Le Note del Ricordo

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LE NOTE DEL

RICORDO IL CODICE CHITI M. 13 DEI LINCEI Tre anni fa si spegneva Pierluigi Petrobelli, insigne musicologo e amico fin dalla fondazione della casa editrice Nova Charta e delle sue riviste. Alla sua memoria, qui richiamata nei ricordi dell’editore, Vittoria de Buzzaccarini, è dedicata l’ultima edizione del progetto “Salviamo un Codice” Claudio Sorrentino

L’

intervento conservativo sul codice Chiti M. 13, custodito presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, è stato eseguito presso il Laboratorio di restauro interno alla biblioteca stessa e promosso dalla casa editrice Nova Charta, nell’àmbito del progetto “Salviamo un Codice”, che nel 2011 riguardò anche un altro codice corsiniano: Il Modo di far navigabile il Tevere da Perugia a Roma di Cornelis Meyer (34. K. 16).

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IL CODICE Il manoscritto appartiene al fondo Chiti, acquisito dalla Biblioteca Corsiniana tra il 1757 e il 1759 e contenente una ragguardevole raccolta musicale, donata al cardinale Neri Maria junior da don Girolamo Chiti, custode della cappella Corsini al Laterano. Esso è costituito da manoscritti e spartiti a stampa, alcuni dei quali rarissimi. Chiti, nato a Siena il 19 gennaio 1679 e morto a Roma nel

1759 ormai ottuagenario, fu erudito, compositore e trattatista di fama: in oltre cinquant’anni, spinto dalla passione per la musica e per la sua storia, raccolse un rilevante corpus di manoscritti e di stampe, un’autentica miniera per studiosi ed esecutori di musica antica. Il codice M. 13, il cui testo fu vergato da Chiti stesso, fu prodotto in un vasto arco temporale, tra il 1721 e il 1756, e contiene ope re di vari autori cinque-settecenteschi. Miscellaneo e cartaceo, esso è


Claudio Sorrentino è collaboratore della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma. in apertura Il Codice Chiti M. 13 della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma. Particolare dell'assenza di un frammento. in basso Legatura distaccata.

composto da 77 carte e presenta ne: una caruna doppia numerazione: seguita con tulazione moderna, eseguita inchiostro rosso e postaa sul margine superiore destro, e una paginazione più antica, con inchiostro nero, che inizia a c. 60 e giunge sino all’ultima carta, per er un totale di 32 pagine. Il codice consta di nteriore e un bifoglio di guardia anteriore 19 binioni. Due fascicoli li risultano mutili, entrambi di una carta: il primo tra le carte 60 e 62, il secondo tra le carte 722 e 73; di ambo le carte restano no due frammenti a mo’ di “brachetachet-

ta” (cuciti pertanto al corpo del libro), riportanti tracce di scrittura che fanno supporre la presenza di testo sulle porzioni mancanti. In entrambi i casi, non essendo state riscontrate interruzioni né nella paginazione più antica né nella sequenza testuale, l’assenza delle due carte non pare di soverchio rilievo, se non dal punto di vista archeologico. Un ulteriore elemento di rilievo paratestuale è rappresentato da una annotazione posta nel margine inferiore di c. 1r, vergata da Chiti: “Questo libro a nessuno si presta, nemai si cava fuori di casa mia. Da P. Girolamo Chiti segnato nella donatione Corsini”. Il codice presenta una prima legatura in piena pergamena di pecora, montata “a tamburo” su quadranti di cartone alla forma, priva di decorazioni (è evidente solo un segno di penna sul piatto anteriore) e riportante

sul dorso, scritta a penna, la segnatura: un manufatto ordinario, dunque, di non particolare interesse storico e archeologico, impiegato a mera protezione delle carte. I tagli sono spruzzati di rosso. Lo stato di conservazione del codice era alquanto precario. A un primo esame autoptico, maggiormente evidenti erano gli ingenti danni strutturali, riguardanti la cucitura (rotta in più punti e causa del distacco dei fascicoli dal corpo delle carte) e il distacco della legatura e dei capitelli. Tuttavia i danni di maggior rilievo concernevano le carte, gravemente lesionate dagli effetti del consueto inchiostro ferrogallico. Trattandosi di un codice musicale, le carte presentano una facies grafica realizzata da sottili righi verticali (le stanghette) e orizzontali (i pentagrammi), la perforazione dei quali ha causato il taglio netto e la separazione in più porzioni della maggior parte delle carte (soprattutto nei casi di corrispondenza delle righe tra il recto e il verso di alcune carte, che ha ulteriormente aumentato il potere penetrante dell’inchiostro) e, nei casi più gravi, anche il distacco di minuti frammenti. Per quanto riguarda la rigatura delle carte, pur non essendo state rinvenute fonti attendibili per il periodo, è possibile supporre che sia stata eseguita con strumenti di rigatura multipla, che rendessero l’esecuzione più facile e veloce. Nella storia del libro manoscritto ne sono r rattestati diver-

