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Le interazioni farmaci-alimenti (parte I)
Studi e analisi su quando un alimento, o parte dei suoi costituenti, interferisce con il principio attivo di un farmaco, ostacolandone l'azione
di Pierpaolo Viviani *
In questa edizione de Il Giornale dei Biologi è presente la prima parte dell'articolo "Le interazioni farmaci-alimenti", la seconda verrà pubblicata con il numero di ottobre. Il questionario per acquisire i crediti, però, sarà disponibile solo alla fine del mese di ottobre, pertanto, i biologi potranno acquisire un totale di 6 crediti rispondendo alle domande della parte I e della parte II
Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha posto l’accento su un importante aspetto della terapia farmacologica: la possibile interazione farmaci-alimenti. Tale interazione si verifica nel momento in cui un alimento, o parte dei suoi costituenti, interferisce con il principio attivo di un farmaco, ostacolandone l’azione [1]. E’ ormai noto infatti che alcuni alimenti possono modificare il modo in cui l’organismo gestisce i farmaci; potenzialmente si può verificare sia una aumento che una riduzione dell’effetto terapeutico, ma anche degli effetti collaterali e quindi della tossicità del farmaco stesso [2].
Le interazioni farmaci-alimenti vanno valutate con estrema attenzione in particolare nei pazienti anziani, per i quali non è raro riscontrare patologie croniche e dunque assunzione quotidiana di più farmaci [3, 4]. Buona parte dei farmaci quotidianamente prescritti è destinata alla fascia di popolazione più anziana; tra i più comuni vi
* Farmacista, componente Comitato scientifico Ecm dell'Onb. sono gli antiinfiammatori non steroidei (FANS), gli antiipertensivi e gli antidepressivi. Anche in assenza di particolari patologie, l’assorbimento dei farmaci, ad esempio, può essere modificato dalle condizioni fisiologiche frequentemente alterate dell’anziano: riduzione delle funzioni gastrointestinali (svuotamento gastrico e motilità intestinale), riduzione della massa magra, riduzione della concentrazione di albumine seriche e proteine plasmatiche (con conseguente riduzione delle interazioni farmaci-proteine plasmatiche), ridotta funzionalità epatica e renale [5]. Inoltre anche le disfunzioni endocrine o l’alimentazione possono potenziare questi effetti.
In generale le interazioni farmaci-alimenti vengono definite come alterazioni delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche di un farmaco o di un elemento nutrizionale oppure come uno stato nutrizionale compromesso in seguito all’assunzione di un farmaco. Le caratteristiche farmacocinetiche riguardano la descrizione quantitativa del percorso intrapreso dal farmaco, ovvero l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione. Le caratteristiche farmacodinamiche si riferiscono agli effetti fisiologici o clinici indotti dal farmaco. Entrambe queste fasi farmacologiche possono essere potenziate o antagonizzate dal cibo. L’aspetto più interessante riguarda le interazioni farmacocinetiche [6].
Interazioni farmacocinetiche farmaci-alimenti
E’ possibile individuare interazioni farmacocinetiche farmaci-alimenti specifiche e aspecifiche (Figura 1) [7]. Le interazioni farmacocinetiche farmaci-alimenti aspecifiche comprendono le condizioni
Figura 1. Interazioni farmacocinetiche farmaci-alimenti aspecifiche e specifiche.
fisiologiche del tratto gastrointestinale, l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci. Per interazioni farmacocinetiche farmaci-alimenti specifiche si intendono quelle che si possono verificare in seguito ad assunzione ad esempio di succo di pompelmo, latte, alcool e alimenti funzionali.
L’assunzione di cibo induce alcune variazioni delle condizioni fisiologiche del tratto gastrointestinale, è ciò può portare ad una alterazione del profilo farmacocinetico e quindi del rilascio, dell’assorbimento, della distribuzione, del metabolismo e/o dell’eliminazione di un farmaco.
