Lezioni d'autore (appunti sulla struttura)

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Lezioni d’autore (appunti sulla struttura) di Javier Argüello © 2009 by Javier Argüello Traduzione di Lorenza del Tosto © Omero, Roma 2009. Tutti i diritti riservati. www.omero.it www.omeroeditore.it Isbn: 978-88-901869-9-8 Illustrazione di copertina Laura Orsolini


Indice

Chi racconta la storia? Entrare nel mondo della fantasia Tutto l’immaginabile può accadere, e anche l’inimmaginabile L’immaginazione immagina immagini Per fare un mondo ci vogliono cinque sensi Il significato di un’emozione Dare forma a una storia Trasmettere idee attraverso le sensazioni L’ABC della struttura narrativa Cosa succederebbe se... In che modo e perché la vita del protagonista cambia? Il valore e la causa Una 44 magnum per Sherlock Holmes Come si trova l’idea di controllo La giustizia non trionfa (facilmente) Chi ha paura degli artisti? Architrama, minitrama e antitrama Il disegno classico di una storia Ma perché il disegno classico è classico? Il vertice di un triangolo Come mettere in moto la storia? Un incidente o due incidenti? Quando il pistolero uccide lo sceriffo I personaggi son desideri La colonna vertebrale di una storia


Solo sette note Come finirà tutto questo? Una scena che non può mancare Quando comincia una storia Piccoli incidenti senza importanza Una storia complicata La legge dei conflitti Storie complesse e storie complicate Tre atti sono il minimo necessario per creare una storia Da un climax all’altro I cinque atti di Shakespeare Repetita iuvant? Come scrivere le sottotrame Una crisi necessaria Il climax Quando finisce una storia Un Match Point per Woody Allen All’inizio, il finale E se capitasse a me? La necessità di una scelta Il fascino invisibile


“Il mio corso è, tra le altre cose, una sorta di indagine poliziesca sul mistero delle strutture letterarieâ€?.

Vladimir Nabokov da Lezioni di letteratura



Chi racconta la storia? Quando ho cominciato a scrivere il racconto Vanno (che si trova nella raccolta Sette racconti impossibili), la prima idea era semplicemente il racconto interiore di una persona che prima inizia a sentire delle voci e poi un giorno decide di seguirle. Il finale non mi era chiarissimo, però sapevo che il protagonista avrebbe dovuto seguire queste voci. Il problema era come raccontarlo. O meglio: da chi farlo raccontare. Una possibilità era quella di raccontarlo in prima persona con la voce interiore narrante del protagonista, però mi sembrava un po’ strano come inizio. Un’altra possibilità era che lo raccontasse una terza persona, ma mi sembrava che in questo modo risultasse un po’ troppo lontano. Così mi è venuto in mente che qualcuno lo raccontasse a qualcun altro e che così fosse raccontato in prima persona. Mi sono chiesto come qualcuno potesse raccontare questo a un’altra persona e ho pensato che potesse farlo attraverso un apparecchio acustico e attraverso una presa della corrente elettrica. Improvvisamente, però, mi sono reso conto che la storia di un personaggio che parlava da dentro una presa elettrica non era molto vicina a me e che probabilmente non era molto vicina a nessuno. Potevo invece identificarmi con un personaggio che ha perso la batteria dell’apparecchio acustico e che, mentre la sta cercando, inizia a sentire una voce proveniente dalla presa 6


della corrente elettrica: quello mi è sembrato il punto di vista dal quale raccontarlo. Questo punto di vista mi è sembrato talmente più interessante dell’altro che ho dovuto costruire un contesto intorno al personaggio che cercava la batteria smarrita dell’apparecchio acustico. Così ho fatto un ulteriore passo indietro e mi sono domandato a chi lui stesse raccontando la storia che la voce nella presa della corrente gli aveva raccontato. Per dare maggiore verosimiglianza, ho pensato a una notte in cui si stessero raccontando storie strane. Appena finita la precedente, tocca a lui raccontarne una: Questa storia me l’ha raccontata una presa elettrica, dissi, e potei leggere un improvviso interesse sul volto dei presenti. Me l’ha raccontata una presa, in una sera di agosto in cui mi trovavo a quattro zampe sul tappeto alla ricerca della batteria del mio apparecchio acustico. (da Vanno, in Sette racconti impossibili, Nottetempo, Roma 2007, p. 29)

