Scienza e Movimento n.33

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SCIENZA E MOVIMENTO www.scienzaemovimento.it Pierluigi De Pascalis

EDITORIALE

VICEDIRETTORE

Meglio essere terribilmente fuori forma, che un po’ fuori forma!

DIRETTORE RESPONSABILE pierluigi@depascalis.net

Vincenzo Biancalana

Può sembrare un paradosso, ma talvolta è assai meglio essere molto fuori forma, che essere solo poco fuori forma. No, non è una provocazione, ma una riflessione che prende spunto dal concetto di paradosso della regione beta, postulato dallo psicologo Dan Gilbert e descritto in uno dei suoi articoli, “La strana longevità dei piccoli contrattempi ” 1.

COMITATO EDITORIALE

NonSoloFitness via dei Castelli Romani, 41 00040 Pomezia - Roma Tel 06.93.37.72.30 info@nonsolofitness.it

COMITATO scientifico

Spiega molto bene il concetto partendo da un esempio: ipotizzando di dover percorrere la distanza di 1 km per raggiungere un luogo, probabilmente ci recheremmo a piedi. Ma se la distanza fosse superiore anche di poco, probabilmente utilizzeremmo l’auto o una bicicletta. Il risultato sarà che per coprire una distanza più breve, probabilmente impiegheremo una quantità di tempo maggiore che non per percorrerne il doppio o il triplo.

Agosti Valeria - Università di Bergamo; Biancalana Vincenzo - Università di Urbino; De Pascalis Pierluigi - Università di Foggia; Digennaro Simone - Università di Cassino; Formenti Damiano - Università dell’Insubria; Latino Francesca - Università di Bari; Lovecchio Nicola - Università di Bergamo; Migliaccio Gian Mario - Sport Science Academy; Monacis Domenico -Università di Foggia; Padulo Johnny - Università di Milano; Sannicandro Italo - Università di Foggia; Sgrò Francesco - Università Unikore Enna; Trecroci Athos - Università di Milano Statale.

Questo concetto può aiutare a comprendere come mai molte persone permangono “volentieri”, o in ogni caso senza troppe preoccupazioni, in una condizione di sostanziale immobilismo per quanto riguarda l’avvio di una attività fisica, pur essendo solo poco fuori forma e potendo quindi in modo relativamente agevole raggiungere una forma perfetta (o quasi).

REDAZIONE E SEGRETERIA

Roberto Calzetti Editore srl Via del Sottopasso 7 Loc. Ferriera 06089 Torgiano (PG) - Italy Informazioni sull’abbonamento alla rivista e l’invio di articoli da parte degli autori su www.scienzaemovimento.it

Guardandosi in giro ci sono davvero molte persone che si limitano a scherzare su un “po’ di pancetta”, qualche chilo di troppo, o per l’affanno dopo una piccola corsa, senza prendere sul serio la questione, sia perché non ritenuta preoccupante sotto il profilo estetico, sia perché ancor meno valutata come un rischio potenziale per la propria salute.

EDITORE

Calzetti & Mariucci Editori di Roberto Calzetti Editore srl Via del Sottopasso 7 Loc. Ferriera 06089 Torgiano (PG) - Italy Tel. e Fax 075 5997310 info@calzetti-mariucci.it Finito di stampare Luglio 2023 Tipografia Mancini (Tivoli) Registrazione: Trib. di Perugia n. 17 del 24/10/2014 - ISSN 2421-1303 Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza l’autorizzazione dell’Editore. Images credits: ©Freepik

Molto più probabilmente invece, superata una certa soglia che fa raggiungere un grado evidente di pessima forma fisica, magari accompagnato da qualche campanello d’allarme per la propria salute, qualche dolore alle ginocchia, qualche asterisco di troppo sugli esami del sangue, scatta finalmente la leva giusta che spinge al cambiamento. Toni e provocazioni degli editoriali, pur in una rivista tecnico-scientifica, sono un approccio dissacrante liberamente ispirato dalla sezione “Lettere al direttore” della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine (un estratto delle quali è disponibile nel volume “Scarpe slacciate e altre strane malattie”), e sono pertanto da intendersi come una parentesi derivante dall’osservazione più leggera del mondo del fitness.

Cambiamento che non sempre, ma molto di frequente, non solo avviene, ma non ci si esime dal volerlo mostrare, comunicare e rimarcare verso l’esterno. Ebbene, sin tanto che non si verifica una condizione ritenuta oggettivamente o soggettivamente grave e insostenibile, si permane in una sorta di limbo, incapaci di agire proattivamente verso il cambiamento, pur ritrovandosi in una circostanza né ottimale, né favorevole. In altri termini si rimane bloccati nella regione beta descritta da Gilbert, non positiva, consapevolmente non adeguata, ma non sufficientemente “scomoda” da generare una leva motivazionale idonea e che spinga al cambiamento. 1 - Gilbert DT, Lieberman MD, Morewedge CK, Wilson TD (2004). The Peculiar Longevity of Things Not So Bad. Psychological Science, 15(1), 14–19.


EDITORIALE

Ci sono certamente persone maggiormente orientate verso questo approccio, che diviene un loro tratto distintivo e si riverbera nei confronti di molteplici aspetti della propria vita, dalle relazioni sociali a quelle sentimentali, da quelle lavorative ad altre più banalmente di puro ordine pratico. Sebbene in linea di principio, e fin dalla premessa, tutto questo potrebbe essere una sorta di “elogio dell’imperfezione”2 (senza voler mancare di rispetto a Rita Levi Montalcini e alla sua opera), quando lo si analizza meglio contiene qualche criticità. Nel mentre si permane nella regione beta, il tempo continua a scorrere e, con una citazione più prosaica della precedente, potremmo dire che questa forma di immobilismo “conta gli anni a chi non è mai stato pronto”3, a chi attende l’arrivo di un peggioramento in assenza del quale continuerà a non cambiare nulla. Peggioramento che, pur leva per un cambiamento, farà partire da una condizione più complessa, che richiederà più tempo, più impegno e talvolta si limiterà a riportare semplicemente nella condizione di “minor disagio”, interpretandola come un impagabile successo. Il problema fondamentale quindi è che, mentre sotto il profilo emotivo l’aggravarsi di una condizione può

diventare un’opportunità che spinge al cambiamento, in ambito fisico e fisiologico la risposta organica pur significativa in termini relativi, non sempre può garantire un recupero pieno e completo se l’intervento giunge in maniera tardiva. Se è vero, come è vero, che non è mai troppo tardi per cambiare stile di vita, ridurre il rischio cardiocircolatorio, migliorare il trofismo muscolare, recuperare la forza o anche semplicemente sfoggiare un corpo più armonico, è altrettanto vero che attendere di sviluppare una sindrome metabolica per trovare l’input al cambiamento, non solo non è esattamente l’approccio migliore, ma non è detto che faccia regredire del tutto le compromissioni arrecate. Allo stesso modo, se è certamente vero che anche da una condizione estetica fortemente compromessa si può tornare ad avere il fisico che si è sempre sognato, aver atteso troppo non sempre garantisce una risposta analoga. Il paradosso della regione beta chiarisce molti aspetti del comportamento umano e della percezione degli eventi: comprenderne le dinamiche dovrebbe aiutare a riconoscere quando ci si trova al suo interno e attivarsi prima possibile per il cambiamento.

2 - Levi Montalcini R, Elogio dell’imperfezione, Ed. Garzanti, 1988 3 - Ligabue L, L’amore conta, Warner Music Italy, 2005

Pierluigi De Pascalis

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CONTENUTI

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SCOLIOSI E DANZA CLASSICA di Omar De Bartolomeo, Sara Benedetti, Romeo Cuturi

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FARINA DI GRILLO: ASPETTI NUTRIZIONALI, FUNZIONALI E PROBLEMI CORRELATI AL RISCHIO MICROBIOLOGICO di Pierluigi De Pascalis

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LA PREVENZIONE DEL DOLORE LOMBARE SECONDO BERSI di Rodolfo Lisi, Simone Cigni, in memoriam Giovanni Bersi

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SCOLIOSI IDIOPATICA: DALLA DEFINIZIONE ALL’APPROCCIO CONSERVATIVO TRAMITE IL MOVIMENTO di Giacomo Nazzaro

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ASSE CERVELLO/INTESTINO/MICROBIOTA: UN SISTEMA BIDIREZIONALE di Davide Serpe

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LIBRI

ESERCIZIO FISICO E CANCRO AL SENO: LA GUIDA Il cancro al seno è una problematica che colpisce ogni anno un elevato numero di donne, i mezzi per intervenire fortunatamente sono sempre più efficaci, ma un’arma da non sottovalutare, sia per il ruolo preventivo che in corso di trattamento, è l’attività fisica. In questo volume, sviluppato su 6 capitoli, tutte le informazioni relative per l’avvio di una attività motoria nei diversi contesti oncologici. L’autore, Diego Campaci, appassionato da sempre di esercizio fisico e nutrizione e, in particolare, del potere “farmacologico” dell’esercizio, ha fatto dell’esercizio fisico nel paziente oncologico il suo campo di specializzazione, guidato dalla volontà di contribuire, nel suo piccolo, a combattere, con le armi che meglio conosce, questa ostile patologia.

Autore: Diego Campaci 132 pagine 19,90 euro versione cartacea Editore NonSoloFitness Disponibile per l’acquisto su www.nsf.it/libri

PSICOBIOLOGIA DELLA NUTRIZIONE E DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono un problema di ordine sanitario, sociale, personale e familiare, che non solo non accenna a ridurre le sue dimensioni, ma che in modo sempre più precoce e numeroso interessa le fasce più giovani della popolazione. Questo libro si rivolge ai professionisti che si occupano di DCA, in primo luogo psicologi, nutrizionisti e dietisti, al fine di meglio illustrare prerogative e implicazioni che riguardano ambiti e modalità di intervento della specifica area professionale. Non di meno si rivolge agli esperti del movimento umano, impegnati nel contesto dell’attività fisica, sia fornendo strumenti per riconoscere precocemente i campanelli d’allarme, sia per approfondire il loro ambito di intervento, altrettanto di rilievo all’interno di un lavoro d’equipe che è sempre più determinante. Un volume utile anche alle famiglie e agli educatori, che potranno ottimizzare il loro supporto e conoscere meglio l’importanza di un’azione multidisciplinare, poiché è ormai noto che il singolo professionista non può occuparsi della presa in carico di ogni aspetto che riguarda i disturbi della nutrizione. Solo l’intervento precoce e multidisciplinare, la migliorata consapevolezza dei rischi e delle procedure, potrà fornire risultati ottimali in termini di trattamento e prevenzione dei DCA. Il testo consente l’accesso gratuito e illimitato a 5 video lezioni da circa 40 minuti ciascuna.

Autore: Pierluigi De Pascalis 198 pagine - 23,90 euro Editore NonSoloFitness Disponibile per l’acquisto (anche in formato e-book) su: www.psico-biologia.it

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TASSONOMIA DELLA FORMAZIONE MOTORIA E SPORTIVA Indicazioni sistematiche, metodologiche, didattiche e tecnico-tattiche per lo sport giovanile nelle diverse età: l’esempio della pallacanestro. Il testo si distingue in due parti la prima delle quali ripercorre quegli elementi essenziali della formazione sportiva in generale, ma con un interesse rivolto in particolare ai giovani, elementi tratti dalle materie che interagiscono in modo diretto alla costruzione di un percorso adeguato ad una perfomance “sostenibile” degli atleti. Nella prima parte si ripercorrono quindi concetti primari senza mai dimenticare la fondante letteratura metodologico-didattica degli autori che hanno illuminato tali saperi. La seconda parte è dedicata all’importanza dell’insegnamento differenziato e adeguato alle diverse età, delle indicazioni operative di stampo tassonomico, dell’attività giovanile (12-13/19-20 anni) e non solo che segue quella dei minisport (5-6/11-12 anni). Elementi tecnici che procedono di pari passo a quegli elementi psico-pegagogici che accompagnano l’evoluzione formativa del giovane e ne sono parte indissolubile, costruendo una struttura dettagliata del percorso di insegnamento senza mai dimenticare il soggetto dell’azione formativa cioè l’individuo nelle sue componenti fisiche e psichiche.

Autore: Riccardo E. Izzo 200 pagine - 24,90 euro Editore NonSoloFitness Disponibile per l’acquisto su www.nsf.it/libri


KEYWORDS Scoliosis, dance, dancers, posture, spine.

Scoliosi e danza classica Dai primi anni di danza in poi quindi i ballerini allenano molte doti tecniche ed artistiche volte a garantire, in età adulta, le forme e i movimenti che la danza classica impone. A differenza di molti altri sport, infatti, la danza classica prevede particolare rigore nella postura, nei fondamentali tecnici, nelle pose, unendo tali movenze anche all’uso di particolari strumenti quali la sbarra, lo specchio, la tecnica in centro. Da non dimenticare che le tersicoree utilizzano, dopo i 10-12 anni di età, la scarpa da punta. L’accrescimento prevede quindi da un lato l’acquisizione di importantissime e imprescindibili doti tecniche

e artistiche, dall’altro il cambiamento di forme, di proporzioni, di paramorfismi e, talora, l’avvento di patologie. Nel corso della propria carriera, statisticamente, il ballerino va incontro ad almeno un infortunio all’anno. L’80% degli infortuni è a carico dell’arto inferiore e una buona percentuale sulla colonna. La mia esperienza, tramandata dalle conoscenze del Prof. Walter Albisetti, ricorda che il confine tra il patologico e il fisiologico, nella danza classica, è segnato dal corpo del ballerino. Si ritorna pertanto al concetto iniziale, vale a dire che il ballerino stesso, la forma delle su-

perfici articolari, la loro biomeccanica, la forma e l’atteggiamento dei segmenti scheletrici, i paramorfismi siano responsabili del substrato anatomico capace di determinare lo sviluppo di stupende doti anatomo-artistiche quanto di lesioni da overuse. Questo vale sia per l’arto inferiore che per la colonna e la spalla. Per comprendere quale sia il ruolo della colonna nella danza classica occorre innanzi tutto ricordare quale sia l’atteggiamento del rachide in relazione all’età e quale sia invece l’atteggiamento della colonna richiesta dalla danza classica (AA. VV, 1993/1994).

Dott. Omar De Bartolomeo Specialista in ortopedia e traumatologia ASST Gaetano Pini Milano, ortopedico del corpo di ballo Teatro Alla Scala e Accademia Teatro Alla Scala.

TDR Sara Benedetti Fisioterapista del corpo di ballo Teatro Alla Scala e Accademia Teatro Alla Scala

TDR Romeo Cuturi Fisioterapista e preparatore atletico dell’accademia Teatro Alla Scala, fondatore SID Scienza in Danza.

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All’inizio della loro carriera i ballerini presentano spesso un paramorfismo tipico per l’età, e questo atteggiamento si manterrà fino agli 8-10 anni. Si osserva una iperlordosi lombare che, verso i 10 anni, generalmente scompare per lasciare il posto ad una colonna con curva lombare minore. Questo è dovuto a diversi fattori: la fisiologica tendenza alla correzione, ma anche al ruolo della tecnica e della postura della danza. L’insegnate di danza, infatti, insegna a corregge l’inclinazione del bacino, riducendola, e a ridurre la lordosi così da migliorare esteticamente l’aplomb del ballerino stesso. La postura del ballerino viene corretta, negli anni di danza, verbalmente, con piccoli sfioramenti/ tocchi dell’insegnate e, soprattutto, grazie alla presenza nelle sale di danza della sbarra e dello specchio. Quest’ultimo svolge un ruolo importantissimo in quanto determina un continuo confronto visivo e posturale che il ballerino imparerà ad usare, autocorreggendosi in relazione a quanto richiesto dall’insegnate ovvero dalla consapevolezza della tecnica. I 12 anni di età rappresentano il periodo in cui le Accademie iniziano a sviluppare le doti artistiche dei ballerini per farne dei professionisti (1, 2). Gli insegnanti di danza, quindi, iniziano a lavorare più a lungo e con maggior frequenza settimanale le doti anatomiche dei ballerini al fine di sviluppare le doti artistiche e tecniche necessarie. Questo è un periodo particolarmente critico in quanto l’introduzione di errori tecnici e di insegnamento potrebbero portare a patologie, a frequenti interruzioni della pratica della danza fino ad anche all’abbandono definitivo.

Figura 1: foto tratta dal libro “I principi di base del balletto classico” di Agrippina Vaganova (1879-1951) e che dimostra il rigore posturale che i ballerini dovevano ottenere.

Figura 2: Vaganova mentre correggeva l’aplomb di una ballerina.

Gli errori tecnici sono un capitolo importantissimo. Essi possono essere distinti in tre categorie: • errori di insegnamento/apprendimento; • errori posturali in relazione a quanto richiesto dalla tecnica stessa; • errori legati all’anatomia e all’eccessivo sviluppo di caratteristiche anatomiche, potremmo quasi dire “forzate anatomiche/tecniche”, come l’eccesivo genu recurvatum, l’eccessiva flessibilità della colonna o di alcuni distretti corporei come il piede, l’anca e il ginocchio, l’eccessivo sviluppo di doti artistiche come il collo del piede, la gamba elevata, ecc.

stesi. In questo articolo si parlerà solo della prima e si cercherà di darne un inquadramento anatomico e tecnico. Potremmo innanzi tutto ricordare che esistono, didatticamente, due tipi di scoliosi (classificazione mod. da Sharrad, 1996), distinte in scoliosi posturali (primaria/atteggiamento vs secondarie) e scoliosi strutturali (idiopatiche vs ad eziologia nota).

Iniziare a danzare e portarsi dietro uno o più di questi errori tecnici predispone a importanti infortuni, spesso di natura cronica (De Bartolomeo, Arditi, 1994; Steinberg et al., 2012). Nel corso dell’accrescimento sono due le patologie più importanti che possono colpire la colonna del ballerino: la scoliosi e la spondilolisi-li-

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Nella danza classica rivestono particolare importanza le scoliosi posturali statiche, vale a dire dettate da una inclinazione del bacino da differente lunghezza degli arti inferiori e le scoliosi idiopatiche. Sebbene nella popolazione generale le scoliosi non siano così frequenti, molti studi bibliografici (Longworth B et al., 2014) riportano un’alta prevalenza di scoliosi idiopatica nei ballerini adulti, arrivando anche al 24%-50% (Burwell et al., 2002). Percentuali simili si ritrovano anche in altri sport e forme d’arte simili alla danza per alcune caratteristiche tecniche o della fisionomia dell’atleta, come ad esempio la ginnastica ritmica e artistica. Sembra quindi che, in questi sport, la scoliosi abbia un’incidenza fino


PERFORMANCE E POSTURA a 10 volte rispetto alla popolazione generale (Tanchev et al., 2000). Nonostante la numerosità dei lavori scientifici, non c’è unanime accordo sui fattori di rischio specifici per la danza e capaci di determinare tale osservazione. Si ipotizza, infatti, che i fattori da tenere sotto attenta valutazione siano (Warren et al., 2010; Burwell et al., 2009): • l’altezza dei ballerini; • somatotipo ectomorfo; • ipermobilità; • iperflessibilità; • ritardo della maturazione ossea; • amenorrea primaria e secondaria; • anomalie delle abitudini alimentari; • basso BMI; • ore di attività.

