Coaching per lo Sport

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COACHING PER LO SPORT

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Slide riassuntive

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COACHING PER LO SPORT Coaching – modulo 1 1. Definizione - di cosa si tratta 2. Obiettivi del coaching 3. Struttura della conversazione di coaching 4. Tecniche di coaching, intelligenza emotiva in pratica 5. Competenze del coach Coachee (amatore o atleta) – modulo 2 6. La persona al centro 7. Le due menti 8. Motivazione 9. Resilienza 10. Gestione dello stress 11. Gestione del tono di attivazione

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Dott.ssa Veronica Rossi

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COACHING PER LO SPORT Esercitazioni pratiche – Modulo 3 • Demo tool coaching: time to think • Sessioni di coaching tra studenti con supervisione • Sessioni di coaching tra studenti e coach • Team coaching – simulazioni Sviluppo Competenze - Modulo 4 • Assessment • Focus • Obiettivo • Stato di Flow • Capacità attentive • Feed-back • Stili di Leadership • Capacità di ascolto contestuale Dott.ssa Oriana Ghinato

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COACHING PER LO SPORT Strumenti – Modulo 5 • Locus of control • Self-Talking • Imagery • Controllo respirazione • Trasformazione del linguaggio • Cambiare la prospettiva • Emotional Agility

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Definizione COACHING significa VITA, VIAGGIO, CAMBIAMENTO, CRESCITA, AZIONE, SVILUPPO, ISPIRAZIONE, SUCCESSO, MOTIVAZIONE, OBIETTIVI, STRATEGIE…. PERCORSO DI CRESCITA PERSONALE E PROFESSIONALE AMBITI DI UTLIZZO: ISTRUZIONE SPORT PERSONA AZIENDA SANITA’ ………… Dott.ssa Oriana Ghinato

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Definizione

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Definizione L’IDEA DI BASE: «OGNI INDIVIDUO POSSIEDE LE CAPACITA’ PER POTER CAMBIARE E CRESCERE» OGNI INDIVIDUO, COL TEMPO, ACQUISISCE DATI E SVILUPPA NUOVE ABILITA’ E NUOVI COMPORTAMENTI; OGNI INDIVIDUO SCOPRE CAPACITA’ INTERIORI CHE GIA’ SONO PRESENTI MA DI CUI NON E’ CONSAPEVOLE; OGNI INDIVIDUO SCOPRE CAPACITA’ INTERIORI CHE NASCONO E MIGLIORANO COL TEMPO, DI CUI SI DEVE ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA E DI CUI DIVERNTERA’ RESPONSABILE Dott.ssa Oriana Ghinato

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Definizione LIBERARE IL POTENZIALE DELLE PERSONE PER MASSIMIZZARE LA PREFORMANCE APPRENDIAMO TUTTI CON TEMPI DIVERSI E IN MODO DIVERSO; L’APPRENDIMENTO VIENE OSTACOLATO DALLA TRASMISSIONE DI INPUT PRECISI ED ESPLICITI… Dott.ssa Oriana Ghinato

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Definizione L’AVVERSARIO NELLA PROPRIA TESTA E’ PIU’ FORMIDABILE DI QUELLO DALL’ALTRA PARTE DELLA RETE (Timothy Gallwey)

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Obiettivi 1. ACCEDERE ALLE COMPETENZE E ALLE CAPACITA’ 2. ACQUISIRE CONSAPEVOLEZZA DELLE PROPRIE COMPETENZE E CAPACITA’ – RESPONSABILITA’ 3. AGIRE IL CAMBIAMENTO 4. CRESCERE A LIVELLO PERSONALE E PROFESSIONALE A. SOSTENERE IL PROSSIMO NELLA CRESCITA B. SODDISFARE IL BISOGNO DI ESSERE RISPETTATI E AMMIRATI

AUTOSTIMA

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FIDUCIA IN SE STESSI Dott.ssa Veronica Rossi

ACCETTAZION E Dott.Claudio Cice 10


Obiettivi CREARE UNA CULTURA DI COACHING, PERFORMANCE DI ALTA QUALITA’;

GENERA

UNA

POSSEDERE UNO STRUMENTO DI LAVORO VALIDO (MODELLO GROW); IL COACHING DEVE ESSERE TRASFORMATIVO; SI DEVE METTERE IN PRATICA L’INTELLIGENZA EMOTIVA (LA CAPACITA’ DI RELAZIONARSI AGLI ALTRI SU BASE DELLA FIDUCIA)

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Conversazione di Coaching LA CONVERSAZIONE DI COACHING - LE SUE CARATTERISTICHE PRINCIPALI: • • • •

ALLEANZA e COLLABORAZIONE CONVERSAZIONE TRA PARI CULTURA DI INTERDIPENDENZA CREDERE NELLE CAPACITA’, NEL PROPRIO POTENZIALE E IN QUELLO DI CHI ABBIAMO DI FRONTE • CONCENTRARSI SUI PUNTI DI FORZA, SULLE SOLUZIONI E SUI SUCCESSI FUTURI • ENTRARE IN CONNESSIONE CON L’ALTRO • NON GIUDICARE E TIRARE FUORI IL MEGLIO DAL NOSTRO INTERLOCUTORE

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Conversazione di Coaching BLOCCHI INTERIORI ED ESTERIORI AL MANIFESTARSI DEL POTENZIALE:

Il blocco più importante è la PAURA: • paura del fallimento • mancanza di sicurezza di sé • dubitare delle proprie capacità • non credere in sé SCOPRIRE COME CREDERE IN SE’ STESSI:

• Non sono sufficienti i successi MA bisogna essere consapevoli che il successo è il fritto di uno SFORZO. • Percepire la COMPRENSIONE degli altri • Avere spazio D’AZIONE

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Conversazione di Coaching APRIRE LA SESSIONE DANDO LA PAROLA AL COACHEE: IL PROCLAMA • • • • • • • •

FASE 1 FASE 2 FASE 3 FASE 4 FASE 5 FASE 6 FASE 7 FASE 8

CHIEDERE AL COACHEE DI COSA VUOLE PARLARE ESPLORAZIONE CON DOMANDE APERTE INDIVIDUARE IL FOCUS INDIVIDUARE IL PIANO D’AZIONE VERIFICA DELLE EVENTUALI BARRIERE RIASSUNTO DELLA SESSIONE DA PARTE DEL COACHEE FISSARE LA SESSIONE SUCCESSIVA CHIUDERE LA SESSIONE («COSA PORTI CON TE ORA ?»)

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Conversazione di Coaching • Comportamenti • Parole • Gesti

MA A L C PRO l de HEE C A CO

• • • • •

Pensieri Sentimenti Valori Credenze Bisogni soddisfatti o insoddisfatti

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Intelligenza Emotiva INTELLIGENZA EMOTIVA • La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo di solito consapevoli • La mente emozionale è un sistema di conoscenza impulsivo e potente a volte illogico Le due menti interagiscono e di solito sono in equilibrio, le emozioni alimentano e informano le operazioni della mente razionale. La mente razionale rifinisce e a volte si oppone agli input delle emozioni, ma se la passione aumenta la mente emozionale travolge la mente razionale.

