Block Notes
DAL DOPOGUERRA VERSO IL TERZO MILLENNIO: OLTRE MEZZO SECOLO DI URBANISTICA A SANREMO Ivano Amoretti
Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria
7
Block Notes n.7
/1
2/
Block Notes n.7
Atti & Bollettino di informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria
DAL DOPOGUERRA VERSO IL TERZO MILLENNIO: OLTRE MEZZO SECOLO DI URBANISTICA A SANREMO Ivano Amoretti
Block Notes n.7
/3
DAL DOPOGUERRA VERSO IL TERZO MILLENNIO: OLTRE MEZZO SECOLO DI URBANISTICA A SANREMO Autore Ing. Ivano Amoretti Block Notes n. 7 Supplemento al n. 3, marzo 2016, del mensile A&B – Atti e Bollettino di informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria, della Federazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria Presidente Paolo Caruana Direttore Editoriale Maurizio Michelini Direzione e Redazione: Piazza della Vittoria, 11/10 – 16121 Genova www. federazioneingegneri.liguria.it rivista@federazioneingegneri.liguria.it Reg. Tribunale di Genova n. 64 del 25 marzo 1949 – Anno LXVII Direttore responsabile Gianfranco Sansalone Editore Nuova Grafica LP www.promogenova.it/grafica/-lp Progetto Editoriale Agenzia ABA News redazione@abacomunicazione.it - www.abanews.it Le libere opinioni critiche espresse in questa pubblicazione dall’Autore sono personali e non impegnano in alcun modo la Froil, l’Editore e la Redazione. Pubblicato in edizione Pdf su www.federazioneingegneri.liguria.it Provider http://sites.google.com Nato a Sanremo il 13 maggio 1932, l’ing. Ivano Amoretti, studia all’Università di Genova negli anni ’50 con Togliatti, Croce, Capocaccia. Si laurea nel 1959 e inizia subito a lavorare come libero professionista, sul finire del boom edilizio di Sanremo. Si specializza in strutture e progetta alcuni edifici in acciaio, senza tralasciare una vasta progettazione architettonica, appannaggio degli ingegneri, essendo pochissimi gli architetti. Visto l’aumento esponenziale delle auto in città, si interessa dei problemi del traffico urbano e produce alcune soluzioni locali (senso unico e rotatoria di Corso Garibaldi, corsia preferenziale alla Foce, parcheggio di piazza Mercato), due studi generali e un Piano del Traffico per Sanremo, programmi di calcolo automatico dei flussi di traffico. Ha pubblicato per Flaccovio: “Parcheggi e traffico urbano”; per Vitali e Ghianda: “La consulenza tecnica negli incidenti stradali”. Su “Le Strade”, gennaio 1990: “Calcolo dei volumi di traffico su una rete”, “La circolazione urbana a Sanremo”, ”Il traffico urbano”. Pensionato dal 1994, continua l’attività nello studio associato con l’arch. Calvi. 4/
Block Notes n.7
PREFAZIONE È con grande piacere che introduco questa ricostruzione storica e critica nella quale l’ing. Ivano Amoretti, decano dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Imperia, classe 1932, racconta parte della storia edilizia vissuta dalla città di Sanremo nell’ultimo cinquantennio del passato millennio. L’ing. Amoretti ha vissuto quegli anni che hanno visto Sanremo uscire dalla Seconda Guerra Mondiale ed espandersi, da un punto di vista edilizio, come non mai. Questo saggio, che invito tutti a leggere, anche se non vuol essere esaustivo dell’epoca storica rappresentata, è un estratto significativo del periodo vissuto dal collega e caratteristico dell’esperienza professionale dell’autore. Ancora un grazie all’ing. Ivano Amoretti per l’interessante ricerca. Mauro Ausonio Consigliere Segretario dell’Ordine Ingegneri della Provincia di Imperia
Block Notes n.7
/3
SANREMO: LO SVILUPPO EDILIZIO 1945-2000 1. IL DOPOGUERRA: 1945-1950
N
el 1945, la città di Sanremo contava circa 30.000 abitanti. Le sue principali fonti di ricchezza erano in pessime condizioni: il Casino chiuso, l’esportazione dei fiori bloccata dall’interruzione delle strade e della ferrovia, il turismo inesistente. Molti alberghi erano stati danneggiati sia dalle bombe, sia dai diversi eserciti che li avevano requisiti. Il primo e unico turista del dopoguerra fu il milionario italo-americano Acquavella che, fra lo stupore dei sanremesi, ammarò nello specchio del porto con il suo anfibio Seabee. Il reddito era misero, con la tessera annonaria si aveva diritto a un etto di pane a testa, l’energia elettrica e l’acqua erano fornite solo in poche ore del giorno, il gas mancava del tutto. Dopo due anni di continui bombardamenti aerei e navali, il patrimonio edilizio di Sanremo era seriamente danneggiato. In particolare presentavano estese demolizioni la zona del porto, a valle della Via Roma, il centro della Pigna e l’area di piazza Colombo (foto 1), distrutta il 20 ottobre 1944 dalla grande esplosione dell’edificio che comprendeva il Tribunale, la Casa del Fascio, il Mercato dei Fiori e nel quale
1. La zona di piazza Colombo
4/
Block Notes n.7
erano ricoverati 48 barchini esplosivi tedeschi “Linsen”. Danni minori in tutto il centro abitato. Sindaci del dopoguerra furono: Siffredi, socialista, Bottini e Manuel Gismondi, democristiani. L’attività edilizia I primi interventi furono lo sgombero delle macerie e le riparazioni dei danni di guerra. In piazza Colombo fu scavata l’enorme massa di detriti del Mercato dei Fiori, prima a mano, col concorso dei cittadini che organizzarono corvées gratuite, poi con l’ausilio di una delle meraviglie portate dall’esercito americano: la prima ruspa, costituita da un carro armato dotato di vomere, che in un giorno faceva il lavoro di una squadra di uomini di una settimana. Si diede mano alla riparazione degli alberghi, fra cui il Royal che fu riattato e ingrandito dal proprietario ing. Mario Bertolini. Su progetto di Giò Ponti fu intrapresa la costruzione della splendida piscina. Le prime opere pubbliche, che non fossero di mera ricostruzione, furono la demolizione della cortina di case che ancora chiudeva a nord la Piazza del Mercato, precludendo l’accesso veicolare alla Via Martiri della Libertà e il completamento dello sca-
vo della galleria che univa la zona di Rondò Francia con Piazza del Mercato. La galleria era stata aperta a tempo di record negli anni di guerra per farne un rifugio antiaereo ed era scavata su tutta la sezione solo per circa metà lunghezza, verso Piazza Mercato. I lavori venivano eseguiti a mano, il cemento era quello sottratto ai Tedeschi della Todt durante la costruzione del muro antisbarco che ancor oggi costeggia il Corso Trento e Trieste, per il ferro a volte si usavano i tondini dei reticolati raddrizzati, la sabbia era scavata in mare da un barcone con pompa aspirante e lavata sommariamente sul molo. I ponteggi erano fatti con vecchie tavole di legno e triestini inchiodati e legati fra loro con funi. I professionisti e le imprese I professionisti nel campo dell’edilizia erano l’ing. Domenico Parodi, già molto attivo in periodo fascista, e grande elettore della Democrazia Cristiana