Recentemente alcuni studi si stanno focalizzando anche sulle ore di lavoro settimanali, osservando che un aumento della prevalenza della scoliosi si assocerebbe a programmi intensivi di almeno 50 ore settimanali. Inoltre si è osservato che un aumento della prevalenza di scoliosi idiopatiche nei ballerini si associa ad un aumento delle ore/ dei giorni dedicati allo studio autonomo (Warren et al., 1986; Kadel et al., 2005).

Purtroppo, alcuni di questi fattori sono caratteristiche fisiche e artistiche particolarmente ricercate dai ballerini, come la cosiddetta “magrezza atletica”, l’iperflessibilità, l’ipermobilità. Spesso l’alimentazione e l’intensa attività atletica si associano a ritardo del menarca, irregolarità mestruali e/o amenorrea primaria ovvero secondaria (Hamilton et al., 1992).

Nicolopopulos e Nissinem (Meyer et al., 2008) osservano che la scoliosi idiopatica è tipica delle ragazze in età pubere ed è caratterizzata da numerose modificazioni spinali nel corso di questo stesso periodo. Questa osservazione sembra essere particolarmente vera nei ragazzi con scoliosi idiopatica e di altezza staturale maggiore rispetto ai coetanei (Meyer et al., 2008). Cosa più importante, diversi autori (Gauchard et al., 2001) hanno osservato che la perdita della simmetria della colonna sul piano frontale si associa molto spesso al tipo di curva scoliotica. Considerando scoliosi con doppia curva (DMC: double major curve) e singola curva (SMC), si sottolinea che le ripercussioni posturali sono meno gravi nelle curve doppie (DMC).

Warren (Warren et al., 1986) riporta che l’83% delle ballerine con scoliosi avevano avuto un ritardo nel menarca (>14 anni), così come Grivas (Grivas et al., 2002), Dangerfiled (Dangerfield et al., 2006) e Yl Qui (Yl Qui et al., 2006) osservano che il basso BMI si associa ad un incremento della prevalenza di scoliosi nei ballerini, BMI che comunque è basso rispetto alla popolazione generale. Nella mia esperienza, i ballerini hanno un BMI mediamente inferiore rispetto ai coetanei del 10% e l’età del menarca di solito è posticipato ai 14-15 anni.

La danza classica è una attività sportiva e artistica particolare, caratterizzata da un importante sviluppo, con la pratica costante, di flessibilità, forza e controllo propriocettivo, soprattutto della muscolatura profonda della colonna. Statisticamente, nella danza classica come in altre attività similari (ginnastica ritmica e artistica) si osserva una sorta di “predilezione statistica”, per cui molto frequentemente i ballerini risultano affetti da scoliosi con doppia curva (DMC). In generale, come Meyer (Meyer, et al.: 2008) fa notare, i ragazzi con

DMC più frequentemente praticano attività sportiva rispetto ai ragazzi SMC, probabilmente perché le scoliosi con doppia curva riescono comunque ad ottenere un buon controllo neuromuscolare e della colonna. Quest’ultima evenienza di tradurrebbe in un buon controllo posturale, una buona capacità di attivazione muscolare dei paravertebrali nonostante la deformità spinale (Meyer, et al.: 2008; Gauchard, et al.: 2003) e un buon controllo propriocettivo del gesto tecnico-artistico. Come Meyer fa notare, la ginnastica artistica e, nel mio caso, la danza classica, sarebbero costituiti da fondamentali tecnici caratterizzati dalla necessità di bilanciare la postura su due piedi, con poligono di appoggio talora ristretto, e comunque richiedendo una attivazione muscolare per la colonna in elongazione. Questo permetterebbe il rinforzo della muscolatura profonda che faciliterebbe la distensione della curva scoliotica e, quasi, il tentativo di una correzione attiva/ posturale. Nella danza classica inoltre, questi movimenti vengono svolti davanti ad uno specchio, sotto il controllo visivo (e correttivo) del ballerino e dell’insegnante. La vista, la sbarra e lo specchio svolgono un ruolo importantissimo nell’acquisizione, nel controllo e nella correzione della postura del ballerino, come molti autori hanno osservato (Bruynee et al., 2010). Sebbene la maggior parte degli esercizi nella danza classica sia svolta in elongazione o, come le insegnanti spesso sottolineano, come se si avesse la sensazione di essere spinti dal basso verso l’alto, immaginando di avere un sottilissimo filo da non interrompere teso tra soffitto e capo, risulta chiaro come gran parte degli esercizi nella danza siano svolti rinforzando la muscolatura “contro la gravità”.

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Sebbene questo tipo di esercizi porti a migliorare, sul piano frontale, la morfologia della colonna scoliotica, poche indicazioni e pochi studi invece valutano l’effetto dell’attività sportiva e della danza in relazione alla rotazione vertebrale. Nella danza classica, la torsione vertebrale potrebbe infatti essere responsabile della limitazione funzionale in alcuni fondamentali tecnici come l’arabesque, l’attitude e il cambre. Risulta infatti chiaro che l’estensione della colonna associata all’elevazione di uno dei due arti inferiori ponga in stress la cerniera lombosacrale e il tratto lombare della colonna. La rotazione vertebrale limita, in relazione alla sua direzione ed entità, uno o l’altro lato dell’arabesque. Nell’arabesque come l’attitude, inoltre, la postura del tratto dorsale condiziona la posizione delle scapole e quindi della scapolo-toracica, modificando quindi la possibilità di allineare le spalle e le braccia come la tecnica prevede (figure 3 e 4).

Analizzando la conformazione sagittale e frontale della colonna in numerosi sportivi in rapporto alla conformazione della colonna nel ballerino classico, si osservano alcune differenze. La stessa Kruusamae (Kruusamäe et al., 2015) infatti sottolinea che, di norma, la colonna del ballerino è caratterizzata da una lordosi lombare e cifosi dorsale meno pronunciate, a differenze di altri sportivi agonisti che invece nella fascia di età 8-18 vedono un incremento della lordosi lombare e della cifosi dorsale. Questa osservazione è tanto più veritiera se correlata al volume in ore di allenamento (Wojtys et al., 2000). Le ballerine, a differenza di altri sportivi della stessa età, hanno inoltre cifosi dorsali meno pronunciate (soprattutto a livello D6-D7), questo proprio per permettere di assolvere ad almeno tre importanti necessità tecniche: allineare le spalle nelle diverse posture della danza, permettere l’acquisizione delle diverse posture dell’arto superiore nelle pose come la tecnica

impone e, non da ultimo, migliorare la capacità di girare sul posto (pirouettes). Sebbene la letteratura riporti che la riduzione della lordosi lombare si associa ad un aumento del rischio di sviluppare lombalgia, questo non accade in modo significativo nel ballerino, almeno nelle nostre casistiche. Kruusamae (Kruusamäe et al., 2015) e Wojtys (Wojtys et al., 2000) sottolineano in modo molto preciso che: 1) l’inizio precoce della danza (7 anni), 2) aver praticato danza per molti anni, e 3) per molte ore al giorno, sono fattori capaci di influenzare in modo importante l’allineamento sagittale e frontale della colonna, soprattutto nelle ragazze con un ritardo nel menarca. Non si è però presa in considerazione la presenza o meno di curve scoliotiche in questi studi. Analizzando però altri artisti, si è osservato che la scoliosi è più spesso un problema dei musicisti che non dei ballerini (Bird et al., 2013). Questa osservazione è stata fatta da Bird e colleghi, che inoltre

Figura 4: ballerina con scoliosi, capacità di correzione in arabesque. Notare le lievi asimmetrie secondarie alla curva scoliotica.

Figura 3: ballerina di 15 anni, affetta da scoliosi DL, curva dorsale 35°, in trattamento con corsetto. Notare il mal allineamento e la capacità correttiva.

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PERFORMANCE E POSTURA sottolineano altri punti chiave nel binomio danza e scoliosi. Innanzi tutto sottolineano che i pazienti scoliotici molto spesso si avvicinano a sport/forme d’arte (come la danza o la ginnastica ritmica) con maggior frequenza rispetto ai ragazzi non scoliotici, e che spesso l’inizio della carriera sportiva avviene prima dello sviluppo della scoliosi. La danza e attività sportive similari sono caratterizzate dalla necessità di essere “flessibili” e “distendibili” a livello articolare e muscolare, soprattutto a livello degli arti inferiori e della colonna. I musicisti, invece, soprattutto a livello dell’arto superiore. Probabilmente, il tipo di esercizio della danza, la ripetitività e la intensa richiesta di controllo posturale ed estetico fa sì che i ballerini scoliotici siano spesso asintomatici, a differenze dei musicisti. Inoltre, sempre le caratteristiche del gesto tecnico della danza classica sembrano avere un ruolo importantissimo nel determinare il tipo di curva scoliotica, ma non la severità della stessa. Bird, come Burwell (Burwell et al., 2002), quindi crede che i ballerini scoliotici debbano essere classificati in un gruppo a parte, definito scoliosi sport-associata. I musicisti, invece, concentrando le loro ore di studio al cingolo scapolare e agli arti superiori, spesso in posture più statiche, sono più spesso affetti da scoliosi sintomatiche, soprattutto tra i 20 e 30 anni. Molti autori concordano nell’affermare che per prevenire il dolore e gli infortuni occorra iniziare il più precocemente possibile esercizi fisici e fisioterapici, nonché programmi di screening già in età scolare per permettere una diagnosi di scoliosi il più precoce possibile. Facendo nostri questi concetti, abbiamo iniziato a seguire i ballerini già dall’età di 6 anni, con visite di controllo periodiche e avvicinando

i ragazzi e le loro famiglie all’equipe medica, fisioterapica e al corpo insegnanti, così da avere un più facile accesso alle terapie senza abbandonare la pratica della danza. Il nostro approccio diagnostico e terapeutico e descritto in seguito. La nostra esperienza ci insegna che iniziare la danza classica già in tenera età facilita la possibilità di correzione di alcuni paramorfismi del piede e dell’arto inferiore (Testi; Silingardi), migliora i paramorfismi della colonna e potrebbe avere un ruolo nella prevenzione della scoliosi grazie ai programmi di screening e alle terapie fisioterapiche adottate repentinamente. Inoltre la danza classica impone controllo posturale, l’uso della sbarra e dello specchio. Altri autori sottolineano, ad esempio, l’importanza della sbarra nel controllo posturale sul piano frontale della postura del ballerino (Bruynee et al., 2010). Inoltre, durante le lezioni di danza, si ha un costante controllo visivo della postura, favorito dall’abbigliamento, dall’uso degli specchi nelle sale e dalla presenza di personale tecnico (gli insegnanti di danza) preparato. Risulta chiaro quindi che gli insegnanti di danza hanno un importante ruolo nella prima osservazione di anomalie tecniche/posturali e che quindi siano spesso loro a indirizzare verso ambulatori specialistici. La stessa lezione di danza, per le modalità con cui viene svolta (alla sbarra, corpo perpendicolare alla sbarra, con mano destra appoggiata alla sbarra, poi con due mani e corpo parallelo alla sbarra e poi con mano sinistra appoggiata alla sbarra) è un ottimo esercizio per lavorare in modo simmetrico e armonioso con la muscolatura del tronco e degli arti. Tra l’altro, la lezione di danza avviene a ritmo di musica e, per il medico e i fisioterapisti, questo costituisce un importante punto a favore dell’adesione al piano terapeutico

in quanto più facilmente i ragazzi eseguiranno gli esercizi, non abbandoneranno i focus group e non si allontaneranno dalla danza. La pratica della danza, svolta già a partire dai 6 anni di età e con la giusta attenzione alla tecnica, contribuisce allo sviluppo armonioso e simmetrico della muscolatura della colonna, nonché del controllo propriocettivo della stessa. Dalla bibliografia sappiamo, infatti, che la scoliosi spesso si associa ad anomalie di attivazione elettromiografica della muscolatura del lato concavo rispetto a quello convesso della muscolatura, sia della colonna che dell’anca (Alves, et al.: 2016). Nella danza classica, se svolta correttamente, si potrebbe invece incentivare lo sviluppo di una muscolatura simmetrica grazie all’esecuzione di molti esercizi di stretching della muscolatura della colonna e/o dell’arto inferiore, ovvero esercizi a coppia, tipicamente eseguiti durante gli anni della propedeutica alla danza classica (6-10 anni). Tra questi, i più usati sono esercizi eseguiti con l’arto superiore, due ballerini spalla contro spalla oppure spalle al muro/pavimento, con il controllo quindi tattile della colonna contro la superficie del muro o del contatto con l’altra schiena. Si possono eseguire movimenti casuali oppure, meglio, movimenti a specchio, vale a dire un ballerino copia i movimenti del compagno appoggiato alla sua schiena. Oltre a questi esercizi, ne esistono molti altri, di difficoltà crescenti, a terra e alla sbarra, dove si cerca di sviluppare tutte le doti del ballerino (De Bartolomeo, Arditi, 1994). Vorrei infine concludere questa disamina citando l’ottimo lavoro di Negrini (Negrini et al., 2018), che esamina 495 articoli indicizzati, tracciando quelli che devono essere i key-points nella diagnosi precoce e nel trattamento della scoliosi

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idiopatica. Nel lavoro si legge chiaro la necessità di programmi di screening ben strutturati oltre di programmi fisioterapici da seguire con assiduità e la possibilità di frequentare sport in relazione alle possibilità per incrementare la fiducia in sé, la muscolatura, la flessibilità delle curve nonché l’aspetto estetico.

Ballerini 6-10 anni Selezione

Settimanalmente Ambulatorio ortopedico

Accertamenti ulteriori se necessario (imaging, v. specialistiche, ECG) Imaging / accertamenti specialistici / terapie del caso

Ballerini 11-19 anni

SCREENING E FOLLOW UP Da quanto emerso dalla bibliografia è essenziale, al fine di ridurre la gravità delle curve scoliotiche negli sportivi, una importante operazione di screening e selezione medico-sportiva-artistica iniziale, nonché una attenta e periodica rivalutazione degli atleti, così da avviare tempestivamente la corretta terapia. Pertanto per i ballerini di età compresa dai 6 ai 10 anni e dagli 11 ai 19 anni abbiamo introdotto un programma di controllo così articolato:

Visita ortopedica

Visita ortopedica Accertamenti ulteriori se necessario (imaging, v. specialistiche, ECG)

Selezione Visita cardiologica

Esami ematici

Se necessario: ulteriori accertamenti / terapie

Screening fisioterapico

Focus group correzione errori tecnici

Settimanalmente Ambulatorio ortopedico

Imaging / accertamenti specialistici / terapie del caso

Annualmente

Ogni giorno

Ambulatorio fisioterapico

(Reperibilità ortopedica)

Terapie specifiche Correzione errori tecnici Cura dei fattori predisponenti

Figura 5: esempi di esercizi per la mobilità, rinforzo e stretching della catena cinetica posteriore

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PERFORMANCE E POSTURA

Figura 6: sopra: esercizi di controllo propriocettivo eseguiti a coppie e davanti allo specchio. Sotto: esercizi di rinforzo della colonna e, a destra, di preparazione ad arabesque e cambrè.

I ballerini da noi seguiti presso un’importante Accademia di danza, al momento della selezione di ammissione vengono sottoposti ad una visita ortopedica e cardiologica in cui si prendono misure antropometriche, BMI, età menarca e caratteristiche del ciclo e si valuta l’assetto generale del ballerino. Segue una visita cardiologica con ECG di base. Se necessario, vengono inviati ad ulteriori visite specialistiche o ulteriori accertamenti diagnostici. Annualmente vengono sottoposti ad esami ematici per valutazione dello stato di salute globale (emocromo, glicemia, funzionalità epatica e renale, elettroliti, ferritina, TSH, vitamina D, prealbumina). Settimanalmente viene effettuato un ambulatorio ortopedico e, se necessario, i ballerini vengono inviati a eseguire esami strumentali, programmi di fisiokinesiterapia (singoli e/o “focus group”) ovvero approfondimenti specialistici.

In aggiunta all’attività di screening e prevenzione eseguita dal medico all’interno della Accademia, i fisioterapisti eseguono ogni anno uno screening che viene proposto agli allievi di 14-15 anni. In questo gruppo di allievi si cercano soprattutto gli errori tecnici e/o patologie che possano pregiudicare la carriera del ballerino stesso. In seguito a questo screening vengono poi realizzati specifici focus group. Grazie a questo programma abbiamo osservato che i ballerini da noi esaminati hanno avuto minor tasso di infortuni/anno e un più rapido ritorno alle attività. CASO CLINICO Riportiamo un caso clinico limite, la cui descrizione serve a definire quali possano essere le ripercussioni positive e negative per un ballerino professionista affetto da scoliosi e il ruolo che hanno i medici, i

fisioterapisti e gli insegnanti. Il caso di questa ballerina fa capire come il lavoro in staff possa, in casi isolati e selezionati, portare comunque a buoni risultati artistici. Il caso è quello di una giovane ballerina, attualmente di 26 anni, con diagnosi di scoliosi dorsale insorta durante gli anni di studio della danza presso una importante Accademia di danza, la cui curva peggiorò a pochi anni dalla fine del diploma e pertanto si decise di farle comunque proseguire gli studi di danza, volti al professionismo, ma di attenersi scrupolosamente alle terapie e ai controlli programmati. L’adesione al programma fisioterapico e, a nostro giudizio, il controllo posturale durante le lezioni di danza, unitamente a lezioni di pilates e yoga hanno permesso, nel tempo, di ottenere i risultati clinici, estetici e artistici qui illustrati (immagine 5 e 6).

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Figura 7: ballerina di 26 anni con riscontro di scoliosi idiopatica all’età di 13 anni. Osservare a sinistra l’atteggiamento naturale della colonna e, a destra, la capacità di controllo della stessa con arti inferiori atteggiati in I posizione accademica.

Figura 8: alcuni fondamenti tecnici normalmente richiesti ad una ballerina. Notare la flessibilità della colonna nonostante l’importante curva scoliotica e la simmetria e armonia della figura.

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PERFORMANCE E POSTURA

Figura 9: alcune pose della danza. Osservare l’aplombe e la simmetria. Il risultato artistico è di alto livello nonostante occorra un continuo e attento monitoraggio della colonna, nonché un continuo lavoro fisioterapico, atletico e tecnico.

FOCUS GROUP SCOLIOSI La creazione di focus group (FG) ha molteplici scopi, in quanto raccoglie ballerini della stessa fascia di età e accomunati dalla stessa patologia. All’interno del FG pertanto i ballerini eseguono un lavoro singolo e/o di gruppo. Il gruppo di lavoro “schiene e scoliosi” prevede un approccio multidirezionale, volto tanto al trattamento tradizione della scoliosi, quanto al trattamento specifico per il ballerino.

Figura 10: esercizi per il recupero del controllo lombo-pelvico

Seguono alcuni esempi del trattamento eseguito su ballerini professionisti. Gli esercizi proposti tendono a migliorare il controllo lombo-pelvico e la stabilizzazione del core, lavorano sia per il rinforzo muscolare che nel controllo propriocettivo. Vengono eseguiti a terra e/o in carico. Successivamente si studia la correzione del gesto tecnico.

