andrÉ scala
i silenzi di federer
traduzione di Alessandro Giarda
Titolo originale Silences de Federer © Éditions de la Différence
O barra O edizioni via Stromboli 18 20144 Milano www.obarrao.com Traduzione dal francese di Alessandro Giarda Grafica di copertina di Eros Badin Foto di copertina © ROLEX/Gianni Ciaccia © 2012 O barra O edizioni ISBN 978-88-97332-37-4
i silenzi di federer
E ro e
a d i s p e t to d e l n o s t ro t e m p o
Saltellare in leggerezza sulle vibrazioni come una palla che rimbalza Ghérasim Luca
Chi si trovasse di nuovo a frequentare le gradinate di uno stadio di tennis dopo anni di assenza, si accorgerebbe ben presto di una differenza. Le palle vengono sempre scambiate in basso, nel campo, ma, ciò per cui si è là, l’essenza del successo dello sport, l’esperienza della presenza – il “prestigio della presenza” diceva Cocteau – la si avverte sempre più lontana o ridotta, non si riesce nemmeno più a scorgerla a occhio nudo. Tutto contribuisce a sminuire questa presenza: gli schermi disposti nello stadio, l’istrionismo degli spettatori ricoperti di feticci, la verbosità dei giocatori che spettacolarizzano l’idea che non si possa giocare a tennis senza produrre ogni sorta di linguaggio, il sentimento generale che l’evento al quale si assiste sia sorvegliato a vista. Ma un giocatore tende a sottrarsi, a donare al tennis la sua presenza; egli zittisce, per quanto possibile, ogni linguaggio nel suo gioco e nel suo atteggiamento, svuota lo spazio del campo con il solo fatto di lanciare e di ricevere la palla. Questo giocatore, Roger Federer, cancella tutto ciò che può fare immagine nel suo stile, sa che non sopravviverà che nei gesti futuri che avrà ispirato, che appartiene a una storia, che non ha nulla di immortale, che la vita dello sportivo, alla pari di quella dell’eroe, è breve. Se è un eroe, lo è a dispetto del nostro tempo.
La
bellezza del tennis
Quale vantaggio ha la palla quando sale, quale danno subisce quando scende o è già addirittura caduta a terra? Marco Aurelio
Il fatto che ora c’è Roger Federer, dal punto di vista dell’evoluzione del gioco del tennis, è allo stesso tempo incomprensibile e insperato. Per iniziare, concediamo a David Foster Wallace di dire: “Mi sento di affermare che il tennis è lo sport più bello che esista”.1 Il tennis compete sia alla sfera dello sport sia a quella della bellezza, della “vera bellezza metafisica”,2 secondo l’opinione di Wallace. Il tennis è uno sport in cui gli appassionati sono più necessari dei sostenitori. Il tennis non è tuttavia uno sport da esteta per il quale la vittoria conta poco, tutt’altro. L’appassionato soffre più del sostenitore perché qui non è in gioco solamente la squadra, la città, la maglia, ma il gioco in sé, qualcosa d’essenziale, non necessariamente eterno, bensì transitorio, mortale, che si manifesta in un gesto, in una postura in rapporto a questo gioco che viene ridefinito ogni volta, mai una volta per tutte. Lo sconfitto perde momentaneamente il diritto di giocare, le grandi sfide mettono in gioco il gioco stesso. L’appassionato sperimenta la mortalità del gioco, il sostenitore, da parte sua, crede nell’immortalità della sua squadra. La posta per l’appassionato di tennis è la defini1. D. F. Wallace, “L’abilità professionistica del tennista Michael Joyce come paradigma di una serie di cose tipo la scelta, la libertà, i limiti, la gioia, l’assurdità e la completezza dell’essere umano”, in Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più, minimum fax, Roma, 1999, p. 293. 2. Ibidem.
