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Il trend della demenza nei prossimi decenni

Studio della Harvard TH Chan School of Public Health: circa 15 milioni di persone in meno con la malattia entro il 2040

di Sara Lorusso

Circa 15 milioni di persone in meno potrebbero sviluppare demenza nei Paesi ad alto reddito entro il 2040 rispetto alle stime diffuse fino a questo momento: è il risultato di uno studio che ha misurato un calo costante – circa il 13% per ogni decennio – dell’incidenza della demenza tra la popolazione di origine europea residente attualmente tra l’Europa e gli Stati Uniti d’America.

La ricerca di Lori Chibnik, Frank J. Wolters e altri [1] sulle tendenze nell’incidenza della demenza in Europa e negli Stati Uniti nell’arco degli ultimi 27 anni ha mostrato risultati interessanti sul declino della malattia. Il quadro ottenuto va ulteriormente indagato per affrontare in modo più chiaro cause e associazioni, ma lascia a futuri approfondimenti una prospettiva positiva circa la tendenza che potrebbe, nel prossimo futuro, coinvolgere la malattia.

Lo studio, condotto dai ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health, è stato sviluppato su una popolazione di 49.202 individui: di questi, 4.253 (pari all’8,6% della platea) risultavano aver sviluppato demenza. La popolazione è stata individuata sfruttando sette delle nove coorti dell’Alzheimer Cohorts Consortium (ACC), una collaborazione di nove studi di coorte prospettici tra Stati Uniti ed Europa, che fornisce dati relativi a individui di età superiore ai 65 anni.

Le coorti selezionate e analizzate avevano caratteristiche demografiche differenti, ma accomunate – su precisa previsione metodologica degli autori dello studio – dall’essere prospettiche e basate sui soggetti della popolazione, dalla disponibilità degli esami per ciascun individuo, dalla presenza di un follow-up di almeno 15 anni. Per alcune delle coorti racchiuse nello studio, inoltre, erano disponibili anche dati genetici relativi ai fattori di rischio cardiovascolari e le risonanze magnetiche cerebrali.

Lo studio sviluppato ha mostrato come il tasso di incidenza della demenza sia aumentato con l’età in modo analogo per uomini e donne, passando da un tasso di incidenza di 4 indivi

dui ogni 1.000 persone/anno tra gli individui di età compresa tra 65 e 69 anni, a un tasso di incidenza di 65 su 1.000 persone/anno tra gli individui di età compresa tra gli 85 e i 89 anni. Il dato generale, cioè la diminuzione del 13% ogni dieci anni, secondo gli autori mostra una tendenza leggermente più pronunciata negli uomini (24%) rispetto alle donne (8%).

Per sviluppare l’analisi, i ricercatori del gruppo di Chibnik hanno prima calcolato i tassi di incidenza della demenza specifici per età e sesso per tutte le cause, quindi hanno definito epoche di cinque anni non sovrapposte all’interno di ogni studio di partenza per determinare le tendenze nell’incidenza. Successivamente le stime di variazione per intervallo di 10 anni sono state raggruppate e i risultati sono stati presentati combinati e stratificati per sesso. Uno dei punti di forza della ricerca sta proprio nel tentativo di armonizzare i criteri di analisi dei dati di coorti differenti ma di notevole portata per la qualità dei dati, così da arrivare a un modello omogeneo e quanto più realistico possibile nella previsione.

Lo scopo della ricerca era determinare i cambiamenti nell’incidenza della demenza in un periodo di tempo molto ampio, compreso tra 1988 e il 2015, per avere uno scenario Incidenza annuale della demenza sulla base dei tassi attuali (linee continue) e incidenza prevista ipotizzando la prosecuzione dettagliato della diffusione della malattia, tale di un trend decrescente (linee tratteggiate). da poter successivamente indagare possibili Twenty-seven-year time trends in dementia incidence in Europe and the United States, Neurology Aug 2020. cause e associazioni. Solo in un secondo momento lo studio è stato spinto fino alla definizione della tendenza al 2040. dati sono stati analizzati dalla London School of Economics and

