Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l'arte di scrivere storie

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ROBERT McKEE

STORY contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l’arte di scrivere storie

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Story di Robert McKee Traduzione di Paolo Restuccia Si ringrazia per la supervisione alla traduzione Marina Martinetti Published by arrangement with HarperCollins Publishers © 1997 Robert McKee © Omero editore, Roma 2010. Tutti i diritti riservati. www.omero.it www.omeroeditore.it Isbn: 978-88-96450-03-1 Impaginazione e grafica di Luigi Annibaldi


Dedico questo libro alla memoria felice dei miei genitori che, ognuno a suo modo, mi hanno insegnato ad amare le storie. Quando stavo imparando a leggere, ma non mi comportavo sempre nel modo giusto, mio padre mi ha introdotto alle favole di Esopo nella speranza che quelle antiche storie di ammonimento potessero migliorare la mia condotta. Ogni sera, dopo aver letto faticosamente un racconto tipo La volpe e l’uva, lui faceva un cenno del capo e mi chiedeva: «E cosa significa questa storia per te, Robert?». Mentre fissavo quelle pagine con le loro belle illustrazioni colorate, cercando di scoprire la mia interpretazione, a poco a poco mi rendevo conto che le storie significavano molto più che parole e belle immagini. Più tardi, prima di entrare all’università, mi sembrava che la vita migliore da fare dovesse includere tante partite di golf quanto più fosse possibile, perciò decisi di diventare un dentista. «Un dentista?» mia madre scoppiò a ridere. «Non puoi dire sul serio. Cosa succederà quando troveranno la cura per tutti i problemi dei denti? A che serviranno allora i dentisti? No, Bobby, la gente avrà sempre bisogno di spettacolo. Io penso al tuo futuro. Tu devi entrare nello show business».

Robert McKee



INDICE

Ringraziamenti Nota sul testo

Parte I - Lo scrittore e l’arte della storia Introduzione 1. Il problema della storia

Parte II - Gli elementi della storia 2. Le parti della struttura 3. Struttura e ambientazione 4. Struttura e genere 5. Struttura e personaggio 6. Struttura e significato

Parte III - I principi del disegno della storia 7. La sostanza della storia 8. L’incidente scatenante 9. Il disegno dell’atto 10. Il disegno delle scene 11. Analisi della scena 12. La composizione 13. Crisi, climax, risoluzione


Parte IV - Lo scrittore al lavoro 14. Il principio dell’antagonismo 15. L’esposizione 16. Problemi e soluzioni 17. Il personaggio 18. Il testo 19. Il metodo dello sceneggiatore Dissolvenza in chiusura Letture suggerite Filmografia Indice Analitico


Ringraziamenti

Per la sua attenzione verso la verità, per il suo impassibile occhio editoriale e la sua determinazione nel divorare le parole inutili, per la sua logica ferrea, il suo ottimismo, la sua ispirazione... per il suo amore, ringrazio mia moglie Suzanne Childs. Per la fortuna di avere complici astuti, disposti a sopportare le tante stesure, chiudere i buchi, smussare i margini ruvidi, e indicare con saggezza che le cose scritte non sempre significano ciò che pensa chi le ha scritte, ringrazio Jess Money, Gail McNamara e il mio editor, Andrew Albanese. Se non fosse stato per l’incredibile rapidità del mio agente, avrei rimandato al prossimo secolo la stesura di questo libro. Grazie Debra Rodman. Se non fosse stato per l’insistenza del mio editore, avrei rimandato al prossimo secolo le pressioni della mia agente. Grazie a te, Judith Regan. Se non fosse stato per l’appoggio della Evans Scholars Foundation e gli incontri con le menti dell’università del Michigan, la mia esistenza sarebbe più povera. Grazie a Kenneth Rowe, John Arthos, Hugh Norton, Claribel Baird, Donald Hall e a tutti gli altri insegnanti di cui ho dimenticato il nome. Il loro brillante insegnamento ha rafforzato la mia vita. E infine una cosa della massima importanza: grazie ai miei studenti. Nel corso degli anni la mia comprensione dell’arte di scrivere storie è cresciuta proprio per le domande che mi hanno posto. Domande teoriche e pratiche che mi hanno obbligato ad ampliare e approfondire la ricerca delle risposte. Senza di loro questo libro non esisterebbe.