2. GLI ANNI CINQUANTA Le premesse Sanremo è sempre stata una città schizofrenica: da una parte gli abitanti autoctoni tradizionalmente dediti a un’economia di sopravvivenza (orti e piccolo artigianato, pochissima pesca) e quindi naturalmente chiusi, rigidamente tradizionalisti e senza sviluppo economico; dall’altra una numerosa colonia, prima di nobili, poi di alto borghesi, colti, eleganti, ricchi, che portava a Sanremo tutte le novità d’Europa e costruiva gli alberghi, la ferrovia, le ville con vasti parchi tropicali. L’importazione delle novità dall’estero non stimolò lo spirito imprenditoriale degli abitanti, i quali furono indotti piuttosto a imitare gli stranieri, senza sviluppare un’iniziativa propria, come avvenne invece ad esempio a Imperia, dove sorsero le industrie (pasta, olio), i commerci attraverso il porto, una classe operaia e una imprenditoriale. Anche a Sanremo nacque una borghesia, piccola e media, dedita però quasi esclusivamente al commercio e all’accumulo di beni immobiliari. Fa eccezione la nascita, sull’eco di quella nizzarda, della floricoltura in pien’aria, favorita dal clima splendido, con bravi produttori, ibridatori ed esportatori; ma anche questa industria cessò rapidamente di progredire e crollò davanti alla sfida di altri produttori più determinati e aperti alle novità tecniche. Nel popolo, i più intraprendenti si trasformarono da piccoli artigiani in camerieri, chauffeur, croupier, mentre i commercianti più avveduti fecero ottimi affari come fornitori di generi di lusso per i ricchi residenti.
in periodo democratico (divenne il capo indiscusso dell’edilizia privata e pubblica del dopoguerra, fino agli anni ‘60); il giovane ing. Aldo Morando, di gran lunga il più preparato, già autore dell’interessante edificio razionalista dello stabilimento balneare Morgana; gli ingegneri Bertolini, Borea, Stefano Canepa, Guidicini. Semeria, Verrando, Verzichi. Un personaggio particolare era l’ing. Varni che viveva in una barca a vela fatiscente, tirata in secco nel porto, e che s’incontrava nei corridoi del Comune con fasci di lucidi con i quali proponeva progetti di ampliamento del porto. Le imprese più grandi, ad esempio Repetto e Vigo, ripresero pian piano a lavorare, ma non riuscirono ad adeguarsi ai nuovi metodi di costruzione e di finanziamento, perciò scomparvero rapidamente, lasciando il campo alle iniziative dei più giovani. Il grosso dei lavori era svolto da singoli muratori o piccole imprese artigiane.
I nobili e i borghesi che provenivano da città dove erano abituati a frequentare luoghi di cultura portarono a Sanremo opere d’architettura, come le innumerevole ville che, pur non vantando particolari valori estetici, mostravano tuttavia un certo decoro borghese. I benestanti sanremesi seguirono costruendo le palazzate di Via Matteotti, Via Roma, Corso Garibaldi, abbellite ad esempio dalla facciata Art Déco del negozio Borea idraulica di Via Roma e sfregiate da sconsiderati interventi come ad esempio la facciata del Palafiori, posta fra una chiesa cattolica barocca e una luterana neoclassica. Il teatro conobbe una feconda stagione, se pur molto tradizionalista (melodramma), al Casino e presso il Teatro Principe Amedeo, in contrapposizione con la stagione rivoluzionaria di Montecarlo (Ballets Russes con Diaghilev, Stravinskij, Picasso). La prima Guerra Mondiale aveva posto fine all’arrivo dei nobili (e alla nobiltà tout court). Questi, negli anni Trenta del Novecento, furono sostituiti dai ricchi borghesi italiani, il che portò a un vigoroso incremento dell’edilizia alberghiera e a un boom del Casino. Anche la cultura conobbe un momento favorevole: si rappresentavano normalmente le (brutte) opere di Mascagni e i grandi drammi di Pirandello, i cui autori risiedevano per lungo tempo a Sanremo. Al Teatro Principe Amedeo, Filippo Tommaso Marinetti con i suoi futuristi riceveva valanghe di ortaggi da un pubblico offeso dalla modernità. Il regime fascista, seguendo la sua linea economica di rastrellare con alte tasse il plusvalore e spenderlo in opere pubbliche, edificò a Sanremo molti intervenBlock Notes n.7
/5
ti importanti: Il Campo Sportivo in stile gretto-littorio (gretto perché la costruzione non fu arretrata dalla Via Aurelia neppure di un metro); il Palazzo delle Poste, di un Piacentini ormai ripiegato sulla magniloquenza dello Stato, ma non senza un buon trattamento dei volumi; la Funivia, opera di buon valore ingegneristico per l’epoca, anche se non era “la più lunga del mondo”, ma solo quella con la tratta senza pali più lunga del mondo; l’ampliamento del porto; il grande Campo di Golf; la scuola elementare, con una pessima architettura per un ambiente frequentato da bambini; la bella fontana razionalista allo sbocco al mare di Corso Mombello, demolita nell’aprile 1945 perché dotata di un eccessivo numero di “M” evocanti il nome del dittatore; il mercato dei Fiori, in Piazza Colombo. Lo stesso Piacentini delle Poste, architetto del regime, progettò anche un Piano Regolatore che prevedeva strade, lungomare e un ampliamento del Casino fino alla spiaggia che non fu realizzato. Fortunatamente, perché prevedeva anche un imperiale sventramento della Pigna con creazione di una grande scalinata stile Trinità dei Monti. La situazione generale Nel decennio 1950-1960 iniziò in Italia uno straordinario periodo di rinascimento economico innescato dalla ricostruzione, finanziata soprattutto con gli aiuti americani del Piano Marshall. Il miracolo italiano si sviluppò ben al di là della ricostruzione del dopoguerra: le industrie si modernizzarono, le reti stradale e ferroviaria si espansero rapidamente, si iniziò la costruzione di una grande rete autostradale. Lo sviluppo avvenne quasi esclusivamente in Alta Italia e richiamò dal Sud masse di lavoratori. A Sanremo, le tre componenti economiche della città conobbero una grande espansione. Il Casinò, riaperto da poco, trovò una vasta clientela, la floricoltura conobbe una forte domanda di prodotti, i turisti ripresero a sognare Sanremo. La