Effetti degli alimenti sull’assorbimento dei farmaci [7]
In seguito all’elaborazione chimico-fisica del cibo ingerito, i nutrienti giungono all’intestino per essere assorbiti e metabolizzati. L’assorbimento di tali nutrienti può avvenire in maniera passiva (secondo gradiente di concentrazione) o in maniera attiva (mediata da trasportatori). Gli enterociti presentano trasportatori ed enzimi specializzati nell’assorbimento e nella metabolizzazione di una grande varietà di nutrienti; questi sfruttano gli stessi meccanismi utilizzati dai principi attivi contenuti nei farmaci per raggiungere la circolazione sistemica ed è quindi possibile che si verifichino interazioni farmaco-alimento a livello del monostrato epiteliale intestinale.
Le interazioni farmaci-alimenti spesso hanno origine tra farmaci e sostanze nutritive che competono per lo stesso sistema di trasporto. Nel corpo umano, ed in particolare a livello intestinale, vi sono svariati trasportatori di captazione e di efflusso. I polipeptidi trasportatori di anioni organici (OATP – Organic Anion Transporting Polypeptides) rappresentano una famiglia di proteine di trasporto transmembrana che mediano principalmente il trasporto di anioni organici attraverso la membrana cellulare e che sono localizzati sia a livello epatico che intestinale. In particolare, il trasportatore OATP2B1 (ed in misura minore il trasportatore OATP1A2) sono presenti nella membrana apicale degli enterociti intestinali. E’ noto che i trasportatori OATP2B1 sono ampiamente coinvolti nell'assorbimento di nutrienti e farmaci nel tratto gastrointestinale. Sebbene il preciso meccanismo di trasporto non sia ancora noto, si ritiene che questo sia correlato alle variazioni dei valori di pH. I trasportatori OATP sono coinvolti nel trasporto di substrati endogeni inclusi gli acidi biliari, gli ormoni tiroidei, le prostaglandine ed i glucuronidi della bilirubina. I farmaci che usufruiscono di tali trasportatori comprendono le statine, gli inibitori della proteasi, la fexofenadina, il midazolam, il montelukast, l’aliskiren ed il talinololo. Molteplici studi effettuati sull’uomo hanno dimostrato una riduzione clinicamente significativa dell’assorbimento intestinale di questi farmaci se ingeriti con il succo di pompelmo, di arancia e di mela. I flavonoidi presenti in questi succhi sono considerati responsabili di questa interazione. Studi in vitro inoltre hanno dimostrato che i glicosidi flavonoidici e le catechine presenti negli estratti di erbe e nel tè verde inibiscono anche i trasportatori OATP1A2.
I trasportatori dell’oligopeptide PEPT1 (Oligopeptide Transporter) si trovano principalmente nelle membrane apicali delle cellule epiteliali intestinali e sono coinvolti nell’assorbimento di die tri-peptidi e di farmaci di natura peptidica. Questi trasportatori sfruttano un gradiente di concentrazione protonico come forza motrice e riconoscono una ampia gamma di oligopeptidi. I farmaci substrati di PEPT1 più comuni includono gli antibiotici β-lattamici, le cefalosporine, la L-dopa e alcuni ACE-inibitori. Teoricamente è possibile che si verifichi un’interazione nel momento in cui un oligopeptide compete con un farmaco peptidomimetico, sebbene interazioni clinicamente rilevanti nell’uomo non siano state riportate. Alcuni ricercatori hanno osservato che i pazienti affetti da Morbo di Parkinson hanno risposto meglio alla terapia farmacologica con L-dopa effettuata in concomitanza di una dieta a basso contenuto proteico rispetto a una dieta ricca di proteine. Inoltre, è stato visto che il digiuno aumenta la trascrizione di PEPT1 nei topi e nel pesce zebra, comportando teoricamente un maggiore assorbimento di farmaci peptidomimetici.
