L'umbria dei sapori ottobre 2010

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www.lumbriadeisapori.it Direttore Responsabile: Alberto Mesca In redazione: Gilberto Scalabrini, Massimiliano Castellani, Marco Degli Innocenti, Simone Mesca, Mariolina Savino Hanno collaborato: Regione Umbria, Anna Nucciarone, Giulio Scattolini. Angela Canale, Simone Mesca, Danilo Nardoni, Antonio Luna, Michela Menghini, Giancarlo Picchiarelli, Luciano Loschi, Monica Latini. Casa Editrice: Nuova PromoEdit s.r.l. via Monte Acuto, 49 Foligno (Pg) Tel. 0742.321011 (r.a.) Fax 0742.321012 P.iva 02987340540 www.nuovapromoedit.it info@nuovapromoedit.it www.lumbriadeisapori.it info@lumbriadeisapori.it Autorizzazione: Reg. Trib. di Perugia Sez. Periodici N°5/2002 Reg. Periodici aut. del 01/02/2002 Sped. in abb. post. 45% Legge 662/96 art. 2 comma 20b Segretaria di redazione: Cinzia Mancia Grafica e impaginazione: Nuova PromoEdit : Marco Properzi Pubblicità: Nuova Promoedit s.r.l. ha collaborato Mario Bonucci Foto: Archivio Nuova PromoEdit s.r.l., Comune di Giano dell’Umbria, Comune di Spello, Luciano Loschi, Angela Canale Tutto quello che viene pubblicato su “L’Umbria dei Sapori” riflette unicamente il pensiero degli autori. Foto e testi anche se non pubblicati non si restituiscono. Finito di stampare ottobre 2010 Stampa: Grafiche CMF Foligno (Pg)

Unione Europea

Regione Umbria

Provincia di Perugia

Camera di Commercio

Corso di addestramento per cani da tartufo

-L'addestramento è un'istruzione che il proprietario da al cane al fine di esaudire una richiesta. Esistono quindi vari tipi di addestramento cani: addestramento per difesa, guardia, caccia, antidroga, soc-

Sommario

Anno 11 - N°3 - Ottobre 2010

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Editoriale di Alberto Mesca

“Puntiamo al brand Umbria” di Alberto Mesca

Il “flavour” delle cultivar dell’Umbria di Giulio Scattolini

Nuove varietà italiane per un nuova olivicoltura di Angela Canale

Olio di qualità superiore di “Calvarone” di Spello di Simone Mesca

Primi weekend di Frantoi Aperti e Festivol di Danilo Nardoni

L’olio dei Colli amerini dell’azienda “Oliveto” dalla Redazione

Dal 3 all’8 dicembre a Spello per il suo “oro” di Antonio Luna

Il territorio di Giano dell’Umbria tra olivi... di Michela Menghini

Norcia - Autunno del Gusto Il GAL, un alleato strategico per tutti di Giancarlo Picchiarelli

I funghi: che passione! di Luciano Loschi

Umbria: terra di vino Un decennio ricco di soddisfazioni puntando... di Alberto Mesca

Sfida all’ultimo calice per candidare... di Monica Latini

Trebbiano Spoletino - Sedano e salsiccia di Trevi Elicicoltura: una nicchia di mercato in crescita dalla Redazione

Suino Umbria: salvaguardia della tradizione di Monica Latini

Zafferano purissimo dell’Umbria di Alberto Mesca

In principio era la bionda! di Anna Nucciarone

Castagne: il frutto dell’autunno - Roveja di Cascia

corso, ricerca tartufi... -L'addestramento ha durata variabile e prevede un periodo di circa un mese di permanenza del cane presso di noi, conformemente all'addestramento che si vuole impartire. Sono previsti solitamente richiami periodici di perfezionamento o mantenimento. - L'addestramento base all'obbedienza é suggerito ed indicato a tutti i cani che migliorano così il proprio carattere e la giusta attitudine al vivere sociale oltre che con il proprio nucleo domestico. L'addestramento favorisce anche l'eliminazione o la riduzione progressiva di vizi o difetti comportamentali del soggetto canino. - L'addestramento specialistico o avan-

zato deve essere valutato per razza e soggetto. - L'addestramento al ritrovamento amatoriale del tartufo é un momento di simpatico gioco per il cane e un'occasione di belle passeggiate nel verde alla ricerca della preziosa "trifola" secondo le norme previste dai regolamenti locali. (si escludono metodi di addestramento non in linea con l'etica degli amanti animali). Ai corsi sono ammessi tutti i soggetti di razza e non, sia maschi che femmine dai 4 mesi in poi.

Per informazioni o acquisto cani: Zara Matteo - Montecastrilli (Tr) Tel. 340 1515096


Editoriale

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'Autunno in Umbria non è una stagione triste e grigia come molti pensano, ma anzi è la stagione della vera pruduzione agricola autunnale. E’ il periodo in cui le nostre campagne riprendono a vivere e ad esistere, non appena si dissolve il torpore d'agosto; ma è anche una stagione riflessiva che si pone fra la fine dell’estate e la preparazione delle feste natalizie. La natura rinvigorisce con le vigne rigogliose pronte per la vendemmia e gli uliveti pronti per la raccolta delle olive; una vera e propria festa che si celebra nelle campagne e colline dell’Umbria. La presentazione delle nuove annate, l'assaggio dei vini novelli, sono appuntamenti imperdibili, densi di significati allegorici e simbolo di un legame con la tradizione e la storia di un territorio ricco di cultura. L’appuntamento con la festa di S.Martino, come tradizione, ci permette di assaggiare e gustare i nuovi vini con le tradizionali castagne. L'Autunno è anche la stagione in cui si presenta l'olio nuovo, altra grande eccellenza gastronomica regionale. I frantoi si aprono, le fette di pane si abbrustoliscono all'aperto e all'insegna di convegni, mostre e degustazioni, la natura offre i suoi frutti migliori a chiunque voglia assaporarli. Alcune delle più celebri manifestazioni sono quelle organizzate a Giano dell'Umbria, Spello, Valtopina, Norcia e tante altre, che si svolgono ogni anno nel mese di novembre, in Umbria con itinerari che si snodano fra olivi millenari, antichi frantoi, borghi medievali ed abbazie; i programmi sono ampiamente dettagliati in queste pagine. Per celebrare l'olio nuovo delle nostre terre, dal 30 ottobre all'8 dicembre 2010, in alcuni dei borghi gioiello dell’Umbria va in scena “Frantoi Aperti”. E’ una sorta di staffetta gustosa articolata in sei weekend che, di paese in paese e di frantoio in frantoio, conduce alla scoperta di uno degli extravergine d'oliva più prestigiosi, piu buoni e famosi d'Italia: l'Olio Dop Umbria. Non vorrei dimenticare gli altri prodotti dell’autunno: le castagne, il sedano nero di Trevi, lo zafferano di Cascia e gli immancabili funghi. In ogni angolo della regione è un riaffiorare di sapori e profumi, sagre tipiche, eventi enogastronomici e mostre in un piacevole connubio tra cibo e cultura. Questo numero de “L’Umbria dei Sapori” vuole rappresentare un veicolo per guidare il lettore nella scoperta di questo particolare fervore che anima l’autunno umbro. Buona lettura!

Alberto Mesca


«Puntiamo al brand Umbria»

Fernanda Cecchini, Assessore alle Politiche Agricole e Agroalimentari della Regione Umbria

Regione Umbria Assessorato alle Politiche Agricole e Agroalimentari

di Alberto Mesca

umbra è al centro di profondi cambiamenti. Non solo a cambiamenti figli della crisi globale che ha aggredito tutti i settori della società, ma cambiamenti che vengono da più lontano. Dagli ultimi anni del millennio è entrata in crisi l’agricoltura che si limita a produrre derrate alimentari. Ancor prima delle bolle speculative dei mutui sub prime i signori dei mercati finanziari avevano cominciato a scommettere sulle materie prime. Le derrate alimentari, le cosiddette commodity, sono state trasformate in prodotti virtuali sui quali scommettere. Tutto è stato trasformato in carta, in contratti future sui quali speculare al rialzo o al ribasso. Poco importa a questi signori dietro un computer cosa succede nelle campagne. Il lavoro degli agricoltori, le loro famiglie, sono diventati fattori secondari da sacrificare alla logica di guadagni facili. L’agricoltura umbra ha subito fortemente queste fluttuazioni. Le produzioni che maggiormente contribuiscono al fatturato dell’agricoltura umbra: cereali, carne, latte, uova, tabacco, sono quelle più esposte alle fluttuazioni dei mercati. Per fortuna l’agricoltura umbra ha saputo rispondere e sta rispondendo alla crisi dei prodotti standardizzati, indipendenti da chi produce e da come si produce. Una risposta alla crisi guidata da produttori che hanno compreso l’importanza della qualità, dell’identità e della diversificazione. Una risposta delle aziende che ha trovato supporto nelle politiche regionali di sostegno al settore. Un’agri-

acciamo il punto sulla situazione dell’agricoltura in Umbria rivolgendo alcune domande all’Assessore Regionale Fernanda Checchini. Assessore Cecchini, a circa sei mesi dal suo insediamento, quale idea si è fatta della situazione dell'agricoltura in Umbria? «Prima della mia nomina ad Assessore ho fatto una lunga esperienza come Sindaco in un territorio per il quale l’agricoltura ed il suo indotto sono molto importanti. Per questo avevo già una mia idea dell’importanza e del valore dell’agricoltura Umbra ed anzi, è anche per questo che ho, con molto entusiasmo, accolto le deleghe affidatemi dalla Presidente Marini. Nei primi sei mesi di lavoro quanto da me percepito come Sindaco di Città di Castello ha trovato conferma. L’agricoltura

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coltura che, tuttavia, stenta ad individuare la fine del tunnel, soprattutto in alcuni comparti. Comunque un’agricoltura viva e vitale, che chiede supporto ma che è in grado di dare ancora tanto alla comunità regionale». La stagione è ricca di vino e olio di qualità, ma i produttori sono preoccupati per la difficile commercializzazione. La Regione Umbria ha in progetto delle iniziative per sostenerli? «Come dicevo lo sforzo è farsi riconoscere, distinguersi sui mercati mondiali, conquistare e mantenere quote di mercato Le produzioni umbre di vino ed olio sono senza dubbio collocate su posizioni alte in termini di qualità. La capacità e, oserei dire, la caparbietà di tanti produttori, che hanno saputo investire e scommettere sulla qualità, ha messo a disposizione del sistema regione una buona quantità di prodotti qualitativamente eccellenti. Ma essere capaci di produrre eccellenze non è sempre sinonimo di adeguata remunerazione sui mercati. Essere dei buoni produttori non basta. È necessario che questa capacità venga conosciuta ed apprezzata dai consumatori. Questo è sempre stato vero ma oggi, con la crisi mondiale che riduce i consumi, è ancora più vero. Soprattutto in mercati molto maturi e iper competitivi, come quello del vino ad esempio, la lotta per sopravvivere si è fatta pesante. La Regione è intenzionata ad aggredire il problema cercando, insieme ai produttori, nuove strade rispetto a quelle finora seguite con


buoni esiti, ma che oggi, di fronte alla crisi, non sono più sufficienti. Partecipare e sostenere iniziative promozionali di singoli produttori, o di singoli territori non funziona più. Ritengo finita l’era delle “prime donne” e ritengo giunto il momento di puntare ad una politica di aggregazione. È strategico promuovere il brand UMBRIA come valore aggiunto da legare ai prodotti di qualità che sappiamo esprimere come territorio. Sono convinta che i valori che nell’immaginario collettivo vengono percepiti quando si evoca il nome Umbria possono fornire il traino vincente per le nostre produzioni. Le risorse ci sono, anche se sono sempre più scarso. Proprio per questo è necessario concentrarle su iniziative d’impatto. Già dalle prossime settimane intendo imprimere un’accelerazione in questo senso». Ormai i prodotti tipici in Umbria sono tutti di alta qualità. Nei processi produttivi si è tenuto conto delle problematiche ambientali o è un aspetto trascurato in Umbria? «L’ambiente ed il paesaggio che conosciamo nella nostra regione e, oserei dire, in tutta Europa, è opera dell’uomo. Se escludiamo le cime delle montagne, infatti, tutto quanto ci circonda è frutto del lavoro umano. Quando immaginiamo un ambiente naturale piacevole, quando ammiriamo un bel paesaggio, quasi sempre è l’agricoltura che li ha plasmati e reso tali. Quindi parlare di agricoltura ed ambiente, almeno alle nostre latitudini, è definire la stessa cosa con nomi diversi. Ritengo doveroso ribadire questo concetto perché venga ben compreso. Tra i tanti beni pubblici che l’agricoltura produce, c’è, infatti, anche la salvaguardia dell’ambiente. Con questo non voglio certo sottovalutare gli impatti, a volte anche negativi, che possono derivare da un’attività economica che si basa sullo sfruttamento delle risorse naturali. È bene, tuttavia, che i cittadini sappiano che l’agricoltura è il settore produttivo più sorvegliato. Ad esempio, quando un agricoltore accede a qualsiasi aiuto pubblico deve garantire il rispetto di requisiti rigorosi in materia di ambiente, igiene, benessere animale e sicurezza sui luoghi di lavoro. E posso garantire che c’è chi controlla che questi requisiti vengano garantiti per davvero. Certo esistono situazioni nelle quali rendere compatibile l’attività agricola, soprattutto quando è intensiva, e la salvaguardia dell’ambiente può essere complicato, penso ad esempio all’allevamento di suini. Tuttavia vorrei sottolineare come le regole a salvaguardia

dell’ambiente in Umbria ci sono e sono rispettate. Questo vale nelle situazioni di emergenza legate all’attività agricola, quali quella di Bettona e Marsciano, ma vale anche nelle situazioni di inquinamento delle falde dovute a scarichi industriali. Come Assessore mi batto e mi batterò per garantire la giusta richiesta di rispetto delle regole ambientali dei cittadini umbri. Vorrei, tuttavia, sottolineare come questa giusta esigenza non può essere confusa con un cieco ed indiscriminato rifiuto di ogni attività zootecnica. In Umbria chi rispetta le regole può e deve poter continuare a produrre». Qual è il comparto agricolo in Umbria che risente maggiormente della crisi economica di questo periodo? «Come ho cercato di spiegare l’agricoltura umbra è più sensibile di altre realtà alla crisi globale. L’aumento indiscriminato e costante dei costi di produzione e

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la volatilità dei prezzi sono fattori che destabilizzerebbero qualsiasi settore. Sono ancora più destabilizzanti per un settore che ha delle rigidità strutturali che rendono complicato, se non impossibile, rispondere in tempo reale ai cambiamenti di scenario. Un produttore di beni industriali può, ad esempio, delocalizzare la produzione, questo non è certo consentito all’agricoltore che è legato alla terra su cui produce. Oltre a queste rigidità strutturali l’agricoltura sconta anche la “dipendenza” da politiche di sostegno che, di fatto, la condizionano pesantemente. La recente vicenda della fine degli aiuti al settore del tabacco né è un esempio. Credo che non sarebbe facile per nessun imprenditore assorbire un impatto come quello che si trovano a fronteggiare i nostri tabacchicoltori. Da un anno all’altro i ricavi si restringono ed i costi restano immutati se non aumentano.


Questo trauma è stato vissuto anche da altri produttori agricoli, seppure più diluito nel tempo, più graduale. Resta il fatto, comunque, che tutta l’agricoltura regionale soffre. La produzione lorda vendibile agricola regionale si sta contraendo da anni ma nell’ultimo biennio ha subito un’accelerazione. Il numero di aziende attive diminuisce, il numero di addetti anche. Forse in qualche settore la crisi morde di più, per fattori contingenti, come per il tabacco, a causa della volatilità dei prezzi, come per i cereali, a causa della contrazione dei consumi come per il vino, a causa dei costi di produzione come per la zootecnia. Nel complesso è, tuttavia, tutta l’agricoltura a risentire della crisi. Ma non serve a nessuno piangere sulla crisi. La crisi c’è, ora la scommessa è cercare di trasformare le difficoltà in opportunità, in un’occasione per far rivedere le strategie di imprese che si sono, per troppo tempo, adattate a sopravvivere. Penso alle occasioni di crescita economica che possono venire dalla green economy. Penso alla sfida della riforma della Politica Agricola Comune che è alle porte che, attraverso una ridistribuzione più equa del sostegno potrebbe dare nuova competitività a settori come l’ortofrutta o la zoo-

Tabacco coltivato in Umbria

tecnia estensiva, fino ad oggi penalizzate. La Regione e l’Assessore sono impegnati a fianco dei produttori per dare un esito positivo a questa difficile fase. Abbiamo ripreso un metodo di confronto e di concertazione che si era diluito. Stiamo affrontando la riduzione di risorse pubbliche impegnandoci a razionalizzare e semplificare l’apparato pub-

blico che si occupa di agricoltura. Sappiamo che la sfida è difficile, ma siamo ottimisti perché ogni giorno incontriamo aziende, imprenditori, cittadini che credono in quello che fanno e scommettono sul futuro dell’agricoltura umbra. Questo è per me molto motivante, visto che per carattere e formazione mi piacciono le sfide difficili».