città ebbe un periodo felice: il Casino era frequentato dalla divina Callas, da Rizzoli, Di Stefano, De Sica. In Via Matteotti passeggiavano Van Johnson, Gary Cooper, Greta Garbo, Stan Laurel e Oliver Hardy, Robert Mitchum, il Presidente Truman. Il primo dell’anno sulla passeggiata Imperatrice c’era una folla impenetrabile di pellicce di visone e Borsalino. Ciò determinò un doppio flusso d’immigrazione: dal meridione e dall’Abruzzo centinaia, migliaia di lavoratori conversero su Sanremo dove, lavorando duramente, costruirono la nuova floricoltura, basata soprattutto sulla coltivazione in serra. Gli immigrati s’integrarono rapidamente, raddoppiando la popolazione della città. L’altra corrente “migratoria” era invece costituita da persone di buone possibilità economiche, soprattutto milanesi, di solito della media e alta borghesia, i nuovi beneficiari dello sviluppo tumultuoso dell’epoca, che venivano a stabilirsi a Sanremo per periodi più o meno lun6/
Block Notes n.7
ghi e cercavano, più che la sistemazione in albergo come nell’anteguerra, le seconde case da abitare stabilmente. Per i residenti c’erano i mutui al 5%, congegnati in modo che costassero circa come il canone di locazione di un alloggio. Un giovane poteva, pagando l’affitto per vent’anni, ritrovarsi proprietario della sua casa. Ne conseguì uno sviluppo edilizio tanto rapido quanto disordinato e improvvisato. L’edilizia privata Con queste condizioni economiche, non poteva che verificarsi una tumultuosa crescita della città innervata sulle norme edilizie del 1953 (vedi più avanti). Lo sviluppo raccoglieva la più entusiastica approvazione dei cittadini che ammiravano affascinati il rumoroso lavoro dei primi escavatori e, naturalmente, aveva il pieno appoggio delle Amministrazioni Comunali. Fortunatamente la marea delle costruzioni fu incanalata soprattutto in Via Martiri della Libertà, grazie all’orografia dei suoli, e le principali aree verdi, come Corso Inglesi, furono in gran parte salve. Per una curiosa nemesi storica, furono salvate, almeno per il momento, anche le zone poste al centro della valle, lungo il torrente San Romolo, perché la rapida edificazione di una cortina di palazzi sul ciglio della Via Martiri precluse l’accesso ai terreni retrostanti. In centro fu edificato il cinema Astra, su progetto dell’ing. Morando. Le norme edilizie Nel 1950 e fino all’entrata in vigore del Piano Regolatore Generale del 1960, le uniche regole edilizie erano il Codice Civile del 1942 e il Regolamento Edilizio del 1953. Il primo stabiliva solo che le costruzioni dovevano essere edificate a confine o a m 1.50 dal confine e comunque a tre metri dalle case vicine. Secondo il Programma di Fabbricazione del regolamento edilizio, la città era divisa in zone, sommariamente indicate in una piccola cartina: Zona Intensiva: centro ottocentesco, la Pigna, le valli del S. Romolo (Via Martiri) e S. Francesco (futura Via S. Francesco); altezza massima 18–21.80 metri; distanza fra edifici 3 metri. Sono visibili oggi molti palazzi di sei piani che occupano quasi tutto il lotto e distano tre metri dal palazzo vicino, con ovvie conseguenze sulla salubrità e l’igiene. Zona semintensiva: intorno al Casino, Via PeirogalloVia Goethe; altezza massima 16.50 metri. Zona semiestensiva: Corsi Imperatrice, Matuzia, Manzoni, zona di S. Martino: altezza massima 13.50 metri; distanza 5 metri dai confini; superficie coperta un terzo del lotto. Zona estensiva: Via Padre Semeria ovest, Corso Marconi ovest, Solaro, Corso Inglesi, Via Carducci, Via Duca degli Abruzzi, lungomare S. Martino, Campo Sportivo, Via Mazzini. Altezza massima 11.50 metri; distanza 6 metri dai confini; superficie coperta un quinto del lotto.
Zona Rurale: tutto il territorio fuori delle zone precedenti. Altezza massima 11.50 metri; distanza 5 metri dai confini. Costruzioni essenziali per la conduzione del fondo. Due circoscritte zone di rispetto, vincolate dal nulla-osta della Soprintendenza ai Monumenti di Genova, erano previste per i grandi alberghi sul bordo del Corso Imperatrice e per la Villa Ormond. Alte furono le lamentele dei cittadini per l’imposizione della distanza di 5 metri dai confini nelle zone estensive, solo in parte compensata dall’invenzione del piano attico, cioè la possibilità di erigere un piano in più, al posto del tetto. Il piano attico doveva avere un arretramento verso strada di almeno due metri e coprire una superficie non maggiore di due terzi del piano terra. Un’altra scappatoia per aumentare l’indice edificatorio fu il bow–window cioè balconi chiusi che non dovevano superare in superficie un terzo della facciata. Molte antiche case in Via Matteotti e Via Roma persero il tetto (e la dignità architettonica) a favore dell’attico. Per quanto riguarda la difesa del paesaggio, la Soprintendenza ai Monumenti, in forza della Legge 1497 del 1939, vincolò vaste zone della città: il crinale di Capo Nero, la zona a valle della Via Padre Semeria, l’area da Corso Inglesi a Corso Imperatrice, la Pigna, S. Martino, Bussana, Monte Bignone e alcune strade panoramiche. Curiosamente vincolò la parte bassa di Via Martiri e lasciò libero lo storico quartiere della Marina. I nulla-osta erano concessi con larghezza, almeno fino all’arrivo del geom. Bellezza. L’amministrazione comunale decise di spostare il cimitero in Valle Armea e, prima che si verificasse qualsiasi trasferimento del vecchio Cimitero Monumentale, iniziò subito a concedere licenze edilizie di ogni genere nella zona vincolata. Di conseguenza oggi il Cimitero, non affatto spostato, è circondato da grossi condomini nel pieno disprezzo delle norme urbanistiche e igieniche vigenti.
L’amministrazione comunale Il Comune, che aveva sede in un vecchio fabbricato in Piazza Cassini, era dotato di un Ufficio Tecnico di poche stanze nelle quali operavano i tre geometri dell’edilizia privata: Maurizio Giordano, capufficio, Rusconi e Bottini. Pochi altri tecnici curavano l’edilizia pubblica e la viabilità come il geom. Berardi, il pilota geom. Giacinti e il tennista geom. Blengino e il geom. Puppo, al quale si deve una un’ottima soluzione del problema della fognatura cittadina. L’ingegnere capo (Scarella, Taroni, Massara), curava solo l’amministrazione dell’edilizia pubblica. L’edilizia privata era invece nelle mani dell’ing. Domenico Parodi, imprenditore con rilevanti poteri politici. Sindaci nel decennio furono Asquasciati e Anfossi.
