Viadotto Polcevera
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Professione
Il Project Manager “motore” del cantiere
Studenti di Ingegneria da Liverpool a Genova
“Da Leonardo alla Luna” corsi affollati al Politecnico
Il RUP, un ruolo da valorizzare nella P.A.
ISSN 2611-2337
REGISTRATO NEL 1949
n. 1 I gennaio-marzo 2020
Atti e Bollettino di informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria
L’INGEGNERIA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS TRA LAUREE ONLINE E RIVOLUZIONE 5G
Modello Genova: ora fa scuola in Italia, come si può migliorare
Inarcassa: 16-26 marzo, si vota. Gli ingegneri genovesi candidati
Trimestrale di informazione a cura dell’Ordine degli Ingegneri di Genova
Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento PostaleDL353/2003(Conv.InL.27/02/04)Art.1Comma 1-MP-NO/TRIMESTRALE-GENOVAANNOLXXI-N.1/2020
il rullo di Rolli
Stefano Rolli Vignettista satirico
PENNA, INCHIOSTRO E CALAMAIO 4.0 Giusto per capirci, è come se durante un Campionato del mondo di Formula 1, nel cambio delle gomme ai box, i tecnici raccomandassero al pilota, prima di farlo di partire, di andare piano per non sforzare la nuova auto supertecnologica. Più o meno la stessa logica che si ritrova nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico 15 dicembre 2017 n. 547750, dedicata agli «investimenti in determinati beni strumentali (materiali e immateriali) funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello c.d. “industria 4.0”», laddove si prevedono deduzioni fiscali e aiuti a chi ha investito
o investe anche somme consistenti per digitalizzare la propria impresa. La circolare, firmata digitalmente, mostra il volto moderno e avanzato dello Stato e fa ben sperare nella sua capacità di guidare la modernizzazione soprattutto nel terziario. Ma la circolare fa ancora di più: approva anche i tre moduli di perizie giurate da allegare alle richieste delle aziende interessate, con tanto di schema di giuramento tradizionale cartaceo da eseguire, dopo immancabile coda, con firma e timbro inchiostrato dal tribunale. Proprio come gli improbabili tecnici di Formula 1, insomma: da un lato si spara alto
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sostenendo la norma per la “trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello c.d Industria 4.0”, dall’altro si richiede una perizia per la quale i professionisti che già si sono trasformati tecnologicamente e normalmente operano in digitale, devono ex lege tornare alla carta e ai vecchi timbri inchiostrati... Eppure per i danni della mareggiata del 2018, già si chiedevano “perizie asseverate” firmate digitalmente, senza più giuramenti autenticati a mano da terzi dopo viaggi, parcheggi, code, identificazione e… un colpo di timbro. G. San.
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l'edito riale
Felice Lombardo Direttore editoriale “A&B”
“LAVORARE PER IL RISULTATO” HA FUNZIONATO ANCHE IN FRIULI, PER LA HAVEN E IN MOLTI ALTRI CASI
IL MODELLO GENOVA E IL VALORE DEL “METODO PRESTAZIONALE” Sentiamo spesso parlare in questi giorni del “modello Genova”, termine coniato dalla politica per rappresentare un riferimento di “buona amministrazione” in grado di affrontare e risolvere ogni male endemico che affligge questo nostro bistrattato Paese. È bene chiarire che questa sorta di esempio virtuoso che si è miracolosamente materializzato in una delicata fase emergenziale per la nostra città, non è stato volontariamente codificato in un decreto, anche se va unanimemente riconosciuto che è frutto di un atto del governo. Esso costituisce una sorta di alchimia che ha animato le istituzioni chiamate responsabilmente a dover corrispondere - nei giusti tempi e modi, in onore delle 43 vittime e del dolore dei loro cari, dei cittadini sfollati e nei confronti della città di Genova e dell’intero Paese - alle aspettative della ricostruzione in ragione dell’importanza che il collegamento autostradale rappresenta. Costruire un viadotto che sostituisse il “ponte Morandi”, dovendone prima demolire e smaltire i resti dopo il tragico crollo - che, si ricorda, erano tutti sotto sequestro e in parte lo sono ancora - sembrava un’impresa titanica, non tanto dal punto di vista della progettazione e realizzazione, ma per tutte le fasi propedeutiche che sottendono l’assegnazione e l’avvio di una qualunque opera pubblica nel nostro Paese. Lungi da me l’intenzione di voler dunque diminuire i meriti di chi ha posto in essere il “modello”, ma a mio modestissimo parere, confortato da un’analoga esperienza commissariale personalmente vissuta una trentina di anni fa, quando ancora non esisteva il Dipartimento della Protezione Civile, gli esempi tipo “modello Genova” erano già una realtà. Come non citare ad esempio i formidabili risultati ottenuti dal “modello Friuli”, grazie alla sapiente regia dell’allora Commissario Zamberletti, artefice di una riuscita gestione dell’emergenza e ricostruzione post terremoto in Friuli? Quel modello fu poi assunto quale esempio per l’organizzazione del nostro sistema di Protezione Civile che, ahimè, come tutte le cose che in Italia funzionano, fu “fagocitato” dalla politica al punto da vanificarne tutti i trascorsi meriti. E come non citare, doverosamente, il “modello Haven”? Anche qui un ricordo personale di come l’allora Commissario Alati intervenne coordinando le istituzioni chiamate ad offrire il proprio contributo alla risoluzione in uno dei casi di inquinamento più tragici della storia della marineria mercantile e che, grazie alle sinergie fra le istituzioni, diede modo di limitare i danni all’ecosistema marino e all’economia turistica della Liguria. In quel caso, come per il ponte Morandi, mi piace ricordare come i Vigili del Fuoco di Genova rivestirono un ruolo fondamentale in termini di decisioni e di interventi effettuati, segno che, quando le circostanze lo richiedono, ogni istituzione offre il proprio contributo con il massimo spirito di abnegazione e di efficienza. Mi sembra dunque chiaro il richiamo che i massimi vertici istituzionali rivolgono al modello Genova, la cui efficacia, come nei precedenti casi citati, ritengo sia in primis frutto dell’azione svolta dai novelli “Cincinnato” nominati Commissari straordinari, i cui meriti sono equamente da attribuire ai collaboratori della struttura operativa da loro scelta. Sia ben chiaro che il modello Genova non rappresenta uno strumento politico amministrativo in grado di poter derogare dalle norme che regolano gli appalti pubblici anche se, nel caso della ricostruzione del Viadotto Polcevera, ciò era nei poteri del Com-
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L’INTERVISTA
L’esperienza del nuovo ponte per sbloccare i cantieri con una nuova legge nazionale
