Rivista OAPPC Settembre 2017

Page 1

2 3 4 9

SALUTI DEL PRESIDENTE Saluti della redazione Complesso Parrocchiale S. Teresa di Gesù Bambino - Francesco Volpe

ARS - Obiettivo Sguardo Globale - Simona Caramia e Maria Saveria Ruga

13

CONTEMPORANEA

19

TERRITORIAL

28 35

- Nik Spatari e Hiske Maas: la forza della coppia - Alessandro Pitaro

41

GENIUS

47

- Presila catanzarese: un territorio da scoprire attraverso realtà poco conosciute Salvatore Tozzo

52

BIO

58

DIARIO

63 67

- Intervista a Colombo e Serboli - Jole Tropeano

- Circuito di Formula 1 e MotoGp - Antonio Dattilo

GOODESIGN - “Le ceramiche” intervista a Francesca Ciliberti ceramista - Jole Tropeano

- “Tasselli” e miti di fondazione nelle città “mosaico” calabresi - Francesco Suraci

- Impianto a biomassa nel comune di Olivadi (2010) - Giovanni Casalinuovo

BORDO

- Londra in 30 minuti - Helga Visalli

TIME

- Francesca Savari

FOTO

1


2

Carissimi Colleghi, Vi porgo il mio saluto da questo nuovo numero della nostra rivista, dopo la recente tornata elettorale che ha visto questo gruppo confermato dalla Vostra fiducia. Una fiducia che si è fatta sentire forte, numerosa, decisa e che ci sprona quindi a proseguire sulla linea tracciata nello scorso quadriennio e che ha evidentemente visto la Vostra soddisfazione per l’azione esercitata. Non possiamo che gioire per il Vostro nuovo mandato che testimonia la soddisfazione per il lavoro sin qui compiuto da chi nello scorso quadriennio si è fortemente speso per perseguire i risultati ottenuti, spingendo altresì chi giunge oggi a sedere nel Consiglio dell’Ordine, a proseguire su quella via virtuosa che ci ha consentito di vedere confermato il Vostro appoggio. Ne sono onorato, ne siamo onorati. Non ci era certamente dovuto e proprio per questo si avverte forte la Vostra voce che ha “scelto”. Ha risuonato a testimonianza di una volontà sciente, chiara e determinata che non sarà disattesa. Si apre un nuovo quadriennio, che ci vedrà ancora protagonisti, ancora in prima linea, ancora vigili sentinelle a tutela del Vostro lavoro. Ancora sui temi caldi di SIS.MI.CA, della burocrazia imperante, della normativa

urbanistica, del difficile rapporto di ciascuno di noi con gli Enti Pubblici, del giusto compenso e di tutte quelle attività di cui avete avuto testimonianza con le nostre circolari e le newsletters, come dai giornali e dalle riviste del settore che hanno spesso sottolineato e testimoniato l’azione forte, decisa, spesso controcorrente ma sempre e comunque ferma ed indefessa del Vostro Consiglio dell’Ordine. Questo non cambierà. Fino a quando avremo la Vostra fiducia, la Vostra vicinanza, il Vostro affetto e la Vostra stima, questo non cambierà. Senza indugiare oltre Vi lascio quindi alla lettura del nuovo numero della nostra rivista. Ormai un punto di riferimento dell’azione dell’Ordine,che va ben oltre i confini della nostra provincia, grazie al fattivo contributo di quanti collaborano alla sua redazione. Vi auguro una serena stagione estiva, un buon lavoro e serenità a ciascuno di Voi ed ai Vostri cari. In attesa di poter ringraziare di persona ognuno di Voi, un forte abbraccio. Giuseppe Macrì


Carissimi Lettori e Lettrici, carissimi Colleghi tutti, sono già passati quattro anni dall’uscita del nostro primo numero, e dopo la riconferma elettorale che ci ha visti protagonisti in questa tornata, ci sembra doveroso, un caro saluto ed un grande ringraziamento a tutti voi. Assumere la redazione di una rivista significa confrontarsi con una sfida molto impegnativa, siamo state catapultate in questo compito, inizialmente, per noi nuovo ma fin da subito abbiamo creduto che, come in ogni cosa, quando ci si mette impegno, dedizione e costanza, il risultato viene fuori da solo. Ma stavolta, più che da solo, è venuto fuori insieme a voi perché è grazie ai vostri contributi che abbiamo fatto davvero un bel passo in avanti. Nel nostro tempo, segnato profondamente dalle reti sociali e dai nuovi media digitali, comunicare significa sempre meno «trasmettere» notizie e sempre più essere testimoni e «condividere» con altri visioni e idee. Tra le prime conseguenze c’è la necessità che dalla pagina traspaia con chiarezza un messaggio, un progetto e tutto il suo contenuto, la sua psicologia. Fare cultura oggi significa assumersi le proprie responsabilità e il proprio compito nella conoscenza e non è cosa facile. Per questo motivo, vi invitiamo ad essere sempre presenti, partecipativi e propositivi, questa è la VOSTRA rivista e noi siamo pronte, per altri quattro anni, a ricevere i vostri progetti, le vostre realizzazioni, i vostri scatti. Perché «quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali».

Francesca Savari, Jole Tropeano Inviateci materiale e foto al seguente indirizzo e mail: info@archicz.it

3


4

Complesso Parrocchiale S. Teresa di Gesù Bambino Località Giovino - Catanzaro Lido di Francesco Volpe Architetto

Considerazioni generali

I

l processo creativo di nuovo spazio di culto cristiano – cattolico richiede, oltre ad una definizione di tipo liturgico – funzionale, uno sforzo nella ricerca della forma architettonica. In quest’ottica assume notevole importanza la radice semantica a cui ci si vuole innestare. Più che far riferimento a modelli compositivi, sembrerebbe più utile e doveroso rifarsi a modelli culturali individuati all’interno del contesto in cui l’opera dovrà essere inserita, intesi nella loro complessità e varietà di manifestazioni. Il nuovo complesso parrocchiale “S. Teresa di Gesù Bambino”, a servizio del quartiere Giovino di Catanzaro Lido, sorge su un lotto di terreno pianeggiante, ubicato in posizione marginale rispetto al tessuto urbano cittadino, su un’area immediatamente a ridosso di una zona a vocazione residenziale direttamente collegata alla nuova area attrezzata per la balneazione. Il lotto è costeggiato da una bretella stradale che si dirama dalla statale 106 jonica per collegarsi alla strada cittadina che, a sua volta, serve i nuovi quartieri residenziali e il lungomare. Nonostante le iniziative tese a qualificare l’area urbana di Giovino da parte dell’amministrazione comunale e la presenza sul territorio di diversi servizi pubblici e privati, questi non hanno una valenza architettonica tale da stimolare il processo identificativo degli abitanti con il luogo. Infatti, questo nuovo ambito urbano mancano emergenze architettoniche e spazi urbani che ne elevino la qualità ambientale, fungendo da autentici attrattori sociali durante l’intero corso dell’anno e non solo durante il periodo estivo. Il sogno dell’architetto e le esigenze imprenditoriali rappresentano i due estremi del processo creativo, che si sviluppa poi attraversando e interpretando le esigenze funzionali della committenza e le direttive, un po’ omologanti, di chi vorrebbe dare un indirizzo maggiormente identificativo agli edifici di culto. Nel caso specifico dell’Italia, l’ufficio della CEI per 1


2

l’Edilizia di Culto suggerisce con fermezza che il progetto della chiesa deve necessariamente partire da un “progetto liturgico”, in cui teologia, liturgia, architettura, pittura e scultura si fondano in un percorso unico, dove ogni cosa, forma, luce, materiali, arredi sacri e luoghi liturgici rimandino unitariamente al principio fondante della chiesa che è Cristo Signore. Un progetto ambizioso ma stimolante, all’interno del quale trova posto un suggestivo interessamento al “suprematismo” pittorico di Malevic, come traccia per esplorare nuove frontiere dell’iconografia sacra. Così come nella pittura anche per l’architettura ci si orienta verso la ricerca di un spazio

assoluto, unificante, privo di “distrazioni” e capace di catalizzare l’interesse del fedele sui “luoghi forti” della liturgia. Alla luce di questi principi ci si è mossi nel progettare e organizzare lo spazio della nuova chiesa da dedicare a “Santa Teresa di Gesù Bambino”. Il nuovo edificio è stato impostato sulla forma cubica, elaborata mediante una serie di operazioni di suddivisione, scomposizione, traslazione, con aggiunta di ulteriori volumi semplici destinati a contenere ambienti accessori, ma non meno importanti, di complemento allo spazio liturgico: la Cappella Feriale con la Custodia Eucaristica, il Battistero con il Fonte

Battesimale, la Penitenzieria, il Vestibolo con l’Ingresso Principale, un Ingresso laterale ed infine la Sagrestia con i Servizi Annessi. La forma cubica del corpo centrale, letteralmente “spaccata” in due metà mediante un taglio diagonale, è esaltata dalle due falde di copertura triangolari che si elevano come ali proiettandone la sagoma verso il cielo, mentre il bianco delle pareti del corpo centrale ha lo scopo di evidenziarne l’importanza architettonica pur in una moderata sobrietà di linguaggio. La particolare posizione del terreno destinato ad accogliere la nuova chiesa, posto al disotto della nuova strada comunale che lo fiancheggia, ha indotto 5


6

3

alla scelta di rialzare sensibilmente la quota del Sagrato rispetto alla piazza antistante, al fine di dare maggiore slancio all’edificio, comunque destinato ad essere una reale emergenza architettonica in un contesto ambientale alquanto povero di elementi catalizzatori e qualificanti. Tale scelta è stata avvalorata dal fatto che sul contorno della stessa piazza sono presenti edifici residenziali e non che gli fanno da corona rispetto ai quali la nuova chiesa deve distinguersi manifestando con fermezza la sua presenza. Anche la posizione dell’edificio all’interno del lotto è stata dettata da esigenze relazionali con gli edifici e gli spazi vuoti ad esso correlati, infatti, dopo varie meditazioni, si è giunti alla conclusione di disporre l’edificio per il culto con il suo asse principale allineato secondo la direttrice collina – mare, collocando l’ingresso principale rivolto verso il mare, mentre la parte del presbiterio sarà rivolta verso la collina. Tale orientamento consentirà comunque di stabilire una migliore relazione tra l’edificio sacro e la piazza prospiciente il sagrato, meglio collocata rispetto alle aree residenziali del quartiere.

4

Le ultime riflessioni sull’organizzazione degli spazi liturgici a partire dal rito, invitano a vedere gli elementi caratterizzanti lo spazio stesso appunto come “luoghi liturgici” e non come semplici elementi di arredo necessari al culto. Nei luoghi infatti ci si reca, si sosta, se ne vive la pregnanza del loro significato in ordine alla loro funzione e all’utilità, in questo caso spirituale, che sono in grado di trasmettere a tutta la comunità partecipe del culto. Centro liturgico di tutto lo spazio è l’altare, intorno al quale ruotano l’assemblea dei fedeli e il presbiterio, mentre gli altri luoghi liturgici si posizionano lungo un percorso scandito dai tempi della liturgia stessa. All’interno dell’aula liturgica l’Altare ha funzione catalizzatrice di tutto lo spazio; disposto lungo la direttrice longitudinale, occupa una posizione decentrata rispetto al baricentro anche se ancora sufficientemente centrale da consentire una circolarità funzionale intorno a sé. Esso è stato pensato come un elemento geometricamente molto semplice, dalla forma parallelepipeda con base quadrata, contenuto nelle dimensioni e centrale rispetto alla pedana che lo sostiene, sollevata di tre alzate rispetto

alla quota del pavimento. La compattezza e la semplicità vogliono evocare contemporaneamente la forma archetipa del segno liturgico, testimoniata dagli antichi altari in pietra, mentre l’austerità del materiale rimanda alla forza simbolica legata al suo essere al contempo “mensa” e “altare sacrificale”. Sul lato destro dell’altare, in adiacenza ma isolato nel suo ambito spaziale, è collocato l’Ambone, luogo dell’annuncio della Parola che scaturisce dalla pietra spezzata del Sepolcro vuoto di Cristo Gesù. Anche in questo caso si vuole ricorrere alla forma evocativa del sarcofago, posto anch’esso su un suo piedistallo gradinato che lo eleva allo stesso modo dell’altare, rendendolo evidente ed importante nel contesto della sala liturgica. Sul lato sinistro dell’altare è collocata la Sede del Presidente, rialzata di un solo gradino rispetto alla quota del pavimento, ma anch’essa posizionata tra l’Altare e il popolo, rivolta verso l’Ambone perché il suo occupante è il primo uditore della Parola. Nella disposizione dei fedeli all’interno dell’aula liturgica si è cercato di realizzare il più possibile l’auspicata


interazione tra Assemblea Liturgica e Luoghi Liturgici. La posizione dei banchi per i fedeli è stata improntata sulla necessità di dare sempre a tutti la massima visibilità dei luoghi liturgici, evitando situazioni di marginalità e coinvolgendo l’assemblea stessa, oltre che nel momento topico della Celebrazione Eucaristica, anche nelle varie processioni che caratterizzano la Santa Messa: processione introitale, processione dei lettori ed annunziatori della Parola, processione offertoriale, processione comunionale, processione finale di congedo dalla santa liturgia. Sui due lati contrapposti dell’aula liturgica, realizzati come due volumi autonomi ma contigui al corpo centrale della chiesa, sono posti la Penitenzieria destinata ad accogliere il confessionale, alcuni posti a sedere per i fedeli e un leggio per la meditazione, e il Battistero, con il suo Fonte inserito all’interno di una depressione del pavimento che di fatto evoca la vasca destinata ai battesimi per immersione. Ognuno secondo le sue specifiche connotazioni liturgiche, i due luoghi sono stati distinti anche per la relazione che instaurano con l’aula centrale della chiesa.