Il “Flavour” delle cultivar dell’Umbria di Giulio Scattolini

determinano, appunto, una “sensazione complessa” data dalle connessioni e dalle interazioni delle due. MORAIOLO La cultivar del “Moraiolo” da un olio che all’olfatto si apre fruttato e vegetale, ricco di sentori che ricordano appunto l’oliva fresca, con note di erbe aromatiche a cui si aggiunge, al palato, giusta ed equilibrata, ma al tempo stesso decisa, sensazione di amaro e piccante. FRANTOIO All’olfatto la cultivar “Frantoio” si caratterizza con una persistenza netta ed elegante di erba fresca, appena tagliata, aromatica e con sentori armonici di mela acerba, accompagnati al gusto, da giusta sensazione di amaro e piccante.

ella valorizzazione di un prodotto di qualità sono le differenze che permettono il realizzo di prezzi più remunerativi. Nel caso dell’olio extravergine tali differenze positive, sono rappresentate dalle valenze organolettiche delle varie cultivar. Cerchiamo quindi di precisare, definire e caratterizzare dal punto di vista dell’analisi sensoriale le principali cultivar umbre. Ricordiamo che per “FLAVOUR” si intende l’insieme delle sensazioni olfattive e gustative che

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LECCINO La cultivar “Leccino” da un olio che all’olfatto si apre con un fruttato delicato che ricorda note floreali e di frutta matura confermato al palato insieme ad armoniche sensazioni di mandorla dolce e lievi sentori di amaro e piccante. SAN FELICE L’olio ottenuto dalla cultivar “San Felice” si presenta al saggio organolettico con ampie e, allo stesso tempo, delicate sensazioni di erbe di campo e di carciofo, confermate, al gusto, insieme ad

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una armonica e delicata sensazione di amaro e piccante. DOLCE AGOGIA La cultivar “Dolce Agogia” da un olio che all’olfatto si presenta ricco di toni delicati di mandorla e carciofo, accostati, al gusto, da giusta sensazione di amaro e lieve di piccante. Norme generali di comportamento per l’assaggio dell’olio 1 - Non fumare almeno 30 minuti prima dell’assaggio. 2 - Non usare alcun profumo, sapone o cosmetico il cui odore persista al momento della prova. 3 - Non ingerire alcun alimento prima di un’ora dall’assaggio. 4 - Accertarsi che le proprie condizioni fisiologiche e psicologiche siano positive, tali ossia da non compromettere la prova. L’Assaggio dell’olio 1 - Scaldare l’olio nell’apposito bicchiere colorato, utilizzando il riscaldatore (nella sala panel) o, nelle prove pratiche, scaldando con il calore della mano un piccolo bicchierino da caffè di plastica, in cui ne sarà versato una modica quantità, tenendolo coperto con un tovagliolo e stringendolo e agitandolo in modo circolare con, appunto, il palmo della mano.


2 - Annusare il campione cercando di captare tutte le sensazioni gradevoli o sgradevoli. 3 - Assumere l’olio, in bocca, direttamente dal campione, in un giusto quantitativo, circa l’equivalente di un cucchiaino; una quantità eccessiva infatti invece di migliorare l’assaggio lo ottunde. 4 - Aspirare dell’aria con una suzione prima lenta e delicata poi più vigorosa in modo da vaporizzare l’olio nel cavo orale, portandolo a diretto contatto con le papille gustative. 5 - Fare riposare un poco la bocca muovendo lentamente la lingua contro il palato. 6 - Ri-aspirare con la lingua contro il palato e labbra semi aperte. 7 - Ripetere dal punto 4° per più volte, tenendo l’olio in bocca per almeno 20 secondi.

8 - Espellere l’olio. 9 - Valutare attentamente le sensazioni retro-olfattive continuando a muovere la lingua contro il palato. 10 - Compilare la scheda del profilo sensoriale dell’olio evidenziandone i pregi e gli eventuali difetti.

LA SAGGEZZA DELL’OLIVO Un proverbio per ogni mese dell’anno Ricerca storica e antropologica a cura di Giulio Scatolini GENNAIO Quannu la luna di jinnaru manca ‘nnesta, puta e chianta. FEBBRAIO Se di febbraio corrono i viottoli empi di vino e di olio tutti i ciottoli. MARZO La domenica dell’olivo ogni uccello ha il suo nido APRILE Se mignola d’aprile vacci con il barile. MAGGIO Se mignola di maggio vacci per il saggio. GIUGNO Se mignola di giugno vacci per il grugno. LUGLIO Se piove per Sant’Anna l’acqua diventa manna. AGOSTO Per l’Assunta l’oliva è unta. SETTEMBRE Di settembre o porta via i ponti o secca le fonti. OTTOBRE Per Santa Reparata ogni oliva è inoliata. NOVEMBRE L’ulivu benedettu arde verde e arde seccu. DICEMBRE Le olive rendono non male quando hanno visto la Novena di Natale.

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’azienda Gradassi possiede circa 20000 ulivi tra proprietà ed affitto. La cultivar prevalente è il Moraiolo, ma abbiamo anche Leccino e Frantoio, anche se in musira molto ridotta. La raccolta viene eseguita sia meccanicamente, nei punti più pianeggianti, che manualmente nei punti più scomodi. Le olive vengono portate al nostro frantoio e lavorate internamente; una parte del prodotto, circa 1500 quintali viene venduto ai privati direttamente dal frantoio, mentre la parte restante, circa 5000 quintali va alla Cufrol, una azienda nostra consociata, che im-

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bottiglia e commercializza il nostro olio. Alla Cufrol si fa commercializzazione del marchio Gradassi che viene esportato in 27 Stati del mondo. Il 65% dell’intera commercializzazione viene eseguita all’estero e questo è l’unico modo per cui possiamo sopravvivere, altrimenti solo con il mercato italiano non ci sarebbe margine di guadagno. Negli ultimi anni stiamo “sbarcando” anche nelle nazioni emergenti come la Bulgaria, la Svolenia, ecc. In Russia, invece, siamo presenti già da un decennio con un marchio abbastanza affermato. L’azienda produce un grosso quantitativo di olio DOP, anche se quest’anno abbiamo deciso di ridurre un po’ la produzione. Oggi, il comparto sta versando in una grave crisi, perché purtroppo molte olive rimangono sugli alberi e molto olio rimane invenduto. Quest’anno la qualità è ottima, l’olio è meno aggressivo degli anni passati, molto più morbido ed elegante. Anche per questo ci dispiace dovere lasciare sugli alberi il prodotto a causa delle eccedenze che penalizzano molto il settore. Secondo me la Regione Umbria dovrebbe puntare molto di più sulla pubblicità televisiva dell’olio umbro, come avviene nelle altre regioni, perché solo in questo modo riusciremmo ad arrivare veramente a tutti. Carlo Gradassi


Nuove varietà italiane per una nuova olivicoltura di Angela Canale (Dr. Agronomo) o scenario olivicolo mondiale comprende circa 2000 varietà, di cui almeno il 25% si troverebbe in Italia. Quasi sicuramente è ipotizzabile che queste varietà, in passato così come in tempi recenti, si siano originate spontaneamente per disseminazione naturale e poi siano state fissate dall’uomo per moltiplicazione. Le diverse condizioni climatiche hanno contribuito in maniera determinante alla selezione di varietà in grado di adattarsi ai diversi ambienti e conseguentemente le esigenze agronomiche degli olivicoltori hanno portato ad un’ulteriore modifica di tale patrimonio varietale. La stabilità genetica della specie ha permesso la sopravvivenza di un elevatissimo numero di cultivar che giungono a noi inalterate da epoca remota. A questa conservazione ha sicuramente contribuito la longevità della pianta di olivo che ha portato l’olivicoltore alla conservazione di vecchie piante, seppur improduttive, magari adottando potature straordinarie di rinnovo, piuttosto che a procedere alla sostituzione delle stesse. Al di là della selezione fatta nel corso dei millenni in maniera empirica, che ha consentito l’individuazione di nuove cultivar nate spontaneamente, solo nell’ultimo trentennio si sono avviati programmi di incrocio intervarietale con l’obiettivo di migliorare determinati parametri agronomici della pianta e qualitativi del frutto. In particolar modo il miglioramento genetico mira ad ottenere piante in cui coesistono aumento della produttività, precocità e costanza di fruttificazione, aumento della resa in olio, maturazione contemporanea e differenziamento per epoca , esaltazione delle caratteristiche organolettiche dei principi biologici-nutrizionali e dei composti che ne aumentano la conservabilità. Un’altra caratteristica importante che viene presa in considerazione oggi è la vigoria contenuta. Il modello agronomico sperimentato a partire dalla fine dello scorso secolo, proposto

Raccolta meccanizzata con macchina scavallatrice in oliveto ad alta densità al 6° anno d'impianto

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dall’IRO-CNR di Perugia, ha puntato infatti l’obiettivo sul contenimento dei costi di manodopera attraverso l’impiego della potatura meccanica e della raccolta meccanica fatta con macchine scavallatrici che operano con una resa di raccolta di circa 4 ettari al giorno impiegando un solo operatore. Tenendo conto di questo obiettivo lo stesso Istituto ha selezionato e brevettato tre nuove varietà di olivo che sono state distribuite nel mercato nazionale ed estero a partire dal 1989. Si tratta di cultivar che hanno tutte le caratteristiche sopra indicate e una notevole capacità di adattamento ai diversi ambienti olivicoli, ottenute dal “Moraiolo” e dal “Frantoio”, due varietà interessanti e tipiche dell’Italia centrale. Oggi possiamo sicuramente affermare che l’utilizzo di queste varietà negli impianti ad alta densità hanno superato la fase sperimentale dimostrando di essere adatte sia a questo nuovo tipo di gestione meccanica dell’oliveto che per la conduzione completamente manuale di piccoli oliveti ad uso familiare dove su piccole superfici è possibile ricavare un 10

abbondante quantitativo di olio con un impiego limitato di ore in cui le operazioni colturali, potatura e raccolta, possono essere gestite da terra senza l’impiego di scale o di agevolatori, spesso scomodi da usare.

"pianta di olivo della cv FS17 allevata a "palmetta libera", orma di allevamento adatta per la raccolta con macchina scavallatrice"


cv DON CARLO (brev. CNR 2350 nv) La nuova cv Don Carlo è stata ottenuta per miglioramento genetico attraverso la selezione massale di una popolazione di semenzali proveniente da autofecondazione della varietà “Frantoio”. Rispetto alla varietà di origine presenta caratteristiche decisamente migliorative, quali: -Vigoria contenuta con possibilità di utilizzarla per impianti ad alta densità; -ampio adattamento a differenti ambienti di coltivazione dell’olivo; -autofertilità con elevata allegagione e tipica formazione a grappolo; -precocità di entrata in produzione con fruttificazione abbondante al 3° anno d’impianto; -frutto di dimensioni medio-grandi utilizzabile sia per olio che per olive da tavola; -maturazione mediamente tardiva; -resa molto elevata con ottime caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche elevate dell’olio; -alto contenuto in polifenoli e conseguente elevata stabilità; -dal punto di vista organolettico si caratterizza per armonico rapporto tra amaro e piccante con sentore netto di foglia.

cv GIULIA (brev. CNR 2358 nv) La nuova cv Giulia è stata ottenuta per selezione massale da una clonazione di semenzali della varietà “Moraiolo”; rispetto alla varietà di origine presenta caratteristiche decisamente migliorative, quali: -vigoria contenuta con possibilità di utilizzarla per impianti ad alta densità, ampio adattamento ai differenti ambienti di coltivazione dell’olivo; -autofertilità con alta allegagione e fruttificazione anche a grappolo; -precocità di entrata in produzione con fruttificazione abbondante a partire dal terzo anno d’impianto; -maturazione media (tra quella della FS 17 e quella della Don Carlo); -resa elevata con eccellenti caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche dell’olio che risulta di fruttato intenso e armonico; -alto contenuto in polifenoli dell’olio ed alta stabilità

cv FS 17 (brev. CNR 1165 nv) La nuova cv FS 17 è stata ottenuta per selezione massale da una popolazione di semenzali della varietà Frantoio; rispetto alla varietà di origine presenta caratteristiche decisamente migliorative, quali: -vigoria contenuta con possibilità di essere utilizzata per impianti ad alta densità; -ampio adattamento a differenti ambienti di coltivazione dell’olivo; -autofertità con elevata allegagione e tipica fruttificazione a grappolo; - precocità di entrata in produzione con fruttificazione abbondante dal terzo anno d’impianto; -accumulo di olio nel frutto con un mese di anticipo rispetto al “Frantoio”; -resa elevata e caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche ottime dell’olio che ne determinano stabilità alla conservazione; -dal punto di vista organolettico si caratterizza per avere note tipicamente erbacee e un rapporto equilibrato tra amaro e piccante.

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Olio di qualità superiore dell’azienda agricola “Calvarone” di Spello di Simone Mesca uciano Capodicasa è il titolare dell’azienda agricola CALVARONE di Spello. Lo incontriamo per parlare del suo pregiatissimo olio biologico. Com’è strutturata la sua azienda? «Sono circa dieci anni che abbiamo acquistato gli ulivi e il terreno nel comune di Spello e siamo riusciti ad arrivare ad una superficie di circa 20 ettari di terreno con la presenza di circa 4000 piante per la maggior parte (oltre il 95%) costituite dalla cultivar Moraiolo». Quanto olio riuscite a ricavarne? «Riusciamo a raccogliere nelle stagioni migliori circa 450/500 quintali di olive per un quantitativo in olio che può andare intorno agli 80/90 ettolitri in media». Viene commercializzato tutto con il Suo marchio? «Si.!La nostra azienda risponde ai requisiti di agricoltura biologica da ormai 7/8 anni e poi abbiamo la DOP della quale vantiamo una longevità di 10 anni di certificazione DOP Umbria sottozona Colli Assisi Spoleto». Qual è la differenza tra un olio extra vergine cosiddetto biologico e un olio “normale”? «Le differenza è che per avere un olio biologico l’azienda deve rispettare rigorosamente quello che è il disciplinare di produzione del biologico controllato da un organismo terzo accreditato (Ente certificatore per il biologico). Non possono essere usati alcuni prodotti come anticrittogamici, fosforati, organo-clorurati che invece vengono usati nella agricoltura convenzionale, sia come medicazione sia come coadiuvanti nei processi di produzione. Nella agricoltura biologica ci sono concimi certificati consentiti. Nella nostra azienda, nelle zone più alte tra i 500/650 mt non viene utilizzato alcun concime, poichè il terreno non consente la concimazione ottimale. Mettere a disposizione della pianta una sostanza inorganica che non viene metabolizzata dalla stessa sarebbe perfettamente inutile. La pianta riceve dal terreno tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno per un normale sviluppo di produzione, anche se non in quantità eccessive. Tuttavia a noi non interessa che la pianta produca quantità eccezionali perché noi non parliamo di quantità, ma a noi interessa la grande qualità. L’agricoltura biologica è uno stimolante affinché si produca olio qualitativamente ottimale atto ad ottenere la certificazione della DOP». Ci parli della raccolta. «Il ciclo produttivo in realtà prende tutto l’anno dal 1° gennaio al 31 dicembre. Anche le fasi della potatura sono importanti perché potare in un certo modo, significa migliorare la produzione di olive, in quantità relative ma costanti nel tempo anche perché in questo modo il mercato non subisca picchi di produzione che poi si ripercuotono sui costi dell’azienda. Gli anni in cui abbiamo grossa produzione il prezzo di mercato tende a scendere, l’anno successivo può capitare di produrre di meno e perdere fette di mercato. La raccolta, nella nostra azienda si effettua nel periodo che va

