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Il giramondo di Alberto Lotti – pagg. 18 e

gerarchia architettonica.

È andata così: a partire dalla stazione e dalla zona parcheggi, ci si addentra in un vasto parco che porta verso il maestoso complesso del Todai-Ji. Ecco comparire una moltitudine di cervi, tanto più piccoli di quelli europei che in molti li scambiano per daini, capaci di trasmettere una serenità quasi palpabile. La tradizione narra che una potente divinità shintoista arrivò a Nara a cavallo di una cerva bianca: quale messaggero divino, questo animale è simbolo della città ed anche testimone delle sue radici religiose.

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È in compagnia dei cervi che si giunge al complesso del Todai-Ji, «grande tempio orientale», cui si accede da una porta ciclopica sorvegliata da due spaventosi guardiani Nyō. Le smorfie delle loro bocche rappresentano la vocalizzazione della prima e dell’ultima lettera

dell’alfabeto sanscrito, insomma le nostre alfa e omega. La contrazione delle due lettere dà origine al suono OM, parola evocativa che indica l’assoluto. Lo avreste mai detto? Passate le forche caudine dei guardiani, si procede verso un padiglione dalle dimensioni imponenti. Nonostante che incendi e ricostruzioni ne abbiano ridotto la volumetria nel tempo, si tratta della più estesa struttura in legno al mondo. Al suo interno è presente una delle statue di Buddha più grandi del Giappone, costruita in bronzo, alta 15 metri e pesante 500 tonnellate: una visione impressionante nella semi oscurità della sala. La mano destra alzata in segno di incoraggiamento ci rassicura, ci induce ad una visita serena. Una delle colonne portanti presenta un foro alla base, si narra che sia della stessa grandezza delle narici del Buddha. Chi riuscirà ad attraversare il foro, dice la leggenda, si avvicinerà all’illuminazione, alla consapevolezza. In molti ci provano, di norma solo i bambini ci riescono, colmando il tempio di gioia e curiosità. Li incontriamo per la prima volta all’esterno del padiglione. Tutti, senza eccezioni, indossano un berretto giallo, sorridenti siedono ordinati sul selciato, formando quadrati perfetti quanto la pianta della città. Salutano, cordiali, in un inglese approssimativo, consapevoli che imparare a presentare il Giappone come una terra accogliente fa parte del loro processo di crescita. In un sistema scolastico che si posiziona fra i migliori al mondo, l’educazione della gioventù passa anche dalla visita alle culle della nazione, dall’esposizione alla convivenza fra le due religioni principali del paese. Osservando la fotografia, i nostri amici insegnanti noteranno la presenza di un solo monitore ogni circa cento bambini, cosa da noi improponibile. Cosa dire? L’autodisciplina è una dimostrazione di consapevolezza o un segno di costrizione? Questo è uno dei grandi interrogativi del Giappone moderno! Quando vedo questi bambini sgusciare agilmente dal foro della colonna, mi piace pensare che la prima ipotesi sia quella veritiera.

Dopo i templi buddisti, ecco un’immersione in quel sentirsi parte della natura che è così caratteristico dello scintoismo: l’ascesa al santuario Kasuga Taisha. Di colore vividamente rosso, è stato istituito contemporaneamente alla capitale ed è dedicato alla divinità protettrice della città. È famoso per i suoi boschi e per le migliaia di lanterne di bronzo, donate dai fedeli, che si trovano appese agli edifici, come per quelle di pietra allineate nei suoi viali e nei sentieri circostanti, via per la quale si accede al santuario attraversando una serie di Torii, le porte tradizionali che simboleggiano la transizione dal mondano al sacro.

Il canto delle cicale tra templi squisiti Non possiamo lasciare Nara che dopo aver colto un suo ultimo fiore nascosto, situato nelle vicinanze della città. Visitabile solo in occasioni particolari, è sede di una rinomata scuola di ikebana. Si tratta del complesso di Enshō-ji, del 1656, uno dei tre templi imperiali appartenenti alla scuola zen Myōshin. Di fattezze squisite, si distingue per l’elegante giardino a secco che ne precede l’entrata. Il grande scrittore Yukio Mishima se ne servì da modello per descrivere il monastero Gesshū. Qui, a conclusione della tetralogia del «Mare della fertilità», l’abbadessa Satoko indicherà all’amico Honda, ormai vecchio e vicino alla morte, come trovare la pace interiore. Nella scena finale, Mishima intravede in questo luogo il ritratto buddista del paradiso: un giardino in cui il solo canto delle cicale risuona.

La prima e l’ultima lettera dell’alfabeto sanscrito danno origine al suono «OM» Il tempio di Enshō-ji ha fatto da modello a Yukio Mishima per il monastero Gesshū

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