OPENFACTORY
LA GUIDA AL PIÙ GRANDE OPENING DI TURISMO INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO
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Questo volume è pubblicato in occasione dell’edizione 2016 di Open Factory Promosso da VeneziePost Con la collaborazione scientifica di Fondazione Nord Est Curato da Goodnet | Territori in rete Main partner Quanta Group Con il patrocinio di Confartigianato Imprese Friuli Venezia Giulia Confartigianato Imprese Veneto Confindustria Friuli Venezia Giulia Confindustria Veneto Con la collaborazione di ANCE Veneto Anthea OhhItaly! Porto di Venezia Studio Bonini Trentino Sviluppo UniSMART Media Partner Egea
VENEZIEPOST Post Editori srl Via N. Tommaseo 63/C 35131 Padova Tel. 0498757589 info@veneziepost.it Testi a cura di Chiara Andreola Grafica a cura di VeneziePost Stampa Artigiana Grafica Montegalda (VI) Novembre 2016 Copyright © 2016 by Post Editori, Padova ISBN 978-88-942081-1-5 2
OPENFACTORY
LA GUIDA AL PIÙ GRANDE OPENING DI TURISMO INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO
Cultura è Manifattura 4 Scoprire, raccontare, connettere 6
OpenFactory
Unox | PD 105 Veneta Sedie | PD 107
Adelia Di Fant | UD 9 Aeroporto di Venezia | VE 11
Cantieri Aperti
Berto’s | PD 15
Faggion Costruzioni VI 113
Bios Line | PD 17
Ghiotti Costruzioni | RO 115
Birra Antoniana | PD 21 BlueBox | VE 23
Nuova IZC Costruzioni Generali PN 119
Came | TV 27
Opere Edili | PD 121
Caron Vetrate Artistiche | VI 29
Prearo Costruzioni | PD 125
Carraro | PD 33
Green Innovation Factory & Meccatronica in Trentino
Considi | VI 35 Craftable | UD 39 Fraccaro Spumadoro | TV 41
Polo Meccatronica | TN 129
Il Ricamificio | UD 45
Progetto Manifattura | TN 131
InfiniteArea e Adacta | TV 47
Porto di Venezia
Irinox | TV 51
Autorità Portuale di Venezia | VE 137
L’Oca Bianca ed Altre Storie | UD 53
Eni Raffineria di Venezia | VE 139
La Giardiniera di Morgan | VI 57
Grandi Molini Italiani | VE 143
Lago | PD 59
Versalis (Eni) | VE 145
Legatoria Ciani | UD 63 Legatoria Moderna | UD 65
UniSmart Laboratori Aperti
Loison Pasticceri dal 1938 | VI 69
UniSmart Padova Enterprise | PD 151
Magis | VE 71
Laboratorio di Analisi Biocombustibili | PD 153
Marmi Vrech | UD 75 Michelangelo Ricami | UD 77 Museo del Gioiello | VI 81
Laboratorio di Electrochemical Energy Storage | PD 155
Nice | TV 83
Laboratorio di Elettrotermia | PD 157
Paoul | PD 87
Laboratorio di Genomica | PD 159
Pixartprinting | VE 89
Laboratorio di Ingegneria dei Polimeri | PD 161
Poli Distillerie | VI 93
Laboratorio di Patologia vegetale PD 163
Seguso Vetri d’Arte | VE 95 Stante | VI 99
Laboratorio di Sistemi Intelligenti Artificiali | PD 165
Studioverde | PD 101 5
Cultura è manifattura Il prodotto italiano è sempre stato apprezzato per la sua qualità. L’attenzione al design, la passione per i dettagli, il valore dei materiali rappresentano da sempre aspetti distintivi del Made in Italy in tutte le sue declinazioni. Nel corso dell’ultimo decennio, l’idea di qualità si è fatta sempre più articolata. Non ci basta un prodotto bello e ben fatto: chi compra un prodotto italiano chiede – in alcuni casi, reclama – che dietro a questo prodotto vi sia una storia fatta di lavoro e di cultura in grado di sostenere e giustificare il valore di ciò che si compra. Per una domanda sempre più consistente dal punto di vista dei numeri, il prodotto e la sua storia sono un tutt’uno. Non siamo più semplicemente alla ricerca di manufatti capaci di superare questo o quel test di tenuta fisica e chimica; siamo alla ricerca di relazioni sociali e culturali di cui questi manufatti diventano il medium. Cerchiamo relazioni con territori, progetti, sensibilità che gli abiti, i mobili, i vini e persino le macchine del Made in Italy sono in grado di sintetizzare e di testimoniare in maniera efficacissima e originale. Fino ad oggi abbiamo pensato che fosse la marca – il brand, nell’espressione anglosassone – la sintesi più efficace di tutti questi valori culturali. La marca è stata l’oggetto su cui si sono concentrati manager e comunicatori decisi a consolidare agli occhi della domanda un’identità di impresa capace di sintetizzare valori diversi ma pur sempre congruenti. La marca ha svolto storicamente il ruolo di un sipario: ha separato il mondo del consumo dal mondo della produzione. Ha tenuto distinti aspetti che il management (ma pure i consumatori) hanno percepito il più delle volte come inconciliabili: da un lato il mondo della produzione, con le sue leggi e la sua osservanza ai vincoli della scienza e della tecnica, dall’altro una domanda in cerca di rassicurazioni e di armonia, sensibile a mulini bianchi e famiglie sorridenti. Meglio tenere i due mondi separati e distinti. Oggi una nuova domanda, attenta ai temi della cultura e alla ricerca di nuove connessioni sociali, chiede che il sipario venga aperto. Il consumatore chiede qualcosa in più della marca. Chiede di sapere cosa c’è alle spalle di ciò che compriamo, di ciò che regaliamo, di ciò che usiamo tutti i giorni. Non ci limitiamo a verificare le etichette che testimoniano l’osservanza di questa o quella impresa alle regole della certificazione della responsabilità sociale di impresa o della sostenibilità ambientale. C’è oggi una domanda di verità che passa attraverso il contatto diretto con chi lavora e con chi produce. C’è la richiesta di partecipare attivamente a quel fare che è alla radice di qualità e bellezza. Nelle Venezie questa riscoperta del valore della manifattura di qualità non
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può che passare attraverso la riscoperta dei luoghi del fare. Vogliamo visitare i luoghi del fare per riappropriarci dei gesti, dei materiali, delle tecniche che hanno fatto la nostra storia e la nostra ricchezza. In un mondo globale sono questi gesti e queste tecniche, uniti a passione e a dosi consistenti di imprenditorialità, a rappresentare un tratto distintivo del nostro modo di essere nella divisione internazionale del lavoro. Ci rendiamo conto che è proprio questo patrimonio di luoghi e di saper fare a renderci interessanti agli occhi del mondo. Per un attimo avevamo perso questa consapevolezza. Oggi ritorniamo ad esserne orgogliosi. Un’avvertenza prima delle visite. Le aziende che hanno collaborato al progetto Open Factory non sono generici custodi di un mondo passato, da riproporre a buyer globali come gloria del tempo che fu. Sono campioni di una nuova idea di manifattura che salda in modo esplicito tradizione e cultura digitale, che combina saper fare di matrice artigianale con innovazione nei materiali e nel design, che affianca alla qualità tecnica dei prodotti un nuovo racconto di sé. La tradizione e la cultura, per queste imprese, non sono oggetti da riporre in una teca di museo: costituiscono parte integrante del DNA di organizzazioni complesse, che da tempo hanno dato prova di saper stare sulla frontiera della globalizzazione. La visita a molti di questi spazi è un passo verso quello che l’Italia del futuro potrebbe e dovrebbe essere. Stefano Micelli Direttore Fondazione Nord Est
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Scoprire, raccontare, connettere Quando abbiamo ideato Open Factory due anni fa, avevamo chiara in testa un’esigenza nata dall’esperienza maturata negli eventi che VeneziePost e Goodnet curano: valorizzare i “pozzi di petrolio” sui quali stiamo seduti senza che ce ne accorgiamo. Qui nelle Venezie, i pozzi di petrolio si chiamano imprese, in particolare quelle manifatturiere. Nei nostri progetti – dal Festival Città Impresa al Galileo Festival dell’Innovazione, dalla Green Week a Trieste Next – le imprese sono sempre le protagoniste, in dialogo con i mondi della finanza, dell’università e della ricerca scientifica. Abbiamo compreso, però, che quella dei Festival non è la sede ideale per far conoscere e far percepire la reale dimensione della nostra ricchezza manifatturiera. Con Open Factory tutta questa ricchezza viene svelata, le porte vengono aperte, le storie delle imprese raccontate una per una da parte di chi – di queste imprese e del loro successo – è stato l’artefice. E non in modo isolato, come fossero delle semplici celebrazioni individuali secondo il vecchio modello “Nordest old style” in cui ognuno fa da sé. Ma tutti insieme. Valorizzando le peculiarità di ogni singola impresa e connettendo tutte le storie. Lo scorso anno erano 50 le aziende partecipanti. Quest’anno sono 70: imprese artigiane, industriali, di servizi, delle costruzioni, della logistica, della formazione. Raccontate in un viaggio di scoperta che non fa distinzioni di categoria, di provincia, di associazione di riferimento, di dimensione. 70 pozzi di petrolio che vengono alla luce e dimostrano che – nel deserto della crisi che ha travolto il vecchio modello del Nordest – c’è una ricchezza nascosta che va svelata. E siamo orgogliosi di contribuire a farlo. Antonio Maconi Curatore Open Factory
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OPENFACTORY 70 AZIENDE, 70 STORIE
Laboratori artigiani San Daniele del Friuli (UD)
Adelia Di Fant Dalla passione per il cioccolato, Adelia Di Fant ha fondato un laboratorio artigianale che si espande ben oltre i confini di San Daniele, la nota città friulana del prosciutto. Rivenditori in forte aumento e un obiettivo: crescere ancora
L’arte del cioccolato si fa impresa Prendete un laboratorio artigianale di cioccolato, che si sviluppa da un negozio di distillati e ha sede in un borgo storico famoso per i prosciutti tipici. È una storia curiosa quella di Adelia Di Fant, imprenditrice friulana che una decina di anni fa a San Daniele del Friuli ha messo in piedi una ditta omonima con cui produce e commercializza i principali derivati del cacao. «Vengo da una famiglia che di professione operava nel campo dell’agroalimentare. E vendevo io stessa dai primi anni ’80 liquori e distillati tipici, quali grappe. La mia passione e il mio interesse si concentravano però nel cioccolato. Quando ebbi l’idea di utilizzare le grappe per fare una pralina speciale, decisi di trasformare questo sogno in realtà. Mi affidai a un maestro cioccolatiere e misi in piedi una nuova attività riconosciuta ufficialmente come artigianale nel 2007». Dopo i primi suggerimenti e approfondimenti con i professionisti del mestiere, la “Adelia Di Fant” comincia a camminare con le proprie gambe e a farsi apprezzare ben al di fuori dei confini di San Daniele. Merito anche della partecipazione alle fiere del settore, che la avvicinano a clienti e rivenditori. L’azienda allarga il proprio catalogo a tavolette e creme nonché a vere e proprie creazioni, cresce nel contempo l’attività e vengono assunte nuove persone. Attualmente vi operano due dipendenti e un’apprendista, con la parte commerciale e progettuale saldamente nelle mani della titolare e fondatrice, che – lo dice chi lo ha provato – sa distinguersi anche per il suo vivace e appassionato ADELIA DI FANT
Via Garibaldi 27 | San Daniele del Friuli (UD) www.adeliadifant.it
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Laboratori artigiani | Adelia Di Fant
approccio con il cliente, che ha saputo trasmettere anche ai collaboratori. Ricerca, inventiva e voglia di sperimentare sono fondamentali nel creare un prodotto artigianale, che siano praline, bicchierini o creme spalmabili. «Ma molta cura ci dev’essere anche nell’aspetto dei prodotti oltre che nel gusto, che studiamo al dettaglio. Come pure per il packaging, che deve essere sempre studiato e adattato al singolo prodotto». Bisogna inoltre tenere conto della stagionalità: cioccolato, creme e distillati vanno naturalmente per la maggiore nel periodo invernale, e Adelia Di Fant, tenendo molto alla corretta conservazione del prodotto, non teme di tenere un “basso profilo” nei mesi estivi pur di presentare il prodotto al meglio. Per quel che riguarda la parte promozionale Adelia dà molta importanza delle manifestazioni fieristiche e lo ribadisce in più occasioni. «Ti fanno conoscere nel resto d’Italia ma sono uno strumento di conoscenza per lo stesso produttore, perché permettono un confronto con altri “colleghi”». In loco un buon supporto promozionale viene, invece, dal fatto di essere insediata nel centro storico di un paese turistico come San Daniele. «Chi lo visita prima o poi incappa nella mia vetrina. Mi ha aiutato molto con alcuni stranieri di professione commercianti, principalmente da paesi di lingua tedesca, che rivendono le mie praline nei loro negozi. E sono, tra l’altro, tra i clienti più fedeli». Come pure aiutano internet e i social media, seppure nel suo caso siano meno rilevanti rispetto alle fiere. «Occorrerebbe molto più tempo, il sito è per esempio abbastanza essenziale. Lo seguo comunque direttamente io e attraverso di esso si possono fare tutte le operazioni di vendita». Da tempo nei progetti di Adelia c’era quello di crescere: «Il numero dei nostri rivenditori aumenta in maniera costante. Questo ci ha permesso di aumentare l’attività, e l’apertura di un nuovo spazio è il primo passo». È infatti in apertura un più ampio laboratorio, accanto a quello preesistente, dedicato alla lavorazione del cioccolato. La collocazione, peraltro, è particolarmente favorevole: si tratta infatti di un sottoportico, che ben si presta anche a momenti di laboratorio, lezioni di arte cioccolatiera e dimostrazioni che Adelia già da tempo tiene. Un ulteriore interessante intreccio tra il fascino di una cittadina come San Daniele e quello dell’arte cioccolatiera artigiana.
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Logistica Tessera (VE)
Aeroporto di Venezia Con 8,7 milioni di passeggeri nel 2015, l’aeroporto Marco Polo di Venezia è il terzo scalo intercontinentale italiano. Un impegno costante che va oltre il perimetro di Venezia, per includere anche gli aeroporti di Treviso, Verona e Brescia
Un hub destinato a crescere
SAVE è la società che dal 1987 gestisce l’aeroporto Marco Polo di Venezia che, in tempi più recenti, si è trasformato da uno dei tanti medi aeroporti italiani a terzo scalo intercontinentale del Belpaese. Una crescita esponenziale mostrata con orgoglio dal suo presidente Enrico Marchi: le tappe più significative vengono percorse nel nuovo millennio e prendono avvio dall’apertura del nuovo terminal nel 2002. Nel 2005 SAVE si quota in borsa con un aumento di capitale di 160 milioni di euro; e nel 2007 aumenta la sua partecipazione nella società di gestione dell’aeroporto di Treviso (Venezia e Treviso costituiscono infatti un unico sistema aeroportuale), che proprio in quell’anno inaugura la nuova aerostazione – necessaria per la gestione dei crescenti volumi di traffico. Il 2009 vede SAVE entrare con il 27,6% nell’aeroporto belga di Charleroi, e nello stesso anno lo scalo di Treviso ottiene la concessione quarantennale da parte di Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile). A fine 2012 SAVE firma con ENAC il Contratto di Programma, che permette l’avvio di importanti interventi infrastrutturali all’aeroporto di Venezia per un importo complessivo di 800 milioni nel corso del periodo 2012-2021. L’incremento progressivo dei voli del Marco Polo si attesta negli oltre 8,7 milioni di passeggeri nel 2015, cifra che sale a oltre 11 milioni se si include Treviso. Il risultato netto del Gruppo SAVE nel 2015 è stato pari a 29,24 milioni di euro. AEROPORTO DI VENEZIA
Via G. Galilei 30/1 | Tessera (VE) www.veniceairport.it
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Logistica | Aeroporto di Venezia
Alla base del successo Marchi mette lo spirito imprenditoriale più puro. «Attualmente sono oltre 50 le compagnie aeree che operano a Venezia. Questo è frutto di un lavoro costante e di una programmazione molto attenta, unita alla volontà di offrire alla nostra utenza sempre nuovi servizi. Il risultato è un mix di traffico solido, equilibrato e duraturo che comprende ogni segmento, dalle compagnie tradizionali a quelle low cost (ricordiamo tra l’altro che il primo aeroporto utilizzato in Italia da Ryanair è stato quello di Treviso) e a Venezia in particolare ha sviluppato i collegamenti intercontinentali. I risultati ottenuti evidenziano una crescita eccezionale, unica nel territorio nel settore dei trasporti». In termini di occupazione le ricadute sono molto positive. I dati societari parlano di oltre 7400 lavoratori impiegati al Marco Polo, di cui 988 nel Gruppo SAVE. A questi vanno aggiunti altri 11mila addetti nell’indotto, oltre all’organico dell’aeroporto di Treviso composto da 153 persone. Altro dato significativo, sono oltre 900 i fornitori di SAVE per il solo aeroporto di Venezia. Il Presidente di SAVE mette in evidenza «la professionalità e l’impegno profusi quotidianamente dal management e da tutti i dipendenti della società». Ma l’impegno va oltre il perimetro di Venezia e Treviso, e il Polo aeroportuale del Nordest comprende oggi anche gli aeroporti di Verona e Brescia «con risultati già molto positivi che confermano il valore di un progetto basato sulla creazione di sinergie tra gli aeroporti del Nordest e la bontà del piano industriale elaborato da SAVE».
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Prodotti
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Prodotti
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Meccanica Tribano (PD)
Berto’s L’azienda padovana di sistemi professionali di cottura, con i suoi 21,7 mln di fatturato, è uno dei 5 top player europei. Lean production, design, ergonomia e comfort, performance e sicurezza i segreti del successo
Il lean-thinking che aiuta a competere Industrializzare un settore che negli anni 70 era ancora molto artigianale, dandogli una visione internazionale: questa la filosofia di Giorgio Berto, fondatore dell’azienda che porta il nome della famiglia. La Berto’s di Tribano dal 1973 produce e commercia sistemi professionali di cottura, e vanta oggi un fatturato di 21,7 milioni di euro – con una crescita media annua del 3% negli ultimi 10 anni – e 120 dipendenti. «Mio padre, che prima ricopriva mansioni commerciali in una ditta analoga, decise di mettersi in proprio facendo leva sulle esperienze maturate nel settore – spiega Enrico Berto, attuale titolare e socio di maggioranza assieme al padre –. Abbiamo puntato subito al commercio estero, cercando l’innovazione e la qualità». L’azienda è cresciuta di anno in anno, cambiando ragione sociale nel 1983 ed espandendosi nei mercati stranieri; tanto che già dal decennio scorso l’estero copre l’80% del fatturato complessivo – il 55% verso l’Ue e il 20% extra Ue. Tra le maggiori referenze della Berto’s si trovano infatti cucine in prestigiosi ristoranti, hotel e showroom degli Emirati Arabi, Arabia, Russia, Svizzera, Svezia, Danimarca, Hong Kong, Singapore, e molti altri Paesi. «La conoscenza delle lingue è stata fin dagli inizi uno dei requisiti più richiesti – continua Enrico –. Con il tempo si è dato sempre più impulso a ricerca e sviluppo, tanto da creare un reparto dedicato nel nostro stabilimento principale. Da quando poi sono entrato in azienda nel 2001, prima come impiegato, poi come dirigente e infine come BERTO’S SPA
Viale Spagna 12 | Tribano (PD) www.bertos.com
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Meccanica | Berto’s
presidente un anno fa, si è puntato a una produzione stile Toyota con l’ottimizzazione dei processi produttivi, senza dimenticare l’importanza data alla capitalizzazione: tutto quello che veniva guadagnato veniva immediatamente reinvestito nella produzione, in modo da non risentire delle strette del credito come avvenuto nell’ultima crisi». Se l’organizzazione dei processi secondo i principi della lean production è stata fondamentale, Enrico tiene a sottolineare che al centro rimane comunque la qualità del prodotto e l’innovazione: fiore all’occhiello in questo senso è “La Cucina”, brand nato per rispondere a quattro richieste chiave del settore della ristorazione – design, ergonomia e comfort, performance e sicurezza, affidabilità nel servizio. Dal design “made in Italy”, a tutti gli accorgimenti volti a garantire l’igiene e la comodità d’uso, all’utilizzo del taglio laser ad alta precisione, alle tecnologie ad infrarosso ed induzione con comandi analogici oppure digitali, tutto è volto non solo a garantire questi quattro requisiti, ma anche a consentire a ciascuno chef di farsi una “cucina su misura” a seconda delle sue esigenze. Da non dimenticare infine “Berto’s Lab”, laboratorio pensato non solo come spazio di ricerca, ma anche di interazione tra l’azienda e i clienti. Ed è appunto la qualità il punto di partenza per le sfide future. «La direzione che già abbiamo preso con “La Cucina” è quella di sfruttare sempre più le nuove tecnologie: la domanda si sta spostando verso macchinari e oggetti sempre più efficienti ma pratici da usare e duraturi. Occorre, in altre parole, puntare su qualcosa di sempre più intelligente. Per questo amplieremo ulteriormente la parte dedicata all’innovazione, dedicandovi sempre più spazio e risorse. Al tempo stesso, il saper fare artigiano rimane al centro della nostra concezione di bellezza, design e unicità del prodotto». Una crescita e innovazione continua imposta anche dalla ristrettezza del ramo in cui Berto’s opera: «In tutto in Europa questo comparto movimenta un centinaio di milioni di euro. Anche se siamo tra i primi cinque player, non vogliamo adagiarci sugli allori».
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Benessere Ponte San Nicolò (PD)
Bios Line 330 prodotti, 4500 punti vendita, distribuzione in 36 paesi, 28 mln di fatturato nel 2016. La ricetta del successo? Prodotti realizzati esclusivamente in Italia, rigorosi controlli scientifici e sensibilità “green”
Dalla natura la ricetta per il benessere, tra sostenibilità e ricerca Bios Line è un’azienda padovana leader nella ricerca, nella formulazione e nella distribuzione di integratori e di cosmetici a base di estratti vegetali. Nata nella metà degli anni ’80 da un’idea di Paolo Tramonti, attuale amministratore unico, si è progressivamente sviluppata e ampliata nell’ottica di perseguire sempre più a vasto raggio il suo obiettivo iniziale: realizzare prodotti a base di piante officinali con l’accuratezza dei più moderni approcci scientifici, mantenendo alti gli standard di qualità, sicurezza ed efficacia. Per questo Bios Line ha posto sin dai primi tempi particolare enfasi sulla ricerca. «Lo sviluppo di un nuovo prodotto parte generalmente dalla volontà di individuare soluzioni innovative grazie alla continua scoperta di nuovi estratti che consentono la realizzazione di una formulazione sempre più efficace – spiega Tramonti. Per questo nel corso degli anni abbiamo sviluppato un’ampia rete di collaborazioni con medici, ricercatori e soprattutto con istituti di ricerca universitari, che ci permette di essere sempre aggiornati sui più recenti studi in ambito fitoterapico». Anche la selezione delle materie prime è oggetto di particolari attenzioni: «ci rivolgiamo solo a fornitori nazionali e stranieri certificati – precisa l’amministratore unico – che possono garantire produzioni di prima qualità nel rispetto di tutte quelle caratteristiche che assicurano la migliore concentrazione e disponibilità di attivi. Dall’arrivo delle materie prime al prodotto finito, i laboratori di controllo qualità verificano inoltre BIOS LINE SPA
Viale Finlandia 4 Ponte San Nicolò (PD) www.biosline.it 19
Benessere | Bios Line
che siano sempre rispettati gli standard quali-quantitativi prefissati». L’azienda ha, inoltre, sempre inserito tra i suoi valori quello dell’italianità, non solo producendo i propri prodotti esclusivamente in Italia, ma anche impegnandosi a diffondere all’estero la grande cultura e competenza fitoterapica del nostro Paese. Oggi Bios Line, che vanta una gamma di 330 prodotti in grado di rispondere alle più comuni esigenze di benessere – tra i più noti ci sono Apix Propoli, Biokap, Cell Plus, Centripura e Principium – ha più di 60 dipendenti e una rete commerciale di 60 agenti. Sul territorio nazionale è presente in oltre 4500 punti vendita, fra erboristerie, farmacie e parafarmacie, mentre all’estero è distribuita in 36 Paesi e con alcuni marchi – in particolare BioKap, leader nell’ambito dei trattamenti per capelli – sta affermandosi anche in Australia, Nuova Zelanda e Emirati Arabi. Nel 2016 il fatturato raggiungerà i 28 milioni di euro, confermando l’andamento positivo degli anni precedenti. Parallelamente al fatturato è cresciuto l’impegno di Bios Line per adottare un modello produttivo interamente ecosostenibile. Nel 2015 ha aderito come partner tecnico al progetto di Bonifiche Ferraresi per la coltivazione a regime di 500 ettari di piante officinali; e dopo aver acquisito 15 ettari di terreno adiacente alla propria sede ha dato vita al progetto “Piante Officinali”, per la produzione di erbe officinali attraverso una filiera autonoma che rispetti il concetto di sostenibilità dalla semina alla raccolta. Da anni Bios Line ha comunque adottato una serie di azioni specifiche a sostegno dell’ambiente in senso lato: fra queste ricordiamo l’installazione di un impianto fotovoltaico, l’adesione al progetto “Impatto Zero” di LifeGate per compensare l’emissione dell’anidride carbonica con la creazione di nuove foreste, l’utilizzo di carta proveniente da foreste eco-gestite e certificata secondo gli standard FSC, e l’uso di energia elettrica proveniente solo da fonti rinnovabili certificate DNV.
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Food&Wine Villafranca Padovana (PD)
Birra Antoniana Dall’esperienza nel settore distributivo di Interbrau nasce la storia di un birrificio agricolo che vince i più prestigiosi premi internazionali del settore. Grazie a una filiera a km0 e alle tecnologie a basso impatto ambientale
La birra “made in Padova” che conquista il mondo Se anche la birra si sta avviando a far parte dei prodotti agroalimentari italiani apprezzati nel mondo, esportando anche il patrimonio di storia, cultura ed arte del territorio, tra gli artefici di questo importante sviluppo c’è il Birrificio Antoniano. L’idea di creare una birra prodotta interamente a Padova è accarezzata da Sandro e Michele Vecchiato fin dal 2011. I due, seguendo le orme del padre Luigi, agli inizi degli anni Ottanta prendono in mano le redini dell’azienda di famiglia Interbrau, che in un trentennio diventa azienda leader in Italia nella distribuzione di birre speciali. Commenta Sandro Vecchiato: «La lunga presenza nel settore ci ha permesso di cogliere in anticipo i probabili cambiamenti di questo comparto. Dalla nascita in Italia dei primi pub di tipo inglese e irlandese all’exploit della birra artigianale, in trent’anni il consumo pro capite di birra è più che raddoppiato e noi ne abbiamo fatto tesoro». Finché danno vita al sogno di una birra, come la definiscono loro, «dal cuore padovano e dalla vocazione internazionale». Si costituiscono quindi come società agricola – che produce cioè oltre il 50% delle materie prime utilizzate – e tra il 2011 e il 2012 viene avviato il birrificio. L’assunzione di collaboratori esperti e motivati, l’attenzione a ogni fase della produzione e l’elaborazione delle ricette traghettano presto la nuova realtà verso le vetrine nazionale e internazionale. Il resto è storia recente, scandita da tanti premi: per menzionare solo quelli del 2016, le numerose medaglie d’argento e di bronzo all’International Beer INTREBRAU SPA
Viale dell’Industria 32 Villafranca Padovana (PD) www.birraantoniana.it 23
Food&Wine | Birra Antoniana
Challenge di Londra e tre specialità distintesi come miglior birre d’Italia ai World Beer Awards. La scelta di partire come società agricola non è casuale: «Vogliamo legarci alla terra che ci dona gli ingredienti da cui nascono tutte le birre della nostra gamma. Coltiviamo direttamente più di 120 ettari di campi tra Marano Lagunare, in provincia di Udine, e Torreglia, in provincia di Padova. Dal 2014 abbiamo iniziato un progetto che vede la creazione di un luppoleto sperimentale in provincia di Padova, e una forte partnership con un’azienda agricola di Scorzè che ha deciso di scommettere con noi sulla coltivazione del luppolo da birra». Il loro è un impegno continuo per aumentare la gamma di birre disponibile e migliorarne la qualità. Di recente i loro sforzi si sono concentrati pure sulla strumentazione: sala cotte rinnovata, cantina ampliata e notevoli miglioramenti agli impianti di imbottigliamento e infustamento che consentono di quadruplicare la capacità produttiva; il tutto al termine di lavori durati quasi due anni e dei quali mettono in evidenza la sostenibilità per l’utilizzo di energie rinnovabili e il basso impatto ambientale in generale. Alla promozione molto contribuiranno comunque i riconoscimenti ricevuti. «Ci avvicinano a molti clienti stranieri, in tanti ci hanno chiesto di assaggiare le birre dopo averle viste sul podio». I Vecchiato ribadiscono però che il successo, nel suo complesso, è frutto di un approccio dovuto all’esperienza: «Aver lavorato così a lungo nella distribuzione ci ha permesso di avere molti riferimenti tra i professionisti e di capire i trend, le tendenze, senza limitarci a cavalcare le mode». Un bel vantaggio competitivo di per sé. C’è un forte ottimismo per il futuro del Birrificio, in considerazione di tutti i punti di forza elencati; anche perché alle spalle c’è il gruppo che include Interbrau, di dimensioni non trascurabili. «Con 50 milioni di fatturato e un centinaio di dipendenti ci sentiamo sufficientemente sicuri» conclude Vecchiato. E poi ci sono le collaborazioni con Coldiretti e SlowFood: la prima ha dato origine alla prima birra certificata Km 0, e la seconda a birre prodotte con alcuni Presìdi Slow Food, eccellenze italiane a rischio estinzione.
