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GP DE MONACO HISTORIQUE

Per gli amanti delle corse, il GP storico che si svolge nel Principato è forse il più bell’evento in assoluto. Per la cornice, lo stesso percorso che le F.1 moderne affronteranno di lì a pochi giorni; per la qualità delle auto al via; per l’atmosfera “free”, dove fino a venerdì tutto è aperto e l’appassionato può incontrare il grande campione di una volta o il celebre collezionista. Inaugurato il 14 aprile 1929, il circuito di Monaco di 3,3 km, ha subìto poche modifiche dalla sua prima edizione. Presenti quest’anno, oltre 200 piloti di 20 paesi alla guida di “voiturettes” e monoposto costruite fra il 1947 e il 1978, per 59 marche diverse, divise nelle sette categorie previste dall’ACM. Presente come sempre Karl-Friedrich Scheufele, Co-Presidente di Chopard, grande appassionato di autostoriche e della 1000 Miglia. Dal 2002, Chopard è partner del GP de Monaco Historique e anche nel 2012, con Audi, ha curato l’esibizione come apripista delle Auto Union tipo C V16 del ’36 e Tipo D del ’38. Tra gli italiani in gara, bene Mauro Pane, giunto 3° su Lola T370 del ’74 in F.1; sfortunato invece Cosimo Turizio con la Hesketh, così come la corsa dell’italiana Ferrari 312T3 di Joaquin Folch. Nella F.3 Matteo Marzotto 2° su Ralt RT3 VW, ha preceduto Paolo Barilla sulla sua Martini MK34 AR. Al via anche Pietro Vergnano sulla rara Alba AR1F3. Da segnalare che l’ex-pilota Eje Elgh ha corso sulla sua Chevron, vettura analoga a quella con cui Elio De Angelis vinse nel 1978, anch’essa in gara. Credit Suisse all’interno del Drivers’ Club, allestito come uno chalet svizzero, ha organizzato una conferenza per rievocare l’epoca in cui la Formula 1 metteva al centro del proprio universo l’uomo prima del business. Quando i circuiti veloci come Nürburgring, Monza, Spa, consentivano ai più forti di emergere. I piloti animavano il paddock con la loro personalità, le loro avventure e tanti aneddoti. Jochen Mass, Emanuele Pirro, Alain De Cadenet, Duncan Dayton, con moderatore il giornalista Simon Taylor, hanno dato vita ad un dibattito stimolante. Jochen Mass, 105 GP e 1 vittoria a Le Mans: “Le macchine moderne sono progettate per far fronte a qualsiasi cosa accada in gara. In passato tutto era molto più empirico, e il comportamento della vettura poteva cambiare da un giro all’altro, da una curva all’altra. È un radicale cambio di prospettiva: non si tratta più di avere il miglior pilota, ma anche di avere il miglior progettista e ingegnere. Allora c’era un grande cameratismo tra i piloti. Oggi ne abbiamo perso un po’, insieme al carisma”. Emanuele Pirro, F.1 poi

5 vittorie a Le Mans e 9 podi consecutivi: “Ora conta solo vincere. Se non sali sul gradino più alto del podio non sei nessuno. Il secondo posto non conta nulla. Questo è un problema generale della cultura di oggi. Nessuno vuole tornare al livello di rischio che avevamo prima, eppure non capisco perché i circuiti della moderna F.1 siano così facili. Le ampie vie di fuga dei tracciati permettono di uscire spesso dalla traiettoria corretta senza rischiare. Chi commette un errore dovrebbe essere penalizzato con il sorpasso da parte di un avversario più bravo”. Alain de Cadenet, F.1 e Le Mans da privato: “Prima le priorità erano diverse. La F.1 era accessibile a molti più amanti di questo sport. Una volta ho comprato una macchina di F.1 vecchia di tre anni e l’ho iscritta ai GP, anche se il mio budget era così modesto che alle gare il mio pilota è dovuto andarci con un pacchetto low cost. Oggi la F.1 significa un business enorme, e il suo stesso successo le ha sottratto gran parte del divertimento. Nelle corse storiche gli spettatori possono avvicinarsi alle macchine e fare quattro chiacchiere con i piloti. Gli assi del volante non si nascondono nei loro camper con l’aria condizionata. James Hunt si sentiva spronato a posare con una modella e un bicchiere in mano, fumando una sigaretta della marca che lo sponsorizzava. All’epoca era considerato trendy e nessuno faceva pressioni per scoraggiarlo. Non esisteva il politically-correct”. Duncan Dayton, recordman con 11 successi al GP Historique: “Allora le macchine di F.1 erano tutte diverse tra loro. Oggi se avessero lo stesso colore, forse non riusciresti nemmeno a distinguerle. Così le corse hanno perso la loro aura”. Frammenti di un mondo che rivive a Monaco ogni due anni. (a. citt.)

CLASSIC CAR AUCTION

In occasione del GP de Monaco Historique, tre aste si sono svolte a Montecarlo. Quella di RM al Grimaldi Forum, quella di Bonham’s al Museo dell’Automobile e quella di Coys a Fontvieille. RM ha ottenuto un risultato eclatante, ben 33,5 milioni di Euro e l’87% dei lotti venduti, comprendente 90 auto, 100 moto e 3 barche. Il record è stato raggiunto come spesso avviene da una Ferrari, la 625 TRC Spider del ’57, con 5 milioni di Euro. Dieci pezzi battuti da Max Girardo - Managing Director di RM Europa - hanno superato il milione, quattro i due milioni. Bene anche la vendita della collezione Ducati ex-Carlo Saltarelli con 700.000 Euro e quasi 600.000 per le due MotoGP ex-Stoner e Rossi. All’asta anche la FW06 di Alan Jones sponsorizzata Saudia (nella foto) la prima monoposto vincente di Frank Williams, invenduta però con un’offerta di 440.000 Euro, non adeguata. Philip Kantor, Direttore del settore auto di Bonham’s, ha offerto 80 lotti che spaziavano da auto da rally come la mitica Stratos a pezzi pregiati come l’Alfa Romeo 6C 1.750 Gran Sport Spider del 1930, unitamente a modelli più diffusi. Sono proprio questi che hanno incontrato i favori del pubblico, come la sempreverde Maserati Ghibli Coupé 4.7 del ’71, venduta per 46.000 Euro, o una Facel Vega II del 1962 a 253.000 Euro. Infine Coys ha raggiunto 4.8 milioni di Euro, assegnando quasi tutti i 71 veicoli messi assieme con successo da Niklas Hannah. Il valore più elevato, alla Rolls-Royce Phantom III DHC del ’36 che ha ottenuto 1.144.982 Euro, seguita dai 674.750 di una Mercedes-Benz 300SL “Ali di gabbiano” del ’54.

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