Figura 11: esercizi di stabilizzazione della scapolo-toracica e di correzione del “port de bras”. Scienza e movimento - N. 33 Luglio-Settembre 2023

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CONCLUSIONI La scoliosi nel ballerino professionista rappresenta un ipotetico limite anatomico allo svolgimento della sua attività lavorativa/artistica. Questa affermazione è valida soprattutto per le ballerine, in quanto la performance artistica si basa molto di più su movimenti di massima flessione ed estensione/rotazione del tronco. Il ballerino invece più spesso svolge movimenti di sollevamento della ballerina (lift) e salti, pertanto presenta stress meccanici e tecnici differenti. Perentoria quindi una diagnosi precoce e seguire scrupolosamente la terapia impostata al fine di ridurre i rischi di peggioramento. Nella danza classica occorre prestare particolarmente attenzione ad alcuni fattori, oltre alla tecnica, vale a dire: età, sede della curva, amenorrea e/o ritardo nel menarca, magrezza, flessibilità, lassità, familiarità.

Da anni abbiamo introdotto un iter diagnostico capace di seguire le patologie del tersicoreo, per noi attualmente efficace visto che negli ultimi anni abbiamo visto ridursi il rischio di infortuni e i giorni di allottamento dalla danza in modo significativo. Alla fisioterapia tradizionale occorre però unire esercizi specifici, basati soprattutto sullo sviluppo di una migliore propriocezione della muscolatura di bacino-tronco-arti superiori, stretching delle catene muscolari e correzione degli errori tecnici. Riteniamo che l’uso dello specchio e della sbarra siano due fattori positivi, assenti in altre discipline sportive, per ottenere correzioni migliori. I miglioramenti si osservano sia da un punto di vista funzionale (flessibilità, forza, capacità di controllo posturale) che estetico. Inoltre dobbiamo considerare un altro fattore: la danza classica impone un particolare rigore posturale

e i movimenti sono eseguiti con estrema ricercatezza del gesto tecnico/artistico. Esiste cioè un modello estetico/artistico da raggiungere. Se correttamente eseguiti da un punto di vista tecnico ed atletico, riteniamo quindi che la danza classica possa avere un ruolo (entro certi limiti e tipo di curve) nel coadiuvare la correzione della scoliosi. Infine, sebbene ci sia evidenza di una maggior incidenza di scoliosi nella danza e nella ginnastica artistica/ritmica, riteniamo che la danza svolga un ruolo positivo nei confronti dei ragazzi affetti da tale patologia. Entro determinati angoli di inclinazione/rotazione, unitamente all’età di comparsa della curva nonché all’età del menarca, la scoliosi non rappresenta un limite assoluto alla danza classica. Occorrerebbe spendere alcune considerazioni sul percorso formativo che i ballerini scoliotici dovrebbe intraprendere.

Figura 12: esercizi mediante facilitazioni propriocettive per l’allineamento della colonna, eseguiti su piatti rotanti. Durante l’esecuzione dell’esercizio, oltre al controllo dell’allineamento della colonna, si possono eseguire esercizi di stabilizzazione scapolo-toracici ovvero rotazioni esterne (en dehors) ovvero interne (en dedan) dell’anca, nonché esercizi di pliè, con conseguenti correzioni anche di questi errori tecnici.

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PERFORMANCE E POSTURA A livello amatoriale infatti le limitazioni funzionali e tecniche sono di sicuro inferiori, così come migliore è l’adesione al trattamento fisioterapico. A livello professionistico invece la scoliosi potrebbe rappresentare una limitazione maggiore, soprattutto per le ballerine di danza classica. Le curve lombari e dorsali, infatti, limitano rispettivamente le doti anatomiche/ artistiche di alcuni fondamentali importantissimi nella danza, quali il cambré e l’arabesque. Proprio questi casi andrebbero studiati e analizzati con maggior assiduità, magari avvalendosi anche di attuali mezzi di analisi come la elettromiografia di superficie e i sistemi optoelettronici (figura 13). RINGRAZIAMENTI Ringrazio Sara Benedetti, fisioterapista della Scuola di Ballo e del Teatro Alla Scala, per il contributo professionale datomi in tutti questi anni. Ringrazio i ballerini che hanno partecipato liberamente con i loro contributi fotografici.

Figura 13: a sinistra, esercizi di core stability e, a destra, esercizi sul BOSU ABSTRACT Classical dance is an artistic discipline which requires important anatomical, athletic and technical skills. The dancers begin the practice of classical dance around the age of 5-6, their sporting commitment grows and entry into the academies at 10-12 therefore coincides with growth, the age of development, for girls the menarche. Change in stature and muscle, a different approach to sports and competition.

Figura 14: studio mediante sistemi optoelettronici durante i fouetté

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KEYWORDS Acheta domesticus, novel food, Tenebrio molitor, Locusta migratoria, chitin.

Farina di grillo: aspetti nutrizionali, funzionali e problemi correlati al rischio microbiologico Dal 5 gennaio 2023 anche l’Unione Europea, analogamente a quanto avviene altrove, ha adottato un proprio disciplinare per la produzione e l’impiego della farina di grillo che, dal 24 gennaio 2023, può essere commercializzata in tutti i paesi inclusa l’Italia. Il regolamento 2023/5 della Commissione Europea, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 3 gennaio 2023, rende la polvere di Acheta domesticus, il grillo domestico, di libera vendita anche all’interno di prodotti alimentari per il consumo umano.

Era di fatto già possibile la vendita con analoga finalità delle larve del verme della farina (Tenebrio molitor) e della Locusta migratoria. Il grillo domestico (Acheta domesticus) è un insetto appartenente alla famiglia dei Grillidi, le cui dimensioni medie sono di circa 2 cm senza significative differenze dimensionali tra maschi e femmine, queste ultime sono riconoscibili dalla presenza dell’ovopositore per mezzo del quale depongono le uova a qualche cm di profondità nel terreno. Si trova distribuito in modo uniforme in Europa, in Asia, in Nord America e Nord Africa, in genere in prossimità

Dott. Pierluigi De Pascalis Laureato magistrale in: Scienze motorie; Scienze della nutrizione umana; Psicologia comportamentale e cognitiva applicata. Biologo nutrizionista, responsabile della formazione e divulgazione scientifica di NonSoloFitness. Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Foggia. pierluigi@depascalis.net - www.depascalis.net

degli insediamenti umani che gli forniscono un habitat ideale in termini di temperatura e umidità. Il grillo fa parte di una classe di animali del phylum degli artropodi, che annovera oltre un milione di specie differenti, non solo terrestri ma anche acquatiche (da cui originariamente derivano), caratterizzate dall’esoscheletro di chitina, tre paia di zampe e due antenne. La produzione della farina di grillo passa da un inevitabile primo step che rappresenta l’allevamento dei grilli. Ci sono differenti specie utilizzabili a tale scopo, tra queste il grillo del cespuglio (Gryllodes sigillatus), ma la normativa e ogni successivo riferimento riguardano in modo esclusivo il grillo domestico (Acheta domesticus). I grilli sono insetti molto prolifici e possono riprodursi rapidamente divenendo una fonte di proteine sostenibile e a basso costo. Infatti i tempi necessari alla loro ripro-

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duzione e al raggiungimento della fase in cui è possibile impiegarli per la produzione della farina, tenuto conto delle risorse alimentari ed energetiche necessarie, li rendono estremamente convenienti non solo sotto il profilo prettamente economico, ma anche in considerazione all’impatto ambientale che ne deriva. Non occorre a tal proposito confondere la convenienza economica attuale, che include i costi relativi alle procedure di autorizzazione, alla ricerca tecnologica, ecc., con i costi in termini assoluti legati al suo allevamento, soprattutto nel prossimo futuro. Gli allevamenti di grillo sono normalmente allestiti in piccole scatole o in grandi contenitori, a seconda della quantità che si desidera produrre. È fondamentale mantenere una temperatura e una umidità in condizioni ottimali per garantirne la crescita e Aminoacidi essenziali

la riproduzione. In ogni caso nell’intera fase che porta dall’allevamento alla macinatura, sono rispettati standard igienico-sanitari analoghi a quelli adottati in tutte le altre filiere alimentari. I grilli sono insetti onnivori e possono nutrirsi da diverse fonti di cibo, in generale vengono allevati con una dieta a base di cereali, come farina di grano o di mais, integrata con verdure e quindi al 100% vegetale. La dieta dei grilli influisce sulla qualità nutrizionale della farina prodotta al termine del processo, ed è importante scegliere con cura i prodotti destinati alla loro alimentazione. Nell’intero processo non sono utilizzati pesticidi, antibiotici, ormoni o altri analoghi prodotti, e prima dell’abbattimento è previsto un periodo di digiuno di almeno 24 ore per evitare la presenza di residui a livello intestinale.

T. molitor g/kg

Manzo g/kg

Isoleucina

24.7

16

Leucina

52.2

42

Lisina

26.8

45

Metionina

6.3

16

Fenilalanina

17.3

24

Treonina

20.2

25

Triptofano

3.9

Valina

28.9

20

Arginina

25.5

33

Istidina

15.5

20

Metionina + Cisteina

10.5

22

Tirosina

36.0

22

Semi essenziali

Quando i grilli raggiungono la maturità, vengono raccolti e messi in un congelatore a -18 gradi, l’abbattimento avviene quindi in seguito all’abbassamento della temperatura, una metodica finalizzata a ridurre al minimo la sofferenza e contestualmente evitare possibili contaminazioni o proliferazioni batteriche. Sono poi sottoposti a ripetuti lavaggi per la rimozione di ogni possibile prodotto contaminante, e scottati in acqua bollente per sterilizzare il prodotto finale. Segue la fase della tostatura, che avviene in un apposito forno a bassa temperatura: consente di rimuovere l’umidità, disidratarli, rimuovere gli olii, e migliorare il sapore della farina. I grilli tostati vengono dunque macinati sino a ottenere una polvere fine, utilizzando un mulino da grano o un mulino a martelli; la farina è molto simile per aspetto alle farine prodotte dai cereali, si presenta come una polvere secca e dal colore leggermente brunito. È determinante segnalare che la procedura di produzione non è discrezionale e che il regolamento che consente l’immissione in commercio cita testualmente che la produzione debba prevedere: digiuno di 24 ore degli insetti per consentire lo svuotamento intestinale, l’uccisione degli insetti mediante congelamento, il lavaggio, il trattamento termico, l’essiccazione, l’estrazione dell’olio (estrusione meccanica) e la macinazione.

Non essenziali Alanina

40.4

30

Acido aspartico

40.0

52

Cisteina

4.2

5.9

Glicina

27.3

24

Acido glutammico

55.4

90

Prolina

34.1

28

tabella 1: Profilo aminoacidico a confronto tra carne di manzo e Tenebrio Molitor

Serina

25.2

27

(Trad. da: van Huis, et al., 2013).

Taurina (mg/kg)

210

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NUTRIZIONE E NOVEL FOOD PROPRIETÀ NUTRIZIONALI E ORGANOLETTICHE La farina di grillo prodotta in questo modo ha un alto contenuto proteico, oltre a essere naturalmente ricca di vitamina B12, calcio, ferro e potassio. Più in generale è a basso contenuto di grassi, meno del 12%, e con un contenuto proteico intorno al 60%-70% della massa totale; per altro si tratta di proteine dall’elevato valore biologico. Analizzando il profilo aminoacidico di alcuni degli insetti attualmente autorizzati per il consumo umano, e in particolare il Tenebrio Molitor è possibile notare che possiede un maggiore contenuto di isoleucina, leucina, valina, alanina e tirosina rispetto alla carne di manzo. Di questi aminoacidi isoleucina, leucina e valina sono ramificati (BCAA) ed essenziali (EAA), non possono quindi essere sintetizzati dall’uomo partendo da altri prodotti, ma vanno introdotti con l’alimentazione, mentre la tirosina è condizionatamente essenziale (in quanto sintetizzabile a partire da altri aminoacidi essenziali). Acidi grassi essenziali

Nel caso dell’Acheta domesticus esistono differenze nel contenuto di aminoacidi a seconda che l’animale subisca una metamorfosi incompleta o una metamorfosi completa, in caso di metamorfosi incompleta la composizione aminoacidica è essenzialmente simile tra ninfa e adulto, si modifica invece negli stadi successivi in caso di metamorfosi completa. Lo stesso discorso sulla variabilità riguarda l’alimentazione, e quindi il terreno di crescita degli allevamenti. Questi aspetti sono determinanti poiché emerge da diversi studi (Morales J A, et al., 2018) che le condizioni di allevamento possono influenzare il tasso di crescita e conseguentemente la composizione proteica e aminoacidica. Occorre quindi stabilire quale possa essere il momento ottimale per la raccolta anche al fine ottimizzare l’allevamento in termini di tempo e di costi della materia finita. Su questo fronte la temperatura è un ulteriore determinante fattore, oltre a essere una voce di costo per l’allevamento stesso. Tipologia

L’Acheta domesticus raggiunge lo stadio adulto in tempi diversi a temperature diverse, modificando la temperatura da 27°C a 29°C lo stadio adulto è stato raggiunto una settimana prima e il peso massimo alla settima settimana, con un anticipo di 3 settimane rispetto a temperature inferiori. Ottimizzare gli allevamenti significa anche ottimizzare i livelli di proteine e il rapporto tra gli aminoacidi. L’età incide in modo significativo sui livelli di aminoacidi e proteine nell’emolinfa (Nowosielski J E, et al., 1964). Differenza che si riscontra anche tra i sessi, in particolare le femmine hanno 5mg di aminoacidi in più per 100 g di emolinfa rispetto ai maschi. E la concentrazione di aminoacidi sia nei maschi che nelle femmine si modifica con il passare del tempo. Negli ultimi due stadi larvali e nell’adulto appena mutato, la concentrazione di aminoacidi è massima, con circa 69 mg nella femmina e 64 mg nel maschio, tale concentrazione risulta diminuita poco dopo la muta finale. Il più alto livello di proteine è stato osservato negli ultimi due

T. molitor

Manzo

Linoleico

Omega-6 polinsaturo

91.3

10,2

Linolenico

Omega-3 polinsaturo

3,7

3,9

Arachidonico

Omega-6 polinsaturo

0,63

Non essenziali Caprico

Saturo

1,05

Laurico

Saturo

< 0,5

1,05

Miristico

Saturo

7,6

13

Pentadecanoico

Saturo

< 0,5

Palmitico

Saturo

60,1

99

Palmitoleico

Omega-7 monoinsaturi

9,2

17

Eptadecanoico

Saturo

< 0,5

Eptadecenoico

Omega-7 monoinsaturi

0,8

Stearico

Saturo

10,2

48

Oleico

Omega-9 monoinsaturi

141,5

159

Arachico

Saturo

0,8

Eicosenoico

Omega-9 monoinsaturi

0,63

0,5

Altri

tabella 2: Profilo lipidico a confronto tra carne di manzo e Tenebrio Molitor (trad. da: van Huis, et al., 2013)

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stadi larvali, al quindicesimo giorno di vita adulta il livello di proteine è sceso al 4%. Sebbene parlando di insetti come soluzione nutrizionale si faccia quasi esclusivo riferimento al loro apporto proteico, non meno importante è l’analisi della quota di grassi. Gli oli presenti negli insetti edibili sono ricchi proprio in acidi grassi polinsaturi, in rapporto idoneo a bilanciare l’equilibrio tra omega-3 e omega-6 della dieta, non è un caso del resto che molti integratori di omega-3 in commercio siano ottenuti da olio di krill, crostacei appartenenti alla stessa grande famiglia degli artropodi, di cui sono probabilmente tra i più piccoli per dimensioni. Altro aspetto importante è correlato alla fibra alimentare, la farina di grillo contiene il 9% di fibre, di cui il 5% rappresentato da chitina. In senso generale vengono definite fibre tutte le categorie macromolecolari che non sono digerite dall’uomo, anche quelle non appartenenti alla categoria dei carboidrati. Le principali classi di fibre sono: cellulose, emicellulose, gomme, mucillagini, pectine e lignine. Frutta, verdura e cereali integrali sono senza dubbio gli alimenti più ricchi di fibre. Le fibre svolgono funzioni determinanti per il soggetto e, di norma, specifiche a seconda della tipologia di fibre che sono classificabili in: idrosolubili e non idrosolubili. Ad esempio limitano l’assorbimento di alcune sostanze lipidiche da parte dell’intestino, contrastano il riassor-

bimento di altri elementi come i sali biliari e il colesterolo, accelerano il transito intestinale, promuovono la comparsa del senso di sazietà e contrastano l’insorgenza del cancro del colon. Un buon apporto di fibre è anche capace di tenere sotto controllo la glicemia, rallentando l’assorbimento degli zuccheri, al punto da consentire una riduzione dell’uso di insulina da parte di molti soggetti affetti da diabete (Spiller GA et al., 1980). Naturalmente anche un eccesso di fibra ha effetti spiacevoli, tra i quali contrastare l’assimilazione di calcio, zinco e ferro, ecc. Non ultimo la fibra alimentare è determinante nel garantire la salubrità del microbiota umano, costituito da un vasto insieme di microrganismi, principalmente batteri, che colonizzano l’intestino. Questi batteri sono essenziali per la salute poiché svolgono numerose funzioni e tra queste garantire il mantenimento dell’impermeabilità intestinale e sostenere l’immunomodulazione. Anche la fibra alimentare presente nella farina di grillo possiede le proprietà tipiche delle fibre, inclusa la quota rappresentata dalla chitina, che appartiene al gruppo delle fibre insolubili. La chitina è un polimero lineare (C8H13NO5)n, ossia una macromolecola formata da un elevato numero di unità di N-acetil-D-glucosammina tra loro unite con legami β-1,4 glicosidici. Sottoposta al processo digestivo viene parzialmente deacetilata originando il chitosano, un polimero di dimensioni minori.