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Nota sul testo

Le centinaia di film citati in Story sono tratti da un secolo di sceneggiature e regie di tutto il mondo. Quando è stato possibile ho citato le opere più recenti e più conosciute. Poiché è impossibile scegliere film visti e ricordati da tutti in dettaglio, ho preferito quelli facilmente disponibili in Dvd. Ma prima di tutto ogni film è stato scelto perché è un chiaro esempio di quanto esposto nel testo.

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PARTE I

LO SCRITTORE E L’ARTE DELLA STORIA

Le storie sono strumenti per vivere. Kenneth Burke



INTRODUzIONE

Story parla di principi, non di regole Una regola dice: «Tu devi fare in questo modo». Un principio afferma: «Questo funziona... e a memoria d’uomo ha sempre funzionato». È una differenza essenziale. Non dovete realizzare la vostra sceneggiatura sulla base di un’opera “fatta bene”; la vostra sceneggiatura deve essere ben fatta seguendo i principi della nostra arte. Gli sceneggiatori ansiosi e inesperti ubbidiscono alle regole. Quelli ribelli e non istruiti le infrangono. Gli artisti padroneggiano la forma.

Story parla di forme eterne e universali, non di formule Si dicono solo sciocchezze quando si parla di schemi e modelli garantiti per una storia di sicuro successo commerciale. Nonostante mode, rifacimenti e sequel, quando si esamina l’insieme della produzione cinematografica hollywoodiana si scopre una sorprendente varietà nelle storie, ma nessun prototipo. Die hard - Trappola di cristallo non è un film più hollywoodiano di Parenti, amici e tanti guai, oppure di Cartoline dall’inferno, Il re leone, is Is Spinal Tap, Il mistero Von Bulow, Le relazioni pericolose, Ricomincio da capo, Via da Las Vegas, né di migliaia di altri film eccellenti prodotti in decine di generi e sottogeneri che spaziano dalla farsa alla tragedia. Story vuole favorire la nascita di film che possano entusiasmare spettatori di sei continenti e vivere per decenni grazie alle riscoperte. Nessuno sente il bisogno di un altro ricettario su come riscaldare gli avanzi di Hollywood. Abbiamo bisogno di riscoprire i principi guida che sono alla base della nostra arte e che permettono al talento di esprimersi liberamente. Non importa dove un film venga realizzato (Hollywood, Parigi oppure Hong Kong), se la sua qualità è archetipica sprigionerà una reazione a catena di piacere, universale e duratura, che lo porterà di sala in sala, di generazione in generazione.