La Cappella Feriale, che contenente anche la Custodia Eucaristica, è stata occultata ad una visione diretta da parte dei fedeli. L’ingresso a questa è decentrato e posto lungo il percorso perimetrale dell’aula che funge da vero deambulatorio. Lateralmente all’ingresso principale è stato realizzato un secondo ingresso all’aula liturgica dal quale si può accedere più facilmente alla Cappella Feriale, passando in adiacenza al Battistero. L’ingresso all’aula liturgica è mediato dalla presenza di un Vestibolo posto in successione al portone d’ingresso, questo ha la duplice funzione di accogliere i fedeli e preparali nello stesso tempo ad entrare all’interno dello spazio sacro propriamente detto. Anche la stessa “Porta” principale risulta evidenziata dalla facciata semplice nella forma ma caratterizzata da elementi decorativi aulici quali il cornicione, il pannello decorativo, le lastre di pietra che la rivestono. Il Campanile è stato collocato in alto su uno dei vertici del corpo della chiesa, sulla posizione destra guardando la facciata principale dal sagrato. La forma semplicemente parallelepipeda 5

del campanile si allinea al motivo conduttore di tutta la composizione, improntata sull’uso di volumi semplici che si articolano tra di loro mantenendo tuttavia la loro identità formale e riconoscibilità linguistica ottenuta mediante l’uso di materiali diversi. Il complesso parrocchiale Il complesso parrocchiale è costituito dal nuovo Edificio per il Culto, dal Salone parrocchiale, dall’edificio per le Opere di Ministero Pastorale, dalla Casa Canonica. La forma ad “L” del lotto ha suggerito la disposizione dei vari edifici anche in relazione all’accessibilità, alla vicinanza con gli edifici limitrofi, alla vicinanza con altri elementi infrastrutturali quali la ferrovia, la strada comunale sopraelevata, nuovi edifici a carattere produttivo che sorgeranno a margine del lotto stesso. Pertanto l’edificio per le Opere di Ministero Pastorale, la Casa Canonica, che costituiscono un unico blocco edilizio, sono collocati sul settore del lotto allineato lungo la ferrovia. Il salone parrocchiale, posto in adiacenza al fabbricato sopra descritto, ha la facciata principale prospiciente il fronte posteriore della nuova chiesa, in modo

6

7


8

7

che tra i due edifici si venga a formare una piazza funzionale al salone parrocchiale. L’Edifico per le Opere di Ministero Parrocchiale e Casa Canonica Le aule da destinare alle Opere di Ministero Pastorale e la Casa Canonica, sono stati realizzati all’interno di una struttura a blocco dalla forma parallelepipeda. L’edificio si sviluppa in senso longitudinale ed è caratterizzato da una parte centrale a tre livelli fiancheggiata su ambo i lati da due torri contenenti le scale con ascensori. La parte dell’edificio rivolto verso l’interno del lotto con fronte sul lato mare, presenta per i primi due livelli un portico con colonne a sezione quadrata. L’edificio è caratterizzato da rivestimenti realizzati con materiali diversi in corrispondenza dei vari corpi funzionali; ciò serve a differenziare i vari volumi rendendo articolata e varia la definizione estetica dell’edifico stesso. Pertanto i corpi scala sono stati rivestiti con piastrelle in gres porcellanato bicolore e con superficie che imita la pietra naturale, mentre i primi due livelli del corpo centrale sono stati trat-

8

tati con intonaco silossanico di colore rosso mattone. Il piano destinato agli alloggi è caratterizzato da superfici trattate con il medesimo materiale ma di colore grigio ghiaccio. Da un punto di vista funzionale l’edificio ospita ai primi due livelli le dodici aule destinate al catechismo e a tutte le attività formative ed associative della parrocchia, con il corpo dei servizi posti in posizione di testata in adiacenza ai corpi scala. Al terzo livello fuori terra è ricavata la Casa canonica che si compone di due unità autonome. La prima unità, che si compone di un ingresso – salone, una cucina – pranzo con ripostiglio, una camera padronale con guardaroba e bagno e due camere servite da un bagno intermedio da adibire a studio e/o camere per ospiti. La seconda unità si compone invece di un ingresso – salone, una cucina – pranzo con ripostiglio, uno spazio comune da destinare a soggiorno privato, quattro camere con bagno. La copertura dell’edificio è piana e destinata a terrazzo praticabile al quale si accede dalle scale comuni. Due terrazzi di superficie variabile sono realizzati a servizio delle due unità.

Il salone parrocchiale In adiacenza al blocco delle Opere di Ministero Pastorale è collocato il salone parrocchiale. Questo si presenta come un blocco edilizio compatto, di forma parallelepipeda, con ingresso dal piazzale prospiciente il fronte posteriore della Chiesa, segnalato da un volume emergente e da una semplice pensilina in calcestruzzo. All’interno è stato ricavato un ampio salone preceduto da un foyer con i servizi igienici. In fondo al salone sarà ricavato il palcoscenico per convegni e manifestazioni teatrali, i camerini dotati di servizi, un ingresso posteriore, una saletta regìa, un piccolo deposito di attrezzi. In base alle leggi sulla sicurezza antincendio l’edificio è stato dotato di porte antincendio, poste in posizione contrapposta su tutti i quattro fronti dell’edificio. Riferimenti fotografici: 1. 2. 3. 4. 5-6-7. 8.

Assonometria a mano libera Vista del prospetto principale Vista d'insieme Prospetto facciata principale Vedute interne dell'edificio Il salone parrocchiale


ARS Obiettivo Sguardo Globale di Simona Caramia e Maria Saveria Ruga Docenti presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

L

’esposizione “La Banconota delle idee: veatività, tecnologia e sicurezza” presso la Banca d’Italia, che dal 21 al 29 gennaio permette al pubblico di “scoprire” la nuova banconota da 50 euro, serie Europa, è anche l’occasione attraverso cui rinnovare il sodalizio tra la filiale catanzarese e la locale Accademia di Belle Arti.

2

Unire economia, finanza, didattica ed arte alla volta della creatività permette di lavorare in sinergia in direzione dell’educazione civica, sensibilizzando i cittadini di ogni fascia d’età, dai più piccoli agli adulti. É importante porre accento su un’adeguata conoscenza economica tra le competenze indispernsabili dei cittadini, fin dalla giovane età. Da un lato, l’acquisizione

1

3

9


10

di competenze spendibili nel mercato del lavoro e l’apprendimento in contesti diversi quale metodologia didattica innovativa, risponde ai bisogni di formazione individuale e di valorizzazione del tessuto socio-produttivo del territorio, dunque Dall’altro lato, sensibilizzare la cultura finanziaria significa promuovere il concetto di “inclusione finanziaria” e, da qui quello di inclusione sociale in senso lato e quello di cittadinanza. Per rafforzare questa fitta rete di relazione che vede coinvolti vari e pregevoli partener, l’Accademia realizza un’esposizione di lavori di nove allievi, intitolata Obiettivo Sguardo Globale, coordinati dai docenti Simona Caramia e Maria Saveria Ruga.

4

Francesca De Fazio, Alessandro Donato, Paolo Ferraina, Francesca Giordano, Valentina Milia, Marco Pileggi, Lucrezia Siniscalchi, Vilsona Tafani, Antonio Tolomeo sono gli studenti che hanno analizzato, in modo creativo, i vari aspetti della circolazione monetaria. Dallo scambio - simbolico e non - di denaro alle transazioni virtuali, dalla nozione di valore di scambio alla distribuzione - dei beni - che si traduce in forma, plastica, nelle banconote e nelle monete. Sculture, pitture, fotorafie e video restituiscono il risultato finale di una fiflessione critica che vede il denaro - e la sua circolazione - quale oggetto di un’esperienza sensibile (tattile), quale bene da auspicare per lo sviluppo sociale, quale possibilità di benessere,

5

quale “fenomeno” attraverso cui scandire il tempo o, infine, causa di degenerazione morale. La mostra sarà allestita in due sedi prestigiose: la Banca d’Italia e il Museo Archeologico Numismatico provinciale (grazie alla preziosa collaborazione con l’associazione 4Culture), e sarà inaugurata il 27 gennaio, data in cui è prevista la conferenza stampa (alle ore 11.00 presso il MARCH, alle ore 12.00 presso la Banca d’Italia) alla presenza di Sergio Magarelli, Direttore della Banda d’Italia, di Rocco Gugliemlo e Anna Russo, Presidente e Direttore ABA, di Alessandro Russo, Responsabile allestimento MARCH e dei due curatori Simona Caramia e Maria Saveria Ruga, che illustreranno il progetto e le opere.


6

7

8

11


12

La mostra sarà visitabile sino al 7 marzo, secondo giorni e orari al pubblico, prestabiliti dalle rispettive sedi espositive.

Riferimenti fotografici: 1. 2. 3.

4.

5. 6. 7. 8. 9.

10.

Locandina programma inaugurazione Francesca De Fazio: Scrigno, 2017 marmo, vetro, alluninio cm 16x10x10 Paolo Ferraina: La 25 ora, 2017 stampa digitale su tavola, carta, colla cm 50x70 l’uno Valentina Milia: Giano, 2017 stampa digitale applicata su legno cm 20x15x2 Francesca Giordano: Silent factories, 2017 tela, crilico, iuta, lana, legno cm 232x170x51 Marco Pileggi: Vicious circle, 2017 video 4’53” Vilsona Tafani: Domino, 2017 stampa digitale su tela cm 30x30 Alessandro Donato: EURione, 2017 acrilico su tela cm 100x150 Antonio Tolomeo: MIB24, 2017 stampa digitale, plexiglass, pvc, legno, alluminio cm 150x40x130 Lucrezia Siniscalchi: Compliance, 2017 stampa digitale - composizione fotografica cm 105x113

9

10


CONTEMPORANEA Intervista a CaSA - Colombo and Serboli Architecture Barcellona (ES) di Jole Tropeano Architetto

E

ntrambi siamo architetti italiani: Matteo ha studiato al Politecnico di Milano. Andrea alla Mediterranea di Reggio Calabria. In entrambi le nostre formazioni si sono affinate all’estero, toccando vari campi piú specifici. Matteo ha studiato e lavorato diversi anni a Dublino, dove ha potuto approfondire sopratutto la questione residenziale, lavorando per uno dei piú grandi studi del paese. Nel 2001, si trasferisce a Barcelona. Nella capitale catalana si dedica soprattutto al campo del retail. Andrea ha approfondito gli studi di architettura a Lisbona. In seguito ad una breve parentesi a Buenos Aires, dove ha avuto occasione di indagare il campo del social housing e dell’autocostruzione, approda a Barcelona nel 2008.

Quando e come è iniziata la vostra esperienza lavorativa in Spagna? Lo studio CaSA - Colombo and Serboli Architecture nasce nel 2011, a partire

dalla volontà comune di essere indipendenti professionalmente e sperimentare con progetti propri. Lo studio è nato e cresciuto durante la crisi con l’obiettivo di fare progetti completi e coerenti.

Dai vostri progetti si nota l’uso deciso del colore. Quanto della città di Barcellona, associata alle opere di Gaudì, influenza le vostre architetture? In generale si puó dire che piú che dal luogo, l’uso del colore viene fuori dalle epoche architettoniche che investighiamo di piú: tanto il Decó italiano come un certo tipo di post-modernismo presentavano una potente componente cromatica. Anche un certo tipo di brutalismo poetico ha la sua tavola di colori. E la presenza di Ponti, Sottssas e Scarpa hanno ormai impressionato le nostre retine, credo. C’é poi da aggiungere che ovviamente architettura e colore sono due mondi difficili da separare se entrambi abitano un clima Mediterraneo.