2. La casa di via Martiri della Libertà (Camus)
3. La casa di via Asquasciati (Camus)
I professionisti Emergevano rapidamente in quel periodo alcuni giovani ingegneri, tutti legati a partiti politici, che avrebbero giocato una notevole parte nello sviluppo urbanistico della città: Paride Goya, socialdemocratico; Guido Pancotti, democristiano; Giancarlo Del Gratta, socialista; Silvio Gismondi, democristiano. Altri ingegneri, meno connotati politicamente, erano: Emilio Maiga, soprattutto strutturista, con interessi professionali rivolti soprattutto a Taggia; Roberto Nicoletti, che indirizzò la sua attività prevalentemente in qualche edificio realizzato in proprio; Durante, che progettò e realizzò l’interessante complesso Le Esperidi in Via Padre Semeria; Santagostino, autore con l’arch. Camus del razionale edificio dell’autostazione di piazza Colombo, che avrebbe dovuto essere coronato da un alto e sottile edificio a lama per uffici, non realizzato. Di questo rimangono solo i pilotis, in parte chiusi con negozi. Gli architetti erano pochissimi. Sanremo ebbe la fortuna di ospitare l’anziano architetto Renato Camus che progettò in quegli anni le uniche due case con un aspetto architettonico ben definito: un condominio
Block Notes n.7
/7
all’inizio della Via Martiri (foto 2) e un edificio nella parte bassa di Via Asquasciati, (foto 3) che oggi ospita al piano strada un supermercato. Un altro edificio notevole, ricordato nella storia dell’architettura, è un distributore di benzina in Corso Marconi, cento metri a ponente dell’incrocio con Via Padre Semeria (foto 4). Le imprese Sparite rapidamente le imprese storiche, emersero molti improvvisati costruttori-imprenditori, che rivelarono notevoli doti di intraprendenza, ma non altrettanto gusto architettonico: fra essi, Alberelli, Barabino, Bertolo Bonino, Fassola, Gavino, Gonella, Mangolini, Patrone, Zurzolo. Da un punto di vista economico, l’impresario era anche imprenditore, nel senso che costruiva in proprio un edificio e lo vendeva direttamente al pubblico suddiviso in alloggi. L’iter era particolare: il costruttore comprava dal contadino il terreno in cambio di uno o più alloggi, poi commissionava agli artigiani (idraulico, elettricista, piastrellista, pittore, ecc.) le opere di finitura sempre in cambio di alloggi; a volte il baratto era operato anche con il progettista. Iniziati i lavori di scavo, cominciavano ad affluire i compratori che versavano una quota del costo dell’alloggio, finanziando così la costruzione. In genere il costruttore eseguiva in proprio i lavori strutturali. A fine lavoro rimaneva all’imprenditore una parte più o meno rilevante del costruito, secondo le sue capacità imprenditoriali. Il sistema funzionò finché fu sorretto da una sostanziosa domanda e finì bruscamente quando cessò l’aumento della popolazione e degli acquirenti delle seconde case, generando qualche fallimento. Le opere pubbliche Fra le opere pubbliche, vanno ricordate: il completamento della Via Martiri della Libertà; la costruzione della Via Padre Semeria al servizio della grande zona floricola di Coldirodi-Solaro (Maiga e Del Gratta); l’autostazione di Piazza Colombo (SantagostinoCamus); il viadotto di Via Francia sopra la Via S. Francesco per opera dell’ing. Maiga e l’inizio dei lavori di modifica del tracciato del torrente S. Romolo, nella zona della Ciapela, preludio alla costruzione del nuo-
8/
Block Notes n.7
4. Il distributore di carburanti in Corso Marconi
vo mercato Annonario. Una curiosa opera pubblica al contrario fu la tentata demolizione notturna della Torre Saracena, in Piazza Mercato, fortemente voluta dall’ing. Parodi e vanificata dall’intervento della Polizia chiamata dai cittadini. L’ingegnere capo Taroni si addossò immeritatamente tutte le colpe e la cosa fini lì. L’opera più importante, privata, ma con valenza pubblica, fu la costruzione negli anni ’50 del complesso Cinema Teatro Ariston, dovuto alla capacità e alla preveggenza del Comm. Vacchino. Contro la costruzione si coalizzò una forte resistenza di potenti personaggi che vedevano nell’espansione di Vacchino una minaccia per i loro statici interessi, ma vinsero l’entusiasmo e la determinazione del costruttore del futuro tempio della musica leggera. La miope resistenza al nuovo da parte dei commercianti che hanno una posizione economica favorevole, spesso solo ereditata, è una costante della vita sanremese e un aspetto di certa sua grettezza; si ripeterà più volte, anche contro le pedonalizzazioni o i sensi unici nelle strade commerciali (ad esempio Corso Garibaldi e Via Matteotti) e spesso sarà vincente, impedendo o rallentando lo sviluppo economico della città.