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Il sistema Limbico - Amigdala

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Amigdala e Ippocampo • Amigdala = Ghiandola del cervello che gestisce le EMOZIONI. Quando entra in iperattività si supera la soglia della consapevolezza. Il ricordo è un GRILLETTO NEURALE che spinge all’azione. • UN RICORDO riemerge quando si sentono odori, suoni ecc. Come se si accendessero delle lampadine riportando a galla il sommerso. I ricordi sono esperienze percettive intense che rimangono incastonate nei circuiti del CERVELLO EMOZIONALE. • Ippocampo = Sede di apprendimento e memoria. Trasforma la memoria a breve termine in lungo termine Dott.ssa Oriana Ghinato

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Modello GROW GOAL (Obiettivo) Stabilire gli obiettivi della sessione e nel lungo periodo REALTA’ Controllare ed esplorare la situazione attuale (qui ed ora) OPZIONI Possibilità di scelta: strategie ed azioni da mettere in atto WILL (volontà) Cosa si deve fare, quando, con chi, «voler fare»

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Modello GROW

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Cosa vuoi fare? Will

Che alternative hai? Opzioni

Come è la situazione attuale? REALTA’

GOAL

Cosa vuoi?

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Modello GROW

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Competenze del Coach Un bravo coach può: avere tante conoscenze, esperienza, può essere molto tecnico, essere molto dinamico, intelligente, comunicativo e divertente. MA non dovrà, MAI affrontare la conversazione partendo dalle competenze tecniche e non dovrà mai dare input risolutivi al coachee. Un coach non è: un mentore o un consulente Il bravo coach è un leader che accompagna il coachee alla scoperta e all’osservazione, il coachee svela le proprie potenzialità e trova soluzioni. Affronta con il coachee il problema là dove si manifesta. Pillola: L’inefficienza motoria nasce dall’insicurezza e dalla scarsa conoscenza del proprio corpo, nasce dal non fidarsi delle proprie capacità. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Caratteristiche del Coach • • • • • • • • • • • • •

Onesto Segue un codice etico preciso Discreto ed educato Pigmalione Crede in valori precisi Lavora in sincronia con il proprio coachee Disponibile Coraggioso Umile Sa usare il silenzio E’ «Egoless» Sempre equo Dice sempre la verità

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Regole per il Coach Volontarietà – il coachee deve volere il coaching. Nessuna forzatura. Segreto professionale – il coach non deve rivelare alcuna informazione a terzi. Trasparenza – Il coach deve utilizzare una comunicazione diretta ed evitare fraintendimenti. Etica – il Coach segue regole ferree e mette sempre al centro il coachee. Nulla conta di più del coachee. Professionalità – il coach deve essere qualificato, preparato, aggiornato. Distacco – Il coachee non deve cadere nella dipendenza, non si deve creare un rapporto empatico tra coach e coachee. Il coach deve essere distaccato ma non freddo, concentrato ma non lontano. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Il coachee “La ricerca del significato da parte dell’uomo è la motivazione principale della sua vita, e non una razionalizzazione secondaria di forze istintive.” Viktor Frank, “Alla ricerca di un significato nella vita” - 1959

LA PERSONA – l’individuo – è sempre al centro ! Un corpo allenato fornisce risposte migliori e adeguate ad ogni circostanza, una mente allenata e sintonizzata col corpo fornisce risposte oltre ogni aspettativa. Una fonte di energia inarrestabile che spinge verso il futuro (il Coaching in questo ambito fornisce percorsi di crescita e sviluppo notevoli).

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Il coachee • Lo stato mentale è la chiave per ogni tipo di performance. • Nello sport la tecnica e la forma fisica sono paragonabili a conoscenza ed esperienza negli altri ambiti della vita. • Il lavoro da fare è mantenere uno stato mentale ideale e positivo cercando di aumentare sempre consapevolezza e responsabilità attraverso esercizi quotidiani. • Se la mente non è consapevole il corpo reagisce e dà una risposta fisica; segnalando così la mancanza di sintonia tra mente e corpo. I segnali del corpo chiedono dunque alla mente di cambiare le abitudini per ristabilire la sintonia. Se la mente e corpo sono sintonizzati significa che siamo in grado di vedere le cose realmente per quello che sono senza giudizi e preconcetti. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Gestione dello stress e Tono Avere FIDUCIA in sé stessi e avere UN’ATTIVAZIONE ADEGUATA comporta la COMPLETA ATTENZIONE verso l’OBIETTIVO da raggiungere. La sensazione di benessere viene codificata. ABBASSARE IL TONO • Abbassare la frequenza respiratoria ATTIVAZIONE • Rilassamento • Respirazione rapida muscolare • Esercizi articolari • Focalizzazione • Visualizzazione delle azioni • Eliminazione dei • Self-motivating-push distrattori (identificare e analizzare)

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Gestione dello stress e Tono • RICONOSCERE la situazione ce genera stress • CREARE una gerarchia delle situazioni che generano stress • IMMAGINARE di scrivere su una lavagna bianca le parole che identificano le situazioni che generano stress e cancellarle una ad una • RILASSARSI E CONTROLLARE LA RESPIRAZIONE abbassare il ritmo respiratorio (rallenta la FC) • PREPARARSI MENTALENTE a percepire i cambiamenti e ad utilizzarli • CONCENTRARSI e fare esercizi di focalizzazione (esempio riconoscere un singolo suono). Ascolto interiore. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Motivazione 1. MOTIVI CHE GUIDANO UN INDIVIDO A COMPIERE UN’AZIONE 2. RAGIONI CHE GIUSTIFICANO UNA DECISIONE 3. DRIVER CHE SPINGE VERSO UNO O PIU’ OBIETTIVI Parole chiave della motivazione: • Analizzare • Pianificare • Realizzare • Valutare • Risultato • Aspettativa

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Resilienza

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Resilienza Capacità di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. • • • •

ADATTAMENTO RINFORZO CRESCITA CAPACITA’ DI RESISTERE

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Choking State o Flow State CHOKING STATE

FLOW STATE

Stato di completa PRESSIONE e DI STRESS con conseguente calo della performance

Stato di completo ASSORBIMENTO dell’attività sportiva. Sentirsi in grado di fare!

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Choking VS Flow CHOKING

FLOW

Fatica nel ragionare

Nessuno sforzo nel ragionare

Molti dubbi e poca concentrazione

Concentrazione ottimale e attenzione ai feed back

Paura senso di soffocamento e insicurezza

Libertà, tranquillità, sicurezza

Il soggetto non crede nelle sue capacità

Il soggetto è sicuro di sé

LA PERFORMANCE PEGGIORA

LA PERFORMANCE ANDRA’ PROBABILMENTE BENE

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Coaching - Esercitazioni ESERCITAZIONI PRATICHE

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Assessment L’Assessment è la fase di valutazione delle caratteristiche psicologiche generali dell'atleta, delle sue capacità cognitive e di come si pone nei confronti dello sport. Questo permette di individuare i punti deboli al fine di potenziarli. È una fase indispensabile per poter pianificare gli obiettivi di allenamento e permette il monitoraggio durante tutto il programma volto alla crescita e al miglioramento delle abilità. Strumenti utilizzabili: •Questionari (costruiti o pronti) •Test sport specifici •Colloquio individuale (o anche di gruppo) Dott.ssa Oriana Ghinato

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Assessment Oltre a colloqui e test direttamente somministrati all’atleta si può allargare il campo della valutazione rendendola il più possibile multidimensionale attraverso: ● ●

Un’analisi del contesto Colloqui di gruppo con i tecnici, allenatore ecc (anche in otica di un lavoro in team) Colloqui di gruppo con i genitori (in caso di atleti minorenni)

Per ottimizzare l’assessment, è opportuno provvedere ad una “fase di test” e una di “retest” a distanza di un certo periodo di tempo, al fine di valutare se gli obiettivi sono stati raggiunti o se ci sono stati dei miglioramenti.