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Claudio Sorrentino

stra molto delicata e comporta in ogni occasione la valutazione di numerosi elementi. Il metodo tradizionale, quello della deacidificazione acquosa, prevede il lavaggio della carta in una soluzione composta da acqua e da una sostanza alcalina. Questo tipo di deacidificazione presenta senz’altro notevoli vantaggi, tanto che, a giudizio di Antonio Zappalà, “è probabilmente il più efficace intervento di restauro conservativo da adottarsi obbligatoriamente quando la carta del documento è acida o quando siano presenti inchiostri che, per essere acidi, rischiano di perforare o hanno già perforato il materiale scrittorio”. Attualmente la tecnica di deacidificazione acquosa è sostituita da quella alcolica, ottenuta disciogliendo in alcool etilico una sostanza alcalina. L’alcool non possiede la medesima proprietà dilavante, penetrante e distensiva dell’acqua, tuttavia, rispetto ad essa, non contri-

si e per la rigatura a inchiostro di uso comune fu il “pettine a rigare”, composto da più pennini posti l’uno accanto all’altro per tracciare più righe alla volta.

L’INTERVENTO CONSERVATIVO All’inizio dell’intervento conservativo, che ha visto la preziosa collaborazione di Giampiero Bozzacchi, si è provveduto alla completa sfascicolazione del codice, al distacco dei capitelli e alla separazione della legatura membranacea dal corpo delle carte. Successivamente si è proceduto alla deacidificazione delle carte, un passaggio importante, poiché, richiedendo una molteplicità di tecniche, la scelta di quella più idonea si dimo54

in alto Annotazione alla c.1r. a destra, dall’alto Danni strutturali. Danni alle carte.


Il Codice Chiti m. 13 dei Lincei

UNA DEDICA E UN RICORDO dida Pluto perused umpteen botulisms, although fivemotivo bureauxdilamely marries two È per me particolare emozione dedicare la più recente tappa di “Salbourgeois sheep. Five extremely angstviamo un Codice” e il suo commentario al Maestro Pierluigi Petrobelli, come mi ridden poisons sacrificed one marzo del 2012, quando David Urmann, il partenaiero ripromessa quel primo chrysanthemum, then umpteen fountains re che con lui ha diviso gli ultimi quarant’anni di vita, me ne annunciò la fine annoyingly abused one almost quixotic avvenuta da pochi minuti. Non fu certo una notizia inaspettata, era malato grasubway. Pawnbrokers

buisce all’aumento della migrazione recto-verso, favorendo, invece, una migliore manipolazione; non indebolisce eccessivamente la carta, e, soprattutto, può essere somministrata senza la necessità di immergere il foglio. Negli ultimi anni è stata messa a punto la tecnica della deacidificazione con propionato di calcio disciolto in etanolo puro, somministrabile mediante la tecnica della nebulizzazione del foglio. Per la deacidificazione delle carte del codice Chiti M 13 si è optato per una soluzione idroalcolica, composta da propionato di calcio disciolto in etanolo puro e una minima quantità di acqua (3% circa). Proprio in virtù delle potenzialità sopra elencate, l’aggiunta di acqua si è resa necessaria per favorire sia l’ottimale ammorbidimento delle fibre sia la distensione della carta, permettendo una migliore ricon-

dall’alto e da sinistra Particolare della foratura marginale. Particolare della foratura sul margine superiore. Pierluigi Petrobelli con il manoscritto Archivio linceo 90.

ve da qualche tempo, ma segnò anche la fine di una consuetudine amicale e affettuosa di cui mi resta un caro ricordo. Anzi, un carissimo ricordo poiché Pierluigi era un mio prezioso amico, anche se non di lunga data, pur essendo quasi coetanei, nati e vissuti per un certo tempo nella stessa città, Padova, allora provinciale e bacchettona, con addirittura un vago legame parentale che si perdeva per i rami intricati dei primi anni ottocenteschi. Ci siamo invece incontrati, in stagione d’età già avanzata, a Venezia, dove le nostre rispettive abitazioni si affacciavano sull’acqua del canale della Giudecca a pochi passi l’una dall’altra, divise da un ponte e da un ristorante estivo dai toni mondani. E furono dapprima notturni estivi caldi e sonnacchiosi che ci trovavano in fondamenta seduti vicini all’acqua ad aspettare il “fresco” della sera – quella brezzolina che inevitabilmente si alza verso le 23 – immersi in racconti e riflessioni, recensioni di libri, articoli e spettacoli, commenti sui fatti del giorno, accompagnati da qualche sorso di un buon prosecco della Marca trevigiana. La serata si dipanava in allegria sotto lo sguardo attento e brillante di Bondo, il mio biondo cane meticcio, e si concludeva con una sua breve passeggiata con Pierluigi, che mi sollevava dall’incombenza di accompagnarlo poiché già allora avevo difficoltà deambulatorie. L’autunno e l’inverno portavano a più miti consigli e a brevi visite del Maestro in arrivo a Venezia da Parma, dall’Istituto Nazionale di Studi Verdiani: si fermava poche ore, che spesso trascorreva da noi (intendo con Giorgio, il mio compagno), in serenità. Ma quando Pierluigi lasciò Roma, la cattedra alla Sapienza e si trasferì, alla fine del 2007, armi e bagagli, con David alla Giudecca, gli incontri e le opportunità si intensificarono, allargate agli amici, alle sorelle Pisana e Daniela con i rispettivi consorti. Ma furono anche i tempi scanditi dagli interventi di Pierluigi Petrobelli con gli articoli sull’editoria musicale nelle riviste di Nova Charta, CHARTA e ALUMINA, il contributo su Angeliche armonie (Padova, Nova Charta, 2011) per il restauro del Graduale Liber VII della Biblioteca Antoniana di Padova, senza contare i consigli, le visite in redazione e l’aiuto straordinario quando, nell’ambito del progetto “Salviamo un Codice” abbiamo restaurato il codice 34 K 16 della Biblioteca Nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma (Sul biondo Tevere, Padova, NovaCharta, 2011). Vidi Pierluigi, con Giorgio e David, per il Capodanno 2012: vennero a cena da noi, ma non riuscimmo a tirare mezzanotte, lui era già sofferente, e ritornarono a casa prima. Ci siamo poi brevemente sentiti per telefono, ma non voleva vedere più nessuno. Alla fine parlavo solo con David. Il ricordo di Pierluigi Petrobelli è dei più gratificanti della mia tarda età. Vittoria de Buzzaccarini

