di responsabilità per l’esecuzione tecnica secondo precisi parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e addirittura 24 ore di seguito! Nel contempo bisognava fare attenzione che nessuno si facesse male e, a dire il vero, la frequenza degli incidenti in tutta l’Ilva non lasciava ben sperare. A fine giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi: ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta si moriva anche. Le morti ci lasciavano attoniti a pensare all’esagerato tributo da pagare in cambio di un lavoro di per sé duro e alienante. Eroi, martiri del lavoro? Nessuna medaglia, non funerali di stato. E credo che nessuno di quegli

Vivere e morire nell’Ilva di Taranto Francesca Caliolo

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uomini avesse voglia di immolarsi a un dio che chiedeva sacrifici in nome di interessi economici e non si prodigava ad attuare migliori misure di sicurezza, definendo «morti fisiologiche» quelle 2-3 che in media si verificavano per anno in un cantiere dove operavano circa 20.000 persone. Ci sentivamo impotenti, rassegnate formiche al cospetto di un colosso; protestavamo e poi, dovendo continuare a lavorare, cercavamo di scongiurare la morte cercando di non pensarci. D’altronde nella nostra ditta non era mai morto nessuno. Sono passati ormai quasi nove anni dal mio ingresso in Ilva e sono ancora qui, alle prese con un’ennesima «fermata» che si presenta particolarmente complicata e che mi ha caricato di tensione già da qualche settimana. Neppure questa pausa pasquale è servita a ricaricarmi, neppure la giornata di ieri passata in campagna respirando aria pura, cosa non comune per me. Ho avuto da ridire con mia moglie anche prima di andare a dormire, col pretesto che non aveva sistemato bene la piega del lenzuolo. Lei ci è rimasta male perché era stanca, ma io ero nervoso e intrattabile e non ci siamo neppure dati la buonanotte. Più tardi appena avrò un po’ di tempo la chiamerò per scusarmi, tanto ormai lo sa che se non termina la fermata non torno sereno. E questo lavoro ci dà già delle noie, un’operazione che non va per il verso giusto, ci tocca smontare e rimontare. Siamo a venti metri da terra per sostituire delle valvole di un enorme tubo che è stato svuotato, così ci hanno assicurato, del gas che trasportava. Indossiamo maschere collegate a bombole d’aria perché potrebbero esserci residui di gas, non è la prima volta che torno a casa con nausea e mal di testa da scoppiare. E infatti verso le dieci ho soccorso un ragazzo che si è sentito male. Questo gas è inodore e insapore, perciò più insidioso; un paio di noi hanno il rilevatore ma ormai è certo che da qualche parte c’è una perdita, comincio ad avere mal di testa. Comunque noi siamo abituati ad operare così, né la ditta né l’Ilva si possono permettere di bloccare i lavori ogni volta che qualcosa non va, non gli conviene. A noi scegliere poi se ci conviene rischiare o non lavorare più. Meno male almeno che i turni ora sono regolari, in fondo non è la prima volta che respiro questo maledetto gas, mi dà nausea, vertigini, mal di testa, ma una volta a casa mi riprendo, devo resistere fino ad allora. Intanto il cellulare continua a squillare, sono quelli dell’altra squadra ed io per rispondere e richiamarli devo togliere la maschera, non posso ogni volta scavalcare questo tubo che ha 3 metri di diametro per raggiungere la postazione di sicurezza, perderei troppo tempo. Anche la scala di accesso è dall’altra parte, così mi allontano del massimo che mi è consentito. Stiamo lavorando come forsennati, vorrei che Gabriele fosse qui e ci vedesse, capirebbe perché insisto tanto sul fatto che studi; ultimamente sono stato anche un po’ duro con lui, ma non vorrei mai che si trovasse costretto un giorno a fare questo. Ora non ce la faccio proprio più, mi sento mancare le forze.

Il racconto, attraverso le parole della moglie, di un operaio morto sul lavoro. E una realtà dura da accettare, quella della vedova di un caduto in tempi di pace.