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Il focus: concentrazione LA CONCENTRAZIONE È la capacità di dirigere e mantenere l’attenzione su aspetti importanti e quindi di mantenere il proprio compito. Implica la capacità di focalizzarsi sui segnali ambientali rilevanti e mantenere il giusto livello di tensione durante la performance o l’allenamento. È totale dedizione al compito che si sta svolgendo escludendo tutto il resto. È influenzabile da: Fattori interni: emozioni, autostima, motivazione ecc. Fattori esterni: contesto, ambiente È determinata da OGGETTO - ATTENZIONE DIVISA: compiere più azioni contemporaneamente e/o cogliere gli aspetti del contesto in generale (richieste abilità diverse). - ATTENZIONE SELETTIVA: riguarda uno stimolo/azione - ATTENZIONE ALTERNATA TEMPO Per quanto riguarda la variabile “tempo” –> ATTENZIONE SOSTENUTA

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La concentrazione L’attenzione divisa è prevalentemente utilizzata negli sport OPEN SKILLS mentre quella focalizzata in quelli CLOSED SKILLS. L’attenzione divisa richiede: PROCESSO AUTOMATICO –> riguarda la memoria implicita/procedurale (rapido e inconsapevole) PROCESSO DI CONTROLLO –> lento, sequenziale e consapevole Un buon senso di autoefficacia, unito ad un allenamento ottimale determina più sicurezza e quindi meno bisogno di controllare –> OVERLEARNING L’insicurezza richiede invece un processo di controllo del gesto.

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Lo stato di Flow STATO DI FLOW Fu concettualizzato nel 1975 da Csikszentmihalyi (1975), come uno stato psicologico soggettivo di massima positività e gratificazione, che può essere vissuto durante lo svolgimento di attività e che corrisponde alla “completa immersione nel compito”. Stato di coinvolgimento totale nell’attività, rasenta la derealizzazione e la depersonalizzazione. Qui l’attenzione è solo sugli aspetti rilevanti dell’azione in corso. L’atleta ha quindi uno stato ottimale di concentrazione e di attivazione. In questo stato, la memoria implicita/procedurale è libera da vincoli. C’è quindi la sensazione di avere anche un pieno controllo del corpo. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Lo stato di Flow In questa condizione l'attenzione è focalizzata sull'attività e possono verificarsi anche una sorta di stati alterati di coscienza. Il tempo sembra fermo o a “rallentatore”, i movimenti sembrano essere effettuati senza alcuna difficoltà o senza controllo preciso su di essi (memoria procedurale libera da vincoli) In questo caso si può ottenere il classico picco di prestazione (peak performance). Non ci sono pensieri negativi e si è completamente concentrati sul momento presente. Piena soddisfazione per ciò che si sta facendo e piacere diffuso. Il corpo e la mente sono in armonia.

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L’attenzione L’ attenzione riguarda l’insieme dei processi di selezione che il cervello mette in atto nei confronti degli stimoli che giungono dal mondo esterno attraverso gli organi di senso. Dal momento che il sistema cognitivo umano è limitato, cioè possiede risorse limitate per l’elaborazione delle informazioni (Broadbent, 1958), l’attenzione funziona da FILTRO. L’attenzione consente quindi di focalizzare le proprie risorse mentali su alcuni stimoli o informazioni, scapito di altri, determinando ciò di cui siamo coscienti in un dato istante.

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L’attenzione L’ attenzione può essere: SELETTIVA: è un processo che prevede la selezione di uno stimolo target specifico, selezionato tra tanti. Consente quindi di elaborare in modo privilegiato le informazioni ritenute rilevanti per il raggiungimento di uno specifico scopo.

DIVISA: è un processo attraverso il quale l’attenzione viene direzionata su due o più stimoli contemporaneamente, oppure anche compiti, al fine di portarli a termine entrambi.

ALTERNATA: processo attraverso il quale si direziona in modo flessibile l’attenzione passando da un target (o compito) ad un altro. L’ attenzione può essere direzionata secondo due modalità:

● ●

VOLONTARIA: quando c’è consapevolezza nel dirigere l’attenzione in una direzione AUTOMATICA: quando viene richiamata da uno stimolo inaspettato. Agisce quasi come un riflesso: è quindi indipendente dal carico cognitivo ed è resistente alla soppressione.

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Attenzione e attivazione Attenzione e attivazione sono correlate tra loro quando si parla di prestazioni (in questo caso, quelle sportive). ●

AROUSAL (attivazione): inteso come stato globale di attivazione dell’individuo. Come fossero due poli opposti dello stesso continuum troviamo eccitazione e sonno. Per comprendere come interagiscono queste due dimensioni, occorre rifarsi alla TEORIA DI YERKES E DODSON (della U rovesciata).

Questa teoria afferma che il livello della prestazione segue l’andamento di una U rovesciata.. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Attenzione e attivazione A livello basso di attivazione (ipoattivazione) la prestazione sportiva risulterà scarsa perché l’atleta manca di motivazione o si sente stanco ed impotente rispetto ciò che deve fare. Man mano che cresce l’attivazione si arriva al vertice della U rovesciata che corrisponde allo stato di flow. C’è un livello ottimale di stress (eustress) e ansia. Con il crescere dell’attivazione si va verso il polo dell’iperattivazione la prestazione comincia a decadere perché il livello di ansia e stress risulta eccessivo per l'atleta Ciò comporta una difficoltà di concentrazione, difficoltà nella gestione delle emozioni, sintomi fisici ecc.

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Coaching - Esercitazioni ESERCITAZIONI PRATICHE

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Feed back Definizione Il feed back è una risposta, una reazione a seguito di un messaggio, comportamento, azione ecc. Attraverso il feed back si ottengono delle informazioni, dei dati che sono utili a comprendere cosa continuare a fare e cosa modificare in vista del raggiungimento del proprio obiettivo. Il feed back quindi non deve essere preso come un rimprovero da parte dell’atleta, ma quanto più come un’informazione utile per migliorarsi. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Feed back: le fasi FASE 1: Nel consegnare all’atleta un feed back riguardo una prestazione, un allenamento, un gesto atletico, è opportuno seguire una “linea”. Si parte proprio dagli aspetti positivi (perché sono sempre presenti). Il compito dell’allenatore è quello di trovare aspetti oggettivamente positivi,mettere da parte l’emotività causata da eventuali fattori negativi e fare un’analisi il più possibile oggettiva. Questo permette all’atleta di, non sentirsi attaccato, e di predisporsi all’ascolto FASE 2: Concentrarsi sugli aspetti da migliorare. È molto più utile rispetto al focalizzarsi sugli sbagli e quindi comunicarli, permette una proiezione verso il futuro (dire “devi migliorare questo” è diverso da “hai sbagliato questo”). È importante anche non esagerare nell’indicare cose da migliorare ma concentrarsi su quelle principali altrimenti il messaggio potrebbe risultare inefficace in quanto l’atleta potrebbe avere difficoltà nel gestire troppi cambiamenti.

