A&B n. 4 anno 2014

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N.4 Luglio Agosto

2014

Esce del 1949

Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv. In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - MP-NO / BIMESTRALE - GENOVA ANNO LXV- N.4 Luglio-Agosto 2014

tti

ollettino di informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria

PROFESSIONISTI l’opportunità dei BANDI UE Finanziamenti regionali: pressing per includere subito gli ingegneri

Accessibilità

Prevenzione

Formazione

Fire Code

Metodologia prestazionale per costruzioni senza barriere

Rischio idrogeologico, quale modello di gestione

Chi sono i Provider, fornitori di contenuti

Nuove norme antincendio: un testo unico e semplificato

Bimestrale della Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria


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Stefano Rolli

LA TV, QUELL’IMPOSTA IN PIù – Più di 400 euro di euro di canone speciale se si tiene un televisore in uno studio (203,70) o in un ufficio (407,35), oppure 29,94 euro per la radio. Lo ha annunciato la Rai in giugno e la polemica si è scatenata. Ma come è possibile, si vuole fare cassa a tutti i costi? Eppure la norma originaria che disciplina l’obbligo del canone è sempre la stessa: l’art. 1 del R.D. Legge 246/1938: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento (…). La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l’impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l’utenza di un apparecchio radioricevente». Parole di una potenza atomica, tanto che il Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per le Comunicazioni, ha precisato, con una lunga nota tecnica del 22 febbraio 2012, che i videocitofoni non sono soggetti al canone. E certo: qualunque ingegnere elettronico può far ricevere il segnale anche da una lavatrice o un frigorifero. E perché un bar con tostapane hackerato non dovrebbe pagare?

IL RULLO DI... ROLLI

Stefano Rolli, vignettista satirico, pubblica ogni giorno i suoi lavori sulla prima pagina del Secolo XIX commentando i fatti della politica e del costume locale, nazionale e internazionale. Inoltre collabora con alcune tra le maggiori testate ilaliane ed estere. n. 4 - Luglio-Agosto -

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POST-RULLO

CANONE TV: UNA BRUTTA STORIA DI PAROLE SBAGLIATE MAURIZIO MICHELINI

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n po’ di chiarezza non guasta. Contrariamente a quanto molti credono, il canone RAI non è un corrispettivo dovuto dagli utenti per il servizio pubblico radio televisivo; si tratta, invece, di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, che si basa sulla possibilità potenziale, ancorchè non effettiva, di usufruire di tale servizio (ex plurimis Corte Cost. 284/2002, Cass. 24010/2007). In quasi tutto il mondo sono previste analoghe forme di finanziamento, nell’interesse collettivo per grantire quei contenuti di rilievo culturale e sociale che, in una logica di solo mercato, verrebbero ridotti o soppressi in quanto non coperti dai proventi pubblicitari. Per fare qualche esempio: in Germania si devono pagare 216 euro per abitazione, a prescindere dal fatto che si possieda o meno l’apparecchio. Nel Regno Unito, paga 175 euro solo chi vede in diretta o registra le trasmissioni. In Svizzera si arriva fino a 340 euro annui. In Spagna, invece, al posto del canone c’è un finanziamento statale e un contributo a carico delle compagnie telefoniche e delle televisioni private. Fatta questa premessa, emerge un dato: il canone RAI è tra i meno cari e il sistema impositivo è tra i meno severi. Ma allora, che cosa fa infuriare gli utenti a ogni scadenza? Probabilmente la scarsa chiarezza della norma impositiva, soggetta a molteplici interpretazioni, tanto da necessitare di ripetuti interventi legislativi e chiarimenti da parte del Ministero vigilante e della stessa Rai. Per quanto riguarda il canone speciale, la fonte legittimante è l’art. 2 del D.Lgs.Lgt. 458/1944, che assoggetta le radioaudizioni effettuate al di fuori dall’ambito familiare o per scopo di lucro. Da qui il recente invio massivo delle lettere a molti possessori di Partita Iva, sul presupporto che, in uno studio professionale o in un negozio, è molto probabile che vi sia una Tv o, quanto meno, una piccola radio per ascoltare un po’ di musica. E qui sta il primo inghippo: la norma che ha tolto il canone per la radio vale solo per le abitazioni private (L. 449/1997, art. 24, c.14), quindi, chi intende seguire in ufficio la radiocronaca delle partite, deve pagare. In passato c’è stato anche l’obbligo di pagare per “apparecchi radio e Tv installati su motoscafi” Ma allora, se si vuole essere proprio severi, perchè non applicare massivamente anche l’art. 14 dello stesso R.D.L. 246/1938? È la stessa disposizione che impone ai turisti che vengono in Italia con una radio o una Tv portatile di far timbrare l’apparecchio e di pagare una licenza di “temporanea importazione” quale abbonamento Rai. Voglio proprio vedere, quando i turisti scendono da un aereo o da una nave, gli operatori doganali mettersi a timbrare le loro radio con auricolari chiedendogli di versare il canone... Ma il problema è reale, tanto da essere stato sollevato in Senato, con interrogazione n. 4-00029, fasc. 23, legislatura 16. Il Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico ha risposto dichiarando che «...la Rai ha precisato di non disporre dei dati relativi al numero delle licenze di temporanea importazione...» e che «...non sussiste ancora una interpretazione univoca circa la individuazione degli apparecchi, diversi dai televisori tradizionali, atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni...». Altre curiosità, però, non mancano. In passato c’è stato anche l’obbligo di pagare il canone per le trasmissioni via cavo e per gli apparecchi radio e tv installati su autovetture e autoscafi, così come è stata imposta una sopratassa per le TV a colori (norme abrogative: D.L. 408/1992, art.2; L. 449/1997, art. 17, c.8; L. 223/1990, art. 27, c.1; L. 112/2004). 2/

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Quel pasticciaccio brutto che dal Parlamento a Viale Mazzini in Roma ha generato un ginepraio di norme e comportamenti che ora ha scatenato l’ira di commercianti e professionisti. Secondo la legge dovrebbero pagarlo anche i turisti che vengono in Italia con radioline e tv portatili


Non mancano, però, le disposizioni favorevoli al cittadino, come l’art. 27, c.2 della L. 223/1990: «Il pagamento del canone di abbonamento alla televisione consente la detenzione di uno o più apparecchi televisivi ad uso privato da parte dello stesso soggetto nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora». Più recentemente, con nota prot. 12991 del 22.2.2012, il Ministero dello Sviluppo Economico ha finalmente chiarito che «un apparecchio privo di sintonizzatori radio operanti nelle bande destinate al servizio di Radiodiffusione non è ritenuto né atto, né adattabile alla ricezione delle radioaudizioni». In allegato alla nota c’è una tabella dove vengono esclusi videocitofoni, casse acustiche, monitor per computer e PC senza sintonizzatore TV. Evviva! Ma se per chiarire questa ovvietà è stato necessario l’intervento di un Ministero, non sarebbe più semplice cambiare la norma originale di riferimento? Non tanto per pagare di meno, quanto per avere la certezza del diritto e vivere più sereni, senza l’incubo di aprire la cassetta delle lettere.

SOLUZIONE TECNICO NORMATIVA DI BREVE PERIODO In realtà, uscire subito da quello che si configura come il pasticciaccio brutto di viale Mazzini – giusto per parafrasare il celebre romanzo giallo di Carlo Emilio Gadda – non sarebbe poi nemmeno tanto difficile. Basterebbe, infatti, apportare alcune piccole modifiche al R.D.L. 246/1938, ossia: all’art. 1, comma 1, le parole “od adattabili” sono soppresse, e il comma 2 è sopppresso; all’art. 12, comma 4, dopo la parola “erariale”, sono aggiunte le seguenti: “ivi compresa la disabilitazione meccanica o elettronica dei sistemi di ricezione, ancorchè limitati alle sole frequenze operanti nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione”; all’art. 10, comma 2, sono aggiunte le seguenti parole: “e deve contenere la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dove si specifica di non detenere apparecchi soggetti al pagamento del canone”; l’art. 14 è abrogato.

SOLUZIONE TECNICO NORMATIVA DI LUNGO PERIODO Qualunque cosa somiPer riformare queste gli a un’antenna norme obsolete, mepuò trasformarsi in diante approccio di Dalla precisazione del Ministero della Sviluppo Economico del 22 febbraio 2012 una tassa da pagare ingegneria e diritto, sugli apparecchi “atti” e “adattabili” a ricevere il segnale di radiodiffusione e Infatti, resta sempre il quindi tenuti a pagare il canone (http://www.abbonamenti.rai.it/) bisognerebbe entrare problema della portaanche nel merito tecta, estremamente ampia, della principale disposizione di ran- nico delle disposizioni, cercando di evitare l’uso di parole che il go legislativo (R.D.L. 246/1938, art. 1), interamente richiamata progresso scientifico potrebbe rendere desuete in breve temnella nota ministeriale ma priva di chiarimenti per quanto at- po. tiene al comma 2: “La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo PROVOCAZIONE idoneo a sostituire l’impianto aereo, ovvero di linee interne per il Pare che l’unica norma di rango legislativo atta a legittimare funzionamento di apparecchi radioelettrici”. l’imposizione del canone Tv sia rimasta il R.D.L. 246/1938 che, Inoltre, non è ben chiaro cosa devono fare i liberi professionisti, infatti, viene richiamato in tutti i più recenti chiarimenti. visto che il canone speciale 2014 per gli “uffici” è di 407,35 Euro Ma nel 1938 la Tv non c’era ... (categoria D), mentre, per gli “studi professionali” (categoria E) Infatti, si parla di un canone per la ricezione delle radio “auè di 203,70 Euro. dizioni”, con apparecchi idonei al solo ascolto, detti comuneE se uno ha lo studio in un immobile accatastato A/10 ufficio? mente “radio”. E se ha lo studio professionale in casa? Forse, in questo caso, Altra cosa sono gli apparecchi idonei all’ascolto e alla visione è bene dividere fisicamente la zona domestica da quella di stu- a distanza (televisione), al punto da rendere necessaria l’emadio, evitando, in quest’ultima, di tenere la TV e di avere antenne nazione del D.M. 19.11.1953, per prendere atto dell’esistenza disponibili. della Tv e stabilire, per essa, un canone aggiuntivo. Però, se uso il PC portatile in sala da pranzo, potrebbe scattare Ma se il canone è un tributo, come si pone questa norma alla il canone speciale! luce dell’art. 23 della Costituzione? (Nessuna prestazione perE se tengo per collezione una vecchia TV a valvole? sonale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla E se installo una radio su un gatto delle nevi? legge). E se disabilito l’apparato sintonizzatore della Tv e la uso solo E’ legittimo che un regolamento ministeriale riscriva una dicome monitor? sposizione contenuta in una fonte di rango legislativo per Forse non sarebbe male ragionare da ingegneri e prendere in estenderne l’applicazione a fattispecie originariamente non considerazione qualche soluzione a breve e a lungo periodo, previste? così da risolvere una volta per tutte da questo ginepraio. Boh! Noi siamo Ingegneri, mica giuristi… n. 4 - Luglio-Agosto -

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ANTISISMICA, QUESTA SCONOSCIUTA

LA SICUREZZA? ECCO PERCHÉ DEVE DIVENTARE “CULTURA” Viviamo in un Paese in cui non si compra un’auto se non ha molti air-bag, ma non si controlla se la casa in cui si va a vivere è costruita con sistemi antisismici.

Fulvio Ricci*

EDITORIALE

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l 6 aprile 2009, quando il terremoto distrusse l’Aquila provocando devastazione e morte, noi italiani siamo stati colti una volta di più dalla consapevolezza di quanto il mondo dell’edilizia in particolare, e quello della pianificazione territoriale in generale, siano inseriti in contesti di grandi incongruenze e a volte anche di grande superficialità. Nonostante la natura, infatti, ormai da moltissimi anni continui a mandarci segnali chiarissimi della propria capacità di modificare repentinamente la sua orografia e di muoversi in maniera drammatica, il nostro Paese non ha saputo trarre insegnamenti tangibili dell’esperienza vissuta. Questo vale per i molti aspetti caratteristici del nostro pianeta e soprattutto del nostro Bel Paese; dalle trasformazioni morfologiche causate da frane, smottamenti ed alluvioni ai veri e propri disastri ambientali con perdite di vite umane come nel casi più recenti dell’Abruzzo, dell’Emilia dell’Umbria, e così via. Considerazioni queste che nascono dal ricordo della settimana vissuta proprio in terra d’Abruzzo, dove con molti colleghi di tutt’Italia ho partecipato come volontario agli interventi di verifica degli edifici. La visione che si presentava al primo impatto agli occhi di un visitatore, era quella quasi apocalittica di una città vittima di un bombardamento, tra polvere e macerie. Immagini drammatiche anche per occhi esperti: le case, i fabbricati sembravano tutti colpiti da un evento spaventoso, e la presenza di un ingente numero di mezzi di soccorso per le strade (vigili del fuoco, forze dell’ordine, protezione civile e volontari organizzati) rimandava a scene di film da effetti speciali. Il sisma non aveva risparmiato nulla: fabbricati del 1.700, quelli ricostruiti dopo il terremoto del 1.703, case del secolo scorso costruite negli anni del boom edilizio, e anche palazzi dei primi anni di questo nuovo millennio. Un aspetto che ci ha sorpresi, noi ingegneri accorsi da diversi Ordini italiani per fare le verifiche strutturali degli edifici, è stato quello relativo alla notevole disomogeneità degli effetti che l’evento ha avuto sul patrimonio edilizio esistente. Una disparità che non sembrava creare un legame tra fabbricati crollati, solo lesionati o addirittura ancora intatti e le distanze che li separavano; c’erano edifici simili per tipologia e sistema costruttivo a poche decine di metri tra loro che mostravano gli effetti del sisma con caratteristiche totalmente diverse. Spesso la grande risonanza di un evento disastroso, ci sottopone a un “bombardamento” mediatico immediato e poi, improvvisamente, tutto tace. Ma i problemi rimangono lì, spesso irrisolti, e sono quelli di sempre, intatti nelle loro caratteristiche. All’Aquila lo Stato ha provveduto a ricostruire una parte degli edifici non più utilizzabili, ha ridato la casa a chi l’ha perduta, ha introdotto una serie di norme molto severe sulle costruzioni e l’opinione pubblica ritiene che il problema sia superato. In realtà la situazione non è proprio così chiara. Tralasciando l’aspetto politico del problema, le questioni irrisolte sono ancora molte. Partendo dal dato di fatto che i terremoti non sono ancora prevedibili, è necessario che tutti gli attori nel processo di antropizzazione, abbiano sempre piena e costante coscienza dell’esistenza dei problemi che possono mettere in discussione la sicurezza delle persone. 4/