La glicoproteina P (P-gp – P-glycoprotein) rappresenta il trasportatore di efflusso più studiato e coinvolto nelle interazioni farmaci-alimenti clinicamente rilevanti. Questo trasportatore è localizzato in una vasta gamma di tessuti sebbene la sua presenza risulti più rilevante a livello intestinale e quindi nel contesto delle interazioni farmaci-alimenti. Sebbene sia ancora da chiarire il meccanismo di trasporto, è noto che tale meccanismo preveda l’idrolisi dell’ATP. Vi è un’ampia gamma di substrati di questo trasportatore quali i farmaci antiaritmici, gli antipertensivi, la ciclosporina, il tacrolimus e la morfina. Anche sostanze come le furanocumarine e i flavonoidi, presenti in diversa frutta e verdura, sono considerati inibitori della P-gp. In studi in vitro comuni prodotti di degradazione dei lipidi e il taurocolato di sodio (sale biliare) hanno dimostrato di inibire l’attività della P-gp. Diverse interazioni clinicamente rilevanti sono stati segnalati quando il succo di pompelmo viene ingerito con noti substrati della glicoproteina G.
Inoltre estratti ricavati dall’erba di San Giovanni possono indurre l’attività di questo trasportatore influenzando così l’assorbimento di farmaci come la digossina, l’indinavir e la ciclosporina. Un esempio degno di nota è dato dalla fexofenadina, farmaco antistaminico che risulta essere sia substrato per il trasportatore OATP che per la P-gp. La biodisponibilità della fexofenadina diminuisce se ingerita con succhi di frutta a causa di una maggiore inibizione del trasportatore di assorbimento OATP rispetto al trasportatore
di efflusso P-gp.
Oltre alla P-gp, altri trasportatori di efflusso comprendono la proteina MRP (Multidrug Resistance- associated Proteins) e la proteina BCRP (Breast Cancer Resistance Protein) che sono espresse nella membrana apicale delle cellule intestinali. La MRP è localizzata prevalentemente nel fegato sebbene possa trovarsi anche sul lato basso laterale delle cellule epiteliali intestinali che trasportano molecole alla vena porta. In generale, la proteina MRP effettua l’efflusso di metaboliti coniugati con ad esempio il glutatione o glucuronidi o addotti solforati. I flavonoidi rappresentano comuni inibitori di questi trasportatori. Alcuni ricercatori hanno dimostrato che i metaboliti della quercetina (specialmente i glucuronidi) fungono da potenti inibitori della MRP in vitro. Altri studiosi hanno osservato in soggetti volontari una rapida formazione ed escrezione di questi metaboliti nell’intestino tenue in seguito ad ingestione di quercetina. Anche se queste osservazioni suggeriscono possibili interazioni farmaci-alimenti, ancora non sono state segnalate rilevanti interazioni che coinvolgono la proteina MRP.
Allo stesso modo, la proteina BCRP trasporta metaboliti coniugati, tuttavia studi in vivo hanno dimostrato che i substrati per la BCRP sono limitati. Alcuni comuni substrati di questa proteina includono le statine coniugate, gli ormoni steroidei, l’acido folico e le vitamine B2 e K3. I profili farmacocinetici divergenti nell’uomo di questi farmaci sono stati correlati a polimorfismi genetici della BCRP, anche se nessuna rilevante interazione farmaco-alimento è stata segnalata.
Un’altra interessante tipologia di interazione farmaco-alimento che si può verificare nell’ambito del processo di assorbimento di un farmaco è quella data da molecole che aumentano la fluidità del monostrato epiteliale intestinale; tali molecole infatti possono teoricamente influenzare l’assorbimento di un farmaco poiché un aumento della fluidità di membrana può portare ad un aumento del grado di diffusione di alcuni farmaci. I flavonoidi, il colesterolo e l’α-tocoferolo si ripartiscono nelle membrane cellulari aumentando così la loro fluidità. Tuttavia, la rilevanza clinica di questi studi effettuati in vitro non è stata ancora dimostrata.
Le cellule epiteliali dell’intestino tenue umano rappresen
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Figura 2. Predominanza degli enzimi che metabolizzano i farmaci a livello intestinale. tano tipicamente il primo sito di metabolizzazione dei farmaci somministrati per via orale. I citocromi CYP3A e CYP2C9 rappresentano i principali enzimi appartenenti alla famiglia dei citocromi CYP presenti nell’ intestino tenue (Figura 2). Tuttavia la distribuzione degli enzimi che metabolizzano i farmaci può variare lungo il tratto gastrointestinale; la quantità di citocromi CYP presenti nell’intestino tenue differisce fortemente dalla quantità di CYP presenti nel fegato.