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Story parla di archetipi, non di stereotipi Una storia archetipica porta alla luce un’esperienza umana universale, per poi esprimerla nei termini di una specificità culturale unica nel suo genere. Una storia stereotipata ribalta questo approccio: è povera sia a livello di contenuto che di forma. Finisce per esprimere una ristretta specificità culturale. È generica, superata e vaga. Per fare un esempio, un’antica usanza spagnola prevedeva che le figlie si sposassero in ordine di nascita dalla più grande alla più piccola. Un film che mostri una famiglia del diciannovesimo secolo formata da un severo patriarca, una madre priva di potere, una figlia maggiore non sposabile e una figlia minore perennemente sofferente, può commuovere coloro che ricordano questa pratica all’interno della cultura spagnola. Ma è improbabile che al di fuori di questa cultura il pubblico possa essere coinvolto. Uno sceneggiatore timoroso della ristretta attrattiva presentata dalla sua storia ricorre ad ambientazioni, personaggi e azioni che hanno riscosso il favore del pubblico in passato. Il risultato? Avvolta in questi cliché, la vicenda risulta ancora meno interessante. Ma se lo sceneggiatore si rimbocca le maniche e si mette alla ricerca di un archetipo questa usanza repressiva può diventare la base di un successo mondiale. Una storia archetipica crea ambientazioni e personaggi così rari che i nostri occhi si godono ogni dettaglio, mentre la sua narrazione getta luce su conflitti così tipici della natura umana che la storia farà facilmente presa su ogni cultura. Nel film Come l’acqua per il cioccolato di Laura Esquivel madre e figlia si scontrano su esigenze di dipendenza e indipendenza, immobilismo e cambiamento, rapporto tra se stessi e gli altri: conflitti noti a qualsiasi famiglia. E tuttavia il modo in cui la Esquivel osserva la famiglia e la società, i rapporti e il comportamento, è così intessuto di dettagli mai visti prima che veniamo irresistibilmente attratti da questi personaggi e affascinati da un mondo che non conoscevamo e che non avremmo mai potuto immaginare. Le storie stereotipate restano a casa, quelle archetipiche viaggiano. Da Charlie Chaplin a Ingmar Bergman, da Satyajit Ray a Woody Allen, i grandi narratori del cinema ci forniscono un desiderato incontro dal doppio valore. In primo luogo, scopriamo un mondo che non conoscevamo: che sia intimo o epico, contemporaneo o storico, concreto o fantastico, il mondo di un grande artista ci colpisce sempre per la sua originalità ed esoticità. Come un esploratore che si apre un passaggio attraverso il fogliame della foresta, noi procediamo a occhi spalancati all’interno di una società intatta, una zona priva di cliché dove l’ordinario diventa straordinario. In secondo luogo, una volta all’interno di questo mondo alieno, ritroviamo noi stessi: negli intimi recessi di questi personaggi e nei loro conflitti scopriamo la nostra umanità. Noi andiamo al cinema per entrare in un mondo nuovo e affascinante. Per immedesimarci in un altro essere umano, che dapprima ci appare diverso da noi e che tuttavia

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Parte I - Lo scrittore e l’arte della storia

nel suo nucleo centrale è come noi. E per vivere in una realtà fittizia che getti luce sulla nostra realtà quotidiana. Non vogliamo sfuggire la vita, ma conoscerla, usare la mente in modo nuovo e sperimentale: stimolare le nostre emozioni, divertirci, apprendere e aggiungere spessore alle nostre giornate. Story è stato scritto per alimentare film di forza e di bellezza archetipiche che regaleranno al mondo questo doppio piacere.

Story parla di lavoro minuzioso, non di scorciatoie Dal momento dell’ispirazione fino all’ultima stesura è possibile che per scrivere una sceneggiatura vi occorrerà tanto tempo quanto ne serve per scrivere un romanzo. I romanzieri e gli sceneggiatori creano la stessa densità di mondo, personaggi e storia, ma, poiché le pagine di una sceneggiatura contengono tanti spazi bianchi, spesso si è indotti erroneamente a credere che una sceneggiatura sia più facile e più rapida da scrivere di un romanzo. Gli scribacchini fanatici riempiono pagine alla velocità con la quale riescono a dattilografare. Gli sceneggiatori non fanno altro che tagliare e ritagliare, spietati nel loro desiderio di esprimere il massimo col minor numero possibile di parole. Una volta Pascal scrisse una lunga e interminabile lettera a un amico, poi nel post scriptum si scusò affermando di non aver avuto il tempo di scriverne una più breve. Come Pascal, gli sceneggiatori imparano che la chiave sta nell’economia, che la brevità richiede tempo, che eccellenza significa costanza.