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Le prime norme serie per costruzioni sicure solo dopo due secoli di terremoti disastrosi, e sono viste non come un diritto-dovere ma come un fastidio. Fra i nostri compiti di ingegneri c’è anche quello di far cambiare questa mentalità

* Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Savona


I proprietari dei terreni che costruiscono la casa per sé; i costruttori che edificano per vendere; gli amministratori pubblici che gestiscono lo sviluppo del territorio; i tecnici che elaborano la pianificazione territoriale; i progettisti di case, strutture di servizio e luoghi di lavoro; i gestori del patrimonio edilizio, devono avere consapevolezza del problema e prendere parte allo sviluppo del mondo delle costruzioni in maniera responsabile. La mancanza di coscienza costante da parte della popolazione dell’esistenza del problema sismico in Italia, purtroppo ha frenato per troppo tempo la capacità di realizzare un patrimonio edilizio sicuro e sismo-resistente. Sembra un concetto assurdo, perché le case sicure sono progettate da tecnici e realizzate da imprese; purtroppo però, il motore che permette all’economia di mercato di migliorarsi e di crescere è la richiesta di mercato. I professionisti che progettano, dirigono e controllano, sono schiacciati in mezzo a questo meccanismo che vuole case a basso prezzo perché chi compra vuole spendere poco e chi vende vuole realizzare molto. Se chi acquista una casa, o chi la affitta avesse la coscienza di verificare che sia un luogo sicuro in cui vivere, sceglierebbe non in base al colore delle persiane o a quello delle piastrelle, ma alla sicurezza della costruzione, anche nel contesto idrogeologico in cui si trova, e magari anche alla capacità che la stessa ha di offrire un basso consumo di energia. Perché quando un italiano compra l’auto la cerca sicura, controlla quanti air-bag ha e guarda tutti i dati tecnici, per qualcosa che magari utilizza un’ora al giorno, mentre quando compra una casa in cui vivere bada solo agli aspetti estetici e non a quelli della sicurezza? Qualcuno se lo chiede ogni tanto? Purtroppo le istituzioni, di qualunque livello, non sono riuscite a realizzare un meccanismo in grado di autosostenersi per realizzare un parco edilizio sicuro. I motivi sono molti, anche se probabilmente riconducibili a uno principale: l’incapacità generale della politica di pensare davvero ai problemi reali. Una vera e importante normativa sismica è entrata in vigore nel 2009 dopo un’esperienza di terremoti, nel secolo XX, di livello devastante: Messina, Friuli, Irpinia, Umbria, San Giuliano, e si è dovuti arrivare al disastro dell’Abruzzo per legiferare su questo tema. Questo è il primo aspetto negativo. L’Italia è un Paese in cui i controlli si fanno solo dopo una denuncia o dopo che un evento calamitoso è già avvenuto! Ma proprio necessario aspettare che muoia qualcuno per fare delle verifiche? E’ anche l’assenza di controllo che induce alcuni tecnici e costruttori, i cui livelli di etica e moralità sono evidenti, a ignorare le norme… In più la pianificazione è, in alcuni casi, non proprio derivante da un’analisi di sviluppo del territorio, ma succube di interessi economici, ed è così che spuntano senza che nessuno fiati complessi residenziali in zone ad elevato rischio sismico o franoso o sulle pendici di vulcani. Tutto questo è certo poco incoraggiante, ma che qualcuno provi a smentire. Quello che possiamo e dobbiamo fare noi Ingegneri - liberi professionisti o dipendenti pubblici o privati - è stimolare sempre la coscienza della popolazione su questo argomento, e soprattutto svolgere la nostra attività con la consapevolezza che siamo i detentori della sicurezza negli ambiti di vita e di lavoro di cui ci occupiamo. Sicurezza intesa come difesa della vita umana: per questo ogni nostra attività deve essere svolta con grande attenzione. Abbiamo però anche il dovere di chiedere alle istituzioni di predisporre tutte quelle iniziative necessarie a migliorare le parti normative e regolamentari - a tutti i livelli, da quello statale fino a quello comunale - che ci mettano in condizione di operare con tranquillità e in maniera dignitosa. Il vero problema purtroppo è che in Italia oggi non esiste ancora una vera cultura della sicurezza, anzi questo aspetto è visto come un problema, come una tassa e non come un normale processo che tocca la sfera dei diritti e dei doveri. E deve essere materia di confronto costante per noi ingegneri: da quello delle comunicazioni a quello strutturale, da quello idrogeologico a quello energetico, da quello dell’incendio a quello impiantistico. La sicurezza insomma deve entrare a far parte della cultura e della vita di ogni cittadino.

Immagini del terremoto del 2009 all’Aquila, in Abruzzo”

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L’EUROPA VALORIZZA IL MONDO DELLE PROFESSIONI

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Bandi europei aperti anche agli Ingegneri Il piano di azione operativo approvato in Commissione Ue, apre i finanziamenti ai liberi professionisti. Le pressioni dell’Ordine di Genova e della FROIL per l’inclusione nei programmi 2014-2020 della Regione Liguria

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olte Regioni – come Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Trentino, Toscana, Veneto – hanno già elaborato i loro programmi. Altre, come la Lombardia, lo stanno facendo. E altre ancora, come la Liguria, affronteranno nei prossimi mesi la raccomandazione dell’Unione Europea di applicare la Action Plan approvata dalla Commissione Ue che equipara i liberi professionisti alle Pmi, consentendo loro di partecipare praticamente a tutti i bandi europei. Sia quelli diretti, cioè gestiti dall’Unione Europea (come Horizon 2020, http://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/, oppure Cosme, http://programmicomunitari.formez.it/content/cosme-2014-2020), sia quelli realizzati con fondi europei con programmazione delle Regioni. La cosa certa è che, prima di questo provvedimento, i liberi professionisti sono stati una risorsa largamente sottovalutata dall’Ue: circa 3,7 milioni di soggetti fiscali, 11 milioni di lavoratori, con un fatturato complessivo che raggiunge quasi 600 miliardi di euro l’anno, capace di generare dal 10 al 20% del PIL della Comunità Europea. Per uno “status giuridico” penalizzante, che non li riconosceva come soggetti equiparabili alle imprese, il mondo professionale ha sempre visto ostacoli per l’accesso ai fondi comunitari. Finalmente, col nuovo Piano d’azione, in vigore dalla primavera scorsa, l’UE ha posto l’attenzione proprio sui liberi professionisti, considerandoli soggetti fortemente strategici per il raggiungimento degli obiettivi europei del 2020 e permettendo loro l’accesso ai fondi, al pari delle Pmi. Il nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei, per gli anni 2014-2020, prevede bandi finalizzati a promuovere la ricerca, lo sviluppo tecnologico, l’innovazione e la competitività, campi in cui le categorie professionali potranno giocare ruoli di primaria importanza. Chissà se, con il coinvolgimento diretto dei liberi professionisti, il nostro Paese imparerà a spendere in modo più efficiente i fondi comunitari. Gli ultimi aggiornamenti, in merito allo scorso ciclo di programmazione 2007-2013, sono impietosi: è stato impiegato solo il 47,5% della dotazione totale assegnata all’Italia, ossia, meno della metà dei 100 miliardi messi a dispo6/

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sizione dall’Unione Europea. Anche per questo l’Ing. Roberto Orvieto, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Genova ha tempestivamente incontrato l’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Liguria, Renzo Guccinelli, il quale ha condiviso l’istanza finalizzata all’inserimento dei professionisti nei futuri bandi per l’accesso ai fondi Ue. Un’incombenza – quella di fare pressione affinché la Regione si faccia carico dell’inserimento dei liberi professionisti nei bandi europei – in cui Orvieto è sostenuto dal Presidente della Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria, Ing. Maurizio Michelini. «Eserciteremo tutto il nostro peso – dice Michelini per favorire l’accesso al credito e ai finanziamenti Ue da parte dei liberi professionisti, e non parlo solo degli Ingegneri, mettendoci sin d’ora a disposizione della Regione per fornire il necessario contributo tecnico per l’efficace allocazione delle risorse. Non dimentichiamo che ogni euro speso per progettare bene un intervento può arrivare a generare oltre 20 euro di Pil. Una buona realizzazione nasce sempre da un buon progetto e, per fare un buon progetto, servono buoni professionisti: non a caso le aziende che meglio stanno affrontando questo periodo congiunturale sono quelle che hanno investito nella professionalità delle proprie risorse umane, anche usufruendo dei finanziamenti Ue. Stiamo parlando di professionisti autonomi, partendo da “Leonardo da Vinci” per arrivare all’ingegnere che nell’assemblea condominiale si appassiona nel proporre un suo progetto di efficientamento. Stiamo parlando di milioni di persone che, in Europa, vivono (e, a volte, sopravvivono) vendendo la “merce” più rara e importante: la propria cultura. Spesso necessitano di poche risorse, principalmente legate all’aggiornamento professionale o al finanziamento di idee innovative: un investimento in questo settore, anche limitato, può produrre effetti eccezionali. Finanziare un buon progetto ad un libero professionista vuol dire mettere in moto tutta la filiera, fino alla realizzazione dell’opera e alla sua manutenzione. Non finanziarlo vuol dire invece perdere una buona occasione per favorire lo sviluppo della nostra società».


Qui Federazione

pREVENZIONE INCENDI: E ORA testiamo INSIEME IL “FIRE CODE” MAURIZIO MICHELINI ROBERTO ORVIETO

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utto ha avuto inizio nel 2010 quando, in una riunione al Ministero della Semplificazione Normativa, qualcuno si è alzato e ha detto: ma queste norme servono a salvare i cittadini dagli incendi o a produrre carta? La carta brucia! Troviamo il coraggio di semplificare anche questa materia con norme chiare e organiche! Diamo fiducia e responsabilità ai professionisti! Se le regole tecniche ci dicono già come fare una cosa, o quali prestazioni deve avere, allora facciamola direttamente nel rispetto di tali regole, senza dover chiedere pareri approvativi o permessi: finiti i lavori, che sia un professionista ad asseverare che è conforme, e che siano i Vigili del Fuoco a controllare se sia vero! Chi, meglio di un Ingegnere, può verificare se una regola sia stata rispettata o studiare la soluzione tecnica migliore per raggiungere una determinata prestazione? Semmai, riformiamo gli ordinamenti professionali per avere più garanzie sull’aggiornamento culturale e sul controllo disciplinare (e così è stato). Semmai scriviamo un “Codice unico di prevenzione incendi” per uniformare e rendere più chiare le norme di settore (e così sta accadendo). La burocrazia (bureau = ufficio, krátos = potere: chissà come mai questo termine viene sempre utilizzato in negativo...) può essere meglio esercitata, nell’interesse del Paese, preferendo controlli ex post rispetto alla sistematica verifica ex ante di progetti che non possono che rispettare la norma. Da qui è partito un percorso inarrestabile di semplificazione, che tuttora viviamo nel suo divenire e che ci porterà, a breve, ad ottenere un risultato estremamente vantaggioso per la collettività e per la nostra professione: un Testo Unico organico per l’intera materia antincendio.