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Mi allontano verso l’ufficio, vorrei chiamare Franca ma si accorgerebbe che qualcosa non va, non voglio preoccuparla. Nella mente mi scorrono delle immagini, mi rivedo ragazzino a bottega dal fabbro, durante le vacanze estive, mentre i miei amici giocano nel cortile dell’oratorio vicino. Ma io ho perso mio padre a nove mesi e son dovuto crescere in fretta. Mia madre, contadina, ha dovuto tirare su cinque figli da sola. Con un diploma professionale, non ho trovato di meglio da fare che il muratore, stringendo i denti per la fatica eccessiva per un fisico esile come il mio. Qualche anno dopo sono diventato un bravo venditore di macchinari per falegnameria, con i cui proventi ho potuto costruire la mia casa. Dopo nove anni il mercato ristagna, torno così alla condizione di operaio stavolta metalmeccanico, nel Petrolchimico di Brindisi. Dopo altri nove anni la ditta ci impone la condizione di trasferisti; non ce la faccio ad allontanarmi dalla mia famiglia e rifiuto, ritrovandomi così in mobilità. Fino ad oggi ho trascorso quasi nove anni qui in Ilva e chissà, forse la mia vita avrà una nuova svolta. Non cerco di dare un senso a questa mia vita di fatica e sacrifici. Il senso è già tutto negli affetti. D’altronde la felicità non è una condizione continua, se non nelle fiabe. Noi dobbiamo accontentarci delle piccole cose e vivere intensamente i momenti di felicità che ci capitano, come dice mia moglie, che sa restituirmi la gioia di vivere. Ora devo tornare al lavoro, non mi sento ancora bene. Qualcuno mi sconsiglia di risalire, non ho un bell’aspetto, dice. Non posso, siamo una squadra e io ne sono anche responsabile. Infatti i problemi non sono ancora risolti; insistiamo, ricominciano le telefonate. Cambia il turno, mi sollecitano a lasciare ad altri il completamento del lavoro. Non posso, ci sono quasi riuscito, è un lavoro pericoloso, meglio completarlo. Stasera a casa voglio abbracciare Franca, Gabriele e Roberta, dire loro quanto li amo, proporgli di fare una crociera, è tanto che ci penso e poi voglio cambiare lavoro, non ce la faccio più, sono stanco, stanco, così stanco che all’improvviso ho voglia di dormire, mi si chiudono gli occhi, squilla il cellulare, dormo. Amore mio, è passato tanto tempo da quando non ci sei più. Quante volte mi sono chiesta se non sentivi lo squillo della mia chiamata, se proprio in quel momento cadevi, se pensavi a noi. Di quel giorno posso ricordare tutto, posso anche rivivere lo straziante dolore di una realtà dura da accettare, così dura da far crescere in un attimo i nostri ragazzi, proiettati improvvisamente davanti alla morte, quella del loro adorato papà. Voglio credere che quel giorno il Signore ti abbia fatto cadere tra le sue braccia, per portarti a vivere una felicità mai provata prima. Voglio credere che tu sia qui tra noi, che continui a proteggerci col tuo amore e la tua tenerezza. Dev’essere così, altrimenti non saprei spiegarmi perché continuo ad amarti tanto e ad avere la forza di vivere senza di te.

La sua storia come quella di Vita, Patrizia e tante altre - mamme, mogli o sorelle che hanno elaborato il lutto e trasformato il dolore in rabbia, mentre si battono per avere giustizia.

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La legge regionale sulla limitazione delle emissioni di diossina

è un ambizioso e avvincente primo passo che risponde alle giuste richieste di difesa della qualità della vita dei cittadini di Taranto.

È l’inizio per un’attenta e costante tutela integrata dell’ambiente,

che passa necessariamente attraverso puntuali e intelligenti azioni di controllo, che prevedendo pluralità di interventi e coinvolgendo

positivamente tutti gli attori in campo, farà di Taranto, sfondando le misteriose porte dell’impossibile, contro tutti gli oscurantismi, un esempio da imitare.

Ippazio Stefano

Sindaco di Taranto

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Quale futuro per Taranto e per la Puglia? Quattro casi di studio.