Parla il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Genova, Maurizio Michelini che, su richiesta del vice Ministro Cancellieri, ha dato il proprio contributo alla stesura dell’articolato proposto al premier Conte. Ragioni del successo del “caso Genova” e necessità di sburocratizzazione normativa «Presenteremo una legge speciale che apra una finestra di tre anni per spendere 80 miliardi dei contratti di programma di RFI e ANAS. Non saranno nominati commissari diversi dagli attuali soggetti responsabili delle opere bloccate o delle stazioni appaltanti. Se le infrastrutture o i progetti hanno un impatto sul Comune, allora sarà il Sindaco a guidare la gestione commissariale, se l’impatto è di tipo regionale allora se ne occuperà il Governatore». E ancora: «Ho parlato con il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Genova, il dottor Michelini, ed è convinto che questo modello possa applicarsi a tutto il Paese». Sono estratti dell’intervista rilasciata il 3 marzo dal Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Giancarlo Cancellieri all’HuffPost, il blog edito in collaborazione con il Gruppo Espresso, in cui l’esponente politico spiega la proposta di legge presentata al governo per replicare a livello nazionale il cosiddetto “modello Genova”, che sta permettendo di ricostruire il nuovo viadotto sul Polcevera in tempi record per il nostro Paese. Il Commissario straordinario Marco Bucci, che è anche Sindaco di Genova, come è noto si avvale di uno staff di specialisti, fra i quali il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Genova, Maurizio Michelini, nella delicata funzione di Responsabile Unico del Procedimento (RUP) per l’appalto di costruzione. Lo stesso giorno, Cancellieri, in una nota diffusa alle agenzie, ha dichiarato fra l’altro che «è il momento del FARE! Genova diventerà il modello dell’Italia che si rialza, dell’Italia veloce. L’idea di una “Legge Speciale per le infrastrutture” per azzerare i tempi autorizzativi e di realizzazione delle opere pubbliche, rilancerà economia e lavoro e darà al nostro Paese infrastrutture innovative. Daremo un’immagine dell’Italia vincente anche all’estero. Questo è un momento di difficoltà per il nostro Paese, facciamolo diventare un’opportunità». Il giorno dopo è intervenuto anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alle prese con l’emergenza coronavirus, in un videomessaggio: «Per alcuni investimenti adotteremo il modello del ponte Morandi. Ricordate Genova? Quel modello ci insegna che quando il nostro Paese viene colpito sa rialzarsi, sa fare squadra, sa tornare più forte di prima. Il modello Genova deve diventare il modello Italia». Presidente Michelini, cosa vi siete detti durante l’incontro col Vice Ministro Cancellieri, che l’ha citata attribuendole la convinzione che il modello applicato a Genova possa diventare nazionaOrdine Ingegneri Genova / gennaio-marzo 2020 / n° 1
el' dito riale missario delegato. Al contrario, esso costituisce il modo di interpretare il rispetto delle norme avendo però come principale obiettivo la realizzazione dell’opera sotto l’aspetto “prestazionale”, così come previsto dalla normativa europea. Operando in tal modo, si capisce dunque quanto sia possibile ridurre i tempi necessari all’assegnazione di un’opera, poiché resta in capo al Commissario (e alla sua struttura) determinare responsabilmente in modo del tutto autonomo gli elementi che condurranno alla scelta del soggetto affidatario dell’appalto. Dunque, grande senso di responsabilità è richiesto ai Commissari che, a tal fine, devono essere scelti dalla Politica per le capacità manageriali e l’esperienza maturata nella gestione della “res pubblica”, bandendo scelte legate al “colore politico”, “premi di devozione” o “di fine carriera”, che avrebbero come duplice negativo risultato il rovinoso fallimento dell’intervento e i conseguenti danni economici che l’allungamento dei tempi di realizzazione inevitabilmente comportano. Se il modello Genova viene interpretato in questo modo, ritengo si possano ottenere ottimi risultati soprattutto laddove gli iter burocratici si intrecciano rovinosamente producendo inevitabili congestioni in occasione del rilascio delle autorizzazioni amministrative. Giova ricordare come, proprio in questo caso, si sia saputo corrispondere appieno alle aspettative riguardo l’interesse pubblico nel rispetto sia dei termini di realizzazione dell’opera sia della normativa ambientale. Caso emblematico è rappresentato dall’allarme lanciato dai media di tutta Italia per i rischi derivanti dalla possibile presenza di fibre d’amianto nella struttura da demolire, che hanno addirittura ipotizzato indispensabile evitare l’uso degli esplosivi, procedere allo smontaggio meccanico pezzo per pezzo e trasportare tutto in Germania. Certo che una simile soluzione avrebbe messo al riparo il Commissario dalle responsabilità e dalla pressione dei cittadini spaventati. Facili gli slogan: la sicurezza prima di tutto, le cautele non sono mai troppe, prima la salute poi il resto, e poco importa se sarebbero aumentati a dismisura tempi e costi. Ciò che invece è stato fatto è noto a tutti: una campagna di indagine, monitoraggio e valutazione del rischio, che ha dimostrato l’assenza di pericolo e ha consentito di fare ciò che tutto il mondo ha riconosciuto come una delle più spettacolari demolizioni della storia. Strano che nessuno si sia domandato come sia possibile che, con un regolamento di classificazione valido in tutti i Paesi UE, il medesimo materiale possa essere considerato in Italia come rifiuto pericoloso da impacchettare e allontanare, mentre in Germania come risorsa preziosa da recuperare. Questo è solo un esempio, ma chiarisce come sia impossibile operare con metodo scientifico e buon senso senza una legge speciale che consenta di derogare, non certo dai principi di tutela dell’ambiente e della salute, ma dalla burocrazia e dai dubbi interpretativi del nostro diritto interno, che vanno addirittura contro i valori tutelati, perché trasportare “cautelativamente” in Germania dei rifiuti non pericolosi costituisce sì un grave danno per l’ambiente. Mai, come in questo caso, le istituzioni hanno contribuito sinergicamente all’operatività e all’efficacia di quello che è stato definito “modello Genova”. Oggi, mutuare questa sorta di “modus operandi” in altre realtà, come, ad esempio, per le opere portuali e le infrastrutture di trasporto, è ciò che viene auspicato da più parti. Ecco, dunque, in estrema sintesi, cosa rappresenta il “modello Genova”, posto che non sia possibile definire un’architettura valida in ogni contesto; esso non è altro che uno strumento che il cittadino avverte come un doveroso esempio di risposta dell’Amministrazione alle sue giuste aspettative.