Per rendere questa situazione ancora più credibile, ho aggiunto l’idea di un dubbio iniziale di lui, che non sa se raccontare questa storia dell’apparecchio acustico e della presa elettrica, oppure un’altra storia. In questo modo mi sembrava più facile che il lettore potesse entrare in due passi dal mondo in cui realmente viviamo fino a quello di coloro che abitano dentro le prese elettriche. Lui dice qualcosa del tipo: «È una notte in cui stiamo raccontando delle storie strane, e io vi racconterò una storia che 7


mi ha raccontato una presa elettrica». Nei suoi ascoltatori questo suscita un certo interesse, e l’idea era quella che anche nei lettori producesse la stessa reazione ponendoli nello stesso punto di vista di quelli che stanno ascoltando la storia.

Entrare nel mondo della fantasia A partire da lì ho continuato a scrivere seguendo proprio il punto di vista di quelli che ascoltavano la storia. Mi chiedevo quali dubbi sarebbero venuti in mente agli ascoltatori di una storia del genere e li ho trasformati nelle domande che il protagonista, che ha finalmente trovato la batteria del suo apparecchio acustico, pone a chi gli parla dall’interno della presa della corrente elettrica. Fu allora che sentii la voce per la prima volta. Scusi, mi disse. Scusi, signore, qui nella presa. Potete immaginare il mio stupore. Dice a me? chiesi stupidamente. Sì, a lei, rispose la voce, o c’è forse qualcun altro nella stanza? Mi guardai intorno ed effettivamente ero solo. Ha un minuto? Ho qualcosa da raccontarle, disse la voce. Be’, sì, risposi titubante, ma lei dov’è? Qui nella presa, disse. Nella parete? Sì, certo, mi rispose, e dove sennò. Sì, certo, dissi. Ma sta bene? Sì, sto benissimo, di questo non si preoccupi, riprese la voce. (da Vanno, in Sette racconti impossibili, Nottetempo, Roma 2007, p. 29)

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Lui rimane talmente attratto dalla curiosità che suscita in lui quella voce, e che susciterebbe anche in me una voce che mi parla da una presa elettrica, da provare la voglia di visitare quel mondo. Per uscire da lì ha bisogno di un avvenimento assolutamente quotidiano, come l’arrivo della moglie che gli chiede che cosa stia facendo lì per terra. Io rimasi lì, sul tappeto, chissà per quanto tempo, cercando di elaborare quel che era appena accaduto, finché di colpo i miei occhi si posarono di nuovo sulla presa e, senza che me ne rendessi conto, la mia mano cominciò ad avanzare verso di lei. E non saprei dire che genere d’impulso mi spinse a farlo, perché mentre accadeva non ricordo di aver pensato a niente in particolare, ma ricordo quanto fosse piacevole la sensazione di farlo, di dirigere le mie dita verso quelle aperture che mi si offrivano come il passaporto per un nuovo universo. Ed ero sul punto di toccarle quando la voce di mia moglie, che era entrata nella stanza senza che io me ne accorgessi, mi fece trasalire. Che fai lì sdraiato? mi disse. Io tardai un secondo a rispondere. Niente, cercavo la pila del mio apparecchio, credo di averle detto. (da Vanno, in Sette racconti impossibili, Nottetempo, Roma 2007, p. 41-42)

La sfida era capire come dare verosimiglianza a ciò di cui stavamo parlando: come far sì che il lettore potesse accettare la storia raccontata a un uomo da una presa elettrica? Come abbassare gradualmente il livello fino a farlo accettare pienamente, e poi come risalire fino al mondo reale? In che modo far cedere 9


la battuta da una voce all’altra, e poi farla retrocedere fino a restituirla al personaggio principale? Io ho cercato di riuscirci soprattutto facendo appello a molti elementi quotidiani e mettendo insieme dettagli per creare verosimiglianza, aiutando il lettore a entrare a poco a poco nel mondo della fantasia.