Ecco la bozza delle nuove norme di prevenzione incendi, generali e semplificate, in un testo unico, che ci salveranno dai pericoli del fuoco e dagli eccessi di burocrazia

L’arrivo della SCIA e gli altri adempimenti amministrativi Nel frattempo, sono avvenuti alcuni importanti passaggi normativi che vale la pena di ricordare, come l’istituzione della segnalazione certificata di inizio attività” (SCIA, Legge 241/1990, art. 19) e la delega al Governo per adottare regolamenti volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi (D.L. 78/2010, art. 49, commi 4-bis, 4-ter e 4-quater) secondo i seguenti principali principi: - proporzionalità degli adempimenti in relazione alla dimensione al settore di attività, nonché alle esigenze di tutela degli interessi pubblici coinvolti; - eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, dichiarazioni, attestazioni, certificazioni, adempimenti amministrativi e procedure non necessarie rispetto alla tutela degli interessi pubblici; - estensione dell’utilizzo dell’autocertificazione, delle attestazioni e delle asseverazioni dei tecnici abilitati nonché delle dichiarazioni di conformità; - informatizzazione degli adempimenti e delle procedure amministrative; Ma cosa c’entra tutto questo con la prevenzione incendi? Qual è il motivo di questa lunga premessa? Tanto per cominciare, il titolo stesso della nuova norma procedimentale che disciplina la materia, il D.P.R. 151/2011: “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’art. 49, comma 4 -quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”. L’intenzione del legislatore (ratio legis) è molto chiara: semplificazione, proporzion. 4 - Luglio-Agosto -

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nalità, maggior peso dei tecnici abilitati, informatizzazione. Quindi, d’ora in poi, qualsiasi dubbio applicativo della norma e degli atti amministrativi da essa derivati troverà soluzione seguendo questi principi, nel rispetto dell’efficacia di contrasto agli incendi: un regolamento di semplificazione deve semplificare... Successivamente è stato emanato il D.M. 7.8.2012, che stabilisce la modalità di presentazione delle istanze e contiene la disciplina semplificativa da adottare in caso di modifiche delle attività che non comportino un aggravio rispetto alle preesistenti condizioni di sicurezza, basata sulla valutazione esperta del tecnico abilitato. Tutto ciò, a seguire rispetto alle iniziative ministeriali già assunte in precedenza per favorire una sicurezza antincendio più ragionata, come il D.M. 9 maggio 2007 (approccio ingegneristico) e la Circ. prot. 8269 del 20/05/2010, che ha scardinato il principio di eccezionalità e di necessità di una valida motivazione per ricorrere alla deroga (consentita anche per la ricerca di soluzioni architettoniche innovative, di nuove tecnologie costruttive, per la sperimentazione di materiali, per la soluzione di problematiche locali, economiche, ecc.) A livello locale, è interessante la comunicazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Genova agli Ordini e Collegi professionali, datata 14.4.2014, che richiama le modalità di trasmissione delle istanze, prevendendo

esplicitamente quelle interamente digitali via pec (un esempio è scaricabile dal sito www.federazioneingegneri. liguria.it, sezione Vigili del Fuoco). È significativo che questo percorso virtuoso sia partito, nel 2011, proprio dalla prevenzione incendi, ossia, da una delle materie più complesse e importanti per la sicurezza della collettività; il traguardo, in gran parte già raggiunto, è quello di avere un’amministrazione più efficiente e snella, cittadini più informati e professionisti più qualificati. Non a caso, sempre nel 2011, ha avuto inizio una radicale riforma del sistema ordinistico, che sta trovando piena attuazione proprio in questi mesi, con l’obbligo dell’aggiornamento delle competenze professionali e l’istituzione di un organismo di disciplina indipendente rispetto ai consiglieri eletti dagli iscritti. Per la verità, è già da molto tempo che, per qualsiasi pubblica amministrazione, la trasmissione delle istanze può avvenire per via telematica, senza inoltro della copia cartacea, ai sensi e per gli effetti dell’art. 16, c. 9 del D.L. 185/2008, dell’art. 38 del D.P.R. 445/2000 e degli artt. 24 e 48 del D.Lgs. 82/2005. Addirittura il professionista può occuparsi di tutto, anche in rappresentanza del cliente, velocizzando a dismisura l’iter amministrativo. Il titolare dell’attività firma l’istanza e la delega, le acqui-

MA QUI VALE DAVVERO IL DETTO CHE CHI PIÙ SPENDE MENO SPENDE? Nella prevenzione incendi, il detto che chi più spende meno spende non è sempre valido e, a volte, è meglio non essere troppo precipitosi nel seguire le norme ad occhi chiusi. Il miglior risultato si ottiene ragionando, adottando soluzioni semplici, stabili ed efficaci. Nel passato remoto era diverso: le regole tecniche davano poche soluzioni e riuscivano difficilmente a sposarsi con la realtà delle attività esistenti che, infatti, sono ben lontane dall’essere adeguate e dal presentare lo standard minimo di sicurezza richiesto. Oggi, con le semplificazioni normative già in vigore e con

un nuovo codice tecnico alle porte, è veramente anacronistico insistere nel trincerarsi dietro la prescrizione regolamentare del passato e rifiutare la strada della ragionevole scelta di soluzioni alternative, meno costose e ugualmente efficaci in termini di sicurezza reale, anche a costo di rivedere i vecchi progetti approvati e non ancora realizzati. Prevedere opere inutilmente costose è dannoso per la società, perché drena denaro e non consente, a parità di spesa, di garantire un livello minimo e omogeneo di sicurezza generale a tutte le attività soggette. Gli esempi negativi non mancano, e gli Ordini ne sono a conoscenza,

in ragione del ruolo istituzionale che hanno nel fornire pareri sulle controversie professionali e sulla professione. C’è il condomino che manifesta dubbi sul capitolato in cui è previsto che, per garantire la resistenza al fuoco di una spessa parete in pietra, occorre pannellarla con lastre in silicato; andando a fondo si scopre che, per risparmiare, girano dei “capitolati tipo” per adeguamenti vari, che vengono deliberati in assemblea e appaltati, e il professionista viene chiamato alla fine solo per certificare. Oppure c’è chi non è ben aggiornato sulle proroghe e sui chiarimenti ministeriali, e →

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sisce con scanner insieme ad un documento di identità e invia i files alla mail del professionista delegato, il quale correda l’istanza con i documenti tecnici (pdf firmati digitalmente) e trasmette il tutto via pec alla pubblica amministrazione competente. Le tavole grafiche devono essere redatte nel rigoroso rispetto delle norme tecniche e, per consentire l’apprezzamento delle dimensioni, devono recare un riferimento dimensionale (come le visure planimetriche catastali) o, meglio, un reticolo millimetrato di sfondo.

Tutto funziona se il professionista conosce a fondo il proprio ambito di esercizio della professione (come, peraltro, prevede il Codice Deontologico) e le norme che regolano il procedimento amministrativo. Insomma, ci stiamo dirigendo a bomba verso il Total Engineering Approach: raggiungimento certificato delle prestazioni per ogni campo di applicazione delle discipline tecniche. L’astronave è in partenza; i colleghi interessati sono invitati a salire a bordo!

Simulazione degli effetti dell’incendio di un lettino in uno studio da estetista, al fine di verificare la fruibilità del corridoio a 5 minuti dall’innesco.

così, nelle more attuative che caratterizzano alcuni recenti provvedimenti, chiede di «chiudere le pratiche per essere a posto, altrimenti, in caso di sinistro, l’assicurazione non paga» (l’incertezza normativa porta anche questo problema...), costringendo il professionista all’inevitabile adozione di prescrizioni più severe e inutilmente costose, magari mutuate da altre attività più rischiose. Di seguito alcune norme di proroga o in attesa di una compiuta regolamentazione: Uffici e gallerie - D.P.R. 151/2011, allegato I, punti 71 e 80 cat. A: sono in corso di predisposizione le regole tecniche per gli uffici preesistenti al D.M. 22.2.2006 con oltre 300 e fino a 500 persone e per le gallerie stradali oltre 500 m non

ricadenti nel D.Lgs. 264/2006 (circ. Min. Int. 14724 del 26.11.2012). Scuole - D.L. 104/2013, art. 10 bis: proroga al 31.12.2015 per l’attuazione delle vigenti disposizioni in materia di prevenzione degli incendi per l’edilizia scolastica, secondo un decreto in cui le prescrizioni sono definite e articolate con scadenze differenziate. Ospedali - D.L. 158/2012, art. 6: è previsto un decreto con una disciplina semplificata specifica per le strutture sanitarie soggette ai controlli di prevenzione incendi e per quelle preesistenti al D.M. 18.9.2002 che non abbiano completato l’adeguamento alle disposizioni ivi previste. L’emanazione del codice di prevenzione incendi potrebbe essere l’occasione per risolvere tutte le problematiche ancora

aperte. Mai come oggi è importante informare il cliente dell’importanza di vivere in prima persona la sicurezza della propria attività, anche perché alcune carenze strutturali possono essere superate con adeguate norme gestionali, magari più economiche ed efficaci (ad esempio, se una porta dovrebbe aprire nel senso dell’esodo ma è montata al contrario, in attesa di girarla, basta tenerla aperta…). Occorre che tutti i cittadini partecipino attivamente a questi cambiamenti e alle opportunità positive di cui sono portatori, perché è passato il tempo in cui la sicurezza era considerata un “pezzo di carta” e le opere di adeguamento lo scotto da pagare per ottenerlo.

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Il nostro contributo per il Codice tecnico L’ultimo atto dovrebbe essere l’approvazione del “Fire Code”, unico e omogeneo per tutte le attività, la cui bozza (DRAFT del 12 aprile 2014) si trova liberamente su internet ed è scaricabile dal sito www.federazioneingegneri.liguria.it, sezione Vigili del Fuoco). Chiunque è invitato a simulare l’applicazione della norma ad un caso concreto e sperimentarne gli effetti, partecipando ad una sorta di “stress test” mai condotto prima su questa materia e con queste modalità. Eventuali proposte concrete e puntuali di modifica dell’articolato, finalizzate al suo miglioramento, vanno indirizzate a

firecodetest@federazioneingegneri.liguria.it indicando: articolo, proposta di modifica, motivo. Proposte generiche del tipo «occorrerebbe che la norma fosse più dettagliata per gli edifici esistenti» contribuiranno poco al buon risultato dell’esperimento. Saranno invece benvenuti suggerimenti puntuali del tipo: «punto 1.2.10: Aggiungere “Rientrano tra le soluzioni conformi quelle contenute negli atti emanati dagli organismi nazionali di normazione previsti nell’allegato II alla Direttiva Comunitaria 98/34/CE”. Motivo: in analogia con la Circ. 6181 dell’8.5.2014, non è pensabile dover ricorrere alla deroga per adottare una disposizione che è o che sarà ritenuta idonea dall’UNI o da altri organismi riconosciuti, ancorché non sia conforme alla regola tecnica».

METODO PRESCRITTIVO O PRESTAZIONALE? NEL “FIRE CODE” CI SONO ENTRAMBI Metodo prescrittivo - Il legislatore impone regole precettive ed i soggetti obbligati agli adempimenti hanno l’onere di rispettarle (ad esempio: il locale deve essere dotato di uscita larga 1,2 m). Il professionista progetta secondo le regole prescrittive, senza doversi cimentare in particolari sforzi cerebrali. È utile per le attività non soggette, dove non sussiste l’obbligo di rivogersi ad un professionista, e per i casi in cui non ci sono particolari problemi a rispettare le regole imposte. Metodo prestazionale - Il legislatore impone la prestazione richiesta all’attività per realizzare la misura antincendio e i soggetti obbligati agli adempimenti hanno l’obbligo di garantirla, adottando metodi di progettazione che dimostrino il raggiungimento del collegato livello di prestazione, anche ricorrendo all’analisi quantitativa degli effetti dell’incendio in relazione agli obiettivi assunti (ad esempio: il locale deve essere dotato di una o più uscite aventi caratteristiche idonee a garantire l’esodo degli occupanti in non più di 30 secondi). Il professionista deve ricercare le metodiche di calcolo più adatte per trovare la soluzione che faccia raggiungere la prestazione richiesta, scrivendo lui le regole esecutive in base alle caratteristiche strutturali e funzionali dell’attività; magari ci sono poche persone, e una porta da 1,2 m è inutilmente larga, oppure l’ambiente è utilizzato da persone a ridotta capacità motoria e occorrono più porte. È indicato per le attività complesse e per quelle che interessano edifici esistenti, perché è possibile vestire la sicurezza in base alle caratteristiche dell’attività anziché adeguare quest’ultima alle regole valevoli per la genericità dei casi. Cosa scegliere? - Le nuove norme prevedono entrambi i metodi, ma non solo. È possibile optare tra “soluzioni conformi” («di immediata applicazione nei casi specificati, che garantisce il raggiungimento del collegato livello di prestazione») e “soluzioni alternative” («il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello 10/

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di prestazione impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio»). Insomma, ci sono tante soluzioni già validate per i casi più comuni e, per quelli più singolari o complessi, è sempre possibile ricorrere alla deroga, magari con approccio prestazionale puro (fire safety engineering). Il risultato: un sistema più flessibile e adattabile ai casi concreti, mirato a ridurre il ricorso alla deroga e a consentire, perché no, di trovare, caso per caso, la ricetta più efficace e meno costosa. Qualcuno potrebbe avere nostalgia dei sistemi del passato? Beh, era sicuramente più comodo e deresponsabilizzante, per il professionista, applicare le poche regole contenute nelle «norme verticali» senza preoccuparsi più di tanto della loro reale efficacia e dei costi. Oppure, presentarsi allo sportello con un po’ di documenti e aspettare che fosse il funzionario a dire se le cose andassero bene o cosa bisognasse fare per ottenere l’approvazione. Sarà stato comodo, ma anche molto noioso e poco dignitoso per una professione che dalla parola “ingegno” trae la sua stessa definizione ed essenza di vita… In altre professioni non sono mai esistite simili “gabbie normative”, dove il tecnico è vincolato a progettare in uno ed un solo modo e, ciò non bastando, il progetto deve essere comunque approvato da un ente pubblico di controllo. Si pensi se un medico, prima di effettuare un intervento chirurgico o di prescrivere una terapia, dovesse chiedere l’approvazione alla ASL... Con le nuove norme ci sarà, per noi professionisti, una maggiore libertà di azione che, finalmente, porterà al pieno coinvolgimento del cliente nell’analisi della propria attività e nella scelta delle strategie progettuali, anche perché, se proponiamo soluzioni poco efficaci o inutilmente costose, non potremo più giustificarci con al frase: «Eh, mi spiace, ma è “di legge”»...