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Feed back: le fasi Nell’ultima fase si valuta invece COME migliorare. Se nella fase precedente si considerava È la fase della “strategia”. Dopo aver individuato le cose da migliorare occorre trovare delle soluzioni e quindi passare all’atto pratico.

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Feed back: quando? È consigliabile fornire feedback 1) Dopo l’allenamento: nel caso di sport di squadra possono essere rivolti anche ai singoli atleti. 2) Nella pausa: per cercare di migliorare la prestazione o mantenerla fino al termine della prestazione. 3)Al termine della gara/partita: attenzione però, non nell’immediato, perché non ci sarebbe ricettività da parte degli atleti sia che sia andata bene oppure no. Ed è anche preferibile anche per evitare che l’allenatore sia troppo “emotivo” nell’esternare il feed back. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Feed back: positivo e negativo IL FEEDBACK POSITIVO Poco utilizzato ma è molto importante. Non significa dispensare lodi senza motivo, ma rinforzare gesti atletici o performance andati bene. Questo ovviamente renderà più probabile la ripetizione di quel comportamento.

Sincero: allineamento della comunicazione verbale e non verbale

Rivolto al comportamento/azione: evitare di parlare dell’identità della persona perché non è efficace.

Specifico: deve essere puntuale rispetto il comportamento/azione positivo.

Conseguenze positive: mettere in evidenza i benefici prodotti da quell’azione/comportamento

Incoraggiante

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Feed back: positivo e negativo IL FEEDBACK NEGATIVO È a tutti gli effetti un rimprovero e per questo, è da utilizzare il meno possibile e solo quando DAVVERO NECESSARIO.

● ● ● ●

Sincero Rivolto al comportamento/azione Specifico Esprimere le sensazioni che ha prodotto…ma sopratutto la propria stima alla persona.

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Leadership LEADERSHIP: con questo termine ci si riferisce alla capacità di saper dirigere e un gruppo di persone, o nel caso dello sport, una squadra verso il raggiungimento degli obiettivi comuni. Di conseguenza, il LEADER è colui il quale ha capacità e competenze utili a guidare il gruppo, gestire i conflitti interpersonali e scegliere i comportamenti più idonei al raggiungimento degli obiettivi comuni. LEADERSHIP NELLO SPORT: possibilità di più LEADER all’interno della stessa squadra. Quindi due figure con due caratteristiche distinte: IL LEADER ISTITUZIONALE e LEADER INTIMO

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Leader istituzionale e leader intimo •

LEADER ISTITUZIONALE: è quello scelto dalla dirigenza, ovvero, l’allenatore. Colui che ha potere legittimo e competenza.

•LEADER INTIMO: è rappresentato da colui che dalla squadra viene identificato come il “capitano”. Detentore dalla leadership interna al gruppo. • Riconosciuto dai compagni come persona adatta nel ruolo di leader. Sono si entrambi leader, ma si pongono in maniera differente nei confronti della squadra. • Lavorano insieme cercando di risolvere problemi e di raggiungere gli obiettivi prefissati. •

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Stili di leadership Lewin, Lippit e White hanno individuato alcuni stili di leadership che possono influenzare la performance e la morale del gruppo/squadra. - Stile autoritario: è un leader centrato sul compito che controlla rigorosamente i membri del gruppo e i loro comportamenti. Non è ideale per il morale della squadra, ma è molto utile per ottenere buone performance. - Stile democratico: in questo caso all’interno della squadra vi è partecipazione; ogni membro può intervenire. È uno stile ottimo per il morale della squadra e permette di ottenere ottime performance anche se non sempre come quelle ottenibili con lo stile autoritario. - Stile lasseiz-faire: questo stile porta a far si che emergano leader spontanei in quanto il leader non si interessa del gruppo. Si determina così una situazione di confusione. Le performance non potranno così essere buone. Nemmeno il morale all’interno della squadra lo è in quanto c’è disgregazione intragruppo. Dott.ssa Oriana Ghinato

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I compiti del Leader Al leader spettano specifici compiti: ●

Dirigere e servire: è importante che il leader dia direttive chiare e si faccia valere, ma che abbia bene in mente che il suo ruolo è “servire” e non essere servito.

Generare fiducia: quando i membri si fidano del leader, egli non dovrà dare spiegazioni in merito alle proprie decisioni, ma verranno seguite dalla squadra.

Apertura: deve accogliere le richieste, le opinioni ed essere disposto a farsi influenzare dai membri della squadra. E non deve sentirsi superiore agli altri, ma anzi, deve creare un clima in cui tutti si sentano importanti per la squadra. Emotività: spetta al leader gestire eventuali problemi all’interno della squadra ma a sua volta non deve scaricare i propri sul gruppo. Libertà: non deve sentire la squadra come “propria”, superare il senso del possesso che evita di identificare la squadra come mezzo per raggiungere i propri obiettivi personali

Lodi e critiche: lodi in pubblico e critiche in privato, tenendo sempre in mente di separare l’errore dalla persona.

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La buona leadership

Il leader è colui che sa adottare il giusto comportamento al momento giusto per poter migliorare sia la performance che quello di soddisfazione dei membri della squadra. È importare la versatilità, ovvero un comportamento in grado di adattarsi alla squadra ma sopratutto occorre evitare di polarizzarsi troppo sul compito o sulla relazione. Inoltre spesso i leader sono due (intimo ed istituzionale) per cui è fondamentale che tra loro vi sia la giusta armonia in quanto un conflitto porterebbe a serie difficoltà all’interno della squadra.

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Capacità di ascolto contestuale Prima di tutto...cosa significa ASCOLTARE ATTIVAMENTE? (Gordon 1991)

È la capacità di ascoltare con attenzione, partecipando attivamente e sospendendo ogni tipo di giudizio. Ascoltare attivamente significa anche fare domande utili a migliorare la comprensione di quello che l’interlocutore porta nella comunicazione. L’ascolto attivo prevede altri due ingredienti: la riformulazione e la verbalizzazione degli stati emotivi. Nel primo caso si riformula il messaggio dell’interlocutore per capire se è stato compreso correttamente. La verbalizzazione degli stati emotivi invece prende forma attraverso la comprensione dello stato emotivo dell’interlocutore che gli viene poi ricomunicato (per esempio: “Dalle tue parole percepisco ansia”). Dott.ssa Oriana Ghinato

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Ascolto attivo ed empatia L’ascolto attivo si basa sull’empatia e sull’accettazione. L'empatia: è la capacità di mettersi nei panni dell'altro, pensare e sentire "come se" si fosse l'altro, mantenendo nel contempo il contatto con se stesso e con le proprie emozioni (Rogers 1950). Prevede la condivisione di un ruolo intellettuale, dove l’uno si mette nella prospettiva dell’altra persona e una condivisione emozionale dove ne sente le emozioni. L’ascolto attivo fa si che l’altro possa comunicare un suo eventuale disagio e quindi di favorire l’attivarsi di risorse adeguate per superarlo. Ascoltare in modo attivo conduce ad stile di influenza costruttivo nei rapporti, che include e che comunica all’altro che c’è considerazione nei suoi confronti, comprensione, ma sopratutto che lo si accetta come persona. Ci si rende disponibili a comprendere ciò che l’altro sta dicendo. L’ascolto attivo prevede altresì un’apertura nella comprensione delle proprie reazioni, nell’accettazione del “non sapere” e delle difficoltà di capire.