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Meccanica Cantarana di Cona (VE)
BlueBox Nata negli anni ‘80 nel “Distretto del Freddo”, dal 2010 è parte di Swegon, multinazionale svedese da 400 mln di fatturato. Le sfide per il futuro: risparmio energetico, riduzione dell’effetto serra, energie rinnovabili e big data
Gli ex “artigiani del freddo”, tra sostenibilità e big data BlueBox è nata nel 1986 a Piove di Sacco in una zona industriale specializzata nel settore delle macchine per la refrigerazione e il condizionamento. Presto è arrivata a brevettare prodotti innovativi e a crescere, trasferendosi nell’attuale sede di Cantarana di Cona nel 2009; dove progetta, sviluppa e produce macchine di media e grossa potenza per il raffreddamento e riscaldamento di acqua e aria, destinate ad applicazioni di tipo “Business to Business” commerciali e industriali. Dal 2010 Blue Box è parte del gruppo Swegon, multinazionale Svedese leader nel trattamento dell’aria. Swegon, con un fatturato di circa 400 milioni di euro, 1800 dipendenti e 11 siti produttivi in tre continenti e cinque laboratori di ricerca e sviluppo – di cui uno proprio a Cantarana di Cona – ha permesso a BlueBox di raggiungere una superiore solidità finanziaria, avere una visione di sviluppo di lungo periodo, oltre a facilitare l’accesso al mercato su scala globale. I settori industriali in cui operano Bluebox e Swegon sono quelli del condizionamento dell’aria centralizzato (in palazzi polifunzionali, alberghi, banche, ospedali, aeroporti, ed altro ancora) e dei data center. Le regolamentazioni a livello europeo in tema di risparmio energetico, riduzione dell’effetto serra e utilizzo di energie rinnovabili sono infatti una forte spinta allo sviluppo tecnologico e al rinnovamento degli impianti di condizionamento centralizzato; inoltre, il processo di digitalizzazione delle attività quotidiane, con l’utilizzo massivo di internet tramite BLUEBOX
Via Valletta 5 Cantarana di Cona (VE) www.blueboxcooling.com 25
Meccanica | BlueBox
dispositivi di tutti i tipi – dagli smartphone alle automobili –, implica lo sviluppo continuo di enormi centri di calcolo – i data center, appunto – che devono essere raffreddati con macchine come quelle che BlueBox può fornire. Questi settori permettono dunque a BlueBox di guardare al futuro con ulteriore ottimismo. In un momento difficile per l’economia italiana che perdura da anni, BlueBox è tra le poche aziende a registrare uno sviluppo dei fatturati e dei margini: tanto che da mesi è aperta la ricerca di varie figure professionali nei diversi ambiti aziendali. «Nonostante BlueBox faccia oggi parte di una multinazionale presente in vari continenti e sia tra i primi 10 produttori del settore a livello europeo – sottolinea Alessandro Lora, direttore Sviluppo commerciale e Marketing –, ci rendiamo conto che la nostra visibilità è più sfocata nel territorio dove lavoriamo e viviamo, e molte persone non conoscono ciò che facciamo e ciò che possiamo offrire. BlueBox è sia una realtà industriale sia una realtà sociale in grado di creare sicurezza e valore per le famiglie e per il territorio, offrendo opportunità di crescita e sviluppo professionale in un contesto internazionale».
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Meccanica Dosson di Casier (TV)
Came Nel 2015, i loro “tornelli” sono stati oltrepassati dagli oltre 21 milioni di visitatori dell’Expo Milano. Affidabilità, ricerca, innovazione e capacità di costruire prodotti tailor-made sono diventati i punti di forza dell’azienda
Automazione “tailor-made” per ogni tipo di ambiente Un’azienda proiettata nel futuro della tecnologia dell’abitare, per portare l’innovazione nel quotidiano e dentro le case di ciascuno: è così che vuole porsi oggi Came, azienda di Dosson Di Casier nata nel 1972, e che si è espansa negli anni fino a raggiungere i 250 milioni di euro di fatturato e a dare lavoro a oltre 1400 persone. Un gruppo riconosciuto in Italia e nel mondo nel settore della home&building automation, dell’urbanistica e dell’alta sicurezza, che si presenta sul mercato come interlocutore globale nel mondo residenziale, dell’architettura urbana e del controllo dei grandi spazi collettivi. «Came è nata da un’intuizione – racconta Paolo Menuzzo, presidente dell’azienda –. Era la fine degli anni ‘60 quando ho coinvolto mio fratello, che sin da bambino è stato un inventore, e abbiamo cominciato a lavorare alle nostre idee per progettare prodotti elettromeccanici. All’inizio nessuno ci dava fiducia: non eravamo degli artigiani, ma dei veri e propri pionieri». L’intuizione imprenditoriale e l’estro dei due, poco più che 25enni, ha comunque portato al successo. Negli anni ‘80 decisero di potenziare la produzione con la creazione di un reparto di ricerca e sviluppo, per lanciare nuovi prodotti e garantirne l’affidabilità. Affidabilità che in molti casi significa assistenza. «Poco dopo la ricerca, abbiamo pensato che sarebbe stato molto proficuo assistere i clienti installatori per l’installazione dei prodotti e fare cultura dell’automazione». Quindi, per puntare a un’ulteriore espansione, occorreva pensare all’estero e CAME SPA
Via Martiri della Libertà 15 Dosson di Casier (TV) www.came.com 29
Meccanica | Came
ristrutturare la logistica. Nel decennio successivo iniziò l’insediamento di filiali commerciali in Italia e in Francia, per poi passare a molti altri Paesi d’Europa e del mondo. A questo si è aggiunta l’acquisizione di altre fabbriche negli anni Duemila, per ampliare la gamma di prodotti. Oggi Came conta 480 tra distributori e filiali in 118 Paesi, 26 società commerciali, 6 stabilimenti produttivi in Italia, Francia, Spagna e Regno Unito, e una società dedicata all’assistenza pre e post vendita, formazione professionale e servizi di ingegneria; e al centro rimane «L’innovazione che passa per la ricerca, per laboratori interni dedicati a test complessi di qualità ed efficienza, e per tanti professionisti che lavorano assieme – aggiunge il presidente –: ne abbiamo più di cento solo in questo ambito». Da anni Came investe, infatti, il 5% del proprio fatturato in attività di ricerca e sviluppo avvalendosi di un team di 110 progettisti specializzati, destinati a crescere del 10% entro la fine del 2017; e sono oltre 50 i brevetti nati da questa attività di ricerca. Altra tappa fondamentale per la Came è stato Expo 2015, a cui l’azienda ha “messo la firma” con i tornelli di ingresso; ma di particolare rilievo sono anche la porta a farfalla della Tour Eiffel, il sistema di controllo accessi delle aree paddock dei circuiti europei della MotoGP, del Canale di Panama. A questi si aggiungono i sistemi di gestione dei parcheggi on street della città di Madrid e le soluzioni installate presso il Kuwait City Airport, gli aeroporti di Baku in Azerbaijan, di Barcellona in Spagna e di Minsk in Bielorussia; e nell’ambito delle installazioni ad alta sicurezza Urbaco risaltano i dissuasori del Pentagono a Washington. Forte di questi successi – che consentono di guardare a progetti futuri nell’ambito della gestione degli spazi collettivi – Came vuole però puntare sempre più anche su prodotti per la domotica che entrino nel quotidiano di tutti: «La domotica è una tecnologia vicina alle persone, dal bambino all’anziano, che può migliorare la qualità della vita di ciascuno di noi».
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Laboratori artigiani Creazzo (VI)
Caron Vetrate Artistiche A Creazzo è attivo dal 1880 un atelier dove l’arte del vetro soffiato dialoga con il design, dove conservazione e innovazione s’incontrano. Un percorso unico, che ha portato l’azienda in Arabia Saudita e nei paesi del Golfo
L’arte del vetro, tra tradizione e ricerca «Gli atelier come il nostro, in Italia si contano sulla dita di una mano»: così afferma Piero Modolo, titolare di Caron Vetrate Artistiche, laboratorio specializzato nella progettazione ed esecuzione di oggetti d’alto profilo artistico in vetro. Un atelier che, grazie alla lunga esperienza – è attivo dal 1880 –, ha avuto modo di espandere la sua ricerca e la sua attività lungo molteplici direttrici: «Progettiamo e realizziamo sia vetrate classiche legate a piombo – spiega Modolo – che altre soluzioni decorative create ad hoc per il committente nell’ambito del design d’interni, come le pareti trasparenti retroilluminate, divisori, porte e finestre». Trattandosi di un lavoro artigiano, il punto di partenza concettuale rimane sempre l’idea del singolo artista, designer, architetto, o chi altro avanzi la sua proposta; e punto di partenza materiale è invece il vetro soffiato, materiale che – nonostante la lunga tradizione veneziana – «in Italia è poco conosciuto – afferma Modolo –: al di là appunto dei laboratori di Murano e dintorni, che però operano in ambiti diversi da quello in cui operiamo noi, soltanto in Germania e in Francia si trovano le aziende che fanno lastre in vetro soffiato». Una peculiarità che non solo ha consentito a Caron di affacciarsi con successo all’export in tutto il mondo – in particolare l’Arabia Saudita e la zona del Golfo – ma anche di specializzarsi nel settore della conservazione e restauro delle superfici vitree: «da più di vent’anni siamo coinvolti nella CARON VETRATE ARTISTICHE
Via Cima XII 23 Creazzo (VI) www.caronvetrate.com
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Laboratori artigiani | Caron Vetrate Artistiche
ricerca e sviluppo di progetti di conservazione – prosegue Modolo – e collaboriamo con diverse università, sia italiane che estere, ed enti pubblici e privati. Abbiamo anche sviluppato un brevetto internazionale per la protezione delle superfici vetrate». Un percorso partito già alla fine degli anni Novanta in collaborazione con l’Università di Padova e sfociata nel progetto “Parnaso”, che ha portato la Caron a far parte di un programma nazionale di ricerca nel settore dei beni culturali e ambientali; nonché a partecipare nel 1998 al “Convegno Internazionale del Vetro” a San Francisco (California), dove è stato presentato il progetto per la pulitura e la conservazione delle vetrate storiche elaborato con l’Università di Padova e il Cnr. Tra i progetti di spicco si annoverano quello di diagnostica per le vetrate della Cappella degli Scrovegni di Padova, realizzato in collaborazione con Renzo Bertoncello del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova e Antonio Sgamellotti del MOLAB (Mobile Laboratory) del CNR e dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari (ISTM) dell’Università di Perugia; nonché il progetto di diagnostica e restauro della grande vetrata quattrocentesca del Vivarini nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia. Nel campo della formazione è invece da ricordare la collaborazione con il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova, dove la Caron è stata chiamata a collaborare con lezioni all’interno dei corsi di laurea, progetti sul campo e numerose ricerche per tesi di laurea; inoltre, gestisce annualmente i tirocini dei laureandi iscritti allo IUAV di Venezia e del Liceo Artistico Martini di Vicenza. Cuore della Caron rimane, però, il laboratorio, «un posto genuinamente “bello”, in un ambiente unico dove si ha modo di vedere cose che difficilmente si incontrano altrove». Modolo assicura di non essere affatto preoccupato della possibile “distanza” tra chi racconta e chi va ad ascoltare: «Certo capisco che la realizzazione di una parete per una casa di lusso o il restauro di una vetrata siano cose che difficilmente toccano il quotidiano di ciascuno di noi – ammette –; però proprio questo “fare esperienza” del nostro lavoro durante la visita consente di superare questa distanza».
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Prodotti
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Meccanica Campodarsego (PD)
Carraro Nata negli anni ‘30, l’azienda è oggi un gruppo internazionale con oltre 3000 addetti, di cui 1500 in Italia. Assali e trasmissioni rappresentano il core business, con investimenti in innovazione, grazie all’apporto della meccatronica
Sistemi di trasmissione 4.0 Nata negli anni ’30 come realtà manifatturiera focalizzata nella produzione di seminatrici e attrezzi per lavori agricoli, Carraro è oggi un gruppo internazionale leader nei sistemi per la trasmissione di potenza altamente efficienti ed eco-compatibili che ha la sua casa madre a Campodarsego (Padova), e vanta sedi produttive in Italia, India, Argentina, Cina e Brasile. Nei suoi ottant’anni di storia l’azienda ha allargato le proprie competenze raggiungendo la notorietà e annoverandosi, a partire dalla metà del secolo scorso, tra i principali produttori italiani di trattori. Dagli anni ’70 in avanti, Carraro ha tuttavia iniziato a concentrare altrove la propria attività principale, specializzandosi nella componentistica e imponendosi a livello internazionale nella produzione di sistemi di trasmissione per macchine agricole e movimento terra. La tensione a evolvere è comunque sempre radicata nel Gruppo, che a seconda dei contesti di mercato ha saputo adeguare la propria struttura e rivedere il proprio footprint industriale; di qui la fase di internazionalizzazione che ha visto Carraro aprire sedi produttive, fin dagli anni ’90, in quelli che poi sarebbero stati i cosiddetti Paesi dell’area BRIC. Oggi assali e trasmissioni rappresentano ancora la maggior parte del fatturato del Gruppo, che però si sta orientando da tempo verso tipologie a più marcata innovazione. I prodotti tradizionali si stanno infatti arricchendo di valore grazie all’apporto di nuove tecnologie: basti CARRARO GROUP
Via Olmo 37 Campodarsego (PD) www.carraro.com
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Meccanica | Carraro
pensare agli orizzonti aperti dalla meccatronica, che vede la meccanica dialogare sempre più con l’elettronica. L’attività di Carraro si è ampliata negli anni, ed ora vi fanno riferimento due aree di business: Carraro Drive Tech, specializzata in sistemi di trasmissione e ingranaggi e componenti per macchinari di vario genere – dal settore agricolo, a quello movimento terra e automobilistico; Agritalia, specializzata in trattori speciali e servizi di ingegneria e di outsourcing produttivo per nicchie nell’ambito della trattoristica. Il Gruppo, la cui holding Carraro è quotata alla Borsa Italiana dal 1995, impiega oltre 3.200 persone, di cui 1.500 in Italia. Cuore dell’azienda rimane lo stabilimento di Campodarsego, nato nel 1968 su disegno dell’architetto D’Agaro di Venezia, della scuola di Carlo Scarpa. Già l’edificio merita quindi una visita così da apprezzarne i numerosi dettagli affascinanti, specialmente negli spazi della hall: un piccolo gioiello dell’architettura veneta – che si sviluppa su una superficie totale di circa 184 mila metri quadrati di cui circa 37 mila coperti, ed impiega oggi oltre 600 addetti – che dà occasione di fare “turismo industriale” nel senso più completo del termine.
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Servizi Grisignano di Zocco (VI)
Considi Fondata nel 1980, l’azienda è tra le prime a comprendere l’importanza del lean thinking di matrice giapponese. Una visione “snella” che viene applicata a 360° e che può apportare importanti benefici per le Pmi
Gli ambasciatori italiani del pensiero “snello” Quando lo spirito imprenditoriale del Nordest incontra quello giapponese possono nascere risultati interessanti: è il caso di Considi, società di consulenza nel settore dell’Operation & Innovation Management, specializzata nei servizi legati al Toyota Production System (TPS). Fondata nel 1980, e sviluppatasi operando nel mercato delle aziende manifatturiere e dei servizi, è stata tra i primi a comprendere l’importanza del pensiero organizzativo “snello”. Nel 1988 è nata Jmac-Considi, prima joint venture italo–giapponese nel consulting, avviata con il gruppo Japanese Management Association (JMA) di Tokio; mentre nel 1994 l’entrata nel Gruppo Telecom-Finsiel ha dato vita a Consiel, arrivata nel giro di pochi anni a essere la maggiore società di consulenza direzionale a proprietà e matrice italiane. Dopo l’operazione di management buyout che nel 2004 ha portato l’azienda a recuperare la sua mission originaria, nel 2009 è stata avviata un’importante collaborazione con la società di consulenza giapponese Cullman; e nel 2011 Considi è diventata“Preferred TPS Partner” di Toyota Material Handling Italia (TMHIT) per diffondere il TPS in Italia attraverso l’Academy di TMHIT. L’anno successivo con Fòrema ha avviato Leandustria®, primo centro esperienziale del Nordest; e nel 2016 è stata siglata la partnership esclusiva per l’Europa con Toyota Engineering Corporation, seguita dall’ingresso nel network Partner Equity Markets di Borsa Italiana. L’azienda ha recentemente concluso un accordo per distribuire in Italia prodotti e servizi di consulenza del CONSIDI SRL
Via A. De Gasperi 63 Grisignano di Zocco (VI) www.considi.it 37
Servizi | Considi
Six Sigma Management Institute Europe, società di Londra ideatrice del Six Sigma, metodo che migliora i processi di business mirando all’eliminazione dei difetti e alla stabilizzazione dei processi. Una serie di passi importanti che non si ferma, tanto più ora che il costante cambiamento del mercato ha portato alla trasformazione del Toyota Production System in Toyota Profit System, sistema di gestione aziendale a 360 gradi. Oggi Considi conta, oltre alla sede principale di Grisignano (Vi), un ufficio di rappresentanza ad Ancona, e si avvale di 40 consulenti specializzati, per 3 milioni di euro di fatturato annuo. La metodologia lean assume, nella visione di Considi, una declinazione particolare proprio nel Nordest: «La crisi e la competizione globale hanno spinto molte aziende a trasformare i propri modelli di business e organizzativi – spiegano dall’azienda –. In questo senso la lean è in grado di apportare diversi benefici in particolare alle Pmi, consentendo di eliminare gli sprechi, semplificare i processi, adeguare la produzione al mercato e apportare miglioramenti continui in produttività e qualità. Considi accompagna le aziende in questa trasformazione, e ci consideriamo con orgoglio uno dei player di riferimento in Italia nella consulenza in questo campo». Le logiche del TPS vengono applicate a tutta la filiera: in fabbrica (lean production), lungo la catena logistica (lean supply chain), nei processi di innovazione e progettazione (lean design), negli uffici (lean office) e alle vendite (lean sales). Sempre nell’ottica della produzione “snella” Considi opera anche nel campo dell’Information & Communication Technology, affinché i sistemi informativi siano coerenti con le strategie e le finalità del business: ha quindi sviluppato soluzioni proprietarie attraverso cui analizzare e valorizzare le diverse aree aziendali. Considi è inoltre partner di Niuko Innovation & Knowledge, il più grande polo italiano per la formazione e la consulenza d’impresa di Confindustria Padova e Vicenza, per il progetto Leandustria®; e collabora con l’Università di Padova per il Master in Lean Management. Dalla collaborazione in esclusiva con Yoshihito Wakamatsu, discepolo di Taiichi Ohno, ideatore del metodo organizzativo Toyota, è infine nata una collana editoriale, “Toyota Way”, in collaborazione con Franco Angeli Edizioni.
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Prodotti
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Prodotti
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Laboratori artigiani Udine
Craftabile Dall’unione tra artigianato e architettura nasce due anni fa un progetto per la creazione di materiali educativi con macchine a taglio laser e stampa 3d, progettati secondo le regole dell’ergonomia, del graphic e interaction design
Gli “archigiani” dell’educazione «Abbiamo scelto il nome Craftabile, che è l’unione del termine inglese “craft”, cioè mestiere o arte, e “abile” come skill, perché vogliamo rivalutare in chiave moderna il fare artigianale come atto generativo d’innovazione»: così Andrea Giacomelli e Simona Martino – a cui si è aggiunta Irene Beltrame – spiegano la scelta del nome “Craftabile” per la loro azienda, che ha sede a Udine negli spazi di coworking Lino’s & Co da loro stessi promossi. «Il progetto è nato circa due anni fa, quando io e Simona abbiamo deciso di mettere insieme le nostre rispettive competenze – spiega Giacomelli –: io manager ed esperto di processi formativi, e lei architetto ed esperta di spazi per l’apprendimento secondo il metodo montessoriano. Così siamo diventati “archigiani” dell’educazione montessoriana, sviluppando un progetto imprenditoriale per la creazione di materiali educativi grazie alle macchine a taglio laser e stampa 3D». Il concetto di nuovo artigianato digitale è infatti centrale nell’ideazione e nello sviluppo di Craftabile: «Sino ad allora i materiali per le scuole montessoriane o per altri educatori interessati erano sempre stati prodotti solo a livello industriale, e quasi sempre all’estero – racconta Giacomelli –. Il nostro progetto invece era quello di fare una produzione tutta italiana, artigianale e personalizzata: le nuove tecnologie ci permettono infatti di fare anche dei pezzi unici». Il materiale didattico è prodotto sotto la supervisione scientifica della Fondazione Montessori CRAFTABILE
Via Artico di Prampero 7 Udine www.linosandco.com 41
Laboratori artigiani | Craftabile
Italia, con cui Craftabile collabora nelle azioni di diffusione del metodo Montessori sul territorio nazionale e non solo. Altra caratteristica è l’attenzione ai materiali e al design: i vari oggetti, sempre assemblati a mano, vogliono infatti essere attrattivi sia sotto il profilo estetico che per le qualità tattili ed ergonomiche. «Progettiamo secondo le regole dell’ergonomia, del graphic design e dell’interaction design – prosegue – perché l’oggetto educativo sia anche un oggetto bello. E questo è importante soprattutto nel rivolgerci alle famiglie: se il prodotto è accattivante da tenere in casa, oltre ad avere valore pedagogico, si tratta di un valore aggiunto non trascurabile». Gli interlocutori di Craftabile, oltre alle scuole montessoriane e agli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado interessati a questo metodo educativo, sono infatti le singole famiglie; soggetto a cui l’azienda intende rivolgersi sempre più in futuro, oltre che a puntare sulla creazione di materiali educativi personalizzati. «Per noi è facile creare pezzi inediti, unici, nati magari dalla creatività del singolo insegnante che intende utilizzarli nella sua classe, e che non sarebbero riproducibili a livello industriale. E questo per noi è fare innovazione di prodotto, garantendo oltretutto una qualità superiore a quella che si avrebbe con la produzione di massa». Da ultimo, è impossibile “scindere” Craftabile dalla realtà in cui è nata e ha operato sin dall’inizio: «Diciamo che è stato un incontro tra due progetti che andavano a braccetto – osserva Giacomelli –. Avevamo conosciuto a Verona gli spazi di coworking Lino’s & Co, e abbiamo pensato di riproporre l’idea a Udine con un taglio più improntato sull’artigianato digitale». Negli spazi dell’antica tipografia Doretti della centralissima via Di Prampero ha così preso forma questa idea – che è risultata vincitrice del bando Pisus – che oggi ospita cinque coworkers fissi e altrettanti secondo l’opzione “flessibile”. Lino’s & Co ospita, oltre ai macchinari del nuovo artigianato digitale, anche una stampante a rilievo ed altri oggetti di sapore più “antico”: un’unione delle tecnologie più recenti con quelle “storiche” in campo artigiano.
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Food&Wine Castelfranco Veneto (TV)
Fraccaro Spumadoro Specializzata in focacce e panettoni, l’azienda di Castelfranco Veneto punta ora sulla produzione di prodotti bio, vegan e gluten free. Tradizione ed esperienza alla base di uno sviluppo nel quale però si vuole mantenere l’anima artigianale
Quando cuore artigiano e mentalità industriale s’incontrano Più che un’azienda dolciaria d’importanza nazionale, Fraccaro è una grande pasticceria di tradizione famigliare, specializzata in focacce e panettoni dove naturalità, semplicità e genuinità sono un plus da offrire al consumatore in quanto espressione della propria identità e filosofia. Quella dei Fraccaro è una bella e buona storia di famiglia iniziata nel 1932 dai coniugi Elena e Giovanni e oggi condotta dagli eredi arrivati alla quarta generazione, rispettivamente l’attuale presidente del cda e responsabile marketing Luca, e i suoi cugini Michele e Paolo, i quali poggiano sui valori portanti della tradizione artigianale di famiglia, ma con una visione moderna proiettata a percorrere le strade più innovative. L’azienda, nata come un piccolo panificio nel centro storico di Castelfranco Veneto, si fece presto apprezzare per le specialità dolciarie oltre che per il pane, tanto da inaugurare, nel primo dopoguerra, un secondo forno specializzato in focacce, panettoni e plum-cake, in Borgo Pieve, altra storica via della città. La crescita fu continua fino a diventare oggi una realtà leader nel comparto dolciario, che ancora oggi utilizza, come un tempo, il lievito madre a lievitazione lenta e naturale (80 anni) ottenuto da fermentazione spontanea: un ingrediente speciale che mantiene al lungo le qualità organolettiche del prodotto come fragranza e sapore, una sofficità naturale e un’ottima digeribilità. Un patrimonio di tradizione che Fraccaro custodisce nel tempo, rinnovando ogni giorno l’amore per la tradizione e la qualità. FRACCARO SPUMADORO SPA
Via Circonvallazione Ovest 25/27 Castelfranco Veneto (TV) www.fraccarospumadoro.it
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Food&Wine | Fraccaro Spumadoro
L’assetto tipicamente artigianale permette all’azienda dolciaria di Castelfranco Veneto di essere flessibile nella produzione di nuove specialità: un ventaglio di oltre 100 prodotti con numerose varianti, realizzate con materie prime scrupolosamente selezionate, preferibilmente locali, come ad esempio l’utilizzo di burro e uova fresche di categoria A, farine locali e nella produzione di panettoni “speciali”, l’utilizzo di Prosecco Docg Valdobbiadene, del radicchio variegato di Castelfranco, della Grappa Villa de Varda e dell’olio Redoro. Da tempo l’azienda ha deciso di percorrere anche la strada del biologico e vegano, e 15 anni fa ha ottenuto la sua prima certificazione. Sono arrivati altri riconoscimenti da organizzazioni come Slow Food, che dopo aver iniziato a collaborare ha attivato da Fraccaro i suoi presidi, realizzando un Panettone “Eccellente e Solidale”. La crescita e la diversificazione dei prodotti hanno portato a una differenziazione in tre marchi: Fraccaro Spumadoro, Pasticceria Fraccaro e Pasticceria Fraccaro Bio. Proprio in riferimento a quest’ultimo due mesi fa l’azienda Fraccaro ha presentato al Sial di Parigi, la più importante fiera internazionale agroalimentare, il primo Panettone Bio senza glutine lievitato. «In Italia sono sempre più le persone affette da celiachia o coloro che soffrono di intolleranza al glutine – afferma Luca Fraccaro, CEO dell’azienda – ed è proprio per loro che, con l’avvicinarsi delle festività, abbiamo voluto realizzare il tradizionale dolce natalizio, ma senza glutine: un panettone prodotto artigianalmente con lievito naturale ed ingredienti gluten free di prima qualità e biologici certificati». Come azienda moderna, Fraccaro ha quindi saputo cogliere le opportunità contemporanee, per essere più competitiva anche nell’interesse del cliente. Ma nel contempo ha fatto tesoro della propria esperienza rimanendo protagonista del processo produttivo.
