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IL LIBRO

Distorsioni climatiche. Una logica che cambia la forma del volume vuoto Fabrizio Chella Lettera Ventidue, 2020

Yet the wind is still blowing The utopia of Chella projects us in a scenario where the design of the spaces begins in total absence of the building, where the architecture eliminates its material part. It gets rid of everything that hinders its interfacing to the positive energetic effects of the landscape and concentrates on the final effect that space will exert on the bodies that will move within it and “on the effect that transports the spaces of life from the real to the ideal”. “We must show greater respect for regional climatic differences and greater sensitivity to the place in which we live.*

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Paola Careno

Laureata in architettura e assegnista di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia. pcareno@iuav.it

Eppure il vento soffia ancora

ppure il vento soffia ancora”1 è la frase di un brano musicale scritto nel 1976 da Pierangelo Bertoli che descrive con durezza i mali causati dall’uomo alla natura in un testo considerato “un manifesto in musica dell’ecologia” (Pinto, 2015). Infatti “di cambiamento climatico se ne parla già da molto tempo” ma “solo in momenti come questi [scrive Domenico Potenza nella postfazione al libro di Fabrizio Chella e in riferimento alla pandemia in corso] ci rendiamo tutti conto di essere più sensibili ai problemi legati all’abitare il pianeta”. Secondo Chella la causa del disordine climatico odierno nasce dal desiderio tracotante dell’uomo di viaggiare nel tempo e dal prometeo fare degli architetti che, assecondando questo desiderio, hanno progettato vere e proprie macchine del tempo (gli edifici) immobili ma artefici di una contrazione innaturale della struttura climatica dell’ambiente. Dalla prima metà del ’900, l’architettura basandosi su principi di semplicità e funzionalità è diventata “sempre meno locale e sempre più globale”. Emblematica la descrizione di una pubblicità di oggetti di arredo che l’autore aneddoticamente cita: “Un paesaggio invernale natalizio che ricorda un paese del nord Europa, un uomo infreddolito che entra in casa scrollandosi la neve di dosso, e poi […] tutto diventa distorto! Il paesaggio all’interno cambia drasticamente, un sub, una donna in bikini, un babbo natale in costume e gente che simula un arrivo alle Hawaii. Per concludere una coppia che si abbronza sotto una lampada”.

“Eppure il vento soffia ancora” sembra quasi un’esortazione a percepirlo sulla propria pelle, il vento. La medesima esortazione che Chella, in Distorsioni climatiche. Una logica che cambia la forma del volume vuoto, cuce assieme a problemi attuali sul rapporto tra uomo, natura e architettura, e riflessioni tutt’altro che anacronistiche, strutturate secondo un indice che “potrebbe apparire all’inizio criptico e pretenzioso ma si scioglie lungo una narrazione che ha carattere scientifico senza annoiare, inanellando termini innovativi come distorsioni climatiche, distorsioni latenti, prospettive termiche, deformazioni luminose, deformazione permanente, deformazioni fisiologiche, spazio e prolunghe sensoriali”.

Interessante soprattutto l’interpretazione del vuoto, o meglio del volume vuoto. Lungi dal ragionare intorno al vuoto come negazione del pieno, per Chella il volume vuoto è un complesso di fenomeni naturali di una determinata area geografica; è “l’organizzazione immateriale delle forze della natura […] è un volume che si caratterizza per avere una struttura fluida e dinamica progettata dalle forze della natura […] è inafferrabile al contatto ma è capace di catturare l’attenzione degli organi di

senso” perché è a livello sensoriale che i significati qualitativi dell’architettura si manifestano: “[…] è l’anima dell’architettura”.

Va quindi costruita una “nuova relazione tra paesaggio meteorologico esterno e paesaggio termico interno all’edificio […] per rendere visibili le forze immateriali della natura dentro l’architettura”. Un “Rinascimento climatico” che non guarda al mondo classico quanto piuttosto ai maestri del moderno (Le Corbusier, Louis Kahn, Steven Holl, Alvar Aalto) perché “non si accontentavano di riprodurre ciò che è visibile ma hanno reso visibile ciò che non lo è: il clima”. L’architettura dovrebbe distorcere la percezione del luogo ma in modo latente, rendere visibile le sensazioni perché di queste si nutre l’esperienza del luogo. L’80% delle sensazioni che provengono dall’esterno sono di natura ottica quindi la luce, ad esempio, riveste un ruolo principe negli scambi di flussi tra architettura e ambiente. Lo studio ZEDAPLUS, di cui Chella è co-fondatore assieme a Erica Scalcione, ha brevettato una lampada solare — la Double Light Pipe Ventilated — alimentata a luce naturale. È un dispositivo tecnologico che — attraverso la sua capacità di illuminare anche ambienti privi di un affaccio diretto verso l’esterno, e attraverso un’efficace ventilazione naturale che crea ambienti idonei alla crescita di piante per migliorare l’ossigenazione e la qualità ambientale degli spazi genera un “paesaggio termico naturale confinato, una sorta di eden interno”.

L’utopia di Chella ci proietta in uno scenario dove la progettazione degli spazi inizi in totale assenza dell’edificio, dove l’architettura elimini la sua parte materica, si spogli di tutto ciò che ostacoli il suo interfacciarsi agli effetti energetici positivi del paesaggio e si concentri sull’effetto finale che lo spazio eserciterà sui corpi che si muoveranno al suo interno e “sull’effetto che trasporta gli spazi di vita dal reale all’ideale”. “Bisogna mostrare maggiore rispetto per le differenze climatiche regionali e una maggior sensibilità verso il luogo in cui viviamo. Uno dei principi fondamentali della scienza naturale, afferma che solo le specie in armonia con il proprio ambiente e con le forze esterne della natura alle quali sono sottoposte, sono destinate a sopravvivere”.*

Vision. Architettura climatica come circoscrizione di una porzione di ambiente climatico di riferimento. ZEDAPLUS architetti

NOTE 1 – “Eppure il vento soffia ancora” è una frase estratta dal testo del brano musicale dal titolo “Eppure soffia” di Pierangelo Bertoli, pubblicata nell’omonimo album nel 1976.

BIBLIOGRAFIA – Pinto, A. (2015). Eppure soffia. Ehabitat. Https://www. ehabitat.it/2015/11/07/eppure-soffia-la-poesia-di-pierangelo-bertoli-in-difesa-della-natura/ (ultima consultazione dicembre 2020).

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