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Interessante circolare del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Genova, risalente al 1949, dove, forse per la prima volta, vengono disciplinati i servizi di prevenzione incendi nelle nuove costruzioni civili e industriali, prevedendo l’approvazione preventiva dei progetti e il collaudo a fine lavori. (archivio storico Ordine Ingegneri Genova)

Tipico dialogo col cliente tra scherzo e realtà dopo il D.P.R.151/2011 Cliente: Ingegnere, mi faccia avere il CPI. Professionista: Non c’è più il CPI, c’è la SCIA, che si trasmette quando l’attività risponde ai requisiti normativi. C: Allora mi faccia avere questa SCIA. P: La SCIA non si fa avere, la deve firmare Lei, allegando la mia asseverazione. C: Allora mi faccia l’asseverazione che la firmo. P: Non posso, perché non ci sono le segnalazioni dell’esodo. C: Ma queste sono cose della 626, delle quali se ne occupa un altro tecnico che ho delegato per la valutazione del rischio, cosa c’entrano con la sua pratica? P: Ma come? Il D.Lgs. 626/94 non c’è più e la valutazione del rischio è un obbligo indelegabile del datore di lavoro… C: Vabbè, allora mi dia tutto lei, mi faccia il capitolato. P: Tutto cosa? Quale capitolato, basta comprare due cartelli e revisionare gli estintori. Se vuole la aiuto a capire e studiare la sicurezza della sua azienda, ma non

posso redigere il documento al suo posto, altrimenti perseveriamo nel delegare un atto indelegabile e nel redigere inutili stamponi come quello che ha già. C: Come? Mi devo studiare io la sicurezza? Ma non sono mica un Ingegnere! Se non vuole l’incarico mi rivolgo ad un altro, arrivederci! E qui sorge la controversia, che spesso finisce con un esposto all’Ordine professionale. Così come quando i titolari si trovano a valutare costi di adeguamento superiori allo spostamento dell’attività in altra sede, e si rivolgono all’Ordine per avere chiarimenti, scoprendo, magari, che il progetto che intendevano cantierare era stato redatto prima che l’azienda si insediasse, in sede di costruzione dell’involucro edilizio, mentre, valutando le caratteristiche reali dell’azienda, sarebbe stato possibile rispettare la norma senza dover fare nulla.

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Professione AUDIZIONE IN SENATO IN VISTA DELLA RIFORMA DEL CATASTO

QUEL “CASSETTO” CHE SALVA GLI IMMOBILI E RIDUCE LE TASSE

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etti che un proprietario decida di sottoporre il proprio immobile a un “check-up volontario” e che lo affidi ad uno o più professionisti i quali alla fine emettano una “diagnosi” completa e interdisciplinare, “correggendo” anche gli eventuali errori planimetrici del passato e segnalando pericoli connessi alla sicurezza e alla salubrità degli ambienti (ogni anno sono molti, tanto per saperlo, gli incendi e i crolli causati da banali inosservanze, superabili da semplici e per niente costosissime opere di adeguamento). Metti che il lavoro dei professionisti sia “controllato” – in termini sia di correttezza ed efficacia degli interventi di diagnosi, sia dei compensi richiesti all’utente - dagli Ordini e Collegi a cui appartengono, secondo le regole di un apposito “sistema di qualità e di garanzia”. E infine, poni che il proprietario che conosca così lo “stato di salute” del proprio immobile e decida se e quali interventi di miglioramento eseguire, riceva come “premio” dallo Stato uno sconto fiscale del 5% sulla rendita e sul valore patrimoniale del fabbricato (che lo Stato recupererà poi, nel medio periodo, grazie alle maggiori entrate che tutto questo gli procurerà). Fantascienza? Tutt’altro. E’ la proposta pratica, puntuale e documentata avanzata alla sesta Commissione del Senato (Finanze e Tesoro) del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dalla Rete delle Professioni Tecniche nell’audizione di martedì 1 luglio scorso. A parlare, gli ing. Gianni Massa, vice Presidente del CNI, Maurizio Michelini, Presidente della Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria, che aveva già trattato l’argomento in una precedente audizione dell’Associazione Master in Diritto Tributario dell’Università di Genova (presieduta dall’avv. Stefano Betti, legale dell’Ordine degli Ingegneri genovese), di cui fa parte, e il Geom. Antonio Benvenuti, vice Presidente del Consiglio Nazionale dei Geometri. La sesta Commissione, presieduta dal sen. Mauro Marino, ha ritenuto molto interessante la proposta, dandone ampio risalto di stampa. Una soluzione che fa guadagnare tutti Per capire di cosa stiamo parlando bisogna partire dalla Legge delega 23/2014: all’art. 2, terzo comma, dispone che, nell’ambito della riforma del catasto, venga previsto un regime fiscale agevolato che incentivi la realizzazione di opere di adeguamento degli immobili alla normativa in materia di sicurezza e di riqualificazione energetica e architettonica. Per quanto attiene alla fase esecutiva, esistono già incentivi fiscali notevoli per l’esecuzione delle opere, specie per quelle di efficientamento energetico. Manca, invece, un impulso incentivante nella fase di diagnosi dell’immobile per l’individuazione delle opere più convenienti da realizzare in termini di costi/ benefici. Le due azioni congiunte porterebbero alla cantierizzazione di opere che, 12/

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Proposta di Consiglio Nazionale degli Ingegneri e Rete delle Professioni Tecniche illustrata in sesta Commissione per rilanciare la professione e il mercato dei fabbricati. Il 5% di sconto su rendita e valore patrimoniale per chi fa eseguire un “check-up volontario”


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senza agevolazioni, non verrebbero realizzate, con una mancata ripercussione positiva in termini di PIL e di gettito fiscale. Da qui l’interesse collettivo per una proposta grazie alla quale tutti ci guadagnano! Ma come si fa a conoscere lo stato di salute del proprio immobile e quali siano le eventuali cure necessarie? Qui diventa preziosa la figura di un “medico dell’immobile” che emetta la sua diagnosi. Ma chi effettua la visita? La risposta è semplice: gli Ingegneri e gli altri professionisti dell’area tecnica, ognuno per le rispettive competenze. Da qui, dunque, la proposta del cassetto dell’immobile con bonus fiscale che, nella sua semplicità, racchiude l’efficacia del pensare da Ingegneri. Uno sdoppiamento informativo e poi il “premio” L’idea centrale è di utilizzare il cosiddetto “cassetto fiscale”, già previsto nel sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate, e dividerlo in due sezioni: “cassetto della persona fisica o giuridica” e “cassetto degli immobili”, appunto. Bene, è proprio qui che scatta il “premio”: chi compila per intero quest’ultimo cassetto, controllando i dati catastali esistenti e inserendo quelli aggiuntivi derivanti dal “check up”, avrà diritto allo sconto fiscale. Ma quali sono questi dati aggiuntivi? Ad esempio: - la dichiarazione di conformità o di rispondenza degli impianti o, in caso di “check up” negativo, gli interventi di adeguamento; - l’attestato di prestazione energetica, con l’indicazione degli interventi di miglioramento e i tempi di rientro della spesa in ragione dei risparmi conseguenti alla riduzione dei consumi; - le indicazioni sul grado di accessibilità rispetto alle barriere architettoniche e le opere eventualmente necessarie per l’adeguamento; - l’indicazione dei titoli che attestino la legittimità edilizia; - le valutazioni preliminari di idoneità strutturale e antisismica. I senatori della sesta Commissione hanno ricordato che i cittadini possano temere che da questa riforma scaturiscano costi aggiuntivi o aggravi della pressione fiscale, così da indurre un atteggiamento generalizzato di prudenza nel verificare gli immobili e dichiarare la verità sulle loro caratteristiche, come a voler mantenere una zona d’ombra per la paura di sapere cose che possono poi non piacere (impianti pericolosi, mancanza di requisiti antincendio, strutture fatiscenti, ecc.). Della serie: se è normale portare l’auto a fare il tagliando, non

c’è l’abitudine a far controllare l’immobile per capire se ci sia il pericolo che possa crollare ... L’ing. Michelini, rispondendo alle diverse domande, ha chiarito che il “cassetto degli immobili” non deve servire per calcolare il valore e la rendita catastale, che dipendono da altri parametri già in uso (localizzazione, consistenza, ecc.), ma, al contrario, per legittimare la riduzione del 5% di tali valori ai fini del calcolo delle imposte. In sintesi: - l’immobile si valorizza sotto il profilo dell’appetibilità commerciale ma non dell’imposizione fiscale; - il compenso dei professionisti, a carico del proprietario, è ampiamente ripagato dalla minore pressione fiscale garantita come premialità; - il rapporto di fiducia che si instaurerà tra cittadini e professionisti dell’area tecnica, costituirà un presidio di monitoraggio e tutela del patrimonio immobiliare italiano. Se, poi, dalla verifica ci si renderà conto che sarà opportuno eseguire dei lavori di miglioramento, ben vengano: sarà un vantaggio per la sicurezza dei residenti e per gli operatori dell’edilizia. L’interesse primario, però, non è eseguire opere a caso e a tutti i costi, come sovente accade quando si parla di “adeguamenti normativi”, ma di avere un catasto sempre più aggiornato e rispondente alle caratteristiche reali degli immobili, premiando chi li migliorerà sotto il profilo dell’efficienza e della sicurezza, come chiede la legge delega, sotto la guida attenta dei professionisti.

Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica a Roma n. 4 - Luglio-Agosto -

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Professione VIAGGIO NEL SISTEMA DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE OBBLIGATORIO/2

CHI EROGA E CHI CONTROLLA I CONTENUTI FORMATIVI CLAUDIO FIRPO*

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ella prima puntata di questo “viaggio”, ho cercato di raccontare la formazione professionale continua dal punto di vista del singolo Ingegnere iscritto all’Albo, che è tenuto a gestire il proprio patrimonio formativo misurato in CFP. Questa volta il focus è sui soggetti abilitati ad erogare contenuti formativi (apprendimento non formale) e sui ruoli chiave di presidio e controllo di tali processi. Perno dei processi organizzativi rimane l’Ordine territoriale, insieme al CNI per gli aspetti di livello nazionale. I CFP riconosciuti da un Ordine hanno validità sull’intero territorio nazionale. È ovvio che, per erogare contenuti formativi, sono necessarie attività ausiliarie, le quali possono essere indicativamente raggruppate in tipologie organizzative (segreteria, tipografia, servizi logistici, altri servizi), di responsabilità (effettivo valore dei contenuti) e di presidio (controllo e monitoraggio offerta formativa, rilevazione presenze). Mentre è ammesso l’eventuale affidamento a servizi esterni delle attività di tipologia organizzativa, quelle di responsabilità e di presidio devono restare in capo all’Ordine, come evidenziato nella fig.1

Chi sono i Provider, le sorgenti di apprendimento non formale e i ruoli chiave nel processo, stabilito dalla legge e condotto secondo il Regolamento del Cni, che porta alla qualificazione e all’attribuzione dei CFP. I compiti dell’Ordine nazionale e di quelli territoriali

Contenuti formativi, docenze e crediti Gli eventi formativi cui ci riferiamo sono quelli di tipo non formale, quindi: corsi, seminari, corsi abilitanti, convegni, conferenze, visite tecniche qualificate, stages formativi (già riportati nella fig.4 del numero precedente). I contenuti formativi possono essere erogati dagli Ordini direttamente tramite propri Iscritti; figura 1

* Responsabile del workIngGroup di Federazione sulla Formazione

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oppure indirettamente tramite associazioni di Iscritti agli Albi professionali o altri soggetti. Nel primo caso gli Iscritti si configurano anche come docenti, cui saranno attribuiti CFP secondo il criterio 1 ora di docenza non ripetitiva = 1 CFP, per un massimo di 15 CFP/anno. L’attività di docenza, per essere considerata non ripetitiva, deve avere ad oggetto argomenti diversi rispetto a quelli affrontati nel corso del medesimo anno solare. Nel secondo caso è indispensabile l’autorizzazione delle associazioni di Iscritti o altri soggetti (c.d. “Provider”) da parte dell’Ordine, per eventi locali ed una tantum, o del CNI, per eventi nazionali e continuativi. Fondazioni, Federazioni e Consulte riconducibili al sistema ordinistico possono, in cooperazione o convenzione con gli Ordini territoriali a cui sono direttamente riconducibili, organizzare attività formative. Esse devono invece presentare istanza di autorizzazione al CNI, nel caso in cui intendano organizzare tali attività in modo autonomo. L’autorizzazione da parte del CNI comporta diversi adempimenti formali: obiettivo è garantire qualità ed affidabilità dei contenuti formativi che verranno erogati a livello nazionale e territoriale. In effetti associazioni di Iscritti o altri soggetti devono fornire dettagliata documentazione, che attesti idoneità e fattibilità organizzativa, tecnica, finanziaria, infrastrutturale, logistica; inoltre è previsto il parere vincolante del Ministero della Giustizia. La metodologia di valutazione risulta coerente con una moderna cultura di garanzia della qualità. La fig.2 sintetizza tutti i requisiti richiesti per l’autorizzazione. L’autorizzazione è anche a titolo oneroso, sia nel caso di istanza al CNI sia nel caso di istanza all’Ordine. Sono previsti “diritti di segreteria” dell’ordine di migliaia di euro/anno per istanze rivolte al CNI e di centinaia di euro/anno per istanze rivolte all’Ordine. L’autorizzazione da parte del CNI o dell’Ordine costituisce fattore determinante per discernere associazioni di Iscritti o altri soggetti in possesso di regolare autorizzazione, da tutti quei soggetti, che, pur proponen-

dosi in maniera commerciale e disinvolta per fornire attività formative agli Iscritti, ne sono invece sprovvisti e pertanto non possono in alcun modo produrre CFP per gli Iscritti medesimi. Crediti per formazione all’estero Molti Iscritti, per la specificità del settore in cui operano o della propria attività, devono frequentare corsi di formazione individuale all’estero. Anche in questo frangente sono riconosciuti CFP, previa autorizzazione richiesta dagli Iscritti stessi preferibilmente all’Ordine territoriale. I crediti acquisibili all’estero non possono superare i 15 CFP/anno. Gli Iscritti interessati dovranno inoltrare la documentazione relativa all’evento (programma, contenuti, etc.) e, successivamente, quella attestante la frequenza all’evento, all’Ordine Territoriale che, valutata la documentazione prodotta, provvederà eventualmente a riconoscere i relativi crediti, inviandone comunicazione sia al proprio iscritto sia all’Anagrafe nazionale dei crediti, istituita presso il CNI. Dipendenti di aziende private o pubbliche Una quota importante degli Iscritti si caratterizza nell’esercizio della professione come lavoratore dipendente, nel settore pubblico oppure in quello privato. Questi Iscritti possono prendere parte a tutti gli figura 2