3. GLI ANNI SESSANTA La situazione generale Nel decennio 1960–1970 continuò il miracolo economico dell’Italia e con esso lo sviluppo edilizio della città seppur con un sensibile rallentamento negli ultimi anni. La legge 765 del 1967 limitò il volume costruibile a 3 metri cubi per metro quadro di lotto. La norma sulla limitazione del volume entrò in vigore un anno dopo, 1968, e segnò la fine dell’edilizia intensiva a Sanremo. Le norme edilizie Il 9 aprile 1960 entrò in vigore il primo Piano Regolatore Generale di Sanremo. Redatto dal prof. Morini, docente a Torino, era il risultato dello scarso livello di cultura, soprattutto urbanistica, della città: pianificava uno sviluppo a macchia d’olio, senza un’adeguata struttura di attrezzature pubbliche, salvo una zona in Valle Armea, una circonvallazione a monte dotata di viadotti e gallerie molto imprecisi e del tutto irrealizzabili e una cintura sul lungomare costituita da una strada di grande circolazione. Inoltre era prevista una ferrovia a monte con sbocchi imprecisati nelle valli del San Francesco e del S. Romolo. Nell’entroterra era indicata una serie di strade tracciate in modo del tutto approssimato, senza tener conto dell’orografia dei luoghi. Il Mercato dei Fiori fu previsto (e purtroppo realizzato) nel pieno centro cittadino, in spregio a qualsiasi considerazione urbanistica e anche al mero buon senso. Per l’edilizia privata si riservava un’espansione incontrollata, nel solco delle indicazioni del vecchio Programma di Fabbricazione. I volumi edificabili erano previsti con grande e colpevole larghezza: 7,5 metri cubi per metro quadro di lotto nelle grandi zone intensive, concentrate soprattutto nelle valli del San Romolo e del San Francesco; 4,5 metri cubi per le zone semintensive; 2,5 nelle zone semiestensive; 2 nelle zone estensive. Nelle zone floricole era limitata la superficie coperta (1/5) e l’altezza (3/2 della distanza dai confini). Gli indici di edificazione ammessi erano altissimi e non potevano che portare a un’edificazione selvaggia. Nessuna particolare norma era dettata per garantire un minimo di aree di sosta e parcheggio, nonostante lo sviluppo della circolazione automobilistica fosse già in fortissima espansione. Nulla era previsto per le spiagge e le altre attrezzature balneari e turistiche, salvo una non ben specificata area verde a Pian di Nave. Nulla per il porto. Il Piano Morini fu il principale responsabile del degrado edilizio di Sanremo. L’amministrazione comunale Negli anni ’60 si susseguirono quattro Sindaci, tutti democristiani: Fusaro, Cugge, Viale, Lolli. La direzione effettiva dell’edilizia privata e pubblica passò dalle
mani dell’anziano ing. Parodi a quelle dell’ing. Goya, socialdemocratico, che divenne anche uno dei più richiesti professionisti della città. L’amministrazione si adoperò a favorire in ogni modo lo sviluppo senza limiti, peraltro col consenso dei cittadini che continuavano a sostenerla, senza preoccuparsi dei pur numerosi problemi che stavano sorgendo specie riguardo al traffico e arrivando a rifiutarsi di intervenire per rendere obbligatoria la costruzione di parcheggi nei nuovi edifici, come fu richiesto da qualche voce isolata. L’edilizia privata Durante gli anni ’60 furono costruite a Sanremo abitazioni per 3.500.000 di metri cubi, che si aggiunsero ai tre milioni costruiti dalla fine della guerra. Se si pensa che il patrimonio edilizio di Sanremo negli anni Trenta non superava i 5 milioni di metri cubi, si ha un’idea dell’espansione della città, che vide il raddoppio dei suoi abitanti, da 30.000 a 60.000, oltre agli ospiti non residenti. Le case furono ammassate una all’altra senza lasciare spazi liberi; la forma degli edifici, anche di grandi dimensioni, era dettata dalla forma del lotto di terreno disponibile; tutti gli artifici erano messi in opera, col consenso e l’indirizzo dell’amministrazione comunale, per accrescere i volumi edificabili: i bow-windows, che potevano occupare un terzo della facciata, e gli attici, fino a due terzi della superficie di spiccato, non erano computati nel volume; cortili e chiostrine di ogni genere permettevano la realizzazione di alloggi malsani e scarsamente igienici; le automobili dei residenti venivano ammassate lungo le strade, al punto che si dovette ridurre a senso unico la Via Galileo, unica circonvallazione cittadina. E tutto ciò nel rispetto del Piano Regolatore che aveva disciplinato lo scempio urbanistico. Un’altra interpretazione voluta dall’amministrazione comunale fu il computo delle altezze dalla strada più alta, per cui si edificarono case di dieci piani a valle ad esempio delle Vie Borea o Martiri, misurando l’altezza di sedici e cinquanta o diciotto metri dalla strada. Un esempio lampante di questa sciagurata interpretazione è un edificio in Via Borea (foto 5). Fortunatamente Il grosso degli interventi intensivi si concentrò in Via Martiri, nella parte bassa della Via Agosti, nella Via Galileo e all’inizio di Via della Repubblica, oltre a interventi 5. L’edificio in Via Borea. Block Notes n.7
/9
ligure fu perpetrato a Capo Nero, dove un ambiente unico di rocce a picco sul mare e minuscole spiaggette nascoste, grotte e fondali cristallini fu raso al suolo per far posto a una vera e propria colata di cemento (foto 6). Le costruzioni che contornano l’agghiacciante piscina sono dell’arch. Daneri di Genova e hanno un certo valore architettonico, ma hanno trasformato irreversibilmente l’aspetto paesaggistico del Capo. 6. Capo Nero prima dell’intervento
sparsi. In generale l’edificazione nelle zone più periferiche, come Corso Inglesi e Foce fu meno selvaggia, con palazzine isolate spesso di aspetto decoroso. A monte Bignone sorge un fabbricato-mostro nato come albergo e rimasto allo stato grezzo per decenni. Purtroppo un’interpretazione restrittiva della legge casa regionale ne impedisce la demolizione. Alcune imprese, fra cui Marchetti, Schieroni e Santagostino, realizzarono edifici di buona qualità, importando costruttori e progettisti preparati dalle città da cui provenivano (Pavia, Milano e Torino). Ma il più grande sfregio alla bellezza della città 7. Lo sbocco della galleria Francia in Piazza Mercato.
10/
Block Notes n.7
I professionisti e le imprese Oltre ai professionisti già affermatisi negli anni ’50, prestarono la loro opera a Sanremo alcuni giovani, fra cui l’ing. Amoretti, soprattutto strutturista e poi tecnico del traffico, gli ingegneri Barabino, Antonio Canepa (junior), Emanuelli, Giordano, Revelli, Tomasi, gli architetti Opassi e Lorenzetti. Alle imprese locali che già operavano a Sanremo (Alberelli, Barabino, Bertolo Bonino, Fassola, Gavino, Gonella, Mangolini, Patrone, Zurzolo) si aggiunsero Marzocco che iniziò con il grosso complesso a cavallo dello sbocco della galleria Francia su Piazza Mercato (foto 7) (strutturista ing. Amoretti), che poi si trasferì
a Montecarlo dopo il rapimento del figlio del titolare, Claudio, oggi ingegnere e importante impresario; Cilli, Selmi, De Francisco, Marchetti, Schieroni, Santagostino, le ultime tre con esiti architettonici molto superiori alla media. L’impresa Melandri invece si distinse per le sue costruzioni di non elevato livello architettonico in Via Agosti e Galileo, fra cui spiccano il mini grattacielo Pirelli e la casa-su-un-pilastro (foto 8). L’edilizia pubblica o privata con valenza pubblica Gli interventi principali furono: Il Mercato dei Fiori, colpevolmente realizzato in pieno centro (Corso Garibaldi) in spregio alle più elementari regole urbanistiche, costituì per molti anni un intralcio insopportabile per il traffico urbano e una pessima soluzione per il commercio dei fiori. Portosole, uno dei principali motori del turismo sanremese, fu realizzato grazie alla costanza di Martolini e Piras, anche se col sacrificio delle spiagge centrali. Lungomare delle Nazioni, intervento molto utile, progettato dall’ing. Tomasi e dall’arch. Opassi. Il Mercato Annonario, in piazza Mercato, intervento lodevole sia dal punto di vista architettonico che urbanistico, con relativa modifica del tracciato del torrente Sanromolo. La sistemazione di Piazza Eroi Sanremesi con parcheggio a raso. La costruzione dell’invaso per l’irrigazione del Campo del Golf, su progetto dell’ing. Tomasi. La costruzione del Tribunale. La fine dell’espansione intensiva La legge 6 agosto 1967 n. 765 stabilì il divieto di costruire con un indice superiore a 3 metri cubi per metro quadro di superficie di lotto e, di fatto, pose fine all’espansione violenta del centro cittadino. Da allora l’edificazione, il cui ritmo era andato già di per sé calando, si limitò a palazzine nelle aree di contorno e villette nella zona floricola travestite da case rurali. Per addolcire la pillola ai costruttori edili, nella legge era stata inserita all’ultimo momento la clausola che la limitazione al volume sarebbe entrata in vigore solo dopo un anno, cioè nell’agosto 1968. Ciò ovviamente determinò una corsa allo sfruttamento degli ultimi terreni accessibili rimasti in zona intensiva: nei dodici mesi disponibili furono presentati moltissimi progetti, che dovettero essere tutti esaminati entro la data di scadenza, nell’agosto 1968. Nel frattempo si era verificata una rivoluzione politica a livello nazionale: l’avvento del centro-sinistra, con il Partito Socialista. A Sanremo erano in amministrazione l’ing. Goya, socialdemocratico, assessore all’Urbanistica e all’Edilizia, nonché Presidente della Commissione Edilizia e l’ing. Del Gratta, socialista, vicesindaco e membro della Commissione Edilizia.
