La rassegna stampa di luglio 2012

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La rassegna stampa di

Oblique luglio 2012

Per gentile concessione della casa editrice Elliot, pubblichiamo l’incipit del romanzo di Dan J. Marlowe Nome del gioco: morte © Elliot 2012 – vietata la riproduzione

La luce si rifletteva a intermittenza sui guanti bianchi di cotone del ragazzo. Li osservavo dal retro della Olds mentre sfrecciavamo dalla Van Buren verso la Central Avenue. Davanti a noi, il sole di fine settembre risplendeva sulle lastre di marmo bianco della facciata della banca tanto da abbagliare la vista. Quel dannato edificio era così imponente da ricordare le collinette isolate nel deserto. Accanto a me, Bunny masticava la gomma scandendo i secondi, con le mani rilassate sulle gambe. Il ragazzo aveva la testa girata quasi del tutto verso di me. Sembrava una statua di cera, ma riuscì a infilare perfettamente l’auto in uno spazio striminzito proprio di fronte alla banca. Nessuno disse nulla. Saltai giù dalla macchina e Bunny uscì dal lato opposto, passando da dietro per raggiungermi. I suoi occhiali scuri e i capelli biondi luccicavano al sole e la barba incolta, di quasi una settimana, nascondeva a malapena la cicatrice spessa e livida che aveva alla gola. Mancavano cinque minuti alle tre, così diceva il grande orologio dall’altra parte della strada. Sotto al quadrante l’ago di un lungo termometro non si spostava dai trentaquattro gradi e mezzo, e un uomo in canottiera era fermo sotto l’orologio a non far nulla. Passammo per il marciapiede ed entrammo dalle porte di vetro della banca. Sono quasi un metro e ottanta, ma Bunny mi supera di una spanna buona.

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Da sotto al suo braccio sbucava fuori il sacco di tela arrotolato. All’entrata, l’aria condizionata mi arrivava sparata in faccia e sulle braccia sudate. Bunny andò avanti fino all’ingresso principale. Lui girò a destra. Io andai a sinistra. Erano due gli agenti su quel piano. Una guardia stava spiegando a un signore come compilare la distinta di versamento. Avanzai fino a trovarmi dietro all’agente e, quando vidi Bunny alzare il braccio, diedi un colpo secco con il calcio della mia Smith & Wesson sul collo rossiccio e rugoso dello sbirro che mi stava davanti. Andò a terra senza fare il minimo rumore. Il signore continuò a scrivere. Sentii un lamento soffocato provenire dalla guardia di cui si stava occupando Bunny. Null’altro. Posai la Smith & Wesson e, con la Colt Woodsman finalmente tra le mani, per la prima volta riuscii a guardarmi bene intorno. Senza quelle lì non avremmo concluso un bel niente. Una decina di clienti si sparpagliarono. Sparai tre colpi e ogni pallottola mandò in frantumi gli sportelli di vetro con un rumore impressionante. Nel rimbombo di quell’atrio i mille pezzi di vetro e la piccola Woodsman assomigliavano molto a una canna di quaranta centimetri in una credenza piena di piatti di porcellana. «Statemi bene a sentire» dissi forte e chiaro «rimanete fermi al vostro posto e nessuno si farà male».

03/08/2012 18:00:59


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