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Ascolto attivo: la tecnica Riflessione sul contenuto riportato dall’interlocutore Riflessione del sentimento sottostante al contenuto del messaggio Confronto attraverso il messaggio in prima persona. (Secondo me…Io penso che…responsabilità del proprio pensiero). ●

Messaggi di accoglimento, consistono in messaggi sia verbali (ti ascolto…, sto cercando di capire…) che non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…) che sottolineano l’atteggiamento di ascolto

Incoraggiamenti: messaggi verbali che incoraggiano il soggetto ad approfondire quanto sta riportando (dimmi…, spiegami meglio…) senza valutazione o giudizio ●

Restituzione: durante questo passaggio chi ascolta “riflette” il contenuto del messaggio dell’altro restituendoglielo con parole diverse.

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Goal Setting Il goal setting è una parte importante in quante permette di definire gli obiettivi che si desiderano raggiungere.

Gli obiettivi influenzano la performance. Secondo Locke e Latham per 4 motivi: ad aspetti importanti dell’attività sportiva. Dirigono l’attenzione e l’azione dell’atleta ●

Aiutano l’atleta a mobilitare i propri sforzi. Gli obiettivi non aumentano solo l’impegno immediato ma aiutano anche a prolungare lo sforzo e la persistenza. Sviluppare un impiego di nuove strategie di apprendimento durante il processo di ● ●

raggiungimento degli obiettivi. Sapere qual è la meta e come raggiungerla permette di verificare e monitorare i progressi che si stanno ottenendo. E questo può essere utile per incrementare la fiducia nelle proprie capacità e aiutare ad aumentare il senso di controllo e competenza nella propria disciplina. Dott.ssa Oriana Ghinato

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S–M–A–R-T Doran (1981) ha ideato un modello di pianificazione degli obiettivi efficace identificato con l’acronimo S-M-A-R-T. Specifico: deve essere chiaro, preciso. Non deve generare dubbi o possibilità di varie interpretazioni. Meglio se formulato in positivo.

Misurabile: raggiungerlo o meno deve essere un fatto oggettivo. Questo rende possibile anche fare “misurazioni” in itinere per valutare lo stato di avanzamento. ●

Azione: l’obiettivo deve essere legato alla propria “azione”, raggiungibile con impegno personale e svincolato dalla performance altrui.

Realistico/Rilevante: deve essere alla portata dell’atleta. occorre trovare un giusto compromesso tra obiettivi troppo semplici (rischiano di demotivare) e obiettivi troppo sfidanti (portano a frustrazione).

Temporale: deve essere ben definito nel tempo (avere una data) Dott.Claudio Cice Dott.ssa Oriana Ghinato Dott.ssa Veronica Rossi ●

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Orientamento degli obiettivi Gli OBIETTIVI possono essere orientati in diverse aree: Orientati al risultato (OUTCOME GOAL): l’obiettivo riguarda l’esito della competizione (vincere o perdere). Essendo un obiettivo sul quale c’è poco controllo, il rischio è di esercitare eccessiva pressione sull’atleta se si investe troppo nel risultato ●

Orientati alla performance (PERFORMANCE GOAL): sono concentrati sulla performance indipendentemente dagli altri o dal risultato finale. Il miglioramento può riguardare un gesto tecnico o un’abilità. In questo caso vi è alto grado di controllo. Orientati al processo (PROCESS GOAL): riguardano l’esecuzione e l’acquisizione di una determinata abilità. Hanno a che fare con gli obiettivi di prestazione perché indicano la direzione per poterli raggiungere. ●

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Orientamento degli obiettivi É importante portare l’attenzione su tutti e tre i tipi di obiettivi, evitando di concentrarsi esclusivamente sul risultato. In primis perché vi è uno scarso controllo ed in secondo luogo perché tendenzialmente la strategia adottata è poco flessibile. Ai fini della motivazione, gli obiettivi di risultato e di prestazione, quelli di processo invece sono utili per focalizzarsi sul compito. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Il lavoro per obiettivi -Determinare obiettivi chiari, realistici, e definiti operativamente. Misurabili e le relative procedure di valutazione dei risultati (formulati in termini positivi e propositivi) - Pianificare gli obiettivi significativi per il singolo o per la squadra -Determinare dei sotto-obiettivi dandogli anche una durata (a breve, medio e lungo termine) - Differenziare obiettivi di prestazione e di risultato - Pianificare le strategie per il raggiungimento delle mete

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Locus of Control Il concetto di Locus of Control fu teorizzato da Rotter nel 1954 lo definì come un costrutto unidimensionale, un continuum, con due poli opposti: interiorità ed esteriorità. Chi ha un locus of control interno tende ad attribuire i risultati ottenuti a proprie capacità personali. Quindi gli esiti delle loro azioni sono derivanti dalle proprie abilità. L’atleta in questo caso si sente diretto responsabile delle proprie azioni e gli esiti ottenuti sono in funzione della possibilità di controllare gli eventi. Chi invece ha un locus of control esterno ritiene che le conseguenze di alcune azioni siano dovute a circostanze esterni come per esempio la fortuna, il fato ecc. Questo ha come ripercussione la mancanza di “controllo” verso gli elementi che possono determinare un risultato. In questo caso l’atleta attribuisce a fattori esterni a sé i propri risultati. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Locus of Control

Bernand Weiner trasformò questo questo costrutto categoriale in dimensionale inserendo altre due dimensioni oltre al locus of control: STABILITA’: valutazione temporale delle cause (quanto durano nel tempo? Sono permanenti o temporanee?); ● CONTROLLABILITA’: che può essere alta se dovuta alle proprie competenze, o bassa se dipende da fattori come la fortuna, le azioni degli altri, il destino, etc. ●

Questi due elementi potrebbero intersecarsi con il locus of control e dare vita a interazioni differenti. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Locus of Control

Attribuire i propri successi a cause stabili, controllabili e interne porterà ad un miglioramento dell’autostima, della motivazione ecc. Al contrario l'attribuzione a cause esterne a sé, instabili e poco controllabili conduce a sfiducia nelle proprie capacità perché l’atleta si percepirà poco influente nel controllare le cause e quindi i suoi risultati. ●

Un locus of control esterno inoltre conduce l’atleta ad una sorta di deresponsabilizzazione. Questo influenzerà anche il suo dialogo interno, i suoi pensieri e di conseguenza le azioni.