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le, al punto che la proposta in pochi giorni è finita sul tavolo del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte? Quando il Vice Ministro Giancarlo Cancellieri è venuto in visita al cantiere, l’ho accolto e ho interloquito con lui nella mia veste di responsabile unico del procedimento per la ricostruzione del viadotto sul Polcevera, come ho fatto in altre occasioni. Il primo pensiero è andato alle 43 vittime, che si sono fidate della capacità dell’uomo di costruire grandi opere e di garantirne la sicurezza, percorrendo quel ponte, così come noi tutti i giorni entriamo negli edifici o saliamo sui mezzi di trasporto senza pensare che potremmo non tornare più a casa. Poi mi ha chiesto come abbiamo potuto essere così veloci e superare avversità incredibili. Io ho risposto che Governo e Parlamento ci hanno dato gli strumenti giuridici per poter lavorare bene e sereni, e noi li abbiamo usati, con passione e senso del dovere. Il “modello Genova” di cui tanto si parla è tutto qui: consentire alle persone di lavorare bene. Ma se per farlo occorrono un Commissario straordinario e una legge speciale di deroga, allora vuol dire che siamo messi proprio male. DECRETO LEGGE 28-9-2018, n. 109 (c.d. “decreto Genova”) Art. 1 Commissario straordinario per la ricostruzione 5. Per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. 7. Il Commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle connesse, ad uno o più operatori economici ... omissis ... Al Vice Ministro ho anche sottolineato l’importanza di spiegare ai media che il “decreto Genova” non è un “liberi tutti”, come alcuni erroneamente pensano, perché non consente di derogare alle leggi penali - come quelle di tutela di preminenti interessi tipo salute, ambiente, sicurezza delle costruzioni, paesaggio, beni culturali, antimafia, ecc. - né di agire al di fuori del quadro normativo sovraordinato di matrice europea, internazionale e costituzionale. Consente, invece, di “uccidere” la burocrazia inutile, di interpretare e applicare le norme secondo buon senso e di seguire le migliori prassi internazionali senza rischiare di finire sotto processo e con i lavori bloccati. La deroga diventa, così, uno strumento di legittima difesa, per superare le aporie di natura antinomica causate dalla stratificazione e dall’instabilità del nostro sistema normativo, fatto di vecchie norme e prassi amministrative quasi insensibili al cambiamento della società e del diritto. In questo contesto, ogni decisione comporta impegno e responsabilità inusuali, perché non è facile firmare un documento sapendo che, in ogni caso, finirai sotto accusa, a prescindere dalla tua onestà e rigore morale. Ma grazie al “decreto Genova” il Commissario ha potuto serenamente scegliere, in via generale, di applicare le disposizioni dettate da leggi e regolamenti nazionali, e di derogare nei casi in cui ciò sia utile o necessario per velocizzare le procedure o per ottenere risultati migliori, seguendo gli orientamenti della Commis-
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l'inter vista sione Europea del febbraio 2018 sull’affidamento degli appalti. Il modus operandi è stato improntato alla massima semplificazione delle procedure, all’efficacia e tempestività delle scelte, alla chiarezza nello scambio di informazioni, alla prevenzione dei possibili contenziosi e alla parallelizzazione dei processi operativi. Questo ho detto al vice ministro, rendendomi disponibile a dare una mano per utilizzare la nostra esperienza nelle prossime iniziative di governo. La reazione di Cancellieri nell’immediato come è stata? Mi sembrava d’accordo. Qualche giorno dopo sono stato chiamato per collaborare alla stesura di un articolato da sottoporre al Consiglio dei Ministri. Sono ovviamente soddisfatto perché la nostra esperienza è stata tenuta in considerazione e ritenuta una base di partenza, in un momento in cui il Paese può davvero compiere una svolta storica, e la semplificazione normativa, su cui insisto da anni ed è un cavallo di battaglia da sempre dell’Ordine degli Ingegneri, può essere un passe-partout fondamentale, soprattutto in un momento di emergenza come questo. In Italia ci sono altre situazioni di emergenza come la nostra, che richiedono soluzioni immediate, con leggi speciali tipo “decreto Genova”. Ma sarebbe sbagliato non pensare anche a soluzioni di medio e lungo periodo, come un progetto bipartisan di riforma costituzionale per ridefinire la suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni, per prevedere un limite invalicabile di invasività della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini e delle attività economiche, per poi passare alla revisione semplificativa dell’intero impianto normativo, così da renderlo coerente con i tempi ed efficiente. Dobbiamo sconfiggere la burocrazia una volta per tutte, con una legge di rango costituzionale: se non ora, quando? Tornando ai rapporti col vice Ministro? Gli ho illustrato le fasi salienti della costruzione del “modello Genova”, a partire dalle “specifiche tecniche” (ex Dir. 2014/24/UE, art. 42) contenenti le caratteristiche prestazionali e qualitative minime richieste per l’appalto di servizi e lavori necessari alla demolizione e alla ricostruzione del viadotto, pubblicate in G.U. n. 272 del 22.11.2018 e in G.U.C.E., sulla base delle quali è stata condotta la consultazione di mercato (ex Dir. 2014/24/UE, art. 40). Al Commissario sono pervenute numerose proposte tecnico economiche da tutto il mondo, che gli hanno consentito di operare al meglio nell’affidamento diretto degli appalti (ex Dir. 2014/24/UE, art. 32). Nel contratto, unico, sono state inserite specifiche clausole di qualità, invarianza del prezzo a corpo, lavoro H24 fino a tre turni, ottimizzazione continua del cronoprogramma, protocolli anti mafia, progettazione D&B (design and build) con l’uso del BIM (Building Information Modeling), compresi rilievi e verifiche necessari per tradurre le specifiche prestazionali in progetto esecutivo, per fasi parallele, in progress, varianti comprese. Questa procedura, iper semplificata, pone in capo all’appaltatore gli onori e gli oneri per ottenere il risultato con qualsiasi mezzo. Il controllo della qualità e della sicurezza, mediante attività di direzione lavori, PMC & QA (project management consulting & quality assurance), coordinamento in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell’opera e collaudo restano invece in capo al committente. Il controllo di legalità viene esercitato dalla struttura commissariale, dai controlli informatizzati di accesso e da pattuglioni interforze che visitano improvvisamente il cantiere anche più volte al mese, controllando tutti, con effetto deterrente e forte senzazione di legalità (qualche tentativo di infiltrazione c’è stato ed è stato bloccato). Nel procedimento sono stati coinvolti la Commissione ministeriale VIA, il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, Soprintendenza, Regione, Città Metropolitana, Comune, ARPAL e altri enti di riferimento per la realizzazione e/o la futura gestione dell’opera. Il vecchio ponte e le macerie erano sotto sequestro, e lo sono ancora in parte, determinando la necessità di concordare con gli Uffici Giudiziari e con il collegio peritale una programmazione per l’individuazione e la