8. La Casa Melandri in Via Galileo
Cogliendo l’occasione dal superlavoro della C.E. dovuto all’approssimarsi della scadenza dell’agosto 1968, ma con l’evidente fine politico di colpire la Giunta di centro–sinistra, i consiglieri comunali Allione, del Movimento Sociale e Rovere, liberale - approfittando anche di una diffusa atmosfera di ostilità per alcuni ingegneri che occupavano un ruolo di monopolio professionale grazie alla loro posizione politico–amministrativa - accusarono l’assessore Goya e il vicesindaco Del Gratta di aver favorito i propri progetti nell’ordine di esame in commissione. Ne nacque un’inchiesta e una lunga e approfondita indagine giudiziaria a carico dell’intera commissione edilizia, condotta dal PM Fortunato con i periti ing. Canepa senior e geom. Pistone. Durante il processo, giudici Burlo e Genesio, visti in dettaglio i progetti esaminati dalla commissione in quegli anni a confronto con quelli degli altri professionisti, si stabilì che essi erano conformi al famigerato Piano Regolatore Morini e che la durata degli iter dei procedimenti era stato uguale per tutti e di conseguenza gli imputati furono assolti con formula piena. Tuttavia la carriera politica degli ingegneri Goya e Del Gratta fu bruscamente interrotta. La vicenda privata del procedimento giudiziario non sarebbe interessante se l’approfondita indagine, durata anni, non fosse diventata involontariamente uno studio sulla cosiddetta “cementificazione” della città. Le risultanze dell’indagine furono chiare: le costruzioni realizzate a Sanremo in vigenza del Piano Block Notes n.7
/1 1
Morini sono state sostanzialmente conformi alle norme. Le irregolarità furono dovute soprattutto al fatto che la norma considerava i piani alti tre metri, da cui un’altezza totale di 6x3=18 metri; in realtà l’altezza dei piani non poteva essere minore di 2.80+0.25=3.05, da cui un totale di 18.30 metri. Poiché in realtà l’aumento di altezza di qualche decina di centimetri non costituiva un aggravio del carico urbanistico, si sorvolò tacitamente sull’irregolarità che colpiva praticamente tutte le case in zona intensiva. Si noti che, per realizzare il piano negozi, più alto dei piani d’abitazione, si giunse ad abbassare il piano terra rispetto al livello stradale. Ne è esempio eclatante dal punto di vista dell’estetica, il palazzo all’incrocio di Corso Cavallotti con Via della Repubblica (progetto ing. Goya). In qualche caso si ruppero i fondi delle volterrane del
soffitto, in modo da poter guadagnare qualche centimetro nell’altezza interna. Un’altra irregolarità sostanziale, pur se formalmente corretta, è costituita dalle interpretazioni delle norme urbanistiche dettate dall’amministrazione comunale: la più stridente è quella che consentiva di misurare l’altezza dei fabbricati partendo dalla strada più alta e non già dal reale terreno circostante la casa. Ne derivò ad esempio che le costruzioni realizzate a valle di Via Galileo o Via Borea (foto 5) hanno otto-dieci piani, pur misurando formalmente un’altezza di 16.50 o 18 metri. Si può affermare perciò che, con un’approssimazione del 90%, le norme urbanistiche del Piano Morini furono rispettate, con la complicità delle interpretazioni fornite dall’amministrazione comunale.