Ma l’ispirazione in questo senso viene forse pìú da Barragan o da un primo Ricardo Bofill - quello del Walden, del Kafka o della Muralla Roja - che non da Gaudí. Aggiungerei che alcuni dei nostri progetti che hanno riscosso piú successo -

1

13


14

il Rocha Apt. e il Tyche -sono holidayhouses, appartamenti per vacanze per soggiorni brevi. Tali tipi di progetti presentano un doppio limite: il budget ridotto e la necessitá di comunicare un certo spirito gioviale e festivo. Il colore é un ottimo strumento per convertire tali limiti in un pregio. In altri progetti, abbiamo invece preferito investigare toni piú neutri e le possibili interrelazioni, come nel caso della Paseo de Gracia Penthouse o del Sant Antoni Apt. Al momento siamo molto interessati alle textures naturali dei materiali.

2

Modernità e conservazione. Come riuscite a rapportarvi nelle vostre ristrutturazioni di interni? Evidentemente se lavori a Barcelona, ti trovi spesso a confrontarti con ristrutturazioni di appartamenti modernisti (il periodo che per noi sarebbe Art Nouveu). In realtá tali appartamenti sono molte volte giá stati spogliati di ogni tipo di dettaglio in precedenti ristrutturazioni degli anni ‘80 o ‘90. In altri casi puoi trovarti in situazioni diametralmente opposte, dove l’eccesso di dettagli storici possono dav-

vero essere castranti. In entrambi i casi l’approccio é un sottile equilibrio che va calibrato di volta in volta con ogni appartamento. Ci sono appartamenti in cui un dettaglio genera un intero concetto, come enl caso delle strutture metalliche del Rocha Apt.. Altre volte si sente l’esigenza di rivisitare un classico storico come nel caso delle mattonelle “idrauliche” del Tyche. In altri casi, come nel Paseo de Gracia Penthouse, viene voglia di raccogliere la storicitá del quartiere e delle viste e riprodurre i cromatismi delle facciate dentro il progetto stesso.


3

In altri casi ancora, come nel Crec Eixample, l’esistente viene circondado di volumi colorati che ne accentuino la presenza, ridotta a una silhouette blanca.

riali basici, naturali e molto malleabili.

Quali materiali prediligete e perchè?

M: Aggiungerei le strutture metalliche di tubo, che permettono disegnare nello spazio, e più in generale i contrasti lucido/opaco liscio/rugoso.

A: Personalmente direi che laterizi, argille e cementi. Mi sembrano dei mate-

Nei vostri interni si possono notare degli oggetti di arredo molto partico-

lari. Tavoli, sedute, comodini. Quanto crediate sia importante la realizzazione di complementi custom? L’architettura tailor-made é sempre ciò che offriamo. Dalla scelta dei materiali, spesso studiati in loco sencondo la luce propria di ogni appartamento, sino a dettagli 15


16

pensati sul momento in cantiere e mobili su misura. Ci piace dotare il progetto architettonico di pezzi d’arredamento fissi, completamente integrati. L’idea Ê quella di fare di ogni progetto un ritratto del proprioetario e del luogo.

Quali progetti per il futuro? In questo momento abbiamo in cantiere un paio di appartamenti e una casa con giardino e terrazze qui a Barcelona. Abbiamo da poco finito due spazi di coworking, uno privato e uno del Comune. Speriamo che qualcuno ci chiami presto per fare locali pubblici o ristoranti. 4

5

6


7

8

9

17


18

10

Riferimenti fotografici: 1.

Andrea Serboli e Matteo Colombo photo credit: Michael De Pasquale www.michaeldepasquale.com

2-3. White Retreat 4-5. Paseo De Gracia Penthouse 6-7-8-9-11. Rocha Apartment 10-12. Tyche Apartment

11

12

2-12: photo credit: Roberto Ruiz www.robertoruiz.ue


TERRITORIAL Circuito di Formula 1 e MotoGp di Antonio Dattilo Architetto Articolo tratto da “Il Lametino”. di Lamezia Terme il giovane architetto, Antonio Dattilo, che per primo ha dedicato la sua tesi di Laurea ad un circuito di Formula 1. Nessuno, infatti, aveva ancora redatto, in tutto il Sud Italia, una tesi di laurea avente ad oggetto lo studio riguardo ad un circuito di Formula 1 e MotoGp, fino ad oggi. Il neo laureato ha rivolto la sua attenzione verso gli aspetti di funzionalità e sicurezza del futuro Autodromo Due Mari mettendo alla prova la sua propensione e le sue abilità affrontando uno studio come quello richiesto per la valutazione degli aspetti di funzionalità e sicurezza nei confronti di una struttura quale appunto un circuito automobilistico e motoristico concepito per ospitare competizioni sportive di risonanza internazionale. “All’interno della tesi di laurea - riporta la nota - si legge anzitutto come la struttura ipotizzata assuma una particolare importanza per la nostra comunità dal punto di vista socio-economico, perché legata alla possibilità di dare una risposta positiva all’esigenza occupa-

È

1

zionale fortemente avvertita nel territorio lametino e conseguentemente capace di costituire un grande polo di attrazione tale da consentire imponente sviluppo dell’intera area. Ricordiamo infatti che il suolo sulla quale verrebbe realizzata questa imponente struttura riguarda una zona situata a cavallo tra i comuni di Lamezia Terme e Feroleto Antico, soggetta negli ultimi anni, com’è noto, ad una forte espansione sotto diversi punti di vista perché interessata dalla realizzazione

di diversi impianti di tipo sportivo, commerciale e recettizio”. Altra questione affrontata nel contesto del lavoro di conclusione degli studi universitari ha riguardato lo studio e la realizzazione degli impianti di sicurezza, la presenza dei quali risulta assolutamente essenziale e preponderante rispetto alla creazione di qualunque circuito automobilistico pensato per accogliere gare di Formula1 e Moto GP. Si rivolge così l’attenzione sulle misure di sicurezza, nel pieno rispetto delle 19


20

2

3

4


5

norme emanate dagli organi sportivi internazionali, destinate alla protezione degli spettatori, dei piloti, degli ufficiali di gara e del personale di servizio durante le competizioni. Sunto Tesi n°1 Antonio Dattilo è un giovane Architetto che ha terminato gli studi presso l’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria nei cinque anni accademici previsti il quale ha, in particolare rivolto le sue attenzioni verso gli aspetti di funzionalità e sicurezza di un circuito per competizioni motociclistiche ed automobilistiche di livello nazionale ed internazionale per ogni tipo di categoria. Il neo Architetto ha così avuto modo fin da subito di mettere alla prova la sua propensione e le sue abilità affrontando uno studio impegnativo come

quello richiesto per la valutazione degli aspetti di funzionalità e sicurezza nei confronti di una struttura tanto affascinante quanto difficile, nella sua realizzazione, quale appunto un circuito automobilistico e motoristico concepito per ospitare competizioni sportive di risonanza internazionale, con un risultato assolutamente soddisfacente per la sua giovane età. Ricordiamo infatti che il suolo sulla quale verrebbe realizzata questa imponente struttura riguarda una zona situata a cavallo tra i comuni di Lamezia Terme e Feroleto Antico, soggetta negli ultimi anni, com’è noto, ad una forte espansione sotto diversi punti di vista perché interessata dalla realizzazione di diversi impianti di tipo sportivo, commerciale e recettizio. Altra questione affrontata nel contesto del lavoro di conclusione degli studi universitari ha riguardato lo studio e la

realizzazione degli impianti di sicurezza, la presenza dei quali risulta assolutamente essenziale e preponderante rispetto alla creazione di qualunque circuito automobilistico pensato per accogliere gare di formula1 e moto GP. Si rivolge così l’attenzione sulle misure di sicurezza, nel pieno rispetto delle norme emanate dagli organi sportivi internazionali, destinate alla protezione degli spettatori, dei piloti, degli ufficiali di gara e del personale di servizio durante le competizioni. Tema quest’ultimo di forte interesse considerati i drammatici episodi che hanno interessato le cronache sportive e non solo negli ultimi anni. La città di Lamezia Terme insomma può guardare con orgoglio ad un altro giovane talento, ambizioso e determinato che mostra fin da subito la propria propensione verso grandi progetti. 21


22

7

6

Sunto Tesi n°2 La Tesi di Laurea illustra un’ipotesi progettuale relativa alla realizzazione di un circuito di velocità, di prima categoria, con annesse strutture di supporto, destinato alle gare di auto e moto con annesse dotazioni necessarie allo svolgimento delle competizioni. L’ipotesi progettuale è situata su una vasta area di circa Ha 80, al confine tra il comune di Lamezia Terme ed il comune di Feroleto Antico. L’ipotesi progettuale che interessa la zona, è articolata in aree di intervento diverse tra loro, ma perfettamente integrate. La prima fase di conoscenza si struttura attraverso le seguenti analisi: -Autodromi nel mondo. -Quadro storico conoscitivo di Lamezia Terme. -Scenario Urbanistico. -Inquadramento territoriale. -Inquadramento territoriale con rilievo fotografico. -Gli impatti ambientali

VIA e VAS. -Analisi Micro e Macro climatica. Grazie all’elaborazione dell’analisi sopra citata sono arrivato ad avere un livello di conoscenza completa del territorio oggetto di studio. La riflessione progettuale mi ha portato a considerare Lamezia Terme e la sua area come possibile, “nuovo polo urbano” e centro di sviluppo e ripresa economica non solo per il Comune di Lamezia Terme ma per l’intera provincia, caratterizzata dalla costante ricerca di una crescita economica. La seconda fase ha riguardato l’aspetto progettuale, riguardante non solo la progettazione architettonica dei manufatti,ma anche gli aspetti di funzionalità e sicurezza,che risultano essere il fulcro della Tesi. -Caratteristiche dei conglomerati bituminosi nei circuiti -Prevenzione e manutenzione dei conglomerati bituminosi -Normativa e principi progettuali

-Sicurezza Attiva -Sicurezza Passiva -Dotazione DPI -Masterplan. -Il progetto Preliminare -Lo spazio ricettivo -Gli Architettonici -Il metaprogetto Paddock -Masterplan Tecnico -Layout 1 -Layout 2 -Zoom su curva 1 -Zoom su curva 2 -Zoom su curva 3 -Simulazione d’intervento su curva 1 Autodromo - La parte più importante, ha come fulcro la realizzazione di una pista di velocità per auto e moto di prima categoria. L’impianto sarà dotato di tutti gli spazi e le attrezzature di cui necessita una struttura destinata alle competizioni nazionali ed internazionali, cosi come dettato dalle normative degli organismi che disciplinano le attività sportive in tale settore. Tali dota-


8

zioni si possono peraltro meglio evincere, dagli elaborati grafici. Il circuito in questione, avrà una lunghezza complessiva di 4.142,82 metri (di questi circa il 40%, cioè 1.750,00 ricadono nel comune di Lamezia Terme), molto veloce, con il rettilineo che accoglie la partenza di 1.009,87 metri, largo 12 metri, caratterizzato da un numero di 13 curve, con senso di marcia antiorario di cui 7 a sinistra e 6 a destra, rappresenta,

come detto prima, il fulcro dell’impianto. Il circuito così come progettato, potrà ospitare competizioni motociclistiche ed automobilistiche di livello nazionale ed internazionale per ogni tipo di categoria. Nell’ambito della struttura potranno avere luogo numerose manifestazioni collegate quali eventi commerciali, fiere, eventi musicali e corsi di pilotaggio in modo da sfruttare a pieno economicamente la potenzialità della pista.

Gli spazi e le attrezzature annesse all’Autodromo possono essere così individuati:area destinata a paddock di circa 30.000,00 mq; manufatto destinato a box e servizi di circa mc 32.200. Guida sicura - Questa area contiene al suo interno degli spazi aperti di mq 58.900 destinati alle piste per guida sicura e uno spazio di pertinenza sistemato a verde e parcheggi 23


24

9

di mq 9.117,00 accogliendo al suo interno un volume edilizio di mc10.440,00 , costituito da uffici per la futura gestione dell’intervento produttivo proposto e per la vendita ed assistenza dei motoveicoli. Il Centro di Guida Sicura sarà una struttura all’avanguardia che impiegherà le più moderne tecnologie per formare i conducenti di ogni tipo di veicolo: auto, moto, scooter, veicoli industriali, camper e furgoni, autobus e pullman. Centro Congressi - L’area avente questa destinazione conterrà di fatto al piano seminterrato un centro congressi avente 1.800 posti a sedere e relativi servizi, mentre al piano primo sarà situata una sala ristorante con spazi per cucina, servizi annessi e 1.500 posti a sedere. Il centro congressi ha un volume di mc 46.670 e un’area di pertinenza sistemata a verde e parcheggi di mq11.136,00. Alberghi - L’ intervento sarà completato dalla realizzazione di tre alberghi distinti in due corpi fabbrica, aventi spazi e rifiniture differenti e destinati a fasce diverse di utenza finale. I due alberghi saranno distinti in un albergo superior di mc 45.440 e un’area di pertinenza di mq 51.994 e un albergo economy di mc 54.200 avente un’area di pertinenza di mq 33.731.