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conservazione dei reperti di interesse e il dissequestro e l’allontanamento degli altri. I lavori stanno procedendo velocemente, nonostante le avversità meteorologiche e gli imprevisti di tutti i tipi, grazie alla resilienza procedimentale e all’elevata competenza di tutti gli operatori, tanto da costituire un benchmark di settore. Che cosa risponde a quelli che, pur apprezzando il “modello Genova”, pensano che utilizzarlo per tutte le opere pubbliche sarebbe più o meno un atto criminogeno? Se non c’è il carattere di estrema urgenza, le gare vanno fatte, quindi una parte del “modello Genova” decade da sé. Non stiamo parlando di un farmaco da banco per curare tutte le malattie, ma di una potente medicina a spettro ridotto: va calibrata caso per caso e somministrata bene: se è poca non serve, se è troppa ti uccide. È esportabile il concetto che sta alla base del modello, ossia, che deve essere consentito di derogare a tutte le norme non penali che non permettono di applicare le direttive UE e le migliori prassi, perché penalizzano il nostro Paese rispetto al resto d’Europa e del mondo. Deve applicarsi il principio fondamentale dello sviluppo economico per cui è consentito tutto ciò che non è vietato dalla legge per ragioni di interesse preminente (D.L. 138/2011, art. 3, commi 1, 2), vietando di introdurre o mantenere livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come previsto nella Legge 11/2016 di delega per il recepimento della “direttiva appalti” 2014/24/UE. In pratica, il Parlamento vieta al Governo di penalizzare l’Italia quando recepisce le direttive. Tra l’altro, se la Direttiva consente di fare cose che il D. Lgs. 50/2011 non consente, il decreto dovrebbe essere illegittimo, in quanto atto avente forza di legge fuori delega. Quindi, anche se la cosa fa un po’ ridere, siamo arrivati al paradosso per cui “per rispettare la Legge occorre violare la Legge”. Nella sua attività per la costruzione del nuovo ponte, le è capitato di affrontare casi di incoerenza normativa? Può eventualmente fare qualche esempio? Certo. La L.R. ligure 22/2007 impone severe restrizioni nelle illuminazioni scenografiche dal basso verso l’alto, ammettendole solo nei casi di conclamata impossibilità e per edifici di particolare interesse storico, architettonico o monumentale o di pregio culturale, purché di bassa potenza, con requisiti stabilite nel R.R. 5/2009; è prevista la deroga comunale solo per esigenze di riduzione dei fenomeni criminosi in zone urbane particolari. La norma UNI 10819:1999, che disciplina l’illuminazione pubblica e costituisce riferimento per la regola dell’arte, prevede invece limiti e requisiti tecnici diversi da quelli contenuti nel R.R. 5/2009. L’art. 97 del regolamento edilizio comunale di Genova (ver. 26/10/2017), che disciplina l’illuminazione pubblica, al punto 1 richiama al rispetto della sia L.R. 22/2007 che della UNI 10819 e al punto 7 consente la deroga per le sorgenti che illuminano installazioni artistiche, secondo specifiche indicazioni che da concordare con gli organi competenti. Dato che il nuovo viadotto, per motivi artistici, deve avere illuminazioni dal basso verso l’alto, il progettista ha chiesto come comportarsi, visto l’evidente contrasto normativo. Una soluzione potrebbe essere quella di spostare il viadotto in Calabria, che non ha leggi di questo tipo, né vi sono leggi nazionali a riguardo. La seconda soluzione è quella di approvare il progetto facendo riferimento alla sola norma UNI 10819:1999, anche in deroga, dettando specifiche condizioni atte a limitare l’inquinamento luminoso. Presidente, sia sincero, non è che sta pensando di candidarsi alle prossime regionali? Io? No. Però sarei molto contento di vedere tanti colleghi ingegneri candidati nelle varie liste, per portare le nostre competenze e il rigore deontologico al servizio della collettività. G. San.
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l'edito riale
Enrico Sterpi
Segretario Ordine Ingegneri Genova
CORONAVIRUS, DALLA TECNOLOGIA LE PRIME RISPOSTE PER LIMITARE I DANNI ECONOMICI
SE L’INGEGNERIA POTESSE AIUTARCI CONTRO L’ISOLAMENTO 2020 anno zero: la World Healt Organization (WHO) emette il primo report1 sul Novel Corona Visura (2019-nCoV) il 21 gennaio 2020, in cui evidenzia che la prima informazione sul virus avviene in China il 31 dicembre 2019 nella città di Whuan. Da quel giorno si sono susseguiti 49 rapporti fino al 9 marzo 2020 con un conteggio globale di 109.577 contagi e 3.809 decessi. Dalle 00:00 di lunedì 24 febbraio, la vita dei cittadini italiani ha iniziato a cambiare in quanto sono iniziate le prime misure di isolamento, dapprima con la chiusura delle scuole e poi con il decreto #Iorestoacasa2 la limitazione agli spostamenti, il divieto di assembramento, che di fatto coincide con un coprifuoco come in guerra. Come in guerra sono limitate le libertà personali per tutelare la salute pubblica. La prima risposta a queste limitazioni arriva dall’ingegneria gestionale e delle comunicazioni: con l’applicazione di diversi modelli di gestione delle emergenze e con i vari strumenti di comunicazione moderna è possibile mitigare l’isolamento fisico garantendo la comunicazione. Vediamo con un occhio diverso i social network che possono essere usati utilmente per lo scambio di informazioni e garantendo la limitazione degli spostamenti. L’home working, la formazione a distanza, i web meeting sono risorse essenziali che l’ingegneria mette a disposizione per garantire lo svolgimento di molte attività intellettuali e manageriali che diversa-
I rapporti interpersonali sono ridotti e diffidenti, abbiamo limitato la sfera delle emozioni primordiali. Spero che questo black out temporaneo ci riporti anche a comprendere l’importanza delle relazioni