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Claudio Sorrentino

dall’alto e da sinistra Particolare della vaporizzazione. Particolare dell'applicazione della carta giapponese. Riposizionamento dei frammenti. Particolare delle strisce successivamente al loro riposizionamento.

giunzione delle parti separate. Nel corso del tempo, infatti, la separazione di porzioni cartacee ha fatto assumere una conformazione irregolare al foglio.

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In fase di deacidificazione si è agito con due modalità: i fogli più resistenti e più facilmente manipolabili, protetti e sostenuti da due strati di reemay, sono stati immersi

nella soluzione, mentre ai fogli più danneggiati e meno resistenti la soluzione è stata applicata mediante nebulizzazione. Alla deacidificazione è succeduta la fase del restauro della carta, che ha richiesto l’uso di carte giapponesi di diverso tipo e spessore. In un primo tempo si è proceduto al rinsaldo delle carte, unendo le parti separate mediante l’apposizione, prima della completa asciugatura, di una carta giapponese più spessa (Japico Tengujo, 9 gr) nelle parti prive di inchiostro. Successivamente, con il foglio rinforzato e più facilmente manipolabile, si è provveduto ad applicare lungo le parti separate un altro tipo di carta (Kozo Creme), molto più fine (3,7 gr) e leggermente brunita; per l’adesione al supporto si è scelto un adesivo di metilcellulosa in soluzione al 5% (Tylose mh 300 p). I frammenti più minuti sono stati riposizionati correttamente grazie alla collaborazione di Ar-


Il Codice Chiti m. 13 dei Lincei

mando Carideo. Durante la collazione delle carte è emerso un elemento di sicuro rilievo: cinque strisce di carta scritta furono apposte su alcuni fogli, assai verosimilmente a correzione di porzioni testuali sottostanti: le prime quattro, tutte di cinque pentagrammi, furono apposte sui tre sistemi di c. 39r e sul primo sistema di c. 39v; l’ultima, di 6 pentagrammi, fu apposta sul primo sistema di c. 55v; tutte furono rigate a mano. Il loro sollevamento è avvenuto mediante umidificazione con uno strato di gore-tex, materiale impermeabile all’acqua, che permette il passaggio del solo vapore acqueo. Tale caratteristica consente di umidificare la carta uniformemente e lentamente, anche in maniera prolungata nel tempo, senza la necessità di esporla a diretto contatto con l’acqua. In fase di restauro le strisce sono state riposizionate, collandole parzialmente, in modo da poter essere sollevate e permettere la lettura sia del contenuto

della striscia sia del testo sottostante, riportato sulla carta. Restaurate e rinforzate, le carte sono state ulteriormente e definitivamente deacidificate mediante la somministrazione per nebulizzazione di una soluzione composta, in questa occasione, da solo propionato di calcio disciolto in etanolo puro. Definitivamente restaurati i bifogli, si è provveduto a ricomporre i fascicoli e a eseguire una nuova cucitura. Successivamente sono stati confezionati i capitelli, su anima di spago con un filo di lino di colore neutro. Il dorso del libro è stato rinforzato mediante l’apposizione di una “indorsatura” in carta giapponese e in fine tessuto di cotone.

La legatura originale si presentava in discrete condizioni e non necessitava di restauri di particolare rilievo, ma semplicemente del risarcimento degli angoli, finalizzato alla successiva ribattitura, e di una parte della coperta del piatto anteriore, interventi effettuati, in entrambi i casi, mediante l’utilizzo di nuova pergamena preventivamente scarnita. Nella fase di applicazione dei cartoni si è preferito non utilizzare quelli esistenti, in precario stato conservativo, che sono stati conservati separatamente e sostituiti con materiale nuovo, durevole per la conservazione. Si è provveduto, infine, al montaggio della coperta e al reinserimento delle controguardie originali.

dall’alto Particolare del restauro di una parte della coperta del piatto anteriore Cucitura del volume. Montaggio della coperta.

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