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dal 15 ottobre in poi, ed è un passo importante per ottenere la qualità dell’olio: noi raccogliamo manualmente le nostre olive evitando così ammaccature o ossidazione e quindi la perdita di qualità del prodotto. Le olive raccolte vengono macinate in giornata, con macinatura a freddo; tutto il processo, dal lavaggio fino all’uscita dell’olio non deve mai superare i 26/27 °C per legge; noi trasformiamo tra i 22 e i 23 °C così otteniamo l’eccellenza». Qual è secondo lei la soluzione migliore per i problemi legati alla commercializzazione e al prezzo? «Secondo me la soluzione è una sola. Dobbiamo produrre e commercializzare internamente senza andare a cercare altrove. Il consumatore si deve accertare che noi siamo agricoltori veri, produttori seri e perseguiamo la qualità in tutte le fasi della produzione. Il consumatore deve venire personalmente in azienda e vedere con i propri occhi come e dove è ubicata l’azienda, com’ è il management aziendale, e degustare personalmente l’olio, da solo o insieme ad altri prodotti locali come verdure o pane caldo, con i ceci e fagioli, nelle zuppe di farro e lenticchie, sui porcini (tutti prodotti coltivati dalla nostra azienda)». Può fare una stima della produzione 2010? «Purtroppo non siamo ancora in grado di fare una previsione. La stagione è appena cominciata, ma quello che ci interessa soprattutto è di riuscire a fare un prodotto che commercialmente possa distinguersi e competere con gli altri oli locali». 12



Primi week-end di Frantoi Aperti e Festivol di Danilo Nardoni ’autunno in Umbria si tinge sempre più di verde-oro, i colori dell’olio extravergine di oliva Dop Umbria. Prosegue con altri weekend di appuntamenti il percorso di “Frantoi Aperti” tra gusto, natura, ambiente, paessaggio, tradizioni, arte e cultura. Con l’intenzione di bissare il successo dei fine settimana già archiviati, vista l’ondata di turisti che ha invaso l’intera regione, “Frantoi Aperti” mette ancora una volta in campo la sua capacità di fare sistema valorizzando in maniera unica il connubio fra il territorio e i suoi prodotti, ovvero fra le eccellenze dell’Umbria. Un filo verde ci porterà a conoscere l’Umbria dal punto di vista oleario ancora fino all’8 dicembre prossimo. Dopo il successo di pubblico dei passati weekend, si potrà ancora entrare nei frantoi che saranno quindi non solo luoghi di trasformazione e di produzione, ma anche di accoglienza. Presentando l’olio, eccellenza del territorio, attraverso Frantoi Aperti si continuerà a dare anche risposta ad un turismo colto, selettivo per proporre

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territori importanti dal punto di vista colturale e culturale. Un evento attrattivo che si propone attraverso le sue iniziative in programma di avvicinare i turisti non solo nei momenti vivi della stagione, ma anche nei fine settimana più difficili dal punto di vista turistico. Protagonisti saranno ancora i tanti comuni e i frantoi aderenti dell’Umbria, con i visitatori che potranno nuovamente riscoprire il piacere ed il gusto dell’olio nuovo attraverso varie iniziative (spettacoli e attività culturali collaterali) che si snoderanno sempre lungo gli itinerari tracciati dalla Strada dell’Olio. Tra le manifestazioni inserite all’interno della manifestazione “Frantoi Aperti” c’è da segnalare, per questa prima parte di iniziative archiviate, il bel risultato ottenuto a Trevi da “Festivol”. Tra olio, sedano nero e altri presidi slow food, arte, musica e “papille”, l’evento è sempre più ormai entrato nei cuori degli amanti del buono, del bello e del giusto. In questa quarta edizione della manifestazione, Trevi si è animata attraverso un’esplosione di gusti, suoni e colori con una serie di iniziative dedi14

cate alle eccellenze agroalimentari, paesaggistiche, ambientali ed artistiche della città. Per tre giorni migliaia di persone hanno invaso il piccolo borgo umbro e i numerosi frantoi aperti del territorio. Trevi ancora una volta ha accolto a braccia aperte anche i tanti visitatori arrivati da fuori regione per festeggiare l’olio nuovo e per celebrare la prima spremitura con tre giorni di originali eventi a carattere gastronomico e culturale che hanno confermato “Festivol” come punto di riferimento per valorizzare e promuovere i prodotti agroalimentari di qualità, vista anche l’apertura ai presidi Slow Food umbri e a quelli di altre regioni. Il successo di Festivol, alla luce soprattutto degli arrivi extraregionali con i numerosi camperisti presenti e il tutto esaurito nelle strutture ricettive e nei ristoranti della zona, è il risultato di un progetto di marketing territoriale che va oltre la singola iniziativa e che permette di portare a compimento quell’azione di promozione, anche grazie alla realizzazione di pacchetti turistici mirati, la quale è riuscita a creare una vera e propria rete fra istituzioni, produttori, ristoratori, consumatori e turisti e che permette di lasciare dei segni concreti in tutte le varie attività del territorio.



L’olio dei colli Amerini dell’azienda “Oliveto” dalla Redazione ’azienda agricola “Oliveto” di Geltrude Contessa, con sede ad Amelia (TR) in strada di Cecanibbio, 38 si occupa soprattutto della coltivazione di ulivi, ma nell’azienda si producono anche cereali e vini tipici del comprensorio. Inoltre, annesso all’azienda, è in funzione l’agriturismo “Oliveto” con 10 appartamenti. Ne parliamo con Massimo Agabiti figlio dei fondatori dell’azienda agricola Geltrude e Guerriero. Nella vostra azienda agricola che tipo di ulivi coltivate? Facendo parte della sottozona dei Colli Amerini abbiamo tutti gli ulivi della varietà geografica della zona: il Moraiolo, il Frantoio , il Leccino e il pregiato Rajo, che è l’unica varietà di oliva che si coltiva nel territorio fra Nera Montoro e Amelia. In totale abbiamo circa 1100 ulivi. Quante olive raccogliete e quanto olio ne ricavate? Solitamente si raccolgono dai 200 ai 250 quintali di olive all’anno, dipende ovviamente dalla stagione, e produciamo circa 35/40 quintali di olio extravergine. E’ importante il periodo di raccolta e come vengono molite le olive? La raccolta viene fatta quando c’è il giusto grado di maturazione dell’oliva e avviene in modo manuale con l’aiuto di agevolatori elettrici; del resto non si potrebbe fare diversamente vista la zona collinosa e un po’ sconnessa. Tutti i nostri ulivi sono esposti a sud e quindi ricevono un pieno di sole. Le olive vengono lavorate esclusivamente in giornata e questo è importante per la qualità dell’olio. Ho notato che nella vostra azienda ci sono molti ulivi secolari... Si, sono davvero un patrimonio non solo da un punto di vista visivo, ma anche dal

Massimo Agabiti ritira uno dei tanti premi vinti dall’azienda “Oliveto”

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punto di vista della produzione dell’olio, quello che viene prodotto dagli ulivi di qualità “Rajo”. E’ un olio particolarissimo e sicuramente non c’è nessuna altra varietà a cui possa essere paragonato. Parliamo della commercializzazione Noi abbiamo iniziato a fare l’imbottigliamento nella nostra azienda nel 1996. Poi, dal 2001, abbiamo iniziato con la certificazione DOP Umbria dei Colli Amerini. Abbiamo fatto un salto di qualità non tanto per la qualità che facevamo anche prima, ma sicuramente ci siamo orientati verso una produzione di eccellenza e nient’altro. Chi sono i vostri clienti? I nostri clienti sono soprattutto privati e famiglie che vengono personalmente nella nostra azienda o nella struttura agrituristica, persone che acquistano il nostro olio tramite il passaparola, i negozi specializzati, le enoteche, i ristoranti e tutti coloro che richiedono la “vera qualità” per metterla direttamente a tavola. La Vostra azienda è stata più volte vincitrice di premi nei concorsi oleari. Quale è il vostro segreto? Questa è una domanda che tutti si fanno e tutti ci pongono… certamente vince un premio chi riesce a produrre un olio che è

diverso, anche se di poco, rispetto ad un altro e questo si fa riuscendo a curare tutti i minimi particolari. Diciamo che riusciamo a produrre… un olio perfetto! Parliamo dell’agriturismo Siamo stati la prima azienda, nella zona di Amelia, ad avere la licenza per fare agriturismo. Il comune ce l’ha rilasciata nel luglio del 1990 quando si incominciava a parlare di agriturismo, ma nessuno sapeva cosa fosse. Abbiamo concepito, gia al tempo, una struttura divisa in appartamenti al fine di ricreare per gli ospiti una abitazione simile alla loro, con tutti i conforts e spazi all’esterno. Il fabbricato lo abbiamo suddiviso in dieci unità per il massimo di posti letto concessi, vale a dire circa 30. Possiamo quindi invitare i turisti a venire nel vostro agriturismo “Oliveto” per trascorrere una vacanza in pieno relax? Certamente, chiunque può venire. Possono vedere tutto, gli possiamo raccontare tutto: vedere come si raccolgono le olive, come si trasformano e come cambia l’olio a seconda delle varietà o dell’epoca di raccolta, o ancora in base alle condizioni climatiche. Sono meccanismi molto particolari e delicati! Una vacanza veramente unica e particolare.

Immerso nel verde delle colline Amerine, l'agriturismo Oliveto è innanzitutto luogo ideale per poter ritrovare tranquillità e pace a contatto con i ritmi della natura. La struttura dispone di 10 appartamenti, tutti con ingresso indipendente

Strada di Cecanibbio, 38 Amelia (TR) Tel. e Fax. +39 0744 981101 www.agriturismooliveto.it - info@agriturismooliveto.it


SOLO OLIO DEI MIEI ULIVI «La nostra è una azienda agraria di circa 25 ettari di cui 15 coltivati a uliveto, principalmente nelle due frazioni di Pigge e Bovara per un totale di circa 5000 piante. La varietà prevalente è il Moraiolo che è la cultivar tipica della zona di Trevi, tuttavia abbiamo anche una piccola percentuale di Frantoio e Leccino. La raccolta è iniziata a metà ottobre, quindi abbastanza presto, in modo che olive ancora verdi abbiamo un buon fruttato e un livello di polifenoli più elevato rispetto alle olive in maturazione tardiva. Nella stagione 2010 si prevede un raccolto abbondante di circa 1000 quintali di olive, lavorate esclusivamente nel nostro frantoio aziendale, giornalmente entro 24 ore, per cercare di ottenere una qualità sempre superiore del prodotto. Abbiamo un im-

pianto continuo, una tecnologia molto avanzata con lavorazione a freddo (26/27 gradi ) che ci consente di ottenere un olio di ottima qualità. L’obiettivo è proprio questo: puntare esclusivamente ad ottenere i massimi livelli qualitativi. I nostri clienti sono famiglie, privati e ristoranti sia italiani che esteri, ma soprattutto sono buongustai, palati fini che si intendano di prodotto buono. Il nostro olio può essere consumato su tutte le pietanze ma è particolarmente adatto a bruschette, pinzimonio, carni arrosto e zuppe di legumi. La conduzione familiare del Frantoio Lucentini garantisce un ottimo rapporto qualità/prezzo». Lorenzo Lucentini


Dal 3 all’8 dicembre a Spello per il suo “Oro” La storica festa della civiltà dell’olivo chiuderà Frantoi Aperti Veduta di Spello

di Antonio Luna (Assessore Comune di Spello)

La più antica manifestazione olivicola dell’Umbria In Umbria torna a risplendere la festa della civiltà dell’olivo. L’Oro di Spello, 49° Festa dell’Olivo e Sagra della Bruschetta è il grande evento che chiuderà Frantoi Aperti anche nel 2010. La più antica manifestazione di promozione olivicola regionale ed una delle più antiche d’Italia è in programma dal 3 all’8 dicembre nella Splendidissima Colonia Julia. Giunta alle soglie dei 50 anni, la storica manifestazione può giustamente definirsi la più importante celebrazione della cultura olearia umbra. Dagli anni ‘60 infatti racconta il rapporto tra l’uomo, la terra e la sua più apprezzata pianta locale. Una festa che esprime un riconosciuto momento identitario: a Spello infatti le radici della cultivar Moraiolo scendono profondamente nel cuore della sua comunità. Non è un caso che proprio 50 anni fa uno Spellano come il Senatore Giuseppe Salari desse il suo nome ad una legge che introdusse per la prima volta in Italia il concetto di Extravergine per la salvaguardia della produzione di qualità, da cui si estese alle altre nazioni europee. Non è parimenti un caso che sempre a Spello siano nati nel 1947 il più antico Frantoio cooperativo e nel 1907 il più antico Credito

rurale cooperativo dell’Umbria. Da quattro anni la denominazione ORO DI SPELLO, rilanciando con spirito moderno e scenografico il folclore e la tradizione, vi aggiunge una strategia volta a promuovere il grande prodotto che matura sulla fascia pedemontana del Subasio, monte di San Francesco. La grande FESTA della BENFINITA chiude Frantoi aperti 2010 Fin dalla metà dello scorso secolo, terminata la raccolta delle olive, sulle aie dei casali rurali si celebrava la cosiddetta

“festa della benfinita”: ogni squadra di operai addobbava un tralcio di olivo utilizzando gli oggetti più svariati. Chiamata in dialetto “frasca”, era in genere destinata al padrone o al “caposcala” (il coordinatore della squadra). Intorno alla pianta addobbata si raccoglievano tutti i protagonisti della raccolta. Al suono degli organetti si ballava il “salterello”, si recitavano stornelli, si bevevo vino e si gustavano i piatti semplici della cucina contadina. La maggiore novità dell’edizione 2010 sarà proprio la grande festa della Benfinita, che si celebrerà lungo il centro storico, per la prima volta durante l’intera giornata. Prevista per Domenica 5 dicembre chiude idealmente anche l’intero evento Frantoi Aperti. Fin dalla mattina i carri della “Frasca”, allestiti dalle Associazioni di Volontariato e dalle Scuole, convergeranno dalle campagne al centro storico mostrando, lungo la città, scene di vita contadina, canti, musica e danze. Alle 11.00 i figuranti convergeranno in costume su Santa Maria Maggiore per la messa di benedizione della stagione olivicola e del nuovo prodotto, mentre alle 14.30 partirà la sfilata finale che si concluderà in Piazza della Repubblica con la premiazione delle migliori realizzazioni. E’ questo un evento fortemente voluto dalla città che rivendica un maggiore protagonismo per raccontare la civiltà Uliveti della zona di Spello