10. La Palazzina per uffici della ditta Ghersi (Pancotti)
11 La Casa Zirio (Marsaglia)
12/
Block Notes n.7
4. DAL 1968 AL 2000 Le norme urbanistiche Il 27 maggio 1980 è approvata la variante integrale del Piano Regolatore Generale voluta dal nuovo Assessore all’Urbanistica ing. Stefano Accinelli e firmato dall’avv. Alberti, dall’ing. Cetica, dall’arch. Dominicis e dall’arch. Moras, espressione della Giunta di centro-sinistra e sostenuto ufficiosamente dal PCI in forza del compromesso storico. Il PRG si limita a definire come “zona A” - inedificabile - il centro abitato già saturo e come “zone B” - di completamento - quelle di contorno parzialmente edificate (le vecchie semintensive e semiestensive) il cui completamento è però demandato a imprecisati e nebulosi Piani Particolareggiati, in effetti mai realizzati. Lascia la possibilità di costruire nelle vecchie zone floricole con la solita foglia di fico della conduzione agricola del fondo. Prende atto delle opere pubbliche nate dopo il Piano Morini. Ripropone un’assurda strada di cornice la cui realizzazione si rivelerà impraticabile e la cui previsione sarà superata dall’avvento dell’Aurelia bis e conserva la strada carrabile sul lungomare. Infine, bloccata l’edificazione con l’obbligo dei piani particolareggiati, concede poche lottizzazioni che saranno poi assegnate, con rigorosa applicazione del Manuale Cencelli, alla DC le migliori, al PSI la C2 (Solaro), al PCI la Villa del Sole nella zona del Campo Sportivo, ecc. Dieci anni dopo il Piano scade e dovrebbe essere sostituito da un vero strumento urbanistico adeguato ai tempi, ma nessuna delle amministrazioni susseguitesi riesce nell’intento o, meglio, non ne ha l’intenzione. Ci vorranno altri 25 anni perché finalmente si intravveda possibilità e soprattutto la volontà di portare a compimento il Piano Urbanistico Comunale. I Sindaci sono: Pancotti (l’unico che allora, per la sua cultura professionale, avrebbe potuto essere attento alle necessità urbanistiche della città, fu subito defenestrato da una congiura di palazzo con la scusa di avere un contenzioso economico con il Comune), Parise, Rovere, Vento, Pippione, Lanza, Canessa, tutti
democristiani o alleati (liberali, repubblicani), Oddo (Lega), Bottini (Forza Italia), Borea (Democratici), Zoccarato (Forza Italia), Biancheri (democratici). L’edilizia privata Lo sviluppo edilizio si concentra sulla realizzazione delle lottizzazioni e sulle costruzioni di ville in zona floricola. Ormai la popolazione non cresce più, anzi inizia il decremento che porterà verso i 50.000 abitanti. I nuovi professionisti sono gli ingegneri Accinelli, Bianchi, Delaude, Erasmi, Ferrandini, Formaggini, Masella, Pinon, Gianluigi Pancotti, Puppo, Sacco; gli architetti, Aldo Amoretti, Bracco, Calvi, Corradi, Lanteri, Maiga, Tiri, Toffolutti. Un’interessante iniziativa, volta a dotare la città di un centro commerciale in Piazza Mercato, viene politicamente affossata dal veto posto da taluni commercianti della zona che temono la concorrenza; la stessa sorte subisce il progetto di trasformare l’ormai inutile cinema Astra in un moderno centro commerciale, proposto dal gruppo Marzocco. L’ing. Marsaglia progetta il pregevole ampliamento dell’ospedale nel solco dell’architettura organica di Wright, basato sugli angoli di 30° e 60°. L’ing. Amoretti sperimenta la costruzione delle strutture multipiano d’acciaio con alcuni condomini. Il vantaggio dell’estrema rapidità di costruzione è però compensato dalla necessità di una manodopera particolarmente specializzata a causa della complessità del lavoro di finitura. L’acciaio sarà utilizzato solo in casi particolari quando necessita leggerezza e grande rapidità d’esecuzione, come gli ampliamenti del Teatro Ariston e dell’albergo Royal. Il livello generale delle costruzioni e dell’aspetto estetico cresce; si notano alcuni edifici pregevoli: la palazzina per uffici della ditta Ghersi in zona Brise (foto 10), progettata dall’ing. Pancotti; la Casa Zirio dell’ing. Marsaglia al Rondò Francia (foto 11), ottima quanto a scelta architettonica, ma in stridente contrasto con l’ambiente preesistente; la Clinica Athena, sempre di Marsaglia; tre condomini alla Brise a firma Santagostino; il distributore di carburanti di padre Semeria (foto 12) e l’ampliamento del cimitero Ar-
12. Il distributore di Via P. Semeria (Aldo Amoretti e Marco Calvi)
Block Notes n.7
/1 3
mea (foto 13), premiato da Architectural Rewiew e dalla Royal Academy of Archiecture, degli architetti Aldo Amoretti e Marco Calvi; le palazzine di corso Trento e Trieste (foto 14), e così via. In generale dagli anni ‘60 il livello architettonico delle costruzioni cresce rapidamente, specie nella zona di Via Padre Semeria, dove però nessuna amministrazione si cura di predisporre una decente viabilità per una strada che era nata per la frazione di Coldirodi e si trova a servire l’autostrada e un intero quartiere di seconde case. L’ampliamento del Teatro Ariston costituisce un punto di forza dell’economia sanremese: alle due sale esistenti sono aggiunte altre quattro sale, riunendo in un unico centro una grande capacità d’intrattenimento, utilizzata soprattutto in occasione del Festival della Canzone, ormai legato stabilmente al nome di Sanremo e di Ariston. Anche il Centrale e il Tabarin saranno presto completamente rinnovati, grazie all’impegno della Famiglia Vacchino. Laddove l’edilizia residenziale è stata guidata dalla mano pubblica si sono verificati solo disastri: la zona ex IACP di S. Martino è un esempio di ghettizzazione e cattiva urbanizzazione (basti pensare alla strada di collegamento con la Via Duca degli Abruzzi, con una pendenza da strada mulattiera); la zona C2 di San Lorenzo che appare più il frutto di sperimentazioni architettoniche e urbanistiche improbabili piuttosto 13. L’ampliamento del Cimitero Armea
14/
Block Notes n.7
che il risultato di ponderate scelte pianificatorie; le lottizzazioni degli anni ‘80 hanno prodotto la Rosa dei venti e la Villa del Sole, che, al di là delle scelte architettoniche che possono aver avuto esiti decorosi, sono aberranti da punto di vista pianificatorio. L’edilizia pubblica L’opera pubblica di gran lunga più importante è il nuovo Mercato dei Fiori, finalmente edificato in una zona adatta: Valle Armea. Il progetto ha il solo difetto di essere faraonico e costoso, in rapporto alla produzione floricola sanremese al tramonto, specie a causa di un’enorme luce senza pilastri, inutile per un mercato. Altri importanti interventi sono: le arterie viarie di fondovalle ricavate dalla copertura dei corsi d’acqua (nell’ottica dell’urbanistica ottocentesca erano state previste rettilinee, con una vera ferita al paesaggio; fortunatamente, per meri motivi economici, sono state realizzate seguendo le sinuosità naturali dei terreni e perciò molto meglio raccordate all’ambiente); le nuove carceri, cioè la Casa Circondariale; il depuratore a mare; il progetto integrato “Pigna-mare”; il parcheggio multipiano di Piazza Colombo, realizzato da Marzocco- Pontello con progetto dell’arch. Piana e dell’ing. Amoretti e quello, meccanizzato, di Via Volta, che risolvono gran parte del problema della sosta in centro; il viadotto sopra la Via S. Francesco degli
14. Le palazzine in Corso Trento e Trieste
ingegneri Pancotti e Bianchi che costituisce l’importante svincolo per l’ospedale; la caserma dei Vigili del Fuoco; il parcheggio dell’ospedale; la stazione ferroviaria vagamente lecorbusieriana e del tutto fuori scala, tant’è che è ancora in gran parte inutilizzata; il complesso scolastico di Villa Magnolie; il metanodotto di ponente; l’inizio del recupero del forte di Santa Tecla. E’ intanto completato Portosole, opera importantissima, che ha causato purtroppo la rinuncia all’affaccio della città sul mare e l’eliminazione di alcune spiagge storiche. Sarà in ogni caso un successo: in breve tempo si riempirà di numerose imbarcazioni di lusso, portando benessere e occupazione a molti sanremesi. Insieme al Porto viene realizzata una grossa struttura che dovrebbe diventare un albergo a cinque stelle e invece rimarrà per decenni a deturpare il paesaggio. Realizzata con il terreno di risulta delle gallerie dell’Autostrada dei Fiori, s’inizia a sistemare la gettata di Pian di Poma, che diventerà un importante polo sportivo. Purtroppo le scogliere di protezione sono realizzate molto in ritardo con riduzione della superficie del comprensorio e danni all’ambiente marino. La costruzione del primo tratto dell’Aurelia Bis, libera finalmente la città dalle code di un’ora per en-
trare in Sanremo da levante, mentre la corsia preferenziale per i bus a Villa Helios e la rotatoria del rondò Garibaldi snelliscono la circolazione urbana. Importante opera per il traffico cittadino è il sottopasso delle Poste. Alcuni stabilimenti balneari nascono sul Lungomare delle Nazioni, mentre si sistema finalmente la Strada Tre Ponti, al servizio di un’importante zona balneare. Manca invece quasi del tutto una soluzione al problema delle scuole, spessissimo ospitate in vecchi edifici prive di molte garanzie di sicurezza. Negli ultimi anni del secolo il sedime della vecchia ferrovia viene finalmente recuperato alla città con l’importante Passeggiata Pedonale Ciclabile, dovuta al forte impegno della Regione e dell’architetto Gaggero, che riesce a realizzare un’opera unitaria superando gli egoismi dei singoli Comuni (a Sanremo si sarebbe voluto dai più una strada di traffico veloce) e che, assieme all’Autostrada dei Fiori, alla Ferrovia a Monte e all’Aurelia Bis restituisce alla città il suo alto livello di attrezzature turistiche. L’ultima opera importante è la sistemazione del bacino idrografico del Sanromolo e del San Francesco, con il raddoppio del torrente alla foce, per scongiurare pericoli di alluvioni.