Story parla della realtà e non del mistero della scrittura Non c’è mai stato un complotto per tenere segrete le verità della nostra arte. Da ventitré secoli, da quando Aristotele scrisse La poetica, i “misteri” della narrazione sono pubblici come una biblioteca di quartiere. Non c’è niente di oscuro in quest’arte. In realtà, a prima vista, raccontare una storia per lo schermo può apparire facile in modo ingannevole. Eppure, avvicinandosi progressivamente al fuoco della narrazione, tentando scena dopo scena di far funzionare la storia, il compito diventa sempre più difficile perché ci rendiamo conto che sullo schermo non ci si può nascondere. Lo sceneggiatore che non riesce a commuoverci con la sola forza della sua sceneggiatura non si potrà nascondere dietro le proprie parole come può fare un romanziere, o dietro un monologo come può fare un drammaturgo. Lo sceneggiatore non potrà ammantare di linguaggio emotivo o esplicativo eventuali crepe logiche, motivazioni confuse o emozioni incolori, e dirci direttamente cosa pensare o cosa provare.

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La cinepresa è la terrificante macchina a raggi X che svela le falsità: fa un ingrandimento della vita per poi mettere a nudo ogni svolta delle nostre storie che risulti debole o falsa, finché, confusi e frustrati, non ci viene voglia di mollare. E tuttavia, con studio e determinazione, il puzzle produce i suoi frutti. L’arte di scrivere sceneggiature è piena di sorprese, ma non di misteri insolubili.

Story parla del modo di padroneggiare l’arte, non del mercato Nessuno può insegnare cosa si venderà o meno, cosa sarà un successo o un fiasco, perché nessuno lo sa. I flop di Hollywood vengono realizzati in base agli stessi calcoli commerciali dei film di successo, mentre film piuttosto cupi che il buon senso sconsiglierebbe di realizzare - Gente comune, Turista per caso, Trainspotting - conquistano tranquillamente il pubblico nazionale e internazionale. Non c’è niente di sicuro nella nostra arte. Ecco perché tanti fra noi si tormentano per “farcela”, per “spuntarla” e per evitare “interferenze creative”. La risposta onesta e matura a tutte queste paure è che uno si trovi un agente, venda il proprio lavoro e lo veda fedelmente trasposto sullo schermo, una volta che ha imparato a scrivere in modo eccellente... e non certo prima. Se scrivete frettolosamente la copia di un successo dell’estate scorsa vi unirete ai tanti talenti minori che inondano Hollywood ogni anno con migliaia di storie piene di cliché. Invece di tormentarvi sulle probabilità di successo usate le vostre energie per raggiungere l’eccellenza. Se offrite una sceneggiatura originale e brillante a diversi agenti, lotteranno tra loro per avere il diritto di rappresentarvi. L’agente da voi scelto poi scatenerà una guerra di offerte fra i produttori affamati di storie, e il vincitore vi pagherà un’imbarazzante somma di denaro. Una volta in fase di produzione, poi, la vostra sceneggiatura andrà incontro, sorprendentemente, a pochissime interferenze. Nessuno è in grado di garantire che infelici abbinamenti di personalità non possano rovinare un buon lavoro, ma potete star sicuri che i migliori registi e attori di Hollywood sono ben consapevoli che le loro carriere dipendono dal fatto di lavorare con storie ben scritte. Tuttavia Hollywood ha fame di storie e i copioni spesso vengono acquistati prima di essere ultimati. Questo obbliga a cambiamenti sul set. Gli sceneggiatori sicuri di sé non vendono le loro prime stesure: scrivono e riscrivono pazientemente finché il copione è il più possibile pronto per regista e attori. Le opere incompiute invitano alle manomissioni. Un lavoro maturo e rifinito si assicura l’integrità.