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dell’olivo, attraverso il Centro Sociale Centro Storico, Centro Sociale San Felice, il Comitato per Acquatino, il Comitato per Capitan Loreto, la Parrocchia Santa Luciola, la Scuola materna di Limiti, Terzieri Pusterula, Mezota e Portachiusa Il Palazzo del Gusto Indiscutibile protagonista della manifestazione è l’Extravergine della nuova stagione, preannunciata eccellente, presentato dai suoi migliori produttori. Con le loro aziende agrarie possono vantare, anche quest’anno, importanti riconoscimenti nazionali e regionali. Esperienza d’obbligo è una visita, con annessa degustazione di bruschette, al più antico molino cooperativo dell’Umbria: il Frantoio di Spello, UCCD, nato nel 1947, appena fuori le mura. Entrando in città la vostra metà irrinunciabile è il Palazzo del Gusto. Come per tutti i tesori che si rispettino è pensato quale vero forziere, aperto ai visitatori, ove apprezzare lo straordinario Oro di Spello. Collocato nella Parrocchiale di Santa Maria Maggiore, poco lontano dagli affreschi del Pintoricchio, sarà caratterizzato da banchi di assaggio dell’extravergine di oliva DOP Umbria, sottozona Colli Assisi–Spoleto, a cui accompagnare la degustazione guidata di prodotti tipici locali quali cereali, legumi, tartufo, miele, marmellate e vini della nostra splendida terra. Vi incontrerete lo stesso Frantoio di Spello, il Frantoio Ragani, la ditta il Tartufo di Paolo e le seguenti Aziende Agricole: Acquabianca di Giorgio Brunori, Bartolini Anna, Calvarone di Capodicasa Luciano, Ciri Fabio, Felicioni Simona, Spineto di Celletti Giorgio, Salari Giuseppe, F.lli Sportoletti. Arte in tavola I tre terzieri Pusterula, Mezota e Porta Chiusa, apriranno, come tradizione, le taverne-bruschetterie per far riscoprire i piatti della memoria contadina, a base di prodotti rigorosamente a Km 0. Qui avrà luogo, in tre tappe serali, la quarta edizione del concorso gastronomico “L’Oro di Spello”, con una giuria speciale composta da una delegazione dell’Accademia Italiana della Cucina. Grazie al nuovo progetto di sistema e turismo dell’olio, le strutture alberghiere di A.S.O., Associazione Spello per l’Ospitalità hanno predisposto dei pacchetti “ad hoc” e l’A.R.S., Associazione Ristoranti Spello rinnoverà l’evento “A.R.S. in

tavola”: una variegata serie di menù, tutti con prodotti rigorosamente a Km 0, caratterizzati dall’ORO DI SPELLO extravergine d’oliva. Convegni, Educational, Minicorsi di degustazione Tradizionale il convegno del sabato mattina presso la BCC di Spello e Bettona: quest’anno il tema affrontato sarà Energia alternativa per lo sviluppo delle Aziende agrarie e la tutela del paesaggio. Non mancheranno Educational e Mini corsi di degustazione presso il Palazzo del Gusto ove approfondire la cultura e il valore della qualità a tavola. Musica e spettacolo Dal 3 all’8 dicembre turisti e visitatori troveranno diversi artisti in evidenza. Tante sono le iniziative dedicate alla manifestazione: musica lirica, spettacoli teatrali, danza contemporanea e concerti di musica pop. La musica lirica prevede quest’anno la grande esibizione dei Solisti di Perugia, in concerto domenica 5 alle 21.30 presumibilmente presso l’ Auditorium della Madonna della Consolazione di Prato. Due sono invece gli spettacoli teatrali pensati per l’evento dalla Compagnia Fontemaggiore: Cibo, Eros e Misfatti vari, previsto al Teatro Subasio venerdì 3 alle 21.30 e Gnam Gnam, in scena invece sabato 4 alle 18.00, a cui va aggiunto uno spettacolo di teatro amatoriale previsto per domenica 5 alle 17.30. Non è da meno la danza contemporanea del gruppo Deja donné che, con Juke box letterario, si esibirà presso la Parrochiale di Santa Maria Maggiore, sabato alle 16.00. Per le vie del centro si alterneranno in aggiunta la musica country del cantante americano Rand Burkert, l’allegria dell’Umbertide Brass Band e il gruppo folk Le Antiche Tradizioni. Infine sabato 4, alle 14.30, presso gli impianti sportivi dell’Osteriaccia è in cartellone il triangolare calcistico Memorial Mauro Buono, organizzato dal Terziere Pusterula. Pittura e fotografia Come per ogni edizione anche questa volta il logo della manifestazione nasce dall’opera di un pittore locale: lo Spellano Antero Scarponi, che ha il suo studio nella caratteristica via Giulia. Presso il Palazzo Urbani-Acuti, venerdì 3 verrà invece inaugurata la prima mostra fotografica, aperta a tutti gli alunni dell’Istituto comprensivo Galileo Ferra19

ris di Spello, in collaborazione con il Circolo Cine Foto Amatori Hispellum. Domenica 5 avrà invece luogo la tradizionale estemporanea di pittura, aperta ad artisti provenienti da tutta Italia. A Piazza Matteotti invece, presso la Pro Loco, una mostra d’arte in via di definizione si accompagnerà all’esposizione dell’opera che rappresenta la manifestazione. In Italia e in Europa: produzioni tipiche a confronto Con una grande cena italo-portoghese a base di Porto, Baccalà e… Oro di Spello verrà presentata la nuova stagione olearia e si parlerà anche quest’anno di produzioni tipiche a livello internazionale. Incontro per l’Europa è un progetto di amicizia e promozione territoriale, con le delegazioni dei comuni di Murça dal Portogallo e Le Cendre dalla Francia. L’evento è in collaborazione con l’Associazione Regionale Umbra Lavoratori e Famiglie (Arulef) e la Regione dell’Umbria, Servizio rapporti internazionali e cooperazione. Un recuperato patrimonio di memoria e competenze In conclusione possiamo affermare che dopo una fase di stanca, nel recente passato, si è prodotto un recuperato e crescente interesse da parte della città, delle associazioni di volontariato, dei Terzieri, della Scuola, delle attività commerciali nei confronti di questa manifestazione e del grande valore della cultura e delle colture contadine di cui è portatrice. Un credito che già negli anni ‘60 aveva nella promozione agroalimentare del territorio e nella rievocazione delle sue tradizioni un forte elemento aggregante. Con l’Oro di Spello torna a risplendere la festa della Civiltà dell’Olivo.


Il territorio di Giano dell’Umbria ...tra olivi millenari, abbazie benedettine e frantoi aperti

di Michela Menghini ungo la dorsale dell'antica strada Flaminia, in provincia di Perugia, si trova Giano dell'Umbria. Un incantevole borgo medioevale, terra di olivi millenari, bellezze architettoniche ed eccellenze enogastronomiche in cui tradizione, storia e cultura si incontrano dando vita ad un’atmosfera unica piena di colori, profumi e sapori. Un territorio tutto da scoprire e da “gustare”!! Suggestivi paesi, ricchi di storia ed arte, costellano il comprensorio di Giano dell‘Umbria: Montecchio, Camporeggiano, Seggiano, Macciano, Torinetto, S. Stefano, Casa Maggi, Palombaro, Formicaro, S. Sabino, piccoli nuclei antichi ma ospitali. E poi Bastardo, unico paese “moderno”, sorto nel dopoguerra con alcune risorse industriali. Infine il Monte Martano (m. 1094), da cui si gode uno spettacolo straordinario su tutta la vasta pianura umbra e le montagne circostanti, sul quale, presso il rifugio San Gaspare, si può trovare ristoro.

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trecenteschi dell'abside al ciclo quattrocentesco di Giovanni di Corraduccio, fino a tutto l'apparato barocco. Durante i lavori di restauro sono anche emersi ulteriori affreschi di scuola umbra del XV e XVI secolo, che arricchiscono il già ricco corredo artistico della Chiesa. ABBAZIA DI SAN FELICE Poco lontano da Giano si trova l'abbazia di San Felice, un vero capolavoro di architettura romanica umbra con influssi lombardi ed affinità con chiese spoletine. L'impianto è a tre navate suddivise da colonne in conci, con una zona presbiteriale sopraelevata a tre absidi, queste ultime di modello lombardo, così come lombardo è il motivo della volta a botte della navata centrale, rare in Umbria.

Il carattere romanico dell'edificio, nascosto da interventi settecenteschi, è stato riportato alla luce da un restauro del 1958. La chiesa mostra a tutt'oggi la sua originaria struttura romanica risalente al XII secolo, mentre il chiostro e le costruzioni, che si sviluppano sul fianco destro della chiesa, vennero edificate e completate in un lasso di tempo che va dalla seconda metà del XVI secolo al XVIII secolo. La facciata, in conci rossi di S. Terenziano, originariamente a quattro spioventi, è stata ampliata ed alzata nel XVI secolo, cosa che le ha conferito l'attuale aspetto a capanna. Sopra al portale a tre incassi, dall'architrave scolpito, si apre l'elegante trifora che irradia la sua luce all'interno, a tre navate con volta a botte, intervallate da colonne in conci (come le pareti) che formano sette campate (di cui tre compongono il presbiterio). Una moderna ripida scalinata in travertino conduce al presbiterio e alle tre absidi con catino circolare. La cripta risale alla stessa epoca della chiesa (anche se qui si riscontra un più largo uso di materiale di recupero) e conserva l'arca in cui sono custodite le reliquie di San Felice. Il chiostro, di pianta rettangolare, ha le arcate sorrette da robusti pilastri quadrangolari a mattoni vivi; sopra ogni pilastro sono affrescati busti di santi e beati. Gli affreschi sulle pareti raffigurano le storie della vita del santo. All'interno del quadrato del chiostro si trova una cisterna per la raccolta delle acque piovane. Curiosità: La cultivar “San Felice”. Abbazia di San Felice

CHIESA DI SAN FRANCESCO La Chiesa di San Francesco, recentemente restaurata a seguito del terremoto che l'aveva resa inagibile, è considerata una delle prime costruzioni francescane in Umbria e conserva al suo interno pregevoli testimonianze della storia dell'arte umbra, dagli affreschi 20


Ulivi millenari

La cultivar autoctona San Felice caratterizza la Dop Umbria, sottozona “Colli Martani”, combinandosi, conformemente al disciplinare, insieme al Moraiolo, che è la varietà più diffusa sulle colline della Regione, e ad altre cultivar come Leccino, Frantoio e, in misura minore, Rajo e Vocio. Fortemente localizzata nell’area centrale dell’Umbria (prevalentemente a Giano dell’Umbria e nei tre Comuni circostanti, Montefalco, Castel Ritaldi e Gualdo Cattaneo) la San Felice è una delle poche varietà autoctone, insieme alla Dolce Agogia nella zona del Trasimeno e alla Nostrale di Rigali a Gualdo Tadino, a presentare un fortissimo legame con il territorio di riferimento. La storia della sua introduzione e la relazione con la monumentale e omonima abbazia benedettina, che sorge nel cuore del Comune di Giano, rende questa particolare “tipicità” un valore in sé, in cui il valore culturale si affianca all’elemento agronomico e ambientale, determinando un “unicum” straordinario. I toni meno accentuati di piccante dell’olio prodotto con la varietà San Felice, rispetto ad altre varietà umbre come il Moraiolo, lo rendono adatto per abbinamenti con zuppe, carni bianche e condimenti a crudo.

l’Olio” che trasformerà il suggestivo borgo medievale, con le sue stradine, piazze e bellezze paesaggistiche, in uno spettacolare palcoscenico in cui celebrare la tradizione e la cultura dell’Olio extra vergine di Oliva, filo conduttore di una serie di attività promozionali che puntano a valorizzare il territorio e le produzioni di eccellenza di Giano dell'Umbria. La “Festa della Frasca” era una tradizione contadina tipica di diverse zone rurali dell'Umbria centrale, legata al periodo della raccolta e lavorazione delle olive. Una volta terminata la fase della raccolta si celebrava la cosiddetta “bonfinita”, allestendo sulle aie dei casali rurali delle feste improvvisate addobbando con piccoli doni, destinati

LA RIEVOCAZIONE FESTA DELLA FRASCA Giano dell’Umbria, cittadina immersa tra le dolci colline umbre, si presenta a turisti e visitatori con un autunno ricco di eventi ed iniziative turistiche. Un vero e proprio viaggio tra “Le Vie del-

in genere al padrone o al “caposcala” (il coordinatore degli operai), un tralcio di olivo (chiamato in dialetto umbro “la frasca”). Intorno alla pianta addobbata si raccoglievano per la festa tutti i protagonisti della raccolta. Al suono degli organetti si ballava il “saltarello”, si recitavano gli stornelli, accompagnati dal vino generoso e si degustavano i piatti semplici della cucina contadina. Per vestire l'olivo a festa si utilizzavano gli oggetti più svariati, dai fiocchi colorati alla frutta, caramelle e piccoli giochi per bambini, compresi i piccoli doni per i festeggiati, come ad esempio calze o cravatte. A Giano dell'Umbria tale tradizione è rimasta viva fino alla fine degli anni '50. A partire dal 1996 il Comune di Giano l'ha rievocata all'interno della manifestazione “Le Vie dell'Olio”. Oggi la tradizione della Frasca viene rievocata con una grande festa. Un carro, tirato dai buoi, trasporta la “frasca” addobbata fino alla piazza principale del paese, accompagnata dai coglitori in abiti d'epoca come il “guazzarone” (una sorta di tunica che veniva utilizzata per ripararsi dall'umidità, dalla nebbia e dai rigori invernali frequenti in epoca di raccolta) e con strumenti originali (come i rastrelli di legno e il “cojituio”) e da un gruppo folkloristico che rievoca i canti e le danze della tradizione contadina umbra. Una volta arrivati in Piazza del Municipio vengono preparate e offerte in degustazione gratuita le tradizionali “bruschette” con olio novello e altri prodotti tipici, come le frittelle di pane e i dolci, il tutto accompagnato dall'ottimo vino delle colline gianesi.

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Un momento particolare della festa della Frasca

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Il gusto di Norcia in un week-end

Il Vice Sindaco di Norcia Adriano Di Stefano

Dimostrazione della lavorazione della ricotta in piazza San Benedetto nella 1a edizione del 2009

a II edizione della kermesse “Autunno del Gusto”, in programma a Norcia dal 19 al 21 novembre prossimi. “Sarà un evento esclusivo per incontrare cuochi di ogni livello e grandi cultori della gastronomia, in un contesto assolutamente unico e privilegiato come quello offerto dalla città natale di San Benedetto, che per l’occasione, oltre al suo incredibile paniere di prodotti tipici, farà conoscere la sua cultura, le sue tradizioni e le sue innumerevoli risorse ambientali”. “All’Autunno del Gusto – ha detto il Vice Sindaco di Norcia Di Stefano - ce ne sarà per tutti, e per tutti i gusti: gare tra chef emergenti e dimostrazioni culinarie live da parte di chef stellati e di noti personaggi del mondo dello spettacolo; dimostrazioni di antichi mestieri, rievocazioni storiche, concerti, esibizioni comiche, itinerari storici e visite guidate gratuite ai musei della città, degustazioni e assaggi, …”. Insomma, un ricco ed interessante penultimo week-end di novembre. “La Provincia di Perugia – ha voluto sottolineare l’assessore Bertini – tiene in gran conto tutte le iniziative promosse dai nostri 59 Comuni, soprattutto quelle che, come l’Autunno del Gusto, puntano sulla qualità, non solo dei nostri prodotti ma di tutta la filiera turistica, che si compone di tanti tasselli, compreso lo sport. Lo scorso

anno – ha fatto notare – abbiamo attivato lo sci da fondo a Castelluccio e a Forca Canapine, arrivando a registrare numeri davvero significativi”. La rassegna, promossa dal Comune di Norcia e dalla provincia di Perugia (alla quale sarà riservato uno stand in piazza proprio per promuovere il turismo sportivo di Forca Canapine e Castelluccio), esalterà la filiera gastronomica locale e tutte le produzioni tipiche nostrane ormai affermate nel panorama non solo nazionale: le norcinerie, il tartufo nero pregiato, le lenticchie ed i formaggi. I ristoratori locali, gli chef emergenti e i re italiani dei fornelli ne esalteranno le qualità, con ricette esclusive realizzate in diretta, che il pubblico potrà assaggiare e giudicare. Tutte le dimostrazioni culinarie e le degustazioni si svolgeranno presso il Centro di commercializzazione dei prodotti tipici in via Solferino dove ad occupare la scena saranno apposite cucine attrezzate. Gli itinerari e i percorsi storici sono stati programmati per consentire, a chi ne avesse l’interesse, la scoperta dei tesori artistici ed artigianali conservati nel museo della Casellina, nel Criptoportico Romano di Porta Ascolana e nel palazzo Cavalieri di Malta, dove è allestita la “mostra della civiltà contadina”. Uno dei momenti più interessanti e coinvolgenti della tre giorni nursina

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sarà quello riservato al “Processo al pecorino”, in programma per domenica pomeriggio. Dopo l’assoluzione del prosciutto dello scorso anno, l’appuntamento si preannuncia di quelli accattivanti e da non mancare, se non altro per la presenza di vip del mondo dello spettacolo, giuristi e nutrizionisti di fama nazionale. Una Corte d’Assise di altissimo livello e preparazione, composta da giornalisti, gastronomi, nutrizionisti, rappresentanti della filiera produttiva e nomi celebri come quello di Anna Moroni e Andy Luotto, sarà chiamata a dibattere sulle ‘presunte’ colpe del rinomato alimento. Al fianco della giuria popolare si schiereranno anche i visitatori dell’“Autunno del gusto”, ai quali sarà data la possibilità di partecipare al dibattimento. Non resta allora che organizzare una capatina a Norcia, per conoscere le nuove frontiere del gusto e scoprire le sorprese più ghiotte per tutti i palati.