Il chitosano è molto noto per il suo impiego all’interno di integratori alimentari commercializzati con lo scopo di ridurre l’assorbimento dei grassi e del colesterolo, utilizzato anche per l’obesità e la malattia di Crohn. La sua efficacia è nota, al punto che l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha autorizzato il claim secondo cui contribuisce al mantenimento di buoni livelli di colesterolo. Il chitosano nell’organismo viene trattato enzimaticamente ottenendo un prodotto finale denominato COS (chito oligo saccaride) che, oltre a contribuire a quanto sopra descritto, partecipa attivamente (Swiatkiewicz S, et al., 2014) a mantenere e garantire un buon equilibrio batterico intestinale, contrastando quindi gli stati di possibile disbiosi che provocherebbe la proliferazione delle specie patogene. La disbiosi rappresenta fondamentalmente un alterato equilibrio tra le specie batteriche, che viceversa sarebbero in una condizione di eubiosi, ossia di equilibrio ottimale. La chitina inoltre, al netto del processo descritto e delle implicazioni sul microbiota (che è determinante come detto anche in relazione all’immunomodulazione) sembra avere azione antimicrobica e dirette implicazioni di tipo positivo sul sistema immunitario (Rumpold B A, et al., 2013). Procedendo con l’analisi delle proprietà nutrizionali della farina grillo (e di altri insetti idonei all’alimentazione umana) emerge che a livello vitaminico sono molto ben rappresentate alcune vitamine del gruppo B e in particolare la vitamina

Figura 1: Struttura chimica della Chitina e del Chitosano (© - Younes et al, 2015)

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NUTRIZIONE E NOVEL FOOD B12, e questo proprio nell’Acheta domesticus e nelle larve del verme della farina (Tenebrio molitor), nei due insetti la vitamina B12 (cianocobalamina) possiede valori rispettivamente di 2,88 microgrammi per 100 g e di 1,08 microgrammi per 100 g (Schmidt A, et al., 2019), valori analoghi a quelli reperibili nella carne di manzo. Vitamina B12 che è determinante nel processo di sviluppo dell’organismo, nella formazione dei globuli rossi, per la sintesi del DNA e della guaina mielinica di rivestimento delle fibre nervose. Ma anche altre vitamine del gruppo B, e in particolare B1, B2 e B3, sono altamente presenti. L’apporto di minerali non è meno importante, il ferro ad esempio è molto ben rappresentato negli insetti destinati all’alimentazione umana, che presentano spesso valori superiori a quelli rinvenibili nella carne di manzo. In particolare nella Locusta migratoria varia da 8 mg a 20 mg per ogni 100 g di prodotto (Oonincx D GAB et al., 2011). In merito al ferro, il dubbio maggiore è legato non tanto al quantitativo assoluto, quanto alla sua biodisponibilità. È infatti noto che il grado di assimilazione mediante la dieta è differente a seconda del tipo di ferro presente negli alimenti, che può essere di tipo eme o di tipo non eme. Il ferro eme è presente nella carne e nel pesce (forma ferrosa legata al gruppo eme), la sua assimilazione è particolarmente facilitata e normalmente non influenzata da altri alimenti. Il ferro non eme, tipico dei vegetali (forma ferrica), è meno biodisponibile, pertanto solo un piccolissimo quantitativo di quello introdotto viene poi assimilato. Inoltre l’assimilazione è ulteriormente contrastata dalla presenza di fibre, come la chitina, che è di fatto un agente chelante del ferro. Un recente studio (Hilaj N et al., 2022) si è incaricato proprio di valutare l’aspetto dell’assorbimento

del ferro per tramite di insetti autorizzati per il consumo umano. Le conclusioni del lavoro, condotto sul Tenebrio molitor, affermano che la biomassa della larva non influisce fortemente sull’assorbimento […] suggerendo che potrebbe essere una preziosa fonte di ferro nella dieta. Il ferro non è l’unico minerale altamente rappresentato, in relazione all’Acheta domesticus si può segnalare una buona presenza perlomeno di potassio: 352 mg/100 g; fosforo: 225 mg/100 g; magnesio: 22,6 mg/100 mg; zinco: 6,8 mg/100 g; calcio: 27,5 mg/100 g. I valori nutrizionali medi della farina di grillo, così come riportato sulle etichette di alcuni dei prodotti al momento in commercio sono i seguenti: • Energia: 1776 Kj/ 424 Kcal – 1628Kj/379Kcal • Proteine: 61,45 g - 77,2 g • Carboidrati: 6,74 g – 3.2 • Grassi insaturi: 11,95 g – 11,6 g • Grassi saturi: 4,89 g • Umidità: 4,65 % • Vit. B12: 6,12 µg • Vit. E: 24,2 mg Il rischio di contaminazione Il timore che la produzione di farina di grillo possa esporre a maggiori probabilità di contaminazione rispetto ad altre produzioni animali è infondata. Il rischio zero, purtroppo e ovviamente, non esiste in alcun ambito, ma questo non implica che l’allevamento di insetti abbia intrinsecamente una maggiore probabilità di contaminazione. Del resto, in termini di contaminanti, è oramai noto a tutti quanto siano da limitare alcuni prodotti ittici per la grande presenza di metilmercurio e microplastiche, l’attenzione da porre nel controllo di cereali e legumi per il rischio di aflatossine, così come tristemente noti sono i casi di encefalopatia spongiforme bovina (BSE o comunemente definita “morbo della mucca pazza”).

La BSE in particolare fa parte delle Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili, è causata dai prioni: forme alterate della proteina prionica, che si accumulano a livello cerebrale e causano la morte dei neuroni. Le encefalopatie spongiformi trasmissibili si distinguono per la loro lunga incubazione e per la capacità di infettare altri individui proprio per mezzo dei prioni, rendendo questo gruppo di malattie le uniche trasmissibili per contagio nel novero delle malattie neurodegenerative. Tristemente nota è l’emergenza sanitaria che si ebbe a cavallo degli anni 2000, con le relative e successive norme finalizzate a contenere ed evitare nuove analoghe situazioni. In relazione ai prioni si è riscontrato come, anche l’eventuale assunzione da parte degli insetti di parti animali contaminate derivanti da mammiferi, non determina un potenziale rischio di replicazione, e quindi a prescindere da altre considerazioni gli insetti non sono considerabili vettori per tale rischio biologico. Restando nell’ambito degli allevamenti animali non mancano circostanze analoghe per quanto riguarda gli allevamenti di polli, il caso probabilmente più recente riguarda quanto accaduto a ottobre 2022 con la segnalazione di oltre 300 focolai di influenza aviaria esplosi tra Veneto e Lombardia, che ha richiesto l’abbattimento di 15 milioni di capi e 1800 aziende coinvolte (corriere. it, 2022). L’influenza aviaria si può presentare nella forma caratterizzata da ceppi a bassa patogenicità (LPAI) o da ceppi ad alta patogenicità (HPAI), pur essendoci un basso rischio per l’uomo, le evoluzioni del virus meritano sempre cautela e monitoraggio.

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Non va meglio per quanto attiene gli allevamenti di maiali e la peste suina (malattia virale ad alta contagiosità), né sono risparmiati gli allevamenti di animali acquatici, dai pesci ai mitili. Nello specifico uno dei rischi maggiori è legato all’anisakis, un parassita presente nell’apparato digerente di pesci, molluschi e mammiferi marini, che può contagiare l’uomo, quindi con episodi classicamente di zoonosi, con esiti anche particolarmente gravi: dalle reazioni allergiche allo shock anafilattico. Non di meno il rischio di salmonella (batterio responsabile di infezioni gastrointestinali) legato al consumo di alimenti contaminati di origine avicola, comprese le uova o la carne di maiale. Il tutto al netto di specifiche frodi che incrementano ulteriormente i rischi igienico-sanitari. Pertanto non si può ritenere l’allevamento di grilli intrinsecamente a rischio, ma all’interno di un processo che necessita e merita la medesima attenzione oggi riservata ad altre produzioni animali. Per altro buona parte dei rischi esposti, inclusa la salmonella e l’anisakis, sono correlati ai metodi con cui il cibo viene consumato, e in particolare la cottura è una procedura adeguata e sufficiente per

eliminare molti di questi problemi, o ridurne significativamente l’impatto. Trattamento termico cui sono sottoposti anche gli insetti destinati all’alimentazione umana. Inoltre il regolamento che ne consente la commercializzazione, esplicita chiaramente i limiti di sicurezza previsti in ordine alla presenza di micotossine, metalli pesanti e altri elementi di natura microbiologica in termini di CFU/g (CFU, unità formanti colonie, è una unità di misura utilizzata per stimare il numero di batteri o cellule fungine vitali all’interno di uno specifico campione).

In ultimo, la capacità evolutiva degli insetti ha consentito loro di sviluppare anche un ottimo corredo peptidico basato su molecole con capacità antimicrobiche. Non è quindi da escludere che, al contrario di quanto accade per animali differenti, non possano ulteriormente ottimizzare questa prerogativa per divenire meno vulnerabili quando posti in un ambiente con differente densità.

A ridurre ulteriormente eventuali rischi biologici, contribuisce la procedura già descritta, che prevede sia l’uso di basse temperature per l’abbattimento, che la bollitura in fase successiva. Gli unici reali rischi derivano dai metodi di produzione, e in particolare dal terreno di crescita e dalle fonti utilizzate come mangime, in particolare si parla di rischio chimico (contaminanti) e non derivante da microrganismi. Come facilmente intuibile questo dipende in modo esclusivo dalla scelta e selezione della materia prima utilizzata come nutrimento, ed è un parametro che ha eguali identici rischi per qualsiasi produzione animale.

UN FOCUS SULLA CHITINA

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Non ultimo, la distanza filogenetica rende assai meno probabile i sempre più temuti “salti di specie” di patogeni verso l’uomo.

I timori maggiori relativamente all’impiego alimentare dell’Acheta domesticus riguardano la chitina. La chitina è una proteina contenuta nel carapace del grillo, e in effetti potrebbe dare luogo a reazioni di sensibilizzazione e manifestazioni conseguenti di ordine più o meno grave, sino allo shock anafilattico. Ma questo non è un processo differente né più frequente rispetto a quanto può accadere con l’impiego di altri alimenti come le arachidi, i crostacei, le pesche, e le numerose altre allergie alimentari che riguardano prodotti di largo e consolidato consumo.


NUTRIZIONE E NOVEL FOOD Non è del tutto corretta anche l’affermazione (posto che abbia un rilievo specifico) che la chitina non venga digerita, si stima che in Italia l’80% circa della popolazione disponga di chitinasi, contro un 20% che ne è privo (Muzzarelli RA, et al., 2010), percentuale assai inferiore ad esempio rispetto alla distribuzione del deficit di lattasi che espone alla ben più comune intolleranza al lattosio. Le chitinasi sono un gruppo di enzimi capaci di interagire con la chitina, implicate tra l’altro nella sua degradazione, presente non solo in insetti e crostacei ma anche nei funghi. Ci sono diversi tipi di chitinasi sia nei tessuti polmonari che nel tratto gastrointestinale, evidentemente con significato funzionale differente. Il fatto che il DNA umano possieda un gene codificante per le chitinasi è sintomatico del suo passato come specie entomofoga. Inoltre occorre ricordare che, anche in assenza di chitinasi endogena (a onor del vero molti autori ritengono che non sia digerita dall’uomo), il corredo batterico intestinale potrebbe sopperire gestendo la chitina enzimaticamente (Sina A et al., 2013; Dohnálek J et al., 2021), contestualmente è possibile agevolmente rinvenire studi secondo cui la chitina può essere gastricamente digerita dall’uomo (Paoletti MG et al., 2007; Mareike CJ et al., 2018).

sul quale è già possibile intervenire, e relativamente al quale sono in corso studi che valutano il miglior approccio per ottenere chitosano a partite da chitina sottratta dal processo di lavorazione della farina di grillo. Al netto di questo aspetto, quanto sin qui descritto, e le evidenze a supporto, paiono più che sufficienti perlomeno per smentire uno dei maggiori timori, secondo cui la chitina sarebbe addirittura cancerogena. Permane invece la considerazione che funga da substrato per la produzione di chitonsano che, al netto di altre peculiarità (anche queste già descritte) ha attività antiossidanti (Ghorbel-Bellaaj O et al., 2021), antitumorali e antimicrobiche (Younes I et al., 2014).

CONCLUSIONI L’analisi conclusiva che tiene conto degli aspetti nutrizionali, dei rischi correlati all’allevamento e all’impiego per uso umano della farina di grillo o di altri insetti autorizzati per tramite dell’apposito iter previsto, e senza dimenticare l’impatto ambientale di una simile alternativa, non può giungere a considerazioni differenti che, squisitamente sotto il profilo scientifico, non siano altro che la promozione questo novel food. Permangono naturalmente resistenze di ordine emotivo e psicologico che coinvolgono gran parte della popolazione europea, ma che nulla hanno a che vedere col resto degli elementi analizzati.

Univoci appaiono gli studi secondo cui il l’effetto della sua introduzione sarebbe funzionalmente positivo, sia in termini di azione preventiva a livello intestinale e coronarico (Mishyna M et al., 2021), che a livello di microbiota (Stull VJ et al., 2018). Tuttavia non è da escludere che con il progressivo incremento del mercato non si possa assistere all’immissione in commercio di prodotti senza chitina, elemento

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Articolo tratto dal volume “UN GRILLO NEL PIATTO” di Pierluigi De Pascalis, maggiori info al link www.ungrillonepiatto.it

ABSTRACT The introduction of a new food requires the analysis of the nutritional characteristics, but also the need to evaluate the possible risks related to the consumption and breeding of Acheta domestus, also as regards the microbiological field.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

1. Dohnálek J, et al., Chitinase Chit62J4 Essential for Chitin Processing by Human Microbiome Bacterium Clostridium paraputrificum J4. Molecules 26.19 (2021): 5978 2. Ghorbel-Bellaaj O, Younes I, Maâlej H, Hajji S, Nasri M, Chitin extraction from shrimp shell waste using bacillus bacteria. Int. J. Biol. Macromol. 2012, 51, 1196–1201. 3. Hilaj N, et al., The effect of dechitinization on iron absorption from mealworm larvae (Tenebrio molitor) flour added to maize meals: stable-isotope studies in young females with low iron stores. Am J Clin Nutr. 2022 Oct 6;116(4):1135-1145. 4. Mareike C J, Morgan E C, Anthony J T, Evolution of Acidic Mammalian Chitinase Genes (CHIA) Is Related to Body Mass and Insectivory in Primates, Molecular Biology and Evolution, Volume 35, Issue 3, March 2018, Pages 607–622 5. Mishyna M, Glumac M, So different, yet so alike Pancrustacea: Health benefits of insects and shrimps, Journal of Functional Foods 76 (2021) 104316 6. Morales JA, Rojas M G, Dossey A T, Age-depended food utilisation of Acheta domesticus (Othoptera: Gryllidae) in small groups at two temperatures. Wageningen Academic Publisher, 4 (1), 51-60, 2018. 7. Muzzarelli R A, Chitins and chitosans as immunoadjuvans and nomn-allergenic drug carriers. Marine Drugs. 8: 292– 312, 2010 8. Nowosielski J W, Patton R L, Variation in the heamolymph protein, amino acid and lipid levels in adult house crickets, Acheta domesticus L., of different Ages. 11, 263-27, 1964 9. Oonincx D G A B & van der Poel A F B, Effects of diet on the chimical composition of migratory locusts (Locusta migratoria). Zoo Biology, 30: 9–16, 2011. 10. Paoletti M G, Norberto L, Damini R, Musumeci S, Human gastric juice contains chitinase that can degrade chitin. Ann Nutr Metab. 2007;51(3):244-51.

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11. Rumpold B A, Schlueter O K, Nutritional composition and safety aspects of edible insects. Molecular Nutrition & Food Research. 57(5): 802–823, 2013. 12. Schmidt A, Call L M, Macheiner L, Mayer H K, Determination of vitamin B12 in four edible insect species by immunoaffinity and ultra-high performance liquid chromatography. Food Chem. 2019 May 30;281:124-129. 13. Sina A, Faramarzi M A, From bacteria to human: a journey into the world of chitinases. Biotechnology advances 31.8 (2013): 1786-1795. 14. Spiller G. A, Kay R. P., eds., Medical Aspects of Dietary Fiber, New York, Plenum, 1980. 15. Stull V J, Finer E, Bergmans R S, et al., Impact of Edible Cricket Consumption on Gut Microbiota in Healthy Adults, a Double-blind, Randomized Crossover Trial. Sci Rep 8, 10762 (2018). 16. Swiatkiewicz S, et al., Chitosan and its oligosaccharides derivatives as feed supplements in poultry and swine nutrition. J. Anim Physiol. and Anim. Nutrition, 2014. 17. Younes I, Hajji S, Frachet V, Rinaudo M, Jellouli K, Nasri M, Chitin extraction from shrimp shell using enzymatic treatment. Antitumor, antioxidant and antimicrobial activities of chitosan. Int. J. Biol. Macromol. 2014, 69, 489–498 18. Younes I, Rinaudo M., Chitin and Chitosan Preparation from Marine Sources. Structure, Properties and Applications. Marine Drugs. 2015; 13(3):1133-1174. SITOGRAFIA www.corriere.it/video-articoli/2022/02/08/epidemia-aviaria-italia-che-punto-siamo-quali-sono-rischi-l-uomo/ebdf5ff28807-11ec-8804-7df4f9fb61d8.shtml, data ultima consultazione 25/03/2023


KEYWORDS Spine, lumbar pain, functional mechanisms, Bersi’s automatisms, Alexander technique modified.

La prevenzione del dolore lombare secondo Bersi IL DOLORE LOMBARE

Da un punto di vista anatomopatologico, il “mal di schiena” indica un dolore, acuto o cronico, localizzato a livello della colonna vertebrale. In realtà, i disturbi più comuni interessano uno specifico tratto del rachide, quello lombare (Figura 1), donde il termine “lombalgia”: la sintomatologia dolorosa, cioè, si localizza nella parte bassa della schiena (fondo schiena). Le altre sofferenze vertebrali (dolore cervicale e dorsale), sebbene altrettanto fastidiose e potenzialmente invalidanti, sono statisticamente meno frequenti. Nella letteratura scientifica, di solito, per dolore lombare meccanico aspecifico si intende quello meccanico-degenerativo (il mal di schiena più comune), che può essere sostenuto da fenomeni degenerativi di uno o più segmenti di movimento; possono riguardare il disco, le articolazioni interapofisarie, il sistema muscolo-legamentoso. C’è da osservare che il danno degenerativo può essere favorito da uno scarso controllo neuromuscolare sui muscoli stabilizzatori della colonna lombare. In sostanza, la stabilità segmentaria e il benessere della nostra colonna lombare dipendono da tre sistemi: (1) il sistema osteo-disco-articolare-legamentoso; (2) il sistema muscolare e fasciale; (3) il sistema nervoso centrale e periferico. Il dolore lombare deriva dalla compromissione di uno o più dei tre sistemi dianzi citati. Rodolfo Lisi Laurea magistrale in Scienze motorie, perfezionamento post lauream in posturologia e in cultura sportiva, docente di Scienze motorie presso scuola superiore di secondo grado. rodolfo.lisi@libero.it

Figura 1 - Il segmento lombare comprende 5 vertebre, indipendenti e articolate tra loro, la quinta delle quali si articola in alto con la quarta e in basso con la base del sacro. A questo livello finiscono le vertebre cosiddette indipendenti, che sono esattamente 24, e ha inizio il segmento sacrococcigeo, costituito da due ossa, il sacro e il coccige, a loro volta formate rispettivamente da 5 e da 4 o 5 vertebre saldate tra loro.

Giovanni Bersi † In memoriam. L’ortopedico Giovanni Bersi (1939-2016) ha introdotto, in Italia, la prima metodica percutanea nel trattamento dell’ernia discale. Negli ultimi anni si è occupato degli aspetti meccanico-posturali e riabilitativi ideando, e diffondendo, la sua metodica. Nel giugno 2015 organizza il primo congresso nazionale sulle problematiche vertebrali al Priamar di Savona, ai cui atti stava lavorando alacremente fino ai giorni immediatamente precedenti l’insorgenza del malore, rivelatosi poi fatale. Persuaso dell’importanza del lavoro di équipe, Bersi ci lascia una testimonianza di dedizione e perseveranza non comuni al giorno d’oggi. Un patrimonio culturale da conservare e divulgare.

Simone Cigni Asst. Santi Paolo e Carlo, Milano. Divisione di Ortopedia e Traumatologia.