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Friuli Venezia Giulia

1

L’adeguamento al protocollo di Aarhus

con il quale si concede l’aia mentre la Società

(ex Servola) a Trieste.

migliori tecniche disponibili negli impianti di

Anche la Regione Friuli Venezia Giulia ha

ad adottare un “piano di monitoraggio” delle

simile a quella di Taranto, per lo stabilimento

0,4 ng TE/mD ma respingendo la richiesta del

Il percorso di adeguamento agli standard

di intesa sottoscritto il 20 gennaio 2003 che

stato ottenuto emettendo due atti:

Lucchini entro il 2009)” motivo per il quale “il

Ambiente del 2006 con il quale si recepisce

con la quale ha manifestato formale dissenso

dello stabilimento siderurgico Lucchini

si impegna, in tempi brevissimi, ad adottare le

produzione, a rispettare i limiti di emissione,

dovuto affrontare una situazione, parzialmente emissioni, confermando quindi il limite di

siderurgico (ex Servola) della Lucchini a Trieste. Comune di Trieste di “tener conto del Protocollo europei e di drastica riduzione delle emissioni è prevede la dismissione degli impianti della 1. un primo decreto della Direzione Centrale “per quanto attiene l’emissione di diossine

il rispetto del limite di 0,4 ng TE/mD previsto dalla Decisione cee/ceea/ceca n. 259 dd.

Comune ha consegnato una nota il 30/10/2007 al rilascio dell’aia” confermandolo “nella

Conferenza dei Servizi”.

1912/2004” vale a dire la decisione che approva il Protocollo di Aarhus;

2. un secondo decreto del febbraio 2008 relativo al rilascio dell’aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) regionale alla Società Lucchini

(subentrata alla Società Servola) per impianti di cokeria, sintetizzazione e produzione ghisa

101


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Liguria

2

Ilva di Cornigliano (Genova).

chiusura dell'altoforno, verranno – al termine

e la riconversione del siderurgico.

produzioni a freddo. L’accordo, oltre alle garanzie

Lo smantellamento del ciclo a caldo

delle operazioni di bonifica – reintegrati nelle

occupazionali, prevede la tutela del reddito dei

La riconversione delle acciaierie Ilva di

lavoratori posti in cassa integrazione. L’azienda

2005 a seguito di un Accordo di programma tra

infatti, al pieno recupero del reddito per i tre

Industriale Riva.

lavoratori in esubero potranno prendere parte

Cornigliano (Genova) è stata avviata nell’ottobre prima e la Regione Liguria poi concorreranno, Governo, Regione Liguria, sindacati e Gruppo

anni del periodo di riconversione. Inoltre, i

Dopo anni di lotte e disagi ambientali, di perdita ai progetti di pubblica utilità promossi dagli di posti di lavoro, il caso delle acciaierie di Ilva

enti locali. La tutela del reddito e il re-impiego

L’accordo di programma prevede la chiusura

Il piano prevedeva inoltre il mantenimento dei

di Cornigliano (Genova) trova esito positivo.

riguarderà anche tutti i lavoratori dell’indotto.

definitiva dell’altoforno, altamente inquinante,

2.700 posti di lavoro. L’accordo siglato è stato

piano industriale di 5 anni, e un investimento

ed ambientale. Il gruppo Riva si impegnava

e la riconversione degli impianti. Attraverso un previsto di 770 milioni di euro, il gruppo Riva si impegnava a smantellare definitivamente

l’altoforno per le lavorazioni a caldo, ad

ampliare le lavorazioni a freddo di acciaio stagnato, zincato e di lamierino destinato

al settore auto. I 650 lavoratori, collocati in

cassa integrazione per 36 mesi in seguito alla

molto importante anche dal punto urbanistico a restituire infatti 300 mila metri quadrati

alla città dove sorgerà un parco urbano. Ne beneficeranno così la viabilità e la qualità

dell’ambiente.Si è riusciti, così, ad ottenere

garanzie occupazionali, tutela del reddito e a

sconfiggere il clima anti-industriale diffusosi a

Genova.

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Austria

3

Il siderurgico VoestAlpine di Linz.

e nella costruzione di impianti per questo

dei lavoratori in una fabbrica competitiva

Per rispondere ai requisiti normativi richiesti

Rispetto dell'ambiente e della salute

che sostiene anche il rilancio culturale del territorio.