mente sarebbero destinate a spegnersi rapidamente. Oggi apprezziamo più che mai gli sforzi fatti per garantire reti di comunicazioni efficienti e applicativi efficaci per gestire momenti di difficoltà o di emergenza. Ovviamente non tutti i settori possono essere raggiunti in tempi brevi da sistemi di informatizzazione, come i cantieri, dove il lavoro manuale deve essere gestito con un’ottica prestazione di valutazione dell’ulteriore rischio biologico. Qui la risposta gestionale è più complessa, a causa dell’aggressione a supermercati e fornitori di materiale disinfettante e di protezione, atto di inciviltà che porterà a breve limitazioni importanti alle attività cantieristiche di piccola e media dimensione. Questo elemento del nostro sistema andrebbe rivalutato in quanto con una gestione oculata di questi beni, si potrebbe garantire un più ampio respiro alle attività manuali di piccola edilizia ed industria, limitando i contraccolpi economici della pandemia. All’interno di un mondo virtuale l’ingegneria sta garantendo un supporto reale per limitare le perdite economiche e mitigare l’isolamento delle persone. Ma… ma la vita in uno spazio unicamente virtuale senza relazioni dirette e contatti è una vita accettabile? Possono i bambini stare solo chiusi in casa senza vedersi tra di loro ed attivare le dinamiche di gruppo alla base della vista sociale da adulti? Questa tragedia umana, per quanto ci sforziamo di compensare le perdite, qualcosa che forse davamo per scontato lo ha fatto perdere: le relazioni interpersonali sono ridotte e diffidenti, abbiamo limitato la sfera delle emozioni primordiali, la tecnologia qui non ci aiuta. Non possiamo salutarci con un abbraccio o con una stretta di mano, abbiamo compensato con un colpetto di gomito o del piede…ma non ha lo stesso significato di trasferimento delle emozioni. Piccoli gesti che non sono solo un simbolo, ma, inconsciamente, ci danno una prima lettura di chi è davanti a noi, il nostro cervello elabora per istinto la pressione delle mani che si stringono e fornisce una prima stima della persona: decisa o insicura, calorosa o glaciale e tutto il nostro complesso sistema si
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adatta per garantire la migliore comunicazione o la peggiore chiusura. La sfera emozionale legata ad atti inconsapevoli e oramai istintivi di comunicazione sono temporaneamente perse o fortemente limitate. Le chat dove la sfera emozionale si riduce ad un’icona, ma che non è detto che sia legata ad una smorfia reale o a un tono di voce, in questo caso provoca difficoltà a scrivere le cose in modo corretto, crea problemi relazionali perché non sappiamo la reale situazione dall’altra parte. La più moderna comunicazione “in streaming” compensa in parte, possiamo vedere un volto e le sue espressioni, associare un timbro di voce e nuovamente il nostro cervello riesce a fare parzialmente delle valutazioni e riequilibrare la perdita di informazioni. Nella crisi delle emozioni e dei contatti umani ci rendiamo conto che l’ingegneria aiuta a ridurre le perdite economiche, ma che senza rapporti interpersonali la stessa società si svuota. Auspico che questo periodo sia solo un black out temporaneo, che ci insegni ad usare meglio risorse e tecnologia, ma che ci riporti a comprendere l’importanza delle relazioni. 1. https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200121-sitrep-1-2019-ncov.pdf?sfvrsn=20a99c10_4 2. Decreto legge 9 marzo 2020 https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/ caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-03-09&atto.codiceRedazionale=20G00030&elenco30giorni=true
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el' dito riale+ INGEGNERIA VS CORONAVIRUS - APPLICAZIONI PRATICHE CONTRO L’ISOLAMENTO
UNIVERSITÀ, PROVE DI FUTURO Esami di laurea in teleconferenza, con commissari davanti a computer in aule vuote. Il Prof. Giorgio Roth, Preside della Scuola Politecnica dell’Università di Genova, racconta la nuova esperienza guardando agli aspetti positivi: le discussioni potranno essere seguite gratuitamente da tutto il mondo e il metodo potrà essere applicato in tutti i casi di impedimento (allarme meteo gravi in primis, disabilità, impedimenti vari). Intanto via alle lezioni online. Gianfranco Sansalone
Una trentina giovedì 5 marzo e 120 il giorno successivo: 150 nuovi ingegneri, appartenenti a otto diversi corsi di studio, laureati dalla Scuola Politecnica dell’Università di Genova con modalità che non si erano mai viste prima. Aula e corridoi deserti, commissari d’esame seduti davanti a computer distanziati almeno un metro l’uno dall’altro. Silenzio assordante. Sullo schermo i volti un po’ spaesati dei laureandi, che discutono la tesi con le solite facce tese e qualche piccola paura in più. Gli esami di laurea al tempo del coronavirus, con scene che si ripetono, dopo le disposizioni del governo per cercare di bloccare i contagi, non solo in tutte le facoltà dell’Ateneo genovese ma in moltissime università italiane. Il prof. Giorgio Roth, preside della Scuola Politecnica, da buon ingegnere guarda all’aspetto tecnico ma vede positivo: «Certo è stata un’esperienza che subito ci ha preoccupati per l’aspetto tecnico: ogni commissione - racconta alla fine della seconda giornata di esami - ha avuto in collegamento un numero vario di persone fra le 20 e le 80 postazioni di studio in parallelo contemporaneamente. Ma invece è andato tutto bene: la qualità video è stata molto buona e quella audio anche. Gli applicativi più utilizzati sono stati Skype e Microsoft Tims, che sostanzialmente è un’incorporazione di Skype all’interno di Office, e che perciò interagisce bene con gli strumenti di Office e ha consentito agli studenti di mostrare la presentazione in modo molto pulito ai partecipanti alla teleconferenza. Certo, da lunedì cominceremo le lezioni e la rete universitaria potrebbe sovraccaricarsi. Io non sono un informatico, però per sicurezza abbiamo consigliato ai docenti, qualora possibile, di collegarsi da postazioni anche esterne per non far gravare tutto sulla rete Garr universitaria, coinvolgendo quindi anche le reti private». Dal punto di vista puramente emozionale, preside, lei e i docenti, come avete vissuto questa tornata di lauree mediate da uno schermo? «Beh, non avere la presenza dello studente ma anche degli amici e dei parenti che a volte riempiono l’aula anche troppo - in effetti provoca una certa perdita. Fa effetto, si rimane gelidi. Però bisogna anche pensare ai lati positivi. Noi possiamo generare un codice col quale una persona dall’esterno, senza la necessità di utilizzare alcun software, può collegarsi e seguire la seduta. Questo consente la visione ad amici e parenti da qualunque parte del mondo, ed è
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un’opportunità che penso manterremo anche futuro. Il software è normalmente in vendita, è il pacchetto Office che grazie a un contratto stipulato dall’Università con Microsoft viene dato gratuitamente al personale docente e tecnico e agli studenti, che possono scaricare gratuitamente gli applicativi Microsoft. Ma c’è un vantaggio ancor più grande: nel passato abbiamo avuto gravi problemi in occasione di allerte meteo di massimo grado, o di inondazioni e alluvioni, che ci hanno bloccato lauree con potenziali effetti molto negative per gli studenti. Spesso le lauree sono legate a scadenze non sono dettate da noi, ma da cause esterne, che devono essere rispettate, come ad esempio l’iscrizione a un corso di dottorato entro una certa data. Noi abbiamo sempre tenuto conto di questo, per dare agli studenti la massima possibilità di finire in tempo. Ma soprattutto recentemente, con tutte le allerte rosse che hanno colpito la Liguria, a volte abbiamo rischiato di non poter laureare le persone, e quindi potenzialmente alcune di loro avrebbero potuto perdere l’anno; la stessa per l’iscrizione all’esame di Stato. Allora l’idea, che è stata lanciata da un collega, è stata - anche dopo il ritorno alla normalità dopo le precauzioni coronavirus - di usare questo sistema in caso