10


11 12

Albergo superior - L’intervento più rappresentativo qualitativamente è dato dalla realizzazione di un albergo di lusso costituito da circa 40 suite, con annesso ristorante (dotato di cucina a norma) avente n. 120 posti a sedere, molto comodi, mentre sullo stesso livello è prevista una sala multimediale di 50 posti a sedere . Ogni suite avrà una superficie calpestabile di mq 75,00 con spazi interni, ben definiti dall’arredamento e dalle attrezzature, integrati tra di loro e destinati al riposo, al benessere del corpo e della mente, al fitness ed al tempo libero. L’altra porzione della struttura, integrata architettonicamente con la precedente, è costituita da n° 80 camere, di mq 36,55 cadauna, del tipo superior , con annesso ristorante (dotato di cucina a norma) avente n. 160 posti a sedere. Albergo Standard -L’altra struttura destinata ad albergo, definita architettonicamente da un corpo isolato è costituita da n° 336 camere di mq 30,00 cadauna, del tipo standard, con annesso ristorante (dotato di cucina a norma) avente n. 160 posti a sedere. 13

25


26

14

15

Area grandi eventi - l’area destinata a tale uso, senza creazione di volumi edilizi occupa uno spazio aperto di mq 69.561 nel comune di Lamezia Terme, definito in superficie, con materiali di costruzione che garantiranno nel tempo, lo smaltimento delle acque di dilavamento in modo corretto e nel rispetto della normativa vigente.-

16


Antonio Dattilo è un giovane architetto calabrese di ventisette anni, laureato in Architettura a ciclo unico presso la facoltà di Architettura dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria in cinque anni esatti con la tesi in “Autodromo a Lamezia Terme - Aspetti di funzionalità e Sicurezza”. Dopo gli studi, terminati nel 2015, durante il percorso formativo e nell’anno seguente ha lavorato presso alcuni studi di Architettura, oltre che a Boston (MA) presso una società di Landscape, dove ha vissuto per due mesi. Negli anni si è occupato di progettazione d’interni, passando da contesti progettuali a grande scala fino allo studio di soluzioni al dettaglio. Grazie alla sua costanza e determinazione ha sviluppato una grande predisposizione al cambiamento, alla creatività ed alla capacità di problem-solving, in contesti sempre stimolanti, anche se diversi tra loro.

17 18

Riferimenti fotografici: 1. 2.

Inquadramento Masterplan

3-4-5-6-7-8. Tavole di tesi Vista dei box Guida sicura, pianta tipo Centro congressi più economy, pianta tipo 12-13. Centro congressi, prospetto principale 9. 10. 11.

14-15-15-16-17-18. Rendering delle altre vedute

27


28

Nik Spatari e Hiske Maas: la forza della coppia Fondatori del MUSABA-Fondazione Spatari/Maas

1

Intervista a cura di Alessandro Pitaro Architetto

Q

uesta è una storia di passione e di bellezza, di Calabria e di universo, di colori e di natura. Questa è una storia che nasce da un tempo remoto – qui sorgevano templi arcaici, terme romane, grange e monasteri medievali – una storia che vive di contemporaneità – da qui sono passati grandi artisti e hanno creato le loro opere – una storia che guarda al futuro. E’ un cantiere-laboratorio che non finirà mai, come non finisce la luce, la fantasia, il vento, l’arte.

Fu d’idea di produrre “Le armonie universali”, ove forme, colori, energia sono parti tridimensionali di elementi che compongono un tutto; acqua, aria, fuoco raffiguranti entro geometrie e branche spaziosi e frammentarie cosmico-terrestri. La storia di Musaba solo Nik Spatari e Hiske Maas possono raccontarla, perché sono loro che l’hanno inventata, sognata, progettata, costruita giorno dopo giorno, alimentata di sogni e di fatica. 2

Nik e Hiske. Lui è calabrese, lei è olandese. Così vicini e così lontani. Così diversi e così simili. Sono una coppia da cinquant’anni, da quando, insieme hanno scelto di vivere qui, a Santa Barbara, un pianoro che guarda al mar Jonio, nel cuore antico della Locride. Era sepolto dai rovi e dalla dimenticanza e l’hanno fatto diventare Musaba, l’unico museo all’aperto calabrese, uno dei pochi in Europa che è anche laboratorio di sperimentazione artistica e di tutela del paesaggio. Pittore, scultore, architetto lui: un talento precoce e irresistibile, un autodidatta che si è nutrito della frequentazione e della collaborazione coi grandi del Novecento, da Picasso a Le Corbusier, da Jean Cocteau a Max Ernst; responsabile della realizzazione e della comunicazione lei. E artista per vocazione e formazione Riavvolgendo il nastro della memoria, Hiske rivisita la sua avventura esistenziale attraverso una singolare unità di


misura. “La mia storia personale è legata all’arte. Sono nata in una bellissima ex fattoria del 1600, e ricordo bene, fin da piccolissima il mio andar controcorrente. Cresciuta in una famiglia sportiva (vela e hockey) ero assai libera ma presto avvertivo la necessità di uscire dalla prospettiva di figlia di famiglia facoltosa; prima l’università poi matrimonio bene. Da sempre disegnavo e dipingevo oltre a leggere molto e con l’aiuto (convincendo i miei) di un cugino cineasta potevo frequentare l’accademia di Belle Arti ad Amsterdam. Volendo di più mi trasferii prima al nord Inghilterra poi Londra presso famiglie alle pari frequentando accademie d’arte. Poi Parigi, Lausanne. New York. Totalmente indipendente, lavorando e studiando arte, imparai molto della vita. Nik: i primi anni, Lausanne Parigi Dopo il primo premio internazionale “Asse Roma-Tokyo-Berlino”, in giovane età venni a contatto con gli ambienti cosmopolitici d’Europa e del conti-

nente americano arricchito da altri premi e dall’attenzione della critica più qualificata e, soprattutto dall’amicizia con i grandi del momento Jean Cocteau, Max Ernst, Sartre, Picasso, Le Corbusier. Nik e Hiske s’incontrano a Parigi, vanno a vivere a Milano. Studio in via Solferino, Galleria a Brera. Lavoro, moltissimo lavoro, mostre, riconoscimenti, viaggi per il mondo. Nel 1969, la Calabria entra nella storia di Nik e Hiske e loro entrano nella storia della Calabria. Per lui un ritorno, per lei una rivelazione, un mondo nuovo, una sfida a lasciare tutto. Niente è facile, l’ambiente è bellissimo, ma ostile, la natura è violenta, ma affascinante. Hiske: “Nonostante tanti problemi, tante ingiustizie che abbiamo subito, qui mi sento a casa. Un sentimento consolidatosi nel tempo. Qui c’è la mia storia, la creazione del MUSABA, tanti amici”. Partendo dal 1969 “change your life” ci siamo messi in 3

gioco. Ambiente degradato e violento. Un luogo abbandonato, gli interventi per il recupero innovativo dell’ex complesso antico, preservare la storia, le testimonianze del passato, collegandola al presente, il contemporaneo. La realizzazione del Parco di 7 ettari con le opere monumentali site-specific, il recupero e gli interventi architettonici dell’ex stazione della Calabra-Lucana, la costruzione della Foresteria e la nuova ala annesso al museo la “Rosa dei Venti”. MUSABA in progress…l’equilibrio perfetto tra arte, architettura, paesaggio. Ci siamo impegnati a portare avanti il MUSABA, che oggi è apprezzato e offre un’immagine di dinamismo a capacità artistico culturale che non si registra in nessun altro sito. I nostri sforzi, l’amore per la bellezza e per l’arte, la nostra spregiudicatezza nel perseguire quello che consideriamo giusto, anche se controcorrente. Conduciamo le nostre vite in maniera parallela sospesi tra lavoro e interessi condivisi.

4

29


30 5

Ognuno di noi ha il suo ruolo”. Nella vita indubbiamente ci sono altre priorità, ma se non pensiamo alla cultura rischiamo di impoverirci sempre di più”. Nik e Hiske vivono insieme l’assoluto bisogno di espressività creativa, che troppo spesso va a cozzare contro l’ignoranza, la burocrazia, la politica, le istituzioni. La libertà contro le regole, la fantasia contro l’oscurantismo. Gli artisti, invece, per definizione sono ribelli.

Nik e Hiske sentono le stesse cose, ma Nik solo col cuore e con l’immaginazione, che ascoltano molto più lontano. Nik è sordo da quando era bambino, e i sordi, si sa, soffrono terribilmente del loro forzato isolamento, specialmente quelli che non hanno in sé risorse spirituali o culturali. Per Nik, invece, la sordità è stato il mezzo che gli ha consentito di acuire la sua sensibilità e “sentire” la voce dei colori, della fantasia e della storia.

Nik: che cosa è per me l’arte Nel corso degli anni –dice Spatari– sono diventato un uomo. Ho viaggiato attraverso i continenti. Ma ho un solo legame profondo: con il Mediterraneo. Appartengo al Mediterraneo fortemente. Il Mediterraneo, re delle forme e della luce. E, nel Mediterraneo, la Calabria, luce decisiva e paesaggio imperativo. Il parallelo vivere dell’interminabile universo, ove luce, forme, colori sono


parte di un’architettura materiale e spirituale, motivati e bagnati dallo spettro solare; si urtano ed esplorano da fondamentali a complementari, creando una dimensione tridimensionale; l’essenza, l’astrazione della vita, l’ignoto. Talento Il grande talento creativo di Nik Spatari e la sua capacità di riunire più culture, il suo amore per la Calabria. Ci sono tante persone che hanno talento ed entusiasmo, e molti di loro non arrivano mai a nulla. Il talento naturale è come la forza di un atleta. Si può nascere con maggiori o minori capacità, però nessuno diventa un atleta perché è nato forte o veloce. A fare l’artista è il lavoro, il mestiere e la tecnica. L’intelligenza con cui nasci è solo una dote…per riuscire a farci qualcosa è necessario trasformare la tua mente in un’arma di precisione. Ogni opera d’arte è aggressiva. E

ogni vita d’artista è una piccola o grande guerra, a cominciare da quella con se stessi e con i propri limiti. Per raggiungere qualunque obiettivo, c’è bisogno prima di tutto dell’ambizione e poi del talento, della conoscenza e, infine, delle opportunità. Il progetto MUSABA redatto da Nik Spatari rappresenta un unicum inscindibile con il recupero dell’area monumentale storica, di cui esso costituisce un momento esemplare di inserimento all’interno del concetto culturale di attualità, che non separa artificiosamente il presente dal passato, ma ne vuole interpretare il senso profondo, che va verso la vita, come migliore condizione per la conservazione dei reperti storici Nik Spatari come storico, come artista e come inventore di architetture, ha ridestato le vecchie pietre all’interno di un complesso museale destinato ad es-

sere una delle emergenze dell’alta cultura legata all’arte, capace di integrare in una visione internazionale una regione come la Calabria, legando e distinguendo i lasciti di una civiltà millenaria con il farsi dei nuovi linguaggi dell’era tecnologica e della virtualità. FORESTERIA e il Mosaico monumentale La Bibbia è il grande libro di Nik. Lo ha letto e riletto, e rappresentato in migliaia di opere. Miti e leggende, divinità e popoli, peccato e salvezza, trasgressione e conversione. Una vicenda di uomini e donne che per vivere l’avventura della vita devono superare mille ostacoli e vincere mille battaglie. Piccole tessere di un mosaico infinito che è la storia dell’uomo, raccontata da Nik, dalla civiltà sumera fino alla Resurrezione del Cristo, passando per il Vecchio Testamento, lungo le pareti della Foresteria di Musaba. Certamente il mosaico monumentale

6

31


32

più complesso e articolato dell’arte contemporanea italiana. Nik su Giacobbe: Giacobbe è l’uomo a me simile. Per sognare, vagare negli spazi dell’imprevedibile, alla ricerca del se e del mondo che ci circonda; l’amore, la lotta, il domani, l’infinito immaginario. L’Italia, dicono Nik e Hiske, è uno straordinario giacimento di cultura, di capacità, di conoscenze. Nessun altro paese al mondo può vantare tanto. E la Calabria non si discosta dal resto d’Italia”. Anche nel paese più piccolo si nasconde un grande patrimonio artistico. Non sono il mare e il sole la più grande ricchezza della Calabria. Esiste un entroterra, geografico e culturale, che è pieno di sorprese, che unisce il locale e il globale, il contemporaneo e l’arcaico, il passato e il futuro.

