de Santis - Colaone
In Italia sono tutti maschi
Tra un’ora e dieci minuti siamo a Salerno. Se tu non guidassi come mia nonna saremmo lì molto prima. Tranquillo, abbiamo il traghetto per le Tremiti alle tre di pomeriggio, ho calcolato tutto. Poi tagliamo per il Molise.
Per il che?
Stamattina mi avrà telefonato dieci volte, dicendo che se non lo troviamo a casa dobbiamo aspettarlo in sartoria dove lavora.
C’ ha quella vocina acuta che sembra mia nonna. Ma che ti ha fatto tua nonna? Niente, perché? Ecco, prendiamolo anche in giro, così il documentario lo giriamo sulle tue belle battute. Sai che c’è voluto per convincerlo?
Mi ha detto che ha cambiato idea, non vuole più farsi riprendere. E al posto suo ci mettiamo la Vaudetti. O mia nonna.
Però mica si può stare dietro a tutte le cazzate che… Eh?
Nico?
La pianti con la videocamera? Piuttosto guarda dov’è l’uscita che dobbiamo prendere.
Quella di dietro, ovvio.
È questa! Gira! Gira! Faccio finta di non aver sentito.
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Mi chiamo Angelicola Antonio e ho 75 anni. Ho sempre abitato a Salerno, da quando ero piccolo, con mia madre e mio fratello.
A Otto anni lavoravo già nella sartoria di mia madre, poi lei è andata in pensione e io ho preso il suo posto. Non sono mai andato via da Salerno, conosco tutti e tutti mi conoscono. Mi chiamano Ninella.
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Salerno, luglio 1938.
Antoniooo!
Buongiorno Ninella.
Ninè, tua madre ti sta chiamando.
Antoniooo!
Buongiorno a voi, signo'.
Eccomi, mammà.
Antonio, la signora Colasurdo c’ ha portato la stoffa e dobbiamo metterla subito a modello, altrimenti poi s’ inquieta.
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L’hanno sentita in tutta Salerno! E io mica posso rimanere tutto il giorno a farvi da manichino a voi.
Michele è già arrivato?
Tuo fratello è di là, ma prima c’è da mettere a posto questo.
Suvvia mammà, ci metto un attimo e poi torno subito.
Antò, da mò che ti sto aspettando! Buongiorno mammà.
Reggi qua! Non posso fare mica tutto da sola, Antonio! Da quando tuo padre si è fatto sparare in guerra io non so di cosa preoccuparmi prima!
Finisco qua e arrivo.
Vai, vai… torna subito però che la signora altrimenti mi racconta di nuovo la storia della sua vita.
Mariarosa!
Grazie mammà, torno subito. Arrivederci signora.
Signo', si dice per scherzare!
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Ancora una volta dobbiamo affrontare questo discorso?
Antonio, ti devo parlare apertamente.
Finché ti ostinerai col tuo comportamento pericoloso… Mi hanno detto che hai ripreso a frequentare la sala da ballo sotto alla piazzetta.
E a te chi te l’ha detto?
Se l’ho saputo io, quanto tempo credi che ci metteranno a saperlo loro e a fare una retata, lì dove vi riunite?
Non sarebbe di certo la prima volta!
Ma qui si parla dell’OVRA! Antò, la polizia politica! Dicono che ormai stia dappertutto!
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Mariarosa, sapete perché sto più tranquilla di voi, con ‘sti figli?
Che guaio ‘sti figli.
Ahia!
Perché li avete mandati in Abissinia?
State sempre a pazzià, voi, però da quando i miei figli si sono iscritti al Partito Fascista, io sono più tranquilla.
Oddio, scusatemi!
Vi siete fatta male?
Voi l’avete fatto apposta!
Ma chi, io? Ci mancherebbe! E mò state scherzando voi!
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Non posso mica smettere di essere quello che sono per paura di quelli là! Qui tutti hanno paura tu, mammà, la signora Colasurdo…
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E tu no?
Sì, pure io, ma ne avrei di più se fingessi di essere quello che non sono.
Tu promettimi solo di stare attento.
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