di allerta meteo, passando automaticamente da lauree in presenza a lauree in teleconferenza». Da una situazione di emergenza si è quindi aperta una finestra su possibilità inedite: vengono in mente le prospettive ad esempio per i portatori di disabilità, per chi ha impedimenti di vario tipo che impediscono la frequenza delle lezioni anche saltuariamente… «Si potrebbe essere un futuro reale anche questo. L’ esperimento forzato delle lauree a oggi ha dato risultati molto buoni. Da lunedì 9 marzo inizieremo le lezioni e questo sarà ancora più impattante per l’utilizzo della rete. Qualche preoccupazione c’è ancora, ma credo che non ci saranno in fondo problemi insuperabili». D’altro canto voi siete anche Ingegneria, quindi penso che avrete maggiore dimestichezza con la tecnologia di altre facoltà… I docenti come hanno reagito alla novità? «In linea generale direi molto bene. Le linee principali didattiche sono tre: lezioni, esami di profitto ed esami di laurea. Le indicazioni ora sono di condurre lezioni in via telematica; esami di laurea in via telematica salvo eccezioni in presenza - per persone che abbiano qualche
Il preside della Scuola Politecnica di Unige, prof. Giorgio Roth
problema specifico - ed esami di profitto in presenza uno studente per volta, con appuntamenti singoli, o altrimenti in via telematica. Per quanto riguarda le lezioni, alcuni docenti sono legati a strumenti tipo gesso e lavagna che indubbiamente hanno un ritmo che a volte si presta bene con quello dell’apprendimento: loro saranno un po’ in salita e li capisco. Altri già facevano uso di supporti di tipo informatico, e si troveranno avvantaggiati. Parlando di tutto l’ateneo, mi aspetto che in alcune aree per i docenti sia un po’ più difficile, a ingegneria la maggior parte secondo me già fa uso di strumenti di questo tipo. Le aule sono tutte dotate di videoproiettore e quindi penso e spero che non sia un grande sforzo». C’è da dire anche che nel settore privato l’università online è una realtà operativa da anni, e anche le lezioni online non sono più una novità. «Certo, è verissimo. Però vede, per l’Università pubblica è sempre stato motivo di orgoglio impartire lezioni frontali, perché il contatto diretto con lo studente consente anche al docente con un minimo di esperienza di intuisce se quello che ha appena spiegato è stato compreso oppure no, se la classe è stanca ed è il caso di alleggerire il clima con una battuta per recuperare l’attenzione oppure se si può andare avanti anche se l’argomento è pesante perché dall’espressione si vede che è recepito, perché si possono fare in tempo reale piccoli test… Con la teledidattica non c’è più questo rapporto con i ragazzi, in teleconferenza i ritmi sono diversi. Bisognerà imparare».
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el’ dito riale+ «Giorno diverso da quello sognato ma è stata una festa lo stesso» La discussione della tesi davanti a uno schermo raccontata da Alice, che con la sua collega Giulia si è collegata con la commissione dallo studio del padre ingegnere. «Ho immaginato milioni di volte la discussione della tesi davanti alla commissione con le gambe tremanti, invece è stato tutto diverso. Ma i nostri professori sono stati bravissimi» Non sapevo bene che cosa aspettarmi quando ho ricevuto dall’Università di Genova la comunicazione che la mia sessione di laurea sarebbe avvenuta in forma telematica. Nel corso di questi tre lunghi anni di studio ho sempre pensato a questo giorno come la restituzione dei miei sacrifici immaginando, in sequenza, la serie di immagini che mi avrebbero permesso di ricordarlo come uno dei più belli della mia vita. Ho sognato e risognato come sarebbe stato il mio arrivo in aula, il tremore alle gambe di fronte alla Commissione, l’emozione che mi avrebbe spinto a volere il meglio per me e la paura, sana, che sempre spinge a raggiungere traguardi importanti. L’ho vissuto, immaginandolo, milioni di volte, e sebbene il timore dell’ignoto non mi permetteva di vivere serenamente i giorni precedenti la laurea, ho sentito di voler vivere a pieno tutte queste emozioni. E soprattutto sapevo che, malgrado la previsione di una grande emotività, avrei avuto davanti a me i punti saldi di questo solido percorso di studio: le mie relatrici, che credevano nel mio lavoro e verso le quali avrei potuto rivolgere il mio sguardo se mi fossi persa. E poi desideravo fortemente che la mia fami-
Da sinistra Alice Orvieto e Giulia Arado davanti allo schermo poco prima della discussione della tesi in Ingegneria ambientale
glia, i miei amici più cari, potessero entrare nella “trincea” che è stata contenitore delle mie più forti emozioni di questi anni: il mio corso di laurea in ingegneria; e che potessero gioire con me il risultato più grande. Ho immaginato gli sguardi, le strette di mano e tutto l’aspetto “umano” del momento. Invece no, senza alcun preavviso, a mutare questo “scenario” ci ha pensato un’epide-
I neo-ingegneri Simone, Alice e Giulia festeggiano dopo la laurea
mia, dovuta al virus Covid-19, meglio conosciuto come “coronavirus”, che sta mietendo vittime ogni giorno e che purtroppo pare stia sta assumendo la connotazione di una vera pandemia. Sono stata costretta a fare i conti con una decisione che ha improvvisamente cambiato tutto: quando è arrivata la fatidica comunicazione, ammetto di aver temuto che questa nuova modalità non mi avrebbe permesso di essere “riconosciuta” come meritavo, pensando che discutere davanti ad uno schermo avrebbe sottratto il potere della comunicazione, del contatto visivo e umano. A condividere con me queste sensazioni, è stata la mia collega, Giulia Arado, amica, compagna di studio e di tesi. Potendo contare sulla sua grande forza e volontà, ci aspettava un nuovo lavoro da fare insieme: un rapida “riconfigurazione” verso l’annunciata “nuova modalità” di discussione telematica. Così, come ci siamo divise i compiti operativi, abbiamo dimezzato anche le ansie e i nuovi timori. È pur vero che se fossimo vissute in un’altra epoca, io e Giulia, non avremmo potuto laurearci oggi, o almeno non per il momento. Questo è stato il punto di svolta, che da un’ottica di temporaneo scoramento ha permesso di farci vivere il nostro giorno ugualmente come uno dei più belli della nostra vita, sopraggiungendo anche un certo orgoglio di essere tra i precursori di una