Block Notes n.7
/1 5
5) CONCLUSIONE La storia di Sanremo è segnata da due eventi tecnologici: il treno e il jet. Il primo permette ai nobili del Nord Europa e della Russia di raggiungere il sole di Sanremo e ai fiori di Sanremo di raggiungere le brume del Nord; da qui nasce il secolo d’oro della città. Il secondo, permettendo di arrivare ai Tropici in poche ore, chiude definitivamente la stagione sanremese del turismo di lusso. L’edilizia è un indice chiarissimo della vicenda storica di Sanremo: la crescita veloce, ma controllata dalla cultura borghese della fine dell’Ottocento e del primo Novecento, le opere pubbliche del periodo fascista, lo sviluppo incontrollato e volgare del dopoguerra, la stasi della fine del secolo. La pubblica amministrazione ha rinunciato colpevolmente per molti anni a guidare lo sviluppo edilizio della città con una totale inerzia riguardo alla pianificazione, manifestata in maniera evidente con il rifiuto della revisione di un piano regolatore che di per sé aveva già rinunciato a pianificare, lasciando ogni decisione a fantomatici piani particolareggiati che tutti sapevano non sarebbero mai stati né progettati, né tanto meno realizzati. Le principali opere con effetti positivi sono state fatte al di fuori di ogni previsione di piano e per di più con l’opposizione di alcune categorie di operatori economici più intenti a difendere interessi consolidati di bottega, piuttosto che intravvedere, con un minimo di lungimiranza, le opportunità e i possibili sviluppi positivi. Una delle poche scelte urbanistiche, quella di vietare di fatto l’insediamento di attività commerciali in Valle Armea (per timore di toccare posizioni di rendita acquisite) è stata disastrosa, come è risultato evidente dallo sviluppo che ha avuto invece il vicino comune di Taggia. Quali prospettive si presentano ora? Il Casino è destinato a un lento declino, minato dal proliferare del gioco d’azzardo ormai legale in ogni bar e tabaccheria e ancor più dal gioco on line; la floricoltura è rappresentata dalle serre che arrugginiscono in mezzo a terreni abbandonati e incolti; l’unica vera possibilità, l’unica vera vocazione del territorio resta il turismo, sostenuto anche dall’incomparabile clima. La crisi economica del 2000, che sembra destinata a mostrarsi una crisi strut-
16/
Block Notes n.7
turale e duratura, non consente di prevedere la realizzazione di grandi opere pubbliche. Tuttavia Sanremo possiede le strutture essenziali: porto turistico, lungomare pedonale, autostrada urbana, ferrovia a monte e grandi strutture che, come il mercato dei Fiori, possono essere riconvertite. E il turismo può essere attirato, oltre che da intelligenti manifestazioni, da una politica edilizia di alto livello, difficile da inventare, ma possibile. La storia recente dell’urbanistica sanremese ci ha insegnato a ripudiare da un lato i falansteri di Via Martiri, dall’altro la rapallizzazione delle colline. Sembra perciò che il futuro possa portarci la riconversione delle zone deteriorate nell’abitato e, sulle colline, un mix di floricoltura, nei limiti del suo rimanente potenziale economico, e di un’edilizia sostenibile. Solo così potrà essere evitato il progressivo degrado e infine l’abbandono dell’entroterra sanremese. In effetti il destinare esclusivamente le colline di Sanremo alla floricoltura fa sorgere qualche preoccupazione perché i possibili scenari sono solo due: floricoltura in pien’aria, ottima dal punto di vista paesaggistico e tradizional-sentimentale, ma assolutamente impossibile da realizzare economicamente e che si tradurrebbe presto in una distesa di terreno incolto, senza alcuna regimentazione idraulica, con le fasce in dissoluzione (un alto prezzo per una politica peraltro forse giusta, di salvezza a ogni costo del territorio non urbanizzato, da mettere da parte per possibili utilizzazioni future); l’altro scenario: una floricoltura efficiente dal punto di vista economico, ma tutta in serre climatizzate, con conseguente copertura totale di vetro, tempo di corrivazione dell’acqua misurato in minuti e inquinamento atmosferico da riscaldamento. Un altro insegnamento della storia recente della città è che l’urbanistica che pretende di dirigere dall’alto lo sviluppo della città è destinata a fallire: tutti gli strumenti urbanistici dirigistici non solo di Sanremo sono rimasti lettera morta, mentre la città andava avanti, purtroppo senza alcuna guida. Certamente è molto difficile guidare lo sviluppo edilizio di una città senza usare i facili strumenti della coercizione; forse con un’intelligente politica di incentivi e di azioni soft, ci si potrebbe avvicinare allo scopo.
Block Notes n.7
/1 7
Federazione Regionale degli Ordini degli Ingegneri della Liguria
18/
Block Notes n.7