Lo stabilimento siderurgico VoestAlpine

di Linz, fondato durante la Seconda guerra

mondiale, è diventata uno dei fiori all'occhiello dell'industria austriaca, sia per aver ridotto al minimo il proprio impatto ambientale ma anche per aver saputo affrontare la

comparto.

per l'ampliamento della propria capacità di sinterizzazione a 2,8 milioni di tonnellate all’anno, la VoestAlpine di Linz ha deciso di passare dall’impiego di un impianto

di depolverazione umida a un processo

caratterizzato da una serie di trattamenti in cui, polveri e componenti inquinanti

ancora presenti nei fumi di processo dopo il

trattamento nei filtri elettrostatici, vengono

concorrenza asiatica proponendo produzioni su ulteriormente abbattuti con successivi larga scala di acciai speciali, mantenendo posti

trattamenti abbastanza complessi (ricircoli,

Il caso dello stabilimento siderurgico austriaco

ecc.). Il sistema, denominato Meros (acronimo

di lavoro nella regione.

rappresenta uno dei più avanzati esempi di produzione di acciaio a basso impatto ambientale grazie all’impiego delle più

innovative tecnologie disponibili. L’azienda

ha “dichiarato guerra” alle emissioni nocive

in collaborazione con Siemens VAI, una delle aziende leader mondiali nell’engineering

precipitatori a umido, a secco, filtri di tessuto,

di Maximized Emission Reduction of Sintering), è attualmente il più moderno e potente

per ridurre le emissioni nella produzione

dell’acciaio e consente di ridurre fino al 90% le emissioni di polveri sottili, anidridi solforose, metalli pesanti, diossine e furani e di altre sostanze dannose.

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Per le sue performance lavoratori all’interno dell’azienda. in campo ambientale

Le retribuzioni dei capi settore, dipendono tra

lo stabilimento di

l’altro, dall’osservanza dei regolamenti sulla

punto di riferimento

La promozione della salute sul posto di lavoro

Linz è considerato il

salute e la sicurezza dei dipendenti.

anche dalle normative (WHP -Workplace Health Promotion) ha un europee, tanto che il

bilancio a parte e viene pianificata e coordinata

che stabilisce le

progetto, composto da rappresentanti della

protocollo di Aarhus, linee guida europee in materia di emissioni inquinanti degli stabilimenti industriali,

fa esplicito riferimento sia alle tecnologie

adottate dall’azienda austriaca, considerate come le migliori disponibili al momento (BAT - Best Available Techniques), sia ai

risultati ottenuti. Da questo punto di vista

sono particolarmente significativi i valori di

da un comitato direttivo responsabile del

direzione aziendale, dei lavoratori e di alcuni funzionari degli uffici nazionali del lavoro. Al fine di ottenere maggiori e più precisi dettagli sulle necessarie misure di WHP,

VoestAlpine ha condotto una indagine tra i

dipendenti. Successivamente, nelle principali

officine meccanizzate e nelle mense aziendali sono stati introdotti i “circoli della salute”

emissioni di diossine e furani della VoestAlpine che hanno formulato numerose proposte che si sono attestati intorno a 0,1 nanogrammi

di miglioramento. Nell’ambito dei gruppi

0,2-0,4 prescritti dalla convenzione di Aarhus.

continuo processo di miglioramento. Poiché

a metro cubo normalizzato, ben al di sotto dei

di qualità, i dipendenti partecipano ad un

Particolarmente significativa è anche la politica il 6% dei dipendenti (569) sono disabili o aziendale per la salute e la sicurezza dei 106

hanno gravi problemi di salute, l’azienda


attribuisce particolare

stati notevolmente ridotti. Di conseguenza,

riabilitazione dei

personale e il tasso di assenteismo per malattia

importanza alla lavoratori che si

sono gravemente

ammalati o che, a

causa di ciò, si sono

assentati per lunghi

periodi. Per consentire

ai dipendenti di conciliare il lavoro con gli

impegni familiari, l’azienda ha predisposto

degli asili nido aziendali ed offre la possibilità di usufruire di orari part-time. I dipendenti dispongono anche di sale per il riposo ed il

relax. Presso la VoestAlpine sono disponibili

è aumentato il livello di soddisfazione del

è diminuito passando dal 7,9 al 7,2%, mentre il

tasso di infortuni sul lavoro è passato dallo 0,9 allo 0,8% negli ultimi due anni.