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Prodotti
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Laboratori artigiani Forni di Sopra (UD)
Il Ricamificio Oltre 250km di filo vengono utilizzati per dar vita a creazioni uniche in un laboratorio a conduzione familiare nel cuore della Carnia. Con l’ingresso in azienda della nuova generazione, i social sono diventati una seconda vetrina
Dal cuore della Carnia al mondo, grazie ai social Una volta Mirco Azeglio Coradazzi e la moglie Sabi gestivano un’occhialeria in quel di Forni di Sopra, ameno paese di montagna tra le perle delle Dolomiti friulane. Poi la crisi del settore li ha costretti a chiudere e a puntare su qualcos’altro: nella fattispecie, la passione della moglie per il cucito e il ricamo. E dalla passione è nata quattordici anni fa una nuova attività professionale, un ricamificio, anzi “Il Ricamificio”. Il laboratorio è stato avviato a piccoli passi, grazie a una minuscola macchina da cucire e a una vetrina che attirava la gente del paese e i numerosi turisti. Poi, con l’ingresso delle tre figlie nell’attività, forti di percorsi formativi diversi e di maggiore dimestichezza con i nuovi mezzi informatici, l’attività ha conosciuto una nuova fioritura: così i prodotti originali, uniti al continuo e sapiente utilizzo dei social network, hanno proiettato “Il Ricamificio” ben al di fuori dei confini di Forni, facendone un esempio a tutto tondo di azienda familiare di successo. Anche perché sono stati coinvolti nell’attività tutti i componenti, seppure con mansioni e modalità diverse: mamma, papà e le tre figlie. La produzione adesso è assai varia e spazia dal tessile per la casa agli accessori per l’infanzia: «Consumiamo 250 chilometri di filo all’anno», riferiscono scherzosamente nel sito. I loro sono prodotti di alto artigianato, e come tali sono molto personalizzati. «Spesso partiamo dalle richieste del cliente e trasformiamo tessuti e filati nel prodotto desiderato – spiega Sabi, sarta e cuore creativo del laboratorio –. Inoltre C.A.M.
Via Vittorio Veneto 11 Forni di Sopra (UD) www.ilricamificio.net 47
Laboratori artigiani | Il Ricamificio
prestiamo sempre molta attenzione all’impatto ambientale: cerchiamo di utilizzare tessuti che presentano certificazioni di qualità e rispettino standard ecologici e sociali, oltre ad avvalerci di tecnologie che ci aiutano a ridurre notevolmente gli scarti di lavorazione. Con il nostro ultimo acquisto, una macchina da ricamo di ultima generazione, siamo riusciti ad ottimizzare la produzione di alcuni manufatti e raggiungere l’obiettivo “spreco zero”». Un modo di lavorare che unisce passione e sperimentazione continua, grazie anche alla formazione delle figlie: Liala con la sua specializzazione in grafica, Selli che ha studiato design industriale, e Molli con alle spalle l’Accademia di Venezia. Ciascuna di loro ha portato i propri saperi e sensibilità nella promozione, ma anche nella lavorazione: grazie alla loro pagina Facebook (Il Ricamificio), Pinterest e soprattutto Instagram (ilricamificiofornidisopra) i social network sono diventati una seconda vetrina e pure un modo per mantenere con costanza il rapporto con i clienti (dato che non mancano tra questi neppure gli stranieri). Significativa è poi la spinta verso la collaborazione con altri imprenditori e piccole aziende di qualità che portano a interessanti proposte “ibride”, come laboratori di creatività con degustazioni finali di prodotti del territorio. Seppure con i piedi per terra, nell’orizzonte de “Il Ricamificio” c’è il desiderio di ingrandirsi: il prossimo passo è migliorare il sito, inaugurando la nuova sezione dedicata all’e-commerce.
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Servizi Montebelluna (TV)
InfiniteArea e Adacta Nato nella primavera del 2016, Adacta Innovation L@b è il frutto della partnership tra Adacta e InfiniteArea. Obiettivo: supportare le imprese nei progetti di innovazione e trasformazione resi possibili dalle tecnologie digitali
Con l’incubatore capovolto, l’innovazione a servizio delle imprese Un cosiddetto “incubatore capovolto” e una realtà di consulenza, che uniscono le rispettive forze e competenze per dare vita a una piattaforma per l’innovazione a servizio delle imprese: è quello che accade a Montebelluna, dove InfiniteArea e Adacta hanno avviato nella primavera del 2016 Adacta Innovation L@b. InfiniteArea, nata da un’idea dell’imprenditore Patrizio Bof è stata appunto definita “incubatore capovolto”: il punto di partenza sono le esigenze e le opportunità di crescita di aziende consolidate, attorno alle quali vengono costruiti insieme percorsi di innovazione che attraggano talenti, partner strategici e tecnologici e competenze multidisciplinari, al fine di trovare soluzioni concrete per soddisfarle. Il focus è l’azienda consolidata, non la startup di giovani o neo-imprenditori. L’azienda infatti è già abituata a operare in logica di mercato ed è in grado di garantire la sostenibilità e la crescita del progetto di innovazione e rappresenta il primo potenziale cliente o un partner per l’eventuale nuova iniziativa imprenditoriale risultato del percorso di innovazione intrapreso. Adacta è invece una professional firm con oltre 120 persone che da più di 50 anni affianca le imprese in tutto il territorio nazionale negli ambiti Tax & Legal e Advisory e rappresenta un facilitatore di relazioni tra la direzione aziendale e il mondo economico, finanziario e professionale italiano. Realtà e competenze quindi “complementari”, che lavorano su fronti INFINITEAREA E ADACTA
Via S. Gaetano 113A Montebelluna (TV) www.infinitearea.com – www.adacta.it 49
Servizi | InfiniteArea e Adacta
diversi agli stessi obiettivi: da qui la volontà di unire le forze. La partnership strategica InfiniteArea-Adacta ha così dato alla luce Adacta Innovation L@b, un’offerta integrata di servizi per supportare le imprese nei loro progetti di innovazione e trasformazione resi possibili dalle tecnologie digitali. La sede scelta è appunto quella di InfiniteArea, un luogo che favorisce creatività e contaminazione “fuori dalle mura” aziendali, favorendo il cambiamento e vincendo le resistenze e gli ostacoli che si possono presentare. Adacta Innovation L@b vuole porsi come azione sinergica nel campo dell’innovazione digitale costituendo non il fine, ma il mezzo per la trasformazione. Da un lato InfiniteArea offre la piattaforma fisica e le competenze e metodologie innovative; dall’altro Adacta, con le sue figure professionali e le relazioni già costruite con gli imprenditori. Perché spesso l’innovazione non è questione di tecnologia, ma di relazioni che consentano di adottare nuovi approcci culturali. Questo laboratorio è inoltre un ulteriore stimolo a portare avanti con ancor più decisione l’innovazione nell’ambito dei servizi di consulenza, facendoli evolvere insieme alle aziende. Non esistono soluzioni preconfezionate, l’innovazione viene supportata con metodologie e approcci sistematici. La piattaforma si configura quindi come un “aeroporto delle idee”, dal quale le imprese possono far decollare nuovi progetti di innovazione e giovani talenti, in una logica di open innovation e di contaminazione virtuosa.
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Meccanica Corbanese di Tarzo (TV)
Irinox “Fresco” è un elettrodomestico che punta a una cultura dell’alimentazione senza sprechi. «Per questo - dice Katia Da Ros - abbiamo aderito alla Carta di Milano. Il frigorifero ha segnato un’epoca, “Fresco” rappresenta la nuova frontiera»
Nuovo corso: il cibo a spreco zero Tutto iniziò nel 1989 con la sfida di produrre e commerciare in Italia un prodotto allora semisconosciuto, l’abbattitore di temperatura per chi lavora nella ristorazione. Poi, una volta impostata la produzione, l’ascesa non si è (quasi) più fermata e il gruppo Irinox di Tarzo nel trevigiano è diventato uno degli operatori del settore più innovativi a livello mondiale. «Mio padre e i soci partirono con due piccole linee, quella degli abbattitori appunto e quella quadri elettrici in acciaio inox – precisa Katia Da Ros, attuale amministratrice delegata e vicepresidente -. La prima era una scommessa, la seconda una certezza che serviva a fare cassa vista l’esperienza già maturata dai fondatori». L’intuizione felice e il lavoro fatto per la realizzazione e la distribuzione dei prodotti portarono presto i propri frutti. Se questa sfida si poteva considerare vinta, una decina di anni fa se ne aprì una nuova. «Dopo esserci fatti conoscere in Italia e all’estero tra i professionisti, volevamo un ulteriore salto di qualità. È arrivato così l’abbattitore a incasso, qualcosa di totalmente nuovo perché poteva essere collocato anche nelle cucine domestiche». Quindi non più soltanto cuochi e pasticceri, ma anche famiglie comuni. Fino all’ultima trovata, quella di “Fresco”: un abbattitore di temperatura grande non più di un forno a microonde, lanciato cinque anni fa. «Avevamo preso in considerazione il fatto che la cucina, per un consumatore medio, è un investimento che si fa massimo tre o quattro volte nella vita. Perché non pensare a qualcosa di più compatto IRINOX SPA
Via Madonna di Loreto 6B Corbanese di Tarzo (TV) www.irinoxhome.com 53
Meccanica | Irinox
dell’abbattitore di prima, con un prezzo accessibile non soltanto una tantum?». Da qui è partito il nuovo corso. Tra i punti di forza c’è stata e c’è tuttora l’intuizione imprenditoriale. Per chi dirige Irinox, Fresco è qualcosa di rivoluzionario, destinato a cambiare il modo di preparare e consumare il cibo nonché le nostre abitudini. Ma è anche un modo per ridurre gli sprechi: secondo alcuni studi, una famiglia italiana spreca in media 6,5 euro a settimana di cibo per il deperimento. «Con questo sistema possiamo impedirlo – aggiunge Da Ros –. Fa parte dei nostri valori, tanto che abbiamo aderito alla Carta di Milano contro gli sprechi. Abbiamo un sogno: se per il frigo di casa il mondo deve ringraziare gli americani, vorremmo che il mondo facesse lo stesso con gli italiani per l’abbattitore domestico». In ogni caso, un fatturato di oltre 40 milioni di euro e una base di 250 dipendenti che operano in oltre 80 paesi del mondo non sono frutto soltanto di invenzioni felici. Molto ha influito la modalità distributiva: «Non si trova Fresco nei negozi, preferiamo la vendita diretta. Organizziamo eventi e dimostrazioni tra le famiglie, che poi acquistano e si passano parola. In questa fase in cui non è ancora molto conosciuto occorre creare cultura, e questa è la maniera migliore». Inoltre non è mancata una profonda ristrutturazione interna non appena si è manifestata la crisi del 2008, superata brillantemente, visto che adesso si continua a crescere. Per le sfide future si parte dai punti di forza di oggi. Una cultura antispreco da diffondere, una vendita diretta da rendere ancora più capillare e il successivo passaparola restano le linee guida. «Le premesse di successo ci sono – conclude Katia –: la voglia di tornare a cucinare c’è, i tanti programmi di competizione gastronomica hanno preparato un buon terreno; la tendenza al risparmio e all’abbattimento degli sprechi pure, complice la crisi ancora in atto per molti. Con un supporto come “Fresco”, si può cucinare il sabato mattina per presentare le pietanze agli amici il martedì sera». Quindi si cercherà un’espansione dello stesso prodotto all’estero, dove la presenza resta forte grazie alla gamma degli articoli per professionisti. Intanto proprio all’estero si registrano sempre maggiori successi: basti dire che, dopo Google, Yahoo e LinkedIn, anche Amazon Fresh, il servizio a domicilio per la vendita di frutta, verdura e piatti precotti, ha introdotto nelle sue cucine di Boston gli abbattitori Irinox.
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Laboratori artigiani San Daniele del Friuli (UD)
L’Oca Bianca ed Altre Storie A San Daniele del Friuli l’azienda artigiana di Alda Rita Bressanutti produce diecimila angioletti in pioppo e varie collezioni di bijoux l’anno. Cosa crea valore aggiunto? Riferimenti culturali tra forme di design e cultura del lavoro
Dalla passione all’impresa Si può cambiare totalmente lavoro e trasformare la propria passione, con un po’ di originalità e convinzione, in professione? La vicenda de “L’Oca Bianca ed Altre Storie®” di San Daniele del Friuli, rinomata fucina di angeli in compensato di pioppo, insoliti bijoux e dei magici “Libri di Luce®”, suggerisce di sì. «Tutto è partito diciotto anni fa – spiega la titolare e fondatrice Alda Rita Bressanutti, ora amministratore della società –. Lavoravo come interprete in un’azienda, ma a causa di una malattia che mi costrinse in casa a lungo decisi di riprendere in mano pennelli e forbici. Volevo realizzare qualcosa che si rifacesse agli “scartoç” friulani, creazioni dalle foglie di mais tipiche della tradizione contadina: e ho pensato agli angeli, in quanto figure trasversali a molte culture e religioni e portatori di messaggi positivi. Per quanto fossi partita quasi per gioco, i miei lavori furono presto acquistati da una ditta che li aveva apprezzati molto. Perché non provarci allora fino in fondo? Così è nata la prima piccola bottega che ho chiamato “L’Oca Bianca ed Altre Storie®”, perché in molte culture nordiche l’oca bianca indica la saggezza e dà un’idea di fiaba; ho aggiunto “Altre Storie” perché sapevo che avrei condiviso questo percorso con altre persone e con tante collaborazioni esterne». Nel 2006, grazie anche all’interesse suscitato dalle creazioni de L’Oca Bianca ed Altre Storie® a “Homi” – fiera degli stili di vita di Milano – è iniziata una crescita esponenziale che ha portato gli angeli in 230 negozi italiani e 30 stranieri e ha permesso l’acquisto di nuove sedi. Oggi L’Oca Bianca L’OCA BIANCA ED ALTRE STORIE SAS DI BRESSANUTTI ALDA RITA & C.
Via Fagagna 1 San Daniele del Friuli (UD) www.ocabianca.com
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Laboratori artigiani | L’Oca Bianca ed Altre Storie
ed Altre Storie® è un atelier tutto al femminile – sono sei le “sarte degli angeli” fisse, più le stagionali – che unisce il “fatto a mano in Friuli” a forme di design nordico, gusto francese nella decorazione, nonché alla creatività personale. Tutte donne perché «hanno una sensibilità diversa dai maschi», precisa la titolare, e tutte formate in bottega «visto che io stesso sono autodidatta: così si vedono davvero la passione e la manualità». Prodotto simbolo de L’Oca Bianca ed Altre Storie® sono per l’appunto gli angeli: quest’anno il gruppo ha festeggiato l’angelo numero 50.000, che significa quasi 13.000 ore di lavoro. La collezione autunno-inverno 2016/17 ha come tema centrale il bosco con la proposta di 10 nuove serie, che non hanno comunque mandato in soffitta quelle classiche (per bimbi, sposi, ricorrenze speciali): materiali come fibra di cocco, licheni, foglie, organza, pizzo, vengono trasformati dalle sapienti mani di queste donne negli abitini degli angeli, a loro volta realizzati in pioppo o faggio. Come le collezioni di moda, insomma, anche quelle degli abiti degli angeli si rinnovano ogni stagione. A questi si aggiungono i bijoux, sempre legati al tema del bosco – catenine, bracciali, orecchini – e le nuove cinque versioni dei piccoli angeli in ottone; nonché i biglietti, sempre dipinti a mano con tecnica a tampone, e impreziositi da collage con piccole figurine in ebano e faggio, nastri di velluto e seta e i “Libri di Luce®”, originali lampade-libro. L’atelier si è anche tutelato dai rischi di copie, depositando vari modelli e brevetti: «Nel tempo molti si sono ispirati ai nostri angeli per farne di simili, in maniera più o meno garbata, ma anche in modo spudorato – riferisce la Bressanutti –. Il patrimonio intellettuale dei nostri angeli e il diritto d’autore sono tutelati dalla legge e questa farà il suo corso perché noi li proteggeremo, anche a nome dei nostri clienti che ci manifestano un affetto ed un’attenzione che vanno oltre il semplice rapporto commerciale. La nostra missione è quella di continuare a produrre, a mano, solo qui in Friuli non considerando alcuna ipotesi di delocalizzazione. Oltre che dalle fiere di settore – non solo “Homi”, ma anche “Maison&Objet” di Parigi e altre a Londra e Monaco di Baviera – buoni risultati sono arrivati pure dal web, specie da Facebook e Instagram. Bressanutti ostenta ottimismo per i prossimi anni, anche in virtù dei numeri di una produzione interna molto confortanti: «La crisi ha avuto indirettamente l’effetto di riavvicinare la gente al prodotto artigianale, di far apprezzare quanto è prodotto dal cuore attraverso le mani e dall’inventiva dei singoli. Per noi sarà importante non strutturarci troppo, rimanere “flessibili” e pronte a captare i mutamenti del mercato mantenendo però la filosofia e le modalità di lavoro tipiche del laboratorio e non dell’industria. Servirà inoltre consolidare rapporti di rete tra noi artigiani e collaborare sempre di più, anche per far fronte a una burocratizzazione statale che non giova certo alla nostra attività». 56
Prodotti
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Food&Wine Malo (VI)
La Giardiniera di Morgan Nasce dall’esperienza della ristorazione dei “5 sensi” una gamma di giardiniere in agrodolce realizzate artigianalmente. Grandissima attenzione alle filiere e alla qualità dei prodotti, con un obiettivo: affermarsi nel mondo
La “Giardiniera” in famiglia, tra qualità e marketing spontaneo Lo chef Morgan Pasqual e la moglie Luciana gestivano un rinomato ristorante a Malo (VI), i “5 Sensi”. Tuttavia, viste le richieste in forte crescita della clientela nel 2011, pensarono che fosse giunto il momento di una svolta. Decisero così di dedicarsi esclusivamente all’attività di catering e banqueting per cui il loro locale era rinomato. Nel 2012 iniziarono a sviluppare la produzione e la commercializzazione della giardiniera in agrodolce – già famosa tra la clientela del ristorante – nel nuovo laboratorio produttivo; in questo spazio dipendenti e collaboratori elaboravano, tagliavano e confezionavano i vari prodotti sotto la guida del titolare. Si trattava di ricette studiate nei minimi dettagli per quel che riguarda ingredienti e abbinamenti. Cominciò perciò una nuova avventura, con il marchio “La Giardiniera di Morgan”. Sempre di dimensione familiare, perché i diversi tipi di giardiniera sono ispirati dai membri della famiglia Pasqual e dalle loro peculiarità caratteriali e fisiche. A oggi sono cinque: oltre alla tradizionale ricetta di Morgan, vengono apprezzate le giardiniere di Luciana, Giada Maria, Annapaola e Giovanni. Successivamente è avvenuta l’espansione ben al di fuori dei confini locali, grazie al supporto di O.P.O. Veneto (l’organizzazione regionale dei produttori ortofrutticoli) con i quali viene monitorata costantemente la filiera, e grazie soprattutto a un portafoglio di clienti e rivenditori fortemente specializzati nonché dichiaratamente attenti alla qualità. CINQUE SENSI SRL
Via Pacinotti 2 Malo (VI) www.lagiardinieradimorgan.com 59
Food&Wine | La Giardiniera di Morgan
Se si chiede a Pasqual di descrivere con più dettaglio i propri punti di forza, lui mette al primo posto la qualità. «La selezione degli ingredienti dev’essere accuratissima, non soltanto per la tipologia di ortaggio ma anche per freschezza, colore e consistenza. Per farci scegliere dai consumatori dobbiamo infatti differenziarci dai prodotti industriali per i colori, l’armonia e l’equilibrio gustativo. Noi non utilizziamo macchinari di alcun tipo, soltanto i saperi e le nostre abilità manuali. Inoltre l’esperienza mia e di mia moglie Luciana nel mondo della ristorazione e della cucina gastronomica ci permette di pensare e realizzare specialità in vetro con un approccio da chef». Altri valori aggiunti si sono manifestati quasi inaspettatamente. «Il fatto che ogni membro della famiglia abbia potuto esprimersi personalmente e rappresentare la propria creazione della giardiniera ha fatto da “marketing spontaneo”: il marchio trasmetteva una sensazione di genuinità e di attenzione al prodotto finale, che la gente ha dimostrato di apprezzare particolarmente. Oltre a questo, è da annoverare il fatto di aver raggiunto l’assetto organizzativo ideale, grazie alla presenza in azienda di persone giovani e motivate responsabili delle diverse procedure e produzioni. Con loro c’è un continuo confronto al fine di migliorare la qualità del lavoro e i risultati». Tra gli obiettivi principali in agenda c’è quello di perfezionare e sviluppare nuovi prodotti che facciano leva sulle “emozioni”, mantenendo ferma l’idea di una forte specializzazione nell’agrodolce: la nuova linea di uova di quaglia agrodolce è un esempio calzante. Poi c’è l’espansione in nuovi mercati, oltre alle certificazioni necessarie per supportarli su cui la famiglia sta lavorando: «Vendiamo soprattutto in Italia, con qualche esportazione in Europa. Ma vorremmo approdare in altri continenti organizzando una nuova struttura commerciale dedicata ai mercati esteri, che sta già prendendo forma».
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Design Villa del Conte (PD)
Lago Quella della Lago non è più produzione di mobili, ma filosofia del vivere e non solo dell’abitare: fenomenologia di un successo del design thinking italiano, che passerà nel futuro soprattutto attraverso la rete
Cuore, cervello e coraggio: i nuovi alfabeti del design Le sue radici affondano nel XIX secolo, ma la sua vera evoluzione è molto recente: si parla di Lago, azienda di product e interior design che produce arredi per tutte le aree della casa, ma progetta anche spazi pubblici e privati che hanno l’obiettivo di generare empatia tra gli interni e le persone che li abitano. Tutto inizia con Policarpo Lago, che lavora a fine Ottocento come ebanista in molte ville nobiliari e nelle chiese veneziane. L’attività viene tramandata e ampliata di padre in figlio, fino a una prima svolta negli anni ’80 in cui ci si concentra nell’arredo del living e della zona notte. Il vero salto di qualità prende forma però nel 2006, con l’approdo al timone di Daniele Lago, classe 1973, lui stesso designer, che assieme ai fratelli Rosanna e Franco ripensa da cima a fondo l’organizzazione della fabbrica, i suoi obiettivi, nonché lo stile e la filosofia. Alla base di tutto pone le cosiddette “Tre C”: cervello, cuore e coraggio. È così che questa realtà imprenditoriale si trasforma in spa e comincia a crescere quasi ininterrottamente, portando i dipendenti da 15 ai 180 attuali per un fatturato di 30 milioni di euro. Il resto è cronaca degli ultimi anni, seppure resti difficile da sintetizzare. Si va dalla stessa sede aziendale a Villa del Conte, una non-fabbrica dall’aspetto di una casa di vetro, legno e mattoni, progettata dall’architetto Italo Chiucchini secondo i principi della bioedilizia domestica, all’immersione nelle potenzialità del web 2.0 e nella relativa LAGO SPA
Via dell’Artigianato II 21 Villa del Conte (PD) www.lago.it 61
Design | Lago
interattività; al “Lago Interior Life Network”, una rete di luoghi, sparsi nel territorio, che include negozi, case, caffetterie, alberghi, musei e tanti altri spazi in cui fare esperienza del design Lago e dove questo è in grado di far scaturire esperienze e relazioni. Un’esplosione di iniziative e di novità guidate dal vulcanico amministratore delegato e head of design Daniele Lago insieme ai suoi collaboratori, che adesso ha portato a un nuovo slogan: “Mai fermi”. Chi si definisce sempre in movimento deve per forza di cose essere flessibile. Il punto di forza di Lago, come ha detto lo stesso Daniele: «Si danno all’acquirente “alfabeti” e non frasi fatte: da noi escono tanti mattoncini, elementi che il cliente può e deve interpretare per il proprio benessere». Diversi tra loro sono quelli che la scelgono, possono essere normali famiglie, ma anche i dirigenti di Intesa San Paolo per i propri uffici. La flessibilità non esclude neppure l’organizzazione: anche questo gruppo ha adottato quattro anni fa la lean production, un modello mutuato dalla Toyota utile a non tenere giacenze sovrabbondanti. «Abbiamo adottato quel modello di business, perché è quello giudicato più conveniente in questi anni – precisa successivamente –. Questo non vuol dire che debba durare per sempre». Anche perché secondo lui gran parte del successo viene dalle potenzialità di Internet. «Abbiamo più di 860mila follower su Facebook da cui partono circa 3 milioni di condivisioni». E dalla relativa tecnologia, importante per esempio nell’aver realizzato la “Talking Furniture”: lanciata ad aprile 2015 al Salone del Mobile di Milano, si tratta di un’applicazione per smartphone che consente, una volta avvicinato l’apparecchio al logo, di avere informazioni aggiornate sui propri mobili, ma anche di instaurare inedite connessioni con la community digitale Lago. Senza dimenticare una campagna di comunicazione che punta molto sul concetto di comunità fluida, di cui fanno parte sempre nuovi soggetti. C’è tanto estero nell’orizzonte di Lago. «Attualmente il 65% del nostro fatturato è in Italia, contiamo nell’arco di 3 o 4 anni di invertire le cifre – continua l’imprenditore –; anche se ci consideriamo e vogliamo restare una realtà del Made in Italy con i piedi saldamente piantati, dobbiamo farci conoscere anche fuori. A questo proposito sono stati aperti di recente dei punti Lago Discover a Parigi e Londra, per allargarci a un pubblico più ampio possibile, in aggiunta agli store già attivi e agli oltre 400 negozi selezionati già esistenti». Questa fase di espansione verrà accompagnata dall’allargamento della comunità, reale e virtuale, di partner, consumatori, blogger e fornitori, nonché di scambio con altre culture. I frutti, secondo lui, si vedono già: «Nell’ultimo trimestre siamo cresciuti a doppia cifra e non è escluso che ci ingrandiremo ulteriormente, come volume di affari e come personale». 62
Prodotti
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Laboratori artigiani Colugna di Tavagnacco (UD)
Legatoria Ciani Nata nel 1942, Legatoria Ciani dal 2016 è diventata “bottega scuola” per insegnare il mestiere alle nuove generazioni. Un’antica tradizione che s’incontra con l’arte orafa e la tessitura per dar vita a oggetti unici
La “bottega scuola” incontra i social Quando si parla di azienda familiare, bisogna tenere conto che non sempre l’“ereditarietà” va in linea di sangue: è il caso della Legatoria Ciani di Colugna (Udine), nata nel 1942. A fondarla è infatti stato il padre della suocera dell’attuale titolare, che si è occupata fino a metà degli anni Novanta di progettazione di design d’arredo per negozi; ma, quando la prima gravidanza l’ha spinta a lasciare il lavoro precedente ed entrare nel laboratorio di famiglia per seguire meglio la bimba in arrivo, «è stato amore a prima vista». E così Paola Mattiuzzo ha rilevato l’attività, dopo il praticantato che le ha consentito di apprendere tutte le tecniche del mestiere. Come spesso accade, il passaggio generazionale ha coinciso anche con un rinnovamento: «Mia suocera, e suo padre prima di lei, si erano occupati principalmente di rilegatura classica e piccolo restauro – spiega la Mattiuzzo – mentre io ho voluto dare un’impronta più legata agli studi artistici che ho compiuto: adesso il mio lavoro è legato principalmente alla linea da regalo, in tutte le sue declinazioni». La gamma è in effetti molto vasta: si va dalle agende di ogni foggia, agli album fotografici, quaderni, libri tematici, biglietti, scatole in cartone, decorato, oggettistica; fino ai porta tablet, «perché bisogna rimanere al passo con i tempi». Non mancano poi le collaborazioni con altri artigiani: in particolare quella con un orafo e una tessitrice, che ha dato vita ad una serie di quaderni rivestiti in tessuto e impreziositi da inserti in oro. LEGATORIA CIANI
Piazza G. Garibaldi 7 Colugna di Tavagnacco (UD) www.legatoriaciani.com 65
Laboratori artigiani | Legatoria Ciani
Attenzione particolare è inoltre riservata all’aspetto ecologico: «Qui non si butta via niente – sottolinea la Mattiuzzo – riutilizzo i ritagli del mio lavoro per fare altre decorazioni, ritiro pelli e tessuti di campionario da aziende che fanno divani, e via dicendo». La Legatoria Ciani vanta anche un fornito negozio online: «Per me la parte social, e l’utilizzo del web in generale, è fondamentale – prosegue la titolare – perché Colugna si trova al di fuori dai circuiti turistici convenzionali. Puntare su questi canali ha dato buoni risultati: c’è una clientela fissa che ci segue su Facebook e Instagram, e che acquista i nostri prodotti online da tutta Italia». E se dire che i social hanno costretto a un cambio di mentalità per quanto riguarda il modo di raccontare l’azienda può sembrare scontato, farlo sul serio non lo è altrettanto: «Quando ho postato sul nostro sito il video della realizzazione di un quaderno – ricorda – in famiglia mi hanno guardato storto: ma come, mostri agli altri come lavori? Per secoli l’artigiano ha conservato gelosamente i segreti del proprio mestiere, ma adesso non è più così: tanto più che non basta certo vedere un video per imparare l’arte. Al contrario, far vedere quest’arte, far capire che cosa c’è dietro, è parte fondamentale del mio lavoro: tanto è vero che da quando uso questo approccio la clientela è aumentata». In questi anni di attività non sono mancati i riconoscimenti: nel marzo 2007, in occasione della manifestazione di San Giuseppe Artigiano, è stato conferito a Paola il Diploma di Benemerenza per le capacità imprenditoriali, la professionalità e la passione dimostrata nella conduzione della propria azienda; e la Regione ha riconosciuto l’iscrizione nell’elenco delle lavorazioni artistiche, nonché il titolo di maestro artigiano. A gennaio 2016 è arrivato il riconoscimento come bottega scuola – la dodicesima in Regione – che apre in prospettiva alla possibilità di insegnare il mestiere ai giovani. Per il futuro, infatti, Paola non può che pensare a un giovane che prenda in mano l’attività: «Non so se saranno le mie figlie, per quanto stiano seguendo studi artistici voglio lasciarle libere – assicura – ma sicuramente voglio passare quest’arte alle nuove generazioni».