Norcia “Autunno del Gusto” dal 19 al 21 novembre 2010



Il GAL, un alleato strategico per tutti

di Giancarlo Picchiarelli (Presidente del GAL Valle Umbra e Sibillini)

l territorio ha tutte le carte in regola per porsi come un esempio di modelli ineguagliabili e non ripetibili altrove, dunque da scoprire e vivere direttamente sul posto. Ne è convinto Giancarlo Picchiarelli, da un anno alla guida del Gal Valle Umbra e Sibillini,

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che mette l’accento sulla ricchezza di tradizioni, di emergenze storiche ed ambientali che costituiscono un patrimonio unico nel suo genere nel pur vasto panorama europeo. Un principio che si ritrova per intero in quello che è il quarto asse del Piano di sviluppo locale rurale regionale e che in questo ambito si traduce nel Piano di sviluppo locale per il 2007-2013. “Puntiamo molto su innovazione, sperimentazione, complementarietà per spingere in avanti la qualità complessiva del territorio - sottolinea Giancarlo Picchiarelli - è una bella sfida che il territorio è comunque in grado di accogliere se si considerano i primi numeri del nuovo Psr”. Il Gal si conferma infatti come un punto di riferimento ma soprattutto come un alleato strategico per soggetti pubblici e privati nella gestione dei fondi europei e regionali che interessano i settori di competenza. Basti considerare che nel precedente piano Leader Plus nel periodo 2000-2006 si è raggiunto un risultato particolarmente positivo grazie all’utilizzazione di tutti i fondi assegnati. Anzi, addirittura di più perché il virtuosismo del Gal Valle Umbra e Sibillini ha consentito di otte26

nere un supplemento di finanziamenti. “Un bel segnale di operatività e di buona gestione” chiosa Picchiarelli. La rendicontazione relativa alla realizzazione dei vari interventi aggiornata al 31 dicembre 2008, approvata dalla Commissione di controllo regionale, parla chiaro: l’investimento complessivo è stato di sei milioni 471mila euro, dei quali tre milioni e 809mila euro hanno costituito il contributo pubblico mentre 2 milioni e 662mila quello dei privati. E per l’attuazione dell’Asse 4 del Psr 2007-2013 che trova nel piano locale “Le valli di qualità” il suo fulcro, i numeri sono ancor più importanti: 7 milioni e 55mila euro spalmati sulle strategie per lo sviluppo locale, sulla cooperazione e sulla gestione. “Certo il momento è difficile e la crisi si fa sentire anche nell’attuazione dei progetti finanziati – sottolinea il presidente del Gal – ma, attraverso la concertazione con tutti i soggetti coinvolti, grazie proprio alla filosofia del Gal improntata al massimo confronto, siamo pronti ad operare le necessarie ricalibrature d’intesa con la Regione. La stessa caratteristica del Leader è quella del coinvolgimento delle comunità. “A noi


giunta alla 30^ edizione. Il comune di Valtopina, mediante la Comunità Montana Monti Martani, Serano e Subasio, fa parte dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo che quest’anno celebra il ventennale della sua costituzione. Sono previsti diversi momenti di presentazione dell’attività sui media nazionali che si concluderanno nel mese di novembre con un evento a Milano, il 5 novembre 2010 al Palazzo delle Stelline, con il patrocinio della Regione Lombardia in avvicinamento all’Expo 2015. Tutto ciò contribuisce a far conoscere ad un pubblico molto vasto le nostre peculiarità come richiamo per un turismo consapevole e attento alla nostra cultura, all’ambiente ed all’enogastronomia.

sta a cuore la crescita del territorio e con i tecnici del Gal siamo aperti alla massima disponibilità per contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio – evidenzia Picchiarelli – attraverso il programma, presentato dopo varie consultazioni con gli attori locali, che vede un volano di sviluppo nei prodotti tipici del territorio”. Il momento stagionale si presenta molto interessante per i nostri prodotti di eccellenza. La produzione dell’olio nuovo, promossa dalla manifestazione “Frantoi aperti” evidenzia una buona quantità e qualità. L’altro prodotto principe del territorio, il tartufo, vive una delle migliori stagioni degli ultimi anni e verrà esaltato nella Mostra Mercato di Valtopina,

VA L L E UM BRA e S IBILLI NI gruppo di azione locale

Oltre 70 espositori di tartufo e prodotti tipici

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Ristorante con menù “a tutto tartufo”

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Sabato pomeriggio: degustazioni gratuite di prodotti tipici Escursioni sul Monte Subasio alla ricerca del tartufo

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Eventi Mostra d’arte e fotografiche Manifestazioni gastronomiche al centro del paese Pacchetti turistici in albergo, agriturismi, bed&breakfast 27


I FUNGHI: che passione! Testo e foto di Luciano Loschi (Micologo, Presidente del Gruppo Micologico Naturalistico Folignate)

Amanita Caesarea Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia esprime il suo pensiero sulla bontà ma anche sul pericolo del funghi del genere Amanita che allora venivano chiamati boleti. Egli racconta della morte da avvelenamento con l’ Amanita phalloides, che Agrippina, moglie di Tiberio Claudio, causò al marito, dando così al mondo un altro veleno, il proprio figlio Nerone. iniziato l’autunno, la stagione ideale per i funghi, sono sempre più numerose le persone che per hobby, professione o solo per mangiarli, vanno a passeggio nei prati e nei boschi alla ricerca di funghi.

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Amanita phalloides

Oggi i funghi commestibili costituiscono una pietanza apprezzata da molti, essa va consumata a condizione che non generi intolleranze individuali. Ad esempio Il Boletus edulis, Boletus aereus, Boletus aestivalis, sono i porcini più consumati sulle tavole degli italiani, essi sono ricchi di uno zucchero chiamato trealosio, le persone che hanno deficit o mancanza dell’enzima che lo metabolizza cioè la trealasi, sono intolleranti a queste prelibate specie di funghi.

L’habitat dei funghi

I FUNGHI A TAVOLA I funghi sono ritenuti un alimento eccellente della nostra tavola. Fin dai tempi dei romani erano conosciuti e apprezzati sulle tavole degli imperatori, ad esempio “l’ovolo buono” ha come nome scientifico: Amanita caesarea, la cui etimologia deriva dal greco “amanitai” che indica un appellativo dei funghi in genere e caesarea dal latino “casareus”: di Cesare, il fungo dei Cesari, imperatori di Roma.

Boletus aestivalis 28


I FUNGHI DELL’UMBRIA I Sanguinelli” dell’Umbria

Ci sono inoltre alcune specie che possono essere consumate a condizione che siano rispettate alcune regole nella loro preparazione. L’ Armillaria mellea conosciuta come “La famigliola” prima di essere cucinata va fatta bollire in acqua per circa 30-40 minuti, va poi buttata l’acqua di bollitura. In questo modo le tossine solubili rimaste nell’acqua di bollitura verranno completamente eliminate ed i funghi possono essere cucinati e consumati senza problemi.

Lactarius sanguifluus

E’ una specie che nasce in simbiosi con il Pino. Se andate per boschi di latifoglia (Castagno, Roverella, Cerro, Faggio, ecc..) certamente non aspettatevi di trovare il Lactarius sanguifluus. Molto probabile è invece trovarlo in autunno nelle nostre Pinete di Pinus nigra . Altro “Sanguinello” buon commestibile, apprezzato dai cercatori di funghi dell’Umbria è il Lactarius deliciosus. Armillaria mellea

COME SI RICONOSCONO I FUNGHI I funghi vengono identificati con un nome scientifico, composto da due parole il primo identifica il genere di appartenenza (ad esempio ‘Boletus’) il secondo la specie (ad esempio ‘aereus’), è come se avessero un “Cognome” rappresentato dal genere ed un “Nome” rappresentato dalla specie. Con tale nomenclatura binomiale vengono riconosciuti a livello universale. Ma il cercatore comune li identifica con un nome “volgare” che varia da territorio a territorio, il Boletus aereus in Umbria viene spesso chiamato ‘porcino nero’, per la colorazione marrone scuro del suo cappello. Il piacere di andare per funghi, non conosce età e classe sociale, la passione della ricerca dei funghi consente inoltre di conoscere meglio il proprio territorio, di apprezzarlo e rispettarlo. Attenzione, però, è necessario saper riconoscere le specie tossiche e velenose. In questo piccolo spazio non è possibile dare informazioni esaustive sull’argomento, per approfondire le conoscenze delle varie specie e le norme da rispettare per il loro consumo è consigliabile seguire dei corsi di formazione erogati dai vari gruppi Micologici, in Umbria essi sono: Associazione Micologica Eugubina Gruppo Micologico Naturalistico Folignate Circolo Micologico Naturalistico Perugino Gruppo Micologico Valle Spoletana Gruppo Micologico Ternano Gli indirizzi sono reperibili sul sito: http://www.amiumbria.org

Lactarius deliciosus

Esso presenta una carne color arancio pallido, al taglio presenta un latice color carota. Il suo habitat da fine estate all’ autunno è sotto pino silvestre e pino nero, su suolo acido. Queste due specie di “Sanguinelli” sono presenti in abbondanza nelle Pinete dell’Umbria. Sono molto ricercati nelle zone del Ternano e Spoletino. Sono buoni commestibili da cucinare arrosto sulla griglia. 29


“I PORCINI” DELL’UMBRIA

Il fungo primaverile principe della tavola Calocybe gambosa

Boletus aestivalis

Calocybe gambosa

E’ la specie di Boletus più profumato ed anche più invaso da larve. Nasce nei boschi di latifoglia prediligendo cerro, castagno, roverella e faggio. Il carpoforo presenta un cappello di color nocciola chiaro o scuro, pori bianchi da giovane, poi gialli, infine verde oliva. Reticolo sul gambo bene evidente, la carne bianca e immutabile, odore caratteristico del porcino. Boletus aereus Habitat come il Boletus aestivalis, periodo di crescita subito dopo il B. aestivalis. Cappello di color marrone scuro tendente al bronzo (per questo chiamato anche con il nome volgare di “Bronzino”). Pori come il B. aestivalis, reticolo sul gambo più scuro di quello del B. aestivalis.

Gambosa deriva dal latino ”gambosum” = garretto, cioè con il gambo grosso. Sinonimi : Tricholoma georgii, Lyophillum gambosum, Lyophyllum georgii (georgii perché il suo periodo di crescita è metà Aprile, il 23 Aprile è il giorno di S. Giorgio) Nomi volgari: prugnolo (perché spesso si associa a rosacee arbustive, con cui è in simbiosi, come Prunus spinosa, “biancospini”, Crategus, etc.) sull’appennino Umbro-Marchigiano nelle zone di Colfiorito e Serravalle del Chienti viene chiamato spugnolo. Habitat: Il fungo essendo anche saprofita lo si può ritrovare in luoghi soleggiati, luminosi, aperti ed erbosi. Sui prati la presenza del micelio è ben visibile dall’alto perché si notano

Boletus aereus

Cerchi delle streghe 30


strisce d’erba più scura e azotata, chiamate “cerchi delle streghe”. Lo si può trovare anche nelle boscaglie o ai margine delle stesse, invase da sottobosco di rovi, pruni o biancospini con i quali è in simbiosi. Periodo di crescita: va da inizio Aprile, ad altitudini intorno ai 600-900 msl ed in zone riparate, fino alla fine di Giugno, ad altitudini sopra i 1000 msl. Nei prati di Castelluccio di Norcia, lo si ritrova ad altezze intorno ai 1.400 msl nel periodo che va dal 15 Giugno in poi. Consigli per la raccolta: poiché il micelio del fungo si trova molto in superficie, fare attenzione a non rovinarlo con rastrelli o altri arnesi(proibiti dalla legge), in tal caso non ritroveremo più questo prelibato fungo nello stesso sito negli anni successivi. Nelle regioni Um-

bria e Marche è proibito raccogliere esemplari di prugnolo con diametro del cappello inferiore ai 4 cm. Se andate a passeggio nei prati nel periodo a partire da fine Aprile e vedete delle piante di biancospino fiorito, avvicinatevi, guardate nell’erba intorno ed odorate, c’è probabilità che il forte odore di farina vi faccia avvertire la presenza di prugnoli. Gastronomia: è un eccellente commestibile per tutti gli usi di cucina, è uno dei pochi funghi che presenta contemporaneamente le tre caratteristiche di : buon odore, buon gusto e bell’aspetto. Ricetta per un risotto ai prugnoli: Nel risotto le sottili, delicate, lievi e suggestive fragranze del fungo prugnolo vengono esaltate. Il riso prescelto è della varietà Fino Ribe.

La preparazione del risotto è la seguente: cipolla rosolata delicatamente, nella quale si immette il riso, che viene dapprima asciugato e tostato; poi, unito il vino bianco secco, se ne conduce la cottura ricorrendo a buon brodo di carne per circa 20'. I funghi vengono uniti quasi a fine cottura, negli ultimi 5'. Altri serviranno per la farcitura a crudo a scagliette, unitamente a poco burro e poco parmigiano a fuoco spento. Buone notizie per i diabetici: pare che il “prugnolo”abbia proprietà ipoglicemizzanti tali da eliminare lo zucchero dalle urine dei diabetici, anche quando l’insulina risulta inefficace alle normali dosi. Infine ricordarsi sempre della regola: i funghi vanno consumati in basse quantità e a pasti distanti.


Umbria: terra di vino 'eccellenza dei vini umbri è dovuta a molteplici ragioni: l'orografia collinare che favorisce l'esposizione al sole, la ricchezza delle acque, il clima continentale ma dolce, la struttura dei terreni, prevalentemente argilloso-calcarei, particolarmente adatti alla produzione vitivinicola. Queste condizioni oggettivamente favorevoli hanno indotto gli abitanti della regione a dedicarsi alla coltivazione della vite e alla produzione del vino fin da tempi antichissimi.E questa lunghissima, millenaria tradizione dà ai vignaioli umbri una capacità tecnica tutta particolare, che ben si accompagna al carattere di questa regione così gelosa delle sue tradizioni, dei suoi metodi produttivi antichi, semplici, naturali.