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Locus of Control: la ricerca I risultati ottenuti nella ricerca di Şar, A. H. & Işıklar, A. (2012) ha rivelato che il locus of control, benessere soggettivo e ottimismo sono i predittori di fiducia nella prestazione sportiva. Soprattutto il locus of control è un fattore predittivo importante. Secondo la ricerca, il locus of control interno è un importante predittore per la fiducia nelle proprie abilità sportive. Dal momento che gli atleti con locus of control interno tendono ad attribuire i fallimenti a loro stessi, cercano delle modalità per correggere i loro punti deboli e si sforzano per raggiungere il successo (Devis & Davis 1972). Oltre a questo, è stato anche visto che gli atleti di sport individuali hanno più di frequente un locus of control interno di controllo rispetto a quelli di sport di squadra (Şar, Koç e Balçın, 2002). Nello specifico: atleti che fanno il wrestling ha più di frequente locus interno rispetto agli atleti di tiro con l'arco (Hasırcı & Koç, 1995). Gli atleti che fanno ginnastica e nuoto attribuiscono i loro successi alle loro abilità ed i fallimenti a fattori esterni (Lefebvre, 1979).

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Self Talk positivo Quando si parla di SELF TALKING ci si riferisce al dialogo interno. È ormai fatto certo che parole, frasi o immagini positive possono influenzare positivamente la percezione di efficacia che l'atleta ha di sé stesso in una determinata situazione sportiva, ma anche in generale Il self talking è strettamente collegato con il pensiero. “Il pensiero è l’attività psichica mediante la quale l’essere umano prende coscienza di sé e della realtà, formula ipotesi e giudizi, elabora contenuti ed informazioni per arrivare a definire la mappa del mondo in cui vive e si rappresenta”. (Binelli M.) Per avere un dialogo interno positivo occorre un pensiero positivo. Il self talk prevede l’utilizzo di apposite parole-stimolo che aiutano l'atleta a focalizzare l'attenzione sulla prestazione e ad evocare stati psicologici positivi e produttivi. Questo permetterà di sperimentare autocontrollo ed autoefficacia. È una modalità per applicare il pensiero positivo

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Regole del self talking

Come deve essere il SELF TALKING per essere efficace? ●

Frasi chiare e mirate: è importante utilizzare frasi sintetiche, specifiche, focalizzate e orientate al presente. Frasi positive e non giudicanti: è importante evitare di utilizzare il “non” (ad esempio: “Non devo sbagliare”). Importante anche non inserire giudizi riferiti ad eventuali errori commessi. Utilizza la gentilezza: evitare di insultarsi per spronarsi. La durezza provoca tensione e rabbia. La ripetizione è un altro aspetto fondamentale del self talking.

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Imager y Fu definita da (Kosslyn, Ganis & Thompson, 2001) come: “Un’esperienza quasi-sensoriale e quasi-percettiva che avviene in assenza di condizione stimolo esterna” Richardson (1969) sostiene che attraverso l’attività immaginativa, l’individuo può sperimentare esperienze a livello sensoriale e percettivo simili a quelle che si verificano a seguito di particolari stimoli esterni. Le “esperienze sensoriali e percettive” prevedono anche variazioni degli indici fisiologici e variazioni degli stati emozionali. In effetti,una delle dimensioni chiave dell’abilità di imagery è la vividezza, ossia la capacità dell’atleta di «provare», durante la visualizzazione dell’esecuzione di un gesto tecnico relativo alla sua disciplina sportiva, le medesime sensazioni (visive, uditive, cinestesiche, ecc.) che avverte durante l’effettiva esecuzione motoria del medesimo gesto (Fegatelli, D.)

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Imagery Ridderinkhof e Brass (2015), in un importante lavoro di sintesi, mettono in luce alcuni aspetti fondamentali dell’imagery: L’ imagery attiva un’immagine anticipatoria interna che riguarda gli effetti dell’azione reale specifica

Questa rappresentazione porta ad un processo di emulazione interna delle azioni motorie pianificate molto simile a ciò che avviene nella realtà

Il confronto tra gli effetti dell’azione anticipata e quelli dell’emulazione interna possono generare un segnale di errore che è fonte di miglioramento della prestazione motoria, anche in assenza dell’esecuzione del movimento reale

Le regioni cerebrali coinvolte nell’imagery sono sovrapponibili a quelle coinvolte nell’azione motoria reale.

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Utilità dell’imagery Prevedere ipotetici accadimenti Prima di una competizione l’atleta, grazie all’imagery, potrebbe anticipare diversi scenari e immaginarsi eventuali situazioni o azioni. Così facendo, se si dovesse verificare realmente la circostanza immaginata, l’atleta si ritroverà pronto ad agire perchè, è come se quella situazione l’avesse già vissuta. Affinare la tecnica La ripetizione mentale di un atto motorio equivale ad un allenamento reale, il che comporta una maggior efficacia nella realizzazione del gesto tecnico. Il vantaggio è che l’atleta può “allenarsi” pochi istanti prima della gara, in qualsiasi luogo e in qualsiasi condizione Concentrarsi e rilassarsi L’ imagery aiuta l’atleta a concentrarsi sul compito distogliendo l’attenzione dagli stimoli che creano ansia, quindi permette il rilassamento.

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La teoria psiconeuromuscolare La Teoria Psiconeuromuscolare (Carpenter, 1894) ha cercato di spiegare come funziona l’imagery secondo il principio ideomotorio definito «effetto Carpenter». Tale effetto sostiene che il cervello dell'atleta durante l’imagery invia configurazioni di impulsi neuromuscolari simili a quelli originati durante l’esecuzione reale del medesimo comportamento motorio, fornendo un feedback neuromuscolare che permette aggiustamenti al programma motorio stesso. Questo processo di “attivazione specifica”, eseguito in assenza di movimento reale è rilevabile attraverso misure del potenziale elettrico muscolare (EMG) sui muscoli interessati dall'attività immaginativa ed è in grado di facilitare l'apprendimento di abilità motorie. Pascual-Leone e collaboratori (1995) hanno rilevato che le modificazioni nella mappa della corteccia sensomotoria dopo un training ideomotorio molto simili a quelle ottenute con esercizio fisico. ● Mazzucco L.

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Imagery e neuroni specchio Nel 1992 uno scienziato italiano durante uno studio sui macachi, scopre la presenza dei neuroni specchio. Essi sono alla base dell’imagery. Essi si attivano per imitazione, quindi le aree motorie del cervello si attivano durante l’osservazione di azioni compiute da altri, ma succede anche per il solo fatto di immaginare una determinata azione. Se per esempio si osserva Federer giocare a tennis, nel nostro cervello si attiveranno quei neuroni deputati per quei particolari movimenti. Un po' come se al posto di Federer ci fossimo noi stessi in campo. In questo caso si parla di meccanismo esterno, ovvero, l’input di attivazione neuronale, arriva da fuori (visione del movimento altrui). Il meccanismo interno opera in maniera omologa, ma in questo caso abbiamo un input interiore (immaginazione) che si traduce in una precisa attivazione neuronale. Se per esempio immagino me stesso/a giocare a tennis, si attiveranno le stesse aree cerebrali coinvolte nella visione del campione Federer durante una partita di tennis appunto. Rossi. V (psicoadvisor.com)

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Imagery e neuroni specchio

La mental imagery è tarsversale e può essere applicata a qualsiasi sport (closed ed open skills).