Il metabolismo intestinale ad opera degli enzimi CYP3A contribuisce al metabolismo di primo passaggio di molti farmaci come la ciclosporina, il verapamil, la felodipina, il midazolam, il tacrolimus, la simvastatina o la nifedipina e l’attività metabolica di questi enzimi può essere potenziata da farmaci induttori di questi enzimi come la rifampicina. Per molti farmaci, il metabolismo intestinale ad opera del CYP3A4 sembra più determinante del metabolismo epatico nell’effetto complessivo di primo passaggio. Alcuni ricercatori hanno studiato le più importanti interazioni farmaci-alimenti mediate dall’inibizione o dalla down-regulation degli enzimi coinvolti nel metabolismo intestinale dei farmaci nonché dall’inibizione dei trasportatori intestinali da parte di costituenti alimentari quali i succhi di frutta, i composti fenolici e polifenolici.
Gli enzimi intestinali coinvolti nel metabolismo di fase I mediano varie interazioni tra farmaci ma anche interazioni farmaci-alimenti. A questo proposito è stato dimostrato che i succhi di frutta (in particolare il succo di pompelmo) inibiscono il CYP3A nell’uomo portando ad un aumento della concentrazione sistemica dei farmaci che solitamente vengono metabolizzati da tale citocromo. Nella maggior parte dei casi, tale effetto si verifica quando il farmaco è somministrato per via orale è ciò indica l’importanza del CYP3A intestinale nelle interazioni farmaci-alimenti. Considerando l’entità dell’effetto osservato, non possono essere esclusi eventi collaterali nel caso di co-somministrazione di alcune classi di farmaco (come ad esempio dolore muscolare in seguito a somministrazione di statine). Sebbene il possibile ruolo delle bevande alcoliche e del tè verde nelle interazioni farmaci -alimenti mediate dal CYP3A sia stato riportato nella letteratura scientifica, la rilevanza clinica rimane incerta. Molti studi riportati in letteratura hanno quindi dimostrato che le interazioni farmaci-alimenti a livello del monostrato epiteliale intestinale influenzano la farmacocinetica sistemica del farmaco suggerendo scenari potenzialmente pericolosi soprattutto per farmaci caratterizzati da un ridotto indice terapeutico. La possibilità che le interazioni farmaci-alimenti possano causare eventi avversi ha portato la FDA (Food and Drug Administration) a emanare molte linee guida, spingendo l’industria farmaceutica ad effettuare studi sulle interazioni farmaci-alimenti durante le fasi di sviluppo dei farmaci. Va notato, tuttavia, che la ricerca in questo campo è spesso ostacolato da vari fattori: - la natura complessa del cibo e delle bevande, che rende difficile comprendere le interazioni farmaci-alimenti a livello molecolare; - vi è spesso una discrepanza gli studi in vitro ed in vivo, e ciò mette spesso in dubbio la rilevanza clinica di diversi studi in vitro; - la possibilità di polimorfismi genetici per i trasportatori e gli enzimi intestinali che determina una im
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Figura 3. Modalità di trasporto dei farmaci dal tratto gastro-intestinale al torrente circolatorio e ai tessuti di deposito.
portante variabilità delle interazioni farmaci-alimenti
Effetti degli alimenti sulla distribuzione dei farmaci [7]
Come precedentemente detto, il cibo induce molteplici cambiamenti nel tratto gastrointestinale che possono aumentare, diminuire, ritardare o accelerare l’assorbimento intestinale di un farmaco a seconda delle proprietà chimico-fisiche dello stesso. Molti studi riportati in letteratura hanno focalizzato l’attenzione sui cambiamenti indotti dai pasti nell’assorbimento del farmaco che si verificano a livello gastrointestinale. Un pasto può, tuttavia, anche influenzare il passaggio del farmaco dall’intestino alla circolazione sanguigna e la distribuzione del farmaco ai tessuti e agli organi, compresi gli organi bersaglio e quelli deputati al processo di eliminazione.