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nuova metodologia: l’ingegneria ci ha fatto diventare ingegneri ! Sebbene il coronavirus sia arrivato nel nostro Paese a gamba tesa, mutando anche quello che per noi era “il sogno”, la Scuola Politecnica di Genova è riuscita prontamente a ridarcelo, in modo diverso, ma infine, ugualmente bello. La Scuola ha dovuto ricorrere tempestivamente a soluzioni alternative, utilizzando le tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, sviluppatesi, con grande rapidità, proprio dai primi anni della mia infanzia e rese realtà per merito del lavoro degli ingegneri. Sento il dovere di ringraziare proprio loro che hanno permesso che potessimo laurearci. I nostri professori ci sono stati sempre “vicini”, seppur in “modalità remota”, per illustrarci le nuove procedure della discussione e ci hanno sostenute e tranquillizzate affinché tutto potesse andare per il meglio. Hanno anche permesso la partecipazione di terzi alla nostra sessione, con la possibilità di collegamenti multipli in streaming da remoto, per sancire un’effettiva innovazione non solo tecnologica ma anche “sociale”. Tutti i parenti e gli amici hanno così potuto assistere alla nostra discussione e tutti hanno potuto gioire di questo meraviglioso momento. Insomma, un’organizzazione perfetta, un semplice “collegamento web” dallo studio di ingegneria di papà, ormai sede, per questi ultimi giorni, delle innumerevoli prove e simulazioni della nostra discussione, ovviamente davanti al computer. Sì, sicuramente è stato diverso da come avevamo sempre immaginato questo momento, ma in effetti, le emozioni sono state ugualmente grandi e, davvero, nessun “sogno” è stato infranto. Un altro caro amico e collega, Simone Benzi, neo dottore in ingegneria elettronica, laureatosi qualche minuto prima di noi, anche lui per via telematica, ci ha raggiunte nello studio per festeggiare tutti insieme il nostro grande giorno. Avendo vissuto questa esperienza in prima persona, posso affermare che potrebbe costituire una “nuova frontiera”, a cui poter ricorrere in tutti i casi in cui la presenza “frontale” non può essere assicurata per motivazioni di diversa natura, tra cui quelle attuali legate alla riduzione del rischio di contagio. Alice Orvieto
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random COVID-19: LA QUARANTENA AUMENTA LE CONNESSIONI WEB ALLARME IN USA, IN ITALIA PROBLEMI NEI PAESI MONTANI quarantena imposta dalle misure ›Laadottate dal governo per contrastare
la diffusione dell’epidemia causata dal coronavirus, potrebbe creare dei sovraccarichi alla rete internet nazionale dovuta all’obbligo per gli italiani di rimanere in casa e al conseguente maggior uso del web con pericolosi picchi? La domanda non è oziosa, tanto da essere rilanciata sia da testate mainstream come il sole 24 ore e Furtune sia da siti specializzati. Teledidattica, lavoro in smart working promosso da diverse aziende per facilitare i propri dipendenti con conseguente utilizzo della rete domestica, aumento delle comunicazioni telematiche, rischiano di far collassare il sistema o l’infrastruttura di rete non ne risentirà garantendo un servizio efficiente? Il problema - come riporta Fortune - non riguarda solo l’Italia: anche gli Stati Uniti si confrontano con la possibilità che ci siano rallentamenti diffusi. Gli USA, che tra i contagiati contano personaggi molto popolari, fra i quali Tom Hanks o Rudy Gobert degli Utah Jazz, per quanto riguarda lo smart working raggiungono i 42 milioni di persone attrezzate per lavorare da casa, una cifra che rappresenta il 29% dell’intera forza lavoro statunitense. Secondo Lisa Pierce, una specialista di reti di Gartnet «l’anello debole della catena - come riporta il sito key4biz.it - dove il sistema potrebbe andare incontro a sovraccarichi, è la banda larga casalinga. Le persone troveranno ingorghi, come in un’autostrada, quando la velocità massi-
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ma passa da 60 miglia all’ora a 20». Sempre lo stesso sito riferisce che «le prime zone a essere colpite saranno i quartieri con connessioni a velocità più bassa, in particolare chi si basa ancora sul rame (cioè le ADSL nelle loro diverse versioni e, in parte, anche la fibra FTTC, visto che l’ultimo tratto della connessione, per evitare di dover intervenire nelle case degli abbonati, si basa sul rame della normale linea telefonica). Problemi anche per il Wi-Fi, considerando che con sempre più persone a casa e nelle immediate vicinanze, collegarsi alla rete wireless sarà più complicato e soprattutto darà origine a connessioni meno veloci e reattive». Il problema sarà soprattutto legato ai contenuti video, come rileva anche un analista di Recon Analytics, Roger Entner: «Già ora il video è il 70% di tutto il traffico di rete. Nel momento in cui si aggiungono anche le videoconferenze per i ragazzi visto che le scuole sono chiuse, potrebbe essere un problema se tutti cercano di collegarsi nello stesso momento». Anche la situazione in Italia non è facile, ma il clima ostentato da alcuni operatori non è pessimista. A sentire le dichiarazioni di Michele Gamberini, Chief Technology and Information Officer di Tim, dall’inizio della crisi sanitaria il traffico sulla rete ha registrato aumenti del 100%, mentre nella telefonia mobile gli incrementi si sono attestati sul 20 per cento, ma soprattutto, sostiene, è la modalità voce ad aver conosciuto un nuovo sviluppo rispetto agli ultimi anni,
rimontando sui messaggi scritti. Mentre sul versante rete non si registrerebbero problemi di sovraccarico. Nel corso di una conferenza una stampa, l’Ad di Tim, Luigi Gubitosi ha precisato che “Per fortuna nel passato le reti sono state costruite bene e ampie, e il traffico può ancora crescere in maniera importante, abbiamo ampie riserve a disposizione”. Per favorire gli utenti, diversi gestori stanno lanciando offerte speciali a giga illimitati sia agli utenti privati che a quelli business. Ma questo non risolve il problema. L’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM) ha per esempio sollecitato la fibra ottica anche nei paesi di montagna, visto che l’attuale instabilità della connessione - per via della particolare conformazione orografica del nostro Paese - taglia fuori molte zone dalla possibilità di utilizzare le opportunità di teledidattica e smart working. «Rete unica o meno - ha dichiarato il presidente nazionale Uncem Marco Bussone - la fibra ottica è decisiva. Tutti vorrebbero praticare lo smart working, le regole e le leggi lo permettono. Ma senza reti non si può fare. Ancora una volta dobbiamo prendere atto che nelle aree montane, per i ritardi di qualcuno, ci rimettiamo tutti. Saremo costretti a rinunciare al lavoro da casa e alla scuola a distanza, oltre al resto, se le reti per il trasferimento dati non verranno al più presto modernizzate tenendo conto anche di noi».
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random 14,6 MILIONI DI CIE E SEI MILIONI DI SPID EROGATE. IN EMILIA ROMAGNA LE CREDENZIALI IN FARMACIA
›Sono lioni,
6 mia marzo, le identità SPID erogate, ovvero il Sistema Pubblico di Identità Digitale, che permette di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e dei soggetti privati aderenti con un’unica Identità Digitale (username e password) utilizzabile da computer, tablet e smartphone. Una chance che il premier Conte, nello scorso settembre, ha detto che entro un anno sarebbe stato patrimonio di tutti i cittadini. E che si sposa con la CIEID, l’app sviluppata dal Poligrafico e Zecca dello Stato per l’accesso mediante la Carta d’Identità elettronica (CIE 3.0) ai ser-
zollette di sale di Enrico Sterpi
Il leone è il Re della Foresta, e questa è la legge della natura. Nessuno ha mai visto litigare un leone con un elefante, è questa è la politica.