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PERFORMANCE E POSTURA L’interpretazione del dolore lombare meccanico-degenerativo aspecifico deve tener conto di questi dati: • L’identificazione di una discopatia degenerativa o di una protrusione discale o di un relativo restringimento del canale non rappresentano automaticamente la causa del disturbo che il paziente lamenta. In molti casi, l’esistenza di fenomeni degenerativi monoo plurisegmentari è del tutto asintomatica. •

Nel dolore lombare esiste sempre una componente psicoaffettiva. Questo è il motivo per cui la diagnosi corretta e le conseguenti iniziative terapeutiche devono derivare da un completo inquadramento diagnostico clinico/strumentale. Nel paziente lombalgico è necessario un dialogo e una conoscenza della personalità del paziente stesso. «L’attuale consensus scientifico internazionale definisce la lombalgia comune (o aspecifica) una patologia bio-psico-sociale, sottolineando che, oltre a fattori fisici, entrano in gioco anche fattori psicologici e sociali con un ruolo determinante nell’insorgenza e nel mantenimento del dolore» (Waddell, 1987; Monticone & Giovanazzi, 2007), ma negli ultimi decenni l’interpretazione del mal di schiena è diventata sempre più settoriale, troppo patomeccanica, troppo avulsa dalla personalità del paziente. Dalla lombalgia meccanico-degenerativa aspecifica devono essere escluse le forme cliniche di mal di schiena determinate da fenomeni flogistici sistemici (artrite reumatoide e tutte le patologie connettivali di origine autoimmune), i tumori, le fratture, le infezioni.

Premesso che la valutazione clinica deve guidare ogni decisione su indagini strumentali e deve comprendere un approfondito esame locale, funzionale, posturale e neurologico, la valutazione strumentale - che eventualmente risulti necessaria - può comprendere inizialmente la semplice radiografia del rachide lombosacrale nelle due proiezioni ortogonali e, successivamente, la TC o la RM allo scopo di escludere (o individuare) patologie spinali gravi (tumori, infezioni, malattie reumatologiche, fratture, aneurismi addominali) e cause meccanico-degenerative di lombalgia (ernie discali centrali, stenosi spinale, scoliosi, spondilolistesi e instabilità vertebrale segmentaria). In caso di lombalgia su base clinica è consigliabile evitare inutili radiografie del rachide lombosacrale; tuttavia, il persistere del dolore lombare, specie se accompagnato da rigidità, impone la prescrizione dell’indagine radiografica come primo approccio diagnostico strumentale. La RM può essere consigliata solo se il medico ritenga, sulla base del dato clinico e radiografico, vi possa essere una patologia non valutabile con il semplice radiogramma o se c’è la necessità di prendere una decisione chirurgica: ernia discale, stenosi del canale, frattura patologica (osteoporosi, tumore), instabilità elevata di uno o più segmenti. LE “BUONE ABITUDINI” Il recupero funzionale del paziente affetto da lombalgia richiede una serie di accorgimenti - che riguardano gli aspetti della vita di relazione - indirizzati precipuamente alla prevenzione di eventuali recidive. In sintesi: (1) praticare un’attività sportiva. E non solo: in presenza di dolore non si raccomanda più lo stare a riposo, ma il muoversi (camminare a passo lento, ad esempio); (2)

evitare di stare troppo a lungo seduti: se possibile, durante la stessa attività lavorativa, evitare posizioni prolungate: alzarsi dalla sedia ogni 20-30 minuti, ad esempio, riduce le tensioni muscolari; (3) sollevare i pesi piegando gli arti inferiori e contraendo l’addome: quando si deve sollevare qualcosa di pesante, è consigliabile piegare preventivamente le gambe, contrarre l’addome ed afferrare quel particolare oggetto. Risalire poi lentamente. Il carico sulla colonna vertebrale si riduce notevolmente; (4) non fumare poiché tale abitudine fa male alla schiena, così come fa male ai polmoni e al cuore. Diminuire il consumo quotidiano di sigarette o, se possibile, cessarlo del tutto; (5) dormire: non esiste una posizione ideale. È importante utilizzare un materasso non troppo rigido e non protrarre troppo a lungo la permanenza a letto; (6) dimagrire: tenere sotto controllo il proprio peso e, in caso di obesità (l’indice di massa corporeo è un ottimo indicatore), intervenire per ridurre l’adipe in eccesso, ricorrendo ad una sana alimentazione e a una corretta attività fisica. No a diete “fai-da-te”; (7) guidare: è consigliabile guidare con un cuscino o sostegno lombare. Fermarsi di tanto in tanto, scendere dalla macchina e camminare per un po’ (Negrini, 1994; Negrini, 1995; Negrini & Sibilla, 1996; Negrini & Sibilla, 1997; Negrini, Politano & Romano, 2000; Pivetta M & Pivetta S, 1999; Raimondi et al., 2001). QUALE CINESITERAPIA NEL DOLORE LOMBARE? LA PROPOSTA DI BERSI E LISI Da un ventaglio di proposte molto ampio, gli AA. credono opportuno riferirsi ad alcune posture giovevoli - dette “antalgiche”, come quelle raffigurate nel primo dei quattro esercizi proposti (Figura 2A e Figura 2B) - poiché idonee a decomprimere i dischi intervertebrali lombari e a riequilibrare le strut-

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ture del rachide così da permettere in ultima istanza la riduzione della sintomatologia dolorosa. Gli esercizi successivi (Figure 3, 4, 5), invece, mirano al potenziamento e all’allungamento dei muscoli paravertebrali e di quelli addominali perché «[…] un apparato di sostegno e muscolare tonico è in grado di opporsi alla forza gravitazionale e di rallentare il processo alterativo della corretta statica» (Raimondi et al., 2001). Anche se chi scrive adotterà una forma mentis specifica - risultato di un entroterra concreto di formazione ed esperienze riferibili principalmente agli scritti di Sergio Pivetta e di Paolo Raimondi all’istruttore o all’educatore, dotato di buonsenso e duttilità, non mancherà sicuramente la possibilità di gestire la seduta cinesiterapica ricorrendo al modus operandi di altri validi autori e studiosi.

Primo esercizio: postura antalgica

PERFORMANCE E POSTURA

Figura 2 In decubito supino, braccia lungo i fianchi, piegare gli arti inferiori e assumere una delle due posizioni riportate in Figura (A, B). In questo modo si ottiene la detensione del muscolo ileo-psoas e la riduzione della lordosi lombare. Queste due posizioni garantiscono una condizione di riposo posturale e favoriscono una detensione muscolo-legamentosa passiva. La delordosizzazione della colonna lombare riduce i carichi a livello delle articolazioni interapofisarie. Respirare in maniera lenta e profonda. Secondo esercizio: lavoro in quadrupedia

Figura 3 Appoggio armonico e simmetrico su mani e ginocchia (A), elevare un arto superiore e contemporaneamente sollevare e distendere l’arto inferiore controlaterale, facendo attenzione a conservare l’allineamento rachide-capo (B). Mantenere la posizione per alcuni secondi. Nella fase B, la stabilità del sistema dorso-lombo-pelvico viene garantita dalla contemporanea contrazione dei muscoli addominali (retroversione del bacino e riduzione attiva della lordosi lombare). Quando si ritorna nella posizione quadrupedica, rilasciare i muscoli addominali. Ripetere con gli arti controlaterali, con lo stesso controllo attivo della postura e della stabilità vertebrale e pelvica. Conservare per tutta la durata dell’esercizio una respirazione regolare. Terzo esercizio: acquisizione del controllo posturale consapevole

Figura 4 Si tratta di un esercizio di antero-retroversione del bacino in quadrupedia. A: Inspirando, dalla posizione di partenza dell’esercizio precedente (v. Figura 3A), accentuare leggermente la curva di lordosi lombare ponendo il bacino in antiversione. Ciò si ottiene rilassando i muscoli addominali, contraendo gli erettori spinali lombari e compiendo una lunga inspirazione. La fase A dura il tempo della lunga inspirazione. Successivamente inizia la fase B: si espira profondamente, contraendo contemporaneamente gli addominali. Ciò comporta la delordosizzazione della colonna lombare, fino alla inversione in cifosi. Il capo è rivolto verso il basso e il mento è poggiato sullo sterno. La ripetizione dell’esercizio è scandita dalla respirazione. Nella fase inspiratoria si realizza l’accentuazione della lordosi lombare o il suo ripristino quando è assente. Nella fase espiratoria, si annulla la lordosi lombare, fino alla sua inversione in cifosi.

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PERFORMANCE E POSTURA I TRE AUTOMATISMI DI BERSI

Quarto esercizio: perfezionamento del controllo attivo della postura e della stabilità della colonna lombare

Accanto alle buone abitudini e al trattamento ginnastico, si ritiene indispensabile imparare a “sfruttare” alcuni automatismi (Bersi, 2009; Lisi, 2010). Detti automatismi sono necessari perché, secondo Bersi, consentono di prevenire il dolore lombare. Ecco, in dettaglio, i tre - chiamati pure - “meccanismi funzionali” (Bersi, 2009). Primo automatismo Contrazione del pavimento pelvico durante ogni gesto della vita quotidiana per reclutare due stabilizzatori (trasverso dell’addome e multifido) della colonna lombare, dei quali si perde il controllo nel corso della funzione del “cilindro muscolare”, che corrisponde alla cavità addominale: il fondo del cilindro è il pavimento pelvico; il coperchio del cilindro è il diaframma; le pareti del cilindro sono formate dal muscolo trasverso dell’addome e dal muscolo multifido lombare. Il lavoro di Richardson et al. (1999) ha consentito l’acquisizione di dati che Bersi considera di grandissima importanza nella prevenzione del dolore lombare. In sostanza, esiste una correlazione fra pavimento pelvico e diaframma che va al di là del loro ruolo conosciuto da secoli e che può essere sintetizzato in questo modo: se si contraggono gli sfinteri (pavimento pelvico) e si mantiene un respiro normale (impegno del diaframma adeguato alla funzione che si sta svolgendo), si verificherà un reclutamento spontaneo dei due stabilizzatori segmentari profondi della colonna lombare: il muscolo trasverso dell’addome e il muscolo multifido lombare. Questo risultato è assai importante poiché, senza averne coscienza, generalmente si perde il controllo su questi due muscoli, essenziali per la stabilità lombare.

Figura 5 In decubito supino, braccia lungo i fianchi, arti inferiori tesi e piedi in appoggio alla parete. Porre preliminarmente la colonna lombare in retroversione mediante la contrazione di addominali e glutei. Mantenendo questo assetto, che garantisce la stabilità lombo-pelvica, allontanare la gamba sinistra dalla parete e portarla distesa - se possibile - a 90° rispetto al corpo. Mantenere la posizione per qualche secondo. Riportare la gamba lentamente nella posizione di partenza. A questo punto rilasciarsi e fare una breve pausa. Ripetere con la gamba destra, rispettando il criterio della stabilizzazione attiva del sistema lombo-pelvico mediante la retroversione del bacino. Il respiro è regolare per tutta la fase dell’esercizio.

Secondo automatismo La retroversione del bacino e la riduzione consensuale della lordosi lombare sono il risultato della contrazione - simultanea - degli addominali e dei glutei. Devono essere acquisite come automatismi da introdurre nella gestualità e nelle funzioni della vita quotidiana. La differenza tra la retroversione del bacino intesa come esercizio rispetto all’acquisizione di essa come automatismo che accompagna e assiste la verticalità ferma, ma anche la posizione seduta (specie se protratta), così come i vari impegni quotidiani, è la seguente: nell’esercizio da eseguire, per esempio, 10 volte al mattino e 10 volte alla sera, la contrazione e il rilasciamento degli addominali e dei glutei sono scanditi dalle fasi respiratorie. L’inspirazione si accompagna alla fase di rilasciamento degli addominali e dei glutei. L’addome si lascia gonfiare dai visceri, spinti in basso

dal diaframma che si contrae. L’espirazione si accompagna alla contrazione di addominali e glutei. Poiché l’assetto in retroversione del bacino e la delordosizzazione lombare rappresentano una condizione di stabilità della colonna lombare e del complesso lombo-pelvico (Siffredi, 1996; Bersi, 2009; Lisi, 2009), è assai importante utilizzarli come funzione stabilizzatrice automatica. In questo caso, la contrazione di addominali e glutei avviene in maniera modulata, in modo cioè che il respiro si possa svolgere regolarmente: la contrazione può durare anche per diversi minuti. Questo vale per la verticalità ferma, come per la posizione seduta protratta. Inoltre, la contrazione di addominali e glutei dovrà accompagnare i movimenti quotidiani, come alzarsi dalla posizione seduta o sedersi, entrare o uscire dall’autovettura, alzarsi dal letto (passaggio dalla posizione orizzontale a quella verticale), vestirsi o spogliarsi.

NOTA - Quando l’arto inferiore disteso si allontana dalla parete per raggiungere i 90°, ma anche nel passaggio opposto dai 90° all’appoggio alla parete, c’è una contrazione del muscolo ileo-psoas che garantisce tale spostamento. Ciò comporterebbe un disagio posturale e un sovraccarico dei segmenti lombari se non ci fosse la contemporanea retroversione del bacino dovuta alla contrazione degli addominali e dei glutei. Pertanto, quest’ultima deve accompagnare lo spostamento dell’arto inferiore.

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Terzo automatismo L’ultimo, che Bersi ha denominato movimento “scimmia” di Alexander modificato, consiste nell’abbandono di un’errata e purtroppo comune abitudine: la flessione della colonna lombare. Il movimento deve avvenire flettendo le anche e le ginocchia, fino all’accosciamento. Nel movimento di discesa e di risalita del tronco, la colonna lombare non partecipa ed è mantenuta stabile inserendo costantemente il primo e il secondo automatismo che si sono dianzi enunciati. Una volta raggiunta la posizione accosciata, la colonna vertebrale dorso-lombare non sarà più regolata dal principio della leva di primo genere svantaggiosa (come nella verticalità), ma dal principio della leva di primo genere indifferente. Nella prima, il fulcro (rappresentato dai corpi vertebrali) è lontano dalla resistenza, offrendo così a quest’ultima un braccio di leva più lungo rispetto a quello usufruibile dalla potenza (gli erettori spinali). Nella seconda (leva di primo genere indifferente), il fulcro è al centro, per cui resistenza e potenza sono in sostanziale equilibrio e l’impegno funzionale è estremamente ridotto. LA METODICA DI BERSI EFFICACE ANCHE NELLO SPORT Giova notare come l’adozione dello schema corporeo a partire dalla retroversione del bacino (“secondo automatismo” di Bersi) determini un primo importante risultato: l’acquisizione di una postura “normale” (Figura 6B), ovvero un modo di presentarsi ed esprimersi dinamico, vivace, efficiente.

E la successiva competizione fisica e sportiva ne trarrà vantaggi notevoli. Diversamente, una postura incongrua (il capo pende in avanti, atteggiamento in flessione con conseguente inibizione degli estensori) rifletterà una personalità stanca, depressa, scoraggiata (Figura 6A) con evidenti negative ripercussioni nell’approccio ad una gara sportiva. Tra l’altro, in quest’ultimo caso «la sovradistensione patita dai legamenti e lo sforzo imposto alla muscolatura si traducono più o meno rapidamente in dolore» (Cailliet, 1991). Si tenga infine presente che il bacino ricopre un ruolo fondamentale nei confronti della postura e dei carichi del rachide: appare quindi altrettanto fondamentale eliminare o ridurre le possibili alterazioni posturali dipendenti da questo fattore. Secondo la prospettiva accennata dianzi, non sarà difficile applicare al mondo dello sport la metodica più volte citata anche perché, nonostante eventuali modifiche dei rapporti geometrici bacino-rachide strettamente legati alla tipologia del gesto e alla situazione di gioco, bisogna sempre «[…] porre attenzione nell’eseguire quanto meno in retroversione tutte le attivita sportive che provocano contraccolpi alla schiena» (Pivetta S & Pivetta M, 1998). CONCLUSIONI A ben vedere, l’ipotesi suggerita da Bersi era già stata paventata anni prima - in alcune sue parti dal francese Siffredi (1996). Che, molto probabilmente, ha preso spunto - a sua volta - dalle osservazioni di Cailliet (1991). Questa “unità di intenti” tra Siffredi e Bersi è riconducibile in particolar modo al concetto di “retroversione del bacino”. Lo studioso transalpino, tuttavia, ne parla in

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termini di “basculamento pelvico” (Siffredi, 1999). È fin troppo evidente, comunque, la necessità di attuare, durante le attività quotidiane e sportive connesse alla stazione eretta, il basculamento pelvico per non aggiungere all’affaticamento degli erettori spinali e dorsali il sovraccarico delle articolazioni posteriori (Corno, 2001). In Figura 7, ove si focalizza l’attenzione esclusivamente sul basculamento eseguito con l’ausilio delle mani per restituirlo più comprensibile, la fase lombare del ritmo lombo-pelvico - che consiste nell’appiattimento (e non inversione) della curvatura lordotica lombare - e il raddrizzamento del rachide rappresentano il risultato finale. Per sviluppare la capacità di riallineamento del rachide, si consiglia di eseguire anche esercizi di autoallungamento dello stesso e di muscolazione addominale (Lisi, 2009). Il raddrizzamento del rachide si realizza a partire dalla cerniera lombo-dorsale (è molto difficile determinare un metamero preciso), mentre i numerosi muscoli pelvi-trocanterici faciliteranno l’apertura delle ali iliache e la verticalizzazione dell’osso sacro. Appare chiaro che per una corretta attuazione della meccanica di basculamento è necessaria la normalità dei dischi, delle articolazioni posteriori e dei legamenti longitudinali. Infatti, il basculamento pelvico dipende soprattutto dall’articolazione delle anche e, di conseguenza, dallo stato delle articolazioni coxo-femorali e dei muscoli e legamenti a queste correlati. Proprio la degenerazione artrosica delle coxo-femorali comporta un disturbo più o meno accentuato del movimento.


PERFORMANCE E POSTURA

Figura 6 - Una postura errata (A) non riflette solamente un atteggiamento biomeccanico inadeguato: essa ha legami intimi con il vissuto interiore di ciascuna persona. È certamente molto più importante prevenire gli atteggiamenti posturali scorretti piuttosto che affrontarli con intensi, e a volte controproducenti, programmi di rieducazione fisica.

Figura 7 - Siffredi (1996, modificato) consiglia di utilizzare le mani per “sentire” il movimento di basculamento.

BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

8. 9.

Bersi, G. (2009). La prevenzione attiva del dolore lombare. Savona: L Editrice. Cailliet, R. (1991). Il dolore lombo-sacrale. Roma: Edilombardo. Corno, C. (2001). Mal di schiena. Milano: Alea Edizioni. Invernici, A. (1962). La ginnastica nelle lombalgie. La Ginnastica Medica 10(6), 215-236. Lisi, R. (2009). Tennis e salute. Roma: Lombardo. Lisi, R. (2010). Tennis e patologie del rachide. Roma: Lombardo. Monticone, M., Giovanazzi, E. (2007). Scale di valutazione, ICF e Medicina Riabilitativa: correlazioni in ambito di livello di partecipazione sociale, abilità lavorativa e stato di salute. L’esempio della lombalgia cronica. G Ital Med Lav Erg 29(2), 186-195. Negrini, S. (1994). La cinesiterapia nel trattamento delle lombalgie: metodi a confronto (Vol I). Vigevano: Gruppo di Studio della Scoliosi. Negrini, S. (1995). La cinesiterapia nel trattamento delle lombalgie: metodi a confronto (Vol II). Vigevano: Gruppo di Studio della Scoliosi.