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Laboratori artigiani Udine
Legatoria Moderna A Udine un laboratorio artigiano per conservare con cura, rilegare e ripristinare volumi. Saperi antichi, materiali e tecniche all’avanguardia vengono mixati per dar vita a pezzi unici sulla base delle richieste del cliente
L’arte di “curare” libri preziosi Per molte persone un libro è prima di tutto un oggetto fisico da conservare con cura, dalla copertina alle pagine interne. Cura che consiste in più di qualche caso nel farlo rilegare, anche per migliorarne l’aspetto estetico. Ne sa qualcosa Eva Seminara, titolare della Legatoria Moderna di Udine, che di mestiere ripara e ripristina volumi. «Tutto è partito nel 1999, quando ho rilevato una precedente attività di legatoria assieme a una socia – spiega Seminara –. Venivo dagli studi umanistici e da un’esperienza imprenditoriale giovanile a fianco di mio padre, ma volevo rimettermi in gioco. A insegnarci questo mestiere fu il titolare precedente (erede di chi l’aveva fondata nel 1966 sempre nell’attuale sede di Palazzo Brazzà), anche perché non esistevano corsi specifici e la possibilità di apprendere fuori bottega era in scuole per il restauro a Roma e a Firenze». ll laboratorio cresce passo dopo passo: prima l’apprendimento delle competenze di base e l’adeguamento alle nuove norme, poi l’arricchimento delle conoscenze tecniche, quindi la sperimentazione con materiali diversi (il legno, la resina, la carta, la tela e la pelle più classica) e con nuove tecniche. Fino al riconoscimento da parte della regione Friuli Venezia Giulia, avvenuto due anni fa con la definizione di “Scuola Bottega Artigiana”. E anche se adesso Seminara porta avanti l’attività da sola perché la socia è andata in pensione, la sua ditta – con un fatturato di qualche decina di migliaia di euro all’anno – resta LEGATORIA MODERNA
Via Zanon 16A Udine www.legatoriamoderna.it
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Laboratori artigiani | Legatoria Moderna
ben salda nel mercato. Il suo è un settore di nicchia dove però non ha l’assillo di cercare i clienti. «Sono loro a venire in cerca del mio lavoro. Per questo non ho una produzione fissa, ma dipende da quello che mi viene richiesto e in che forma: posso fare tante rilegature da 100 euro alla settimana come una unica da mille euro che richiede più tempo. Si tratta quasi sempre di pezzi unici, modulati in base alle richieste e alle esigenze del cliente. Quest’anno poi ho avuto la soddisfazione di essere selezionata da Oma – Osservatorio Mestieri d’Arte per “Italia su Misura”, il portale dell’alto artigianato artistico italiano». Per portare a termine certi progetti Seminara non disdegna le collaborazioni. «Mi tengo in contatto con altri colleghi rilegatori, ci diamo tutti una mano quando occorre. Comunque periodicamente entrano in bottega stagisti, in base ad accordi stipulati con le scuole: loro fanno esperienza sul campo e io posso contare in un prezioso supporto nella lavorazione». Come in tutte le professioni di artigianato artistico rimane fondamentale la costante ricerca, sia nelle tecniche che nell’impiego di determinati materiali al posto di altri. «Io parto dai contenuti del libro e da lì definisco la rilegatura. Esistono mezzi e forme di lavorazione molto moderni, altri di ben più antichi che risalgono quasi ai primordi della carta stampata. A ogni modo, sia nell’uno che nell’altro caso, recuperare un libro mi dà enormi soddisfazioni». Nell’orizzonte di Legatoria Moderna si profilano una serie di seminari e workshop, destinati ad attirare l’interesse delle nuove generazioni e di tutti i potenziali acquirenti. Seminara non esclude ulteriori forme di collaborazione con artigiani di altri settori, anche in virtù delle cariche ricoperte nelle associazioni di categoria; così come continuerà a mettersi alla prova con nuovi utensili e con altre tecniche di lavorazione, anche per arrivare a un’ulteriore differenziazione della produzione: «Fabbrico agende, diari, album fotografici, segnalibri, portablocchi e custodie; che possono essere realizzati con diversi tipi di rilegatura, dalla classica, alla giapponese, alla copta e al criss cross». C’è perciò di che sbizzarrirsi, sempre in funzione di quanto richiesto dal cliente.
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Food&Wine Costabissara (VI)
Loison Pasticceri dal 1938 La terza generazione, ora alla guida, non ha alterato lo spirito dell’azienda, che ha saputo cogliere nell’avvento di internet e della globalizzazione un volano per affacciarsi all’estero. Dove oggi è presente in 55 Paesi
L’arte del panettone tutto l’anno, tra innovazione e qualità «Il nostro principale ingrediente è la vera e onesta passione»: così afferma Dario Loison, titolare della pasticceria artigianale fondata nel 1938 a Costabissara (Vicenza) dal nonno Tranquillo. Una storia di famiglia, che ha visto un’azienda nascere con la prima generazione, crescere a livello locale con la seconda – Traquillo e il figlio Alessandro inaugurano il nuovo laboratorio nel 1969 – e affacciarsi all’export in Europa e Oltreoceano con la terza – traguardo raggiunto nel 1992 da Dario. «Posso dire che la nostra azienda non ha sofferto il passaggio generazionale – afferma Dario Loison –, nemmeno con la terza generazione, quando l’avvento di internet e della globalizzazione ha radicalmente cambiato gli scenari. Anzi, per noi questo è stato uno stimolo a velocizzare la trasformazione, affacciarci all’export grazie alla lingua inglese, condividere e ricevere feedback da altri mercati, e innovare costantemente di conseguenza: siamo passati così dall’essere un’azienda regionale statica a essere una realtà presente in 55 Paesi, con un export che costituisce la metà degli otto milioni di euro di fatturato». Oggi Loison vanta oltre 100 proposte in catalogo oltre alle personalizzazioni, uno spazio di oltre 4000 metri quadrati, 25 collaboratori diretti e una quarantina di stagionali – nei periodi di punta la produzione arriva a toccare i 6000 kg al giorno. Per quanto la gamma di dolci prodotti sia ampia, dalle colombe ai biscotti, “re” indiscusso di casa Loison rimane il panettone con una quindicina di referenze: è su questo dolce tradizionalmente natalizio che Dario ha DOLCIARIA A. LOISON SRL
Strada Statale Pasubio 6 Costabissara (VI) www.loison.com
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Food&Wine | Loison
infatti espresso il suo “genio imprenditoriale”, trasformandolo da prodotto stagionale a prodotto senza tempo. «Il panettone è uno dei dolci italiani più conosciuti nel mondo e il più conosciuto in molti Paesi, prodotto da almeno due generazioni in Sudamerica e in Australia – racconta Dario –; per cui, in virtù dei legami con i mercati esteri che avevamo già instaurato, l’abbiamo inserito con successo anche lì proponendo gusti nuovi ogni anno, non necessariamente legati alla stagione natalizia». Nel 2000 è arrivato così il panettone al Torcolato di Breganze in comarketing con l’azienda agricola Maculan, il primo panettone al passito prodotto in Italia; nel 2002 quello alla grappa Poli; e nel 2005 il primo panettone prodotto con un Presidio Slow Food, il mandarino tardivo di Ciaculli, oggi un vero e proprio “must”. L’ultimo nato di una lunga lista è il panettone allo sciroppo di rose ligure, anch’esso presidio Slow Food. Il panettone di Loison ha poi fatto il suo ingresso anche nel mondo della gastronomia, con la polvere di panettone usata da diversi chef stellati per i loro piatti: tra questi il risotto alla milanese preparato per l’Expo da Davide Oldani. La qualità del prodotto è poi accompagnata dalla qualità dell’immagine: e a curarla è Sonia Pilla, con uno stile appositamente concepito per l’azienda – definito per l’appunto “stile Loison” – che “sdogana” anche il packaging dai tradizionali rimandi natalizi e mira anche a trovare una seconda vita all’oggetto: Sonia ha infatti concepito confezioni che diventano borse da shopping, trousse da viaggio, complementi d’arredo e altro ancora. Confezioni che sono insomma delle vere e proprie opere d’arte e di design, che consentono di unire la tradizione del “bello” a quella del “buono” del territorio veneto. Da non dimenticare, infine, il museo Loison: uno spazio nato e cresciuto grazie alla passione di Dario Loison per gli oggetti d’antiquariato e in particolare gli antichi macchinari da pasticceria, che lui definisce «muti e immobili testimoni che rappresentano un’epoca e quindi uno preciso spaccato della società di quel tempo». Una collezione di libri antichi, poster, cartoline, bottiglie di aromi ed essenze dei primi del Novecento, che indubbiamente vale la visita.
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Design Torre di Mosto (VE)
Magis La storia lega l’azienda veneta al fondatore Eugenio Perazza, a Jasper Morrison, Konstantin Grcic e altri designer di fama internazionale. Il 2016 è dedicato ai festeggiamenti per i quarant’anni di attività, con iniziative in Italia e all’estero
Da quarant’anni design per eccellenza In inglese la parola design non significa soltanto concezione creativa di un arredo, bensì progettazione completa, che include la scelta dei materiali e la definizione delle varie fasi di produzione. In Magis lo sanno da sempre. Da quando Eugenio Perazza la fondò a Motta di Livenza, nel lontano 1976, a oggi, questa realtà ha mantenuto alcune caratteristiche essenziali: un’attività basata soprattutto sulla progettazione, esternalizzando la maggior parte delle fasi produttive, e la collaborazione con designer famosi o comunque molto promettenti. Pertanto la sua storia è stata soprattutto scandita dal catalogo, dalla scaletta “Step” del 1984, che dopo l’ostracismo iniziale divenne uno degli articoli più venduti e cercati, alla “Air-chair” costruita con la tecnologia dell’air-moulding e quindi più maneggevole e leggera di tante concorrenti; ma la lista potrebbe continuare ancora a lungo. Fatto sta che adesso ha raggiunto un fatturato di 21 milioni di euro, prodotto da 44 dipendenti e con un management ancora strettamente familiare, ma soprattutto ha acquisito una solida reputazione in tutto il mondo mantenendo un cuore e un cervello italiani (e veneti). Tanto che l’unico trasferimento è avvenuto nel raggio di poche decine di chilometri, da Motta a Torre di Mosto, dettato per esigenze di spazio: la nuova lottizzazione del comune veneziano ha permesso la realizzazione di una sede che ha una superficie totale di 98.000mq e che si compone di due edifici separati: l’unità logistica e di assemblaggio di 15.000mq e l’edificio che raccoglie uffici e showroom di 3.500mq. MAGIS SPA
Via Triestina accesso E Torre di Mosto (VE) www.magisdesign.com 73
Design | Magis
La scelta di esternalizzare la produzione e limitarsi a una parte dell’assemblaggio del prodotto finito ha motivazioni precise. «Dedichiamo da sempre molta attenzione alla progettazione in tutte le sue fasi sperimentando e impiegando materiali, stampi e tecnologie diversi a secondo del progetto e del prodotto: saperli impiegare tutti bene sarebbe impensabile, quindi ci circondiamo di fornitori ognuno dei quali eccellente in un campo ben preciso» spiegano dall’azienda. Del resto dall’idea al prodotto finito servono circa tre anni; tre anni spesso caratterizzati da analisi, ricerche, prototipi, prove e sperimentazioni. La collaborazione continuativa negli anni con designer e architetti internazionali come Jasper Morrison, i fratelli Bouroullec e Konstantin Grcic e tanti altri arrivati al successo anche grazie a Magis è stata di per sé un gran valore per l’azienda. Magis in quasi quarant’anni di attività esporta oggi oltre l’85% del fatturato, cifra frutto di una costante presenza nelle fiere internazionali e più recentemente di showroom gestiti direttamente in città come Tokyo, Colonia e Milano. È frutto anche di iniziative svolte costantemente nei vari paesi, ma tutto ciò senza mai dimenticare l’identità di Magis, azienda di provincia devota alla sperimentazione con una produzione 100% Made in Italy, ma sempre con la massima apertura al mondo. Soprattutto oggi, in cui grazie ai social puoi essere ovunque in pochi minuti. E “oggi”, per Magis, significa anche festeggiare i quarant’anni di attività, con una serie di iniziative ed eventi sia in Italia che all’estero; tra le quali un originale “collage” sul sito dell’azienda, in cui una trentina di collaboratori da tutto il mondo raccontano che cosa è stato – ed è – per loro lavorare con Magis. Una tappa che, sottolinea la nota dell’azienda, pur segnando «l’età della maturità e della crescita», segna anche la volontà di rimanere sempre giovane «per buoni propositi, elasticità di visione, voglia di fare e di innovare».
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Prodotti
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Laboratori artigiani Cervignano del Friuli (UD)
Marmi Vrech Gli interni di marmo e granito di hotel, residenze di lusso, yacht e centri benessere portano la firma di quest’azienda. I segreti del successo? Progetti su misura e “chiavi in mano”, collaborazioni con designer internazionali e cinquant’anni di esperienza
Come si diventa ambasciatori della pietra naturale Marmi Vrech è stata fondata nel 1962 a Cervignano del Friuli da Giocondo Vrech, padre degli attuali titolari Alessandro e Riccardo, che amministrano l’azienda insieme alla madre Milvia. Forte di oltre cinquant’anni di esperienza, si pone come azienda leader nel settore dell’arredo di prestigio in marmo e granito. Se inizialmente l’attività era rivolta soprattutto al settore navale, data anche la vicinanza a un’importante area cantieristica come quella di Monfalcone e Marghera, il passaggio generazionale avvenuto nel 2008 è coinciso con delle scelte nette di posizionamento: «Scelte coraggiose – commenta Alessandro Vrech, direttore generale – perché fatte nel periodo di maggior crisi del settore, e che si possono riassumere in un innalzamento del livello qualitativo dei progetti e dei clienti che li realizzano» La Vrech ha così puntato sempre con più precisione all’edilizia di prestigio – hotel e residenze di lusso, centri benessere – e al mercato dei super yacht, considerato il livello più alto in quanto a difficoltà e qualità nel settore del marmo; mantenendo la propria posizione nel settore delle navi da crociera, con oltre 60 navi realizzate nei cantieri italiani, francesi, tedeschi, giapponesi e finlandesi. Obiettivo dichiarato è «creare nuove tendenze di design nell’ambito della pietra naturale, nel segno di una bellezza da diffondere e condividere». Per questo l’azienda vuole rivolgersi sempre più ai designer di interni sia navali che terrestri, grazie a una rete di promotori estesa in tutto il mondo. «I nostri collaboratori MARMI VRECH SRL
Via degli Onez 42 Cervignano del Friuli (UD) www.marmivrech.it 77
Laboratori artigiani | Marmi Vrech
ci referenziano presso studi di design in città come New York, Londra e Miami – prosegue Alessandro Vrech –; inoltre portiamo avanti un lavoro costante di rafforzamento sulla progettazione, nell’ottica di portare sempre più la lean production all’interno dell’azienda, e con l’obiettivo di fornire dei “progetti chiavi in mano” ai nostri clienti. Non vendiamo “marmo”, ma progetti complessi in pietra naturale, pietra artificiale, mosaico o ceramica. Il nostro lavoro inizia con la promozione sul designer e si completa con l’installazione del prodotto finale fatto da nostri posatori specializzati o da gruppi fidati di posatori terzisti. Tra questi due momenti c’è il lavoro di un gruppo coeso ed eccellente che va dall’ufficio acquisti, all’ufficio tecnico, ai project manager che coordinano i progetti dove ci sono opportunità di business, alla produzione che deve dar vita a ciò che sta sulla carta e sui disegni». «Le macchine possono fare il grosso del lavoro – prosegue ancora Vrech –, ma il tocco finale che rende un manufatto unico è sempre quello dell’uomo: ed è quindi una sintesi alta e riuscita tra tecnologia, manualità ed artigianalità a rendere il nostro lavoro e i nostri progetti sartoriali e irripetibili». Tra i clienti figurano nomi come Fairmont Hotels, Permasteelisa, Burj Al Arab, Molteni, Diesel Home, Gucci, Moroso, Brioni, Hotel Okura, Carnival Group, RCCL, Prestige Cruise Holding, Norvegian Cruise Line, MSC, Holland America Line, Hapag Lloyd. «In Friuli siamo poco conosciuti – osserva –, e per questo vorremmo avvicinare di più i friulani; anche perché siamo degli ambasciatori del Friuli nel mondo, esportando l’82% della nostra produzione. Chiunque nel mondo fa una crociera ha grosse possibilità di transitare su un pavimento, di alloggiare in una suite, di rilassarsi in una spa o di godersi un pasto in un ristorante con del marmo fabbricato a Cervignano». Significativo è infine l’impegno in ricerca e sviluppo: dalla collaborazione con l’architetto Silvio D’Ascia è ad esempio nata Marbubble – un brevetto di fabbricazione di lastre di marmo traslucide con motivi semisferici in rilievo scolpiti nella massa – pensato per realizzare una sintesi tra marmo e contesti storici urbani. Un tema, quello delle collezioni in collaborazione con designer, che potrebbe essere la prossima sfida per Marmi Vrech.
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Laboratori artigiani Flaibano (UD)
Michelangelo Ricami Dall’intuizione di dodici anni fa, il laboratorio a gestione familiare è cresciuto, grazie all’utilizzo sapiente dei social media e dell’e-commerce. Il segreto del successo? Il rapporto diretto con i clienti (anche se sono negli USA)
«Il segreto è raccontare la nostra arte» Dalle difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia e da quelle imposte dalla crisi possono nascere, per chi ha creatività e spirito di iniziativa, anche opportunità interessanti: è il caso di Michela Dreosto, titolare di Michelangelo Ricami, laboratorio artigiano di Flaibano (Udine). Tutto è iniziato dodici anni fa, con l’arrivo del primo figlio: «Già da più di dieci anni lavoravo come dipendente in un’azienda di questo settore – racconta – ma non riuscivo più a coniugare l’impegno professionale con la cura di mio figlio. Così ho deciso di mettermi in proprio, con il sostegno del resto della famiglia». In un caso di insolita e lodevole efficienza nell’Italia delle lungaggini burocratiche, nel giro di due settimane Michela era pronta a partire: e, pur senza fare alcuna particolare pubblicità, i clienti sono arrivati – o meglio, «sono venuti fisicamente a cercarmi» – e il laboratorio è cresciuto. «Inizialmente a lavorare con me c’era solo mia madre – prosegue – ma poi ho assunto una dipendente, con cui si è peraltro subito creata perfetta sintonia. Il lavoro non mi è mai pesato, nemmeno quando è arrivato il secondo figlio». Per quanto l’attività andasse bene, tuttavia, la crisi ha imposto di ripensarla: «All’epoca facevamo essenzialmente ricami sul“promozionale”, come magliette per aziende o società sportive; ma quando sono iniziati a calare gli ordinativi, ci siamo dette che bisognava trovare una soluzione alternativa anche a fronte degli investimenti importanti fatti sui macchinari». Così circa sei anni fa è nata Fratelli Dreosto – su MICHELANGELO RICAMI
Via Cesare Battisti 35 Flaibano (UD) www.michelangeloricami.com 79
Laboratori artigiani | Michelangelo Ricami
iniziativa, oltre che di Michela, dei suoi fratelli Giulio e Paolo: che oggi vanta una vasta gamma di braccialetti, pochette e t-shirt, nonché un brevetto depositato per la chiusura dei braccialetti. «Inizialmente avevo fatto soltanto degli esperimenti all’interno del laboratorio – racconta – ma poi l’attività ha assunto dimensioni tali da farci decidere di dividere i due filoni». Interno a Michelangelo Ricami è invece rimasto il terzo ambito di attività, “Michelangelo Store”, ossia la creazione di oggetti per la casa personalizzati e rigorosamente Made in Italy: canovacci, cuscini, grembiuli, quadretti, ricamati con i disegni o le parole scelte dal cliente. «Capita che ci telefonino il mattino per chiedere un canovaccio ricamato con il nome della signora da cui sono invitati la sera a cena – racconta – passando poi a prenderlo nel pomeriggio. Il rapporto diretto con il cliente è senz’altro uno dei nostri punti di forza». Punto di forza in cui i social network e il web in generale sono di grande aiuto: grazie a Facebook, Instagram e ai siti di Michelangelo Ricami e fratelli Dreosto, l’attività è arrivata ad espandersi anche oltre confine, tanto che l’export arriva a toccare il 20% ed è stata assunta un’altra dipendente. Se per Fratelli Dreosto è attivo anche l’e-commerce, per Michelangelo Ricami si è invece voluto mantenere il contatto diretto per poter meglio andare incontro alle richieste di personalizzazione. «La cosa, comunque, non è un ostacolo – assicura Michela –: con la nostra linea di cuscini ispirati agli alberi del nostro territorio, ad esempio, abbiamo avuto clienti fin negli Stati Uniti». Facile quindi capire come, per quanto il filone del promozionale ricopra tuttora l’80% dell’attività, siano quello dei gioielli e Michelangelo Store a essersi rivelati cruciali: «Dobbiamo essere coscienti che non vedremo più i numeri che vedevamo prima della crisi, come ordini da 10.000 maglie – afferma –; perché chi ordina quelle quantità ora si rivolge dove il lavoro costa meno. Noi abbiamo saputo andare oltre perché siamo un’azienda piccola, flessibile, e abbiamo saputo reinventarci facendo quello che ci piace e facendolo al meglio. E soprattutto grazie al sostegno della famiglia, senza la quale non avrei forse neanche aperto il laboratorio». Per il futuro, Michela ha un sogno che va oltre Michelangelo Ricami: «Vorrei creare una rete tra professionisti in cui, oltre a scambiarci le conoscenze, ognuno di noi indirizzi il cliente verso colui che sa fare al meglio il lavoro richiesto. Ne beneficeremmo tutti, perché ciascuno potrebbe operare al meglio delle sue potenzialità».
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Prodotti
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Design Vicenza
Museo del Gioiello Nel cuore della Basilica Palladiana un concept innovativo che celebra l’arte orafa e gioielliera
Un ponte tra cultura e manifattura Il gioiello di Vicenza può essere considerato un esempio emblematico della manifattura che è cultura: ed è appunto nel capoluogo berico, al centro di uno dei più importanti distretti dell’oreficeria e della gioielleria in Italia da oltre 60 anni valorizzato dalla Manifestazione internazionale VICENZAORO, che da dicembre 2014 è aperto al pubblico il Museo del Gioiello. Il Museo, il primo in Italia e uno dei pochi al mondo dedicato esclusivamente a quest’arte, è nato su iniziativa degli organizzatori di VICENZAORO, manifestazione promossa da Italian Exhibition Group Spa, la nuova Società fieristica nata dall’integrazione tra Rimini Fiera Spa e Fiera di Vicenza S.p.A., con l’obiettivo di creare un ponte tra il mondo produttivo, quello culturale e quello istituzionale – grazie alla partnership con il Comune di Vicenza; e ad ospitarlo è la celebre Basilica Palladiana, edificio storico del XVI secolo e inserito dall’UNESCO nella lista dei Patrimoni dell’Umanità nel 1994. Seguendo il progetto scientifico del direttore Alba Cappellieri, professore di Design del Gioiello al Politecnico di Milano e principale studiosa del gioiello in Italia, il Museo si articola in un percorso secondo l’allestimento progettato dalla designer Patricia Urquiola; e intende far conoscere un’arte antica come quella orafa e le creazioni che ne derivano nei contesti più svariati, con l’intento di promuoverne nel contempo sviluppi futuri, secondo quella che vuol essere «un’originale esperienza estetica e conoscitiva sul gioiello». Il piano superiore, cuore del Museo, presenta nove sale tematiche curate MUSEO DEL GIOIELLO
Basilica Palladiana, Piazza dei Signori 44 Vicenza www.museodelgioiello.it 83
Design | Museo del Gioiello
da esperti di provenienza internazionale. Vi sono esposti oltre 400 pezzi che accompagnano i visitatori in un percorso unico nel suo genere attraverso il tempo e nelle culture, esplorando le principali accezioni del gioiello definite come «simbolo, magia, funzione, bellezza, arte, moda, design, icone e futuro». L’esposizione principale ha una durata di due anni (a dicembre 2016 verrà inaugurata la II^ edizione 2017-2018), trascorsi i quali cambiano i curatori e la relativa selezione. Il progetto prevede inoltre l’allestimento di esposizioni temporanee che arricchiscono il percorso museale con approfondimenti tematici, creando un dialogo tra il gioiello ed altri mondi: tra le mostre organizzate ricordiamo “Il Gioiello e il Viaggio”, “Skin: la superficie del gioiello”, “Gioielli per la Pace”, “Gioielli in Tavola” e “Gioielli del Mare”. Il Museo del Gioiello vuole quindi presentare ai visitatori una visione innovativa di “spazio museale”, fruibile e multifunzionale: per questo sono stati pensati modi e momenti diversi per conoscere l’arte orafa, da quelli prettamente espositivi, ai diversi appuntamenti d’informazione e promozione (workshop, seminari, conferenze stampa, presentazioni). Al piano terreno è stato allestito il bookshop, che intende porsi come punto di riferimento culturale raccogliendo testi nazionali ed internazionali sul gioiello. L’intento dei curatori e di tutto lo staff è quello di offrire un’esperienza unica nel suo genere ai vicentini e ai visitatori che da tutta Italia e dall’estero si recano nella città del Palladio, presentando un progetto che, insieme al lavoro di tanti artigiani orafi, rende Vicenza un polo culturale del gioiello riconosciuto a livello internazionale.