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LA STORIA Visitando alcuni siti museali umbri come quello di Torgiano o osservando opere pittoriche e affreschi del Pinturicchio ad Orvieto o di Benozzo Bozzoli a Montefalco (solo per citarne alcuni) si capisce quanto sia antico il vincolo che lega questa terra al vino. Numerosi ritrovamenti archeologici testimoniano come gli Umbri abitavano le terre a sinistra del Tevere ,e gli Etruschi, a destra, fossero dediti alla viticoltura ben prima dell'arrivo dei Romani. Questi ultimi apprezzarono i vini della regione, prevalentemente bianchi, ma anche rossi e rosati, che si ottenevano dai vigneti in coltura promiscua. La vite veniva allevata con il sistema del tutore vivo, ovvero sostenuta da un albero, in genere acero campestre, olmo o pioppo; in questo sistema i tralci, rara-

mente potati, cadevano liberamente verso il suolo. Ancora oggi non è difficile riconoscere l'eredità etrusca in qualche vecchia alberata, dove l'olmo potato a coppa (in Umbria si chiama a 'testucchio') sorregge la vite, alternato a piante di olivo; questo naturalmente, in qualche angolo toccato dal generale processo di rinnovamento che ha investito la regione negli ultimi decenni. La viticoltura dei Colli Amerini è ricordata, con ammirazione, nelle Georgiche di Virgilio. Nel Medioevo, i dolci vini bianchi di Orvieto si guadagnarono un pasto di privilegio sulla mensa dei papi e il Sagrantino di Montefalco si fece conoscere e apprezzare per la sua morbida e fruttata robustezza. A Montefalco, ad esempio, sono ancor oggi produttivi dei terreni messi a vigna da almeno un migliaio di anni, secondo un'ampia documentazione notarile, tuttora esistente. Rispetto alla vicina Toscana e al Lazio questa regione è rimasta più isolata, per alcuni versi si è mantenuta 'incontaminata', e fino a tempi recenti le sue grandi potenzialità nel campo enologico non sono state sviluppate adeguatamente. Ma alle soglie del Duemila l'Umbria si presenta con una produzione di vini di ottima qualità, offerti a prezzi in linea con le loro caratteristiche; le crescenti affermazioni del vino umbro sul mercato italiano e su quelli stranieri ne sono la conferma. IL TERRITORIO L'Umbria, che con un'immagine poetica è stata definita 'il cuore verde dell'Italia', è costituita prevalentemente da zone montuose e collinari, ricchissime di 32

acque e di boschi. Il suo territorio si estende sul versante tirrenico dell'Appennino umbro-marchigiano, che nelle sue cime elevate supera i 1500 metri di altezza. La dorsale appenninica forma verso Nord e verso Est uno spartiacque che spinge il Tevere (il fiume attraversa tutta la regione in senso longitudinale) e i suoi affluenti verso il Lazio e lascia la strada aperta alle correnti atmosferiche provenienti da Sud e da Ovest. Le montagne declinano in colline e altopiani verso Ovest e Sud, modellati dai numerosi corsi d'acqua e da laghi, il più importante dei quali è il Trasimeno, quarto per grandezza nella penisola. Le pianure sono appena il 6% del suo territorio e si sono formate sul fondo di antichi bacini lacustri, colmati da depositi alluvionali o prosciugati artificialmente. La natura del suolo è piuttosto varia ed è costituita da rocce di varie epoche geologiche. Le zone più adatte alla viticoltura sono le fasce collinari, dove il microclima è mitigato dagli influssi tirrenici mentre i numerosi fiumi, insieme al lago Trasimeno, garantiscono il giusto apporto di umidità. In queste zone i terreni sono argilloso-calcarei e ricchi di sabbia, talvolta così chiari di colore (a causa del calcare) da ricordare i pallidi terreni delle più pregiate zone vinicole francesi. Tutta la regione si trova al di sopra dei 100 metri di altezza e le precipitazioni sono in genere abbondanti durante l'inverno; le estati sono molto assolate ma temperate dalle bozze. Tutto questo garantisce un ottimo ciclo vegetativo alla vite, che anche nelle annate siccitose non soffre eccessivamente. I VINI DOCG: Montefalco Sagrantino Torgiano Rosso Riserva I VINI DOC: Assisi - Colli Altotiberini Colli Amerini - Colli del Trasimeno Colli Martani - Colli Perugini - Lago di Corbara - Montefalco - Orvieto Classico - Rosso Orvietano - Torgiano I VINI IGT: Allerona - Bettona - Cannara - Narni - Spello - Umbria



Un decennio ricco di soddisfazioni puntando ad un futuro internazionale

Luciano Cesarini, Presidente del consorzio di tutela Vini di Montefalco

di Alberto Mesca a qualità dei vini di Montefalco è ormai conosciuta e apprezzata non solo in Italia, ma anche in tutto il mondo. Il merito è attribuibile anche al Consorzio di Tutela dei Vini di Montefalco, presieduto da Luciano Cesarini, che ha accettato volentieri di rispondere ad alcune nostre domande. Ing. Cesarini qual è il ruolo del consorzio? “Il Consorzio di tutela dei vini di Montefalco promuove e tutela i vini che ven-

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gono prodotti a Montefalco: il Sagrantino, il Sagrantino passito, il Rosso di Montefalco, il Montefalco bianco e il Montefalco Riserva rosso. Questi vini vengono prodotti su 670 ettari di uve sagrantino e su 480 ettari di uve rosso di Montefalco. Il sagrantino è prodotto con un vitigno autoctono che viene coltivato solo qui nell’area di Montefalco, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Bevagna. Solo in questa terra si produce vino Sagrantino tale da poterlo scrivere legalmente in etichetta. Il rosso di Montefalco è costituito dal 60/65% di sangiovese, il 10/15% di sa-

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grantino ed il resto da bacche rosse coltivate in Umbria (prevalentemente il merlot, il cabernet, il ciliegiolo e il barbera). Il Montefalco bianco è un vino che viene ottenuto principalmente con uve di qualità grechetto e trebbiano. La Montefalco “Riserva” risente dell’obbligo di vinificazione specifica con un anno d’invecchiamento in più rispetto al Rosso Montefalco. Come si è evoluto negli anni il Vostro lavoro? Noi siamo passati dal 1999 quando avevamo 109 ettari di vigneti coltivati a Sagrantino e 450 ettari per il Rosso Montefalco, ad oggi quando contiamo rispettivamente 670 ettari e 480 ettari. Da un anno, inoltre, è stata introdotta anche per il Rosso di Montefalco la “Fascetta” fiscale, come per il Sagrantino. Da quando abbiamo introdotto questo sistema di controllo sono state commercializzate 2 milioni di bottiglie, pari al numero di fascette consegnate. Questo significa che siamo riusciti a mettere su un binario di legalità la commercializzazione del prodotto Montefalco. In precedenza ne veniva venduto molto, ma non controllato. Oggi siamo riusciti a portare la vendita allo stesso numero della produzione. Questo è un grande successo per noi. Un altro grande successo è stato quello di aver bloccato l’eccesso di produzione, con il fermo degli insediamenti al 2005, grazie anche all’intelligenza della Regione Umbra che sta dando una grande mano al sistema viticolo umbro. Si è passati dalle 9 can-


tine del 1999 alle 56 cantine nel 2010, che producono con circa 115 etichette. Con i tanti investimenti arrivati nel Montefalco oggi il Sagrantino è vinificato da gente che sa quello che fa; il prodotto è buono, ma è anche vero che ciò ha portato ad un eccesso di produzione dovuta ad un errore di programmazione nella crescita, qualcuno dice contravvenendo a delle direttive comunitarie. Ci parli della commercializzazione. Il Sagrantino nel panorama vinicolo mondiale è il vino che ha incrementato di più le vendite nel mondo passando dal 1999 con 400.000 mila bottiglie a 1 milione e 400 mila bottiglie di oggi per un incremento del 250%. Sfido chiunque ad avere incrementi nelle vendite di queste proporzioni. La strada da seguire è quella di una commercializzazione collettiva. Le Istituzioni, Consorzio in testa, debbono favorire questa politica che eviterebbe la confusione del mercato prodotta da tante etichette Abbiamo bisogno di basi logistiche in giro per il mondo che ci aiuterebbero a ridurre i costi , aumentare la comunicazione e la reperibilità dei mercati. La situazione della differenza dei prezzi è dovuta a vari fattori: ci sono produttori che in cantina hanno eccedenza di prodotto, e carenze di liquidità. Se questi ettolitri non vengono venduti nei tempi giusti e c’è necessita a settembre di fare la vendemmia, succede che dovendo liberare i contenitori, bisogna svendere il vino eccedente. Il vino, qualora non sia stato vinificato con attenzione, dopo qualche anno può subire un processo di ossidazione anche in bottiglia per questo quelle cantine che non sono sicure del loro prodotto sono costrette a svendere il proprio Sagrantino.

Bisogna dare atto a Caprai di aver lanciato il sagrantino nel mondo; come mai non fa parte del consorzio? Caprai ha avuto un ruolo fondamentale nel far conoscere il Sagrantino, anche se non ha mai fatto parte del consorzio. Lo stiamo corteggiando da tempo affinché comprenda l’importanza di presentare Montefalco come un territorio coeso e vincente. Peraltro la Sua esperienza, all’ interno del Consorzio potrebbe consentire scelte più coraggiose e tempestive. Del resto quando in un pollaio ci sono più galli anche le galline vogliono cantare, e questo non fa bene a nessuno. Il Consorzio non ha mai avuto un ufficio stampa. Pensa di poterlo istituire in futuro ? Ritengo che sia la necessità primaria ed impellente non appena avremo risolto i problemi di liquidità che in questo momento è “il problema”. Grazie ai nuovi rapporti che siamo riusciti ad istaurare con le Istituzioni oggi guardiamo al futuro con ottimismo in quanto con Gepafin e banche abbiamo studiato un prodotto finanziario che consenta ai soci di ottenere un finanziamento a 18 mesi per una cifra pari alle quote dovute al consorzio. Abbiamo fatto un accordo con la Regione affinché vengano accelerate le pratiche del pagamento dei PSR. L’assessore Cecchini ci sta dando una grande mano. Inoltre, abbiamo fatto accordi con le maggiori manifestazioni umbre affinché nelle loro taverne non compaia più vino sfuso, ma esclusivamente vino etichettato che lasci al turista il ricordo del territorio. Stiamo cercando con Sviluppumbria di organizzare anche basi logistiche in America, in Cina, Corea, Brasile e Romania. E’ in corso, 35

poi, un accordo con l’Università per fare degli studi mirati su tre progetti fondamentali: uno legale per mettere a disposizione degli associati le leggi e i regolamenti di ogni nazione e affrontare l’esportazione in maniera conosciuta. Il secondo per il marketing per studiare la segmentazione del mercato , la conoscenza e la percezione del Sagrantino nel mondo. Il terzo progetto con l’Università di agraria di Milano e di Perugia che servirà a realizzare un accordo tra consumatore, distribuzione territoriale ed il coltivatore per la salvaguardia del territorio. Con questo strumento l’imprenditore locale prende l’impegno di garantire, nel tempo, la coltivazione in un contesto ecocompatibile, mentre i ristoratori,professionisti e commercianti, distribuzione inclusa, prenderanno l’ impegno a favorire il consumo dei prodotti del Consorzio. Con i sindaci del territorio e la Regione stiamo inoltre lavorando all’ipotesi di un progetto dove un unico testimonial famoso diventi il motore per accelerare la conoscenza del Sagrantino e dell’ Umbria nel mondo. Un’ultima curiosità, che molti ci chiedono: a cosa servono le piante di rosa all’inizio dei filari di sagrantino? Nascono dall’esperienza della tradizione. La scienza ha dimostrato che le rose subiscono l’aggressione dell’oidio, quello che noi in Umbria chiamiamo volgarmente cenere, tre giorni prima della vite. Quindi si mette la rosa come sensore, come allarme per l’arrivo dell’oidio che compare sulle rose tre giorni prima che sulla vite .Il contadino sà di dover correre a solfare le viti. Oggi ci sono altri metodi, ma le rose simboleggiano una grande tradizione agricola.


Sfida all’ultimo calice per candidare il miglior conoscitore di Sagrantino Premiazione del IV Gran Premio del Sagrantino in presenza del sindaco di Montefalco Donatella Tesei

di Monica Latini fida all’ultimo calice per candidare il miglior conoscitore di Sagrantino: 15 campioni della Sommellerie internazionale si sono cimentati in un vero e proprio challenge di altissimo profilo che ha esaltato il valore di tutti i vini di Montefalco, in particolar il Re Sagrantino. Tutti riuniti intorno al tavolo della splendida sala consiliare del Consorzio Tutela Vini Montefalco hanno studiato nei minimi dettagli i vini posti in degustazione in un “Blind Tasting” che invitava a scoprire, solleticando la sensibilità di ciascuno, le varie tipologie proposte in degustazione. Tutto è successo nella giornata di inaugurazione della Settimana Enologica a Montefalco, sotto gli occhi attenti del Presidente del Consorzio, Luciano Cesarini e del Presidente dell’AIS Umbria, Gabriele Ricci Alunni. A mettersi in gioco grandi Sommelier provenienti da tante regioni d’Italia, alcuni dei quali hanno preso parte all'importante concorso per il miglior Sommelier d’Italia che si è tenuto a Perugia nell'ambito del 44° Congresso Nazionale dell’AIS dal 1 al 4 Ottobre u.s. La prova finale del Concorso si è svolta presso il teatro San Filippo Neri a Montefalco, dove i tre finalisti hanno affrontato una prova di degustazione descrittiva di tre vini con riconoscimento e punteggio, la correzione di una carta di Vini composta da

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etichette del comprensorio ed infine la prova di accoglienza, decantazione e servizio di un vino. A vincere quest’anno il Concorso del Sagrantino, Roberto Anesi di Canazei, secondo classificato Annalisa Linguerri di Cotignola in provincia di Ravenna, terzo classificato Rudy Travagli di Cervia. L'originalissima iniziativa è stata ideata per promuovere la produzione dei vini di Montefalco e divulgarne la qualità che negli ultimi anni ha conosciuto un incremento senza pari nel panorama enologico italiano e proprio in questa direzione si iscrive la modifica del disciplinare di produzione approvato lo scorso 11 Giugno dal Comitato Vini (Gazzetta ufficiale - serie generale – n. 155 del 7 luglio 2009. Con il nuovo regolamento l'affinamento

Uve Sagrantino

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obbligatorio del Montefalco Sagrantino D.O.C.G. viene elevato da 30 a 33 mesi, mentre l’ obbligo del legno viene riservato alla sola versione “secca” e non più anche a quella "passita". Inoltre i vini Montefalco Sagrantino, prima dell’ entrata in consumo dovranno subire un periodo ulteriore di affinamento in bottiglia di 4 mesi. Il nuovo disciplinare sostituisce integralmente il vecchio testo del 1992, ed è entrato in vigore grazie al forte senso di collaborazione di tutti i produttori e delle istituzioni regionali e ministeriali che hanno affrontato con un forte sinergismo ed efficacia la delicata materia della modifica delle regole di produzione della più importante eccellenza enologica umbra.



Trebbiano spoletino: presto avrà la DOC L’assessore Cecchini: “Seguirò personalmente l’iter per il riconoscimento della DOC”

a richiesta di allargamento dell’areale per la produzione del Trebbiano spoletino non è condivisibile – ha spiegato subito il sindaco Benedetti all’assessore Cecchini – non solo perché già in passato sia il Comune di Spoleto sia tutti i sindaci dei comuni aderenti alla Comunità Montana sotto la presidenza di Giuliano Nalli avevano condiviso e deliberato che l’areale rimanesse quello previsto dalla relazione scienti-

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IL SEDANO NERO DI TREVI

La maggior parte delle attuali varietà commerciali di sedano è di tipo “autoimbiancante” , mentre il sedano Nero di Trevi, un prodotto di qualità, ricco di storia e tradizione presenta la caratteristica fisiologica ancestrale di mantenere le coste verdi fino a maturazione se non sottoposte ad “imbiancamento” artificiale. A Trevi, in una porzione pianeggiante della valle compresa tra la Flaminia e il Clitunno il sedano Nero ha trovato il suo habitat ideale: terreni molto fertili particolarmente vocati alla coltivazione di specie orticole. Vengono utilizzate tecniche agricole tradizionali, a basso impatto ambientale e ad alto impiego di manodopera. I produttori at-

fica, ma anche perché siamo in una fase molto delicata, in attesa dell’audizione del Ministero e una apertura di questo genere in corso d’opera rischierebbe di compromettere il percorso fatto fin qui”. La definizione dell’areale, è stato illustrato dai tecnici, è stato il frutto di attente ricerche tecnico-scientifiche su cui il gruppo di lavoro si è confrontato in maniera chiara per lungo tempo e su cui tutti, comprese le associazioni di categoria (Confagricoltura, Coldiretti e CIA), si erano trovati d’accordo. È necessario chiarire che l’area indicata risponde a criteri esclusivamente scientifici che hanno già ottenuto il parere favorevole del Comitato Nazionale Vini e che non hanno niente a che vedere con le esigenze di mercato. Inoltre - ha spiegato Giancarlo Fiorelli - la relazione consegnata al Ministero permette ai produttori le cui cantine si trovano in un raggio di 5 km al di fuori dell’areale e che hanno vinificato il Trebbiano prima del riconosci-

tuali di sedano nero non sono numerosi, ma sicuramente sono decisi a conservare e tramandare la coltura di questo ortaggio di grande qualità. Documenti probatori risalenti alla fine del secolo XIX°, attestano inequivocabilmente l’esistenza della coltivazione locale del sedano nero, la sua importanza commerciale e la sua alta qualità. La Mostra Mercato del Sedano Nero di Trevi è stata istituita nel 1965 dalla Pro Trevi per rilanciarne la produzione che aveva visto un periodo di crisi; la sagra si svolge ogni anno la terza domenica di ottobre.