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eventi formativi, alla pari di quelli che esercitano la professione in modo autonomo. Tuttavia risulta oggettivamente loro riservata una possibilità in più. Le Aziende erogano infatti contenuti formativi ai propri Dipendenti e, tra questi, anche agli Iscritti. Il riconoscimento dei relativi CFP può avvenire in questo caso se e solo le Aziende operano in cooperazione o convenzione con gli Ordini territoriali di competenza o con associazioni di iscritti agli Albi e altri soggetti autorizzati dal CNI. Anche nel caso di cooperazione o convenzione con gli Ordini, spetta a questi ultimi la responsabilità scientifica e l’assegnazione dei CFP per le attività formative stesse. In assenza di cooperazione o convenzione con gli Ordini territoriali di competenza o con associazioni di iscritti agli Albi e altri soggetti autorizzati dal CNI, le attività formative saranno riconoscibili esclusivamente ai fini dell’ottenimento dei 15 CFP/anno previsti per l’aggiornamento informale legato all’attività professionale dimostrabile. Considerata l’importanza, la numerosità dei casi e la delicatezza del tema, sarà cura del CNI concludere, a livello nazionale, convenzioni-quadro con rappresentanze nazionali di Enti locali, amministrazioni pubbliche, associazioni imprenditoriali, soggetti privati, per fissare i caratteri generali della cooperazione, ovvero il contenuto minimo delle convenzioni concluse a livello locale. La fig.3 sintetizza tutti i casi sopra evidenziati. figura 3

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Compiti degli Iscritti Anche gli Iscritti agli Ordini vengono coinvolti e responsabilizzati nei processi della formazione professionale continua, con specifici doveri, qui sotto elencati, che hanno connotazione di forte interesse reciproco: la tempestiva comunicazione all’Ordine dei CFP conseguiti per mezzo di attività formative non organizzate dall’Ordine stesso, unitamente alle informazioni necessarie alla loro riconoscibilità, per la registrazione nella banca dati dei CFP degli iscritti; la conservazione della documentazione attestante i CFP conseguiti, da presentare a richiesta in caso di controllo. Regola d’oro Risulta fondamentale ribadire che in tutti i casi (territoriali, nazionali ed esteri; modalità di esercizio della professione autonoma o di lavoro dipendente, privato o pubblico) si potrà procedere al riconoscimento dei CFP se e solo e se l’Ordine verrà coinvolto a priori nelle procedure e nelle attività formative ed avrà espresso relativo parere positivo (ex-ante). Sarà invece impossibile riconoscere a posteriori CFP in tutti gli altri casi (ex-post). L’Ordine territoriale è al servizio dei propri Iscritti, gli stessi sono chiamati a contribuire con l’Ordine affinché tale servizio migliori continuamente. ha collaborato Diego Fonsa (2 - continua)


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tUTTI I CASI IN CUI SI PUò CHIEDERE (E COME) L’ESONERO DALLA FORMAZIONE Gli iscritti all’Ordine possono essere esonerati dall’obbligo di aggiornamento della competenza professionale quando sussistano le seguenti fattispecie. Maternità o paternità Maternità o paternità danno diritto all’esonero di 12 mesi dall’obbligo di aggiornamento delle competenze; nel caso di entrambi i genitori iscritti, gli stessi possono fruire di frazioni di esonero (2,5 CFP/mese), per 12 mesi complessivi. Sempre nel limite massimo di 12 mesi, la scadenza del periodo di esonero concesso non può superare la data del compimento del 2° anno di vita del bambino/a. Malattia o infortunio I professionisti che, per motivi di grave malattia o infortunio, si trovano in una situazione inconciliabile con la partecipazione ad eventi formativi, possono a richiesta ottenere una proporzionale riduzione del numero di crediti formativi da dedurre al termine dell’anno solare, nella misura di 2,5 crediti per ogni mese. Tali esenzioni sono applicabili solo per periodi di malattia/infortunio uguali o superiori a 60 giorni, per un periodo massimo di 6 mesi, rinnovabile una sola volta. Periodi di esenzione superiori a 12 mesi possono essere concessi solo se coincidenti con eguali periodi di astensione dal lavoro/professione. In tal caso sarà cura del professionista auto-dichiarare che nel periodo in oggetto non esercita la professione. I professionisti affetti da gravi malattie croniche che limitino la capacità professionale possono a richiesta ottenere una riduzione dal 30 al 50 per cento (da 9 a 15 CFP/anno) del numero di crediti formativi da dedurre al termine dell’anno solare, in funzione del grado di inabilità professionale. In questo caso, la domanda di esonero parziale va accompagnata da relativo certificato medico. Assistenza a figli o parenti di primo grado I professionisti che assistono figli o parenti di primo grado affetti da grave malattia o infortunio, e che

si trovino in ragione di ciò in una situazione inconciliabile con la partecipazione ad eventi formativi, possono a richiesta ottenere una proporzionale riduzione del numero di crediti formativi da dedurre al termine dell’anno solare, nella misura di 2,5 crediti per ogni mese. Tali esenzioni sono applicabili solo per periodi di malattia/infortunio uguali o superiori a 60 giorni, per un periodo massimo di 6 mesi, rinnovabile una sola volta. Periodi di esenzione superiori a 12 mesi possono essere concessi solo se coincidenti con eguali periodi di astensione dal lavoro/professione. In tal caso sarà cura del professionista auto dichiarare che nel periodo in oggetto non esercita la professione. I professionisti che assistono figli o parenti di primo grado affetti da gravi malattie croniche o portatori di handicap possono a richiesta ottenere una riduzione dal 30 al 50 per cento (da 9 a 15 CFP/ anno) del numero di crediti formativi da dedurre al termine dell’anno solare, in funzione dell’impegno richiesto da tale assistenza. In questo caso, la domanda di esonero parziale va accompagnata da relativo certificato medico. Catastrofi naturali Potranno beneficiare di esonero, previa apposita circolare del CNI che fisserà requisiti e durata di quest’ultimo, i professionisti che esercitano la propria attività professionale presso le zone colpite da catastrofi naturali. Il CNI potrà valutare eventuali fattispecie non previste dal presente paragrafo. Il professionista, che intende usufruire dell’esenzione, dovrà inoltrare al proprio Ordine di appartenenza una richiesta di esenzione nella quale con l’istituto dell’autodichiarazione chiede di essere esentato per uno dei motivi sopra indicati per il relativo periodo di astensione dal lavoro. Il singolo Ordine, valutata la documentazione prodotta dal professionista, provvederà a riconoscere l’esonero, inviandone comunicazione sia al proprio iscritto che all’Anagrafe nazionale dei crediti, istituita presso il CNI. n. 4 - Luglio-Agosto -

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Professione

Esonero per lavoro all’estero Nel caso in cui il professionista si trovi all’estero, per motivi di lavoro, per un periodo uguale o superiore ai 6 mesi, può richiedere di essere esonerato dall’obbligo formativo. In questo caso sarà cura del professionista presentare al proprio Ordine di appartenenza una richiesta nella quale, con l’istituto dell’autodichiarazione, chiede di essere esonerato per i motivi di cui sopra. L’esonero, qualora concesso, corrisponde a una

riduzione del numero di crediti formativi da dedurre al termine dell’anno solare pari a 2,5 crediti per ogni mese di permanenza stabile all’estero. Tale esonero può essere concesso per massimo 12 mesi consecutivi e per una sola volta. Il singolo Ordine, valutata la documentazione prodotta dal professionista, provvederà a riconoscere l’esonero, inviandone comunicazione sia al proprio iscritto che all’Anagrafe nazionale dei crediti, istituita presso il CNI. C. F. Una delle iniziative di aggiornamento nella sala dell'Ordine degli Ingegneri di Genova, dove grazie alla piattaforma regionale messa a punto dal gruppo di lavoro che ha seguito l'organizzazione della Formazione professionale continua è possibile collegarsi contemporaneamente da più postazioni seguendo la stessa lezione e interagendo con i relatori

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Professione FORMAZIONE AL CARLO FELICE DI GENOVA

TECNOLOGIA A TEATRO: DOVE L’ARTE INCONTRA L’INGEGNERIA Giulia Danieli

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n soffitto a cupola che ricorda un cielo stellato, tante finestre e anche balconi i cui colori rievocano le facciate dei borghi marinari: a prima vista sembra una delle tante piazzette dei paesini liguri, invece è la sala del Carlo Felice di Genova. Inizia da qui il viaggio al centro di uno dei teatri dell’Opera più antichi e prestigiosi d’Italia, che quest’anno compie 186 anni ma non li dimostra. Inaugurato il 7 aprile 1828 e completamente ricostruito nel 1987, il nuovo Carlo Felice si è sviluppato in altezza, per poter rispondere alle esigenze tecnologiche, esempio di alta ingegneria. Al suo interno si trova una cuspide poligonale in vetro, alta 27 metri, che sale attraverso i piani del teatro fino a svettare sul tetto, illuminando il suo interno e l’imponente torre, alta 63 metri, che contiene i sofisticati meccanismi ingegneristici che servono alla gestione scenica del teatro. Dalla sala principale con le sue poltrone di velluto rosso, i pavimenti in legno con le rifiniture in pero e ciliegio - legni usati anche per gli strumenti musicali - le sue pareti di marmo blu di bardiglio che riflettendo le alte frequenze assicurano un’acustica tra le migliori d’Italia, è partita – ai primi di luglio - la visita guidata “Ingegno e Ingegneria a Teatro”. L’incontro, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri di Genova in collaborazione con la Fondazione Teatro Carlo Felice, fa parte del programma per l’aggiornamento professionale e ha avuto come tema principale gli aspetti tecnologici e della sicurezza della struttura teatrale, con particolare riferimento alla sicurezza e alla macchina scenica, una della più complesse al mondo, nata dall’incontro tra più specializzazioni ingegneristiche: dall’ elettronica alla meccanica, dall’edile alla gestionale. Una macchina perfetta Il palcoscenico è preceduto dal proscenio che, interposto fra il pubblico ed il sipario è diviso in 3 podi. Il proscenio è dotato di un sistema meccanico a pantografo che permette al pavimento di essere posizionato a vari livelli: livello palcoscenico, livello sala e livello “-3”, dove è ubicata la buca d’orchestra. Il settore degli spettatori, la platea e quello operativo degli attori, il palcoscenico, sono separati dal sipario tagliafuoco che, grazie ad una falsa prospettiva di metallo riflettente, ricorda il mare. Al di là del tagliafuoco si nasconde il “cuore tecnologico” del teatro, fiore all’occhiello della struttura. Una torre scenica alta 63 metri, visibile e riconoscibile da molte parti della città, nella quale trovano spazio i sistemi di “tiri di soffitta”, sovrasta i quattro palcoscenici mobili: il principale, il dorsale e i due inferiori affiancati tra loro, uno dei quali largo circa 600 metri quadrati, dotato di 25 piani mobili modulati a scacchiera, singolar-

La macchina scenica, frutto dell’integrazione di diverse specializzazioni ingegneristiche, è stata studiata per le sue complessità e le soluzioni che hanno reso possibile governare un “ingranaggio” fra i più esigenti e sofisticati

Assonometria del Teatro dell’Opera di Genova

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Professione

mente innalzabili ed inclinabili, montati su pistoni oleodinamici che consentono una corsa di circa 16 metri per la traslazione dei carri sottostanti. Sono centoquaranta i motori controllati dall’ingegner Fabrizio Lucarini, responsabile della macchina scenica: «Il loop di controllo - spiega Lucarini - vigila tutta la movimentazione dei tre podi principali con le scenografie che possono scendere a 16 metri e lavorare in sincrono; sono comandati da grosse catene azionate da 5 motori elettrici con controllo a catena chiusa a corrente continua. Il palcoscenico è largo 20 metri e profondo 15, con la possibilità di raggiungere un declivio del 15%; il secondo funziona da “ascensore” per gli altri due che stanno dietro le quinte. Uno spettacolo dentro lo spettacolo». Nei livelli inferiori si trovano gli spazi destinati ai montaggi delle scene, che possono essere trasportate sulle piattaforme mobili, già montate, a livello del palcoscenico principale, analogamente a quanto avviene nel palcoscenico dorsale, dotato di piattaforma girevole per il cambio scena. Grazie a questa tecnologia e all’intervento dei tecnici specializzati, il cambio delle scene può avvenire molto rapidamente e consente ai registi di ideare scenografie o deus ex machina altrove non realizzabili.