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Meccanica Oderzo (TV)
Nice La multinazionale dell’automazione di Oderzo è leader internazionale: stabilimenti produttivi in Germania, Brasile, USA e Sudafrica, ma il cuore è sempre in Italia. TheNicePlace: nato da poco, è emblema del rapporto tra azienda, cultura e territorio
L’automazione tra design e innovazione Nel mondo, i sistemi integrati di automazione fanno rima con Nice. Quest’azienda con base a Oderzo (TV), forte di 1.500 dipendenti complessivi, nel 2015 ha fatturato 287 milioni di euro. Eppure la sua storia è legata a doppio filo a una persona, il presidente e fondatore Lauro Buoro. «Dopo gli studi tecnici e un’esperienza come dipendente in una ditta di elettronica, a 21 anni mi sono lanciato nella subfornitura di schede elettroniche con alcuni soci – spiega –. Con il tempo quell’attività cominciava a starmi stretta e ho puntato ai sistemi di automazione». Era il periodo a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90. Di lì a poco nel 1993 sarebbe nata Nice. «L’ho chiamata così perché era una parola conosciuta a livello internazionale, facile da ricordare e con un senso positivo. E anche in quanto nome francese di Nizza, seppure pronunciata diversamente, dove abbiamo avuto il nostro primo importante cliente». Fin da subito il gruppo ha mostrato infatti una vocazione internazionale: già nel 1995 si è affacciata al mercato francese e l’anno successivo in Polonia, presidio per l’Est Europa. Con una percentuale di export superiore all’80%, al 2015 Nice conta una presenza diretta in 20 Paesi attraverso le proprie filiali. Nel 2006 è arrivata la quotazione alla Borsa Italiana, al Segmento Star. Negli anni successivi è continuata la politica di espansione all’estero, nonché di ampliamento della gamma di prodotti. Secondo Buoro, i presupposti di questo successo sono «innanzitutto il design funzionale; in secondo luogo la semplicità nell’uso del prodotto NICE SPA
Via Callalta 1 Oderzo (TV) www.thenicegroup.com 85
Meccanica | Nice
in modo da permetterne l’utilizzo a qualsiasi potenziale utente; e in terzo luogo l’innovazione tecnologica, che sta alla base della facilità d’utilizzo». Il catalogo prodotto, ampliato negli anni, ha incluso gradualmente automazioni per cancelli, porte da garage, tende, tapparelle e solar screen, e sistemi di allarme senza fili: prodotti che hanno portato a Nice numerosi riconoscimenti dal mondo imprenditoriale. La presenza internazionale è una vocazione di quest’impresa, si è detto. E Buoro ha tutta l’intenzione di mantenerla se non di potenziarla. «Guardiamo con interesse a molte nuove aree del mondo». Così come si continueranno a sviluppare nuovi prodotti. Con un’attenzione alla sostenibilità ambientale che nel futuro avrà un peso sempre più preponderante e largo ai giovani, per lui una risorsa. «Bisogna investire su di loro, anche con una formazione continua una volta assunti». Nice ha costruito i suoi headquarter a Oderzo, con un progetto architettonico che pone la persona al centro dell’ambiente lavorativo. A ottobre 2015 l’azienda ha inoltre dato vita a TheNicePlace, nuovo spazio sociale aperto alla contaminazione e al trasferimento della conoscenza, arricchendo il proprio eco-sistema di stimoli che mettono al centro la rinnovata capacità di pensare le comunità, le persone e la creatività. Un laboratorio vitale dove nascono idee innovative e collaborazioni, in uno scambio continuo tra azienda, cultura e territorio.
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Prodotti
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Laboratori artigiani Villatora di Saonara (PD)
Paoul Qualità, rigore, passione e formazione sono i punti cardinali che da sempre orientano l’attività di questo storico marchio delle calzature da ballo. Un approccio che ha portato le creazioni Paoul nei principali show tv italiani e nel resto del mondo
Quando la scarpa da ballo è “un’opera d’arte” Chi pratica la danza sicuramente conosce Paoul, azienda padovana di calzature da ballo di qualità. Si tratta di una realtà frutto dell’inventiva e della passione di Paolo Pizzocaro il quale, dopo essersi formato in una scuola di modelleria e lavorato per un po’ di tempo come terzista, decide nel 1967 di mettersi in proprio. Il suo desiderio di progettare autonomamente le scarpe è incoraggiato dalla vicinanza alla Riviera del Brenta, principale distretto italiano delle calzature, e dalla voglia di incidere nel settore con qualcosa di personale. Il nome scelto per il marchio è Paoul, racconta la figlia Katia ora consigliera delegata, per una banale sostituzione di una lettera su un timbro. All’epoca, tuttavia, il mercato italiano presenta una scarsa offerta di scarpe da ballo e nel 1970 si lancia in questo ramo, affiancandolo alla commercializzazione delle altre calzature. Nel 1988 un incendio non doloso danneggia lo stabilimento e distrugge molti degli articoli presenti; Paoul perde clienti e decide d’ora in poi di dedicarsi solo alla linea per la danza. Il fuoco comunque non blocca la crescita della ditta, che diventa un importante player internazionale. Pizzocaro la dirige fino alla scomparsa avvenuta tre anni fa. Da allora le figlie e la moglie ne portano avanti lo spirito e la mission originari, in una realtà che conta 27 dipendenti e fattura circa 2 milioni di euro all’anno. Nell’ottica di azienda come centro culturale, curano inoltre una collezione privata che racconta l’azienda attraverso l’esposizione dei macchinari e dei modelli PAOUL SRL
Via Emilia Romagna 12 Villatora di Saonara (PD) www.paoul.com 89
Laboratori artigiani | Paoul
di calzatura che hanno segnato la storia. Quando ci si fregia della dicitura Made in Italy, bisogna sempre tenere a mente che per la clientela significa esperienza e serietà. Così la pensa Katia Pizzocaro, che oltre a essere componente del cda coordina il marketing interno: «occorre rigore in tutto. Nel prodotto, nel servizio, nell’organizzazione. E perché ci sia rigore ci dev’essere passione alle spalle. Noi infatti non lavoriamo in base all’orario ma sul progetto; chi è assunto qui dev’esserne consapevole. A questo proposito operiamo un’attenta selezione a monte, non solo per il personale ma anche per i fornitori e i rivenditori i quali vengono customizzati». E assieme alla selezione va di pari passo la formazione, sia di chi lavora dentro che di chi vende i nostri prodotti nei negozi. «È un investimento nel medio e lungo termine, che consiste nell’affiancare i giovani ai più esperti. E di farli passare per più reparti: chi lavora per la parte commerciale e conosce le lingue passa prima per il punto vendita». Fondamentali sono naturalmente anche i social network. «Facebook risulta molto utile nell’interagire con il pubblico, il nostro profilo conta quasi 9 mila fan». Negli ultimi anni sono state pure diversificate le linee di prodotto: oltre alla classica “dance” compaiono quelle per matrimoni e gala, teatro, nonché “tailored” per i modelli esclusivi. Un lavoro che è valso all’azienda le recensioni prestigiose di note riviste internazionali come Vogue Sposa, Elle Sposa Collezioni, e di testate nazionali come il Corriere della Sera; mentre la Regione Veneto ha riconosciuto a Paoul il titolo di azienda artistica. Numerose sono poi le società televisive e dello spettacolo che si rivolgono su base regolare a Paoul, che vanta diversi testimonial che hanno raggiunto titoli internazionali. Uno dei principali obiettivi per il futuro è di mantenere l’elevato standard qualitativo, «puntando nel contempo sulla creazione di scarpe che siano delle vere e proprie opere d’arte, espressione dell’eccellenza italiana– precisa Katia Pizzocaro –. Inoltre intendiamo continuare sulla strada dell’internazionalizzazione: attualmente fuori dall’Italia facciamo il 48% del fatturato, ma per quanto riguarda l’e-commerce tocchiamo punte del 70%: e trattandosi di un canale di vendita in crescita, le opportunità di espansione oltre confine sono notevoli sia via web che con le modalità di vendita tradizionali. Tanto che abbiamo punti vendita rivenditori del nostro brand a Mosca e a Pechino, e anche il mercato Usa in forte crescita potrebbe nel prossimo futuro riservare sviluppi interessanti».
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Meccanica Quarto d’Altino (VE)
Pixartprinting Oltre 100 mln di fatturato, 500 dipendenti, 250mila clienti attivi in tutta Europa, 8.000 lavorazioni al giorno: questi i numeri dell’azienda che dal 2000 commercia esclusivamente online. La prossima sfida? Il mercato USA
I «pionieri» dell’e-commerce alla conquista degli USA Oggi la fornitura online di servizi di stampa è cosa diffusa; ma certo non lo era nel 1994 quando è stata fondata Pixartprinting, nata a Quarto d’Altino per iniziativa di Matteo Rigamonti. Dal piccolo formato (riviste, cataloghi, cartoline, adesivi, etichette, depliant, packaging) al grande formato (riproduzioni in alta risoluzione, poster, affissioni, banner, espositori), il catalogo è estremamente ricco e diversificato; e già dal 2000, quando l’e-commerce era ancora agli albori, l’intero business è passato online. «Siamo stati una delle prime aziende a entrare in questo mercato, segnando il modo di operare online in questo settore – afferma Andrea Pizzola, direttore Sales&Marketing –; e l’essere dei pionieri ci ha consentito di raggiungere traguardi significativi: a oggi Pixartprinting ha un fatturato di oltre 100 milioni di euro che cresce in media del 30% anno su anno, conta 500 dipendenti, circa 250.000 clienti attivi in tutta Europa e una media di 8.000 lavorazioni al giorno». Se infatti inizialmente il raggio d’azione dell’azienda era limitato all’Italia, gli accordi stipulati con diversi partner per la distribuzione nel resto d’Europa hanno consentito di espandersi oltre confine, mantenendo prezzi concorrenziali in un settore in cui il numero dei concorrenti è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. «La cosa importante è avere piglio innovativo – prosegue Pizzola –: l’evoluzione rapida del settore impone la curiosità, il non rimanere mai fermi. E l’innovazione deve essere il principio cardine in tutti i rami d’azienda: dal marketing, alla PIXARTPRINTING SPA
Via 1° maggio 8 Quarto d’Altino (VE) www.pixartprinting.it
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Meccanica | Pixartprinting
produzione, alla logistica». Pizzola porta come esempio l’approccio di Pixartprinting al parco macchine: «Per essere competitivi è necessario avere sempre i macchinari più avanzati, rimanendo al passo con la rapidissima evoluzione tecnologica del settore: da noi le macchine hanno una vita media di tre anni, quando fino a qualche tempo fa arrivava a essere anche più del doppio. Ma è proprio questa evoluzione della tecnologia, insieme all’aggiornamento del know-how dei dipendenti, che consente di rimanere competitivi e ad esserlo sempre di più sul fronte sia dei costi che della qualità». Ed è proprio il parco macchine, secondo Pizzola, a meritare una visita in azienda: «Chi viene qui può vedere una tecnologia d’avanguardia – spiega – che non si vede in altre aziende. E questo anche grazie alle relazioni che abbiamo instaurato con le case produttrici: vedendo in Pixartprinting un polo importante, forniscono materiali e tecnologie da testare in anteprima». E se la definizione di «luna park della stampa» che Pizzola dà può apparire scherzosa, è indubbiamente significativa. La sfida per il futuro di Pixartprinting è il mercato statunitense: l’azienda ha aperto lo scorso gennaio un ufficio a Boston, dove si stanno effettuando le prime assunzioni, per affrontare al meglio un contesto assai diverso da quello europeo. Altro aspetto che contraddistingue Pixartprinting è l’attenzione particolare riservata al marketing: «Quando sono arrivato in azienda nel 2013 – ricorda Pizzola – l’ufficio marketing contava meno di dieci persone. Ora siamo in quaranta, e con le assunzioni previste da qui a gennaio 2017 arriveremo a superare la cinquantina: è molto raro trovare un’azienda con un’unità di marketing così numerosa, e che vi investe così tante risorse».
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Prodotti
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Food&Wine Schiavon (VI)
Poli Distillerie Conduzione familiare, metodo artigianale e cultura sono i tre ingredienti del notissimo brand della distilleria. Ultimo arrivato è il “Poli Pauillac”, acquavite di vinaccia di Chateau Lafite Rotschild, il più prestigioso premier cru francese
Distillare è un’arte Poli Distillerie è un alfiere della produzione artigianale di grappa. Tutto parte nel 1898 da Giobatta Poli, che ha trasferito da qualche anno la propria osteria da San Luca di Marostica a Schiavon. Poli affianca al lavoro di oste quello di venditore di cappelli di paglia. La sua grande passione è però per le vinacce, che trasforma in grappa a domicilio dai clienti grazie a una distilleria montata su un carretto. Gli subentra il figlio Giovanni, che ricava un impianto di distillazione dalla vaporiera a legna di una locomotiva. Nel corso dei decenni l’azienda cresce. Il salto di qualità avviene però più di recente, con Antonio Poli che nel 1956 modifica l’impianto di distillazione. Sua è l’aggiunta di nuove caldaie, che continua nel 1964 e nel 1983 fino alle dodici attuali che costituiscono l’alambicco in rame “I 12 cavalieri”. Oltre all’alambicco antico, altri due impianti con due caldaie a bagnomaria portano avanti la produzione: Athanor del 2001 per distillare uva, frutta e vino; Crysopea del 2009, molto moderno e a sottovuoto, per le vinacce da uve bianche. Poi ci sono i musei a Bassano del Grappa e nella sede di Schiavon. Nel frattempo le redini dell’azienda sono passate agli ultimi discendenti – Jacopo Poli, attuale amministratore delegato, e ai fratelli Barbara e Andrea. Con loro è operativa una quarantina di dipendenti. Per Jacopo Poli i punti di forza sono tre. Il primo è la conduzione familiare: «Il nome della famiglia resta nel marchio. Vuol dire che mettiamo la faccia in ogni fase della produzione e vogliamo che la qualità resti POLI DISTILLERIE SRL
Via Marconi 46 Schiavon (VI) www.poligrappa.com
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Food&Wine | Poli Distillerie
alta». Il secondo è il metodo artigianale: «è la classica distinzione tra industriale e artigianale: la prima costa meno, ma la seconda ha quella qualità che la differenzia nel gusto e nella conservazione. Non per caso la lavorazione è guidata da cinque principi: la scelta della vinaccia migliore, la distillazione immediata della materia prima, l’uso sapiente delle attrezzature, la costanza e la passione nel lavoro e il rispetto per il prodotto e il consumatore». Il terzo è la cultura. «Per quanto immateriale possa sembrare, è altrettanto importante. Un consumatore “educato” e ben indirizzato sa come e dove orientare i propri acquisti. Per questo abbiamo aperto i due musei della grappa a Bassano e a Schiavon, che attirano rispettivamente 12mila e 1500 visitatori al mese. In entrambi si illustra la produzione della grappa, perché si capisca che non è soltanto uno“scalda budella” ma una bevanda elaborata e raffinata che può regalare piacevoli gusti e sensazioni». La scommessa per il futuro sono i mercati esteri: «Il problema è il fatto che il prodotto non sia ancora conosciuto a sufficienza: se noi riusciamo a esportare oltre il 40% in più di 50 Paesi, con particolare apprezzamento in quelli di lingua tedesca, a livello nazionale le grappe che approdano all’estero sono solo il 10%». La sfida è quindi quella di raggiungere i clienti stranieri, anche attraverso i social network. Tra le ultime novità dell’azienda, l’apertura al pubblico della cantina di invecchiamento – un’idea che Jacopo Poli accarezza da vent’anni – che con le sue 3000 barrique, in cui la grappa viene messa a maturare anche nove anni, si pone come una delle più ricche esistenti nel nostro Paese. Da non dimenticare poi – dopo otto anni di invecchiamento in botte – di “Poli Pauillac”, l’acquavite di vinaccia di Chateau Lafite Rotschild, considerato il più prestigioso premier cru francese. «Si tratta di un riconoscimento che ci rende particolarmente orgogliosi – afferma Poli – perché mai un Chateau francese aveva affidato la propria vinaccia a una distilleria italiana». “Poli Pauillac” è risultato di un progetto partito nel 1995, mirato a recuperare una grappa per ciascuna nazione vinicola.
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Design Murano (VE)
Seguso Vetri d’Arte Dal Compasso d’Oro alle collezioni esposte al MoMA di New York e al Victoria and Albert Museum di Londra. La più nota vetreria d’arte di Murano seduce i cultori del bello innovando e sperimentando
La Storia del vetro guarda al futuro Quando si nomina Seguso Vetri d’Arte, si intende arte e storia vetraria a 360 gradi. La fama e la qualità della sua produzione – che comprende illuminazione, arredo d’interni e oggettistica – ha attraversato sei secoli di storia del vetro. La famiglia Seguso è infatti una delle più antiche attività familiari italiane, custode di un’eredità artistica che si tramanda da 23 generazioni ed espressione di altissimo artigianato del lusso. La storia del vetro di Murano ha inizio nel tardo Medioevo. Con essa ha praticamente inizio anche la storia Seguso: già nel 1397 un documento attesta l’attività di Filius Segusi nelle fornaci del vetro. Secolo dopo secolo, la fama della vetreria cresce. La sua maestria è riconosciuta da papi e case reali, celebrata pubblicamente dai poeti come Gabriele D’Annunzio che la nomina nel suo romanzo “Il Fuoco”. Seguso scrive molte pagine importanti della storia del vetro di Murano: nel 1878 partecipa all’Esposizione Universale di Parigi. Nel secolo successivo i suoi vetri sono celebrati alle Biennali di Venezia, alle Triennali di Milano, vincono importanti riconoscimenti quali il premio “Compasso d’oro” per il design, nel 1954, e il Grand Prix all’Expo di Bruxelles del 1958. Successi che la consacrano a livello internazionale, come testimoniano anche le prestigiose commesse per case reali, il Vaticano, importanti alberghi e teatri nel mondo. Le sue opere entrano inoltre a far parte delle collezioni permanenti di grandi musei, tra cui il MoMA di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra. A raccogliere questa importante eredità vi è ora la 23^ generazione Seguso – Gianluca, SEGUSO VETRI D’ARTE
Campiello San Maffio 1 Murano (VE) www.seguso.com
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Design | Seguso Vetri d’Arte
Pierpaolo e Gianandrea – insieme a una quarantina di dipendenti. Nella fornace di Campiello San Maffio a Murano, Seguso Vetri d’Arte realizza progetti custom d’illuminazione e arredo per grandi marchi della moda e del beauty. Numerosissime sono poi le collaborazioni con i più importanti studi di architettura al mondo che danno vita a progetti esclusivi per residenze private, luxury yacht e catene alberghiere internazionali (tra i progetti più recenti, l’illuminazione del Four Season Resort Dubai, dagli spazi accoglienza e relax alla sontuosa Royal Suite). L’azienda opera nel rispetto di quattro importanti valori: «Il primo è l’integrità intesa come atteggiamento di consapevolezza e attenzione al sapere tramandato di padre in figlio – spiega Gianluca Seguso, presidente e amministratore delegato del gruppo –. Il secondo è la sostenibilità, un concetto ad ampio spettro, intesa come aziendale, ambientale e della comunità in cui si inserisce». Quindi la maestria. «Per noi non esiste il progetto perfetto, al contrario desideriamo migliorarci ogni giorno: ci mettiamo costantemente alla prova per continuare a essere degli innovatori, come lo sono stati i nostri avi. Per me e i miei fratelli, la tradizione altro non è che una sequenza di innovazioni che hanno fatto la differenza nel tempo. Il nostro compito è raccogliere gli stimoli del passato, coltivandoli nel futuro alla continua ricerca di qualcosa che ancora non esiste». Infine la bellezza: «la intendo non soltanto come ciò che attrae per le sue fattezze esteriori, ma soprattutto come educazione al gusto, come cultura del bello che le nuove generazioni devono imparare a riconoscere». Proprio da questo desiderio di educare nasce l’innovativa strategia di marketing dell’azienda. La Seguso Experience, viaggio polisensoriale nel tempo, guida gli ospiti all’interno dell’azienda alla scoperta dell’arte del vetro: «Vogliamo accompagnare il visitatore non solo nel vedere cosa facciamo e gli oggetti che creiamo, ma principalmente nel capirne il perché, passando dallo storytelling allo storyliving attraverso le emozioni». Un viaggio che nasce dalla visione dei fratelli Gianluca e Pierpaolo Seguso che hanno deciso, dal 2008, di condividere la magia e l’arte manifatturiera ponendosi un unico obiettivo: trasformare i propri ospiti in ambasciatori della Seguso Vetri d’Arte, simbolo di un messaggio culturale mirato a preservare la sapienza artigianale italiana nota nel mondo. Un’Open Factory ante litteram volta a sottolineare l’importanza dell’arte vetraria muranese.
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Prodotti
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Logistica Altavilla Vicentina (VI)
Stante Outsourcing, gestione completa degli stock, picking e preparazione dei kit, una struttura informatica concepita su modelli matematici di ultima generazione: questi i segreti dell’azienda
Il futuro delle spedizioni è un servizio “chiavi in mano” Le sue radici affondano nel 1973, quando l’abruzzese Roberto Stante, all’epoca residente in Germania, cogliendo le opportunità rappresentate dallo sviluppo dell’automotive in quegli anni avvia la sua attività nel settore della logistica; oggi Stante è uno dei gruppi più attivi nel comparto, con oltre 10.000 aziende di ogni settore e di ogni dimensione che le affidano le proprie spedizioni, e una rete di corrispondenti che la rappresenta in 78 Paesi del mondo. Dalle iniziali sedi localizzate al centro-sud – Roma e Caserta – la Stante è cresciuta anche al nord con quelle di Bologna e Como; e nel Nordest nello specifico è arrivata nel 2004 con la sede di Vicenza, grazie alla sinergia con un team di giovani manager locali. Nel 2015 si è poi aggiunta la sede di Verona, ultima nata; mentre all’estero il Gruppo è presente dal 2010 con una propria filiale a Mosca. Alla guida delle varie sedi c’è un management giovane e proiettato al futuro che si avvale di oltre 150 collaboratori – di cui 45 in Veneto –, con un fatturato di 78 milioni di euro (bilancio consolidato 2015). Il Gruppo Stante è inoltre agente IATA, possiede certificazione ISO 9001:2008 ed è accreditato SQAS (per la gestione dei prodotti chimici). «Offriamo alle aziende che si rivolgono a noi una gamma completa di servizi per quanto riguarda le spedizioni internazionali – spiega Riccardo Stocco, membro del board della sede vicentina – sia per quanto riguarda la logistica che per quanto riguarda aspetti come la legislazione locale, STANTE GROUP
Via Retrone 33 Altavilla Vicentina (VI) www.stante.it 101
Logistica | Stante
gli adempimenti fiscali e doganali, gli usi e costumi: il nostro obiettivo per il futuro è quello di fornire un “pacchetto servizi chiavi in mano” sempre più completo, una consulenza a tutto tondo». «Concetti come outsourcing, gestione completa degli stock, picking e preparazione dei kit – precisa Massimo Baldinazzo, membro del board – sono ormai entrati nella nostra quotidianità e ci stanno permettendo un dialogo sempre più strategico con le multinazionali». Per gestire al meglio la sua rete, Stante usa una struttura informatica dinamica concepita su modelli matematici di ultima generazione; fornendo anche, per le spedizioni via terra, la possibilità per il cliente di monitorare la spedizione online. Inoltre effettua uno screening continuo e certificato dei mezzi e vettori utilizzati, con un controllo sulla loro storia aziendale e sul loro stato di salute. In questo si inserisce anche la particolare attenzione per l’ambiente e la sicurezza: Stante impiega mezzi di trasporto in circolazione da non più di cinque anni e conformi alle normative europee sulle emissioni, segue un programma di raccolta differenziata sia per i rifiuti solidi urbani che per gli scarti di lavorazione, ed effettua controlli sulla certificazione degli imballi adibiti al trasporto di prodotti chimici. Per quanto l’interesse di Stante sia soprattutto quello di far conoscere il proprio marchio ad altre aziende, «il tema del turismo industriale anche dei singoli visitatori non ci è estraneo – precisa Stocco –: diverse agenzie estere, nell’organizzare tour per imprenditori, ci chiedono di mettere a disposizione i nostri stabilimenti per tenere merci o di dare supporto logistico. Per cui chiunque è il benvenuto a visitare l’azienda».
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Servizi Pieve di Curtarolo (PD)
Studioverde Nata nel 1979, l’azienda conta oggi 22 dipendenti, una sala posa di 1000 metri quadrati e una sede anche a Milano. Dalla grafica al design, dal web alla fotografia industriale: qui nasce la comunicazione di qualità e “su misura”
Il racconto di un’azienda parte da un click Un’azienda che è evoluta nel tempo, ampliando la gamma di servizi e ripensando quelli già in essere con il progredire della tecnologia: si potrebbe riassumere così il percorso fatto da Studioverde, azienda familiare nata nel 1979 dall’iniziativa di Ferruccio Ruzzante, professionista che vantava già una solida esperienza nel campo della grafica e della comunicazione d’impresa. «Siamo partiti come agenzia di comunicazione “classica”, se così si può definire – ricorda Ruzzante – e poi con il tempo abbiamo fatto cose nuove, o fatto in modo nuovo quelle che già facevamo. Il nostro punto di forza è l’esperienza soprattutto nel settore tecnico e della gastronomia: nel nostro lavoro siamo entrati in contatto con molte aziende che producono per la ristorazione, ed è quindi lì che ci siamo specializzati». Oggi Studioverde opera prevalentemente nel campo business to business offrendo una gamma di servizi ad ampio raggio e operando in un’ottica di comunicazione integrata: grafica e design, siti web, video, progetti di comunicazione, ufficio stampa, campagne pubblicitarie e marketing in senso lato, progettazione di stand fieristici, fotografia industriale. Ed è proprio quest’ultimo uno dei servizi che possono essere considerati emblematici di come l’azienda è cambiata e cresciuta. «Oggi la fotografia è molto svilita dalla facile reperibilità di immagini su web – osserva Ruzzante – ma fare comunicazione di qualità e su misura per le esigenze del cliente è altra cosa. Anni fa abbiamo iniziato STUDIOVERDE
Via Caduti di Russia 9 Pieve di Curtarolo (PD) www.studioverde.it 103
Servizi | Studioverde
facendo noi le fotografie, e siamo poi arrivati a costruire una sala di posa: sostanzialmente, compriamo dalle banche dati di immagini soltanto quelle poche che non sarebbe materialmente possibile realizzare qui». La sala di posa ha quindi un posto privilegiato all’interno degli ampi spazi – 1000 metri quadrati di capannone e 700 di uffici – occupati da Studioverde. «Realtà come le nostre difficilmente si vedono – prosegue il fondatore – perché la maggior parte delle agenzie di comunicazione operano su strutture di office tradizionali». Nell’attività di comunicazione di Studioverde si inserisce anche la rivista Zafferano Magazine, rivolta ai professionisti della ristorazione, e scritta «da chef per altri chef»; distribuita in 120.000 copie, può essere considerata uno dei frutti dei contatti nati negli anni con le aziende del ramo della ristorazione. Nata con due soci, a cui se ne sono poi aggiunti altrettanti, oggi l’azienda conta 22 dipendenti; e questo consente anche di avere dei team specializzati per settore, dato che, per dirla con il fondatore, «come tutti, non possiamo fare tutto: per cui è necessario che ciascuno abbia il suo ambito di competenze». Oltre alla sede centrale a Padova, Studioverde ne ha aperta una a Milano. Studioverde sta ora preparando il passaggio generazionale, con le figlie del fondatore che, dopo aver fatto il proprio percorso, si apprestano a prendere il timone. «Vedo un’azienda che si trasformerà al femminile – afferma Ruzzante – evolvendosi ulteriormente, per quanto il cambiamento sia sempre stato una costante del nostro modo di lavorare».
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Prodotti
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Meccanica Cadoneghe (PD)
Unox A 26 anni dalla sua fondazione, Unox è oggi una multinazionale che ha chiuso il 2015 con 78 milioni di fatturato, 385 dipendenti e 26 filiali estere. Un successo ispirato dal concetto di Inventive Simplification
The Taste of Building Success È stata fondata nel 1990, partendo come piccola azienda che produceva forni professionali; e oggi, a 26 anni di distanza, Unox è una multinazionale che ha chiuso il 2015 con 78 milioni di euro di fatturato e che conta 385 dipendenti, distribuiti tra il quartier generale a Cadoneghe (PD) e le 26 filiali estere. Ispirati dal concetto di “Inventive Simplification” e dalla “Ricerca della Perfezione”, Unox, oggi leader nel settore, realizza forni intelligenti e tecnologicamente avanzati, servizi ed esperienze per tutti i business che – nella definizione dell’azienda – «ogni giorno sono spinti dal gusto di costruire successo, proprio come noi». È questo infatti il Why di Unox, “il gusto di costruire successo”. «Per i nostri clienti, per i nostri partner commerciali e fornitori e per tutte le persone di Unox», affermano dall’azienda. «Costruire successo significa porsi obiettivi a breve e a lungo termine, effettuare tutte le scelte e mettere in atto tutte le azioni necessarie per realizzarli – spiegano –. Unox crede non esista un’unica definizione di successo e che ognuno scelga la propria: autorealizzarsi, creare una grande squadra, una meravigliosa famiglia o un grande business, lasciare un segno nella storia o ottenere qualcosa per sé stessi, vivere la propria vita liberamente o divenire un esempio per gli altri: in questo senso, Unox mette a disposizione strumenti, sostegno e idee per chi sta vivendo la propria sfida di costruire successo». UNOX SPA
Via Majorana 22 Cadoneghe (PD) www.unox.com 107
Meccanica | Unox
Tutti i processi produttivi avvengono in Italia, dove da anni Unox persegue una strategia di integrazione verticale. Oggi infatti non solo si assembla il forno ma si gestiscono tutti i processi di design, industrializzazione e produzione della quasi totalità dei componenti: lamierati in acciaio, plastiche, detergenti ed elettronica. Il team preposto all’innovazione ogni giorno sviluppa tecnologie innovative con lo scopo di massimizzare i vantaggi per i clienti: «Investire in innovazione significa guardare con occhi sempre nuovi alle sfide di ogni giorno – spiegano –: dalla valorizzazione di ogni singolo gesto alla semplificazione di interi processi produttivi. Questo significa più performance, più libertà, più facilità d’uso, più risparmio: è questo che noi definiamo “Inventive Simplification”». Grazie poi all’“Individual Cooking Experience”, fiore all’occhiello dell’azienda nel processo di vendita, Unox dà ad ogni potenziale cliente la possibilità di mettere alla prova i forni CHEFTOP o BAKERTOP MIND.Maps™ direttamente nella propria cucina, con i propri ingredienti e ricette, impegnandosi ad aiutarli nella scelta migliore e consapevole per vincere le loro sfide. Unox utilizza la tecnologia IoT (Internet of Things) per fornire al cliente dati sull’utilizzazione del forno e idee su come poterlo sfruttare al meglio, in modo da ottenere un veloce ritorno sull’investimento e allo stesso tempo avere un continuo e totale controllo del forno.