Il sistema linfatico
In seguito al processo di assorbimento, la maggior parte dei farmaci viene trasportata dall’intestino alla circolazione sanguigna sistemica attraverso i capillari e le vene mesenteriche e quindi attraverso la vena porta al fegato prima di raggiungere la circolazione generale. Tuttavia, l’epitelio intestinale contiene anche una ricca rete di vasi linfatici (Figura 3).
La maggior parte dei farmaci, tuttavia, non viene quantitativamente trasportata in maniera significativa attraverso i vasi linfatici. Al contrario, i lipidi introdotti con la dieta e alcuni composti lipofili, compresi i farmaci e/o profarmaci altamente lipofili (come l’alofantrina, il testosterone undecanoato ed il metilnortestoerone undecanoato, la moxidectina, i cannabinoidi, il dexanabinol) possono essere trasportati attraverso i vasi linfatici. Ciò è dovuto all’associazione del farmaco con lipoproteine ricche di lipidi (principalmente chilomicroni, CM) che si formano a partire da lipidi introdotti con la dieta e lipidi endogeni. I CM vengono trasportati dall’intestino attraverso i vasi linfatici essendo l’endotelio dei vasi sanguigni meno permeabile dell’endotelio linfatico, e ciò ne preclude l’accesso di CM con un diametro fino a 1000 nm. Al contrario, i vasi linfatici presentano ampi spazi tra le cellule endoteliali e anche meccanismi di trasporto attivi che facilitano l’ingresso dei chilomicroni. La quantità totale di farmaco che viene assorbita e trasportata dall’intestino attraverso la vena porta ed il sistema linfatico può essere modificata da cambiamenti indotti dal cibo. Per molti farmaci lipofili, il cibo può anche influenzare il meccanismo di trasporto del farmaco dall’intestino alla circolazione sanguigna. La componente lipidica del cibo (sia la quantità che il tipo di lipidi), in particolare, influenza il trasporto di farmaci attraverso i vasi linfatici intestinali poiché alcuni lipidi contenuti nella dieta stimolano la formazione intestinale di chilomicroni e quindi aumentano il trasporto di lipidi e farmaci a livello linfatico. Ad esempio, in studi condotti su cani si è osservato che la somministrazione post-prandiale di farmaci lipofili come l’alofantrina ed il metilnortestosterone undecanoato, aumenta notevolmente il trasporto linfatico intestinale del farmaco rispetto alla somministrazione a digiuno. Per questi composti, la somministrazione anche con piccole quantità di lipidi è sufficiente a portare ad un aumento sostanziale nel trasporto nel sistema linfatico. Oltre alla quantità, anche il tipo di lipidi consumati durante un pasto influenza l'entità del trasporto linfatico del farmaco. Infatti lipidi a lunga catena (come quelli che si trovano nell’olio d’oliva, nell’olio di soia, nei grassi animali ecc.), e non quelli a catena media o corta (come quelli che si trovano in concentrazioni più elevate nell’ olio di cocco), vengono inseriti nei chilomicroni e trasportati dall’intestino al sistema linfatico. Anche differenze nel grado di saturazione dei lipidi possono influenzare la presenza dei lipidi a livello linfatico ed il trasporto dei farmaci. Lipidi mono e polinsaturi promuovono la formazione di chilomicroni e il trasporto dei lipidi nel sistema linfatico rispetto a lipidi saturi di uguale lunghezza della catena e possono quindi promuovere in modo più efficiente il trasporto linfatico del farmaco. Il trasporto linfatico intestinale di farmaci altamente lipofili può quindi variare a seconda del tipo e della quantità di lipidi ingeriti con il cibo e risulterà particolarmente aumentato quando il farmaco viene somministrato in concomitanza di un pasto ricco di lipidi a lunga catena. Studi recenti effettuati in modelli animali hanno dimostrato che l’aumento del trasporto linfatico di un farmaco può alterare il metabolismo dei farmaci e quindi anche la biodisponibilità e i potenziali profili di efficacia/ sicurezza dei farmaci. L’aumento del trasporto linfatico intestinale riduce il metabolismo epatico di primo passaggio poiché il sistema linfatico riversa il farmaco direttamente nella circolazione sanguigna senza prima passare attraverso il fegato. Il metabolismo di primo passaggio può risultare ridotto anche perché il farmaco viene “sequestrato” nelle lipoproteine riducendo così la disponibilità del farmaco all’azione degli enzimi metabolici. Complessivamente la riduzione del metabolismo aumenterà la biodisponibilità del farmaco e quindi potenzialmente può influenzare l’effetto terapeutico. Inoltre, in modelli animali si è osservato che il potenziamento del trasporto del farmaco a livello linfatico può aumentare l’efficacia dei farmaci che presentano come bersaglio terapeutico proprio il sistema linfatico come gli immunomodulatori, farmaci antitumorali e anti-infettivi. La somministrazione di dosi inferiori di farmaco potrebbe così potenzialmente consentire effetti