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Parte I - Lo scrittore e l’arte della storia

Story parla del rispetto e non del disprezzo verso il pubblico Se una persona di talento scrive male di solito lo fa perché vuole assolutamente esprimere una certa idea, oppure perché vuole assolutamente esprimere un’emozione. Se una persona di talento scrive bene, lo fa di solito perché è mossa dal desiderio di raggiungere e toccare il pubblico. Serata dopo serata, nei miei lunghi anni di recitazione e regia, sono sempre rimasto rispettosamente incantato dal pubblico e dalla sua capacità di rispondere. Come per magia, le maschere cadono e i volti diventano vulnerabili e ricettivi. Chi va al cinema non si difende dalle proprie emozioni, anzi si apre al narratore in modi sconosciuti persino agli amanti. E accetta con piacere risate, lacrime, terrore, rabbia, compassione, passione, amore e odio - e questo rituale spesso lo rende esausto. Il pubblico non è solo sorprendentemente sensibile: una volta seduto in una sala buia il suo quoziente intellettivo si innalza di 25 punti. Quando andate al cinema non sentite spesso di essere più intelligenti di quello che state guardando? Non sentite di sapere cosa faranno i personaggi prima che lo facciano? Non immaginate il finale molto prima che arrivi? Il pubblico non è solo intelligente, è più intelligente di gran parte dei film. E questo fatto rimane vero anche quando si è dietro lo schermo. L’unica cosa che uno sceneggiatore può dunque fare, utilizzando tutta la propria maestria, è rimanere sempre un passo avanti alla perspicacia di un pubblico concentrato. Un film non può funzionare se non comprendete le reazioni e le aspettative del pubblico. È necessario che voi diate alla vostra storia una forma che esprima la vostra visione delle cose e che insieme soddisfi i desideri del pubblico. Nella forma di una storia il pubblico rappresenta una forza determinante quanto ogni altro elemento, visto che senza un pubblico l’atto creativo è inutile.

Story parla dell’originale non della copia L’originalità è l’unione di forma e contenuto: scelte specifiche relative al soggetto, accoppiate con una forma originale di narrazione. Il contenuto (ambientazione, personaggi, idee) e la forma (selezione e organizzazione degli eventi) hanno bisogno l’uno dell’altra e si ispirano e si influenzano a vicenda. Lo sceneggiatore scolpisce la storia tenendo con una mano il contenuto e con l’altra padroneggiando la forma. Nell’elaborare la sostanza della storia, anche la narrazione assumerà altre configurazioni. Mentre giocate con la forma di una storia, si evolverà il suo spirito emotivo e intellettuale. Una storia non è soltanto ciò che avete da dire, ma il modo in cui lo dite. Se il contenuto è un cliché anche la narrazione sarà un cliché. Ma se la vostra visione è profonda