Alcune immagini della giornata di formazione al Teatro dell’Opera di Genova organizzata dall’Ordine degli Ingegneri

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Dietro le quinte un meccanismo fra i più complessi del mondo «La macchina scenica del teatro Carlo Felice – spiega Roberto Orvieto, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Genova, che ha condotto il seminario formativo - è un mondo nascosto allo spettatore che unisce arte e tecnica, fantasia e pratica ed è una delle più complesse del mondo. E’ un bene che i nostri ingegneri abbiano toccato con mano i suoi tecnicismi come i podi, i tiri e la parte elettronica più importante che governa il backstage del Carlo Felice. Il teatro è un grande building automation e al suo interno troviamo una componente elettronica e di governo molto forte. Tutto viene controllato elettronicamente, tutti e tre i podi principali hanno un retro girevole, chiamato “carosello” che è nella parte retrostante, tutto questo permette di avere tre scene pronte contemporaneamente. La parte superiore del graticcio o “soffitta tecnica” dove ci sono tutti i motori e i tiri puntuali nell’ambito dei quali i motori si muovono in sincronia con controlli in “catena chiusa” per mantenere il sincronismo tra i motori, quindi ad altissima componente tecnologica, sono molto importanti anche gli aspetti sulla sicurezza del lavoro, considerato che il teatro è un ambiente atipico. Questo significa realizzare una sorta di vestito su misura per ogni opera, inseguendo per obiettivi un approccio “performance based”, esclusivamente basato sulle prestazioni della sicurezza». L’approccio ingegneristico non si ferma esclusivamente alla macchina scenica ma continua nella sala streaming, grazie alla quale gli spettatori di 140 Paesi nel mondo, con 300.000 visualizzazioni, hanno potuto finora assistere ai tanti spettacoli offerti in programma dal Carlo Felice, tramite device come tablets, pc, smartphone. Con un suono pressoché perfetto grazie al sistema audio 5.1, considerato lo spartiacque tra gli altoparlanti che abitualmente si conoscono. Utilizzandolo si ottiene l’effetto surround che permette di avere l’area di ritorno, il riverbero della sala quando si fa la ripresa che trasmette con una qualità del suono come se si fosse realmente in teatro. In occasione della prima dell’opera “Il barbiere di Siviglia” è stato utilizzato anche un microfono innovativo, come spiega l’ingegner Leonardo Scopece del Centro Ricerche e Innovazione Rai di Torino che lo ha brevettato: «Il “Sistema microfonico 3D VMS” si basa sull’utilizzo di una sonda microfonica sferica che ha 32 capsule; i segnali vengono convogliati su una matrice che è il nostro sistema, quello che abbiamo brevettato, che ci permette di sintetizzare 7 microfoni virtuali. Questi sette microfoni escono attraverso o una porta digitale o in modo analogico e vengono convogliati su un banco mixer. Due sono le caratteristiche importanti di questo sistema: la prima è che con semplice mouse, anche a distanza di 150 metri, si può decidere dove posizionare i sette microfoni virtuali e tutto questo in tempo reale: mentre si registrano i 32 segnali in postproduzione si può fare il lavoro come se in quel momento si fosse in scena nel teatro a fare la ripresa. E’ stata la prima volta che si è utilizzato lo streaming 5.1 con questo dispositivo di ripresa in un teatro dell’Opera».

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Professione formazione savona

PROGRAMMAZIONE “AGILE”: CORSO INNOVATIVO SUL SOFTWARE “La programmazione agile”, ovvero le cosiddette metodologie di progettazione software innovative che costituiscono una risposta alla pesantezza e criticità di questa difficile attività manageriale e tecnica. È il tema del corso formativo gratuito organizzato il 14 giugno scorso dall’Ordine provinciale degli Ingegneri di Savona presso la propria sede. Relatore il Prof. Riccardo Berta dell’Università di Genova, l’occasione è stata preziosa per capire come la produzione del software sia diversa da quella delle altre ingegnerie, e che per questo i metodi per arrivare a risultati ottimali - che necessitano di rigore e di responsabilità che solo una competenza ingegneristica qualificata può assicurare - debbono essere necessariamente diversi. Per metodologia agile (o leggera) si intende in sostanza un particolare metodo per lo sviluppo del software che coinvolge quanto più possibile il committente, ottenendo in tal modo una elevata reattività alle sue richieste. Il termine fu coniato nel 2001 quando è stato formulato il “Manifesto Agile”. L’obiettivo principale è ridurre il rischio di fallimento sviluppando il software in finestre di tempo limitate - chiamate iterazioni - che, in genere, durano qualche settimana. Ogni iterazione è un piccolo progetto a sé stante che contiene tutto ciò che è necessario per rilasciare un piccolo incremento nelle funzionalità del programma: pianificazione, analisi dei requisiti, progetto, implementazione, test e documentazione. Anche se il risultato di ogni singola

iterazione non ha sufficienti funzionalità per essere considerato completo deve essere rilasciato e, nel susseguirsi delle iterazioni, deve avvicinarsi sempre di più alle richieste del cliente. Dopo ogni iterazione il team deve rivalutare le priorità di progetto. I metodi agili preferiscono la comunicazione in tempo reale, preferibilmente faccia a faccia, a quella scritta. Il team agile è composto da tutte le persone necessarie per terminare il progetto software, e come minimo deve includere i programmatori e i loro clienti, ossia le persone che definiscono le caratteristiche del prodotto. Durante il corso ci si è focalizzati su Scrum, un framework agile creato e sviluppato da Ken Schwaber e Jeff Sutherland e utilizzato dai primi anni ‘90 per lo sviluppo del software. È concepito per gestire progetti e prodotti software o applicazioni di sviluppo. Scrum enfatizza tutti gli aspetti di gestione di progetto legati a contesti in cui è difficile pianificare in anticipo. Vengono utilizzati meccanismi propri di un “processo di controllo empirico”, in cui cicli di feedback che ne costituiscono le tecniche di management fondamentali risultano in opposizione alla gestione basata sul concetto tradizionale di command-and-control. Il suo approccio alla pianificazione e gestione di progetti è quello di portare l’autorità decisionale al livello di proprietà e certezze operative. Andrea Novelli

CONVEGNO SU FORMAZIONE CONTINUA E CREDITI FORMATIVI “La formazione professionale continua”: relatori il Presidente e il vice Presidente dell’Ordine di Savona, Fulvio Ricci e Nicola Berlen; il responsabile del gruppo di lavoro formazione, Marcello Macciò; il consigliere nazionale del CNI Angelo Valsecchi. Il convegno di aggiornamento gratuito, tenuto presso l’aula magna Giuseppe Ferraiolo del

Campus Universitario savonese il 9 giugno, ha fatto il punto sulla riforma delle professioni e sul regolamento che norma l’aggiornamento della competenza professionale per gli ingegneri, con una approfondimento sulle modalità di acquisizione dei crediti formativi (CFP). A. N.

GIORNATA FORMATIVA SULLA DIFESA IDROGEOLOGICA “Difesa idrogeologica e studi idraulici”: è il tema della giornata formativa promossa il 10 luglio scorso dall’Ordine savonese, con la collaborazione dell’Università e della società Stopflood di Cairo Montenotte. Circa una cinquantina di iscritti hanno frequentato il corso teorico tenuto al mattino nella sala convegni dell’azienda – dai docenti Angela Celeste Taramasso dell’ateneo savonese e

del prof. Roth di quello genovese – e nel pomeriggio alla parte tecnica che si è svolta nei laboratori idraulici dello stabilimento, dove il personale ha eseguito test e prove di funzionamento dei prodotti. La Stopflood produce barriere antiallagamento, applicabili ad abitazioni, aziende o box che agiscono in caso di alluvione, secondo un brevetto basato sul pincipio di Archimede. n. 4 - Luglio-Agosto -

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Qui Ordine GENOVA

LA CASA “ACCESSIBILE” CHE NASCE DALL’INGEGNO

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na nuova metodologia che consenta di affrontare il problema dell’accessibilità in sicurezza agli edifici – e più in generale ai luoghi urbani - sotto una visione del tutto inedita, che “vada oltre ottimizzandole” anche le norme più avanzate attualmente in vigore e metta urbanisti, progettisti, costruttori nei panni di bambini, anziani, diversamente abili, persone con disabilità temporanee. Ed ecco che le cose più banali – dagli interruttori della corrente elettrica alla costruzione di scale viste con una “mentalità” diversa fino ad affrontare in modo totalmente nuovo tutte le tematiche relative a quelle che si chiamano comunemente “barriere architettoniche” – diventano un pensiero costante di chi deve costruire una casa, un condominio o perfino un marciapiede. Si chiama “Accessibilità per tutti” il progetto elaborato dall’Ordine degli ingegneri genovese, fatto proprio dal Comune di Genova e presentato il 16 luglio scorso nella Sala Chierici della Biblioteca Berio dal presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Genova, Roberto Orvieto, con l’assessore comunale alla Legalità e Diritti, Elena Fiorini, ai rappresentanti di tutti i soggetti che partecipano a quella che ha tutte le caratteristiche di un’esperienza ancora assolutamente originale in questo campo: ovvero affrontare e risolvere un problema complesso sotto il profilo “prestazionale” (performance based, cioè basato sui risultati partendo dai problemi con un metodo “orizzontale”) e non sotto quello “prescrittivo”, cioè applicando in maniera “verticale” e pedissequamente applicazioni già viste che non tengono conto di situazioni che possono richiedere soluzioni pensate “sul campo” e frutto dell’ingegno, la qualità su cui si basa da sempre l’ingegneria.

Il progetto è stato lanciato dal Comune di Genova con la partecipazione dell’Ordine degli Ingegneri, la Consulta dei disabili
 e le professioni tecniche, per costruzioni a misura di bambini, anziani, diversamente abili e persone 
 con disabilità temporanee. Una metodologia figlia del metodo prestazionale che porterà a un manuale primo nel suo genere

Unità di intenti per raggiungere l’obiettivo Al progetto partecipano, oltre che l’Ordine degli ingegneri, anche quello degli Architetti (presidente Natale Raineri), e il Collegio dei Geometri (Luciano Piccinelli); ed è sostenuto dalla Consulta dei Disabili del Comune.

Due momenti della presentazione del progetto “Accessibilità per tutti” nella Sala Chierici della Biblioteca Berio, il 16 luglio. La sala con i componenti di gruppi di lavoro e il tavolo con i rappresentanti del Comune e delle professioni. Al centro l’ing. Roberto Orvieto, alla sua sinistra l’assessore Elena Fiorini (foto Aba News). n. 4 - Luglio-Agosto -

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Qui Ordine

“Accessibilità per tutti”, che sarà realizzato da dieci gruppi di lavoro a ognuno dei quali prenderanno parte anche ingegneri specializzati in settori diversi - selezionati grazie alla grande partecipazione a un appello lanciato dalla NewsLetter IngeNews, diffusa attraverso il sito dell’Ordine di Genova, www.ordineingegneri.genova.it - con diritto a CFP, mette così il Comune al centro di un’esperienza ad elevata valenza tecnico-scientifica. Per la sua realizzazione, che metterà in pista le professioni tecniche, sarà individuata ogni strada percorribile per ottenere i sostegni finanziari necessari (dalle risorse regionali, nazionali, europee ed eventualmente anche private) per farlo diventare uno strumento operativo non solo al servizio di tutti ma anche replicabile. «Il nostro splendido territorio nazionale – è il commento del Comune - è densamente edificato e gli edifici hanno un alto valore architettonico: il progetto di “accessibilità ingegnerizzata”, che sarà sviluppato nel corso dei prossimi mesi, permetterà di far convergere le esigenze dell’amministrazione pubblica con quelle dei progettisti, i quali utilizzeranno la stessa metrica di lavoro». Trattandosi di un approccio prestazionale, precisa Orvieto, non trascurerà l’aspetto di salvaguardia delle risorse economiche. Insomma è un progetto unico, che mette al centro l’uomo, con le sue caratteristiche e diversità e si allinea agli standard internazionali: infatti i codici normativi di tutti i Paesi più evoluti si stanno fondando sempre più su requisiti atti a garantire le prestazioni degli edifici: un esempio caratteristico è quello della prestazione energetica. Un approccio simile è attualmente usato in Giappone per sviluppare una metodologia che affronti efficacemente il problema della sismica. «Ma è tutto il mondo – precisa l‘ing. Orvieto – che si sta ormai ponendo in una logica prestazionale: verso questa logica innovativa ad esempio stanno virando le nuove regole tecniche antincendio. Alla base bisogna mettere il pensiero, che porta – per livelli successivi – a creare nuovi codici di comportamento che diventeranno poi un patrimonio comune. Di manuali sulle costruzioni “accessibili” se ne trovano in giro in quantità impressionanti, si possono scaricare perfino da Internet. Ma non ne esiste uno che sia concepito, appunto, con un metodo prestazionale, e un approccio metodologico di questo tipo».

Sopra e nella pagina seguente, alcune immagini di cantieri per la costruzione di case, e un marciapiede ostruito per lavori in corso, senza facilitazioni (e sicurezza) per chi avesse difficoltà motorie o semplicemente una carrozzina con un bambino (foto Aba News/Baldino).