10. Negrini, S., Sibilla, P. (1996). Linee guida nel trattamento della lombalgia (Vol I). Vigevano: Gruppo di Studio della Scoliosi. 11. Negrini, S., Sibilla, P. (1997). Linee guida nel trattamento della lombalgia (Vol II). Vigevano. Gruppo di Studio della Scoliosi. 12. Negrini, S., Politano, E., Romano M. (2000). Mal di schiena: istruzioni per l’uso. Vigevano: Gruppo di Studio della Scoliosi. 13. Pivetta, M., Pivetta S. (1999). Difendi la tua schiena. Milano: Sperling & Kupfer. 14. Raimondi, P. et al. (2010). Teoria, metodologia e didattica del movimento (III ed). Perugia: Margiacchi-Galeno. 15. Richardson, C. et al. (1999). Therapeutic exercise for spinal segmental stabilization in low back pain. Scientific basis and clinical approach. London: Churchill Livingstone. 16. Siffredi, G. (1996). Pourquoi vieillir quand on peut faire autrement? (II ed). Paris: Tredaniel. 17. Waddell, G. (1987). Volvo Award in Clinical Sciences. A new clinical model for the treatment of Low Back Pain. Spine 12(7), 632-644.

ABSTRACT Excluding severe pathologies that require adequate medical treatment (think of herniated disc), lumbar pain can be treated and managed with the correct acquisition of some habits in daily life (Bersi, 2009; Lisi, 2010), the execution of exercises that allow to reduce the problems caused by the pain itself as well as by muscle stiffness (Bersi, 2009; Lisi, 2010) and, finally (but not least), the internalization of particular automatisms, also called “functional mechanisms” (Bersi, 2009). Likewise, the same expedients find a useful place in the approach to sporting practice and in a broader work protocol for that small number of people free from lumbar pain. In fact «[…] it is a privilege reserved for a few to reach a certain age without having made a personal acquaintance with lumbar pain» (Invernici, 1962).

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KEYWORDS Obesity, physical activity, assessment, training program, health

Scoliosi idiopatica: dalla definizione all’approccio conservativo tramite il movimento LA SCOLIOSI Con il termine generico scoliosi si va ad intendere un gruppo eterogeneo di condizioni patologiche caratterizzate da cambiamenti della forma e della posizione della colonna vertebrale, del torace e del tronco. La scoliosi (dal greco skolios, obliquo, curvo) è una deviazione immodificabile del rachide che si accompagna ad una rotazione sul piano frontale e ad una torsione dei corpi vertebrali sul piano orizzontale con conseguente interessamento di altre strutture che si articolano con

essi; per esempio, se la scoliosi è a livello dorsale, anche le coste ne saranno interessate. Le scoliosi, nella maggior parte dei casi, progrediscono durante l’accrescimento ed in particolar modo nel corso della pubertà fino alla maturazione ossea; ciò è dovuto ad una logica evolutiva in quanto la cartilagine di accrescimento metafisaria è stata completamente sostituita da osso e che quindi non può più accrescersi ulteriormente. Ciò non toglie il fatto che le curve fisiologiche si possono ancora aggravare, più lentamente, nel corso dell’età adulta.

Giacomo Nazzaro Laurea triennale scienze delle attività motorie e sportive. giacomo.nazzaro@libero.it

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L’ATTEGGIAMENTO SCOLIOTICO La scoliosi strutturale o semplicemente scoliosi, non deve essere confusa con la “scoliosi non strutturale” o atteggiamento scoliotico che è una curvatura secondaria derivata da cause conosciute. Solitamente si riduce parzialmente o scompare completamente dopo l’eliminazione del problema scatenante. L’atteggiamento scoliotico, a differenza della scoliosi strutturale, non è evolutivo e non presenta una rotazione dei corpi vertebrali sull’asse trasverso e di solito può essere originato da: • Dismetria degli arti inferiori. • Retrazioni dell’anca e del ginocchio, per esempio nei casi di artrosi. • Contratture muscolari.


POSTUROLOGIA LA SCOLIOSI IDIOPATICA La concezione di scoliosi idiopatica compare per la prima volta negli scritti di Kleinberg, del 1922, e si applica come definizione a tutti i pazienti per cui non è possibile identificare una specifica patologia che causa la deformità. Non a caso si verifica in bambini apparentemente sani e può progredire in relazione ai più svariati fattori durante qualunque periodo di rapida crescita. La scoliosi ideopatica, quindi, non possiede una univoca causa comune, anzi, è probabile che essa sia dovuta ad una molteplicità di concause e proprio per questo motivo che, dal punto di vista eziopatogenetico, la deformità può essere definita come un segno di una sindrome con un’eziologia multifattoriale (Rinsky & Gamble, 1988). Distinguiamo la scoliosi idiopatica in: • Infantile: tra gli 0-2 anni. • Giovanile: tra i 3-9 anni. • Adolescenziale: tra i 10-17 anni. • Adulta: dai 18 anni in su.

sioni nervose centrali come paralisi spastiche o periferiche, come le paralisi flaccide.

UN’OVERVIEW SU COME FARE DIAGNOSI DI SCOLIOSI: ESAME OBIETTIVO

Scoliosi miogena: malattie muscolari come distrofie che causano alterazioni di forze a livello del rachide scompensandolo.

A prescindere dal tipo di origine, l’esame obiettivo risulta fondamentale per valutare la presenza o meno di scoliosi. Non entreremo nel dettaglio, ci basti solo sapere che si effettua sia in clinostatismo (da seduto) e sia in ortostatismo (in piedi); si valuta il paziente sia anteriormente che posteriormente; inoltre, posti di spalle al paziente, si effettua il test di Adams, ovvero, una flessione anteriore del busto con mani incrociate per verificare la presenza o meno del gibbo (protuberanza che si forma nel dorso o nella schiena lombare a causa della deviazione delle vertebre). Lo scoliometro misura il gibbo che compare come conseguenza del test di Adam e si tratta di uno strumento di valutazione che si è dimostrato essere molto utile, di fatto misura l’angolo di inclinazione del tronco (Bunnell, 1993), ciò consente

Scoliosi desmogena: dovuta a lassità dei legamenti e/o della capsula articolare. Scoliosi artrogena: dovuta a lesioni articolari come artriti settiche o tumori a livello delle vertebre. Scoliosi osteogena: dovuta a lesioni dello scheletro e può essere di tipo traumatico (fratture) o patologico (rachitismo, osteomalacia, ecc.). Scoliosi statica: quest’ultima è più considerata un atteggiamento scoliotico in quanto il problema non è legato alla vertebra in sé ma agli arti, infatti, ponendo un rialzo a livello del piede la scoliosi scompare.

Il periodo adolescenziale rappresenta il momento più significativo poiché, generalmente, è in questa fase che si verifica (Wong et al., 2005). LE ALTRE TIPOLOGIE DI SCOLIOSI La restante parte dei casi di scoliosi possono avere altre origini come: Scoliosi congenita: dovuta a malformazioni primitive di uno o più corpi vertebrali. Diagnosticate in neonati come una componente di una sindrome che di solito è conseguente ad una compressione intrauterina causata da un mal posizionamento del feto durante la gravidanza. Scoliosi neurogena: causata da le-

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di determinare il limite oltre il quale è indicato un approfondimento radiografico. DIAGNOSI RADIOGRAFICA Affinché si possa fare diagnosi di scoliosi, dopo l’esame obiettivo, occorre fare una radiografia in toto della colonna vertebrale. Essa ci restituirà informazioni sul tipo di scoliosi, il verso e il tipo di compensazione attuata dal soggetto. Sono necessarie due proiezioni, una sagittale e l’altra frontale. L’entità della curva scoliotica si misura sul piano frontale mediante la ricerca dell’angolo di Cobb. Tale angolo si crea dalla realizzazione di una linea passante per la prima vertebra superiore della curvatura (definita vertebra apicale) e da un’altra linea che viene tracciata nell’ultima vertebra inferiore che presenta sempre la curvatura (definita vertebra limite). L’incrocio delle due rette ci restituisce l’angolo di Cobb.

L’angolo di scoliosi misurato su una radiografia frontale in ortostatismo secondo il metodo di Cobb è uno dei fattori decisivi nella gestione della scoliosi idiopatica e sarà proprio quest’ultimo a correlarsi direttamente con tutte le decisioni prese riguardo al trattamento. Basandosi su quella che è la misura dell’angolatura che si viene a formare, sono state proposte diverse classificazioni della scoliosi idiopatica, ma attualmente nessuna ha una validità diffusa. Tuttavia, c’è un accordo rispetto ad alcune considerazioni (Lonstein, 2006; Negrini et al., 2006). Tendenzialmente: • Sotto i 10° Cobb non bisognerebbe fare diagnosi di scoliosi. • Oltre i 30° il rischio di progressione in età adulta aumenta, così come il rischio di problemi di salute e di conseguenza la qualità della vita stessa.

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Oltre i 50° è quasi certo che la scoliosi progredirà in età adulta e causerà problemi di salute con un peggioramento della qualità della vita del soggetto.

In base a queste soglie e tenendo conto che l’errore di misura dell’angolo di Cobb è intorno ai 5° se l’angolo viene misurato manualmente sulle radiografie (Morrissy et al., 1990), vengono prese decisioni molto importanti. In linea generale possiamo dire che la scoliosi idiopatica si divide in: • Lieve: 10-20° Cobb. • Moderata: 20-40° Cobb. • Grave: oltre i 40° Cobb.


POSTUROLOGIA TEST DI RISSER Un altro importante parametro da valutare alla radiografia è lo stato di maturità dello scheletro mediante test di Risser (Risser, 1958). Tale test va a identificare la presenza o l’assenza del nucleo di ossificazione della cresta iliaca (per questo motivo serve fare una radiografia il toto della colonna vertebrale comprendendo anche il bacino). È una misurazione che va da 0 a 5: 0: assenza del nucleo di ossificazione. Il paziente è molto giovane da un punto di vista di ossificazione scheletrica. 1: comparsa del nucleo di ossificazione. 2: formazione di più nuclei. 3: loro fusione dal lato esterno della cresta. 4: completa fusione dei nuclei. 5: fusione con l’osso iliaco. Capiamo bene che più il paziente è lontano dalla maturità scheletrica, più sarà soggetto ad alterazioni dell’osso e quindi avrà più tempo per peggiorare. LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI CURVE SCOLIOTICHE Un’ulteriore classificazione della scoliosi idiopatica si basa su dove la deformità si colloca sul piano frontale della colonna vertebrale. La classificazione, sviluppata da Ponseti e Friedman (1950), distingue 5 tipi principali di scoliosi: • • • • •

Toracica. Lombare. Toraco-lombare. Cervico-toracica. Combinata (curva a livello toracico e curva a livello lombare).

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L’APPROCCIO CLINICO BASATO SULL’EVIDENZA ALLA SCOLIOSI IDIOPATICA DURANTE LA CRESCITA Secondo le linee guida SOSORT (The International Society on Scoliosis Orthopaedic and Rehabilitation Treatment) del 2016, gli obiettivi del trattamento conservativo della scoliosi idiopatica possono essere divisi in: • Fermare la progressione della curva durante la pubertà (ridurla ove possibile). • Prevenire o curare disfunzioni respiratorie. • Prevenire o curare sindromi dolorose della colonna. • Migliorare l’estetica attraverso la correzione posturale. Ottenere questi obiettivi risulta essere molto problematico poiché i diversi clinici trattano il paziente con la stessa patologia in maniera più o meno diversa. La variazione di intervento può essere dovuta alle preferenze del paziente o alla specificità della competenza dell’ortopedico; fortunatamente viene in aiuto lo Schema di Approccio Pratico (Pratical Approach Scheme, PAS) che rappresenta una proposta di approccio clinico basato sull’evidenza scientifica. Il PAS si propone di aiutare i clinici esperti nelle decisioni di trattamento e quindi protegge anche gli operatori fisioterapici e non da decisioni presumibilmente sbagliate. Basarsi sull’evidenza scientifica in campo pratico-operativo è per definizione la migliore integrazione possibile tra conoscenza offerta dalla medicina, la competenza dell’esperto e le preferenze del paziente (Sackett & Rosenberg, 1995).

I TRATTAMENTI CONSERVATIVI La tipologia di trattamento è altamente duttile poiché varia in base alla personalissima condizione del paziente. Può passare dalla semplice osservazione, all’utilizzo del corsetto se non addirittura all’intervento chirurgico. Principalmente ci concentreremo solo su alcuni trattamenti conservativi indicati sempre dalle linee guida SOSORT del 2016, tra cui: • Esercizi fisioterapici specifici (Physiotherapy Scoliosis-Specific Exercises, PSSE) per prevenire la progressione della scoliosi durante la crescita. • Funzionalità respiratoria ed esercizi. • Attività sportive. Una caratteristica comune a tutti i trattamenti conservativi è la necessità di coinvolgere attivamente sia il paziente ma anche chi sostiene quest’ultimo. Pertanto, il monitoraggio continuo degli esiti, la compliance del paziente, la verifica e la modifica dei metodi in corso di terapia rappresentano delle fondamenta indissolubili ed essenziali per tutti i tipi di trattamento. TRATTAMENTO CON ESERCIZI FISIOTERAPICI SPECIFICI La società internazionale per il trattamento ortopedico e riabilitativo della scoliosi (SOSORT, 2016) ha concordato sul fatto che i trattamenti con esercizi fisioterapici specifici (PSEE) dovrebbero consistere in: • Autocorrezione in tre dimensioni. • Formazione/apprendimento nelle attività della vita quotidiana. • Stabilizzazione della postura corretta. • Educazione del paziente.

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Molteplici studi suggeriscono che i PSSE rallentano la progressione della scoliosi e, in alcuni casi, riducendone la gravità della curva stessa (Fusco et al., 2011; Bettany-Saltikov et al., 2014; Negrini et. al., 2008). Altri studi hanno anche confermato miglioramenti del controllo motorio, della funzione respiratoria, della forza dei muscoli della schiena e dell’aspetto estetico (Mooney et al., 2000; Otman et al., 2005). L’evidenza scientifica conferma che tali esercizi siano un valido strumento per la gestione della scoliosi.


POSTUROLOGIA Tuttavia, una recente indagine sull’atteggiamento dei membri della Scoliosis Research Society (SRS) nei confronti dei PSSE ha mostrato che l’85% degli intervistati supporta la ricerca sui PSSE ma solo il 22% prescrive proprio i PSSE come mezzo di intervento terapeutico (Marti et al., 2015). Tale carenza di prescrizioni è principalmente dovuta per via della mancanza di ulteriori ricerche a supporto di tale tesi (Ibidem). Tanti sono gli esercizi specifici nati per la cura della scoliosi così come tante sono le scuole Europee di intervento fisioterapico (Seleviciene et al., 2022); tra le più importanti annoveriamo i metodi:

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Schroth (Germania). S.E.A.S. (Scientific Exercise Approach to Scoliosis, Italia). B.S.P.T.S. (Barcelona Scoliosis Physical Therapy School, Spagna). F.E.D. (Fixation-Elongation-Derotation, Spagna). F.I.T.S. (Functional Individual Therapy of Scoliosis, Polonia). Lionese (Francia). Side Shift (Regno Unito). DoboMed (Polonia).

FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA ED ESERCIZI Una serie di studi condotti principalmente sugli adolescenti con scoliosi fra 30° e 60° hanno dimostrato diversi tipi di alterazioni respiratorie nei pazienti. La funzionalità respiratoria risulta essere influenzata dalle deformità vertebrali quali: flessione laterale anormale, rotazione vertebrale, rigidità spinale e diametro sagittale della gabbia toracica (Takahashi et al., 2007; Padua et al., 1979; Kafer, 1975). Tutte queste ricerche sottolineano l’importanza dell’esecuzione di attività aerobiche generali (incluso lo

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sport) e di un allenamento respiratorio al fine di migliorare la capacità di esercizio e il funzionamento dei muscoli respiratori. La maggior parte delle scuole di PSSE utilizzano tecniche di respirazione specifiche come parte integrante del trattamento con esercizi per facilitare la derotazione della colonna e la correzione delle aree del tronco oramai collassate. Svariati studi dimostrato che i PSSE possono migliorare anche la funzionalità respiratoria ed è per questo che gli esperti raccomandano l’uso di esercizi specifici per promuovere l’educazione respiratoria oltre che la gestione delle curve patologiche. ATTIVITÀ SPORTIVE È stato suggerito che i pazienti con scoliosi idiopatica non dovrebbero limitarsi nel prendere attivamente parte alle attività motorie e sportive dato che la partecipazione non sembra avere effetti sulla presenza e/o sul grado della scoliosi (Kenanidis et al., 2008). Anche le linee guida italiane sul trattamento riabilitativo degli adolescenti con scoliosi o altre deformità vertebrali raccomandano ai pazienti di fare sport, in quanto si è visto che chi partecipa regolarmente ad attività sportive, anche generali, ha un’autostima più alta e di conseguenza un migliore outcome psicologico (Negrini et al., 2006). Questo aspetto è molto importante da considerare, in quanto la diagnosi di scoliosi e l’eventuale utilizzo successivo di tutori ortopedici, mina l’immagine del sé corporeo con tutto ciò che ne consegue da un punto di vista socio-relazione ed emozionale (Fällström et al., 1986).

Tuttavia non dobbiamo sovrapporre le attività sportive con i PSSE; di fatto, seppur entrambe le metodologie di intervento utilizzino il mezzo “corpo” per gestire la scoliosi idiopatica, esse hanno scopi diversi. Mentre i PSSE sono stati ideati per affrontare appositamente la deformità scoliotica, il controllo posturale e le compromissioni funzionali, le attività motorie e sportive hanno obiettivi più generali rivolti al miglioramento della forma fisica e al benessere. Fare sport permette di ottenere risultati più in ambito sociale, psicologico e fisiologico piuttosto che strutturale. NUOTO E SCOLIOSI IDIOPATICA C’è da precisare inoltre che non tutti gli sport, specialmente se svolti in maniera agonistica, sono utili per gestire la scoliosi idiopatica; di fatto, è stato riportato che il nuoto, che tradizionalmente veniva proposto come buona attività sportiva per la scoliosi (e persino prescritto da alcuni medici come trattamento!) è associato con un rischio aumentato di asimmetria del tronco ed ipercifosi (Zaina et al., 2015). Gli elementi negativi che il nuoto determina sono inerenti proprio alla natura del fluido in cui il corpo è immerso. Secondo il principio del galleggiamento differenziato, gli arti inferiori, a causa del loro peso notevole, tendono ad affondare mentre il torace, essendo riempito di aria, tenderà a galleggiare. Dal momento che nel galleggiamento prono (posizione tipica dello stile libero) per evitare che le gambe affondino, si contraggono i muscoli estensori dell’anca, i muscoli paravertebrali e i muscoli lunghi lombari; per via della loro naturale conformazione tenderanno ad avvicinare i punti più estremi delle loro

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inserzioni e quindi ad accentuare la curva lordotica lombare (Tribastone & Tribastone, 2001). Nel galleggiamento supino (stile dorso), la lordosi lombare che si forma è dovuta sia al tentativo di portare il torace il più possibile in superficie e sia alla trazione esercitata dai muscoli retti femorali e dai muscoli ileopsoas, non controbilanciati dai muscoli retti dell’addome (ibidem). Lo stile rana, seppur sia un lavoro sinergico bilaterale, è uno stile che agevola la formazione, anche in questo caso, di una importante lordosi lombare, sia quando il nuotatore alza la testa per respirare sia quando esegue l’azione di recupero delle gambe (ibidem). Infine, lo stile delfino è una tecnica natatoria impegnativa, sia per il notevole lavoro dei muscoli pettorali tendenti a protendere le spalle in avanti per via della loro retrazione, sia per l’eccessivo carico di lavoro che si avverte a livello lombare (ibidem). In definitiva, quindi, tutti gli stili di nuoto determinano l’accentuazione di una curva lordotica che rappresenta un ostacolo agli obiettivi del trattamento conservativo della scoliosi idiopatica (basti pensare che una iperlordosi accentuata può portare a lombalgia). C’è inoltre da considerare le pressioni che l’acqua esercita su una schiena non simmetrica (Lisi & Giuffreda, 2019). Se supponiamo un torace sano come un cilindro perfetto, le forze impresse dal liquido si trasmettono in modo uguale su tutte le parti del cilindro stesso; viceversa, se quest’ultimo fosse deformato, come nel caso del soggetto scoliotico, ciò non avverrebbe aumentando la rotazione delle vertebre del rachide.