Nello specifico: “closed motor skills” dove l’attività è indipendente dal contesto ambientale (es. il servizio nel tennis, il tiro a canestro nel basket, il tiro con l’arco), “open motor skills” dove il movimento è legato a stimoli ambientali (es. movimento della pallina, linguaggio del corpo dell’avversario).

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Imagery per l’atleta infortunato L’ imagery è efficace anche in caso di infortunio dell’atleta nella fase riabilitativa. L’infortunio è circostanza molto frequente nello sport e spesso può ostacolare l’allenamento motorio standard. L’atleta infortunato può quindi trovare giovamento nel suo iter riabilitativo, attraverso l’ imagery. Può infatti “allenarsi” senza necessariamente doversi muovere. L’imagery può aiutare a: •Ridurre e gestire il dolore • Superare efficacemente le problematiche psico-emotive che potrebbero emergere

durante la riabilitazione •

Mantenere il più possibile inalterato il livello di prestazione ottenuto prima dell’evento lesivo

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Imagery: lo studio I risultati della ricerca di Mousavi e Meshkini (2011) hanno mostrato che l'imagery è utile per ridurre in maniera considerevole l'ansia degli atleti e per migliorare la loro performance, in particolare, se vengono affiancate anche altre strategie psicologiche come il self talking, il rilassamento e la definizione degli obiettivi.

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La respirazione Attraverso la respirazione il nostro corpo introduce ossigeno e rilascia gas di scarto (anidride carbonica). L’ossigeno è il comburente, ed è fondamentale per la sopravvivenza. Esso permette la funzionalità dei vari organi e sistemi del corpo. ●

La respirazione è FUNZIONE PRIMARIA dalla quale dipendono le altre funzioni e sopratutto la salute.

La respirazione può essere: ● INVOLONTARIA VOLONTARIA(possiamo modificare volontariamente la respirazione)

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La respirazione RESPIRARE: lo facciamo continuamente, ma lo facciamo davvero bene? Purtroppo nella maggior parte dei casi lo facciamo in maniera del tutto inconsapevole.

La CONSAPEVOLEZZA DEL RESPIRO è qualcosa che però si può acquisire con il tempo. Di frequente, in seguito ad un’errata respirazione, sopraggiunge la stanchezza dei muscoli periferici coinvolti nell’esercizio proprio a causa di un ridotto apporto di ossigeno. Per questo motivo, è importante imparare a respirare bene. Ciò permette di ritardarne l’affaticamento, aumentare la resistenza muscolare e migliorare la performance. Dott.ssa Oriana Ghinato

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La respirazione Acquisire consapevolezza circa la respirazione è molto importante per: Migliorare l’efficienza dell’apparato respiratorio ● Mantenere una postura corretta ● Controllare stati emotivi, in particolare quelli ansiosi, favorendo così anche la concentrazione e il rilassamento Una corretta respirazione influisce positivamente sulla performance ma sopratutto aiuta a regolare gli stati emotivi. ●

La respirazione è in stretto contatto con le emozioni. È determinata da esse, ma una buona respirazione può modulare degli stati emotivi. Molto spesso problematiche di respirazione, sono dovute a emozioni inconsce o stati di stress associati a tensioni muscolari. Inoltre, molto spesso stati di spossatezza, stanchezza, mancanza di energia, sono frequentemente legati ad un’errata respirazione. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Le fasi della respirazione - INSPIRAZIONE: I polmoni si espandono, il diaframma si abbassa e viene immessa aria dalla bocca e/o dal naso. - SOSPENSIONE A PIENO: In questa fase l’aria viene trattenuta. Nella respirazione naturale, la durata è di frazioni di secondi o secondi ma può essere variata. - ESPIRAZIONE: L’aria viene espulsa dai polmoni verso l’esterno insieme a sostanze di scarto attraverso il naso e/o la bocca. - SOSPENSIONE A VUOTO: Fase che intercorre tra l’espirazione e la successiva inspirazione. L’aria è stata espulsa. La velocità del respiro può variare volontariamente o involontariamente Dott.ssa Oriana Ghinato

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Tipi di respirazione -TORACICA: è un tipo di respirazione veloce e poco profonda, che sfrutta solamente la parte medio-alta dei polmoni. Interviene principalmente nelle attività sedentarie, o quando vi siano stati ansiosi o emotivi che inibiscono la respirazione. -RESPIRAZIONE COMPLETA: è quella che coinvolge interamente i polmoni, il diaframma e tutti i muscoli della gabbia toracica. Integra la respirazione diaframmatica e toracica. -RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA: La respirazione diaframmatica è la respirazione naturale, ma nel corso della vita si va perdendo in favore di quella toracica. E questo si traduce in un ridotto degli organi funzionamento e minori energie. Nella respirazione diaframmatica l’addome si espande durante l’inspirazione e si contrae durante l’espirazione. Il torace rimane fermo Dott.ssa Oriana Ghinato

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Trasformazione del linguaggio

Le parole che utilizzi nel tuo dialogo interno, o in quello con gli altri, hanno una grande importanza perchè predispongono la tua mente e il tuo umore, ma sopratutto orientano verso determinati comportamenti o azioni. Quindi le parole non servono soltanto per comunicare con gli altri, possono cambiare il funzionamento e il comportamento. Il linguaggio serve a pensare, intendendo con questa espressione, la capacità di modificare ed intervenire sul funzionamento del cervello. PAROLE → PENSIERI → COMPORTAMENTI/AZIONI

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Alcuni esempi di linguaggio efficace SE → QUANDO: Il “se” si riferisce al dubbio, quindi non predisporrà la mente all’azione, a differenza del “quando” che invece indica un punto d’inizio. VORREI → VOGLIO: “Io vorrei” implica che venga prima soddisfatta una condizione, non c’è attenzione al qui ed ora, a differenza del “voglio” che si riferisce al momento presente. Il “vorrei” mette in posizione passiva, il “voglio” invece in quella attiva. PROVARE → POTERE: è diverso dire “provo a farlo” dal dire “posso farlo”. In questo secondo caso si predispone la mente nella consapevolezza di avere le capacità di poterlo fare.