I GRUPPI DI LAVORO I gruppi di lavoro che partecipano al progetto “Accessibilità per tutti” sono dieci e sono costituiti da 60 persone in totale, fra i quali ingegneri, architetti, geometri, altri professionisti e personale comunale. Ogni gruppo ha un coordinatore responsabile e si occupa di uno o più temi specifici, che coprono praticamente tutti i settori delle costruzioni civili. Eccoli. * Infissi esterni e porte * Rampe e scale * Percorsi interni * Segnaletica * Parcheggi

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* Servizi igienici * Ascensori e sistemi di sollevamento * Percorsi esterni e arredo urbano * Balconi, terrazze, camere, cucine e soggiorni * Terminali degli impianti


Qui Ordine

Il diagramma polare di accessibilità Per spiegare in maniera completa e comprensibile i concetti complessi che stanno dietro al nuovo metodo, Orvieto ha preparato – e sottoposto già per verifica riscuotendo molto interesse nel proprio Ordine – un “Diagramma polare di accessibilità”, ovvero una rappresentazione grafica di tutte le fasi del metodo che porteranno all’elaborazione del manuale, e nei prossimi incontri lo illustrerà ai gruppi di lavoro. Come la nuova metodologia sia destinata a “rivoluzionare” il modo di valutare la costruzione degli ambienti in cui viviamo – fin dai primi stadi, quelli dell’ideazione – perché il metodo prestazionale mette appunto al centro l’uomo con le sue esigenze e quindi induce per forza di cose a “cambiare ottica”, lo fanno capire con parole semplici i rappresentanti della Consulta dei Disabili, che in questo progetto lavorano a stretto contatto con l’Ufficio Accessibilità del Comune, retto dalla dott.ssa Nicoletta Cane. La Sala dei Chierici della Biblioteca Berio, dove si è svolta la prima riunione dei gruppi di lavoro, non era accessibile ai portatori di handicap motori. Dopo molte riunioni, un lungo iter, diversi progetti e autorizzazioni della Sovrintendenza dei Beni Culturali, si è riusciti finalmente a ottenere il permesso per la costruzione di una rampa che facesse superare l’ostacolo scale. Ma non per entrare nella sala, attenzione, ma solo nella biblioteca. Così, chi è costretto in carrozzina, ora può arrivarci ma attraverso un giro esterno. Secondo episodio. Per Rosanna Benzi, la donna col “vizio di vivere” rimasta da quando aveva 14 anni fino al suo ultimo giorno in un polmone di acciaio, ci fu una grande mobilitazione, negli anni Ottanta, quando si decise di farla uscire di tanto in tanto dalla

stanzetta del pronto soccorso San Martino di Genova dove passava le sue giornate. E grazie alla disponibilità di medici, scienziati, amici, sottoscrittori, fu per lei costruito un “polmone mobile”, grazie al quale aveva autonomia per spostarsi diverse ore e muoversi per la città. Per farla uscire è stato necessario costruire una rampa lungo cui far passare il macchinario dotato di ruote. Ma, sembra incredibile, la rampa finiva con un gradino. Una circostanza che fece infuriare Rosanna, paladina degli “Altri”, come si chiamava la sua associazione e la rivista con la quale per anni diede voce a tutte le “diversità”, muovendo ministri e presidenti. Ebbene, questi due piccoli-grandi episodi sono forse preziosi per far capire che se chi progetta qualunque struttura o qualunque ambiente, si “mette al posto di” (anche della persona anziana che ha mal di schiena e deve portare su per le scale due borse della spesa, come spiega Orvieto), episodi come questi non dovrebbero più ripetersi. Perché non si costruisce guardando solo le norme, ma pensando alle persone – tutte le persone – che devono varcare una porta, usare i servizi igienici, prendere un ascensore, arrivare all’ultimo piano, e così via. Il concorso “Scintille” Il presidente Roberto Orvieto ha annunciato che “Accessibilità per tutti” parteciperà al concorso nazionale di idee “Scintille” lanciato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri per incentivare e valorizzare nuovi progetti nel settore dell’ingegneria. Sono previsti 7.500 euro per il primo e 4 mila per il secondo premio. Se ci dovesse essere qualche risultato positivo, sarà a favore della Consulta dei disabili del Comune di Genova.

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Qui Ordine LA SPEZIA

PREVENZIONE RISCHIO IDROGEOLOGICO URGE UN NUOVO MODELLO DI GESTIONE PAOLO CARUANA*

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opo il 25 ottobre 2011 il nostro territorio continua ad interrogarsi su come affrontare la tematica della prevenzione del rischio idrogeologico. Il convegno che si è svolto alla Spezia l’11 giugno scorso a cura dell’Ance (nella sala Pozzoli di Confindustria) è stata una rara occasione di confronto tra imprese, professionisti e politici - pochi in realtà quelli intervenuti - su un tema che è spesso sulla bocca di tutti ma che non vede ancor oggi una reale concretizzazione. I dati diffusi dal Cresme in quell’occasione ci hanno fatto ancora riflettere sull’entità del problema e sulle effettive possibilità di soluzione, alla luce della scarsità delle risorse pubbliche disponibili, almeno fino ad oggi. Quasi la totalità della Liguria è esposta a frane ed alluvioni Meno del 10 per cento dei fabbisogni per la prevenzione del rischio idrogeologico in Liguria è infatti stato stanziato tra il 2006 e il 2012: il che significa che la quasi totalità del territorio (degli abitanti e relative attività produttive) continua ad essere esposto ad un rischio elevato sia di fenomeni franosi che alluvionali. Di fronte a questi numeri, destinati a non cambiare sensibilmente nel breve e medio periodo, ci siamo posti, sulla scorta di quanto fatto dalla Comunità Scientifica degli “addetti ai lavori”, l’interrogativo sull’atteggiamento da adottare nei confronti della valutazione e gestione del rischio in generale e di quello idrogeologico in particolare (“Relazione Generale” del XXV Convegno Nazionale di Geotecnica - Prof. L. Cascini – Università di Salerno). Secondo la “teoria culturale” del Thompson (1990) esistono sostanzialmente quattro possibili atteggiamenti nei confronti della gestione del rischio: un approccio cosiddetto gerarchico, secondo il quale la risoluzione dei problemi è essenzialmente da demandare alle autorità competenti, secondo uno schema di gestione “top-down”; un approccio di tipo individualista, che prescinde dalle azioni ed indicazioni delle autorità e porta l’individuo a compiere scelte autonome, che egli stesso ritiene consapevoli; un atteggiamento di tipo egalitario, sostanzialmente ecologista, pervaso da un profondo scetticismo nei confronti degli interventi pubblici; un ultimo approccio fatalista proprio di coloro che, animati da una profonda sfiducia nei confronti del mondo scientifico e delle istituzioni, rifuggono ogni atteggiamento propositivo. Dall’incontro in Confindustria idee e proposte per cambiare l’approccio Orbene, nel nostro Paese sicuramente ha prevalso e prevale l’approccio di tipo gerarchico, ritenendosi che il tema della difesa del suolo sia, al pari delle altre tematiche dell’ambiente, esclusivo appannaggio (con conseguenti responsabilità) dello Stato e degli Enti locali.

Paolo Caruana

* Presidente Ordine Ingegneri della Provincia della Spezia

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Qui Ordine

Da qui le frequenti lamentele nei confronti dell’insufficienza degli interventi pubblici, spesso prive di atteggiamenti propositivi che esulino dal ricorso ai finanziamenti statali o regionali. Alla Spezia, durante il convegno dell’Ance sono emerse alcune proposte, sia da parte delle Imprese che dei Professionisti, che tenderebbero a trasformare il modello gerarchico in uno più avanzato, nel quale lo Stato e le Regioni restano deputati a pianificare le risorse e gli interventi sulla base degli elementi cognitivi del territorio (comunque da sviluppare su una scala di dettaglio che consenta di passare dalla fase prescrittiva a quella progettuale) e delle risorse disponibili. Per contro i privati (cittadini ed imprese) si dovrebbero attivare per finanziare interventi di mitigazione del rischio su aree nella propria disponibilità, ma in un contesto normativo e fiscale che premi efficacemente gli interventi stessi, con misure compensative, quali detrazioni (come nel caso delle ristrutturazioni e/o il risparmio energetico) e/o esenzioni pluriennali dalla tassazione degli immobili a cui i terreni oggetto di intervento sono asserviti o pertinenti. Il beneficio, in termini di interventi finanziati dai privati, nel settore delle ristrutturazioni edilizie e negli investimenti per la riqualificazione energetica (circa 28 miliardi di euro con circa 5 miliardi di Iva incassati dallo Stato e 226.000 posti di lavoro secondo il Cresme) fa intendere che non esistono, al di là del ricorso alle ridotte risorse pubbliche, strade alternative percorribili anche nella prevenzione del rischio idrogeologico. Una volta tanto non si è trattato di una rassegna di lamentele, ma ha piuttosto prevalso una logica propositiva basata su proposte concrete e concretamente realizzabili che, ove fossero intervenute, avrebbero rasserenato anche le forze politiche, spesso impotenti nei confronti di bilanci pubblici con scarse dotazioni per gli interventi sul territorio. Gli esempi virtuosi sono già presenti, come nel caso della comunità di una piccola frazione delle Cinque Terre (Manarola) – ne abbiamo parlato nel numero scorso di questo giornale - che ha deciso di ricorrere allo strumento di una fondazione privata con la quale finanziare interventi di manutenzione e monitoraggio del territorio sovrastante il paese. E questo prima ancora che le Istituzioni promuovessero tali iniziative con i predetti benefici fiscali. A volte la sensibilità dei cittadini è superiore a quello che anche le Istituzioni possono immaginare o prevedere.

Gli approcci conosciuti per affrontare il problema, in una regione afflitta da un rischio costante ed esteso, al centro della riflessione dopo un convegno dell’Ance, che ha fatto emergere nuovi possibili soluzioni. L’esempio di Manarola

Intervento di Vigili del Fuoco e volontari per ripristinare la viabilità sul ponte di accesso al Comune di Pignone (SP), dopo i danni provocati dalla piena del torrente.

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Qui Ordine SAVONA

COMUNICAZIONE EFFICACE, PARTE UN PROGETTO PILOTA L’Ordine degli Ingegneri di Savona da alcuni mesi ha deciso di adottare una nuova strategia di comunicazione efficace per i propri iscritti. Per questo ha predisposto un piano triennale che prevede obiettivi misurabili; il contatto diretto e la partecipazione, la promozione dei servizi messi a disposizione dei propri iscritti - dalla formazione, agli eventi alle pubblicazioni professionali – la valorizzazione della figura professionale presso la società civile e gli stakeholder. In una società dell’informazione dove sempre più la tecnologia è pervasiva e materia prima per lo svolgimento della maggior parte delle attività, i professionisti svolgono sempre più un ruolo chiave. L’Ordine è l’istituzione deputata a garantire nei confronti della società civile, l’etica, la professionalità e la preparazione tecnico/scientifica. L’Ordine degli Ingegneri di Savona ha quindi deciso di promuovere questo ruolo, attraverso il ricorso a una comunicazione moderna rivolta a una platea vasta, comprendente non solo gli iscritti ma anche le istituzioni e il grande pubblico, allo scopo di mostrare che dietro ogni progetto ingegneristico esistono professionisti organizzati al fine di garantire la sicurezza e la qualità delle costruzioni. Un nuovo sito per una maggiore visibilità Si partirà dunque da un nuovo sito, fruibile anche da tablet e smartphone, che già dalla prima pagina, metterà in evidenza le attività formative, seminariali e congressuali organizzate dall’Ordine, i rapporti con le amministrazioni, l’università e l’industria. Le sezioni tematiche, dedicate alle Commissioni dei tre settori e al Consiglio, metteranno in evidenza le attività formative, legali e scientifiche che si svolgono ogni giorno all’interno dell’Ordine. Le connessioni ai social, le newsletter periodiche e le comunicazioni multicanale consentiranno di raggiungere gli interessati in modo capillare. Insomma, l’Ordine aprirà con orgoglio le proprie porte con una presenza attiva su internet e con un aumento degli eventi, sia per gli specialisti sia per il grande pubblico. Si prevede che dopo una fase di setup e avvio che interesserà la parte finale dell’anno in corso, il piano di comunicazione andrà a regime dall’inizio del 2015. Diego Pastorino

Un Piano triennale per favorire la partecipazione degli iscritti, la promozione dei servizi e la valorizzazione della figura professionale presso la società civile e gli stakeholder. Sarà pronto entro l’anno per andare a regime all’inizio del 2015

INTESA UNIVERSITÀ E ORDINE NEL SEGNO DELLA CONTINUITÀ È in fase di perfezionamento un protocollo d’intesa fra l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Savona e l’Università di Genova: prevede che l’Università metta a disposizione gli spazi all’interno del Campus savonese ed i propri docenti per coadiuvare l’Ordine nelle specifiche esigenze di formazione continua ed aggiornamento professionale degli iscritti. L’obiettivo è creare una continuità fra il mondo universitario, sede della formazione delle nuove generazioni di ingegneri, e l’Ordine professionale che ne rappresenta il naturale sbocco al termine del percorso di studi. Gaia Bozzo n. 4 - Luglio-Agosto -

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Qui Ordine

FEDERAZIONE REGIONALE DEGLI ORDINI DEGLI INGEGNERI DELLA LIGURIA Piazza della Vittoria, 11/10 – 16121 Genova - C.F. 95045940103 www.federazioneingegneri.liguria.it -PEC federazione.liguria@ingpec.eu

Presidente Maurizio Michelini (GE); Segretario Claudio Firpo (GE); Consiglieri Domenico Pino (IM), Giuseppe Anselmo (IM), Fulvio Ricci (SV), Nicola Berlen (SV), Roberto Orvieto (GE), Marco Sartini (GE), Paolo Caruana (SP), Claudia Bedini (SP). ISCRITTI COMPLESSIVI ALBI PROFESSIONALI INGEGNERI LIGURIA Sezione A 6.971 - Sezione B 231 – TOTALE 7.202 (di cui 6.260 uomini e 942 donne)

GENOVA

Piazza della Vittoria, 11/10 16121 Genova Tel. 010.593840 - 010.593978 Fax 010.5536129 - C.F. 80039470101 www.ordineingegneri.genova.it PEC ordine.genova@ingpec.eu ordine@ordingenova.it info@ordineingegneri.genova.it

IMPERIA

Via della Repubblica, 11 18038 Sanremo (Imperia) Tel e Fax 0184.530799 - C.F. 81001410083 www.ordineingegneriimperia.it PEC ordine.imperia@ingpec.eu info@ordineingegneriimperia.it loredana@ordineingegneriimperia.it

Presidente Roberto Orvieto Vice Presidenti Domenico Muccio Palma, Marco Sartini Segretario Roberto Zanardi Tesoriere Gianluigi Calzetta Consiglieri Arturo Antonelli, Laura De Biasio, Andrea Del Grosso, Claudio Firpo, Diego Fonsa, Riccardo Franchini, Maurizio Michelini, Mauro Nalin, Silvio Rossi, Aldo Signorelli.