Ad oggi la demenza, con circa 47 milioni di persone nel Political Science (LSE), mostra come quasi l’80% della popolamondo a esserne affette, è considerata una tra le principali cauzione sia preoccupata rispetto alla possibilità di un improvviso se di disabilità e dipendenza. Secondo il rapporto “The Global e inaspettato sviluppo della demenza. Una persona su quattro Impact of Dementia 2013-2050” [2], un documento programè convinta, inoltre, che non si possa fare nulla per prevenirla, e matico che ha aggiornato i dati dell’Alzheimer’s Disease Interquasi il 62% degli operatori sanitari pensa che la demenza facnational (ADI) pubblicati a partire dal World Alzheimer Report cia parte del normale percorso di invecchiamento. Il rapporto 2009, è possibile stimare in 135 milioni il numero di persone fa emergere che oltre il 50% dei caregiver a livello globale afferaffette da demenza entro il 2050. Lo stesso rapporto prevede ma di aver avuto ricadute sulla propria salute a causa delle reanche un cambiamento nella distribuzione del carico globale di sponsabilità assistenziali. Il 40% del pubblico in generale pensa demenza: entro il 2050, il 71% di tutte le persone con demenza che i medici e gli infermieri ignorino le persone con demenza. vivrà in Paesi a basso o medio reddito. Con l’invecchiamento della popolazione, la problematica è

Già questo rapporto, pubblicato nel 2013, stimava in 604 destinata ad aumentare soprattutto nella sua componente di camiliardi di dollari all’anno il costo della demenza pagato nel rico sociale [4]. Non a caso l’OMS riconosce la demenza come 2010 e segnalava che la spesa per questa malattia sarebbe auuna priorità nelle strategie per la salute pubblica: nel maggio mentata in particolare nei Paesi a reddito basso o medio. Il do2017, l’Assemblea Mondiale della Sanità, l’organo legislativo cumento sottolineava l’urgenza di sviluppare ricerca su questo dell’OMS, ha approvato il Piano d’azione globale 2017-2025 fronte, per migliorare la qualità delle cure e incidere sul decorso per la risposta di salute pubblica alla demenza [5]. Si tratta di della malattia, il cui carico è spostato per una porzione imporun piano che fornisce linee guida utili alla definizione di azioni tante sull’assistenza familiare e socio-sanitaria. pubbliche per affrontare la demenza, agendo sulla prevenzio

Il più recente “World Alzheimer Report 2019: Attitudes to ne, sul rischio, sulla consapevolezza della malattia, sul supporto demenza” [3], analizzando i risultati del più vasto sondaggio ai cargiver. L’OMS ricorda [6], infatti, che sebbene l’età sia il sugli atteggiamenti nei confronti della demenza condotto su più forte fattore di rischio, la demenza non è una conseguenza 70.000 persone in 155 Paesi, ha rivelato una diffusa attitudiinevitabile dell’invecchiamento e non colpisce esclusivamente ne alla difensiva nei confronti della malattia. L’indagine, i cui le persone anziane: la demenza ad esordio giovanile (definita

casi al 2040. Gli scienziati hanno utilizzato la variazione rilevata tra il 2010 e il 2015, per poi estrapolare una variazione con un intervallo di cinque anni tenendo conto dell’aumento delle dimensioni della popolazione e della prevista longevità fino al 2040. Tutte le analisi sono state condotte separatamente per ciascuna coorte analizzata. Secondo quanto si attendevano, gli autori dello studio hanno verificato che l’incidenza della demenza è aumentata con l’età, passando da un valore compreso tra 1,6 e 8,6 su 1.000 persone/anno nella fascia di più giovane d’età (65-69 anni), a un valore compreso tra 42,2 e 97 su 1.000 persone/anno nella fascia di età 85- 89 anni. In tutte le coorti osservate, inoltre, è emersa anche una diminuzione consistente del rischio cumulativo a cinque anni per tutte le cause. Rispetto al calo medio rilevato nel 13% ogni decennio dal 1998, con un’osservazione Tassi di incidenza della demenza per fascia di età, confrontando uomini e donne. specifica sulla malattia di AlzheiTwenty-seven-year time trends in dementia incidence in Europe and the United States, Neurology Aug 2020 mer il modello ha fornito un risultato leggermente diverso, con una diminuzione per decennio del così con l’insorgenza dei sintomi prima dei 65 anni) arriva a 16%. La diminuzione del rischio cumulativo a cinque anni per coprire il 9% dei casi. Ecco dunque che – sul caso è concorde tutte le cause di demenza è stata maggiore negli uomini (24%) la letteratura – è importante agire incentivando alcune pratiche rispetto alle donne (8%). di prevenzione e abbattimento del rischio, come il contrasto al Spiegano gli autori dello studio che quando hanno esaminafumo e all’abuso di alcol, la promozione di una dieta sana e to i cambiamenti del tasso di incidenza della demenza e hanno di esercizio fisico regolare, il mantenimento di livelli adeguati ottenuto quel dato del 13% a decennio, hanno assunto questa della pressione sanguigna e del colesterolo, un’attività mentale prosecuzione della tendenza in Europa e Nord America per i costante e il contrasto dell’isolamento sociale. decenni successivi: sebbene questo non fosse l’obiettivo prin