POSTUROLOGIA

Quanto detto fin qui sembrerebbe allontanare l’ipotesi di effettuare qualsiasi lavoro in ambiente acquatico; ciò non è del tutto vero in quanto, sebbene il nuoto dovrebbe essere evitato, l’esercizio fisico in acqua è ancora possibile, poiché porta notevoli vantaggi che potrebbero essere sfruttati anche per un soggetto scoliotico (ibidem). Essi sono: • Aumento delle grandi funzioni organiche, in particolare cardiocircolatoria e respiratoria. • Azione di scarico vertebrale dato dal principio di Archimede. • Percezione propriocettiva diversa in acqua rispetto alla terraferma. • Ambiente rilassante che permette di prendere confidenza e fiducia con il proprio corpo. • Temperatura dell’acqua, in particolare per il suo effetto analgesico. • Partecipazione attiva ed entusiastica alle attività natatorie. Questi è molti altri vantaggi possono essere sfruttati al fine di creare

dei programmi che coadiuvano la terapia fisioterapica. SPORT ASIMMETRICI E SCOLIOSI IDIOPATICA Un altro interrogativo riguarda gli sport fortemente asimmetrici. Purtroppo, pochi sono gli studi di correlazione tra scoliosi e sport asimmetrici. Tuttavia, possiamo dire che in un recente studio trasversale di Zaina e colleghi (2016), il tennis non era correlato alle deformità spinali. CONCLUSIONI La scoliosi idiopatica è una condizione patologica che altera l’estetica e l’armonia psichica e strutturale della persona. Per venire in aiuto ai giovani pazienti si ricorre a una metodologia terapeutica scientificamente provata composta dalla cooperazione di più figure professionali di

riferimento di cui fa parte, oltre l’ortopedico curante e il fisioterapista, anche il chinesiologo. Le attività motorie e sportive devono essere integrate per i benefici specifici che essi offrono ai pazienti in termini psicologici, neuromotori e di benessere organico generale, piuttosto che una vera e propria strategia al fine di ridurre la curva scoliotica. Restrizioni potrebbero essere poste sulla pratica di certi tipi di attività sportive in base alla gravità della curva e alla progressione della deformità e all’opinione del medico specializzato; tuttavia, in assenza di complicazioni, si raccomanda di continuare a svolgere attività sportive anche durante il trattamento con tutori ortopedici per via dei benefici fisici (miglioramento dell’apparato cardiorespiratorio in primis) e psicologici che queste attività forniscono, sempre con cautela soprattutto quando si tratta di sport di contatto o altamente dinamici.

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ABSTRACT Idiopathic scoliosis represents a form of scoliosis where no specific factor causing the deformity can be identified. Considering the difficulties that are inherent in the pathology itself, this article attempts to give the reader an overview of idiopathic scoliosis starting with the definition of the condition and ending with the main conservative physiotherapy therapies that can be applied using only the subject’s body as a tool of intervention (that’s why conservative therapies with a corset have been left out). At the end, the possibility of also using sports and motor activities as therapies in the management of idiopathic scoliosis is discussed.

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KEYWORDS gut microbiota, microbiome, gut-brain axis, Vagus nerve, depression.

Asse cervello/intestino/microbiota: un sistema bidirezionale Esistevano anni fa le malattie psicosomatiche, le quali non avevano eziologia ben definita e che spesso erano velate da un alone di mistero: mal di testa, mal di pancia, vari dolori muscolari e articolari apparivano più come una scusa per non andare a scuola che un concreto malessere. Escludendo le situazioni del tutto immaginarie (che poi cosa sia realmente immaginazione quando si scrive di mente è un discorso che merita un articolo a parte), quale entità ha dato oggi dignità alle malattie psicosomatiche? Il microbiota.

È bene anticipare che la maggior parte delle intuizioni sul microbiota derivano da osservazioni su modelli animali, ma le prove emergenti e sorprendenti di questi ultimi anni hanno aperto un filone di studio estremamente interessante riguardante la comunicazione bidirezionale cervello-intestino-microbiota, quest’ultimo potenziale protagonista di disturbi anche neurologici. Ricerche recenti (Erny et al, 2015; Sharon et al, 2019) stanno mostrando come il microbiota possa influenzare lo sviluppo del cervello attraverso la capacità dei microrganismi batterici di produrre e

Dott. Davide Serpe Laurea specialistica in Scienze Motorie, laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana, biologo nutrizionista, allenatore calcio Uefa B. Docente NonSoloFitness e Professore a contratto Università Cattolica del Sacro Cuore.

modificare diversi fattori metabolici, immunologici e neurochimici: da una prospettiva “cervello-centrica” si sta passando ad una visuale molto più ampia, ben consci che il sistema nervoso centrale è influenzato anche dallo stato metabolico e immunitario del corpo. Questa nuova visuale ha aperto il campo a un numero oramai considerevole di ricerche scientifiche nell’ambito del microbiota, ricerche che correlano le comunità microbiche presenti nel nostro intestino (ma non solo in questa sede) e le loro funzioni ai disturbi neuropsichiatrici associati allo sviluppo (ad esempio disturbi dello spettro autistico, ASD - dall’inglese Autism Spectrum Disorders), al tono dell’umore (depressione e ansia), a patologie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer e sclerosi multipla) (Morais et al, 2021).

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NEUROSCIENZE E NUTRIZIONE È un argomento estremamente affascinante che sradica, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la dicotomia corpo-mente: l’essere umano possiede un secondo cervello a livello intestinale, il quale comunica col cervello cranico in maniera bilaterale e con vicendevoli effetti. Ebbene sì, non solo la scienza ha abbattuto la diatriba corpo-mente, ma si è andati ben oltre definendo come lo stesso microbiota intestinale possa incidere sul cervello e quindi anche sullo stato psico-emotivo del soggetto. A titolo esemplificativo depressione e infiammazione, spesso correlate, possono trovare entrambe la causa in un microbiota non equilibrato: la disbiosi, infatti, non è causa solo di gonfiore o malessere intestinale, ma ha ripercussioni ben più estese e ad ampio spettro rispetto a ciò che si potrebbe pensare. È una (ri)scoperta rivoluzionaria che rende responsabile ognuno di noi del proprio microbiota; stress, alimentazione, sedentarietà, sonno, ritmi circadiani, farmaci, clima, esercizio fisico, relazioni interpersonali incidono notevolmente sulla composizione del microbiota, la quale ha poi ripercussioni locali e sistemiche, fisiche e psicologiche. L’ambiente pervade, compenetra e plasma l’essere umano finanche nelle sue parti più intime, ossia il DNA e queste piccole ma importanti modifiche possono essere trasmesse anche nelle generazioni successive come l’epigenetica insegna. La comunità batterica muta nel tempo ed è quindi una variabile dinamica nelle sue concentrazioni, così come nelle sue attività in risposta ai fattori sopra citati. Il microbiota è costituito dalla totalità di microrganismi che popolano il nostro apparato digerente, soprattutto in sede intestinale; si stima un numero forse addirittura pari a quello delle cellule dell’intero organismo, formato da batteri, virus, miceti, fun-

ghi, protozoi. Il microbiota intestinale rappresenta, in estrema sintesi, la flora batterica intestinale ma non in via esclusiva. Il microbioma non è sinonimo di microbiota, bensì definisce l’intero patrimonio genetico dei batteri colonizzanti il nostro corpo, è il genoma del microbiota nella sua interezza; si stima un numero impressionante di geni, cifra che si aggira sui 232 milioni (Tierney et al, 2019). Alla nascita l’apparato digerente risulta sterile e viene immediatamente colonizzato dai batteri materni, vaginali e anali (in caso di parto naturale) oppure ambientali ed epiteliali (parto cesareo); nei primi giorni di vita le specie batteriche sono relativamente ridotte ma a distanza di pochi mesi il bambino, a contatto con l’ambiente esterno e con altri esseri umani, crea un microbiota molto più vario con la presenza di nuove specie batteriche che vanno ad affiancarsi a quelle presenti. Anche il latte materno e il cibo assunto nei primissimi mesi di vita giocano un ruolo molto importante nel determinare la composizione del microbiota, così come la qualità delle relazioni e dell’ambiente (fisico ed

emotivo) che circondano il bambino: il futuro del microbiota, ma ahimè non solo, è quindi determinato nel periodo di minor consapevolezza e autonomia possibile. Si è scoperto che i trilioni di batteri che risiedono nel tratto intestinale non solo sono componente essenziale della salute immunitaria e metabolica, ma sembrano anche influenzare lo sviluppo e gli eventuali disturbi del sistema nervoso centrale ed enterico (dell’apparato digerente) compresi i disturbi della motilità intestinale, disturbi comportamentali, malattie neurodegenerative, eventi cerebrovascolari e disturbi neuroimmuno-mediati (Strandwitz, 2018). Sono diversi i meccanismi attraverso i quali il microbiota influenza il sistema nervoso centrale direttamente o indirettamente, come ad esempio l’alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene correlata allo stress (Sudo et al, 2004), la stimolazione del nervo vago (Bonaz et al, 2018; Bravo et al, 2011), la secrezione di acidi grassi a corta catena che possono attivare le cellule della microglia (Erny et al, 2015).

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In modelli preclinici è stato visto come gli acidi grassi a catena corta (SCFA), prodotti dai microrganismi intestinali attraverso la fermentazione della fibra introdotta con gli alimenti, sono in grado di agire sul sistema nervoso centrale regolando la neuroplasticità, l’espressione genica ed epigenetica e il sistema immunitario (Dalile et al, 2019); nei topi gli SCFA sono in grado di regolare i geni coinvolti nella maturazione della microglia, inducendo al contempo cambiamenti morfologici (Erny et al, 2015). Sono acidi grassi a catena corta l’acido butirrico, propionico, acetico, isobutirrico, valerico, caproico, succinico e lattico. I microrganismi intestinali possono influenzare anche il senso di fame/ sazietà nell’ospite e di conseguenza veicolarne almeno in parte i comportamenti diretti alla ricerca del cibo; ciò avviene modulando la

produzione di segnali endocrini da parte delle cellule della parete intestinale, come ad esempio la sintesi della molecola GLP-1, da parte delle cellule L dell’ileo e del colon. Il GLP-1 è un ormone che riduce la fame e al contempo stimola il rilascio di insulina, riducendo quello di glucagone ed è in grado di ridurre lo svuotamento gastrico. Sfruttando modelli animali sono stati identificati diversi percorsi di comunicazione quali quelli guidati dal sistema immunitario, dal nervo vago, dalla modulazione di composti neuroattivi prodotti dal microbiota stesso; i batteri producono e/o consumano un’ampia gamma di neurotrasmettitori tra cui i famosi dopamina, serotonina (o 5-HT idrossitriptamina, sintetizzata dal triptofano) e GABA (acido gamma-ammino-butirrico) (Strandwitz, 2018).

Queste molecole rivestono un ruolo fondamentale, centrale, determinante nel sistema nervoso centrale con ripercussioni sulla sfera comportamentale e psico-emotiva dell’essere umano: al contrario di quanto si possa credere, la serotonina è prodotta primariamente a livello gastrointestinale (dalle cellule enterocromaffini) con percentuali variabili reperibili in letteratura che vanno dal 70 al 90% del totale. Anche i non addetti ai lavori sono a conoscenza di una delle categorie più famose di antidepressivi, gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) che agiscono a livello del sistema nervoso, somministrati dallo specialista in caso di depressione; questo neurotrasmettitore è coinvolto nella regolazione di numerosi processi fisiologici, tra i quali peristalsi e secrezioni gastrointestinali, respirazione, vasocostrizione, comportamento e funzione neurologica. Con topi germ free (ossia sprovvisti di microbiota) vi è una significativa riduzione della serotonina nel sangue e nel colon rispetto al gruppo di controllo (Wikoff et al, 2009), tendenza che può essere invertita ripristinando il microbiota; sebbene diversi ceppi batterici siano in grado di produrre serotonina, tale capacità non si concretizza nei colonizzatori del microbiota intestinale. Esiste comunque una correlazione tra serotonina-microbiota-ospite (ossia l’essere umano) in quanto i livelli del neurotrasmettitore sembrano mediati dalla secrezione microbica di piccole molecole (come acidi grassi a corta catena, acidi biliari secondari, indolo, alfa-tocoferolo o vitamina E), le quali stimolano le cellule enterocromaffini verso la produzione di serotonina; l’espressione dell’enzima triptofano idrossilasi gioca un ruolo molto importante in tal senso (Yano et al, 2015).

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NEUROSCIENZE E NUTRIZIONE Topi germ free o trattati con antibiotici mostrano una riduzione dei livelli di 5-HT ma questa situazione può essere invertita attraverso l’inoculazione di batteri sporigeni che aumentano il metabolismo del triptofano nelle cellule enterocromaffini (Yano et al, 2015); effetti similari si sono riscontrati allorquando batteri sporigeni venivano trapiantati da un microbiota umano sano a topi germ free. Secondo altre ricerche scientifiche, il microbiota porta in dote il potenziale per influenzare i livelli anche di altri neurotrasmettitori quali l’istamina (Hegstrand et al, 1986), neuropeptidi (Holzer et al, 2014), steroidi (Tetel et al, 2018) ed endocannabinoidi (Cani et al, 2016). La dopamina è uno dei principali neurotrasmettitori prodotto in diverse zone cerebrali (ma anche nella midollare del surrene) implicata nei comportamenti che portano a ricompensa, ed è precursore di altre fondamentali catecolamine quali adrenalina e noradrenalina; quest’ultima, nota anche con il nome di norepinefrina, oltre al suo “classico” lavoro di attivazione del sistema nervoso simpatico riveste un ruolo importante nei contesti della memoria, apprendimento e attenzione (Borodovitsyna et al, 2017). In questi ultimi anni si stanno accumulando prove dell’importanza del microbiota nei processi di sintesi/catabolismo della dopamina e noradrenalina e studi su topi germ free stanno dando dei risultati molto interessanti in tal senso (Asano et al, 2012). Da sottolineare il ruolo da assolute protagoniste delle fibre del nervo vago all’interno della comunicazione bidirezionale cervello-microbiota, in quanto innervano gli strati muscolari e mucosali del tratto gastrointestinale con funzione sia afferente (intestino verso il cervello) che efferente (cervello verso intestino); il nervo vago assume quindi l’importante veste di mediatore all’interno della trasmissione di informazioni tra il centro e i visceri. Il GABA è il principale neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale, la cui sintesi è strettamente legata alla conversione del glutammato ad opera dell’enzima glutammato decarbossilassi. Al netto dell’importanza di questo neurotrasmettitore non stupisce l’ampia distribuzione dei suoi recettori all’interno dell’ospite; la sua azione è mediata dai recettori GABA A, GABA B, GABA C e un’alterazione della

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trasmissione GABAergica è correlata a diversi disordini del sistema nervoso centrale ed enterico, come ad esempio disturbi comportamentali o del sonno (Wong et al, 2003) nonché influenze sulla motilità intestinale, lo svuotamento gastrico e la secrezione acida (Hyland e Cryan, 2010). La produzione di GABA da parte dei batteri presenti nel microbiota ha uno scopo fisiologico ben preciso, ossia abbassare il pH intracellulare ed anche in questo caso studi condotti sui topi hanno definito come il microbiota possa influenzare i livelli circolanti del neurotrasmettitore; animali germ free hanno livelli sierici (ma non cerebrali) di GABA ridotti (Matsumoto et al, 2013). Ad oggi sappiamo che diversi organismi commensali producono GABA, tra i quali i membri dei generi Bifidobatteri e Lattobacilli, i cui nomi vengono spesso associati ai famosi probiotici. Per ciò che concerne l’essere umano, studi preliminari suggeriscono che la manipolazione del microbiota possa avere delle ripercussioni sui livelli circolanti di GABA, manipolazione che può concretizzarsi in primo luogo attraverso interventi dietetici mirati (David et al, 2014). Diversi studi osservazionali (Sampson et al, 2016; Jiang et al, 2015; Luna et al, 2017) hanno rilevato un dato estremamente interessante: individui con varie patologie neurologiche presentano un microbiota differente rispetto ad individui sani. E le scoperte non si fermano qui: in modelli murini si è visto come i batteri intestinali umani possano contribuire nello sviluppo di patologie cerebrali e comportamentali, una volta trapiantati negli animali. Il trasferimento di microbiota intestinale da individui con depressione ha causato un aumento dei comportamenti depressivi nei roditori (Zheng et al, 2016; Kelly et al, 2016), suggerendo che il trapianto di mi-

crorganismi intestinali è anche in grado di trasferire i fenotipi della depressione. Nei disturbi dello spettro autistico (ASD), insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, la disfunzione gastrointestinale è maggiormente presente rispetto ai soggetti che non presentano tale patologia, con un incremento dell’infiammazione intestinale (McElhanon et al, 2014) e della permeabilità intestinale (Coury et al, 2012). Buie et al (2010) hanno anche riscontrato una correlazione positiva tra gravità dei sintomi comportamentali e quelli gastrointestinali suggerendo, ancora una volta, il collegamento tra intestino e cervello nello sviluppo di ASD. Collegandomi a quanto scritto poco prima diversi studi (Luna et al, 2017; Kang et al, 2017; Zhang et al, 2018) riportano una composizione del microbiota differente tra soggetti con ASD e persone non affette da tale patologia, indicando il microbiota come un fattore importante nello sviluppo del comportamento sociale, quest’ultimo dominio chiave in una patologia come l’autismo. Il disturbo depressivo maggiore, una tipologia di depressione, è associato a modificazioni fisiologiche in tutto il corpo ivi comprese quelle del tratto gastrointestinale, il quale subisce un aumento della permeabilità dell’epitelio, così come un’increzione dell’infiammazione sistemica: tutto ciò si rispecchia in un incremento di alcuni biomarcatori tipici, quali la proteina C reattiva, interleuchina 1 beta, interleuchina 6 e il fattore di necrosi tumorale (TNF) (Dowlati et al, 2010). Se correlato a quello di soggetti sani, ancora una volta abbiamo prove di un microbiota alterato in pazienti con diagnosi di depressione maggiore (Jang et al, 2015; Kelly et al, 2016; Zheng et al, 2016), con una riduzione di alcuni generi batterici usualmente più elevati come

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Bacteroides, Firmicutes e Attinobatteri, e concomitante aumento di Proteobatteri (Kelly et al, 2016; Zheng et al, 2016) e Alistipes (Jang et al, 2015). In sintesi, la ricerca indica diverse modalità attraverso le quali il microbiota può influenzare sviluppo e funzione del sistema nervoso centrale, tra le quali si annoverano la modulazione della risposta del sistema immunitario, la produzione di ormoni, neuropeptidi e neurotrasmettitori. Giungendo a conclusione, sono diversi i batteri presenti nel nostro microbiota in grado di produrre neurotrasmettitori (Dhakal et al, 2012; Clarke et al, 2014) come acetilcolina, serotonina, GABA, istamina, dopamina, adrenalina e noradrenalina; questo basta a far comprendere quanto il microbiota possa ampliare le opzioni terapeutiche e diagnostiche nei confronti di molteplici problematiche, dalla oramai famosa sindrome dell’intestino irritabile a disturbi nella sfera psico-emotiva, dall’autismo alle malattie autoimmuni. Le molecole di derivazione microbica, quindi, inviano segnali al cervello attraverso le vie neuronali del nervo vago e sono in grado anche di modulare il sistema immunitario con effetti che da locali si tramutano in sistemici. Vista in un’ottica ancor più ampia sia il sistema nervoso centrale che il microbiota influenzano direttamente il sistema immunitario e quest’ultimo ha effetti sui primi due: diventa quindi imperativo, per tutte le figure sanitarie, essere a conoscenza delle dinamiche bidirezionali tra intestino e cervello e ciò richiederebbe anche e soprattutto una conoscenza approfondita della persona che abbiamo di fronte, in quanto il microbiota si è formato e plasmato su tutte le esperienze consce e inconsce dell’essere umano. E la comunicazione cervello-intestino-microbiota, è bene sottolinearlo, dura una vita intera.


