Monitoraggio e degradazione degli IPA presenti nei suoli dell’area rurale sulla sponda del lago inferiore di Mantova tra Porto Catena e diga Masetti attraverso approcci microbiologici e vegetali Diego Voccia1, Lamastra Lucrezia1, Mattia Agosti1, Simone Anelli2, Paolo Nastasio2, Pietro Iavazzo2, Marco Trevisan1, Edoardo Puglisi1 1 2
DiSTAS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, Italia Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste, Regione Lombardia
Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono degli inquinanti che si formano in seguito ad una incompleta combustione dei materiali a base di carbonio. Data la loro idrofobicità, tendono ad accumularsi facilmente nei suoli portando quindi un impatto negativo alla loro qualità. Tra i metodi di degradazione degli IPA dai suoli, quelli biologici sono quelli più a basso costo ed eco-friendly. Nel seguente studio i suoli dell’area demaniale in esame sono stati trattati con l’obiettivo di valutare l’efficacia di un approccio di rimedio microbiologico e vegetale in suoli caratterizzati da livelli di contaminazione molto limitati. Sono stati isolati 3 ceppi ad alta efficienza di degradazione per gli IPA e sono stati applicati insieme a piante note per la loro efficienza di degradazione. Le prove di degradazione sono state condotte parallelamente in campo ed in vaso, testando piante e microorganismi da soli ed in interazione tra loro. In entrambi i suoli monitorati (in campo e in vaso), l’estrazione degli IPA è stata effettuata tramite metodologia QuEChERS mentre l’estrazione della frazione biodisponibile è stata effettuata in soluzione acquosa con TENAX. L’analisi degli IPA è stata condotta in GC-MS abbinata ad un rivelatore di massa a quadrupolo. Gli IPA monitorati sono stati benzo[a]antracene, benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene, benzo[g,h,i]perilene, benzo[a]pirene, crisene, dibenzo[a,h]antracene, indeno[1,2,3-cd]pirene, pirene e dibenzo[a,l]pirene. A differenza di quanto atteso, il monitoraggio dei suoli ha evidenziato un aumento (non sempre statisticamente significativo) della concentrazione degli IPA sia totali che della frazione biodisponibile, sia per quanto concerne i suoli in campo che quelli in vaso. Tale risultato può essere spiegato sulla base dell’aumento della frazione estraibile dai suoli in seguito ai trattamenti subiti. In letteratura è riportato ampiamente come per molti inquinanti la frazione estraibile possa cambiare nel tempo. Generalmente la frazione non estraibile degli inquinanti incrementa con il tempo di persistenza nei terreni risultando quindi significativa nel caso di vecchie contaminazioni dove la frazione non estraibile può superare il 50%. Di solito questa componente non estraibile viene studiata attraverso isotope-labeling. La frazione non estraibile è strettamente legata alla natura della matrice del terreno in cui gli inquinanti sono presenti ed è principalmente dovuta all’intrappolamento di questi ultimi all’interno di pori o attraverso veri e proprie interazioni di legame più o meno forti. Fenomeni di congelamento e scongelamento, cambi di temperatura in generale, l’uso di microorganismi e di piante, sono tutti possibili responsabili della variazione della frazione estraibile. Alla luce dei suddetti risultati e delle considerazioni riportate si ritiene opportuno estendere il monitoraggio dei suoli per almeno altri 6 mesi a riconferma delle supposizioni fatte. Questi ultimi due aspetti possono porre le basi per una valutazione del rischio scientificamente basta dell’area oggetto di studio.
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