7

8


9

10

33


11

34

MUSABA-ARTE-ARCHITETTURA-PAESAGGIO, promessa realizzata e sogno da costruire di Nik e Hiske è tutto questo. “Il Musaba non è un luogo magico. No, non è magia quella che avverte il visitatore quando si addentra a percorrere le stradine interne al parco, impareggiabile connubio tra Arte e Natura. Io credo che il Musaba sia l’acrocoro dove Dio si sedette ad ammirare l’appena creata valle del Torbido. È questa la “magia” palpabile che ciascuno percepisce, in ogni metro quadro dei sette ettari di estensione.” Alessandro Pitaro

Riferimenti fotografici: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7-8. 9-10. 11.

Nik & Hiske, foto Giovanni Tagini Veduta MuSaBa Il maestro Spatari all’opera Il mosaico alle spalle del maestro Veduta d’insieme Il museo Vedute d’insieme Particolari del mosaico Installazione


GOODESIGN “LE CerAmiche” Intervista a Francesca Ciliberti, ceramista di Jole Tropeano Architetto D: Dalle tue creazioni qui esposte si nota subito un uso predominante del colore. Qual è la tua fonte di ispirazione? R: Dal punto di vista della scelta cromatica il colore per me è vita. Vivendo in un luogo in cui pervadono i colori mediterranei, dalle mille sfumature dell’azzurro del cielo, del mare e del sole per quasi tutto l’anno, quando penso alle mie creazioni e mi trovo nel mio laboratorio, non posso non immaginarle come un esplosione di colore, perché credo che riesca ad emozionare e a trasmettere gioia. Tra tutti potrei dire di propendere per l’azzurro, ma è vero in parte, perché nei miei oggetti c’è anche molto del verde, del rosso e del giallo. D: Guardandomi intorno posso notare delle oggetti dalle forme particolari. Potresti spiegarci il significato? R: Tutto nasce dalla mia formazione, sia personale che professionale, in quanto mia madre, appassionata di artigianato , mi ha fatto sempre respirare l’arte attraverso i musei, ma anche

Napoletana di nascita, si trasferisce in Calabria all’età di 3 anni e nel 1993 consegue la licenza di maestro d’arte. Dopo una breve tappa a Faenza, centro propulsore per lo studio e la valorizzazione della ceramica in Italia e nel mondo, ritorna in Calabria e si diploma nel 2000 all’Accademia delle belle Arti con la tesi “Forme, simboli e materiali nella tradizione etnologica calabrese“. Le sue creazioni, oltre che essere elogio del colore a 360°, sono espressione di storia, tradizione, simbolismo e innovazione. La sua attività, dal 2001, dopo essere stata selezionata tra le migliori idee imprenditoriali, viene esposta nel laboratorio/studio “Le CerAMICHE” nel cuore di Soverato, a due passi dal mare. 1

35


36

luoghi caratteristici, non solo sedi istituzionali. Nell’ultimo anno dell’accademia concludo il percorso di studi con una tesi dal titolo “Forme, simboli e materiali nella tradizione etnologica calabrese”, diventando suggello della mia formazione teorica e pratica e andando sempre di più alla scoperta di quelle che sono le identità culturali della mia regione. Durante la mia ricerca l’oggetto che mi ha entusiasmato maggiormente è stata la “conocchia”, il fuso di legno che serviva per avvolgere il filo con cui si lavorava al telaio e che era arricchito da una forma scultorea. Questi fusi erano realizzati dai contadini e dai pastori intagliando il legno per essere donati alla loro futura moglie. A vedersi sembrano dei capolavori in miniatura di un maestro, ma, invece, pur essendo realizzati da persone semplici come dono d’amore, ciò che li rende particolarmente suggestivi è l’emozione che essi stessi raccontano. Questo venire a conoscenza della storia dietro l’oggetto in sé è stato per me fonte di grande ispirazione per le mie prime realizzazioni. Successivamente mi sono dedicata alla riproduzione e reinterpretazione personalizzata di altri oggetti di uso quotidiano che diventano complementi d’arredo. Ad esempio le vecchie “limbe”, i “salaturi”, u “cantaru”, la “fiasca a ciambella”, il braciere, antichi oggetti di uso quotidiano, divengono forme rivisitate e arricchite di colore. D: Appesi su una vecchia porta ho intravisto una serie di “mostaccioli”. Da dove nasce l’idea di riprodurli? R: Il “mostacciolo” è una biscotto dolce


legato sin dall’antichità a festività e ricorrenze. Vengono realizzati in diverse forme dai significati benauguranti e simbolici: il gallo, simbolo di arguzia; il cavallo, simbolo di nobiltà; il pesce, simbolo di salute; il cestino, simbolo di felicità e ancora il cuore, la sirena ecc. La loro riproduzione in ceramica inizia insieme a mia madre. Successivamente ho portato avanti la tradizione fino a realizzarli come piccoli monili da indossare perché ritengo che sia un modo possibile per fermare la loro immagine intatta nel tempo, mentre nella loro origine, essendo oggetti commestibili, hanno durata limitata. D: Dopo la prima visita alla bottega, Francesca ci apre le porte del suo laboratorio, posto sul retro, dove avviene il vero e proprio momento della creazione. R: Questo è il luogo in cui l’oggetto viene plasmato con l’utilizzo di svariate tecniche, dal colombino al tornio, alla tecnica al lastra, giusto per citarne alcune, perché dipende dalla forma che si vuole dare alla materia prima, cioè l’argilla. Successivamente, dopo una fase di essiccazione dell’argilla plasmata, si procede con la prima cottura in appositi forni a temperatura di circa 1000°, ed è in questo momento che l’argilla si trasforma in ceramica. La seconda fase prevede la colorazione attraverso l’utilizzo di smalti, cristalline o colori per poi procedere a una seconda cottura che trasformerà l’oggetto semplice in cotto in uno carico di effetti cromatici. Un’altra tecnica che utilizzo sovente e che proviene dalla mia esperienza triennale a Faenza, è quella del Rakù. Di origine giapponese, ma ormai 37


38

molto diffusa anche in Italia, prevede che la seconda cottura venga effettuata in un particolare forno e possibilmente in un luogo aperto . Raggiunta la temperatura ottimale, gli oggetti vengono estratti dal forno ancora incandescenti e messi in appositi contenitori affinché avvenga la riduzione di alcune sostanze presenti nei colori e altri effetti cromatici unici. D: Alcuni dei tuoi oggetti presentano degli elementi decorativi particolari. Potresti spiegarcene il significato? R: Anche per queste decorazioni riprendo più che altro dei simboli della tradizione etnologica contadina calabrese. Se prendiamo ad esempio questa piastra in ceramica, la sua forma è un semplice quadrato, ma le figure sono dense di significato. Oltre alla rappresentazione stilizzata delle “conocchie” troviamo simboli come il cuore, la palma, simbolo di pace e di unione, l’occhio, la casa, la porta. D: I tuoi oggetti diventano dei bellissimi complementi d’arredo per le case. Ti è mai capitato di lavorare con qualche architetto?

R: Oltre alla vendita degli oggetti che creo ed espongo all’interno del mio laboratorio/studio, mi è capitato di realizzare delle specchiere da poter collocare in vari ambienti della casa, piastrelle, tozzetti, rivestimenti per caminetti, elementi decorativi a parete che caratterizzano un ambiente. Mi è capitato di lavorare a fianco di un interior design con la quale abbiamo re-

alizzato una serie di oggetti tra cui lampade, elementi da incasso nelle pareti, specchiere per i bagni, servizi di piatti e altri oggetti che hanno permesso la customizzazione a 360°.


Le foto sono state tutte realizzate presso il laboratorio studio “Le Ceramiche�. Foto credit: Francesco Caponio.

Info e contatti: I traversa Regina Elena, 10 - 88068 Soverato (CZ) e-mail: leceramiche@libero.it

39



GENIUS “TASSELLI” E MITI DI FONDAZIONE NELLE CITTÀ “MOSAICO” CALABRESI di Francesco Suraci Architetto

T

asselli di un mosaico forse mai completato! Cosi appaiono oggi le “Marine” (nuovi “miti” di fondazione) della fascia jonica Calabrese. In Calabria questo “mito” si associa spesso alla “maledizione” al bisogno drammatico a seguito di terribili catastrofi naturali come i terremoti, le alluvioni, i dissesti idreogeologici. Una maledizione e malasorte che ancora perseguita questa terra. Il “Mito di fondazione” è un mito riguardante la nascita di una città e si assimila nel pensiero all’atto primo della creazione. Per molti centri calabresi della fascia Jonica, invece, il “Mito”, è “materia della tragedia”, si dissolve poiché sono i terremoti e le alluvioni del 1951 ed anni a seguire che segnano un momento di svolta con l’abbandono finale dei paesi posti all’interno rispetto alla costa per “fondare” nuove città o meglio semplici “Tasselli” di città che stentano a trovare, ancora oggi, una forma urbana conclusa poiché cresciute nel tempo caoticamente per geminazione

dei centri interni come: Marina di Davoli, San Sostene Marina, Sant’Andrea dello Ionio Marina, Isca sullo jonio Marina, Badolato Marina, S. Caterina dello Ionio Marina, Guardavalle Marina, Monasterace Marina, etc.. In effetti, lungo questi litorali lo sdoppiamento dei vecchi centri montani o collinari è iniziato in epoche varie ed è proseguito sino ai giorni

nostri in modo diverso e dove lo spostamento di popolazione ha determinato che i centri di altura hanno perduto del tutto o quasi le loro funzioni centrali a favore di quelli costieri. E’ da rilevare che la crescita delle marine, compresa tra la fine del secolo XIX e la metà di quello successivo, fece seguito alla realizzazione del primo tronco della ferrovia costiera ionica

1

41


42

2

nonchè alla sostituzione del latifondo con la piccola proprietà contadina e al conseguente sviluppo dell’agricoltura intensiva favorita dalla fertilità dei terreni. Ma l’impulso più consistente per operare gli sdoppiamenti è dovuto alle catastrofiche cause naturali che hanno determinato la ricerca di territori più stabili. Tra i “Tasselli” più interessanti realizzati, per mano dello Stato o la solidarietà del popolo italiano a seguito degli eventi alluvionali di vasta portata che hanno interessato questo territorio causando morte e distruzione spicca l’impianto urbano di Isca sullo Ionio con la Piazza S. Michele ed il complesso edilizio adiacente. All’indomani del terremoto dell’11 maggio 1947 si gettarono le basi per la fondazione di Isca Marina con l’esproprio di terreni situati lungo la statale Reggio Calabria - Taranto e a monte della linea ferroviaria e si diede inizio alla costruzione, a spese dello Stato, di abitazioni di prima urgenza destinati ai terremotati. I primi alloggi furono completati ed abitati già alla fine del 1947. Contemporaneamente si realizzarono le strade, i marciapiedi e le piazze. Questo lavoro edificatorio durò negli anni a venire per

3

completare gli impianti tecnologici. Nel 1953 presero l’avvio anche i lavori di costruzione dell’edificio scolastico, della Chiesa e del portico con alloggi, magazzini e locali da adibire ad uffici pubblici. Un’opera “semplice” ma notevole sotto il profilo edilizio/urbanistico. In particolare desta attenzione (una vera “scoperta”) la Piazza S. Michele con il complesso edilizio edificato a margine ed a chiusura della piazza sui tre lati. Per tipologia ed impianto urbano si rifà ai modelli delle “Città di fondazione” del periodo fascista. L’impianto urbanistico della “Piazza S. Michele” e 4

dell’edificato è simmetrico con la chiesa posta sull’asse centrale, mentre i lati della grande corte a “C”, sono definiti da tipologie porticate che si sviluppano su due livelli. Significativa una targa in marmo presente nel complesso di Isca che indica la provenienza dei fondi per la realizzazione: “IL TEMPO” “Col ricavato di pubblica sottoscrizione bandita dal “Cuore di Roma” eresse questo edificio in Isca Marina simbolo di una solidarietà di tutti gli italiani per la nobilissima terra di Calabria colpita dalle alluvioni del 1951/1953. Roma novembre 1955. Il Tempo cuore di Roma”.