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e originale, allora anche la forma della vostra storia risulterà unica nel suo genere. D’altro canto se la narrazione è convenzionale e prevedibile richiederà dei ruoli stereotipati per interpretare comportamenti banali. Ma se la forma della storia è innovativa allora per realizzarla anche l’ambientazione, i personaggi e le idee dovranno essere originali. Noi diamo forma alla narrazione per corrispondere alla sostanza e rielaboriamo la sostanza per fornire sostegno alla forma. Tuttavia non bisogna mai scambiare l’originalità con l’eccentricità. Essere diversi solo per essere diversi è un’azione tanto inutile quanto seguire pedissequamente gli imperativi commerciali. Dopo aver lavorato per mesi, forse per anni, a raccogliere fatti, ricordi e fantasie da intessere nella propria storia, nessuno sceneggiatore serio imprigiona la propria visione all’interno di una formula; né la trasforma in banali frammenti di sperimentazione. La formula del prodotto “ben confezionato” può soffocare la voce di una storia, ma le tortuosità dei “film d’autore” le causano problemi di linguaggio. Come i bambini che rompono le cose per divertimento o fanno i capricci per attirare l’attenzione su di sé, troppi cineasti usano trucchi infantili sullo schermo per urlare: «Guarda cosa so fare!». Un artista maturo non richiama mai l’attenzione su di sé, e un artista saggio non realizza mai una cosa soltanto per infrangere le convenzioni. Film di maestri come Horton Foote, Robert Altman, John Cassavetes, Preston Sturges, François Truffaut e Ingmar Bergman sono così personali che una sinossi di tre pagine identifica l’artista come fosse il suo DNA. I grandi sceneggiatori si distinguono per lo stile peculiare della narrazione. Lo stile non è soltanto inscindibile dalla loro visione ma, in modo profondo, è la loro visione. Le scelte formali che compiono (numero dei protagonisti, ritmo delle progressioni, livello del conflitto, organizzazioni temporali, e tutto il resto) giocano a favore e contro le scelte sostanziali del contenuto (ambientazione, personaggio, idea) fino a che tutti gli elementi si fondono in un’unica sceneggiatura. Se tuttavia mettiamo da parte per un istante il contenuto dei loro film e studiamo solo l’intreccio degli eventi, vediamo che, come se si trattasse di una “sagoma prodotta senza matrice”, l’originalità della forma delle loro storie è fortemente carica di significato. La selezione e la collocazione degli eventi operate dal narratore costituiscono la metafora centrale che collega tra loro tutti i livelli della realtà: il personale, il politico, l’ambientale e lo spirituale. Spogliata della superficie fatta di caratterizzazioni e ambientazioni, la struttura della storia rivela la cosmologia personale dello sceneggiatore, la sua comprensione più profonda del perché e del come succedono le cose in questo mondo. La sua mappa per esplorare l’ordine nascosto dell’esistenza. Non importa quali siano i vostri eroi - Woody Allen, David Mamet, Quentin Tarantino, Ruth Prawer Jhabvala, Oliver Stone, William Goldman, zhang Yimou, Nora Ephron, Spike Lee, Stanley Kubrick - voi li ammirate perché sono unici. Ciascuno

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Parte I - Lo scrittore e l’arte della storia

di loro è emerso dalla massa perché ciascuno di loro seleziona un contenuto e disegna una forma come nessun altro sa fare. Poi li abbina in uno stile che è indubbiamente personale. Voglio che la stessa cosa accada anche a voi. Ma la mia speranza nei vostri confronti va oltre la competenza e le capacità. Io ho fame di grandi film. Nel corso degli ultimi trent’anni ho visto alcuni buoni film e pochissimi ottimi film, ma raramente un film di potenza e bellezza sconvolgenti. Può darsi che dipenda da me, può darsi che io mi sia stancato. Ma non penso. Credo ancora che l’arte trasformi la vita. Ma so che se voi non sarete capaci di suonare tutti gli strumenti dell’orchestra della scrittura, non importa quale storia possiate avere nella vostra fantasia, sarete condannati a fischiettare il solito vecchio motivetto. Ho scritto Story per rendervi padroni di quest’arte. Per liberarvi affinché possiate esprimere una visione originale della vita. Per innalzare il vostro talento oltre la convenzione. E per creare film che abbiano una sostanza, una struttura e uno stile che vi rappresentino.

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Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l'arte di scrivere storie Robert McKee Story è prima di tutto un libro su come si narrano le storie e non si limita a essere valido per quelle ideate per il cinema. Leggendo Story si acquisiscono quella consapevolezza e quelle nozioni necessarie per scrivere un racconto o un romanzo. McKee in questo libro va al di là dei meccanismi essenziali della sceneggiatura. Dall’idea di partenza al manoscritto finale, eleva la scrittura da esercizio intellettuale a emotivo, ci fa comprendere perché lo sceneggiatore non sia un artigiano ma un artista. Story è il manuale necessario per chi sta cercando di vincere la guerra contro i cliché. Story parla di forma, non di formule. Utilizzando esempi presi da più di cento film McKee insegna una filosofia che non è basata su rigide regole ma su quei principi alla base di una storia di qualità. Per acquistare l’intero libro: www.omeroeditore.it 25€ - pp. 430 - 17x24cm www.omero.it www.omeroeditore.it www.fantareale.it


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