Tutto l’immaginabile può accadere, e anche l’inimmaginabile Dobbiamo far entrare il lettore nel nostro mondo e poi far sì che si lasci trasportare come se fosse lui stesso a guardarlo e non noi a scriverlo. Personalmente credo che quanto meno appare il narratore reale, tanto più il lettore sentirà di essere lui stesso a osservare il mondo che abbiamo creato. L’assenza di un intermediario che glielo mostri gli consentirà di prenderlo più facilmente come reale. Esistono numerosi fattori che concorrono a questo risultato, ma credo che la prima avvertenza da rispettare sia quella di non collegare mai e in nessun caso la verosimiglianza a un grado di rapporto con la realtà. Insomma, per rendere verosimile un racconto, non bisogna faticare per convincere il lettore che sia “reale”. Una delle peggiori scuse che uno scrittore può tirar fuori per giustificarsi quando gli viene detto che una delle sue storie non è verosimile, è affermare che quello che ha raccontato è accaduto davvero. Tutto l’immaginabile può accadere, e anche l’inimmaginabile. 10


Tuttavia la narrazione non è una vita reale. Dalla nostra parte abbiamo un vantaggio: il lettore desidera realmente credere alla storia che stiamo raccontando; proprio per questo sospenderà la propria incredulità fino a quando noi glielo renderemo possibile. Aristotele affermava che è di gran lunga preferibile un impossibile verosimile piuttosto che un possibile al quale risulta difficile credere. I lettori sono disposti a credere ai mondi fantastici che creiamo attraverso i nostri racconti: l’unica cosa che ci chiedono è il rispetto della coerenza. È necessario che il mondo che stiamo raccontando possieda delle regole, e che queste regole vengano rispettate. Più è fittizio il mondo che scegliamo di raccontare, più dovremo imporci di essere rigidi nel rispetto di queste regole. In una realtà già familiare a chi legge alcune fessure possono essere accettate, ma in un mondo completamente nuovo il lettore non ha possibilità di colmare nessuna eventuale lacuna. Uno dei principali fattori che contribuiscono a rendere verosimile una storia è la scelta del punto di vista. I fatti non sono neutri: non ci dicono assolutamente nulla a meno che non definiamo chi riguardano, da quale punto di vista vengono raccontati e in che maniera. Ad esempio, la storia di un adulterio è molto differente a seconda che venga raccontata dall’amante, dal coniuge tradito oppure da chi tradisce. Madame Bovary, se fosse raccontata da Charles Bovary, sarebbe una storia completamente diversa da quella che conosciamo. A volte gli scrittori molto pigri o con poca esperienza commettono l’errore di infrangere la coerenza del punto di vista, disorientando profondamente il lettore. 11


Lezioni d'autore (appunti sulla struttura) Javier Argüello Come si trasforma un’idea in una storia? Come si fa a renderla verosimile? In che modo un autore disegna le sue trame? Come si compongono tra loro la trama principale e le trame secondarie? A queste e altre domande, essenziali per chi vuole scrivere racconti o romanzi, risponde lo scrittore, attraverso una rilettura del lavoro del grande docente di sceneggiatura Robert McKee. Arguello parte dall’analisi del modo in cui ha scritto uno dei suoi Racconti impossibili e prende a modello la sceneggiatura del film Match Point di Woody Allen. Per acquistare l’intero libro: www.omeroeditore.it 8€ - pp. 77 - 12x17cm www.omero.it www.omeroeditore.it www.fantareale.it


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