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Design Casale di Scodosia (PD)
Veneta Sedie A 30 anni esatti dall’inizio dell’attività, l’azienda mantiene ancora la sua anima di terzista, cui ha affiancato, dal 1996 – anche la realizzazione di progetti finiti e “su misura”. Aprendosi così verso estero e collaborazioni prestigiose
Dal cluster del mobile al mondo, con progetti su misura Buon compleanno, Veneta Sedie: si potrebbe, tra il serio e il faceto, aprire così la descrizione di quest’azienda, che festeggia appunto quest’anno il trentesimo anniversario della sua apertura. Specializzata nella produzione di sedie in legno di alta qualità, con 26 persone in organico e guidata oggi dai fratelli Rosa, l’attività ha conosciuto una significativa evoluzione. La storia è infatti partita più di trent’anni fa, nel 1962, quando Giannino Rosa ha iniziato a produrre artigianalmente sedie e dondoli in legno. Siccome i grandi percorsi si fanno a piccoli passi, il primo showroom è arrivato quattordici anni più tardi, nel 1976; e nel 1986, trent’anni fa, è nato a Casale di Scodosia (Padova) il primo stabilimento Veneta Sedie Production. «All’epoca lavoravamo soltanto sedie al grezzo, come terzisti, come azienda specializzata inserita in quello che era il cluster del mobile classico – racconta Enrico Rosa, uno dei quattro fratelli e responsabile dell’area marketing e comunicazione –: di fatto, quindi, non trattavamo il prodotto finito. Poi i tempi sono stati maturi anche per un passo ulteriore: e così nel 1996 è nata a Merlara Veneta Sedie Trading, un nuovo stabilimento dedicato principalmente appunto al prodotto finito, completando quel pezzo di filiera che ci mancava». Un’intuizione che si è rivelata felice, tanto che oggi il fatturato è equamente diviso tra le due divisioni garantendo la diversificazione della produzione e dei mercati di riferimento: «Siamo nati come terzisti e manteniamo VENETA SEDIE
Via Caodalbero 85 Casale di Scodosia (PD) www.venetasedie.it 109
Design | Veneta Sedie
questo legame – precisa Enrico – ma la nostra ricerca è andata sempre più verso la creazione del prodotto “su misura”, la concretizzazione di idee di progettisti e architetti, il design contemporaneo: riceviamo sempre più richieste da alberghi o strutture ricettive in genere che chiedono la sedia creata ad hoc per il loro ambiente. E in questo lavoriamo molto anche con l’estero, tanto che l’export è arrivato a superare il 50%». Tra i principali Paesi di destinazione ci sono Regno Unito, Russia ed Est Europa, Stati Uniti; nonché i Paesi Arabi, tanto che Ferragamo ha scelto Veneta Sedie per il suo nuovo Tuscan Bistro di Dubai. In questo processo di evoluzione dell’azienda hanno naturalmente giocato un ruolo importante le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, sia a livello produttivo che di comunicazione; nonché la crisi – definita da Veneta Sedie come “la crisi più bella” – che ha costretto a ripensare sia i propri prodotti che il modo di raccontarli. «Mi piace citare Marco Bettiol, quando dice che “Il mondo ha fame di Made in Italy, ma di Made in Italy vero” – osserva Enrico –: al giorno d’oggi serve una comunicazione atta a valorizzare l’attenzione alle lavorazioni e il know-how artigiano, gli aspetti più richiesti dal mercato internazionale, slegandoci dai vecchi meccanismi di marketing. E il web ci viene in grande aiuto: per i trent’anni, ad esempio, abbiamo aperto il blog “Il diario dei trent’anni”, che racconta ogni mese i valori che vogliamo trasmettere attraverso alcuni eventi». Il punto di forza che Veneta Sedie intende valorizzare sempre di più è la collaborazione con artisti e architetti: ed è in corso quella con Silvia Naddeo, giovane artista di fama internazionale specializzata nel mosaico, che proprio nello showroom dell’azienda svelerà la sua ultima opera Physis. La Naddeo non è comunque nuova a Veneta Sedie: già porta la sua firma l’opera “A cena con”, un tavolo decorato con cibi mosaicati, dove è possibile tramite un visore 3D fare esperienza di realtà aumentata – scoprendo peraltro chi è il misterioso ospite con cui si è seduti a tavola: per ora possiamo anticipare solo che si tratta di un grande artista. «Crediamo molto in questa apertura, per comunicare che Veneta Sedie ha una forte connotazione artigianale e di ricerca che la distingue – sottolinea Enrico –. Il valore creato nello studiare e proporre nuove soluzioni nell’ambito della seduta classica è uno dei nostri punti di forza: per questo abbiamo sostenuto Silvia Naddeo, e abbiamo collaborato con altri artisti e architetti».
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OPENFACTORY CANTIERI APERTI
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Cantieri Aperti Tezze sul Brenta (VI)
Faggion Costruzioni Con 70 anni di esperienza alle spalle, prevalentemente con interventi di ristrutturazione e restauro, l’azienda è ora pronta a superare i confini del Paese, puntando su Svizzera e Germania. Il segreto del successo: innovazione e formazione continua
L’arte del restauro, tra interdisciplinarietà e specializzazione Impegno, piacere di costruire e un’alta specializzazione professionale: sono questi gli elementi che contraddistinguono Faggion Costruzioni, azienda che opera nel settore dell’edilizia e delle costruzioni forte dell’esperienza accumulata in quasi 70 anni di lavoro, e che conta oggi un organico medio di 50 dipendenti. «La nostra filosofia di lavoro sta nel coniugare costantemente innovazione e competenze operative maturate con l’esperienza – spiega l’architetto Andrea Faggion – così da offrire un servizio completo grazie all’interdisciplinarità tra le figure che operano, formando una squadra affiatata e preparata grazie al costante aggiornamento e l’esperienza». Faggion Costruzioni è attiva con operazioni di edilizia in senso lato, tra cui numerosi interventi di ristrutturazione e di restauro prevalentemente nel Nord Italia. «L’obiettivo è fondere il radicamento nelle aree in cui operiamo e la ricerca di nuove opportunità – prosegue Faggion –. Per questo negli ultimi anni abbiamo intrapreso un percorso di apertura che include acquisizioni in territorio internazionale». Per vocazione l’azienda si è specializzata in interventi su edifici di valenza storico-artistica, sia pubblici che privati; e i tecnici, maestranze di cantiere e restauratori dei quali si avvale sono preparati e formati a ciclo continuo in appropriate strutture per la formazione. L’azienda dispone inoltre di un proprio ufficio tecnico qualificato, che si confronta costantemente con tutti gli attori in gioco – tra cui la Sovrintendenza – così da gestire al FAGGION ANTONIO SRL
Via Nazionale 141 Tezze sul Brenta (VI) www.faggion.it
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Cantieri Aperti | Faggion Costruzioni
meglio tutta la filiera, dalla progettazione al controllo della realizzazione e delle tempistiche. «La possibilità di impiegare in cantiere unicamente nostre maestranze specializzate – sottolinea l’architetto –, per un controllo sicuro e completo delle lavorazioni in atto, è testimonianza del fatto che è nel cantiere che esprimiamo il nostro meglio; e ogni cantiere rappresenta per noi un piccolo passo per un domani migliore, per un futuro attento allo sviluppo della società e la salvaguardia dell’ambiente». «Futuro, innovazione e progetti» sono, nella visione di Faggion, le tre parole chiave dell’azienda; e sono quindi anche quelle con cui guarda agli sviluppi degli anni a venire. «Stiamo cogliendo i primi frutti dell’impegno e delle risorse investite nella ricerca di nuovi segmenti di mercato ai quali l’impresa intende proporsi – riferisce –. Il futuro ci vedrà impegnati in nuove sfide che comprendono da un lato l’espansione e il consolidamento del raggio d’operatività nel nostro territorio, dall’altro “l’esportazione” delle nostre capacità oltre i confini nazionali con acquisizioni in Svizzera e Germania. Recentemente ci siamo infatti affacciati al mercato svizzero impegnandoci nell’apertura di una succursale a Basilea». Scelte imprenditoriali, precisa, operate non solo a causa lo stato di necessità nel quale si trova il settore edile oggi in Italia, ma «in prevalenza per vocazione. Da sempre cerchiamo dinamiche di più ampio raggio rispetto al territorio nel quale storicamente operiamo e un entusiasmo che vada oltre i nostri confini: e questo ci ha già portato in passato ad affrontare e concludere positivamente progetti ed esperienze professionali a scopo benefico in Africa e nel Sud Est asiatico, dove tutt’oggi siamo impegnati». Sempre in quest’ottica nel 2010 Faggion Costruzioni ha avviato un percorso di ampliamento dell’offerta attraverso l’acquisizione di Trevi Restauri, azienda trentina di provata esperienza nel settore del restauro monumentale e artistico di beni sottoposti a vincoli. Un binomio – quello composto da Faggion Costruzioni e Trevi Restauri – che, secondo l’architetto, «costituisce il “capitale sociale” che arricchisce la nostra impresa, e ci consente di afffrontare un mercato che, necessita sempre più di un’alta specializzazione professionale». Tra le realizzazioni di Faggion Costruzioni si contano il laboratorio di ricerca della Siemens a Karlsruhe (Germania), il restauro e riqualificazione di Palazzo Fasoli a Bassano, del Ponte Romano di Pagnano, il recupero dello storico Velodromo Maspes-Vigorelli a Milano e la chiesa di Santa Maria di Nazareth agli Scalzi (Venezia).
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Cantieri Aperti Trecenta (RO)
Ghiotti Costruzioni Riqualificazioni, abbattimento delle barriere architettoniche, manutenzioni e adeguamenti sismici sono i punti di forza dell’azienda creata nel 1926. Progetti per il futuro: «il futuro significa puntare sui nostri figli, e sulla loro capacità di fare qualcosa di diverso»
Accessibilità e riqualificazione per l’edilizia del futuro La storia della ditta di costruzioni Ghiotti di Trecenta (Rovigo) parte nel 1926, quando Luigi Ghiotti fondò la sua piccola azienda che operava soprattutto sugli edifici del paese. Con l’ingresso del figlio Benvenuto e la crescita degli anni Sessanta la ditta ampliò i suoi orizzonti lavorativi; e ora la gestione è arrivata alla terza generazione, con i fratelli Paolo e Sereno Ghiotti, e la quarta è iniziata da pochi mesi. Il passaggio di padre in figlio ha permesso all’azienda non solo di affinare le capacità e le conoscenze in tutti gli ambiti dell’edilizia, ma anche di rinnovarsi sotto molteplici aspetti, nonché di crescere fino a una cinquantina di dipendenti diretti. Oggi, infatti, oltre alle nuove realizzazioni, gli ambiti più significativi in cui la Ghiotti opera sono le riqualificazioni, l’abbattimento delle barriere architettoniche, manutenzioni e adeguamenti sismici – non solo nel settore abitativo, ma anche industriale, e monumentale: «Puntiamo principalmente sulle ristrutturazioni e restauri storici – spiegano Paolo e Sereno Ghiotti – che, anche se meno remunerativi, garantiscono maggiori soddisfazioni. Ma alla base della scelta da parte dei clienti ci sono la disponibilità, la velocità e il costante rapporto con il cliente, dalla ristrutturazione completa fino al piccolo lavoro». Esempi simbolo sono il consolidamento strutturale, l’adeguamento sismico e il restauro pittorico di numerose chiese dopo il sisma del 2012: la Ghiotti è infatti stata ditta di riferimento per molti interventi architettonici nelle zone colpite dal sisma in Veneto, Emilia e Lombardia, GHIOTTI B. E L.
Piazza Marconi 205 Trecenta (RO) www.ghiotticostruzioni.jimdo.com 117
Cantieri Aperti | Ghiotti Costruzioni
nonché per il supporto ai vigili del fuoco nelle prime ore post terremoto. Tra i cantieri d’intervento, anche la chiesa dell’Annunciazione a Ceneselli: un ampio lavoro oggi concluso – è stata infatti la prima chiesa a essere restituita alla comunità dopo il terremoto – e che ha interessato il restauro e il consolidamento strutturale dell’edificio settecentesco opera di Vincenzo Santini, importante maestro d’architettura dell’area polesana. L’edificio, oltre ad avere ora una maggiore capacità di resistere ad ulteriori eventi sismici grazie a sistemi di ancoraggio della facciata e fibre strutturali per il consolidamento delle volte, ha trovato nuovo splendore grazie al restauro degli interni, che hanno ridato importanza delle modanature di scuola ferrarese tra il barocco e il neoclassico. Da non dimenticare è poi che la Ghiotti opera nel campo sanitario, con la realizzazione di sale operatorie, terapie intensive e l’installazione di macchinari sanitari in numerosi ospedali e case di cura; nonché nel campo educativo e sportivo per scuole, spazi polifunzionali, piscine e palestre, e nella realizzazione a nuovo o riqualificazione di alberghi o resort di lusso. La Ghiotti si fregia di numerose certificazioni e attestazioni, tra cui la ISO 9001:2008. L’azienda investe poi nella formazione dei propri addetti e collabora con la Scuola Edile di Rovigo al fine di garantire la formazione di giovani muratori: «Siamo convinti che sia importante creare maestranze competenti per poter affrontare le sfide che il futuro ci riserverà – afferma Paolo Ghiotti – Per noi oggi il futuro significa puntare sui nostri figli, e sulla loro capacità di fare qualcosa di diverso. L’edilizia sta attraversando una nuova era in cui non si costruisce più “fine a se stesso”, le esigenze sono mutate: basti pensare alla domotica, non solo in relazione all’invecchiamento della popolazione ma di un maggior comfort per tutti; o al filone del restauro, che seguiremo sempre più perché il futuro dell’edilizia passa dal recupero e riqualificazione sia sotto il profilo energetico che antisismico».
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Cantieri Aperti Fiume Veneto (PN)
Nuova IZC Costruzioni Generali Con numerose collaborazioni all’attivo, sia con enti pubblici che clienti privati, l’azienda fornisce un servizio a 360°, dalla fase progettuale al postcollaudo. Le prossime frontiere? Bioedilizia e domotica
Il cantiere “chiavi in mano” Un’esperienza di oltre quarant’anni nel settore al servizio di enti pubblici e di clienti privati, sia nell’ambito delle nuove costruzioni civili e industriali che nel campo delle ristrutturazioni, della riqualificazione energetica e del restauro: è quanto offre Nuova IZC Costruzioni Generali, impresa attiva nel campo dell’edilizia con sede a Cimpello di Fiume Veneto (Pordenone). Una collocazione strategica dal punto di vista logistico, a due passi dall’autostrada A28, garantendo il facile raggiungimento di tutta l’area del Nord Est Italia. «L’azienda – spiega il presidente e direttore tecnico, l’ingegner Marco Bertuzzo – coniuga perfettamente, con le proprie risorse interne e attraverso collaborazioni consolidate con aziende e professionisti selezionati, esperienza diretta nei cantieri e competenza tecnica: vogliamo offrire ai nostri clienti un servizio qualificato a 360°, dall’assistenza in fase progettuale al monitoraggio dell’opera post-collaudo». L’azienda si è dotata di una struttura organizzata e flessibile, così da gestire con efficienza ogni tipologia di opera – dalla piccola manutenzione alla costruzione chiavi in mano, nel rispetto dei tempi e dei costi. Sono infatti svariati e anche molto diversi tra loro i tipi di intervento che l’azienda compie: «Abbiamo da poco portato a termine l’adeguamento sismico di una scuola media di Cividale del Friuli – spiega Bertuzzo – andando a rinforzare le strutture di cemento armato costruite peraltro proprio nel 1976, all’indomani del terremoto del Friuli». Punto d’orgoglio è il fatto NUOVA IZC COSTRUZIONI GENERALI
Via A. Malignani 47 Cimpello di Fiume Veneto (PN) www.nuovaizc.it
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Cantieri Aperti | Nuova IZC Costruzioni Generali
di aver organizzato il cantiere in maniera tale da poter lavorare in totale sicurezza anche con la scuola aperta, senza dover interrompere le lezioni per nemmeno un giorno: «È la cosa di cui andiamo più fieri – afferma l’ingegnere –. Spesso un cantiere è considerato sinonimo di disagio, ma in questo caso non è stato così». Sempre su una scuola è stato compiuto un altro intervento significativo, questa volta di riqualificazione energetica: «Abbiamo portato in classe A+ l’edificio della scuola elementare di Tarvisio – prosegue – con un intervento sostanziale sulla copertura, sulle facciate e sui serramenti, realizzato in tempi molto rapidi durante l’estate così da non andare a disturbare, nemmeno in questo caso, lo svolgersi delle lezioni». Un altro ambito di intervento è quello del restauro: «Ci è stato affidato il rifacimento della copertura e il restauro della facciata e degli scuri in legno di Villa Varda a Brugnera – racconta – risalente al 1400, per quanto la conformazione attuale sia settecentesca. Abbiamo ultimato i lavori a ottobre e tolto da poco i ponteggi, svelando la facciata in tutto il suo splendore dato che sono anche state ripristinate le cromie originarie: un motivo in più per venirla a visitare, oltre che per vedere come operiamo in quanto a scelta dei materiali e metodologie di lavoro». Una delle prossime frontiere, per la verità già in parte raggiunta, è quella della bioedilizia: «Già abbiamo collaborato con altre aziende in questo campo – assicura Bertuzzo – e stiamo predisponendo piani e preventivi precisi per ampliare questa attività. Andiamo così a completare l’offerta, già nutrita, nel campo del residenziale “chiavi in mano”, altro ambito in cui operiamo ormai di consuetudine e che offre prospettive interessanti: basti pensare alla domotica, che già applichiamo e che sempre più si svilupperà».
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Cantieri Aperti Padova (PD)
Opere Edili Un’azienda che ha oltre 200 cantieri all’attivo, soprattutto in Veneto e nell’Emilia Romagna del post sisma. «La nostra forza sta nel costruire in qualità e nella soddisfazione dei nostri clienti»
Edilizia e nuove tecnologie: innovazione contro la crisi del settore Un’azienda che ha 25 anni, ma che è forte degli oltre 40 anni di esperienza del suo fondatore, l’ingegner Piero Ghiraldelli: così si presenta Opere Edili Srl, impresa di costruzioni padovana, che oltre alla sede principale di via Tommaseo conta un’unità locale a Venezia nel sestiere di Cannaregio. L’azienda opera infatti principalmente tra Padova e Venezia; ma si è ultimamente allargata anche ad altre province venete e all’Emilia Romagna, dove ha partecipato alla ricostruzione post sisma: in particolare, ha da poco concluso l’appalto di restauro, miglioramento sismico e rifunzionalizzazione di un palazzo storico adibito a scuola nel Comune di Ferrara. Tra i committenti pubblici c’è poi la Regione Veneto, per la quale Opere Edili si è occupata ad esempio della riqualificazione dei giardini di Palazzo Dal Molin e dell’adeguamento alle norme antincendio di Palazzo Balbi; a Padova e nella città lagunare si contano anche diversi restauri di pregio per committenti privati. Sono oltre 200 i cantieri all’attivo, per un team in espansione che comprende tecnici laureati, diplomati, operai specializzati e artigiani qualificati. Il core business di Opere Edili è oggi quello della ristrutturazione, restauro e manutenzione di edifici esistenti; «ma ci occupiamo anche di nuova costruzione e progettazione – precisa l’ingegner Carlo Ghiraldelli, figlio del fondatore – grazie appunto alle competenze diversificate presenti in azienda». Tra queste attività trova spazio anche la bioedilizia: «si tratta di un’opera OPERE EDILI SRL
Via N. Tommaseo 112 Padova (PD) www.operedili.it 123
Cantieri Aperti | Opere Edili
di sopraelevazione di un edificio privato accanto al Tribunale di Padova – spiega Ghiraldelli – che abbiamo pensato con un sistema costruttivo “leggero”. La scelta dei committenti è stata poi il legno X-LAM: il che garantisce, oltre alla leggerezza della struttura, anche il suo isolamento termico, tanto che la struttura rientra nella classe A+ in quanto a certificazione energetica». Non solo: «Grazie alla scelta di questo particolare tipo di legno, andremo a risparmiare oltre 81.000kg di CO2: il contributo di questo edificio all’ambiente non riguarda solo la riduzione delle emissioni, ma anche quella dei gas nocivi presenti nell’aria della città». Nuove tecnologie che, sottolinea Ghiraldelli – che è anche vicepresidente giovani dell’Ance di Padova, e in questa veste ha quindi una visione d’insieme sul settore – rappresentano la grande opportunità da cogliere per il futuro: «La crisi, soprattutto per le imprese tradizionaliste, si affronta innovando – osserva – e la bioedilizia è una delle sfide che negli ultimi anni abbiamo colto. Certo non tutti riescono a capirlo, ma la nostra forza sta nei nostri tecnici e nelle esperienze professionali che portano: e ritengo che sia proprio per questo spirito di innovazione unito al concetto di qualità che siamo ancora competitivi e sul mercato, nonostante la situazione ancora critica in cui versa il settore».
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Cantieri Aperti Codevigo (PD)
Prearo Costruzioni Dalla fondazione negli anni ‘50, l’azienda padovana è stata testimone della storia edilizia del Nordest: dalla ricostruzione postbellica al boom dei capannoni, fino alla preservazione e recupero del patrimonio culturale in tempi recenti
La “lezione” per far rivivere il nostro patrimonio Era il 1955 quando il Cavalier Gino Prearo, allora presidente della cooperativa C.E.Mu., ha fondato la propria azienda a cui ha dato il nome della famiglia; e oggi la Prearo Costruzioni è un’impresa che da oltre 60 anni mantiene il proprio brand, ed è attiva nonostante la crisi che ha colpito il settore. «La nostra è, in fin dei conti, una storia “classica” – racconta Giovanni Prearo, nipote del fondatore e con il fratello Andrea attualmente alla terza generazione di costruttori. In tempi in cui tutto era da costruire, mio nonno è partito con opere pubbliche come scuole e palestre; mentre mio padre Renato, negli anni ‘70, ha allargato l’attività al campo dell’imprenditoria e dell’edilizia privata, con capannoni, case e ammodernamento di edifici esistenti». Negli anni ‘80 sono arrivate le nuove lottizzazioni e i condomini; mentre con gli anni '90 «abbiamo intrapreso un importante processo di crescita con i restauri conservativi e ristrutturazione di palazzi in particolare a Padova: la diocesi, banche, fondazioni, ma anche privati, si sono rivolti a noi per intervenire su edifici sottoposti ai vincoli della soprintendenza, e per i quali occorrevano quindi competenze specifiche». Nel 2000 è arrivata la certificazione ISO 9000, a cui sono seguiti alcuni anni di crescita significativa e ulteriori traguardi: l’impresa ha infatti successivamente ottenuto l’attestazione SOA per i lavori pubblici, sia nella categoria OG1 per le nuove costruzioni che nella categoria OG2 per il recupero e il restauro degli immobili sottoposti a vincolo della Soprintendenza. La crisi che ha colpito il PREARO COSTRUZIONI SRL
Via G. Canton 23 Codevigo (PD) www.prearocostruzioni.it
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Cantieri Aperti | Prearo Costruzioni
settore, pur essendosi fatta sentire, non ha compromesso l’attività «ma anzi ci ha rafforzati – prosegue Prearo –. Grazie alla saggezza di chi ci ha preceduto, e alle scelte imprenditoriali compiute negli anni passati, abbiamo potuto affrontare i periodi difficili: ci siamo sempre mossi con prudenza, senza farci sedurre da operazioni audaci o finanziariamente irresponsabili. La nostra politica aziendale si caratterizza per “la gestione e la direzione quotidiana del cantiere come fosse un’opera di nostra proprietà”, pertanto assumiamo gli appalti che consentono di poter essere presenti quotidianamente e di perseguire il miglior prodotto nel rispetto delle norme, della sicurezza e della regola d’arte». E oggi è proprio questo controllo interno all’azienda su tutta la filiera, dalla progettazione alla realizzazione dell’edificio, che la Prearo presenta come suo punto di forza. «La storia insegna che la struttura di un fabbricato è la cosa più importante – sottolinea Prearo – perché altri aspetti si possono cambiare, ma quello è l’investimento che resta nel tempo. Per questo abbiamo sempre conservato all’interno le lavorazioni, senza subappaltare; e anche là dove c’è un soggetto terzo a intervenire, come quasi sempre accade per la progettazione, come azienda siamo in grado di leggere il lavoro con spirito costruttivo e migliorativo. Perché alla fine è l’impresa a essere responsabile del risultato finale». Un risultato a cui oggi concorrono sempre più fattori: «Sono passati i tempi in cui costruire una casa significava mettere insieme quattro muri e un tetto – ironizza –: sono necessarie sempre più conoscenze in termini di nuove tecnologie, impiantistica, e molto altro ancora, temi su cui siamo in continua formazione e aggiornamento. Desideriamo porci non come una mera impresa di costruzioni, ma come interlocutore a tutto tondo del committente fin dalla fase progettuale». Specie in tempi in cui «si vive sempre più di marketing e di slogan: ben vengano le certificazioni energetiche o di sostenibilità ambientale per gli edifici, o quelle antisismiche di cui tanto si parla ultimamente: ma anche la miglior certificazione rimane solo un pezzo di carta se alla base non c’è un attento lavoro di analisi e di cura da parte dell’impresa: costruire è una passione!». Proprio per questo nel futuro della Prearo c’è «un’enfasi sempre maggiore sulla cultura delle costruzioni, promuovendola anche verso i nostri clienti: siamo dotati di uno staff che possa studiare sin dall’inizio l’opera, perché molti sbagli compiuti alla base vengono a galla solo a lavoro ormai ultimato. La società di oggi è profondamente cambiata: le nuove generazioni tendono a essere molto più mobili e non vedono la casa di proprietà come un investimento da affrontare nell’immediato; proprio per questo Prearo Costruzioni si propone come interlocutore unico per la realizzazione dei vostri progetti». 128
Prodotti
OPENFACTORY GREEN INNOVATION FACTORY E MECCATRONICA IN TRENTINO
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Green Innovation Factory & Meccatronica Rovereto (TN)
Polo Meccatronica Il Polo di Rovereto, nato nel 2013, promuove la sperimentazione di prodotti che combinano meccanica tradizionale, prototipazione virtuale e controllo elettronico. Tra gli obiettivi, avvicinare scuole, imprese e centri di ricerca
La Fabbrica 4.0 cresce a Rovereto Uno spazio comune di oltre 75.000 metri quadrati per imprese, studenti e ricercatori dove sperimentare prodotti che combinano la meccanica tradizionale con i più moderni sistemi di prototipazione virtuale e controllo elettronico: questo vuol essere il Polo Meccatronica di Rovereto, incubatore unico nel suo genere in Italia avviato nel 2013, su cui la Provincia autonoma di Trento sta investendo oltre 80 milioni di euro. La scommessa è motivata dai numeri in crescita del comparto meccatronico, che costituisce il 15% del fatturato manifatturiero italiano e vede operare in Trentino circa 800 aziende con 9.700 addetti. Sono ad oggi una ventina le aziende presenti, di cui una quindicina di startup; e tra queste si contano nomi di spicco come Bonfiglioli, Ducati Energia, Dana, Carl Zeiss, Watts Industries, Nplus (azienda del gruppo Aermec) e Industrio Ventures, il primo acceleratore “hardware” d’Italia, nato da un gruppo di imprenditori e professionisti trentini. Nei prossimi anni sono previsti importanti sviluppi per il Polo. Nei primi mesi del 2017 verranno avviati laboratori di prototipazione meccatronica unici nel panorama italiano, con macchinari del valore di oltre 4 milioni di euro e una superficie di circa 6 mila metri quadrati; e nel 2018 è previsto l’avvio dei lavori per le nuove sedi dell’Istituto Tecnico Tecnologico “G. Marconi” e del Centro di Formazione Professionale “G. Veronesi”, che beneficeranno della vicinanza delle imprese. In questo sviluppo è stato curato anche l’aspetto urbanistico, garantendo l’integrazione con la città POLO MECCATRONICA
Via Fortunato Zeni 8 Rovereto (TN) www.polomeccatronica.it
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Green Innovation Factory & Meccatronica
sia sotto il profilo dei collegamenti viari che del coinvolgimento delle varie realtà produttive, scolastiche e culturali del territorio. Da segnalare inoltre che il cantiere del nuovo edificio produttivo inaugurato a dicembre 2013 è stato organizzato secondo i protocolli Leed e Arca, prima realtà industriale a ottenere un livello tanto elevato sia nella certificazione di sostenibilità ambientale che per quanto riguarda performance e qualità della struttura in legno: un occhio di riguardo nei confronti della sostenibilità ambientale che il Polo intende mantenere. Polo Meccatronica è uno dei sei incubatori d’impresa di Trentino Sviluppo, in cui operano a oggi 116 aziende che danno lavoro a 720 persone e generano un fatturato di 415 milioni di euro: messe assieme sarebbero, per numero di addetti, la quinta industria della provincia di Trento. Le operazioni condotte da Trentino Sviluppo negli ultimi 18 mesi hanno generato circa 700 nuovi posti di lavoro, 400 dei quali riconducibili alla filiera meccatronica: tra queste la nuova fabbrica trentina di Bonfiglioli, che vedrà la luce entro il 2018 ed occuperà 100 addetti. Si stima che le operazioni condotte tramite Trentino Sviluppo abbiano generato nel 2015 un Pil pari a 98,3 milioni di euro, considerando investimenti pubblici, privati e consumi privati generati dalla nuova occupazione. Le stesse operazioni hanno innescato un moltiplicatore dell’investimento pubblico pari a 2,5 volte: a fronte di investimenti provinciali per 25,5 milioni di euro, gli investimenti privati sono stati infatti pari a 63,7 milioni di euro. «Polo Meccatronica – sottolinea infatti Alessandro Olivi, vicepresidente della Provincia autonoma di Trento e assessore allo Sviluppo Economico e Lavoro – è il più grande investimento di politica industriale della nostra Provincia. Da qui prenderà forma la nuova manifattura, il nostro modo di intendere l’industria di oggi e di domani. Il Trentino si pone come un ecosistema dove la politica ha una sua progettualità, la pubblica amministrazione si dimostra efficiente e vicina a chi produce ed investe, e dove stanno pagando i massicci investimenti fatti in questi anni nella conoscenza come fattore di competitività. È poi un territorio che sta tra due flussi che si stanno rivelando strategici: vicino al cuore dell’Europa e parte attiva di quel sistema produttivo italiano che continua ad avere nel mondo grande appeal. Per questo siamo oggi un ecosistema capace di dare delle risposte credibili e serie alla nascita di una nuova manifattura orientata alla qualità».