Non vi è alcun dubbio che il contesto urbano ha un suo valore storico sia per i modelli di riferimento sia per la memoria dei luoghi e degli eventi che hanno drammaticamente segnato questa terra. Le “città di fondazione” nel periodo fascista, ovvero i centri urbani fondati in quell’epoca, hanno delle caratteristiche peculiari legate a precise teorie urbanistiche, erano costruite a partire da un modello base: una piazza centrale, attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici, Intorno a questo nucleo centrale si estendevano, nei centri più grandi, i quartieri abitati veri e propri, mentre nei centri rurali si passava direttamente alle campagne circostanti più o meno appoderate. Il “Tassello” di Isca, anche se a scala minore, riflette la complessità del panorama architettonico italiano degli anni trenta/quaranta in cui erano presenti e convivevano le duplici istanze del razionalismo e dello stile 5 6

“novecentesco” basato sulla rilettura della tradizione. Le posizioni culturali dell’epoca non impedivano però compromessi e ibridazioni sulla strada di ricerca di un razionalismo “italiano” portata avanti da Adalberto Libera e sull’attenzione per l’architettura spontanea “mediterranea”. Il modello di ISCA rappresenta la costruzione di un’ immagine di “paesaggio urbano e rurale”, tra architettura, città e natura, questo vale in parte anche per Sant’Andra dello Jonio Marina con la costruzione di un’altro “Tassello” attorno la chiesa di San Raffaele Arcangelo che segna la definitiva trasformazione dell’insediamento in un centro “riconoscibile”, con la sua piazza antistante la chiesa, il Municipio ed edifici popolari. Il tentativo di “ricostruire” sulla costa una identità dei luoghi “perduti” proprio laddove più forte è il legame delle popolazioni con la fede e il “senso dello spazio e dei luoghi” e la speranza di una nuova vita. Quella dell’insediarsi e abitare ha posto per questa collettività questioni di fondo: l’insediamento, il popolamento, il paesaggio costituiscono alcuni aspetti portanti del rapporto uomo e territorio ed al quale è strettamente legato anche l’abbandono del luogo precedentemente occupato e interiorizzato, territorio vissuto, partecipato, identitario con caratteristiche originali uniche, talvolta irripetibili e non riproducibili. Oggi i luoghi, come direbbe Marc Augé, sono sempre più dei non lu43


44

oghi, e nei quali non esistono relazioni né spaziali né temporali con il territorio circostante. Possiamo definirli “Territori e Comunità senza fede”, mancanti di “sentimento”, ed è proprio per questo che molte delle nuove chiese realizzate nelle marine vengono, dopo le disastrose alluvioni del 1951-53, dedicate agli Angeli: quella di Isca sullo Ionio Marina a San Michele Arcangelo, quella di Badolato Marina ai Santi Angeli Custodi, la chiesa di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio Marina a San Raffaele Arcangelo, quella di Santa Caterina dello Ionio Marina a San Gabriele Arcangelo, e quella di Guardavalle Marina alla Madonna degli Angeli. Tornando al “Tassello” di Isca marina: il portico, i terrazzi al piano superiore posti a filtro tra le residenze e la piazza sembrano abbracciare il “linguaggio” di mediterraneità senza escludere però la rigorosa impostazione classica basata su una simmetria ben marcata con la collocazione in asse della chiesa (che rappresenta il legame tra lo spazio fisico e quello interiore dell’anima di questo popolo). Si riconosce l’importanza basilare dei fattori climatici e ambientali con uno sforzo di inserire in modo armonioso l’edificio/gli edifici in modo compati-

bile con l’ambiente rurale e perirurale attraverso l’impiego di materiali semplici locali non discostanti dalla tradizione. La necessità di costruire architetture appropriate ai luoghi e accordate con l’ambiente. Il tracciato urbano ortogonale si sviluppa in due tempi: in origine impostato su una geometria quadrata e successivamente ampliato per dare spazio a nuove tipologie. L’impianto urbano rappresenta oggi non soltanto una significativa testimonianza del periodo ma costituisce una parte rilevante di queste “Marine” capaci di mantenere ancora una loro precisa identità malgrado parecchie manomissioni. Siamo in un periodo storico in cui il Parlamento italiano approvava con la legge l. 28 febbraio 1949 nr. 43 il Piano INA-Casa: 1949-1963. “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori”, con il quale si sarebbe dato avvio a un vasto programma per la realizzazione di alloggi economici, noto come “piano INA-Casa”. Un iter parlamentare del progetto di legge che aveva preso l’avvio nel luglio 1948, con Amintore Fanfani all’epoca ministro del Lavoro e della Previdenza sociale. 7

8

Il primo “tassello” di Marina ad Isca inizia nel 1947 con la costruzione delle case per gli sfollati del terremoto: “la realizzazione di prime case, costituenti il 1° lotto (8 alloggi, per un valore complessivo di £ 7.500.000), sono state consegnate al Comune il 27 novembre 1947: un tempo da record! Il 2° lotto (8 alloggi, per un valore complessivo di 12.000.000 di lire) è stato consegnato il 5 ottobre 1949. Il 3° lotto (10 alloggi: valore 14.600.000), consegnato il 6 giugno 1950. Il 4° lotto (3 fabbricati, di 2 alloggi ciascuno; valore 6.600.000) è stato consegnato al Comune il 10 febbraio 1951. Trentadue alloggi in tutto per un valore complessivo di 40.700.000 lire. Non fu facile l’assegnazione, all’inizio, a gente più o meno terremotata, chè eran poche le famiglie disposte ad abbandonare il “proprio” paese per trasferirsi in una landa pressocchè deserta. Poi, quasi subito dopo, le alluvioni del 1951: assunse altro aspetto il problema dell’assegnazione degli alloggi in Marina. Ma soprattutto ebbe inizio un processo di trasformazione di cui stiamo vivendo un importante segmento”. Quindi il progetto di una “città ideale” di astrazione “utopica”, il cui disegno urbanistico riflette, secondo uno schema


prevalentemente geometrico e criteri e principi di razionalità un’impostazione scientifica accompagnata a una tensione ideale e filosofica che genera una planimetria che si “espande” su un sedime pianeggiante e si raccorda al tracciato stradale circostante attraverso ben precisi punti di contatto. I precursori di questi modelli urbanistici in Italia, e non solo, sono tantissimi. Con l’espressione “Città di fondazione” vengono identificati i nuclei urbani e abitativi nati non spontaneamente, ma sulla base di un precisa volontà politica e di un progetto urbanistico e costruiti nella parte fondamentale, detta “Nucleo di fondazione”, tramite un intervento unitario e con una conformazione geometrica caricata di significati simbolici e modelli ideali (Città ideale). Se volessimo trovare esempi di Città ideali in Calabria basta pensare a Filadelfia, Palmi, Oppido Mamertina anche queste sorte, su un nuovo sito, successivamente ad un evento calamitoso: il terremoto del 5 febbraio 1783. Le “istruzioni” per la realizzazione di queste città di fondazione suggerivano la larghezza delle strade: una strada maestra diritta larga 8 metri per le città minori, da 10 a 13 per quelle più importanti; le strade secondarie, larghe da 6 a 8 metri, diritte e ortogonali tra loro; una piazza maggiore per il mercato grande, proporzionata alla popolazione, e piazze minori con le chiese parrocchiali o altri edifici pubblici. E’ evidente la supremazia del disegno simmetrico e la sua priorità, così cara ai trattatisti rinascimentali. Nelle piante originarie di tutte città calabresi del 1783 ricorre dunque il

medesimo repertorio di strade e piazze tematizzate: la piazza principale per il mercato grande (di solito con la chiesa madre), le piazze di quartiere con le relative chiese parrocchiali, la strada principale - spesso via Regia che attraversa da parte a parte la città. Ulteriori riferimenti e rimandi sono quelli dell’urbanistica greca che rappresenta una delle prime e più significative esperienze di pianificazione urbana e di applicazione di uno schema planimetrico ortogonale esteso ad un’intera città. Per queste “Marine” calabresi o meglio per questi “Tasselli” per come meglio definiti si pone oggi però il problema della “conservazione” e “restauro” inteso quale il luogo più problematico di questa stessa cultura, dato che in esso sono continuamente in gioco storia e arte, storia e valori, storia e progetto ovvero: “conservare la materia/forma, la forma/contenuto, la natura/artificio, la natura/cultura,la natura/storia, il nuovo/antico, la tradizione/progresso la creazione/ripetizione, l’autenticità/inautenticità, il vero/falso, la comprensione/precomprensione, la produzione/riproduzione la libertà/necessità. Tra il “definiendum” ed il “definiens” c’è di mezzo tutto questo e altro ancora. A noi scovarlo”...(Roberto Masiero). Valorizzazione dei “Tasselli” di città come necessità di dare ai cittadini dei luoghi urbani belli, fruibili e soprattutto di promuovere questi luoghi per indicare una via dello sviluppo, quella del turismo e quella della fruizione urbana ai fini di una maggiore promozione territoriale ed è per questo che la “Fon-

9

dazione dell’Ordine degli Architetti di Catanzaro” è intenzionata con il coinvolgimento di altri enti pubblici e istituzionali, di rendersi promotrice di un evento a carattere nazionale che vedrà sul campo impegnati giovani e meno giovani professionisti e studiosi per portare un contributo scientifico al tema: “Gli insediamenti urbanistici post alluvione del 1951 e relazioni con i Borghi matrice: Restauro, recupero e conservazione: CASI STUDIO IL “RESTAURO DEL MODERNO”. 29/03/2017

Riferimenti fotografici: 1-2-3. 4. 5. 6. 7-8-9.

Isca (CZ) Isca (CZ) - Plan Isca (CZ) - Plan 6 Plan generale Santa Caterina dello Ionio (CZ)

45



PRESILA CATANZARESE: UN TERRITORIO DA SCOPRIRE ATTRAVERSO REALTÀ POCO CONOSCIUTE di Salvatore Tozzo Architetto, studioso e ricercatore di storia locale Casale Bartalisio (ovvero la memoria storica che ritorna)

Q

uando un paese non ricorda più il punto geografico preciso in cui esso stesso è nato, le speranze di tramandare ai posteri questa fondamentale notizia cede il passo a un oblio sconfortante. La ricerca storica compiuta con strumenti adeguati e non con le “novelle” che è vero hanno la capacità di lasciare ampio spazio all’immaginazione ma allo stesso tempo camuffano e trasformano le verità appunto storiche. Il caso di Bartalisio è affascinante e del tutto imprevisto. I fatti vanno grossomodo così: durante una ricerca relativa al sito archeologico di Taverna Vecchia mi imbatto in questo nome armonico e rotondo legato a quello di Albi. La fonte è stata la Cronica di Taverna di Ferrante Galas, scritta a metà del XV secolo, e racconta appunto le vicende di questo casale strettamente legate a quelle della Taverna medievale da cui dipese. Il borgo nacque nel 1096 per la volontà delle istituzioni della città di Taverna di sistemare delle famiglie provenienti da Uria a capo delle quali

vi erano quelle dei Dardano e dei Curia (cognomi storici e ancora presenti ad Albi). Questa folla di genti fu sistemata in un sito strategico su una delle vie che conducevano in Sila e le loro occupazioni principali furono l’agricoltura, l’allevamento e la lavorazione della lana, di cui esisteva un florido commercio. Il casale crebbe e le sue attività produttive aumentarono notevolmente; in sinergia con gli altri casali che facevano corona alla Taverna medievale vi si allevava il baco da seta (la lavorazione della seta è ampiamente testimoniata nella provincia di Catanzaro. Quest’ultima fu una delle città regine di questa arte preziosa). La produzione sempre più elevata richiamò nel casale altre genti e nel 1400, in occasione della numerazione dei casali di Taverna, gli abitanti erano circa 850 e fra loro anche diciotto ecclesiastici. Bartalisio seguì le vicende della Taverna medievale nel bene e nel male; nel 1426 fu distrutto, insieme agli altri casali e a Taverna stessa, dopo un lungo assedio che l’autore su citato dice essere stato condotto da Francesco Sforza (notizia

questa da verificare meglio, oggetto di ulteriori studi approfonditi da parte di chi scrive). La popolazione fu allora costretta ad abbandonare il casale distrutto e a spostarsi in un luogo più sicuro poco più in alto. Si divise in due gruppi: uno formò Dardanise (oggi quartiere basso dell’odierna Albi) e l’altro nella vigna di Agostino Albio (dal cognome di quest’ultimo deriva appunto quello di Albi).Esistono ancora oggi i resti di questo sito dimenticato per secoli e il fato ha scelto me per la sua riscoperta. Quando un paese si riappropria delle proprie origini la comunità che lo abita sa da dove viene, sa chi è e in ultimo ha la piena consapevolezza di dove vuole andare. Testo a cura di Bruno Bevacqua (storico dell’arte)

Tra mito e storia La città di Uria (in Frigio significava adorazione) fu una colonia della Magna Grecia sul Mare Ionio (nell’attuale territorio dei comuni di Sellia Marina e Simeri Crichi). Con il tramonto del paganesimo, la città (divisa in tre zone), 47


48

fu convertita al cristianesimo e lì dove sorgevano tre templi (o are votive) dedicati ad altrettante divinità pagane, sorsero tre edifici dove si professava la nuova fede. Da qui pare derivare il nome Trischine (Tryschenez, pare Treîs, tre, e da Schênê, luogo) che ricorderebbe i tre templi o tabernacoli. In seguito ai sempre più frequenti scontri con popolazioni nemiche provenienti avanzanti via mare e alle devastazioni che ne seguirono, le genti (greci e latini) si spostarono sui monti alla ricerca di pace (e questo verosimilmente intorno al X – XI sec.). Qui fondarono una nuova città, Taverna Montana (poi Taverna Vecchia). Ancora oggi questa zona ne mantiene il nome.Continuando a ricostruire a grandi linee, senza appesantimenti cronologici, la storia di Taverna, sappiamo che la popolazione lasciò questa città dopo la seconda distruzione subita da Guglielmo il Malo nel

1. Taverna Vecchia, resti del Castello (Albi)

1426 (si veda Ferrante Galas – cronica di taverna). Gli abitanti, scampati a questa ulteriore tragedia, si trasferirono negli altri casali. Un numero più consistentesi sposto in un’area poco lontana, tra il torrente Litrello ed il fiume Alli, attratti dall’amenità del clima (già occupato dal casale di Bompignano), fondando l’attuale Taverna.