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terapeutici adeguati e una riduzione della tossicità del farmaco. Infine, il trasporto del farmaco dal sistema linfatico alla circolazione sanguigna sistemica all’interno di lipoproteine ricche di lipidi può anche alterare la disponibilità e la clearance del farmaco, influenzando così l’efficacia e la tossicità del farmaco.
Le lipoproteine
Le lipoproteine sono veicoli macromolecolari che trasportano lipidi e molecole lipofile (compresi alcuni farmaci come l’alofantrina, la ciclosporina A, l’amiodarone, l’amfotericina B, la nistatina, l’eritoran, la clozapina, l’aloperidolo, il paclitaxel ecc.) nella circolazione sanguigna e nel sistema linfatico. Come noto, vi sono quattro principali classi di lipoproteine (in ordine decrescente di dimensione/contenuto lipidico nel core e crescente di densità): i chilomicroni (CM), lipoproteine a densità molto bassa (VLDL), lipoproteine a bassa di densità (LDL) e lipoproteine ad alta densità (HDL). I farmaci lipofili possono legarsi al nucleo o alla superficie delle lipoproteine a seconda delle loro proprietà chimico-fisiche. Il legame con le lipoproteine può verificarsi durante l’assorbimento intestinale oppure a livello della circolazione sanguigna, in un modo analogo al legame del farmaco alle proteine plasmatiche. Il legame alle lipoproteine riduce la frazione libera (non legata) del farmaco presente nel sangue. Generalmente il farmaco libero è più disponibile alla diffusione attraverso le membrane cellulari e quindi all’ingresso nei tessuti e negli organi. Il legame del farmaco alle lipoproteine può ridurre la disponibilità del farmaco a distribuirsi nei tessuti riducendo così il volume di distribuzione (Vd), la clearance (Cl) e anche il riassorbimento nel fegato e/o nei reni. L’estensione di tale riduzione dipenderà dai valori di Vd o CI di quel determinato farmaco. Generalmente, una riduzione della frazione libera del farmaco porta ad una maggiore riduzione dei valori di Vd o di Cl per i farmaci che presentano elevati valori di Vd e bassi valori di Cl, rispettivamente. Molti recettori ed enzimi facilitano il trasferimento dei lipidi nei diversi tipi di lipoproteine e dalle lipoproteine ai tessuti per essere così immagazzinato o utilizzati come fonte di energia (in particolare nei tessuti metabolici come fegato, muscoli e tessuto adiposo). Il legame di un farmaco con le lipoproteine può quindi provocare un aumento o una diminuzione della disponibilità del farmaco in tessuti specifici. In seguito ad un pasto, la distribuzione dei lipidi nelle diverse sottoclassi di lipoproteine così come il metabolismo e l’assorbimento tissutale delle lipoproteine risultano alterati. In particolare, la concentrazione di lipoproteine ricche di lipidi (CM e VLDL) nella circolazione sanguigna aumenta e i lipidi contenuti in queste lipoproteine sono indirizzati verso i tessuti di immagazzinamento come il tessuto adiposo e, in misura minore, il muscolo. Questi cambiamenti sono correlati al tipo di pasto e anche da una ampia gamma di fattori inter-individuali come la dieta, la razza, il sesso e la presenza di patologie come dislipidemie e malattie metaboliche. Dato che il cibo ha una serie di effetti sul trasporto ed il metabolismo delle lipoproteine e che può aumentare o diminuire i valori di Vd e Cl del farmaco, e alterare la distribuzione nei tessuti, non sorprende che la co-somministrazione di un determinato farmaco con il cibo possa avere una vasta gamma di effetti diversi sui valori di Vd e Cl dei farmaci associati alle lipoproteine. Alcuni studi riportati in letteratura hanno dimostrato che i cambiamenti indotti dal cibo sul legame del farmaco con le lipoproteine possono influire sulla farmacodinamica (ed in particolare sui profili di efficacia e/o sicurezza).