LA SALSICCIA DELL’UMBRIA

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mento della DOC, di continuare a produrlo con il marchio IGT (Indicazione Geografica Tipica)”. Una condizione che, pur fornendo precise garanzie a quanti vinificano il Trebbiano all’interno dell’areale, non impedisce a quanti si trovano al di fuori di continuare la produzione anche se non a marchio D.O.C. “Il nostro obiettivo - ha chiarito il sindaco Benedetti - è quello di fare in modo che il Ministero si pronunci nel più breve tempo possibile sulla base dei riferimenti tecnico scientifici già consegnati così da ottenere un riconoscimento che il Trebbiano spoletino assolutamente merita, sia per il valore storico, sia per la qualità del vitigno ormai ampiamente riconosciuta”. Piena disponibilità da parte dell’assessore Fernanda Cecchini: “Farò tutto il possibile affinché l’audizione del Ministero delle Politiche Agricole si svolga in tempi brevi, assicurando il sostegno della Regione per il perseguimento dell’obiettivo: il riconoscimento della DOC al Trebbiano Spoletino”. La scena della lavorazione del maiale in Umbria è dominata dalle salsicce che vengono preparate utilizzando le parti migliori dell’animale rimaste dopo aver separato prosciutti, capocolli, e lombetti. La carne viene macinata ricavando un composto morbido, poi aromatizzato con un trito di sale, pepe e vino rosso. L’impasto viene quindi amalgamato fino a diventare cremoso e omogeneo, e poi insaccato in budello naturale. La salsiccia del territorio si presenta con forma allungata e peso mediamente compreso tra 40 e 60 grammi. La sezione interna ha colore rosso, con inserzioni bianche dovute alle parti di grasso; la consistenza, morbida nella variante fresca, è compatta in quella secca; il profumo è delicato e presenta nel prodotto fresco un tipico aroma di salsiccia, che diventa più intenso nel tipo secco; il sapore è dolce e aromatico nella tipologia fresca, sapido e speziato in quella secca. Numerosi sono i possibili usi in cucina delle salsicce esistenti sul mercato: quelle classiche fatte con la carne di maiale magra e grassa e insaporite con sale, aglio e pepe possono essere consumate sia fresche che secche. Cotta in umido, arrosto o alla brace, è ottima accompagnata da verdure, insalate, polenta, purè, lenticchie e altri legumi; in cucina insaporisce sughi e altre preparazioni.


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Elicicoltura: una nicchia di mercato in forte crescita dalla Redazione e chiocciole sono dei molluschi appartenenti alla classe dei gasteropodi polmonati, divise in due grandi famiglie, genere ACHATINA e genere HELIX. La famiglia Helix è presente in zone geografiche con clima mediterraneo. A questa famiglia appartengono decine di specie, quelle che si utilizzano per la gastronomia sono le seguenti helix pomatia , helix aspersa, helix aperta, helix lucorum, eubania vermiculata, theba pisana, otala lactea. La specie Helix è sicuramente la chiocciola che meglio si adatta alla vita in cattività, si divide a sua volta in due varianti Helix Aspersa Muller e Maxima. Le differenze sostanziali sono dovute al peso: la muller raggiunge 10 /12 g di peso mentre la Maxima può raggiungere i 20 /25g di peso, E’ la protagonista di innumerevoli sagre popolari durante la bella stagione e viene proposta in varie ricette. L' elicicoltura, cioè l’allevameto delle lumache, è un'attività che sta suscitando un grande interesse in questi ultimi anni. Ne parliamo con il signor Nicola Terenzi titolare dell’azienda “Elicicoltura Trevana”, che da qualche tempo ha intrapreso questa attività sia di allevamento che di vendita diretta con sede a Borgo Trevi. “L'allevamento viene effettuato all'aperto -esordisce il signor Terenzi- nel modo più naturale possibile in modo che la lumaca di una certa zona conservi tutte le caratteristiche organolettiche della lumaca allo stato naturale. Ma l’elicicoltura è una attività che necessità conoscenze appropriate e una visione ben definita di un mercato che premia solo i migliori. Il metodo di allevamento maggiormente diffuso è quello dettato dalla A.N.E. (Associazione Nazionale Elicicoltori) che fa capo all’Istituto Internazionale di Elicicoltura con sede a Cherasco (Cuneo). Allevare chiocciole vuol dire essere capaci di lavorare su un numero di individui ben definito, la razionalità è il filo

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conduttore di tutto il sistema, dando la possibilità agli allevatori di fornire loro direttamente i riproduttori usando dei parametri di spazio / densità gia testati. L’allevatore ha il compito di creare il parco con i vegetali da Marzo ad Aprile a secondo della zona, necessario per garantire la vitalità dei molluschi. Dopo un tempo medio di 40 giorni vengono introdotti i riproduttori; la fase di riproduzione dura in media 60 giorni, terminata la quale vengono eliminati gli esemplari adulti; lasciando nei recinti solo i piccoli nati. Passati alla fase d’ingrasso, l’allevatore ha il compito di controllare giornalmente la crescita dei piccoli garantendo loro un habitat ottimale ed il relativo fabbisogno giornaliero. La LUMACA HELIX ASPERSA MULLER è la razza caratteristica della

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nostra zona Foligno, Trevi, Spoleto. Viene nutriata con i vegetali appositamente coltivati per loro in recinto: il ravizzone, il cavolfiore, il cavolo percolo, la bietola e anche dei girasoli. Un sistema computerizzato provvede a mandare nei recinti l’acqua di mattina e di notte. Questo metodo da la possibilità di creare un ciclo razionale iniziando la raccolta dopo 4 mesi dalla nascita dei piccoli. La raccolta inizia in autunno.Gli animali devono presentare una conchiglia dura il bordo curvato verso fuori. Una volta raccolti vengono spostati in gabbie per spurgare e asciugare. Dopo alcuni giorni vengono prese e distribuite su di un piano, calibrati e quindi retinati a secondo delle varie pesature”.


n Italia la lumaca è apprezzata in ogni regione ognuna delle quali ha una sua ricetta base per cucinarle (generalmente in umido o trifolate, con o senza pomodoro), al fine di ricavarne un buon sugo con cui accompagnare la polenta o il pane. Se cucinata ammodo, deve essere considerata un cibo facilmente digeribile. Cento grammi di carne contengono 13 grammi di proteine e solo 1,7 grammi di grassi, il che significa solo 67 calorie; sono quindi adatte per una alimentazione ipocalorica, se si sa risparmiare sui grassi di cottura! La preparazione della lumache per la cottura si divide in tre fasi: la purgatura, l'eliminazione della bava, la precottura con estrazione dal guscio.

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RICETTE LUMACHE IN PASTELLA Prendere le lumache cotte e tuffarle in una pastella per fritti; friggerle poi nella friggitrice fino a che sono dorate. Servire calde con una salsa ottenuta aggiungendo ad una besciamella un po' di panna e basilico tritato finissimo.

LUMACHE CON I CHAMPIGNONS Pulire i funghi e tagliarli a fette; trifolare con aglio e oglio con sale e pepe; aggiungere la carne di lumaca cotta e un bicchiere di vino bianco. Quando il vino è evaporato aggiungere del burro alla bourguignonne e mescolare bene. Si può aggiungere uno spruzzo di cognac. Portare ad ebollizione e servire in tegamini singoli. LUMACHE AL SUGO Ingredienti: lumache - olio d'oliva aglio - pomodori secchi - pomodori freschi - 1 bicchiere di vino bianco sale e peperoncino. Rosolare le lumache pulite (prima cottura) in olio d'oliva con l'aglio e i pomodori secchi. Aggiungere un bicchiere di vino bianco o vernaccia, far evaporare ed unire i pomodori freschi a pezzi, peperoncino e basilico. LUMACHE IN UMIDO Ingredienti: 400 g di lumache, 400 g di pomodori pelati, una cipolla piccola, 75 g di vino bianco secco, 60 g di olio extravergine d'oliva, sale, peperoncino forte tritato.

Preparazione: Dopo che le lumache sono state spurgate per due o tre giorni, esse vanno messe in un recipiente terracotta con poca acqua accompagnata da sale e aceto. Ogni tanto è necessario muovere le lumache nel recipiente dando un movimento rotatorio a quest'ultimo. Questo processo va portato avanti per un pò di tempo per poi essere seguito da un abbondante lavaggio con acqua delle lumache. Una volta scolate esse vanno messe nel tegame dove, insieme all'olio, ha già soffritto la cipolla tritata. Aggiungere il vino aggiustando di sale. Far sfumare il vino ed aggiungere il pomodoro. Far cuocere per far addensare la salsa che va corretta con il peperoncino forte a piacere.


Salvaguardia della tradizione R

oberto Parasecolo è il responsabile dell’ azienda Agrigest che ha sede a Montecastrilli, ma possiede terreni anche nei comuni di Narni e Amelia. Agrigest coltiva 450 ettari di terreni a cereali che vengono raccolti, stoccati e successivamente utilizzati per la trasformazione per i loro suini. Questi processi avvengono esclusivamente all’interno di nostri mulini aziendali. “I nostri suini hanno una particolarità - esordisce il Sig. Parasecolo - perché hanno una certificazione di prodotto. Il maiale si chiama SUINO UMBRIA. Quindici anni fa la Regione Umbria fece un bando per tutte le aziende allevatrici di suini, nel quale si intendeva individuare una razza particolarmente adatta alle trasformazioni tipiche umbre. Quel bando fu vinto dalla nostra azienda ed è così iniziata la sperimentazione in collaborazione con ARUSIA, conclusasi nel 2000. Ne è risultata una razza costituita dall’incrocio di 3 linee genetiche tutte di ceppo italiano, denominata appunto SUINO UMBRIA. Ma siamo voluti andare oltre, cioè abbiamo voluto costituire una certificazione di prodotto di questo SUINO UMBRIA che comprendeva non solo la genetica, ma anche il benessere animale e l’alimentazione. Quindi ci siamo sottoposti a certificazione, col Parco Tecnologico Alimentare dell’Umbria (3A-PTA) e abbiamo dichiarato che il SUINO UMBRIA è fatto con quella particolare genetica, con un particolare tipo di alimentazione e che vengono rispettate tutte le norme per il benessere animale: ambiente sano, ventilazione, ecc. Nell’ultimo anno abbiamo, per così dire, chiuso il ciclo produttivo integrando zootecnia e agricoltura. Abbiamo costituito una azienda, di cui Agrigest è socio e fornisce la materia prima, denominata Profumi e Sapori dell’Umbria che si occupa appunto della trasformazione. E’ anch’essa una azienda di filiera, certificata. In pratica i terreni vengono usati per coltivare cereali, i cereali alimentano i suini e i suini producono concime per la coltivazione dei cereali. I nostri maiali vengono macellati quando raggiungono i 150/160 kg, a circa 9 mesi di età. Le caratteristiche principali di questi maiali sono quelle di essere piuttosto rustiche, non particolarmente magri e quindi carni particolarmente saporite e di qualità superiore rispetto alla media. Infatti in un periodo nel quale tutte le aziende suinicole propendevano verso razze particolarmente iperprolifiche ed ipertrofiche, ossia razze economicamente piu vantaggiose per l’allevatore, noi siamo andati in controtendenza privilegiando le caratteristiche organolettiche delle carni a discapito delle performances produttive. Ciò ha portato ad una oggettiva differenza delle carni suine da noi prodotte rispetto alla maggior parte dei suini prodotti in italia e soprattutto del resto del mondo, con caratteristiche organolettiche, sensoriali e di gusto che ricordano i profumi ed i sapori di una volta. Dal punto di vista della distribuzione siamo presenti nei punti vendita Coop e IperCoop dell’Umbria e del Lazio con il Marchio SUINO UMBRIA. La nostra azienda fornisce anche alcune aziende certificate con il marchio del Consorzio IGP di Norcia . Agrigest è, quindi una cooperativa capace di tenere insieme, integrandoli perfettamente agricoltura, allevamento e trasformazione. www.suinoumbria.it - info@suinoumbria.it - Trovaci su suino umbria

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Zafferano purissimo dell’Umbria fibra alimentare. Il consumo dello zafferano pur considerando le piccole quantità prodotte in Umbria normalmente utilizzate, se inserito con sistematicità in razionali abitudini alimentari, può contribuire, per le sue spiccate proprietà salutistiche a migliorare e mantenere il buono stato di salute.

ZAFFERANO DI CASCIA AZIENDE PRODUTTRICI IN VALNERINA

di Simone Mesca o zafferano purissimo dell’Umbria è coltivato esclusivamente in alcune zone ed è inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali dell’Umbria. E’ incredibile constatare che, vista la poca produzione di zafferano in Umbria (circa 4-5 kg in totale dalla qualità identica), ci siano tre consorzi e tre marchi, uno per ogni zona di produzione Cascia, Spoleto e Città della Pieve. Sarebbe logico unire in un unico consorzio e in un unico marchio lo zafferano che si produce in Umbria dalla denominazione “Zafferano purissimo dell’Umbria” perche insieme si possa pubblicizzare e commercializzare con piu’efficacia. Uniti si vince. Lo zafferano è un prodotto totalmente naturale e si ricava esclusivamente dagli stimmi essiccati dei fiori violetti dello zafferano (“Crocus sativus” L.), una piccola pianta, la cui altezza non supera 12-15 centimetri, appartenente alla famiglia delle “Iridaceae”. I bulbi degli zafferani vengono espiantati manualmente ogni anno alla fine di luglio e, dopo un’attenta selezione, sono rimessi subito a dimora all’inizio di agosto. La quantità di bulbi necessari per una superficie di 500 mq è di circa 400/500 kg. I fiori vengono raccolti manualmente tra ottobre e novembre e solo nelle prime ore del mattino quando il fiore è ancora chiuso, poiché la luce di-

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retta del sole potrebbe alterare le caratteristiche organolettiche degli stimmi. Nella stessa giornata, gli stimmi vengono separati dal fiore ed essiccati mediante tostatura su brace di legna ad una temperatura non superiore a 40/42 C. Si utilizza soltanto la parte degli stimmi che ha un colore rosso vivo: il valore della spezia è dato anche dalla cura con cui gli stimmi vengono separati dal fiore lasciando la parte più preziosa di colore rosso. Per ottenere un grammo di zafferano in stimmi occorrono circa 150-200 fiori. Per l’impegno gastronomico si suggerisce di utilizzare 4/6 stimmi per ogni porzione. Lo zafferano viene utilizzato in cucina per le sue proprietà organolettiche in grado di conferire alle vivande alle quali è abbinato caratteristiche specifiche ed uniche, ma in questi anni sono stati scoperti dei connotati scientifici inaspettati, alcuni dei quali con proprietà salutistiche. Lo zafferano contiene tutti i principi alimentari energetici in apprezzabili quantità. Dal punto di vista qualitativo, le proteine ricche di aminoacidi essenziali, i lipidi, con l’acido oleico, il linoleico e soprattutto il linolenico ai quali viene oggigiorno attribuita molta importanza anche dal punto di vista sanitario, in quanto riconosciuti precursori di molte sostanze capaci di esercitare un’azione di controllo su numerose funzioni fisiologiche; i glucidi, la frazione più rappresentata, costituiti da amido, dalla componente solubile e da una discreta quantità di 44

Azienda Agricola Balli Rita – Castel San felice 2 –Sant’Anatolia di Narco (PG) Azienda Agricola Bianchi Paolo – Molini, 18 – Sellano (PG) Azienda Agricola De Carolis Adelino e Azienda Agricola Moretti Gertrude – Frazione Civita di Cascia (PG) Azienda Agricola De Nicolo Maria- Loc. Gabbiano 6 – Cascia (PG) Azienda Agricola Dolci Giuseppina – Frazione Trivio 83 – Monteleone di Spoleto (PG) Azienda Agricola F.lli Lanini – Loc. Ceseggi 5 – Sellano (PG) Azienda Agricola La Romita di Valle Fuino di Habibo Ali Muhiddin – Loc. Romitoria Case Sparse di Civita - Cascia (PG) Azienda Agricola Lavosi Maurizio – Loc. Fogliano - Cascia (PG) Azienda Agricola Loretucci Cristina – Loc. Fogliano Cascia (PG) Azienda Agricola Massari Alberico – Frazione San Giorgio di Cascia (PG) Azienda Agricola Mensurati Federica – Loc. Fontevena 8 – Norcia (PG) Azienda Agricola Persiani Roberto – Loc. Colmotino 6 - Cascia (PG) Azienda Agricola Rossi Rita – Loc. Col forcella - Cascia (PG) Azienda Agricola Umbria Felix di Piergiorgio Tinti & C sas – Loc. Case Sparse di Civita – Cascia (PG) Azienda Agricola Veneri Maurizio – Via Fontevena 73 - Norcia (PG)


Da nonna Anna Porchetta e Salumi Tipici dell’Umbria Spoleto (Pg) - Via Pietro Conti, (vicino Bar Pavone)


In principio era...