Siti di interesse storico/archeologico Reperti di notevole valore storico, archeologico ed artistico sono visibili, nella collina centrale, coincidente al cuore della città di Taverna vecchia.Il castello, (foto 1), alcuni caseggiati, mura di cinta,i resti di una torre di guardia, oltre ad una intatta cisterna per la raccolta dell’acqua.Di recenteè stato anche individuato il Vescovado per il ritrovamento di alcune tombe. Queste hanno dato conferma di quanto più

volte segnalato (importanza e valore del sito) e che ha attirato l’interesse della soprintendenza per i beni archeologici della Calabria. Altro luogo che ha rivestito un ruolo importante nell’intera presila catanzarese è l’Abbazia di Peseca, (come Taverna Vecchia, in territorio di Albi). Centro di grande spiritualità, nato grazie ai monaci Basiliani nella metà del X secolo, lì ritiratisi per scampare agli attacchi Saraceni. Il sito, posto in altura sopra la città, era guidatoda un monaco con potere diArchimandrita (a capo di più abbazie). Fu un centro spirituale che oltre a praticare la fede ospitòmonaci copistidi antiche scritture ed i suoi documenti furono sottratti e portati nei più rinomati all’archivi Italiani e stranieri nel corso dei secoli. Intorno alla seconda metà del X secolo (977 circa) ulteriori incursioniarrivarono a minacciare tutte le comunità monastiche presenti nel territorio calabrese che


3. Magisano, antica fornace di fattura bizantina

2. Albi, Abbazia Santa Maria di Peseca (campanile)

subirono attacchi e distruzioni.Non furono risparmiate neanche quelle poste lontano dal mare. Questa situazione fu motivo di emigrazione dalla Calabria di molti religiosi. Sotto la guida dell’archimandrita Ilarione un gruppo di monaci della nostra abbazia Santa Maria di Peseca e di San Martino di Giove in località Canale del comune di Pietrafitta (CS) si ritirarono nel Sannio. Qui è importante ricordare che nell’ab-

bazia di san Martino di Giove nei secoli successivi vi mori unaltro illustre calabrese: Gioacchino da Fiore. Le fonti che abbiamo potuto consultare ci parlano di 28 monaci emigrati alcuni dei quali rimasero in Molise per fare vita anacoretica mentre 7 con a capo lo stesso Ilarione si ritirarono in Abbruzzo e acquistarono con denaro questuante il castello di Prata, presso Casoli. Il castello era un antico possedimento

4. Taverna, valle del Litrello antichi mulini ad acqua

49


50 5. Magisano, fiume Simeri - ponte del Diavolo

6. Taverna, Castello del Baiolardo (“Turrazzo”)

dell’Abbazia di Montecassino. Sappiamo da ricerche pubblicate in Abbruzzo che San Falco (nato a Taverna Vecchia, protettore di Palena), San Franco (protettore di Francavilla al Mare) e San Nicola Greco (protettore di Guardiagrele) provenivano proprio da Peseca. Il fatto straordinario è che questi monaci provenienti dalla presila catanzarese, e da Peseca in particolare, diventaronopoi Santi venerati lontano dalla nostra regione,un argomento che dovrà in futuro essere indagato con attenzione per ricostruire in modo compiuto lo spostamento dei Santi. Attualmente su un bellissimo pianoro adiacente la statale che porta a Villaggio Mancuso si possono ammirare i resti del convento di Peseca e del bellissimo campanile “a vela” (foto2).

Altre località Nelle vicinanze di Taverna in territorio di Magisano, in loc. Trinchise nella confluenza del torrente Marviano e del fiume Simeri (l’antico Marvotrinchison)i monaci Basiliani ancor prima di Taverna Vecchia (verosimilmente intorno al VIII secolo) innalzarono una chiesetta con abside trilobato ancora oggi visibile,e a poca distanza, gli scavi perla realizzazione della condotta del metano, hanno portato alla luce una fornace con chiari riferimenti bizantini (foto 3). Questa località fu anche sede di una frequentata Fiera detta di trinchise gestita, su concessione del vescovo, dai monaci (della fiera ne fa menzione Fiore da Cropani in Calabria illustrata). Opifici e ponti Nelle campagne circostanti gli antichi abitati hanno resistito alla furia dei ter-


remoti molti opifici per attività produttive tra i quali molti mulini ad acqua. Opere che hanno per lungo tempotrainato una buona parte dell’economia locale. Si tratta di piccoli fabbricati per lo più a due piani per macinare il grano. Con un sistema a ruota orizzontale (alloggiate al piano terra), che muove, per caduta dell’acquadall’alto, un perno verticale facendo girare le macine in pietra (poste al piano superiore). Alcuni di essi sono visitabili (perché recentemente restaurati e perfettamente funzionanti) nella valle del Litrello (foto 4 e 5). Il territorio è caratterizzato da antichi sentieri che hanno permesso alle popolazioni del passato di arrivare dal mare Ionio fino alle foreste della Sila piccola per trasportare pece e legname. Lungo il tracciato si possono ancora oggi ammirare ponti (età medievale) di notevole fattura e bellezza sul fiume Alli (tra Sorbo S.Basile e Taverna) e sul fiume Simeri in territorio di Magisano (foto 6). Dal punto di vista difensivo nel medioevo (X – XI secolo) furono innalzati, oltre al castello di Taverna Vecchia, quello adiacente di Sellia Superiore, quello più a sud di Simeri e la Torre normanna di Zagarise. Mentre a metà del XV secolo si realizzò un avamposto a nord di Taverna nuova detto comunemente “Turrazzo” (foto 7) con partecipazione di spesa da parte dei monaci basiliani di Pesecae della stessa città Pretiana.

Attrattive ambientali Dal punto di vista ambientale nei fiumi e torrenti l’erosione dell’acquasulle rocce ha creato grotte naturali come quella tra Magisano ed Albi denominata “grotta rosa” per il colore che as-

7. Magisano, cascata Timpa dell’Aquila

sume sotto i riflessi dell’acqua. Il territorio presilano é ricco anche di numerose cascate. Alcuni esempi si possono visitare sul Litrello e sulla fiumara Finoieni a Magisano (foto 8). Mentre nel territorio di Sersale sono ormai conosciute in tutto il mondo le cascate di “Valli Cupe” meta di migliaia di turisti all’anno. Fra gli obiettivi da perseguire, nel prossimo futuro, vi sono lo studio, la conservazione e la valorizzazione dei beni naturalistici e storico-culturali,

delineando linee coerenti per lo sviluppo,affrontando con indagini scientifiche specifiche capaci di riportare alla luce quelle che furono le vicende storiche/artistiche/economiche ed i modi di vita delle popolazione che ci hanno preceduto. Sarà importante trasmettere la conoscenza del proprio patrimonio, materiale ed immateriale, alle generazioni future. Testi e foto: Arch. Salvatore Tozzo studioso e ricercatore di storia locale 51


52

BIO Impianto a biomassa nel comune di Olivadi (2010) - KDV TCNOLOGY di Giovanni Casalinuovo Architetto Sistema di depolimerizzazione catalitica a pressione atmosferica

I

l progetto riguarda la realizzazione di un impianto di produzione bio-diesel alimentato a biomassa, previsto nella località Manno nel Comune di Olivadi. L’area è attestata lungo una strada rurale, che parte dal centro abitato del comune di Olivadi ed arriva alla località più fertile del territorio olivadese. La posizione è favorevole, in quanto baricentrica dei territori dei comuni di Olivadi - Cenadi Centrache - Petrizzi - Palermiti - Chiaravalle C.le, anche se il raggio d’influenza dell’impianto è molto più ampio. L’involucro che conterrà l’impianto vero e proprio sarà realizzato con struttura in elevazione in ferro su platea nervata di fondazione. La copertura sarà realizzata in legno lamellare a nido d’ape, con bio-pareti di tamponatura con superficie esterna trattata a verde verticale. Il manufatto conterrà i due ambienti principali dove si svolgeranno le lavorazioni inerenti alla produzione, ed i locali di servizio ed amministrazione, dimensionati secondo le vigenti norme in materia di prevenzione sui luoghi di lavoro, igienica-sanitarie, VVF, ecc. La tecnologia KDV (utilizzata per il progetto) rappresenta un innovativo processo brevettato per la produzione di combustibili sintetici leggeri a partire da tipi diversi di biomassa o materiali carbonici residuali di origine agricola, municipale o industriale. Il processo riproduce in pochi minuti il lungo processo naturale che in migliaia di anni ha trasformato prodotti residui organici sedimentati in lagune


o in mare, che miscelati a grandi quantità di sali minerali inerti che hanno funzionato come catalizzatore, hanno dato origine ai combustibili fossili (petrolio).

KDV rende perciò possibile la riduzione delle quantità di combustibili fossili da estrarre, infatti grosse quantità di combustibili leggeri di caratteristiche simili, o anche migliori, a quelle dei combustibili di origine fossile, possono essere prodotte partendo da biomasse espressamente coltivate, o residue, e da materiali organici in genere. Inoltre il processo KDV assicura un ridotto impatto ambientale rispetto a molti sistemi tradizionalmente usati per la valorizzazione energetica di residui organici. Infatti questi processi trasformano queste sostanze in gas (metano e simili) e cristalli di carbone, sostanze che successivamente vengono ossidate. Sfortunatamente la reazione di pirolisi associata a questi processi rilascia prodotti collaterali molto dannosi (diossine, furani, vapori aromatici), e ciò obbliga a completare gli impianti con sistemi di controllo e abbattimento.

Descrizione del processo

Sezioni

Il processo consiste in due fasi principali, pretrattamento e depolimerizzazione: il prodotto residuo organico, opportunamente macinato e con umidità non superiore al 15%, entra nella sezione di pretrattamento consistente in un impianto di macinazione fine con una ulteriore riduzione 53


54

della umidità . Lo scopo è quello di ridurre la granulometria al di sotto di 3 mm in modo da ottenere un prodotto finemente disperso e facilitare il successivo contatto con il catalizzatore. Questa sezione realizza anche una prima separazione di materiali inerti non utili per la reazione di depolimerizzazione. Il prodotto cosÏ macinato viene miscelato con una parte di olio sintetico ricircolato, e quindi inviato verso la sezione di depolimerizzazione. Dettaglio parete verde


Esploso

In questa seconda fase il materiale organico finemente disperso nell’olio di ricircolo viene trasferito alla sezione KDV con additivazione del catalizzatore ed eventuale neutralizzatore, passa attraverso un dispersore venturi, una tramoggia di premiscelazione, una turbina di miscelazione ad alta velocità, serbatoio di reazione, separatore di fondo con parziale ricircolo in pretrattamento, colonna di distillazione, condensazione con parziale ricircolo. Si ha così la separazione di olio combustibile leggero che viene inviato allo stoccaggio. Le ceneri residue (normalmente sali generatisi con la reazione di composti metallici o altri contaminanti al catalizzatore) vengono inviate alla sezione trattamento ceneri. L’acqua residua dalla lavorazione viene inviata ad un serbatoio di raccolta. Si tratta di acqua pulita proveniente dalle colonne di distillazione. L’impianto è autosufficiente energeticamente in quanto riceve energia elettrica da un generatore diesel che utilizza circa il 10% dell’olio prodotto, ed energia termica ricavata dai gas di scarico del motore stesso.