Il carico di demenza previsto da precedenti studi e ricerche, cipale dello studio, la ricerca ha così permesso di stimare che, inoltre, potrebbe risultare ridotto ulteriormente se i migliorarispetto alle proiezioni del carico globale di malattia precedenmenti ottenuti nella prevenzione, nella diagnosi e nelle cure temente diffuse, nei Paesi ad alto reddito, 15 milioni di persone negli ultimi decenni risultassero aver concretamente generato in meno svilupperanno la demenza entro il 2040. Se, poi, questa un impatto positivo sul rischio. Ed è appunto da qui che sono stessa riduzione costante dell’incidenza venisse raggiunta in tutpartiti i ricercatori del team della Harvard TH Chan School to il mondo, anche in zone meno ricche e sviluppate, la prospetof Public Health. Diversi studi, sviluppati tra Nord America tiva potrebbe arrivare a conteggiare fino a 60 milioni di nuovi ed Europa, avevano riportato, seppur senza una stima univoca, casi di demenza in meno entro il 2040. un calo dell’incidenza della demenza negli ultimi 40 anni, con Molto dipenderà, aggiungono i ricercatori, anche dalla veprevisioni della riduzione variabili tra il 10% e il 38% per delocità e dall’efficacia delle politiche di intervento. Osservando, cennio. Lo studio di Lori Chibnik, Frank J. Wolters e altri ha per esempio, la riduzione degli anni trascorsi con disabilità coprovato a mettere un punto tra le stime, in un’ottica di prevignitiva nel Regno Unito dal 1991 al 2011 e la riduzione degli sione affidabile della tendenza dell’incidenza della demenza nei anni vissuti con demenza negli Stati Uniti negli ultimi trenta prossimi decenni. anni, appare concreta l’ipotesi – gli autori usano, tuttavia, il ter

Per visualizzare l’impatto del cambiamento dell’incidenza mine “speranza” - che gli sforzi nella prevenzione collegati a stinella demenza sia a livello globale che in Europa e negli Stati le di vita e intervento sanitario possano compensare almeno una Uniti, gli autori hanno utilizzato i dati del World Alzheimer Reparte del crescente peso della demenza derivante dall’aumento ports 2012 e 2015 per stimare come una tendenza decrescente globale dell’aspettativa di vita. dell’incidenza potrebbe impattare sul numero previsto di nuovi La ricerca delle cause del declino della diffusione della de

menza è sostenuta, infatti, da alcuni cambiamenti che recentemente hanno agito sui principali fattori di rischio, quali educazione allo stile di vita [7] e assistenza sanitaria. Decenni di gestione consapevole e efficace del rischio cardiovascolare hanno probabilmente avuto effetti sostanziali sulla salute del cervello. Sarebbe utile approfondire anche l’impatto avuto dagli interventi collegati alla pressione sanguigna [8], al colesterolo e alle infiammazioni.

Un più diffuso accesso all’istruzione è un altro importante fattore di contesto che nel secolo appena trascorso ha avuto un ruolo nel calo della demenza. Studi precedenti [9] avevano già verificato come maggiore istruzione sia associata a un minor rischio di demenza: l’istruzione non protegge certo gli individui dallo sviluppo da una neuropatologia neurodegenerativa e vascolare prima della morte, ma alcuni studi hanno notato come sembri mitigare l’impatto della patologia sull’espressione clinica della demenza.

La ricerca condotta da Chibnik, Wolters e altri presenta, tuttavia, anche alcuni limiti, segnalati dallo stesso gruppo di ricerca. In particolare viene segnalato un possibile punto di caduta nella raccolta delle informazioni dovuto al fatto che mentre la definizione di demenza come sindrome è rimasta relativamente costante, la comprensione di ciò che viene indicato come malattia di Alzheimer [10] si è modificato negli ultimi decenni. La portata dell’analisi condotta rimane, inoltre, limitata: nella selezione delle coorti in base alla garanzia della disponibilità di informazioni ritenute necessarie, è emersa una popolazione di studio contenente solo individui di discendenza europea che vivono negli Stati Uniti o in Europa: ne deriva che la conseguente possibilità di generalizzare i risultati non supera il 16% della popolazione totale del mondo.

Resiste, ancora, uno spazio di incertezza circa l’incidenza futura della demenza il cui calcolo predittivo si basa su varie ipotesi che hanno travalicato, per ammissione degli stessi autori, gli obiettivi iniziali della ricerca.