I silenzi di Federer
zione stessa di gioco. Fin dalle sue origini il tennis è stato uno sport di opposizione non soltanto tra due avversari, ma anche tra due modi di praticarlo, inizialmente tra i fini giocatori di pallacorda e i brutali giocatori di rackets (sorta di squash). Inventato da giocatori di pallacorda,3 il tennis ha abbandonato un elemento essenziale ai giochi di palla che l’hanno preceduto: il muro; il muro con il quale si gioca a pallacorda e contro il quale si gioca a rackets. Le dimensioni del campo e le regole sono state stabilite affinché né gli uni né gli altri potessero trarne un vantaggio definitivo. Ancora oggi l’equilibrio è sempre cercato attraverso gli elementi materiali del gioco, e il muro scomparso influenza costantemente i modi di giocare. Nella misura in cui le forme e i materiali delle racchette aumentano la velocità dei colpi, le palle e le superfici – ad esempio l’erba di Wimbledon – rallentano la velocità dei rimbalzi. “I servizi sono più violenti e le racchette affaticano di più il corpo. Con la comparsa di piatti corde più grandi, è diventato più facile colpire e dare velocità alla palla” dice Martina Navratilova. “Per me è deplorevole perché sono stati i produttori di racchette a imporre il tipo di tennis che vediamo.”4 Facilità di esecuzione e fatica fisica sono termini appropriati per definire un lavoro. Essi denunciano una perversione della tecnica che si suppone al contrario destinata a rendere un’attività più complessa e al contempo meno stancante. I produttori di racchette dettano ai giocatori un modo di giocare. L’industria del tennis ha fatto la scelta di privile3. Vedi G. Bonhomme, De la paume au tennis, Gallimard, Paris, 1991. 4. «Le Monde», 14 agosto 2009.
giare la forza rispetto alla destrezza e di imporre un certo rapporto tra l’attrezzo e la mano. Lato techno del tennis. Scontro tra bellezza e industria, tra colpi sferrati con violenza e nobile arte a distanza.
Definizione
di tennis
Bisogna concedere un’altra cosa, questa volta a Rod Laver: “Federer gioca a tennis nel modo in cui il tennis deve essere giocato”.5 Federer gioca meglio a tennis perché gioca meglio il tennis e perché sa che in questo gioco c’è qualcosa con cui giustamente non si può giocare. Eppure il tennis offre sempre la possibilità di essere giocato diversamente. Fin dalla sua invenzione, il tennis è posto sotto il segno del doppio, del duello, dell’opposizione tra due modi di interpretarlo. Così, oggi, Nadal gioca a tennis come solo Nadal può farlo, la sua è un’eccezionale solitudine. Federer gode di un’altra solitudine: è l’unico a giocare a tennis come tutti dovrebbero fare, secondo la definizione stessa di tennis, dice Rod Laver. Osservandolo giocare, il pensiero corre a tutti i tennisti, celebri e anonimi, a quelli degli stadi e a quelli dei giardini del Lussemburgo, si pensa a Giorgio Bassani e a Michelangelo Antonioni,6 al circolo del tennis di Ferrara dove giocavano insieme prima della Seconda guerra mondiale, si pensa a Jean-Luc Godard,7 a tutti i campi di tennis e 5. Rod Laver, intervista con Barry Flatman, in «Sunday Times», 4 febbraio, 2007. 6. Una foto ritrae Bassani e Antonioni al circolo del tennis di Ferrara. 7. Godard fait le point, intervista di Jean-Luc Godard con Benoît Heimermann (illustrata con una fotografia di un colpo di diritto di Godard), in «L’Équipe
I silenzi di Federer
si odono queste parole: “[Si] guardano sempre i tennis. Anche quando sono deserti, quando piove. […] Cosa ci sarebbe da dire sui tennis? […] che sono guardati”.8
magazine», n. 1303, 23 giugno 2007. (In questa intervista dedicata al tennis, Godard dice che il gioco di Federer non gli comunica niente. Rivedrà il suo giudizio in un’intervista concessa a Sofiane Hadjadj su «El Watan» nel 2008.) 8. M. Duras, Distruggere, ella disse, Einaudi, Torino, 1969, pp. 32-33.