55


56

Particolare parete verde

Caratteristiche dei combustibili utilizzati La materia prima vegetale utilizzata per l’esercizio dell’impianto sarà costituita dal legno derivante da manutenzione boschiva, dalla cui trasformazione meccanica si ottiene cippato. Il suddetto combustibile è classificabile come “biomassa” ai sensi delle definizioni riportate dal DPCM 8/3/2002 e successive modifiche e integrazioni. Per attenersi al disposto del suddetto Decreto, è prevista l’utilizzazione di legname proveniente esclusivamente da coltivazioni dedicate, da interventi silvicolturali, da manutenzioni forestali, da potatura e da lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, escludendo pertanto l’utilizzo di biomasse configurabili come rifiuto. I quantitativi di cippato utilizzabili dall’impianto ammontano a 2.000 ton/anno (6 ton/giorno), ed a seguito del processo di trasformazione saranno prodotti circa 870.000 litri/anno di biodiesel. Dall’impianto quindi esce: gasolio, acqua, anidride carbonica, residuo solido essiccato costituito da incombusti e sali minerali costituito da catalizzatore che ha legato le impurità metalliche eventualmente presenti nella carica, residuo carbonioso essiccato che può essere utilizzabile per preparare pellets da riscaldamento.


Verde verticale Lo stesso principio utilizzato per la creazione di tetti giardino è stato scelto per rivestire verticalmente il manufatto contenente l’impianto, grazie all’utilizzo di sistemi per pareti verticali verdi. Un “giardino verticale” è una parete esterna coltivata con vegetazione. Per realizzarla si è progettato un sistema costituito da più reti in acciaio inossidabile che vengono ancorate ai moduli retrostanti su cui s’inserisce lo strato in cui si sviluppano le essenze e uno strato per l’approvvigionamento idrico, con sistema d’irrigazione automatizzato e nascosto alla vista. Questo sistema ha numerosi vantaggi; una parete a verde verticale protegge l’involucro edilizio dal punto di vista termo-acustico, raccoglie le particelle di polvere dell’ambiente esterno e difende l’edificio dall’irraggiamento solare, migliorando la qualità di vita di chi ci vive e/o ci lavora. Dietro le reti, quindi, si posano dei moduli preformati, che contengono diversi substrati colturali di feltro di polipropilene per posizionare le piante. Tra i moduli e la parete viene lasciato uno spazio che serve per la ventilazione e l’isolamento termo-acustico. All’interno del substrato vi è un nucleo di torba e perlite espansa, che serve a trattenere l’umidità necessaria per ricreare l’habitat naturale per la crescita delle piante. Per la realizzazione del muro verde sono state scelte piante che necessitano di poche cure durante l’anno. Inoltre devono essere tappezzanti per cui è stato preferibile orientarsi su rampicanti, cespugli, arbusti e piante pendenti.

Particolare parete verde

Particolare parete verde

57


58

DIARIO

BORDO

Londra in 30 minuti di Helga Visalli Architetto

M

olto spesso per lavoro mi spingo al di là della Londra conosciuta dai turisti e questo, per mia fortuna, mi ha permesso di avere una visione ampia del paesaggio architettonico che caratterizza la città. Il mio viaggio inizia dalla “city” (il centro amministrativo della città, chiamata zona 1), attraverso tutta la città, fino alla zona 9 e mi dirigo fuori Londra verso quelle

che potremmo definire le città giardino, cittadine periferiche che distano circa 30 minuti dalla città. Sono una che per così dire va controcorrente, nel senso che vado letteralmente nel senso opposto rispetto al flusso. Quando prendo il treno alla stazione, i pendolari (che mi piace definire “gli inglesi doc”) arrivano dalle loro villette

su 2 piani con giardino, della tranquilla e silenziosa periferia, e come un fiume in piena sbarcati in città si disperdono per raggiungere il posto di lavoro. Tacchi a spillo che spuntano dallo zaino da lavoro e maxi tazze di caffè da asporto sono la normalità per una città che non si ferma mai. Quando rientro, li ritrovo che fuggono dal caos cittadino per rintanarsi nella serenità della vita familiare. Ogni volta è lo stesso viaggio, dal finestrino del treno guardo, scruto e studio la stessa città che però non è mai veramente la stessa. Londra è un cantiere a cielo aperto, nel senso più positivo del termine: ogni giorno mi ritrovo ad osservare gli stessi quartieri, zona per zona, e rimango stupita nel veder sorgere nuove costruzioni o istallazioni temporanee. Quando c’è il sole ed il cielo azzurro Londra è bellissima. Attraverso il Tamigi ed i miei occhi disegnano lo skyline dei grattacieli: il 30 St Mary Axe (volgarmente chiamato il cetriolo) progettato da Norman Foster, lo Sky Garden, il Leadenhall building e il Tower 42, che fanno così di Londra la meta ideale per molti architetti in cerca di ispirazione e per-


59


60

ché no anche di successo. Passo sotto lo Shard di Renzo Piano, che proprio come una scheggia sembra quasi pungere il cielo. Un po’ più piccola nascosta tra i palazzi riconosco la torre del nuovo ampliamento della Tate Modern a firma Herzog & De Meuron. In cima alla torre, una terrazza panoramica ti permette di vedere Londra a 360°, ma la cosa che più interessa ai visitatori, me compresa, è guardare e fotografare i costosi appartamenti dei palazzi di Holland Street, completamenti ve-

trati nei quali, come in una rivista di interior design, puoi apprezzare i differenti arredi e finiture. Poi al tramonto quando il cielo si colora di rosso resto incantata davanti la ruota panoramica, Westminster con la torre del Big Ben e le case galleggianti dei canali. Quando le giornate sono grigie e un po’ opache con quella fastidiosissima pioggia che gli inglesi chiamano “drizzle”, più simile all’acqua nebulizzata ma meno piacevole, i grattacieli perdono la loro bellezza. Scopro, allora,

una città affascinate e misteriosa attraverso il susseguirsi di tetti e comignoli, strade strette e grandi capannoni con mercatini di generi alimentari pieni di gente. Mi ritrovo quindi a ripercorrere le vie di una Londra vittoriana, edifici e appartamenti dall’aspetto industriale, che per il loro grigiore hanno dato il nome al colore conosciuto come “fumo di Londra”. Man mano che mi allontano la città cambia, dove c’erano vecchi edifici residenziali ed aree degradate, ora sorgono nuovi palazzi, moderni nelle forme e nei rivestimenti esterni, in una politica di sviluppo che prevede l’integrazione tra le varie classi, per una riqualificazione sia ambientale che sociale. Continuando il viaggio, lo spazio si apre, le case si abbassano fino a 2/3 piani al massimo e si snodano in lunghe schiere che seguono la strada. Sul fronte sono tutte uguali, mattoni a vista e bow-window. La pianta è regolare: un rettangolo stretto e lungo, con un piccolo giardino sul fronte, quasi sempre pavimentato, e un giardino più spazioso sul retro. E’ proprio qui sul retro che l’architettura prende forma tra estensioni vetrate e giardini d’inverno. Una città segreta che si può scoprire ogni anno, a settembre, durante il festival di architettura e design, e che prende il nome di open house, appunto “case aperte”. I proprietari aprono le porte delle loro case, chiunque può entrare a visitarle, e talvolta sono gli stessi progettisti a spiegarti le scelte progettuali ed i dettagli costruttivi. Immense distese di campi e prati verdi, separano la città dalle città gia-


rdino e in meno di 30 minuti di treno ti ritrovi catapultato in un’altra realtà. Qui vivono gli inglesi! Nascono in questi centri immersi nel verde, crescendo si spostano a Londra per studio, per lavoro e per un po’ di “vita”, mettono su famiglia e stressati dal caos e dalla frenesia della metropoli ritornano nella silenziosa campagna. Cittadine a sviluppo orizzontale con un centro città dove si svolge la vita sociale economica ed amministrativa e tutt’intorno la zona residenziale. La tipologia è sempre la stessa: case a schiera con pianta regolare, bow win-

dow, giardino sul fronte, un garage e giardino più ampio sul retro. L’altezza delle case è di massimo 2 piani, esternamente il pianoterra è sempre scandito da mattoni a faccia vista, al primo piano, se non ci sono i mattoni, la variante è o nelle scandole, rettangolari o stondate, oppure intonaco bianco con la struttura in legno a vista. Le divisioni interne sono tutte in cartongesso, e le scale strette e ripide. I pavimenti sono completamente rivestiti di moquette in quasi tutta la casa e talvolta anche nel bagno! Il bagno è la vera nota dolente delle residenze inglesi, sia nelle zone

periferiche che nel centro di Londra. Spesso il wc è collocato in una “stanzetta” a parte separato dal resto dei sanitari. Il “bagno” è quindi formato dalla vasca e dal lavandino… un minuscolo lavandino dove acqua calda e acqua fredda sono 2 rubinetti separati. Non sai mai se preferisci ustionarti le mani e congelartele. La cosa che più mi sconvolge (oltre l’assenza del bidet) è che se proponi ad un cliente un lavandino più grande o una doccia più comoda, ti guardano con aria smarrita e ti dicono che a loro piace quello che hanno.

61


62

In queste aree periferiche è più difficile lasciare spazio alla creatività perché gli inglesi sono piuttosto conservatori. Mi sembra di essere in un villaggio del passato dove solo il passaggio di macchine costose mi riporta alla realtà. Ma Londra è anche la capitale del design e allora ripenso a una realtà diametralmente opposta: quella delle case di lusso, i cui proprietari sono solo una nicchia di super ricchi e i progettisti, architetti stellati. Giusto per dare qualche numero basta pensare a One Hyde Park. Appartamenti di circa 100mq che vengono comprati per 80 milioni di sterline e ristrutturati per altri 20, (sempre milioni di sterline!) con ogni tipo di comfort, accessori e materiali di altissima qual-

ità. Il materiale predominante nei rivestimenti è il marmo e tutti gli arredi interni sono fatti su misura a design unico per ogni cliente. Qui l’architetto può dare libero sfogo a tutta la sua creatività. Londra è una città cosmopolita dalle mille sfaccettature e dai mille volti, la sua architettura rispecchia i suoi abitanti attaccati alla tradizione ma allo stesso tempo aperti verso l’innovazione. Di questa città ne subisco il fascino e ne colgo le infinite possibilità che può offrire, rappresenta un grande stimolo alla creatività e di ricerca personale. Poi domani inizia un altro viaggio e chissà cos’altro ci sarà di nuovo!


TIME a cura di Francesca Savari Architetto

»

»

»

CERSAIE 2017

Architecture Biennale 2018 dal 26/05 al 25/11 2018 Centro fieristico di Venezia - Italia

»

Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredo bagno

dal 25/09/2017 al 29/09/2017 Quartiere fieristico di Bologna

»

SAIE Salone internazionale dell’edilizia 17/20 ottobre 2018

Quartiere fieristico di Bologna Fresh.New.Ideas Fiera internazionale degli accessori, arredamento e illuminazione

•Messe Frankfurt •Francoforte, Germania •24/27 giugno 2017

»

MARMOMACC dal 27/09 al 30/09 2017 Fiere di Verona - Verona - Italia

»

»

HOMI Salone degli stili di vita dal 15/09/2017 al 18/09/2017

Restructura da giovedì 16 a domenica 19 novembre 2017 Lingotto Fiere - Torino Italia

Fiera Milano - Rho (Mi) - Italia

63



FOTO

Prospettive Mediterranee, FacoltĂ di Architettura di Reggio C., 2010 Foto di Cristina Irene Ferragina

Mediterranea, FacoltĂ di Architettura di Reggio C., 2010 Foto di Cristina I. Ferragina

65


66

Milano: Triennale 2016 Foto di Maria Lorenza Crupi

Milano: Triennale 2016 Foto di Maria Lorenza Crupi

Venezia: Biennale 2016 Foto di Maria Lorenza Crupi


Londra: Road, numeri pari - Foto di Jole Tropeano

Newcastle upon Tyne (Inghilterra) Foto di Lidia Errante

Newcastle upon Tyne (Inghilterra) Foto di Lidia Errante

67


68

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari


Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

69


70

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari


Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

Salone del Mobile 2017 Foto di Francesca Savari

DuecentoItaliani - Foto di Luigi Colella

71


72


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.