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ABSTRACT The microbiota is the set of all the microorganisms that populate our intestines and beyond; an heterogeneous group of bacteria, viruses, fungi with which we live since birth and weighing about 1 kilo. The discoveries of the last twenty years can open the way for diagnostic and therapeutic options unsuspected until a few years ago; in the context of various pathologies from classic gastrointestinal disorders to autoimmune diseases to disorders in the psycho-emotional sphere. The microbiota distinguishes each of us and is decisively affected by the environment that surrounds us as well as by the foods we eat on a daily basis, but even stress, emotionality, physical exercise have direct repercussions on the composition of the microbiota. From this point of view, the first three years of life and the lived experiences have an enormous impact on the microbiota that will distinguish each of us, in health and in illness.

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Iscrizioni www.nsf.it

Date e sedi Roma 23-24 settembre 2023; Milano 23-24 settembre 2023

BIOMECCANICA DEGLI ESERCIZI FISICI Il Corso di Biomeccanica degli esercizi fisici si sviluppa in 2 weekend e prevede l’analisi teorica e pratica della tecnica esecutiva, della metodologia di insegnamento e della progressione didattica dei principali esercizi di muscolazione rivolti alla muscolatura di: arti inferiori, addominali, tronco, arti superiori. Verranno analizzati esercizi come squat, stacco da terra, plank, distensioni su panca piana con bilanciere e manubri, distensioni su panca inclinata con bilanciere e manubri e moltissimi altri.

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 7-8 ottobre 2023 e 4-5 novembre 2023; Milano 7-8 ottobre 2023 e 4-5 novembre 2023; Padova 7-8 ottobre 2023 e 4-5 novembre 2023

ISTRUTTORE GINNASTICA IPOPRESSIVA La ginnastica ipopressiva si differenza dalla comune ginnastica pelvica, in quanto il suo obiettivo non è solo quello di riprogrammare il corretto funzionamento del pavimento pelvico, ma anche quello di reinformare la muscolatura profonda di tutto il corpo, attraverso specifiche posture.Durante il corso verranno esaminati gli aspetti fisiologici, biomeccanici e anatomici utili a comprende come utilizzare al meglio la ginnastica ipopressiva e verranno valutate le controindicazioni specifiche.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 7-8 ottobre 2023; Milano 7-8 ottobre 2023; Padova 14-15 ottobre 2023; Bologna 28-29 ottobre 2023; Torino 4-5 novembre 2023

ISTRUTTORE POLE DANCE Il corso di Istruttore Pole Dance risponde alle più recenti esigenze del mercato del lavoro nel settore delle palestre e dei centri fitness. Il programma didattico parte dall’analisi dell’anatomia e della biomeccanica per arrivare all’analisi e all’esecuzione delle più importanti figure, partendo da quelle base. L’ultimo modulo del corso prevede un approfondimento su come strutturare una lezione di Pole Dance.

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro

Iscrizioni www.nsf.it

Date e sedi Milano 23-24 settembre 2023 e 28-29 ottobre 2023; Roma 30 settembre e 1 ottobre 2023 e 21-22 ottobre 2023; Catania 14-15 ottobre 2023 e 11-12 novembre 2023

52 Scienza e movimento - N. 33 Luglio-Settembre 2023


ISTRUTTORE FIT BOXE La Fit boxe sta ottenendo uno strepitoso successo in tutti i centri fitness italiani: c’è quindi una forte richiesta di professionisti, di veri Istruttori Fit boxe. Il programma del corso parte dalle indispensabili basi teoriche per arrivare alla “costruzione della lezione”, con molteplici passaggi dalla teoria alla pratica.

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 9-10 settembre 2023; Milano 9-10 settembre 2023

I CORSI

Durata 1 week-end

ISTRUTTORE SPACE JUMP La disciplina Space Jump (JT) coinvolge un vasto pubblico per due motivi fondamentali: le persone si allenano divertendosi con un attrezzo che, per le sue proprietà e caratteristiche, scatena emozioni positive e ricordi. Una sorta di ritorno all’infanzia, corpo e mente liberi di fare. Le persone eseguono esercizi semplici in sicurezza acquisendo tutti i benefici dell’allenamento specifico JT. Il corpo lavora in modo globale: coordinazione, resistenza, forza, equilibrio.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro

Iscrizioni www.nsf.it

Milano 9-10 settembre 2023

ISTRUTTORE FITNESS PER BAMBINI Uno dei corsi più interessanti ed approfonditi, finalizzato a scoprire il ruolo dell’attività motoria e sportiva in età evolutiva. Una giornata di incontro e studio su come approntare il lavoro, con i bambini e con gli adolescenti. Cosa rappresenta il movimento in questa età particolare e le sue implicazioni sullo sviluppo intellettivo, del linguaggio e della personalità. Un corso utile non solo agli operatori del settore, ma anche ai genitori più attenti che vogliono strutturare le migliori prospettive per i propri bambini e ragazzi.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Padova 7-8 ottobre 2023; Roma 21-22 ottobre 2023; Milano 21-22 ottobre 2023

ISTRUTTORE FITNESS PER LA TERZA ETÀ Il ruolo dell’attività motoria nella prevenzione delle più comuni disfunzioni legate all’età adulta della vita ed all’abituale sedentarietà. Cosa avviene sotto il profilo fisico e psichico in un individuo adulto, quali i limiti prestazionali, come innalzare la qualità della vita non solo sotto l’aspetto dell’efficienza fisica. È noto che palestre e centri fitness non sono piú appannaggio esclusivo dei giovani. Sempre più adulti ed anziani utilizzano l’esercizio fisico per prevenire e curare malattie e disfunzioni. Per questa ragione un numero sempre maggiore di imprenditori del fitness è alla ricerca di personale qualificato.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Milano 11-12 novembre 2023; Roma 11-12 novembre 2023; Padova 11-12 novembre 2023

OPERATORE TAPING POSTURALE E SPORTIVO Il Taping muscolare è oggi una delle tecniche di bendaggio più utilizzate nell’ambito sportivo, ma anche rieducativo e riabilitativo. Le diverse tecniche di applicazione permettono di ottenere benefici a livello muscolare, articolare, linfatico e sanguigno, posturale e sensitivo, migliorando anche il controllo dello stimolo doloroso. Il corso teorico-pratico è immediatamente spendibile sul mercato del lavoro e risulta un eccezionale alleato da affiancare alla ginnastica posturale, non solo mediante l’analisi dell’applicazione del taping ma anche attraverso gli esercizi che coadiuvano tale intervento.

Durata 1 week-end

Quota 249,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 9-10 settembre 2023; Milano 9-10 settembre 2023; Padova 16-17 settembre 2023; Catania 18-19 novembre 2023

Scienza e movimento - N. 33 Luglio-Settembre 2023

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I CORSI ISTRUTTORE DI FITNESS MUSICALE I corsi di Fitness Musicale sono tra i più richiesti tra chi frequenta le palestre, infatti i centri fitness sono alla continua ricerca di professionisti nelle discipline aerobico-coreografiche, ed in particolar modo Istruttori con specifiche competenze di aerobica e step, total body, GAG

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 7-8 ottobre 2023 e 11-12 novembre 2023; Milano 14-15 ottobre 2023 e 11-12 novembre 2023

MASSAGGIATORE SPORTIVO Il massaggio sportivo è eseguito negli atleti al fine di migliorare la prestazione, preparare il muscolo a grossi carichi di lavoro, ripristinare una migliore condizione fisiologica dei muscoli sottoposti allo stress dell’esercizio fisico. Gli effetti benefici sono molteplici e trova applicazione non solo dopo una gara, ma anche tra una competizione e l’altra o prima della gara stessa. Saranno affrontati differenti tipi di massaggio pre, infra e post gara e le tecniche decontratturanti con lo scopo di creare le basi professionali del settore e affrontare il mondo del lavoro in modo efficace.

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro

Iscrizioni www.nsf.it

Date e sedi Padova 23-24 settembre 2023 e 21-22 ottobre 2023; Roma 23-24 settembre 2023 e 21-22 ottobre 2023; Milano 7-8 ottobre 2023 e 11-12 novembre 2023; Catania 28-29 ottobre 2023 e 25-26 novembre 2023

Massaggio Linfodrenante Milano 4-5 novembre 2023 e 2-3 dicembre 2023; Roma 4-5 novembre 2023 e 2-3 dicembre 2023

Massaggio Svedese Roma 21-22 ottobre 2023; Milano 21-22 ottobre 2023

Massaggio Miofasciale Milano 30 settembre e 1 ottobre 2023 e 28-29 ottobre 2023; Roma 18-19 novembre 2023 e 9-10 dicembre 2023

PREPARATORE ATLETICO E SPORTIVO Il corso di Preparatore Atletico e Sportivo ha l’ambizione di formare figure in grado di occuparsi a 360° della preparazione fisica di un atleta amatoriale o professionista. Il programma si sviluppa in due fine settimana ed è vasto e articolato, partendo da concetti basilari per arrivare a nozioni di natura più complessa, con molti esempi strettamente connessi alla pratica.

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Milano 30 settembre e 1 ottobre 2023 e 28-29 ottobre 2023; Roma 30 settembre e 1 ottobre 2023 e 28-29 ottobre 2023

FITNESS MOTIVAZIONALE Il Fitness Motivazionale rappresenta un nuovo strumento in mano a tutti professionisti del fitness che intendono promuovere efficacemente la loro attività, incrementando e fidelizzando efficacemente la propria clientela senza campagne pubblicitarie, senza promozioni e senza sconti. È anche una straordinaria opportunità per chi è alla ricerca di un lavoro nel mondo del fitness, rappresentando questo corso un punto d’eccellenza nel proprio curriculum.

Durata 1 giorno

Quota 159,00 euro

Iscrizioni www.nsf.it

Date e sedi Milano 16 dicembre 2023; Roma 16 dicembre 2023; Padova 16 dicembre 2023

54 Scienza e movimento - N. 33 Luglio-Settembre 2023


ISTRUTTORE ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 28-29 ottobre 2023; Milano 28-29 ottobre 2023

I CORSI

Diventare Istruttore Allenamento in Sospensione garantisce un futuro nel mondo del fitness, perchè si va incontro al futuro, essendo esperti in una materia destinata a sempre maggiore successo. Il corso prevede una parte teorica ed una parte pratica, secondo il principio che il miglior metodo per imparare sia quello di praticare in prima persona.

Istruttore Allenamento calistenico Milano 21-22 ottobre 2023; Padova 28-29 ottobre 2023

Istruttore Kettlebell Milano 18-19 novembre 2023; Roma 18-19 novembre 2023

ISTRUTTORE ACQUAGYM Il corso di Istruttore Acquagym offre la possibilità di inserirsi nel campo del fitness acquatico, con un programma che spazia dall’ambito teorico a quello pratico. All’interno della parte teorica trova spazio la disamina del concetto di fitness, la differenza tra il fitness terrestre e quello acquatico, per arrivare poi al lavoro in acqua, funzionale al miglioramento della propriocezione ed alla sperimentazione delle nozioni.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 16-17 settembre 2023; Milano 16-17 settembre 2023; Milano 16-17 settembre 2023; Firenze 23-24 settembre 2023

Istruttore HydroBike Roma 14-15 ottobre 2023; Milano 14-15 ottobre 2023

ISTRUTTORE INDOOR CYCLING “Indoor Cycling” è una delle discipline più seguite ed apprezzate dai clienti, con tali e tanti benefici che questa attività è in continua espansione tecnica e commerciale, e la richiesta sul mercato del lavoro è in continuo aumento. Il programma, articolato su 4 giorni, prevede una full immersion sia teorica che pratica.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Milano 14-15 ottobre 2023; Roma 14-15 ottobre 2023; Padova 28-29 ottobre 2023

ISTRUTTORE ALLENAMENTO FUNZIONALE C’è grande fermento in tutte le palestre e nei centri fitness italiani: la tendenza del momento è l’allenamento funzionale. NonSoloFitness ha predisposto un corso di formazione ad hoc, studiato per permettere agli appassionati, e a chi è già insegnante, di diventare Istruttore di Allenamento Funzionale. Il programma del corso si articola in diversi spunti didattici, con la trattazione dei temi più importanti inerenti l’allenamento funzionale, come ad esempio: teoria e metodologia del functional training, meccanismi energetici, functional vibration training e molto altro ancora.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Firenze 16-17 settembre 2023; Milano 23-24 settembre 2023; Roma 30 settembre e 1 ottobre 2023; Padova 30 settembre e 1 ottobre 2023; Catania 14-15 ottobre 2023; Bologna 21-22 ottobre 2023; Torino 28-29 ottobre 2023; Bari 4-5 novembre 2023; Napoli 18-19 novembre 2023

Istruttore Allenamento funzionale - II livello Date e sedi Roma 9-10 dicembre 2023; Milano 9-10 dicembre 2023

Scienza e movimento - N. 33 Luglio-Settembre 2023

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I CORSI ISTRUTTORE GINNASTICA POSTURALE Il corso di Istruttore Ginnastica Posturale risponde alle esigenze di un mercato del lavoro nel quale i centri fitness sono sempre più alla ricerca di figure in grado di operare sulla postura. Gli argomenti trattati, atti alla formazione di una figura professionale valida, spaziano dall’organizzazione della postura alle proposte operative ed esercizi per l’integrazione posturo-cinetica.

Durata 1 week-end

Quota 199,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Roma 16-17 settembre 2023; Milano 16-17 settembre 2023; Catania 16-17 settembre 2023; Bologna 16-17 settembre 2023; Cagliari 23-24 settembre 2023; Cagliari 23-24 settembre 2023; Torino 23-24 settembre 2023; Padova 30 settembre e 1 ottobre 2023; Pescara 30 settembre e 1 ottobre 2023; Bari 30 settembre e 1 ottobre 2023; Firenze 7-8 ottobre 2023; Napoli 21-22 ottobre 2023; Verona 28-29 ottobre 2023; Brescia 28-29 ottobre 2023

Chi ha già seguito il corso da Istruttore di Ginnastica Posturale può accedere anche ai corsi di: Istruttore Ginnastica Posturale - III livello Istruttore Ginnastica Posturale - II livello Brescia 7-8 ottobre 2023; Pescara 21-22 ottobre 2023; Milano 2-3 dicembre Roma 16-17 dicembre 2023; Milano 16-17 dicembre 2023; Padova 2-3 dicembre 2023; Roma 2-3 dicembre 2023; 2023; Padova 16-17 dicembre 2023 Catania 2-3 dicembre 2023

Istruttore Ginnastica Posturale in gravidanza Roma 14-15 ottobre 2023; Milano 14-15 ottobre 2023; Padova 11-12 novembre 2023

Istruttore Stretching Padova 9-10 settembre 2023; Milano 21-22 ottobre 2023; Roma 28-29 ottobre 2023

Tecniche posturali nelle scoliosi Roma 4-5 novembre 2023; Milano 18-19 novembre 2023; Padova 18-19 novembre 2023

Postura e Piede: tecniche di equilibrio ///

Analisi della postura Padova 4-5 novembre 2023; Milano 4-5 novembre 2023; Roma 18-19 novembre 2023

COACHING PER LO SPORT Il corso della durata di 4 giornate si pone l’obiettivo di fornire gli strumenti adeguati ad allenatori, personal trainer, amatori, atleti, che vogliano attuare un percorso di crescita personale e professionale. Il Coaching è uno strumento potente che spinge all’azione, al cambiamento e a nuove prospettive sia in ambito professionale sia in ambito personale, l’affiancamento e la professionalità di un coach aiutano chi si allena anche nell’acquisizione di una migliore consapevolezza e performance.

Durata 2 week-end

Quota 399,00 euro Date e sedi

Iscrizioni www.nsf.it

Info sui corsi

Milano 23-24 settembre 2023 e 29-30 ottobre 2023

La procedura di iscrizione ai corsi, ed il calendario aggiornato, sono consultabili al seguente link: www.nsf.it Per ogni necessità è possibile contattare la segreteria organizzativa: Tel. 06. 404.03.925 (dal lun. al ven.) email: supporto@nonsolofitness.it Tutti i corsi consentono il rilascio del Diploma Nazionale emesso dall’AICS secondo le nuove disposizioni di legge. La partecipazione include l’Iscrizione per un anno alla Associazione Italiana Cultura Sport, Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI e rilascio del relativo tesserino tecnico. La partecipazione ai corsi di formazione include: Libretto formativo: Tutti gli studenti riceveranno il libretto formativo personalizzato. Il libretto, oltre a dati personali, numero di matricola e QR Code, riporta tutti i corsi seguiti, il risultato dell’esame e i punti salienti del programma.

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Fornisce prova delle attività formative seguite dallo studente e consente di raggiungere gratuitamente alcune certificazioni supplementari. Il libretto non ha scadenze, nè costi futuri di gestione. Abbonamento alla rivista: Nel costo complessivo del corso è compreso l’abbonamento all’organo ufficiale di NonSoloFitness, la rivista Scienza e Movimento, per consentirti un agevole e continuo aggiornamento sulle più importanti tematiche inerenti il fitness. Banca lavoro del fitness: Al termine del corso, i partecipanti, potranno richiedere gratuitamente e per sempre, l’inserimento nella Banca Lavoro del Fitness. Un albo dei professionisti certificati da NonSoloFitness, liberamente consultabile da privati e titolari di centri sportivi, con lo scopo di agevolare l’inserimento nel mondo nel lavoro.


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