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Green Innovation Factory & Meccatronica Rovereto (TN)
Progetto Manifattura Nell’antica Manifattura Tabacchi di Rovereto ha sede dal 2009 un incubatore dove trovano spazio progetti imprenditoriali su clean tech ed energie rinnovabili, edilizia sostenibile, servizi ambientali e progetti di economia circolare
Dove prende forma l’economia del futuro, all’insegna del “green” «Dare forma all’economia del futuro, fondata su tecnologie pulite, processi sostenibili e fonti di energia a emissioni zero, ripensando il passato»: così definisce la sua missione Progetto Manifattura, uno dei più grandi incubatori d’Europa per startup dedicate alla green economy e business park per imprese mature. Nato nell’antica Manifattura Tabacchi di Rovereto costruita a metà del 1800, l’incubatore a regime metterà a disposizione oltre 90 mila metri quadrati di spazi per nuove imprese, centri di ricerca e sviluppo, fablab, laboratori manifatturieri, con servizi di formazione, consulenza e assistenza all’impresa. Avviato nel 2009, quando la Provincia di Trento ha deciso di costituire la società Progetto Manifattura per incentivare la nascita di imprese green, accoglie ad oggi 47 aziende, tra cui alcune imprese già mature con vari milioni di fatturato (come RTR-Rete Rinnovabile, leader europeo nella gestione dei parchi solari). Nel polo ci sono anche realtà come Habitech, primo distretto italiano per l’energia e l’ambiente, Green Building Council Italia e il centro di ricerca in bio-informatica Microsoft–COSBI. L’età media dei neo-imprenditori si aggira sui 32 anni, con le donne che rappresentano circa il 50% dei presenti; e l’intero progetto conta ad oggi 213 addetti, che in base agli accordi già siglati saliranno a 250 entro l’anno. Il progetto si divide architettonicamente in due: gli edifici storici della manifattura tabacchi recuperati e resi più efficienti, e i nuovi spazi progettati dall’archistar Kengo Kuma, un edificio iconico della nuova PROGETTO MANIFATTURA
Piazza della Manifattura 1 Rovereto (TN) www.progettomanifattura.it
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Green Innovation Factory & Meccatronica
architettura a basso impatto. Sui 7 mila metri quadrati disponibili si è raggiunto il 100% di riempimento; ma nel 2018, quando il progetto sarà completato con i nuovi spazi produttivi in via di realizzazione, Progetto Manifattura sarà in grado di accogliere complessivamente 110 nuove imprese, per oltre 1.200 nuovi posti di lavoro. Tre sono i principali filoni imprenditoriali: clean tech ed energie rinnovabili, edilizia sostenibile, servizi ambientali e progetti di economia circolare (riuso, riclo, redesign). Progetto Manifattura – membro di Action, una rete internazionale di centri di sviluppo di imprese green e incubatore certificato in Italia dal Ministero dello Sviluppo Economico – vuol essere una piattaforma produttiva completa: dalla fase di startup a quella di consolidamento e sviluppo, si propone non solo di offrire gli spazi a condizioni vantaggiose, ma anche di progettare tutto in base alle esigenze della singola azienda inserendola in una rete di imprese con cui crescere. A disposizione delle startup c’è la formula di insediamento Greenhouse, che prevede l’affiancamento dell’imprenditore nella costruzione della propria iniziativa; oltre alla messa a disposizione di spazi e strutture, consulenza legale e finanziaria, incontri con professionisti e investitori, e una serie di altri servizi. Per le imprese mature c’è invece Innovation Factory, un programma rivolto allo sviluppo dell’impresa: sportelli informativi mirati, agevolazioni per l’acquisto di impianti tecnologici, consulenza per l’accesso al sistema provinciale di incentivi e al sistema della ricerca e dell’alta formazione, servizio stampa e comunicazione, assistenza nella ricerca di partner tecnologici e commerciali. La volontà è comunque quella di andare oltre i confini del Trentino. «Attraverso la nostra rete con Action e con incubatori come LA cleantech di Los Angeles – spiega Michele Tosi, direttore dell’Area Incubatori e Nuove Imprese di Trentino Sviluppo – possiamo aiutare le aziende nei processi di internazionalizzazione e nella ricerca di partner tecnologici o commerciali all’estero. Abbiamo poi una vera e propria accademia per gli imprenditori, l’Innovation Academy, con attenzione particolare ai temi della sostenibilità, della costruzione del progetto d’impresa, della tutela intellettuale e dei new media. Perché crediamo che il green non sia una strategia di marketing con cui dipingere vecchi modelli di business, ma un nuovo modo di fare impresa».
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Green Innovation Factory & Meccatronica
Imprese e startup Il viaggio alla scoperta delle imprese e startup già insediate al Polo Meccatronica e Progetto Manifattura inizia con Habitec-Distretto Tecnologico Trentino, nato nel 2006 e riconosciuto dal Miur, con l’obiettivo di realizzare in Trentino reti di impresa e filiere produttive specializzate nei settori dell’edilizia sostenibile. Proseguiamo con Love The Planet, rete di imprese specializzate nei settori chiave della sostenibilità ambientale. Tra queste c’è Bahaus, azienda con 15 anni di esperienza nel settore delle costruzioni in legno; Dotmatic, che elabora tecnologie per il risparmio energetico, dal riscaldamento ad irraggiamento al monitoraggio e ottimizzazione dei consumi grazie alle nuove tecnologie; Macro Design Studio, che offre consulenze in materia di sostenibilità; Pietranet, che recupera gli scarti della lavorazione della pietra introducendo il concetto di economia circolare nell’edilizia; Ri-Legno, prima azienda in Italia ad avere come unica mission ispezione, monitoraggio, manutenzione e risanamento delle strutture in legno; Oros, che produce infissi e vetrate per l’edilizia sostenibile, coniugando risparmio energetico e uso di materiali a basso impatto ambientale; Bio Soil Expert, che si occupa di biotecnologie applicate all’ingegneria naturalistica e idraulica, riunendo nel suo staff biotecnologi, agronomi, ingegneri ambientali, geotecnici e geologi. Ma non mancano le idee più curiose: Dolpi produce il primo occhiale al mondo realizzato in legno delle Dolomiti certificato Pefc, unendo tecnologia e saper fare artigiano nell’occhialeria e nel design. Da scoprire anche BiCiPoP, servizio di mobilità sostenibile basato su un risciò high tech, premiato come “Miglior progetto rivoluzionario sulla mobilità e pubblicità sostenibile” da UNIPOL SAI LAB nel 2015. E se c’è chi trasporta le persone, c’è chi trasporta anche le cose: Siwego è una piattaforma web che mette in contatto utenti che vogliono spedire e utenti che vogliono trasportare. Assai curiosa anche Witlab, azienda che esplora la prototipazione in tutte le sue declinazioni e la stampa 3D, nonché le potenzialita dell’internet of things applicato a queste creazioni. Per quanto riguarda Polo Meccatronica, da non dimenticare il Bonfiglioli Mechatronic Research, dove il gruppo industriale emiliano (3.500 dipendenti, 13 stabilimenti nel mondo) produce motori elettrici e riduttori a gioco ridotto di nuova generazione (TQ) totalmente progettati a Rovereto dove ha sede la business unit “Mechatronic Drives & Solutions”. Sul versante startup, invece, OC Lab, “figlia” di Oc Open Consulting, che applica alla gestione aziendale i più moderni software e dispositivi di realtà aumentata, tra cui smart glass, teleassistenza e proiezioni olografiche.
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OPENFACTORY PORTO DI VENEZIA
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Porto di Venezia Venezia
Autorità Portuale di Venezia Il Porto di Venezia è la più grande piattaforma logistica al servizio dell’industria manifatturiera del Nordest (e non solo). Sostenibilità, alleanza col mare e condivisione pubblico-privato i pilastri del “new deal” del Porto
Porto Marghera: la “green” e “blue” factory Porto Marghera è una vera e propria “factory” dove l’impresa trova spazio in virtù della sua vicinanza al mare: un grande polo industriale e logisticoportuale che è stato motore del Nordest e lo è ancora grazie a 1500 ettari di superficie, 13500 occupati, oltre 1000 imprese, un patrimonio immobiliare che vale 6,4 miliardi di Euro. Secondo gli indici di performance dei porti presentati a Cernobbio da Conftrasporto lo scorso 29 ottobre il Porto di Venezia è il secondo porto italiano (dopo Genova) considerato "multipurpose" in chiave globale, con particolare rilevanza nei settori containers (che hanno superato i 600.000 Teu all'anno nell'agosto 2016 e sono cresciuti, su base annua, del 13.9% nel mese di settembre raggiungendo quota 607.000 teu), sulle rinfuse e dei project cargo. In particolare sui colli eccezionali Venezia continua a essere uno dei porti più importanti d’Europa, assicurando alle aziende del Nordest efficienza e tempi di trasporto molto competitivi, con destinazione su oltre 40 Paesi in tutto il mondo. Performance positive, infine, anche nel campo dell’agribusiness, settore nel quale il Porto di Venezia continua a rafforzare la sua posizione di scalo strategico. Su base annua infatti il traffico di cereali è aumentato del 36,8%, mentre mangimi e semi oleosi hanno visto un aumento del 6,3%, superando il milione e mezzo di tonnellate intermediate. Ed è proprio in funzione di un rilancio sempre più competitivo, tanto dell’industria quanto della portualità, che l’Autorità Portuale ha investito PORTO DI VENEZIA
Santa Marta, Fabbricato 13 Venezia www.port.venice.it 139
Porto di Venezia | Autorità Portuale di Venezia
e continua a investire risorse ingenti nello sviluppo dell’intermodalità, sia fluviale – il Porto di Venezia è l’unico in Italia a poter vantare collegamenti fluviali regolari durante tutto l’anno con il cuore della Pianura Padana –, sia ferroviaria che ha registrato progressi del 40% nel corso del 2016 rispetto all’anno precedente. È anche in virtù della “cura del ferro” portata avanti in questi ultimi anni se oggi Venezia è lo snodo dei collegamenti diretti via mare e via ferrovia con il nord Europa con i treni che dal terminal traghetti di Fusina partono per Rostov e Lubecca ma anche Rotterdam e Francoforte, per raggiungere Russia e Finlandia. Il new deal per il rilancio di Marghera dovrà quindi essere fondato su tre pilastri: sostenibilità, alleanza col mare, condivisione, o meglio, comune visione. Ed è il New Deal necessario per moltiplicare gli sforzi finanziari fatti negli ultimi 10 anni, da soggetti privati (che hanno investito a Marghera 700 milioni di euro) dall'Autorità Portuale (che ne ha investiti 550) e dal MISE (102 milioni di euro). Un futuro che sarà necessariamente fondato su tre “Mai più senza...": mai più sviluppo senza tutela ambientale/risparmio energetico. Per questo la Autorità pubbliche e i soggetti privati si sono impegnate in bonificheinterventi negli ultimi dieci anni: 150 milioni investiti in bonifiche dei canali portuali, 6 milioni di metri cubi di sedimenti dragati, 105,5 milioni investiti nella bonifica dei suoli, 33,6 Km di marginamenti delle banchine lungo i canali del porto merci. Mai più sviluppo delle industrie senza sviluppo della portualità. È l'alleanza vincente, quel nuovo paradigma basato su "re-shoring" e "back-shoring" delle imprese in un'ottica porto-centrica; un paradigma già adottato a Porto Marghera da terminal industriali, ma anche dalle società che producono e assemblano colli eccezionali perché solo a Venezia ci sono le condizioni fisiche strutturali, le attrezzature e l'expertise di gestione e movimentazione di questa parti di impianti Mai più sviluppo senza una visione largamente condivisa da attori pubblici e privati. In tal senso vanno infatti l'Accordo di Programma per le bonifiche di Porto Marghera del 2012 – che mira a semplificare ed accelerare il processo rimuovendo almeno alcuni degli ostacoli burocratici alla bonifica e alla riconversione produttiva – e l'Accordo di Programma per la Riconversione e Riqualificazione Industriale di Porto Marghera sottoscritto l'8 gennaio 2015 fra il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), la Regione Veneto, il Comune di Venezia e l'Autorità Portuale di Venezia.
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Porto di Venezia Porto Marghera (VE)
Eni Raffineria di Venezia Uno dei simboli di Porto Marghera, nel 2014 l’azienda porta a compimento la riconfigurazione completa degli impianti. È qui che, dal gennaio scorso, viene prodotto il carburante con il maggiore contenuto di componente biologica e rinnovabile (15%)
Dalla raffineria petrolifera alla bioraffineria La Raffineria di Venezia nasce per iniziativa privata nel 1926 con il nome di DICSA (Società Anonima Distillazione Italiana Combustibili), ai tempi della prima industrializzazione di Porto Marghera. Nel 1947 – quando gli ingenti danni subiti durante la seconda guerra mondiale rendono necessaria la ricostruzione dell’impianto – viene costituita la società IROM (Industria Raffinazione Olii Minerali) con la partecipazione dell’AGIP e della AIOC (Anglo Iranian Oil Company). Nel 1978 la raffineria diviene di proprietà Eni, che apre il capitolo di storia che arriva fino ad oggi. Punto di svolta è il 2014 quando la società, per affrontare le sfide poste dalla crisi strutturale della raffinazione, valorizza i risultati degli investimenti in ricerca e innovazione: viene così realizzato, con un brevetto tutto italiano, il primo esempio al mondo di conversione di una raffineria petrolifera in una bioraffineria. Cuore del progetto è la riconfigurazione completa degli impianti, che permette un impiego della tecnologia Ecofining™ – sviluppata da Eni in collaborazione con la società americana Honeywell UOP. Dal maggio 2014 Eni a Venezia produce l’innovativo Green Diesel, che ha caratteristiche chimico-fisiche nettamente superiori ai biocarburanti disponibili in commercio: in particolare, la tecnologia Ecofining™ idrogenante permette di ottenere un biocarburante senza ossigeno, con un numero di cetano (l’unità di misura della potenza calorifica del carburante) elevato, e perfettamente miscibile con diesel tradizionale di origine minerale. ENI RAFFINERIA DI VENEZIA
Via dei Petroli 4 Porto Marghera (VE)
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Porto di Venezia | Eni Raffineria di Venezia
Il Green Diesel prodotto a Venezia è utilizzato da Eni per rispettare le prescrizioni della normativa europea sul contenuto minimo di biofuel nei carburanti (10% entro il 2020 per il settore trasporti) e in futuro verrà prodotto anche a Gela, dove il cantiere per la riconversione è operativo dall’aprile scorso. Tale componente ha permesso inoltre la commercializzazione, dal gennaio scorso, del nuovo Eni Diesel+, il carburante che ha il maggiore contenuto di componente biologica e rinnovabile (15%) e il cui utilizzo ha evidenziato una notevole riduzione delle emissioni: grazie a un ciclo produttivo più sostenibile, contribuisce a ridurre le emissioni di anidride carbonica in media del 5%. Inoltre, dalle prove effettuate nel Centro Ricerche Eni a San Donato Milanese e presso l’Istituto Motori del CNR di Napoli, si sono rilevate significative riduzioni delle emissioni inquinanti (un calo di idrocarburi incombusti e ossido di carbonio fino al 40 %, e di particolato fino al 20%) e minori consumi degli autoveicoli. La Raffineria Eni di Venezia approvvigiona circa 300 mila tonnellate di oli vegetali all’anno, che diventeranno circa 560 mila dopo il completamento della fase due del progetto di riconversione – ad oggi in fase di cantiere. Attualmente viene utilizzato olio di palma certificato a norma europea, per la sua vasta disponibilità rispetto a cariche di seconda e terza generazione; ma si stanno già sperimentando cariche di seconda e terza generazione, al momento non ancora disponibili per qualità o quantità utili alla produzione continuativa di biofuel. Nel primo semestre 2015 test industriali hanno confermato la possibilità di processare materia non in competizione con gli usi alimentari, quali oli vegetali esausti della filiera nazionale e grassi animali. A tale scopo sono in fase avanzata di definizione alcune iniziative di collaborazione con operatori pubblici di raccolta rifiuti, per incrementare la raccolta degli oli esausti prodotti dalle utenze domestiche e utilizzare tali oli come carica della bioraffineria; ma si stanno anche considerando possibili integrazioni con impianti di raffinazione delle biomasse oleose al fine di riutilizzare prodotti di scarto di tale lavorazione, come gli acidi grassi distillati e la glicerina, le cosiddette cariche “advanced”, e una sperimentazione con le alghe è in corso a Gela. Oltre al Green Diesel, la Bioraffineria Eni di Venezia produce anche altri biocarburanti come la Green Nafta e il Green GPL. Vi lavorano oltre 200 persone, a cui si aggiungono gli addetti delle imprese terze. La Raffineria è dotata di squadre di pronto intervento interno, attrezzate specificamente all’impiego dei numerosi mezzi mobili in dotazione allo stabilimento e continuamente addestrate e di una rete antincendio, costituita da oltre 16 km di tubazioni.
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Porto di Venezia Porto Marghera (VE)
Grandi Molini Italiani 5 stabilimenti in tutta Italia, 4 terminal portuali, 8 centri di distribuzione, 1 milione di tonnellate di macinato l’anno e 200 tipi di farina: sono questi i numeri del successo di un’azienda “antica”
L’azienda AAA: alimentazione, acqua e ambiente Quella di Grandi Molini Italiani, oggi azienda leader a livello nazionale per la produzione di farina di grano tenero, è una storia che inizia a metà Ottocento. È allora infatti che Antonio Costato, i cui discendenti tutt’ora mantengono le redini dell’impresa, ha fondato il primo molino di famiglia a Guarda Veneta, sulle rive del Po. Nel 1921 Marcello Costato ha messo in funzione a Rovigo il primo molino industriale, e nel corso del secolo si sono susseguite una serie di acquisizioni – dal molino di Porto Marghera, a quello di Coriano Veronese, a quello di Cordovado – che hanno contribuito a far crescere l’azienda: che nel 1997 è diventata socio unico di Trieste Terminal Cereali e ha rilevato il Terminal fluviale di Vienna, e nel 2000 principale esportatore di farine nel mondo. Scelte strategiche hanno successivamente portato a ridurre la quota di export – con punte dell’80% – per privilegiare il mercato nazionale: ed oggi Grandi Molini Italiani conta 5 stabilimenti, 4 terminal portuali, 5 terminal ferroviari, 8 centri di distribuzione e 10 depositi. Dal milione di tonnellate di macinato ogni anno, per circa 300 milioni di euro di fatturato, vengono ricavati oltre 200 tipi di farina: dagli usi industriali, a quelli domestici, a quelli dei laboratori artigiani, ciascuna lavorazione ha la sua farina specificatamente pensata per quell’utilizzo. «Abbiamo una platea di clienti molto vasta e diversificata – spiega David Berni, responsabile Canali Distributivi GMI – dalle grandi aziende come Barilla, Galbusera, Colussi e Pasta Zara, fino ad oltre 5000 panifici GRANDI MOLINI ITALIANI
Via dell’Elettricità, 13 Marghera (VE) www.grandimolini.it
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Porto di Venezia | Grandi Molini Italiani
e pasticcerie. Ad oggi copriamo il 25% del mercato per quanto riguarda l’uso industriale, il 16% per quanto riguarda gli artigiani, e il 33% del mercato della grande distribuzione per uso domestico». Una scelta strategica, si diceva, quella di concentrarsi sul mercato italiano: «Alla fine degli anni ’90 Grandi Molini Italiani è arrivato a essere il più grande esportatore di farina del mondo – ricorda – ma con il crollo del muro di Berlino e l’avvento della globalizzazione l’azienda ha scelto di concentrarsi sul mercato nazionale, più attento alla sicurezza alimentare e dove è premiata la qualità: così l’ultima nave per l’estero è partita nel 2007 verso Cuba, ed ora le esportazioni rivestono una quota marginale». Le varie linee create per il mercato nazionale sono quindi state lo strumento per guardare al futuro e fare innovazione in un settore antico: «Penso ad esempio alla Linea Salute VitaMill – prosegue – con la sua speciale farina integrale con sali minerali, alle miscele di cereali diversi o alla farina fatta con 100% grano italiano». Nello stabilimento di Venezia, attivo sin dal 1929, agli antichi edifici del molino e del silos sono accostati a un’intera fabbrica di nuova generazione completamente automatizzata: qui vengono condotte ogni anno oltre 20.000 ore di controlli sia sulle materie prime che sul prodotto finito; qui vi sono 5 linee di produzione. Da poco sono infatti stati effettuati importanti investimenti per migliorare logistica e trasporti, e contenere l’impatto ambientale dello stabilimento: «Grandi Molini è un’azienda AAA – osserva ironicamente Alessandro Pinato, direttore dello stabilimento GMI di Venezia – non nel senso del rating, ma perché i suoi cardini sono Alimentazione, Acqua e Ambiente. Alimentazione perché siamo un’azienda alimentare; acqua perché il trasporto via nave copre il 35% della nostra movimentazione; e ambiente perché, all’interno di un contesto come quello di Porto Marghera, veniamo spesso portati a esempio di azienda attenta alla sostenibilità. Oggi, oltre al trasporto via nave, stiamo puntando su quello ferroviario: rimane ancora il 50% su gomma, ma il nostro obiettivo è quello di ridurlo. Inoltre abbiamo costruito una centrale a biomassa, che è in grado di coprire il 70% del nostro fabbisogno energetico».
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Porto di Venezia Porto Marghera (VE)
Versalis (Eni) L’impianto di Porto Marghera rappresenta un pezzo della storia dell’industria chimica in Italia. Con uno sguardo verso il futuro: dal piano di trasformazione per renderlo più sostenibile ai progetti sulla chimica da fonti rinnovabili
Il cuore dell’industria chimica italiana Sede di importanti cicli produttivi della chimica di base, come l’impianto steam-cracker, lo stabilimento Versalis (parte del gruppo Eni) a Porto Marghera rappresenta un pezzo importante della storia dell’industria chimica in Italia. Le sue radici affondano negli anni del boom economico nazionale, e ancora oggi rimane un sito con una sua centralità all’interno del sistema produttivo Versalis: è infatti uno snodo logistico strategico dal punto di vista geografico, oltre che fondamentale per l’integrazione con gli stabilimenti di Ferrara, Mantova e Ravenna, con i quali è collegato tramite oltre 700 km di pipelines. Con una capacità produttiva complessiva di 1.700 mila tonnellate annue, 600 persone impiegate – incluso l’indotto, che mediamente occupa 200 unità – e un’estensione di 110 ettari, Porto Marghera è uno degli stabilimenti più grandi della società chimica di Eni. Lo stabilimento è attualmente oggetto di un piano di trasformazione che ha l’obiettivo di renderlo sempre più sostenibile sul medio-lungo termine dal punto di vista economico, grazie a interventi di ottimizzazione degli impianti e delle infrastrutture presenti. Sempre in questo quadro rientra un progetto di chimica da fonti rinnovabili, che si basa sullo sviluppo di tecnologie e produzioni innovative frutto della collaborazione con partner internazionali e della ricerca e del know-how di Versalis. Con 5.200 persone occupate, 12 stabilimenti in Italia ed estero, 390 prodotti e 4 centri di ricerca, Versalis è la più grande società chimica VERSALIS (ENI)
Via della Chimica 5 Porto Marghera (VE) www.versalis.eni.com 147
Porto di Venezia | Versalis (Eni)
italiana e tra i principali produttori in Europa di intermedi, polietilene e in particolare di stirenici e di elastomeri (gomme), dei quali è rispettivamente terzo e secondo produttore. A partire dal 2012 Versalis è impegnata in un piano di trasformazione complessivo volto a recuperare competitività a livello internazionale e a costruire prospettive solide per il medio-lungo termine, riposizionando il business attraverso un’offerta commerciale che, includendo più prodotti a maggior valore aggiunto, risponda rapidamente a un mercato sempre più esigente in termini di performance, ai bisogni dei consumatori e alla loro più matura consapevolezza in fatto di cicli produttivi, sostenibilità e risparmio energetico. Gli obiettivi strategici includono, oltre al rafforzamento del portafoglio prodotti, l’ottimizzazione del sistema industriale e l’espansione all’estero, facendo leva sulle competenze tecnologiche e sull’esperienza commerciale. In linea con questi obiettivi, Versalis è anche impegnata nella chimica da fonti rinnovabili con diversi progetti importanti e unici nel loro genere.