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Linguaggio delle distinzioni Il linguaggio e le parole sono un importante strumento nelle mani del cochee. Infatti tra i vari compiti vi è anche quello di intervenire sulle parole di uso quotidiano al fine di trasformarle o dare un’altra interpretazione. In questo modo si aiuta la persona a definire la situazione che vive in modo diverso. Questo incentiva il cambio di prospettiva e di conseguenza promuove un agire diverso. Le parole sono generative, producono azioni e comportamenti. Esempio: se penso che una data circostanza sia una SFORTUNA, allora si genereranno in me emozioni di rabbia, risentimento e il mio organismo si predisporrà a reagire ad una minaccia. Se percepisco quella situazione come una SFIDA, allora, si genererà energia utile per affrontarla al meglio e quindi si attiverà il coraggio. Il fallimento non è un fallimento, ma un’esperienza. L’errore non è un errore, ma una caduta dalla quale ci si può riprendere. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Mai e sempre Sono entrambe parole con accezione negativa in quanto risuonano come un “verdetto”, una “condanna”. Rappresentano una valutazione definitiva, sarebbe più opportuno sostituirle con espressioni che si riferiscono al qui ed ora, che contengono il metamessaggio che tutto sia modificabile. Questo aiuta molto sopratutto nei casi di insuccesso. “Va sempre male” → “Oggi non è andata bene”

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Attenzione alla negazione “Non pensare ad un gatto nero” Hai pensato ad un gatto nero, vero? Il “non” è una negazione che viene processata a livello cognitivo e razionale. Invece a livello inconscio, le indicazioni con il “non” ottengono l'effetto opposto. La “mente inconscia” invece le accoglie in maniera totalmente opposta. Perché? Perché la mente tendenzialmente gestisce le informazioni attraverso le immagini. Quindi per ogni parola viene richiamata un’immagine correlata. Ma non esistono immagini associate alle negazioni, o meglio ciò a cui non dovremmo pensare. Inoltre si innesca anche il meccanismo della REATTANZA PSICOLOGICA. Dott.Claudio Cice Dott.ssa Oriana Ghinato Dott.ssa Veronica Rossi Quindi è preferibile utilizzare forme positive di linguaggio.

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Cambiare prospettiva Nel “cambio di prospettiva” è importante l’ottimismo. Quando si parla di ottimismo non ci si riferisce a quello irrealistico (effetto Pollyanna), ma si parla di una modalità più funzionale di interpretare la realtà. Martin Selligman, pioniere della psicologia positiva (ambito che si occupa di aumentare il benessere personale), sostiene che, “per cambiare la vita occorre cambiare il pensiero” → per diventare ottimista, devi cambiare i il modo in cui interpreti gli eventi. L’interpretazione è data dallo stile di attribuzione. Ci sono diverse modalità utile per un cambio di prospettiva ottimistica: ● MODELLO ABCDE (di Selligman) ● REFRAMING Dott.ssa Oriana Ghinato

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Modello ABCDE A: Individuare la situazione problematica attenendosi ai fatti (es: partita persa) B: Credenze e pensieri insorti a seguito dell’evento (es: delusione e rabbia) C: Conseguenze delle credenze e dei pensieri (es: “sono ad un livello inferiore rispetto ai miei avversari”). D: Mettere in discussione. Trovare prove a sostegno dell’inesattezza delle credenze e sostituirle con altre più funzionali. E: concentrarsi su come il cambiare le credenze influisca sullo stato d’animo

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Reframing Questa tecnica ha alla base il presupposto che nessuna esperienza è positiva o negativa in sé: ciò che la rende tale è la “cornice” entro la quale la si inserisce. Il REFRAMING è una modalità per pensare in maniera funzionale, ottimistica e permette di contestualizzare la circostanza secondo un punto di vista diverso, facendo in modo di tratte il meglio e focalizzandoci sui punti di forza. Non si può avere tutto sotto controllo, ma possiamo controllare il nostro modo di interpretare la relatà.

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Storytelling e metafore Lo STORYTELLING rappresenta un’altra modalità per cambiare prospettiva. È una narrazione, il racconto di una storia per dare senso agli elementi. La componente emotiva è il cuore dello storytelling, infatti, c’è “un’immedesimazione” di chi ascolta con i protagonisti. La narrazione rende comprensibile e facilmente memorizzabile un vissuto. È un processo interattivo durante il quale, attraverso il racconto di storie si cerca di mettere ordine e di dare un senso alle esperienze e alle situazioni. In questo modo, lostorytelling permette di rendere semplice ciò che è complicato. Le METAFORE sono una parte fondamentale della comunicazione e permettono di rendere semplice un concetto difficile. Le metafore sono utili per dare un nome alle cose che non si riescono a descrivere letteralmente, e consentono di passare dal piano metaforico, a quello cognitivo ed infine quello comportamentale, in un circolo “virtuoso” Dott.Claudio Cice Dott.ssa Oriana Ghinato Dott.ssa Veronica Rossi 92


Mirroring Il MIRRORING, è una tecnica che ha l’obiettivo di riprodurre la comunicazione sia verbale, che non verbale, della persona con la quale si sta interagendo, per creare aumentare l’empatia e la sintonia. Questo significa, imitare i gesti, il tono della voce, la postura ecc Questo permette che le persone con le quali si interagisce, si sentano accolte, comprese, riuscendo ad interagire empaticamente. Mirroring verbale: in questo caso vengono evidenziate similitudini del linguaggio,ad esempio, se l’interlocutore parla velocemente si farà altrettanto, se utilizza il tu, si farà lo stesso. In questo modo si sentirà più a suo agio. ●

Mirroring fisico: si realizza mimando il linguaggio del corpo dell’interlocutore. Questo ad esempio significa adottare la stessa distanza, se si siede, ci si siede. Questo permette un’interazione libera da difese e la possibilità di un’interazione empatica ed emotiva.

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Emotional Agility L’ EMOTIONAL AGILITY, è una sorta di sviluppo del concetto di intelligenza emotiva di Daniel Goleman. A parlare di emotional agility, è Susan David, e la concettualizza come una modalità di pensare e vivere le emozioni. La chiave sta nell’affrontarle e non nell’ignorarle. In quanto esseri umani possiamo provare diverse emozioni, alcune però vengono considerate come negative. Ma in realtà non lo sono, il problema è il modo di percepirle e viverle. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Le 4 fasi RICONOSCERE LE EMOZIONI: Significa essere consapevoli delle proprie emozioni, e viverle con curiosità e benevolenza. In alcuni casi sono emozioni determinate dalla situazione, in altri sono ancorate alla psiche e arrivano dal passato. In entrambi i casi, riflettono ciò che siamo per questo è importante conoscerle e accettarle. Per esempio, alcune credenze che arrivano dal passato possono determinare dei blocchi nel presente, ecco perché occorre prenderne consapevolezza e cambiare la prospettiva. PRENDERE LE DISTANZE: Prendere le distanze non significa negare le emozioni o ignorarle, ma osservarle (quasi come osservatori esterni), cercare di comprenderle in modo non giudicante. Prenderle così per come sono. In questo modo ci si apre la strada a diverse possibilità. “In sostanza, imparare a vedere te stesso come la scacchiera, piena di possibilità, piuttosto che come un qualsiasi pezzo sulla scacchiera, limitato a certe mosse preordinate”. David S. Dott.ssa Oriana Ghinato

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Le 4 fasi SEGUIRE I PROPRI VALORI: i valori rappresentano la nostra bussola, ci orientano verso la direzione giusta per noi. Non sono idee astratte ma rappresentano i nostri punti fermi, ciò che riteniamo importante. ANDARE AVANTI: piccoli cambiamenti nella mentalità, nelle abitudini, nei comportamenti, possono fare la differenza. È opportuno trovare un giusto compromesso tra sfida e competenze, in modo da non rimanere vittime della familiarità, ma neppure sopraffatti da sfide difficili. Creare il giusto grado di entusiasmo e stimolazione nei confronti delle sfide.

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Grazie per l’attenzione 

oriana.ghinato@nonsolofitness.it dottoressa.veronicarossi@gmail.com claudio.cice@nonsolofitness.it

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