Le proteine plasmatiche
L’albumina rappresenta la proteina plasmatica più abbondante (3,5-5 g/dL) e la proteina più comune a cui si legano i farmaci nel plasma. L’alfa-1glicoproteina acida (AAG), sebbene presente in concentrazioni molto più basse dell’albumina (0,04-0,1 g/dL), è la seconda principale proteina plasmatica che lega i farmaci. Altre proteine hanno affinità specifiche per certe sostanze endogene e possono legarsi a specifici farmaci. L’albumina ha la capacità di legare una serie di composti endogeni ed esogeni inclusi acidi grassi, metaboliti, ormoni e molti farmaci acidi (anionici). La struttura proteica multi-dominio dell’albumina consente il legame con una vasta gamma di molecole; vi sono due principali siti di legame per i farmaci sull’albumina - sito I (detto anche sito di legame del warfarin) e il sito II (detto anche sito di legame delle benzodiazepine). L’AAG d’altra parte lega farmaci basici (cationici) e farmaci neutri ed è una glicoproteina costituita da un unico sito di legame attraverso cui lega la maggior parte dei farmaci. Poiché AAG è presente a concentrazioni molto basse nel plasma e presenta un solo sito di legame principale, il legame con tale proteina plasmatica è più facilmente saturabile da elevate concentrazioni di farmaco. Inoltre è più probabile che vi sia uno spiazzamento competitivo del legame del farmaco legato all’AAG, piuttosto che all’albumina ad opera di altre molecole endogene o esogene. Nel caso dell’albumina, il legame con il farmaco
può anche essere modificato attraverso la modulazione allosterica di molecole che si legano in un sito diverso da quello a cui si lega il farmaco. Come precedentemente riportato per il legame alle lipoproteine, alterazioni nel legame del farmaco alle proteine plasmatiche e quindi nelle concentrazioni di farmaco libero presente nel plasma comportano una alterazione della disponibilità del farmaco che può così più facilmente distribuirsi ai tessuti poiché il farmaco libero è in grado di attraversare le membrane cellulari. Un aumento o una riduzione del legame del farmaco con le proteine plasmatiche può quindi modificare la distribuzione del farmaco nei tessuti e ridurre (o aumentare) i valori di Vd e Cl dei farmaci. L’entità della variazione dei valori di Vd e Cl dipende dalle proprietà chimico-fisiche del farmaco come descritto precedentemente per il legame con le lipoproteine. Pertanto, potrà essere modificato anche l’effetto terapeutico. Gli effetti del cibo sul legame del farmaco alle proteine plasmatiche non sono tuttavia stati analizzati in dettaglio in letteratura. I cambiamenti nello stato nutrizionale possono alterare le concentrazioni di albumina e di AAG. La malnutrizione e la cachessia portano ad una riduzione della concentrazione di albumina e della AAG, mentre una dieta ricca di proteine può aumentare le concentrazioni di tali proteine plasmatiche. I nutrienti introdotti con la dieta ed i loro metaboliti potrebbero anche avere un potenziale impatto sul legame del farmaco alle proteine plasmatiche. Ad esempio, gli acidi grassi si legano fortemente all’albumina ed un aumento della concentrazione di acidi grassi può comportare una modulazione allosterica il legame dei farmaci all’albumina. Cambiamenti nella concentrazione di glucosio nel sangue, come si è verifica nel diabete, modula anche la glicosilazione dell’albumina e quindi il legame con i farmaci. Tuttavia, la rilevanza clinica di come il cibo induca cambiamenti nel legame con il farmaco non è stata chiaramente dimostrata.