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OPENFACTORY UNISMART | SMART UNIPD LABORATORI APERTI
UniSmart / Laboratori aperti Padova
UniSmart | Smart Unipd Nata all’inizio del 2016, Smart Unipd è un’iniziativa unica nel suo genere in Italia: un’impresa, partecipata al 100% dall’Università di Padova, che dialoga con le imprese per promuovere il trasferimento tecnologico
La ricerca al servizio delle imprese Interlocutore privilegiato delle aziende quando si parla di innovazione e trasferimento tecnologico è, o dovrebbe essere, l’università; e il tema della più o meno ampia distanza tra mondo dell’impresa e mondo accademico è da lungo tempo oggetto di discussione. Un’iniziativa unica nel suo genere in Italia è stata avviata all’Università di Padova, con UniSmart: una srl partecipata al 100% dall’Ateneo, allo scopo di promuovere il trasferimento tecnologico creando un polo di riferimento e un interlocutore unico per le imprese e le associazioni di categoria ponendosi su piano di parità, essendo essa stessa un’impresa. «UniSmart vuol essere uno strumento a disposizione di ricercatori e docenti per accelerare il processo di trasferimento tecnologico e portare knowhow e risultati della ricerca sul mercato – spiega il prof. Fabrizio Dughiero, prorettore Università di Padova al Trasferimento Tecnologico e ai Rapporti con le Imprese –. La creazione di una società esterna all’Università rappresenta un punto fondamentale: permette di gestire la struttura organizzativa secondo logiche flessibili, dare obiettivi su cui l’organizzazione viene misurata, valutata ed eventualmente incentivata». Tra le attività di UniSmart c’è la creazione di una Smart Community, una rete di persone e istituzioni, che sostengano economicamente e relazionalmente l’iniziativa e a cui verranno offerti dei servizi esclusivi (scouting delle risorse interne all’ateneo in ottica multidisciplinare, visibilità privilegiata della proprietà intellettuale prodotta dall’ateneo, laboratori di UNISMART PADOVA ENTERPRISE | SMART UNIPD SRL
Via VIII Febbraio, 2 Padova
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UniSmart / Laboratori aperti
innovazione ed altro ancora); un’attività di supporto nella collaborazione tra le imprese e i dipartimenti universitari (ricerca conto terzi, licensing di brevetti, promozione degli spin-off ) comprendendo le necessità delle imprese e coniugandole con gli obiettivi scientifici dei dipartimenti; e un’attività di promozione e relazioni pubbliche per la valorizzazione della ricerca e del know-how dei ricercatori. «Vogliamo creare una “smart community” – spiega il prorettore – creando una rete con i nostri associati. Stiamo mettendo molto impegno su questo fronte, i primi risultati già si vedono pur su un lasso di tempo limitato». UniSmart è infatti attiva da pochi mesi, durante i quali si sono susseguite numerose iniziative per farla conoscere; e oltre al capitale sociale di 50.000 euro e a ulteriore investimento di 150.000 come finanziamento di tipo seed su cui può già contare, «in quanto azienda, UniSmart può e deve autofinanziarsi – precisa Dughiero –: qui entrano i gioco soprattutto le royalties provenienti dal portafoglio brevetti su cui già possiamo contare, circa 170, e che vogliamo far conoscere. Ma anche tutte quelle collaborazioni già in atto tra i nostri docenti e ricercatori e le aziende: il nostro compito è quello di andare a intercettare le risorse disponibili per fare sintesi attorno ad un progetto complessivo, ponendoci come interlocutore unico verso le imprese. Gli utili che derivano dalle attività di UniSmart possono essere utilizzati per creare posti di ricercatore, istituire e finanziare borse di studio e di dottorato, cofinanziare progetti di ricerca con ricadute sul territorio in collaborazione con le imprese». Per questo, prosegue, «ci stiamo muovendo per inserire UniSmart nel circuito nazionale delle Università che sviluppano trasferimento tecnologico; e a breve verranno firmati i primi contratti di ricerca e sviluppo con le imprese». «Open Factory è il primo evento di “laboratori aperti” a cui partecipiamo – conferma Laura Bano, direttore esecutivo di UniSmart – e quindi sarà un’occasione unica per toccare con mano la strumentazione utilizzata per fare ricerca, conoscere le attività portate avanti, e prendere spunti per future collaborazioni. Vogliamo iniziare a far venire le imprese all’Università perché capiscano cosa facciamo e che cosa abbiamo, coinvolgendo non solo aree più “tradizionali” come ingegneria ma anche settori come l’agroalimentare, su cui Padova con il campus di Agripolis vanta competenze specifiche riconosciute come eccellenza a livello nazionale». Un segnale di apertura che però non si limita alle imprese di questi comparti: «Pensiamo anche a tutto l’ambito della finanza e della politica – prosegue la Bano – perché l’attività di ricerca e sviluppo e quella economica in senso lato possono svilupparsi al meglio solo in sinergia con questi due mondi».
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Laboratorio di Analisi Biocombustibili Insediato nel Campus di Agripolis dell’Università di Padova, il Laboratorio effettua servizi di certificazione per oltre 200 produttori privati. Non manca anche l’attività di ricerca sui combustibili di nuova generazione
Un laboratorio che si distingue principalmente per la sua attività di servizio alle imprese: così il professore Raffaele Cavalli descrive il Laboratorio di Analisi Biocombustibili – dalla curiosa sigla di “Lab ABC” – dell’Università di Padova, di cui è il responsabile. «Attualmente esiste una certificazione non obbligatoria per i combustibili legnosi – spiega il prof. Cavalli –, che riguarda quindi pellet, cippato e legnami. Per quanto non ci siano vincoli normativi in tal senso, questa riveste comunque un’importanza sempre maggiore per le imprese: e quindi noi forniamo loro questo servizio, analizzando i materiali». In seguito ai risultati, i combustibili vengono classificati secondo tre fasce di qualità – A1, A2 oppure B – che hanno importanza per il consumatore finale perché costituiscono un indicatore della resa del combustibile, oltre che concorrere a determinarne il prezzo; ma soprattutto perché «anche nell’erogazione dei finanziamenti o incentivi fiscali per i nuovi impianti di riscaldamento a biocombustilbile, questa è molto spesso vincolata all’impegno a bruciare materiale di una certa qualità: per cui il nostro lavoro arriva a interessare non solo le aziende, ma anche tutti i loro clienti. Anche perché qualsiasi combustibile, anche di altra natura rispetto a quello di cui ci occupiamo noi, è normato, e pertanto analisi di questo tipo toccano tutti noi». Oltre a rapporti diretti con oltre 200 produttori privati di legna da UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO TESAF
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ardere, cippato, pellet e briquette e con oltre 60 committenti pubblici, il Laboratorio ha attivato due convenzioni con l’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL) e con l’Ente Nazionale Meccanizzazione Agricola (ENAMA), che costituiscono i principali attori della certificazione dei biocombustibili legnosi. Per garantire affidabilità alle analisi il Laboratorio partecipa annualmente al ICT-PT International Comparison Tests organizzato dal BEA Institut für Bioenergie GmbH di Vienna, volto appunto a valutarne l’efficacia. Oltre all’attività di analisi c’è poi quella di ricerca, legata a studi più particolari di combustibili di nuova generazione: «Abbiamo lavorato sui possibili utilizzi dei fondi di caffè – riferisce Cavalli – ma portiamo avanti anche ricerche di altro genere: ad esempio effettuiamo analisi sull’attitudine all’acquisto di determinati biocombustibili, grazie a finanziamenti sia interni che esterni». Il Laboratorio tiene comunque a mantenere i rapporti con il territorio nelle forme più svariate: partecipa a eventi fieristici e di divulgazione come Progetto Fuoco, Italia Legno Energia, il Galileo Festival dell’Innovazione, e accoglie studenti in visita in svariate occasioni.
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Laboratorio di Electrochemical Energy Storage Un laboratorio all’avanguardia dove vengono effettuati test su nuove tecnologie e nuovi sistemi di accumulo energetico: tra questi, la nuova test facility, unica in Italia, per sperimentare le batterie al vanadio
Una delle grandi partite del futuro si gioca sui sistemi di accumulo elettrochimico – o, per i profani, le batterie: ne è convinto il prof Massimo Guarnieri, coordinatore del Laboratorio di accumulo elettrochimico e simulazioni multifisiche dell’Università di Padova. «Il grande impulso che negli ultimi anni hanno ricevuto le energie rinnovabili e i sistemi di mobilità ecocompatibili – spiega Guarnieri – hanno posto la necessità di sperimentare sistemi di accumulo energetico sempre più efficienti: basti pensare agli impieghi stazionari per la rete elettrica nel caso dei pannelli fotovoltaici – che producono magari più del necessario in una giornata di sole, ma viceversa sono inattivi di notte – o alle auto elettriche, che sono ormai una realtà e hanno bisogno di batterie che garantiscano una sempre maggiore autonomia. Ecco perché i test che facciamo nel nostro laboratorio sono cruciali per quella che potrà essere in futuro la vita quotidiana di ciascuno di noi». Naturalmente non è soltanto il prof. Guarnieri a sostenerlo: «Le analisi finanziarie di molti grandi gruppi statunitensi, tra cui Boston Consulting, prevedono un vero e proprio boom di investimenti in questo settore nei prossimi anni. Le rinnovabili stanno aprendo grandi possibilità a livello commerciale, in presenza di tecnologie di accumulo adeguate. Ad esempio, sinora sono sempre stati i gestori della rete elettrica a fare da “banca” per l’energia in eccesso prodotta dai piccoli impianti fotovoltaici UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE
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domestici o delle aziende: ma se fosse possibile installare in casa un sistema di accumulo adeguato, ciascuno potrebbe mantenere in casa l’energia in più, oppure acquistare dal gestore energia a basso prezzo nei momenti di picco della produzione e “conservarla” lì; e magari rivenderla in un altro momento. Basterebbe avere una stanza libera in cantina in cui installare questi sistemi». Detta così può sembrare una cosa un po’ fantasiosa, ma non lo è: nei laboratori dell’ateneo i sette ricercatori del gruppo coordinato da Guarnieri, più altrettanti che fanno capo a un progetto strategico finanziato dall’Università, lavorano per sperimentare sistemi che consentano di arrivare a tanto. «Stiamo mettendo in funzione una nuova test facility unica in Italia, ma già diffusa in Paesi come Giappone e Stati Uniti – spiega – per sperimentare le batterie al vanadio. Questo presenta una serie di vantaggi rispetto ad esempio al litio, altro metallo usato nelle batterie: è in grado di accumulare molta più energia e di avere una vita dieci volte più lunga, permette di dimensionare con facilità il sistema, e può essere stoccato in casa senza particolari problemi – a differenza ad esempio dell’idrogeno». Anche questa è insomma una delle tecnologie del futuro: «per ora siamo a un prototipo della batteria – precisa Guarnieri – ma contiamo di fare la versione 1.0 e 2.0». L’attività del laboratorio non rimane comunque confinata all’interno dell’edificio che lo ospita: tra le diverse collaborazioni esterne c’è ad esempio quella con il Gruppo Veritas, che si occupa dei servizi di nettezza urbana a Venezia, per sostituire le rumorose e inquinanti barche a diesel con barche a motore elettrico nella raccolta dei rifiuti in laguna; e studi simili sono in fase di avvio con l’Actv per i vaporetti. Davvero, insomma, il futuro passa anche da qui.
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Laboratorio di Elettrotermia L’Università di Padova ospita uno dei laboratori di elettrotermia più importanti a livello internazionale, sia per l’attività accademica che per i rapporti con l’industria. Strumenti avveniristici, con possibili applicazioni anche nella cura dei tumori Forse sono in pochi a saperlo, ma l’Università di Padova ospita uno dei laboratori di elettrotermia – la conversione di energia elettrica in calore, per i non adepti – più importanti a livello internazionale; nonché uno di quelli dalla storia più lunga, essendo stato fondato nel “lontano” (almeno in senso relativo) 1969. «Fu allora che il professor De Pieri, che oltre che docente era anche imprenditore – racconta l’attuale responsabile del Laboratorio nonché prorettore al Trasferimento Tecnologico e ai Rapporti con le Imprese, il professor Fabrizio Dughiero – avviò questo laboratorio, spinto dalle esigenze che aveva riscontrato nella sua azienda. Da allora il Laboratorio, grazie alla sua lunga tradizione, ha acquisito una reputazione a livello mondiale, sia per la sua attività accademica che per la sua costante collaborazione con l’industria.». E del resto, essendo nato come “gemmazione” di un’azienda, questo Laboratorio non può che avere una particolare vocazione per l’attività di trasferimento tecnologico. Il laboratorio si occupa di tecnologie che riguardano la conversione di energia elettrica in calore – dai forni ai microonde, ai riscaldamenti ad induzione, a quelli ad infrarosso; in particolare, per quanto riguarda la cottura dei cibi, sia a livello industriale o professionale che domestico. Un lavoro in cui rivestono una grande importanza non solo forni, piastre e affini, ma anche le strumentazioni informatiche: «Per noi è fondamentale UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE
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la simulazione virtuale della cottura tramite un calcolatore elettronico, e la conseguente prototipazione – spiega Dughiero – ; la cui controparte è appunto la strumentazione pratica di cui disponiamo, compresi i forni industriali, così da essere di reale supporto alle aziende». A lavorare nel laboratorio insieme al professor Dughiero sono altri due ricercatori, un tecnico, due dottorandi – di cui uno cinese –, due assegnisti, e alcuni studenti in tesi. «Stiamo operando soprattutto nel campo della cottura a induzione, coniugando tecnologia e design negli strumenti che andiamo a mettere a punto – prosegue il prorettore –; ma anche in quello biomedicale, con applicazioni che riguardano l’ipertermia e l’elettroporazione nella cura dei tumori. Inoltre stiamo lavorando a un forno innovativo per la produzione di silicio destinato ai pannelli fotovoltaici». È chiara l’importanza di comunicare i risultati di questi progetti e spiegare come funzionano queste tecnologie «stimolando la curiosità anche mostrando fenomeni apparentemente inspiegabili: come il fatto che sia possibile scaldare un pezzo di ferro all’interno di un pezzo di ghiaccio lasciando quest’ultimo inalterato, o cuocere degli alimenti su dei piani in legno che a livello intuitivo dovrebbero invece bruciare. Ma grazie all’induzione si può fare questo e molto altro».
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Laboratorio di Genomica Il laboratorio si occupa di verificare l’autenticità delle piante e delle carni che arrivano sulle nostre tavole: un esempio di come l’attività di ricerca sia cruciale non solo per i produttori, ma anche per i consumatori
Un laboratorio in cui vedere in prima persona come la ricerca può essere utile al consumatore: così il professor Martino Cassandro definisce il laboratorio di genomica dell’Università di Padova, con sede presso il campus di Agripolis a Legnaro. «Lavoriamo principalmente, per quanto non esclusivamente, su due ambiti – spiega il prof. Cassandro –: la genomica applicata alla tracciabilità alimentare, e lo studio della biodiversità delle specie sia animali che vegetali». Il laboratorio si occupa quindi di verificare l’autenticità di piante e carni che arrivano sulle nostre tavole, di studiare in che cosa si differenziano le varie specie e fornire così informazioni utili al loro miglioramento, e della ricerca nel campo degli organismi geneticamente modificati. Il che non deve però far pensare che da questo laboratorio escano chissà quale sorta di “mostri” vegetali o animali: «Ci occupiamo soprattutto degli aspetti identificativi di razze e specie – prosegue il professore –, ad esempio per garantire che la carne commercializzata come bovina sia davvero tale, o che la mozzarella di bufala non sia invece vaccina. Ma pensiamo anche al radicchio o ad altre specie vegetali rinomate: ci sono aziende che devono tutelare il loro patrimonio, e le nostre analisi sono un modo per farlo». Non mancano poi esempi, anche curiosi, nel campo animale: «L’Enci, associazione di cinofilia, ci ha affidato il controllo dei pedigree dei UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO DAFNAE
Viale dell’Università 16 | I Stecca, II piano Legnaro (PD)
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cani e i test di parentela – racconta –. Ma ci siamo dedicati anche alla tutela del patrimonio zootecnico locale: nella Pedemontana del Grappa ad esempio vive la Burlina, unica razza bovina autoctona veneta, che stiamo perdendo perché era stata abbandonata a vantaggio di razze più remunerative. Ora, grazie anche all’interesse dell’Unione Europea che ha concesso dei finanziamenti a questo scopo, l’interesse è rinato: e noi abbiamo messo a punto uno screening genetico per identificare la Burlina, a servizio degli allevatori. Un’altra razza locale è la Gallina Padovana, introdotta già nel 1500 come razza ornamentale, che si distingue per il ciuffo di piume al posto della cresta: ora alcuni ristoratori la stanno valorizzando con dei piatti tipici, e anche in questo caso abbiamo elaborato un test per riconoscere la razza». Gli esempi interessanti anche per quanto riguarda le specie vegetali comunque non mancano, e ruotano perlopiù attorno alla messa a punto di test diagnostici a rapida applicazione per rendere di routine queste analisi genetiche: «Ed è un mondo in continua evoluzione – afferma Cassandro –, in cui ogni giorno nasce qualcosa di nuovo». E tra le cose che nascono ci sono anche le aziende: come GfB, spinoff dell’Ateneo di Padova che fornisce servizi di analisi molecolare e controllo di qualità dei prodotti «a supporto del miglioramento genetico e della tutela delle filiere produttive agrarie e zootecniche» – come recita la definizione. Lo si potrebbe quindi considerare il corrispettivo aziendale del laboratorio – tanto che ha sede all’interno del dipartimento –, occupandosi di selezione genetica delle specie vegetali o animali di interesse, rintracciabilità e qualità dei prodotti, ricerca dei principali ogm presenti in commercio, e costruzione, identificazione e registrazione di nuove popolazioni: si va dalla selezione genetica di specie come viti e cereali, alla costruzione di popolazioni di radicchio e zucchino, alla ricerca degli ogm su mais e soia, al controllo della qualità di latte e carne. Sono così nati dei veri e propri brand come Breedomics – miglioramento genetico di specie, KinshipDogs – analisi di paternità e deposito materiale biologico dei cani, e TraceMeat e DairyTrue per le analisi su carni e latticini.
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Laboratorio di Ingegneria dei Polimeri Fondato negli anni ‘70, il laboratorio si occupa di ricerca applicata su progetti sviluppati in collaborazione con le aziende. Il futuro del settore? Le nanotecnologie e i materiali nanostrutturati
È uno dei pochi a Nordest, nonché uno di quelli con la storia più lunga – essendo stato fondato negli anni ‘70: stiamo parlando del Laboratorio di Ingegneria dei Polimeri dell’Università di Padova, costituito per la precisione da sei diversi laboratori in cui lavorano una quindicina di persone. «Il nostro ambito di ricerca è relativo al mondo delle materie plastiche – spiega il responsabile, il professor Michele Modesti –. La nostra propensione è soprattutto la ricerca applicata, e quindi la maggior parte dei nostri progetti nasce da collaborazioni con aziende sia del territorio veneto sia su tutto il territorio nazionale. Nel corso degli anni abbiamo maturato notevole esperienza nel settore, per cui le attività di problem solving e la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti rappresentano un valido supporto per le imprese con cui quotidianamente ci interfacciamo. Il tutto pur mantenendo una forte legame con la ricerca accademica, sempre volta all’innovazione e allo sviluppo di nuovi progetti con università di tutto il mondo». Un’attività legata dunque sia all’analisi delle proprietà chimiche, termiche e meccaniche dei materiali sia alla ricerca e sviluppo di materiali innovativi: «Ci occupiamo di sintesi e caratterizzazione completa di materie termoplastiche e termoindurenti, e disponiamo di tutta l’attrezzatura necessaria sia alla trasformazione di questi materiali che alla loro caratterizzazione, tra cui anche prove di usura, fatica, e UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE
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invecchiamento ai raggi ultravioletti». Un campo di indagine in cui il laboratorio è attivo da oltre trent’anni è quello degli espansi poliuretanici per isolamento termico – ossia i materiali impiegati per migliorare le prestazioni energetiche di un edificio: «Accanto alle proprietà isolanti, la degradazione termica e reazione al fuoco di tali sistemi polimerici è un altro aspetto di fondamentale importanza – spiega Modesti – e il nostro gruppo studia da anni soluzioni per migliorare il comportamento al fuoco e allo stesso tempo diminuire l’impatto ambientale, dirigendoci quanto più possibile verso materie prime da fonti rinnovabili». Ma il settore più promettente è quello delle nanotecnologie, all’interno del quale è compreso un importante progetto europeo sul grafene – il cui acronimo è POLYGRAPH: «Siamo tra i tredici partner del consorzio di questo progetto – riferisce il professore – unici italiani insieme al Centro Ricerche Fiat, e unica università insieme alla Queen Mary di Londra. Si tratta di un progetto il cui obiettivo è produrre su scala industriale polimeri termoindurenti rinforzati con grafene, per applicazioni nell’ambito aerospaziale e automotive; un progetto ambizioso che ci vede in prima linea per tutto ciò che riguarda l’innovazione dei sistemi di processing e di caratterizzazione dei materiali. Parallelamente portiamo avanti progetti di ricerca e sviluppo nel campo dei materiali nanostrutturati, per applicazioni sia nel settore ambientale – come lo sviluppo di filtri attivi per la rimozione di inquinanti – sia nel settore biomedicale, dove sviluppiamo e testiamo sistemi per il rilascio controllato di farmaci e “scaffolds” – ossia materiali in grado di “interagire” con le cellule – per l’ingegneria tissutale».
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Laboratorio di Patologia vegetale Il laboratorio collabora da anni con aziende del settore agricolo e laboratori di genetica vegetale per studiare e diagnosticare le malattie delle piante. Contribuendo così a prevenire danni ingenti per il settore
Un gruppo di lavoro che ha come vocazione principale la didattica e la ricerca, ma che al tempo stesso fornisce servizi di grande importanza al territorio e in particolare alle aziende del settore agricolo: così si può definire la squadra che opera nel Laboratorio di Patologia Vegetale dell’Università di Padova, ospitato al campus di Agripolis a Legnaro. «Il servizio che più ci viene richiesto è quello di diagnosi di malattie di origine fungina, batterica e virale di piante agrarie, spiega il responsabile scientifico, il professor Francesco Favaron. Quando un’azienda agricola ha un problema di questo genere che, nel caso di coltivazioni molto redditizie, può comportare un danno economico ingente, può rivolgersi al servizio fitosanitario regionale oppure a noi. Inoltre abbiamo la possibilità di individuare la presenza di funghi tossigeni e di analizzare la contaminazione da micotossine in campioni di sementi. Nonostante noi non facciamo alcuna forma di pubblicità per questa attività, spesso gli imprenditori si rivolgono a noi per le nostre competenze ottenendo un servizio qualificato a un costo ragionevole». L’attività principale però, come si diceva, rimane soprattutto quella di ricerca: «Collaboriamo con laboratori di genetica vegetale per migliorare la resistenza delle piante alle malattie – prosegue Favaron – studiando i meccanismi di patogenesi, così che i colleghi possano intervenire sulla pianta a livello genetico. Questo tipo di ricerca è difficile da condurre UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIPARTIMENTO TESAF
Via dell’Università 16 | II stecca, III piano Legnaro (PD) www.tesaf.unipd.it
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in Italia anche a causa dei limitati finanziamenti, ma nondimeno sta portando a buoni risultati. Siamo anche specializzati nell’analisi di alcune categorie di enzimi che intervengono nella degradazione delle pareti cellulari vegetali e che possono trovare applicazione nell’industria alimentare, enologica, e nel riciclo delle biomasse vegetali. In questo ambito c’è una forte concorrenza internazionale, inoltre in Italia operano soltanto rivenditori di enzimi, per cui gli investimenti per valorizzare i risultati della ricerca in questo settore sono esigui». Il laboratorio si occupa inoltre di attività che ai profani possono apparire piuttosto misteriose, come la “Purificazione e caratterizzazione di proteine e composti secondari da utilizzare per indurre resistenza a malattie in piante di interesse agrario”, o l’“Identificazione e test di molecole ed estratti naturali con attività antimicrobica”.
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Laboratorio di Sistemi Intelligenti Artificiali Un laboratorio in cui vengono messi a punto robot autonomi per i compiti di servizio, in grado di interagire con l’ambiente e capire cosa devono fare. Una frontiera tutta da esplorare, soprattutto in relazione con l’industria 4.0
Il nome, di per sé, potrebbe apparire altisonante: “Laboratorio di sistemi intelligenti artificiali” – come tradotto letteralmente dalla dicitura inglese –, o più semplicemente “Laboratorio di intelligenza artificiale” – come in effetti lo chiama il codirettore, il professor Emanuele Menegatti; eppure ciò che esce dal lavoro di questi docenti, ricercatori, dottorandi e i loro collaboratori – una ventina di persone in totale – arriverà probabilmente a toccare la nostra vita quotidiana in un futuro non troppo lontano. È qui infatti che si mettono a punto i robot autonomi per i compiti di servizio: ossia quelli, per dirla con il professor Menegatti, che «sono in grado, tramite software specifici, di non eseguire semplicemente operazioni ripetitive, ma anche di interagire con gli esseri umani e l’ambiente che li circonda e “capire” che cosa devono fare: possono quindi essere utilizzati per l’assistenza alle persone sia nel lavoro che nella vita quotidiana». Uno dei più noti campi di utilizzo di questi robot è quello dell’Industria 4.0: «Elaboriamo “robot intelligenti” per le aziende – prosegue Menegatti che sono in grado di lavorare accanto agli umani, e a cui è possibile cambiare la programmazione a seconda del compito che devono svolgere: già abbiamo messo a punto dei pezzi unici calibrati sulle esigenze espresse dalle singole aziende, e la strada del futuro sarà questa». Tra i progetti realizzati dal Laboratorio, tre sono i fiori all’occhiello: «Il primo è il risultato di un progetto di controllo qualità – spiega il UNIVERSITÀ DI PADOVA | DIP. INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
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professore – che ha portato a dei robot in grado, tramite dei sensori, di verificare appunto la qualità del prodotto. Nello specifico, si tratta di un robot dotato di una telecamera speciale per il controllo di materiali in fibra di carbonio; ma è solo l’ultimo di tre progetti europei diversi che abbiamo portato avanti – gli altri riguardano la ricostruzione in 3D della forma del prodotto finito, e il controllo tramite telecamere termiche ad infrarosso». Il secondo è un robot mobile in grado, oltre che di spostarsi autonomamente, di manipolare oggetti: «E questo è nato da una gara negli Emirati Arabi, in ambiente desertico, in cui un robot doveva trovare un pannello con una valvola e chiuderla. Potrebbe quindi essere usato per tutte quelle situazioni in cui effettuare un intervento su un impianto rappresenterebbe un pericolo per un essere umano». Infine, un esempio di cooperazione uomo-robot: «I robot possono essere programmati per far sì che apprendano a compiere una certa azione per imitazione, vedendo un uomo che la fa – esemplifica Menegatti – e mostreremo come questo è possibile». Applicazioni che possono sembrare avveniristiche, ma che sono già uscite dal laboratorio: «Abbiamo messo a punto un prototipo di robot viticultore su incarico della Regione Veneto – racconta – per sostituire i trattori pesanti là dove danneggerebbero il vigneto, e l’uomo in compiti non propriamente salubri come l’irrorazione. Inoltre stiamo sviluppando un robot di telepresenza per l’assistenza agli anziani, che consente di monitorare a distanza coloro che vivono soli: è in grado ad esempio di identificare una persona caduta a terra e chiedere aiuto, riconoscere le persone dalla faccia o dalla voce e segnalare la presenza di estranei, mappare l’ambiente e muoversi autonomamente, e consente di collegarsi a distanza per parlare con la persona assistita». Il laboratorio ha anche dato origine a uno spinoff – IT+Robotics, che si occupa di robotica industriale – e una startup, ExiMotion, dedicata ai dispositivi robotici di riabilitazione cognitiva e motoria.
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OPENFACTORY
Questo libro racconta la storia e l’evoluzione delle aziende che hanno scelto di raccontarsi e “aprire le proprie porte” al grande pubblico in occasione di «Open Factory» (27 novembre 2016), la più importante manifestazione di turismo culturale manifatturiero fino ad oggi realizzata. Aziende che rappresentano l’eccellenza di un territorio, storie che raccontano antiche tradizioni che riescono a vincere le sfide globali unendo competenze, passione e innovazione. Non ha importanza la dimensione di queste imprese, che possono essere piccolissimi laboratori artigiani o vere e proprie multinazionali tascabili: quello che conta nelle storie che sono qui raccontate è la dimensione culturale più ampia che hanno saputo dare al loro saper fare manifatturiero. Che l’elemento centrale del loro successo sia il design, la meccanica (e la meccatronica) o le nuove tecnologie lo si scoprirà leggendo queste pagine o anche semplicemente scorrendo le immagini che “raccontano” i dettagli del lavoro quotidiano. Settanta aziende fanno parte integrante di questo straordinario racconto. Straordinario perché al centro c’è sempre la passione per il lavoro. E perché questa passione incrocia sempre quel saper fare che ognuna di queste aziende innova quotidianamente.
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