Oltre a rappresentare il "motore" economico e produttivo della regione la VoestAlpine

di Linz esercita anche un ruolo di primaria

importanza nella promozione del territorio

sostenendo numerosi programmi di rilancio della città. Oggi Linz dimostra tutta la sua rilevanza della produzione artistica come prototipo di rinnovamento urbano e di

politica di sviluppo culturale che va al di là

vari programmi dedicati all’esercizio fisico ed al del tradizionale turismo. Ha capitalizzato la rilassamento. Il dipartimento di medicina del

sua visibilità attraendo anche nuove strutture

un servizio di assistenza sociale. VoestAlpine

contemporanea austriaco e iniziative come il

lavoro e il comitato di fabbrica offrono inoltre vanta un tasso di attuazione delle proposte dei Circoli della salute pari al 94%. Le condizioni

di lavoro sono migliorate sensibilmente e gli

come il Lentos, il più importante museo di arte festival musicale che a settembre precede Ars Electronica, collocandosi, insieme a NewYork, Madrid, Vancouver e Tokio, nella geografia

effetti negativi sulla salute dei dipendenti sono della cultura mondiale.

107


108


Germania

4

La rinaturalizzazione del bacino

da uno sviluppo urbanistico generale assai

e la costruzione partecipata

pesanti eredità lasciate in “dote” al territorio

siderurgico e minerario della Ruhr del più grande parco paesaggistico d’Europa1

della valle dell’Emscher era costituita dallo

Il bacino industriale della Ruhr è stato

Prima dei grandi stravolgimenti, il corso del

l’oggetto di un ciclopico lavoro di recupero, avviato negli anni tra il 1989 ed 1999 dal governo regionale (Land) della Renania-

Westfalia, in collaborazione con un organo

d’intervento d’eccezione: l’IBA Emscher Park. Alla fine degli anni Ottanta, la regione

dell’Emscher si presentava in uno stato di

massimo degrado sotto molti aspetti. L’iper-

specializzazione del sistema produttivo aveva conformato a questo scopo l’intera struttura

fiume Emscher, costituiva la struttura naturale portante dell’intera regione. I numerosi corsi

d’acqua che affluivano in esso, collaboravano a formare il ricco assetto idrologico del

bacino fluviale. Il successivo destino del

fiume Emscher, divenne tristemente noto

in tutto il mondo, a causa della gravità del

livello d’inquinamento raggiunto: il suo corso naturale, infatti, era stato trasformato in un lungo scarico pubblico a cielo aperto.

L’avvio del programma di lavoro, fu varato dal

o al municipio, ma attorno agli stabilimenti

sociali a presentare progetti, idee ed opinioni

siderurgici ed alle miniere. Il paesaggio che ne 1

stato di avanzato e diffuso inquinamento.

sociale e territoriale della regione; i nuclei

urbani non crescevano attorno alla cattedrale

Testo tratto da: Raffaella Spagna, Osservatorio Città Sostenibili (Network interdipartimentale del Politecnico e Università di Torino); http://www.ocs.polito.it/biblioteca/giardini/ emscher_s.htm

disordinato e frammentario. Una delle più

rimaneva era fittamente cosparso di colline di

scorie industriali, tracciati ferroviari, fabbriche

dismesse, strade senza uscita, il tutto corredato

governo del Land, invitando le diverse parti

riguardanti l’area. I progetti raccolti in questa prima fase furono più di 350. Molti di questi

progetti (più di settanta) sono stati inseriti nel calendario delle iniziative intraprese dall’IBA,

109


la quale - unitamente ad altri programmi

delle nuove forme dell’abitare, del lavoro

patrocinio, l’impressionante numero di 120

dell’archeologia industriale nonché delle

d’intervento - ha varato, sotto il proprio progetti.

nel parco, della ricreazione lungo il fiume, questioni relative agli aspetti sociali e culturali

L’obiettivo principale e la linea guida dell’intera del tempo libero. iniziativa è stata la realizzazione del grande