Effetti degli alimenti sul metabolismo e l’eliminazione dei farmaci [7]
Numerosi studi indicano che i costituenti del cibo possono modulare l’attività degli enzimi che metabolizzano i farmaci e dei trasportatori dei farmaci. Probabilmente l’esempio più importante che presenta una importante rilevanza clinica è dato dall’inibizione del metabolismo del citocromo CYP3A ad opera dal succo di pompelmo. Altri alimenti che inibiscono il metabolismo del CYP3A includono il succo d’arancia di Siviglia ed il vino rosso, sebbene in quest’ultimo caso l’entità dell’interazione sia minore di quella dovuta al succo di pompelmo. Interazioni clinicamente rilevanti con il CYP3A si verificano anche in seguito al consumo di cibo contenente costituenti che fungono da induttori degli enzimi CYP3A. Ad esempio, l’erba di San Giovanni è un integratore alimentare a base di erbe che induce una diminuzione della biodisponibilità dei substrati del CYP3A e quindi l’assunzione di estratti ricavati da questa erba può comportare la necessità di adeguamenti del dosaggio di alcuni farmaci come la ciclosporina e l’indinavir. Inoltre, è stato dimostrato che l’aglio riduce la metabolizzazione del saquinavir, un farmaco che subisce un esteso metabolismo di primo passaggio nell’intestino. La modulazione della farmacocinetica dei substrati del CYP3A4 da parte dei costituenti alimentari è in gran parte legata all’espressione intestinale di questo enzima che può quindi portare ad un significativo impatto sulla biodisponibilità di un determinato farmaco. L’espressione intestinale di altri enzimi CYP è inferiore rispetto a quella del CYP3A, tuttavia alcune UDP-glucuronosiltransferasi (UGT) sono altamente espresse e svolgono un ruolo fondamentale nel ridurre la biodisponibilità orale di farmaci come il raloxifene. Pertanto, è possibile che si verifichino effetti indesiderati quando il raloxifene viene assunto con inibitori dell’UGT. Anche l’inibizione dei trasportatori di farmaci, come della P-gp e dell’OATP, da parte di costituenti alimentari è stata identificata come potenziale causa di effetti indesiderati sebbene la rilevanza clinica sia ancora da dimostrare. Una recente studio ha riportato un elenco dei succhi di frutta e integratori a base di erbe che possono portare a cambiamenti nella biodisponibilità orale dei farmaci. Un'altra possibile interazione farmaci-alimenti si verifica per i farmaci che sono soggetti ad un elevato metabolismo di primo passaggio perché in questi casi la biodisponibilità è sensibile ai cambiamenti del flusso del sangue epatico e splancnico che si verifica dopo l’ingestione di cibo. Si è visto che l’assunzione di cibo aumenta la biodisponibilità del propranololo e studi farmacocinetici hanno indicato che ciò potrebbe essere dovuto a una diminuzione del metabolismo epatico di primo passaggio. Più recentemente, altri studi sono stati effettuati con l’ibrutinib, un altro farmaco con elevato metabolismo epatico, ed è stato osservato un effetto alimentare positivo. Il cibo può anche causare cambiamenti nel pH urinario infatti si può verificare alcalinizzazione delle urine in seguito ad assunzione di latte o a causa di una dieta vegetariana o viceversa acidificazione delle urine causata da una dieta molto ricca di proteine. Poiché principalmente la forma non ionizzata di acidi o basi viene riassorbita dopo filtrazione glomerulare o secrezione, i cambiamenti nel pH delle urine possono portare a un cambiamento della farmacocinetica dei farmaci eliminati attraverso i reni. Ad esempio durante il trattamento con la memantina viene consigliato di mantenere una dieta controllata poiché il profilo farmacocinetico di questo farmaco è notevolmente influenzato dal pH delle urine.
Bibliografia
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