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Il viaggio dei batteri spaziali

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Immaginatevi un panino di batteri spaziali. Aggregati di batteri esterni e altri sempre più interni, protetti come fossero la fetta centrale e più nascosta di un sandwich: bene, questi batteri secondo una nuova ricerca internazionale hanno la potenzialità di viaggiare e sopravvivere nello spazio, tanto da spostarsi da un pianeta all’altro.

Da anni un team di ricercatori giapponesi, guidato da Akihiko Yamagishi della Tokyo University of Pharmacy and Life Sciences, sta cercando di trovare una risposta alla teoria della panspermia, in pratica l’ipotesi che la vita, sotto forma di microrganismi e appunto batteri, possa propagarsi nel cosmo viaggiando per esempio su asteroidi, comete e mezzi celesti e riuscire a colonizzare altri pianeti incontrando le giuste condizioni per diffondersi e prosperare.

Per questo anni fa i ricercatori giapponesi hanno deciso di condurre uno studio, i cui risultati sono stati da poco pubblicati su Frontiers in Microbiology, basato sull’osservazione della capacità di sopravvivenza di aggregati di Deinococcus resistenti alle radiazioni. Gli aggregati erano presenti su alcuni pannelli all’esterno dell’ISS, la Stazione Spaziale Internazionale.

«Alcuni pensano che la vita sia molto rara e si sia sviluppata soltanto una volta nell’Universo, mentre altri pensano che possa accadere su ogni pianeta che offra le condizioni giuste. Se la panspermia è possibile, la vita dovrebbe esistere molto più spesso di quanto fin qui ritenuto» ha spiegato Yamagishi commentando l’intento del suo esperimento.

Da anni lo scienziato sta studiando diversi microbi per comprendere come possano vivere nell’atmosfera e resistere per esempio alla presenza di radiazioni ultraviolette, ma solo l’ultimo test, durato oltre

IL VIAGGIO DEI BATTERI SPAZIALI Un nuovo studio rivela come questi potrebbero sopravvivere e spostarsi da un pianeta all’altro

tre anni, sembra avergli fornito risposte sciti in parte a sopravvivere alle durissipiù accurate. Il team di Yamagishi ha inme condizioni spaziali per quasi tre anni. fatti collocato oltre Partendo da questa tre anni fa alcune coscoperta gli esperti lonie di batteri sulla superficie esterna dell’ISS: nel caso di Lo studio è stato condotto dai ricercatori giapponesi hanno calcolato che aggregati più spessi, per esempio di un aggregati abbastanza della Tokyo University of millimetro, sarebbespessi di microgra nismi, capaci di pro Pharmacy and Life Sciences ro in grado di vivere sino ad 8 anni nello teggere i batteri più spazio e si potrebbe interni, questi ultimi ipotizzare che colohanno dimostrato di poter sopravvivere nie di batteri ancor più massicce potrebnell’ambiente spaziale per anni. bero resistere fino a 45 anni.

I ricercatori hanno scoperto infatti «I risultati suggeriscono che il Deiche gli aggregati di Deinococcus con uno nococcus radioresistente potrebbe sospessore superiore ai 0,5 mm erano riupravvivere durante il viaggio dalla Terra

© Graphics Master/www.shutterstock.com

a Marte e viceversa, che è di diversi mesi Il dato interessante, per i gli scieno anni nell’orbita più breve» spiega per ziati, è comunque quello che questi “paesempio Yamagishi. nini” di batteri posSecondo le teorie sano resistere alle descritte nello studio giapponese, sarebbe dunque possibile per È emerso che il Deinococcus radioresistente potrebbe condizioni spaziali, dai raggi ultravioletti alle temperature questi aggregati di sopravvivere a un viaggio variabili ed estreme. batteri viaggiare nel cosmo grazie ad astespaziale di diversi mesi Una prima indi cazione della capa roidi o corpi celesti cità dei batteri “spain movimento, anche ziali” di sopravvivere se andrebbe poi stabilita la possibilità di Yamagishi l’aveva avuta qualche anno fa sopravvivenza dei microrganismi all’imquando sperimentò il volo di colonie di patto degli asteroidi con le superfici per batteri fluttuanti grazie a velivoli e palloni esempio di altri pianeti e calcolare anche da ricerca, a oltre 12 chilometri di quota. gli effetti legati alla gravità. Già allora, grazie alla capacità di formare colonie molto spesse, fatte di strati, i batteri più interni dimostrarono di resistere bene alle radiazioni ultraviolette.

Talmente bene che, anche grazie all’esperimento del team giapponese, è cresciuta l’attenzione nei confronti della possibile contaminazione di microrganismi terrestri nel sistema solare, spediti ad esempio attraverso sonde o rover. Anche per questo “Perserverance”, nuovo rover marziano della Nasa spedito da pochi mesi e diretto verso il Pianeta Rosso, è stato pulito davvero a fondo prima del decollo.

Per assurdo infatti, secondo la teoria degli scienziati di Tokyo, un rover inviato a cercare tracce di vita su Marte se trasportasse batteri potrebbe essere paradossalmente la “fonte” di altra vita, trasportata sul pianeta rosso dalla Terra.

La possibilità di sopravvivenza dei batteri rimane comunque legata allo “spessore” degli aggregati, specificano gli esperti che già nella missione Tanpopo avevano ottenuto primi risultati in tal senso. Non tutte le colonie liofilizzate di batteri esterne alla stazione spaziale internazionale sono infatti sopravvissute: solo gli aggregati con uno spessore maggiore sono riusciti a sopravvivere esposti a radiazioni e temperature variabili.

Era già noto, per esempio, che senza protezioni particolarmente dure come quelle offerte dalle rocce, i batteri non sarebbero riusciti a cavarsela a lungo in condizioni estreme.

Gli ultimi esperimenti però, lasciano comunque sognare i ricercatori: «Questi risultati - scrivono nello studio da poco pubblicato - supportano la possibilità che aggregati di cellule possano funzionare come un’arca per il trasferimento interplanetario di microbi in un tempo di qualche anno». (G. T.).

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