La caratteristica che più connota il progetto e

Oggi in fase di costruzione - ricopre un’area di

importanza, è rappresentata dall’eccezionale

Parco Paesaggistico dell’Emscher.

circa 320 kmq, che rappresenta più di un terzo

che fa di esso un “evento storico” di particolare

ruolo strategico giocato dal “paesaggio”.

della superficie complessiva della regione della La trasformazione della sua immagine, è Ruhr (800 kmq). Esso si estende per circa 70

stato il mezzo per agire sull’immaginario,

e Bergkamen nella Westfalia e, in altezza, per

popolazione dell’Emscher ed alimentare in essa

Il suo tessuto connettivo, ricongiunge e lega

della loro regione. Più di due miliardi di euro

km, nella fascia est-ovest tra Duisburg, sul Reno sulle aspettative ed sui desideri dell’intera

10-12 km su entrambi i lati del fiume Emscher. a sé le fasce di paesaggio che separano i 17 comuni compresi dal progetto.

L’intera operazione è stata suddivisa in sette settori principali d’intervento, o progetti guida. Essi coprono un’ampia gamma di problematiche che, partendo dalla

riqualificazione ecologica del bacino del fiume Emscher, arrivano ad affrontare la questione 110

la volontà di inserirsi nel processo di rinnovo

sono stati spesi per intessere la trama di questo

nuovo paesaggio: un paesaggio che si sta ormai delineando con chiarezza, ma che è ancora

in piena metamorfosi di cui la popolazione e le istituzioni hanno finito per sentirsi pienamente partecipi e responsabili.


111


VIVERE CON LA FABBRICA REGIONE PUGLIA

A cura della Presidenza della Giunta Regionale

Hanno collaborato Settore Comunicazione Istituzionale della Presidenza della Giunta Regionale Assessorato all'Ecologia, Tutela dell’ambiente, Politiche energetiche, Attività estrattive, Smaltimento rifiuti, Aree protette Assessorato all'Assetto del territorio, Urbanistica, Edilizia residenziale pubblica ARPA Puglia Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Comune di Taranto

Ricerca e adattamento dei contenuti, progettazione della grafica e della rappresentazione dei dati Nino Perrone Impaginazione Michele Colonna Ringraziamenti Birgit Atlz Piero Castoro Aldo Creanza Alessandro Marescotti Angela Marvulli Luigi Oliva Angelo Pergolini Rita Petrilli Federico Pirro Valeria Pisani Antonietta Podda Mario Romandini Alfredo Violante Referenze fotografiche Pigi Cipelli, copertina e pagine da 57 a 89; Piero Raffin, pagina 96; dpf1958 (nickname Flickr), pagina 98; Ufficio stampa VoestAlpine-Linz, pagine 100, 102, 103; Roland Barthofer, pagina 104; Enora Prioul, pagina 107. I disegni dei bambini delle pagine 4, 6, 8 e 10 sono tratti dalla pubblicazione “Sognando nuvole bianche. I bambini di Taranto contro l'inquinamento della città”, giugno 2008.

Composizione tipografica in Thesis FF Serif - Luc as de Groot 1994 Finito di stampare nel mese di marzo 2009 da SEDIT Servizi editoriali - Modugno (BA) su carta Fedrigoni Symbol Tatami White 115 g/mC



La Regione Puglia ha deciso di fare scelte coraggiose, non più procrastinabili: unica, in Italia, si dota di una Legge che stabilisce dei limiti precisi alle emissioni tossiche degli impianti industriali e, ignorando quelli altissimi

VIVERE CON LA FABBRICA

alle normative della maggior parte dei paesi industrializzati. Una Legge per affermare che il diritto alla salute e i diritti dell’ambiente non possono più essere contrapposti al diritto al lavoro e che anzi, lavoro e ambiente, devono essere considerati come unico paradigma di un modello di sviluppo lungimirante e di qualità.

www.nodiossine.puglia.it

VIVERE CON LA FABBRICA

consentiti dalle normative italiane, si allinea, finalmente,

La Legge regionale per limitare le emissioni di diossine e furani e per restituire a Taranto e alla Puglia una prospettiva di lavoro, nel rispetto della salute e dell’ambiente.


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