In conclusione, gli autori dello studio spiegano come lo sviluppo a cui si assiste oggi nell’epidemiologia della demenza ricorda in qualche modo i primi scenari sul declino della mortalità per malattia coronarica diffusi nel 1964. La lezione che la letteratura scientifica si porta dietro riguarda, dunque, la necessità di una sorveglianza prolungata e coerente della malattia e dei fattori associati - spiegano Chibnik e colleghi - per consentire la modellizzazione futura delle tendenze e l’identificazione delle cause. Proprio seguendo il percorso di cambiamento comportamentale e clinico sviluppato rispetto alle malattie cardiache, bisognerebbe riconoscere il rischio rappresentato dall’aumento su scala globale di obesità, diabete e ipertensione, contesto che nei prossimi decenni potrebbe arrivare a invertire le tendenze osservate per la demenza.

La sorveglianza continua per la demenza negli studi basati sulla popolazione, come quella garantita dell’Alzheimer Cohorts Consortium, fornisce il quadro per sviluppare ulteriori indagini sulle potenziali cause delle tendenze nell’incidenza della demenza. L’identificazione delle cause sottostanti alla riduzione è fondamentale per sostenere e, possibilmente, migliorare queste tendenze di fronte al cambiamento dei profili dei fattori di rischio. Con l’obiettivo di ottenere riduzioni simili nelle diverse aree del mondo, anche nelle zone in cui è previsto un aumento del carico globale [11] e i miglioramenti del contesto sono ancora purtroppo assenti.

Bibliografia

[1] 27-Year time trends in dementia incidence in Europe and the United States, Frank J. Wolters, Lori B. Chibnik, Reem Waziry, Roy Anderson, Claudine Berr, Alexa Beiser, Joshua C. Bis, Deborah Blacker, Daniel Bos, Carol Brayne, Jean-François Dartigues, Sirwan K.L. Darweesh, Kendra L. Davis-Plourde, Frank de Wolf, Stephanie Debette, Carole Dufouil, Myriam Fornage, Jaap Goudsmit, Leslie Grasset, Vilmundur Gudnason, Christoforos Hadjichrysanthou, Catherine Helmer, Mohammad Arfan Ikram, M. Kamran Ikram, Erik Joas, Silke Kern, Lewis H. Kuller, Lenore Launer, Oscar Lopez, Fiona E. Matthews, Kevin McRae-McKee, Osorio Meirelles, Thomas H. Mosley, Jr., Matthew P. Pase, Bruce M. Psaty, Claudia L. Satizabal, Sudha Seshadri, Ingmar Skoog, Blossom C.M. Stephan, Hanna Wetterberg, Mei Mei Wong, Anna Zettergren, and Albert Hofman. Neurology, online August 3, 2020 [2] Alzheimer’s Disease International. Policy Brief for G8 Heads of Government: The Global Impact of Dementia 2013–2050 [online]. Pubblicato su: alz.co.uk/research/G8-policy-brief [3] Alzheimer’s Disease International. World Alzheimer Report 2019: Attitudes to dementia [online]. Pubblicato su: https://www.alz.co.uk/research/world-report-2019 [4] Schrijvers EM, Verhaaren BF, Koudstaal PJ, Hofman A, Ikram MA, Breteler MM. Is dementia incidence declining? Trends in dementia incidence since 1990 in the Rotterdam Study. Neurology 2012; 78:1456-1463 [5] World Health Organization. Global action plan on the public health response to dementia 2017 - 2025 [online]. Pubblicato su: https://www.who.int/mental_health/neurology/ dementia/action_plan_2017_2025/en/ [6] Dementia, fact-sheet (2019) WHO.int [online]. Pubblicato su: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/ dementia [7] Collaboration NCDRF. Trends in adult body-mass index in 200 countries from 1975 to 2014: a pooled analysis of 1698 population-based measurement studies with 19.2 million participants. Lancet 2016; 387:1377-1396 [8] Collaboration NCDRF. Worldwide trends in blood pressure from 1975 to 2015: a pooled analysis of 1479 population-based measurement studies with 19.1 million participants. Lancet 2017; 389:37-55 [9] Members ECC, Brayne C, Ince PG, et al. Education, the brain and dementia: neuroprotection or compensation? Brain 2010; 133:2210-2216 [10] McKhann GM, Knopman DS, Chertkow H, et al. The diagnosis of dementia due to Alzheimer’s disease: recommendations from the National Institute on Aging–Alzheimer’s Association workgroups on diagnostic guidelines for Alzheimer’s disease. Alzheimers Dement 2011; 7:263-269 [11] GBD 2017 Disease and Injury Incidence and Prevalence Collaborators. Global, regional, and national incidence, prevalence, and years lived with disability for 354 diseases and injuries for 195 countries and territories, 1990-2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet. 2018 Nov 10; 392(10159):1789-1858

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