la bionda! di Anna Nucciarone econdo gli archeologi all’inizio l’uomo era nomade e cacciatore. Successivamente diventò agricoltore e quindi stanziale. Il primo cereale prodotto – forse perché il più facile da coltivare – fu l’orzo. Quando le coltivazioni cominciarono ad essere più abbondanti del necessario si presentò il problema della conservazione e con essa la necessità di salvaguardare i grani d’orzo dai topi e dai vermi. Si decise di conservarli in recipienti pieni d’acqua. L’acqua facilitò la fermentazione e con questa la prima forma di birra cominciò a delinearsi. Nel celebre “monumento blu” dei sumeri (circa 3700 a.C.) si

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elencano alcuni doni graditi agli dei e fra questi è presente la birra; infatti gli uomini, bevendo questo “intruglio” si sentono bene, rinvigoriti, allegri e vedono questo effetto come un dono divino che essi devono ricambiare. Il “codice di Hammurrabi” – esposto al museo del Louvre – regolamenta fra l’altro la produzione e la vendita della birra prevedendo pene addirittura capitali a chi non rispettava tali regole. Gli egizi ritenevano la birra la bevanda di Osiride (sorella di Iside e regina del regno dei morti); a tale proposito alcuni ricchi si facevano costruire nelle loro tombe delle birrerie in miniatura onde produrre la bevanda in quantità sufficiente da ingraziarsi la dea stessa. La birra – che gli egiziani chiamavano “zythum” e che in greco divenne “zythos” - era nel regno del Nilo l’ingrediente privilegiato nella composizione di numerosi farmaci. Tra i galli la fermentazione comincia ad assumere caratteristiche addirittura semi-professionali con l’uso di pietre calde per accelerare la fermentazione, la realizzazione di botti stagne per la conservazione – fino a otto mesi - e l’aromatizzazione tramite l’aggiunta di diversi ingredienti quali l’idromele, l’anice, l’assenzio, il finocchio; i druidi, i grandi sacerdoti galli (Panoramix per intenderci) vantavano la realizzazione di pozioni magiche aggiungendo alla birra un ingrediente segreto: la salvia. Nel Bel Paese la coltivazione documentata dell’orzo risale agli etruschi. Ben presto in tutto l’impero romano si comincia a consumare birra, anche se conside46

rata bevanda “plebea” in quanto a Roma l’onore di bevanda sacra era già occupato dal vino che trovava in Bacco (Dioniso greco) la sua divinità di riferimento. Infatti Tacito definisce la birra dei germani “vinus corruptus” ossia “vino andato a male”. Ma si dice che il medico di Augusto guarì il suo potente cliente da un fortissimo mal di fegato attraverso la somministrazione di “cervisia” e questo fece si che la bevanda venne immediatamente elevata agli onori di prestigio. Le invasioni barbariche distrussero la maggior parte dei laboratori di produzione. Nel Medio Evo questa riprincipiò –come nel resto d’Europa – nei monasteri smussando progressivamente la resistenza portata avanti dalla cultura cattolica che contrapponeva la birra pagana tipica delle genti del Nord, al vino, nettare nobile di cui si parla nella Bibbia come prodotto da Noè e soprattutto consacrato dal Cristo nel corso dell’Ultima Cena. Quindi, quasi per esorcizzare l’aura pagana che circondava questa bevanda, nel Medio Evo la fabbricazione e la conservazione della birra venne affidata ai sacerdoti i quali non lo facevano certo per pura carità. Per la commercializzazione della birra furono previste tasse altissime tanto che la che la bevanda divenne una delle principali forze economiche. Con l’avvento delle crociate arrivarono dall’Oriente numerose spezie, il cui miscuglio dette origine al “gruyt” che ovviamente contribuì ad elevare la qualità della birra. Il “gruyt” divenne un vero e proprio “monopolio” cui erano soggetti tutti i fabbricanti di birra e rimase ai auge sino all’avvento del mitico “luppolo”. L’utilizzo del luppolo nella aromatizzazione della birra risale –neanche a dirload una religiosa, una suora tedesca dell’abbazia di St.Rupert: la celebre botanica, suor Hilgedard von Bingen. L’utilizzo del luppolo (pianta rampicante che cresce spontanea nel nord Europa e nord America le cui infiorescenze femminili o “coni” secernano una sostanza amara e resinosa) permette di arrestare la putrefazione e quindi di conservare la birra più a lungo. Sempre nelle mani dei monaci la fabbricazione della birra diventa pian piano una vera e propria “cultura”. Nella famosa abbazia di S.Gallo in Svizzera, tra un merletto e l’altro, nascono le geniali tecniche che permettono di dividere la stessa produzione in più mosti. Il primo mosto, ricco di zuccheri, viene chiamato “prima melior”; la diluizione attraverso l’aggiunta di acqua e la filtrazione, produce la “secunda” destinata al consumo


dei monaci che – a seconda delle regole del monastero- potevano arrivare a consumarne dai cinque agli otto litri al giorno; una ulteriore diluizione produceva la “tertia”, bevanda destinata ai mendicanti. La rivoluzione industriale arricchisce la produzione di birra di strumenti fondamentali nel controllo scientifico delle varie tappe di produzione. La prima macchina a vapore in uso birraio è attribuita a James Watt nel 1785; ma successivamente le migliori menti scientifiche dell’era industriale (fra cui alcuni premi Nobel per altri aspetti) si cimentarono con il perfezionamento delle varie fasi di produzione della birra. La birreria diventa rapidamente una realtà industriale che deve accettare la sfida di una produzione sempre più massiccia a costi sempre più concorrenziali. L’evoluzione dei mezzi di comunicazione favorisce la diffusione della birra in qualsiasi parte del mondo e quindi il confronto con le altre marche. La nascita dei giganti della produzione – soprattutto in America - segna drasticamente la fine delle piccole birrerie artigianali. Ma all’inizio degli anni ’80 si assiste ad un vero e proprio “rinascimento” della birra artigianale, cosiddetta “da degustazione”. Negli ultimi venti anni si è progressivamente proceduto alla riscoperta della birra di qualità riportando in auge una vera e propria cultura birraia, legata a cibi particolari e gustata in ambienti ad hoc. In molti Paesi nascono veri e propri “musei della birra” alla riscoperta dei sapori originari, così come la realizzazione per gruppi di appassionati, di corsi di analisi sensoriale dedicati alla birra. Oggi la birra è forse uno degli alimenti che unisce trasversalmente più culture, generazioni, fasce economiche, abitudini alimentari: è una vera e propria passione che fa si che conferma come, sin dall’inizio dell’umanità, gli uomini adorino le bionde!

BIRRE ARTIGIANALI: moda o realtà?

duzione e poi, grazie all’esperienza maturata con queste prime cotte (termine che indica l’arte del produrre birra, ndr) si sono sempre più perfezionati , ricercando sempre tecnologie e ingredienti che potessero non far perdere l’identità di birra artigianale. Così sono nate birre che vedono l’utilizzo di ingredienti insoliti come: castagne, miele, alloro, etc.; diventando così specchio del territorio dove è stata concepita. Se a questo estro creativo uniamo la ricerca di quanto più di tecnologico possa offrire il mercato ecco che la magia viene trasferita nel bicchiere. Questa ricerca di qualità è sinonimo di genuinità; infatti per salvaguardare il gusto pieno della birra ecco che il pastorizzatore viene bandito ed introdotto il vecchio principio della rifermentazione in bottiglia che ha reso grande un vino della regione francese dello Champagne. La filtrazione del prodotto viene affidata solamente alla decantazione naturale del lievito, quando finisce la fermentazione nel serbatoio. Potremmo continuare a svelare questi piccoli segreti frutto di un accurato lavoro e di una continua ricerca, un po’ quanto si faceva tanto tempo fa nelle cantine del vino; i cantinieri si confrontavano sulle diverse tecniche e sui risultati ottenuti. Questo continuo confronto oggi stà creando una realtà che coinvolgerà sicuramente anche… la moda.

a birra artigianale oggi è una vera realtà produttiva, specchio di un’Italia che non si ferma, anzi, grazie al genio e creatività dei suoi abitanti è riuscita in poco meno di un decennio a realizzare una varietà di gusti che tutto il mondo ci invidia. Così i nuovi “Mastri” birrai (l’ultima scuola per mastri birrai è stata chiusa a Feltre, prov. di Belluno, negli anni settanta) si sono affidati dapprima alla semplicità della pro-

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Giovanni Rodolfi - Birra San Biagio

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Castagne il frutto dell’autunno l frutto autunnale biologico per eccellenza è la castagna. Bollite, caldarroste o secche, sono tanti i modi per gustarla.I prodotti autunnali sono i protagonisti assoluti sulle nostre tavole in questo periodo. La raccolta delle castagne può essere un buon pretesto per una scampagnata fuori porta. Il castagno ha meritato l'appellattivo di 'albero del pane', perché, per molti secoli le castagne sono state il principale alimento delle popolazioni montane. I poveri raggruppamenti umani di molte zone montane dipendevano strettamente dal castagno e dai suoi frutti e ad essi si rifanno innumerevoli tradizioni, tecniche e pratiche rurali e domestiche, per le quali si può parlare di una vera e propria civiltà del castagno. Il profondo attaccamento verso la coltivazione del castagno da parte degli abitanti di alcune frazioni montane dell’Umbria, ha determinato e determina ancora oggi una continua gara di abilità pregna di ritualità finalizzata all'ottenimento del prodotto migliore. Questo ha stimolato nel tempo una ricerca arguta e la moltiplicazione delle piante di maggiore pregio da cui si sono selezionati pregevoli ecotipi locali. Il particolare interessamento da parte delle Comunità Montane per la valoriz-

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zazione e la promozione dei prodotti tipici locali, tra cui proprio le castagne, ha fatto si che nella città di Spoleto, nell'anno 1993, vennisse organizzato il I Congresso Internazionale sul Castagno. La Comunità Montana del territorio e le altre confinanti hanno ottenuto, congiuntamente, finanziamenti pubblici per la filiera del castagno. Questi sono stati destinati al recupero di antichi castagneti e della relativa viabilità, e ad avviare le procedure di legge per la richiesta della D.O.P. Per la promozione del territorio e di questo prodotto del gusto, sono stati inseriti nella rete sentieristica regionale percorsi escursionistici tra i castagneti da frutto. Ecco qualche suggerimento per conservarle a lungo: La surgelazione: per surgelare le castagne è sufficiente lavarle, scartare le castagne bacate, fare una piccola incisione sul dorso della castagna e metterle in freezer. Un metodo semplice che permette di conservarle molto a lungo. Lo ”scuramento” o “novena”: questa tecnica consiste nell’immergere le castagne nell’acqua fredda per qualche giorno (5/7 giorni), cambiando l’acqua

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ogni giorno. Le castagne che vengono a galla vanno buttate. Con questa tecnica vengono eliminati per mancanza di ossigeno i microrganismi aerobi agenti delle muffe e dei marciumi dei frutti. La ricciaia: i fortunati che hanno un proprio castagneto possono ricorrere a questa antica tecnica di conservazione, che consiste nel lasciare a terra le castagne all’interno dei loro ricci, e ricoprirle con foglie e terra. Specie di castagno Diverse sono le specie di castagno conosciute. Le varietà e gli ecotipi coltivati localmente, e in generale in Europa, appartengono quasi esclusivamente alla specie castagno europeo (Castanea sativa Mill.). Ecotipi di castagno del comprensorio Spoleto-Foligno: - Marrone della Vallocchia - Marrone gentile della Vallocchia - Marrone di Pompagnano - Marrone di Montebibico - Marrone di San Martino - Marrone di Casteldelmonti - Castagna di Manciano Sagre della Castagna in Umbria nel mese di novembre - Festa della Castagna e del Vino No-


vello di Capodacqua di Assisi - Festa della Castagna e del Vino Novello di Assisi - Festa della Castagna e del Vino Novello di Armenzano - Festa della Castagna e del Vino Novello di Viole di Assisi - Sagra dell Castagna di Melezzole - Festa della Castagna e del Vino Novello di Narni - Festa della Castagna e del Vino Novello di Rivotorto di Assisi - Festa della Castagna e del Vino Novello di Santa Maria degli Angeli - Festa del Vino e delle Castagne di San Martino in Colle - Sagra della Castagna di S.Restituta - Sagra della Castagna di Toscolano - Sagra della Castagna di Morre (Città di Castello).

U N PRANZO A BASE DI CASTAGNE Le tagliatelle di castagnaccio Mescolare a secco 350 g di farina dolce di castagne e 200 g di farina di frumento; impastare con un poco d’acqua tiepida, 2 uova intere e sale sino ad avere una pasta tirabile a sfoglia; tirare la sfoglia e ritagliare alla macchina (o tagliare a mano) le tagliatelle(misura media); cuocere al dente in abbondante acqua salata; scolarle e servirle in un piatto da portata condite con ricotta cremosa (ottenuta stemperando la ricotta con un poco d’acqua di cottura); se si desidera la ricotta può essere arricchita con una spruzzata di parmigiano. Possono essere anche condite con il pesto tradizionale. Fagiano alle castagne La dose per 4 persone prevede 800 g di castagne che vanno lessate in acqua salata e spellate. La preparazione inizia con un soffritto a base di cipolla, carota, sedano in olio

Un piccolo pisello selvatico che cresce nella zona di Cascia

a roveja è un piccolo legume simile al pisello, dal seme colorato che va dal verde scuro al marrone, grigio. Nei secoli passati era coltivato in tutta la dorsale appenninica umbro-marchigiana, in particolare sui Monti Sibillini, dove i campi si trovavano anche a quote elevate. La roveja è resistente anche alle basse temperature, si coltiva in pri-

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d’oliva (dorato a fuoco molto lento); unire un fagiano a pezzetti e farlo rosolare lentamente; aggiungere ora bordo vegetale a piccole porzioni in modo da portare il fagiano a cottura; unire un bicchiere di vino secco ed aumentare la fiamma in modo da avere un sugo abbastanza denso; unire le castagne lessate e mescolare con molta cura a fuoco lento in modo da farle ben insaporire per 5’. Servire ben caldo. Dolce di castagne con savoiardi Si impastano 150 g di burro e 150 g di zucchero fine vanigliato; si amalgama con il passato di 1000 g di castagne aggiungendo un bicchierino di sciroppo di vaniglia; si rivestono gli stampi o lo stampo unico con savoiardi imbevuti di acqua sciroppata (o altro secondo i gusti), si riempie con la pasta preparata , si copre con savoiardi (preparati come sopra), si mette in frigorifero per indurirlo; si serve cospargendolo di amaretti macinati.

mavera-estate e non ha bisogno di molta acqua. Cresce anche in forma spontanea, lungo le scarpate e nei prati, ma nei secoli passati era protagonista dell’alimentazione dei pastori e contadini dei Sibillini con altri legumi poveri come lenticchie, cicerchie, fave. Proprio perché cresce da sempre anche selvatico alcuni ricercatori sostengono che si tratti di un progenitore del pisello comune. Secondo altri invece è una vera e propria specie (Pisum arvense) differente da quella del pisello (Pisum sativum), in ogni caso la classificazione botanica è ancora indefinita. Esiste invece un totale accordo sulla sua valenza nutritiva: è molto proteica, in particolare se consumata secca, ha un alto contenuto di carboidrati, fosforo, potassio e pochissimi grassi. Oggi è stata pressoché abbandonata ovunque e resistono solo pochi agricoltori nella alta Valnerina, in particolare nella zona di Cascia. Nei campi di questa zona la roveja si semina a marzo a un’altitudine che va dai 600 ai 1200 metri e si raccoglie tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. La battitura è simile a quella della lenticchia: quando la metà delle foglie è ingiallita e i semi sono diventati cerosi, si sfalciano gli steli e si lasciano sul prato ad essiccare. Quando l’essiccamento è completato si portano sull’aia e si trebbiano. Si deve poi liberare la granella dalle impurità con una ventilazione che avviene con setacci. La roveja, detta anche roveglia, rubiglio, pisello dei campi, corbello, si può mangiare fresca oppure essiccata; in questo caso diventa un ottimo ingrediente per minestre e zuppe. Macinata a pietra, si trasforma in una farina dal lieve retrogusto amarognolo che serve per fare la farecchiata o pesata: una polenta tradizionalmente condita con un battuto di acciughe, aglio e olio extravergine di oliva, buona anche il giorno successivo, affettata e abbrustolita in padella.



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