Presidente Domenico Pino Segretario Mauro Ausonio Tesoriere Enrico Ingenito Consiglieri Giuseppe Anselmo, Fiorenzo Borro, Simone Di Marcoberardino, Lorenzo Falciola, Gianluigi Pancotti, Riccardo Restani, Fabio Sappia, Gian Paolo Trucchi.

ISCRITTI ALBO PROFESSIONALE Sezione A 4.647 - Sezione B 110 TOTALE 4.757 (di cui 4.148 uomini e 609 donne) al 25 giugno 2014

ISCRITTI ALBO PROFESSIONALE Sezione A 483 - Sezione B 19 TOTALE 502 (di cui 425 uomini e 58 donne) a luglio 2014

LA SPEZIA

Via Tolone, 14 - 19124 La Spezia Tel. e Fax 0187.732768 - C.F. 80017220114 www.ordineingegnerilaspezia.it PEC ordine.laspezia@ingpec.eu segreteria@ordineingsp.com ordine.laspezia@ingsp.eu

SAVONA

Corso Italia, 8/11 - 17100 Savona Tel. 019.822678 e Fax 019.822696 C.F. 80003460096 www.ordineingegnerisavona.it PEC ordine.savona@ingpec.eu ingegneri.savona@ordineingegnerisavona.it

Presidente Paolo Caruana Vice Presidente Daniele Guerrieri Tesoriere Stefano Pasquali Segretario Marco Fanton Consiglieri Claudia Bedini, Michele Codeglia, Stefano Fusi, Riccardo Marangoni, Simone Tesconi, Marco Vescovi, Gianfranco Zucconi.

Presidente Fulvio Ricci Vice Presidente Nicola Berlen Tesoriere Diego Pastorino Segretario Maria Alessandra Binaghi Consiglieri Diego Bergero, Franca Briano, Daniele Cabrini, Claudio Gagliolo, Marcello Macciò, Danilo Muraglia, Paolo Taramasso.

ISCRITTI ALBO PROFESSIONALE Sezione A 738 - Sezione B 30 TOTALE 768 (di cui 677 uomini e 91 donne) a luglio 2014

ISCRITTI ALBO PROFESSIONALE Sezione A 1.103 - Sezione B 72 TOTALE 1.175 (di cui 993 uomini e 182 donne) a luglio 2014

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m ail box I seminari sulla sicurezza nei cantieri

Ing. Enrico Trucco - Caro direttore, ho letto nell’ultimo numero di “A&B“ il servizio dell’ing. Claudio Firpo su come si svolge la formazione. Sono un ingegnere civile iscritto all’Ordine di Genova e ho partecipato a diversi corsi di aggiornamento, l’ultimo dei quali dedicato alla sicurezza nei cantieri temporanei e mobili in riferimento al D. Lgs 81/2008 e s.m.i. Fatta salva l’estrema competenza dei relatori, il tema in questione è stato trattato in maniera sicuramente molto specifica ma sarebbe stato interessante - vista l’estrema varietà di situazioni che chi fa il mio lavoro si trova ad affrontare (cantieri per opere civili ed edili medio-piccole e opere di manutenzione a carattere Condominiale) - ascoltare anche degli esempi concreti ad applicazione delle norme vigenti relativamente a opere, realizzate o da realizzare, preziosi per “metabolizzare” ancor

più quanto spiegato dai Relatori. Infatti, finito il corso, mi sono ritrovato con un aggiornamento sicuramente utile dal punto di vista generale, ma carente di quella “formazione” più pratica che possa mettere in relazione la “teoria” con la “pratica” dall’inizio alla fine del processo di gestione del cantiere. Sarebbe possibile, nel futuro, entrare di più nello specifico in tal senso? Grazie, cordiali saluti e complimenti per il nuovo giornale. Risponde il Direttore – Gentile Ing. Trucco, le Sue cortesi osservazioni sono state girate al gruppo di lavoro che si occupa dei percorsi di aggiornamento delle competenze professionali. Sono certo che ne coglierà il senso: mi è stato assicurato che si cercherà il modo di tradurle concretamente nella programmazione dei prossimi seminari.

Gli indirizzi deontologici e la Costituzione Ing. Massimo Celentano - Leggo l’articolo “Deontologia” sul numero 1-3 di “A&B”. L’art. 54 della nostra Costituzione ancora una volta è stato dimenticato: mentre come cittadini obbediamo alle Leggi, nel momento in cui rivestiamo i nostri compiti di incaricati di pubblico servizio la Costituzione dice che dobbiamo assolverlo con “disciplina e onore”. Se richiamassimo nel Codice questo semplice, limpido e chiarissimo articolo della Costituzione, tante altre parole e tentativi di studiare regole diventano inutili poiché “disciplina e onore” riassumono già in sé quasi tutto quanto necessario. Cordiali saluti Rispondono il Presidente e il Segretario FROIL - Il Codice deontologico pubblicato sul numero gennaio-giugno 2014 del nostro giornale, è quello proposto dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Pur non essendo cogente per gli Ordini, costituisce una linea di indirizzo finalizzata ad avere un testo uniforme sull’intero territorio nazionale. All’art. 1 c’è proprio un richiamo generico ai principi costituzionali. Alla luce delle recenti norme di semplificazione, che prevedono un uso sempre più vasto dell’esercizio privato di funzioni pubbliche (es. SCIA), gli Ordini liguri valuteranno sicuramente l’opportunità di inserire, in premessa, richiami ad alcuni specifici articoli della Costituzio-

ne che ci riguardano più da vicino, come, ad esempio: Art. 41: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Art. 54: Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. In effetti la nostra Costituzione sarebbe auto-sostentante per la vita del Paese, richiedendo il semplice adempimento di alcuni elementari doveri quotidiani, in ogni piccolo contesto. Tuttavia, per garantire il decoro e la disciplina nell’esercizio della professione e coniugare la libertà individuale con gli altrui diritti, sono previste ulteriori regole, più puntuali, di livello sottostante rispetto alle norme giuridiche: esse costituiscono il codice deontologico. Però nemmeno questo pare sufficiente: da qui nuovi livelli sottostanti, come le norme per l’aggiornamento professionale. Nel percorso di settorializzazione e specializzazione della norma, spesso ci si dimentica del livello più elevato: la Costituzione. Grazie per avercelo ricordato.

Alcuni chiarimenti su obbligo di aggiornamento e CFP Ing. Damiano Scati - Con riferimento all’articolo pubblicato sul n°1-3 di “A&B”, a pagina 9, relativamente all’aggiornamento professionale, avrei bisogno di alcuni chiarimenti. 1) Pur essendo iscritto all’Ordine non esercito la professione di libero professionista perché sono dipendente di un’azienda; nell’ambito della mia mansione non è richiesta l’iscrizione. Sono obbligato comunque dell’aggiornamento della competenza? 2) Mi sono iscritto all’ordine di Genova nel 1996, quindi sulla base di quanto riportato nell’articolo, dovrei avere un saldo di 60 CFP in quanto iscritto prima del gennaio 2014. Corretto? 3) Non è chiaro a cosa si riferiscono i 5 CFP su etica e deontologia e i 60 CFP relativi alla “disciplina transitoria”. Grazie

Rispondono il Presidente e il Segretario FROIL 1) L’aggiornamento della propria conoscenza costituisce l’essenza stessa dell’essere Ingegnere, ma l’obbligo giuridico di rispettare le regole formative scatta solo per chi compie atti di professione riservata (si intendono quelli per cui è obbligatoria l’iscrizione ad un Ordine o Collegio professionale, siano essi svolti in forma libera che dipendente). Sono sempre più numerosi i percorsi di aggiornamento erogati

gratuitamente dagli Ordini, così come i dipendenti che, pur non esercitando, hanno colto al volo questa occasione di crescita professionale, che viene seguita con grande interesse dai datori di lavoro. 2) È corretto. 3) I 5 CFP su etica e deontologia sono quelli che devono conseguire coloro che si iscrivono all’Albo dopo l’1.1.2014, entro il primo anno solare successivo a quello di iscrizione; non riguardano coloro che risultano essere già iscritti a tale data. La disciplina transitoria si riferisce ai CFP, riconosciuti fino ad un massimo di 60, per i percorsi di aggiornamento professionale effettuati dall’1.1.2013 al 30.6.2014, che possono sommarsi ai 60 di cui al precedente punto 2 I NOSTRI ERRORI Per una banale svista, nel servizio pubblicato a pag. 23 del numero scorso di “A&B” (“Per l’ingegneria italiana si apre la chance del Mediterraneo”) è stata attribuita al Presidente dell’Ordine di Genova, ing. Roberto Orvieto, la carica di consigliere nazionale. In seno al CNI fa parte invece del Dipartimento Internazionale, come correttamente riportato. Ce ne scusiamo con l’ing. Orvieto e con i lettori. n. 4 - Luglio-Agosto 2014 -

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Sommario

SOMMARIO 1 Il Rullo... di Rolli Vignetta a cura di S. Rolli 2 Post-Rullo Canone Tv: una brutta storia di parole sbagliate M. Michelini 4 Editoriale La sicurezza? Ecco perché deve diventare “cultura” F. Ricci 6 Cover

Bandi europei aperti anche agli ingegneri

7 Qui Federazione Prevenzione incendi: e ora testiamo insieme il “Fire Code” M. Michelini, R. Orvieto 12 Professione Quel “cassetto” che salva gli immobili e riduce le tasse 14 Aggiornamento professionale obbligatorio /2 Chi eroga e chi controlla i contenuti formativi C. Firpo, D. Fonsa 19 Formazione – Tecnologia a Teatro: dove l’arte incontra l’ingegneria G. Danieli 21 Formazione – Savona: Programmazione “agile”, corso innovativo sul “software A. Novelli 23 Qui Ordine Genova – La casa “accessibile” che nasce dall’ingegno 27 La Spezia – Prevenzione rischio idrogeologico, urge un nuovo modello di gestione P. Caruana 29 Savona – Comunicazione efficace parte un progetto pilota D. Pastorino 30 La Federazione e gli Ordini provinciali della Liguria 31 Mail Box

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A&B - Atti e Bollettino di Informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria Bimestrale della Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria - Codice Fiscale 95045940103 PEC: federazione.liguria@ingpec.eu www.federazioneingegneri.liguria.it Presidente: Maurizio Michelini (Ge) Segretario: Claudio Firpo (Ge) Consiglieri: Giuseppe Anselmo (Im), Claudia Bedini (Sp), Nicola Berlen (Sv), Paolo Caruana (Sp), Roberto Orvieto (Ge), Domenico Pino (Im), Fulvio Ricci (Sv), Marco Sartini (Ge) Reg. Tribunale Genova n. 64 del 25 marzo 1949 Anno LXV N. 4 – Luglio/Agosto 2014 Chiuso in Redazione il 21 luglio 2014 Direzione e Redazione: Piazza della Vittoria, 11/10 - 16121 Genova rivista@federazioneingegneri.liguria.it Editore, impaginazione, stampa: Nuova Grafica LP Via Pastorino, 200-202 r - 16162 Genova PEC: nuovagraficalp@legalmail.it www.promogenova.it/grafica-lp/ Direttore Responsabile: Gianfranco Sansalone Redazione: Claudia Bedini (Sp), Gaia Bozzo (Sv), Giulia Danieli (Ge), Augusto Isola (Ge), Luca Lombardo (Im), Andrea Novelli (Sv), Adriano Patitucci (Sv), Marco Vescovi (Sp) Progetto editoriale: Agenzia Aba News abanews@abacomunicazione.it www.abacomunicazione.it Progetto grafico: Movie & Fashion Group Srl info@moviefashiongroup.com www.moviefashiongroup.com Di questo numero, scaricabile in pdf dal sito della Federazione, vengono spedite 9.500 copie cartacee a tutti gli iscritti agli Albi degli Ingegneri della Liguria, alle pubbliche istituzioni e ai soggetti di interesse per la categoria. La riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini è consentita purché siano espressamente e citati la fonte e gli autori. È vietato riprodurre, anche in modo parziale, l’impaginazione grafica senza espressa autorizzazione della proprietà Le immagini riprodotte sono della Federazione, di autori o di archivi regolarmente consultati, o sono state reperite presso fonti pubbliche e libere. I marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari. Nel caso non sia stato possibile rintracciare eventuali detentori di diritti, l’editore si dichiara disponibile ad adempiere ai propri obblighi.


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