Precisazione
Quel cognome sbagliato due volte
vizi della Pubblica Amministrazione e a quelli erogati dagli Stati membri dell’Unione Europea ai sensi del regolamento UE 919/2014 eIDAS (l’app è disponibile per smartphone Android 6.0 e successivi, dotati di interfaccia NFC). L’obbligo di SPID tocca tutte le domande inoltrate online verso la P.A. (dalla 18App alla Carta del Docente, dal Reddito di cittadinanza al Bonus seggiolini e così via), e fra i ritardi che non si può fare a meno di notare per il completamento dell’operazione, spicca per fortuna qualche buona notizia. Come quella che in Emilia Romagna le oltre 1.300 farmacie del territorio regionale rilasceranno le credenziali SPID per accedere al fascicolo sanitario elettronico (ha aderito all’iniziativa circa il 70%, mentre continua la formazione di altri farmacisti che si aggiungeranno a quelli già accreditati). Secondo i dati diffusi dal governo, le Carte d’identità elettroniche emesse sono più del doppio rispetto alle creden-
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Nel numero scorso di “A&B” (il 4, uscito a dicembre 2019), nel servizio a pag 23 e 24 dal titolo “Gronda, un confronto aperto su modalità e opportunità”, siamo riusciti a riportare in maniera errata per ben due volte il cognome di uno dei relatori del convegno, che si è svolto nella sede dell’Ordine: l’ing. Alfredo Perazzo, chiamandolo nel pezzo Perrazzo e nelle didascalie delle foto Perasso. Purtroppo, come il postino, anche nelle redazioni dei giornali il diavolo a volte bussa due volte, soprattutto se le cose vengono fatte in tempi diversi da redattori diversi. Davvero dispiaciuti e imbarazzati per l’inconveniente, ci scusiamo con l’interessato e con tutti i lettori.
ziali SPID rilasciate: circa 14,6 milioni contro 6 milioni di identità digitali. La CIE versione 3.0 è possibile ottenerla - richiedendola o all’atto del rinnovo
della carta d’identità - praticamente in tutt’Italia (in oltre il 90% del territorio gli enti preposti sono già attrezzati).
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random IL LIBRO-GUIDA DI SCILLIERI CHE SPIEGA TUTTO SU INGEGNERIA CLINICA E PER LA SANITÀ panoramica che in 191 pagine ›Un’ampia chiarisce molte cose su una professione
che sta fra l’ingegneria e la medicina e offre uno spaccato non solo della situazione giuridica ma anche sanitaria e di utilizzo delle attrezzature scientifiche in Italia. Un libro-guida completo per operatori, quello scritto da Stefano Scillieri, classe 1945, laureato in Ingegneria meccanica a Genova, professore a contratto all’Unige prima in Ingegneria per la Sanità, poi seguendo le trasformazioni dei corsi di studi, in Ingegneria clinica e sistemi informativi sanitari e infine in Ingegneria clinica nell’ambito del Dibris della Scuola Politecnica. Il titolo è già molto esplicativo: “Ingegneria clinica e ingegneria per la sanità. Metodologie di ingegneria biomedica per la realizzazione e la manutenzione delle tecnologie sanitarie: strutture, impianti, apparecchi e loro sistemi di gestione” e scioglie innanzitutto ogni equivoco sull’uso dei termini di ingegnere biomedico, clinico e della sanità, partendo dalla cosiddetta “Legge Lorenzin” (n. 3 dell’11 gennaio 2018) sulle professioni sanitarie che fra l’altro prevede l’istituzione presso l’Ordine degli Ingegneri di un Elenco Nazionale Certificato degli ingegneri
biomedici e clinici regolamentato a livello interministeriale. Ma Scillieri, dopo una breve analisi del Servizio sanitario nazionale, approfondisce anche i temi della progettazione e della realizzazione delle strutture, aggiungendo alcune formule per il dimensionamento di massima degli ospedali e la valutazione dei loro costi di costruzione e gestione, partendo dalle tematiche del D. Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 e della Legge n. 55 del 14 giugno 2019. Nel volume, pubblicato da Flaccovio e in vendita anche online sulle maggiori piattaforme online, sono pubblicate numerose schede - due dedicate agli ospedali “Papa Giovanni XXIII“ di Bergamo e “Nuovo Galliera di Genova”, strutture modernissime, una realizzata da poco e l’altra in fase di progettazione basata sulla intensità di cura e sull’utilizzo di tecniche BIM - che fra le tante altre cose fanno vedere anche le principali apparecchiature presenti in ospedale, con tanto di foto, descrizione e costo.
UN MONDO IN CUI UOMINI E ANIMALI SONO UGUALI, NEI RACCONTI DI DONATELLA MASCIA libro di racconti brevi che metto›Un no uomini e animali in un mondo in
cui entrambi hanno pari dignità, pari diritti e vivono in un clima di armonia e reciproca soddisfazione. La quarta fatica letteraria di Donatella Mascia, “Di uomini e di animali”, appunto, Stefano Termanini Editore, affronta un tema che scorre tra fantasia e ritmo, coinvolgendo il lettore. L’autrice, che è di penna buona, è un nome molto conosciuto in campo ingegneristico: laureata all’Università di Genova, svolge la carriera universitaria e di ricerca nel campo delle costruzioni civili e navali. Nel 1986 è professore di Costruzioni navali, e come professionista firma numerosi progetti tra i quali la Torre Cap, il Teatro Carlo Felice, i Magazzini del Cotone. Nel gruppo degli ingegneri genovesi impegnati nella grande opera del MOSE di Venezia, ha l’incarico di collaudatore statico. È inoltre Past President dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di
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Genova, essendone stata presidente dal 1993 al 1999. L’esordio come scrittrice (ha anche un sito, purtroppo non aggiornato: http://www. donatellamascia.it/donatella-mascia-scrittrice/) risale al 2013 e le dà subito soddisfazione: il romanzo Magnifica Visione (De Ferrari Editore), è finalista nel concorso letterario nazionale “Il Giovane Holden”. Due anni dopo replica con Lo spione di Piazza Leopardi (sempre De Ferrari), che le procura diversi riconoscimenti. il primo premio del concorso letterario internazionale “L’antico Borgo” le viene assegnato nel 2017, con “Quel gran signore del gatto Aldo” (Stefano Termanini Editore), che le vale anche la menzione d’onore al Premio Nazionale Salvatore Quasimodo (per l’edizione 2018). Di successo in successo, nel 2018, con il racconto “Peccato capitale” vince il concorso “Raccontiinrete”, sezione “Racconti per corti”, da cui il regista Giuseppe Ferlito trae appunto un cortometraggio che viene premiato a Lucca nell’ottobre dello stesso anno.
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random CORECOM: 2 MILIONI DI MULTE A TIM, VODAFONE E WIND3 PER MODIFICHE CONTRATTUALI UNILATERALI finiva il credito nella carta pre›Quando pagata, veniva rinnovato senza aspet-
tare che l’utente ne facesse richiesta, addebitandone i costi. L’operazione veniva compiuta in base a una modifica contrattuale aggiunta - o sarebbe meglio dire imposta - come nuovo servizio, ma non richiesto dal cliente, per cui l’Agcom, Autorità garante per le comunicazioni, ha colpito duro infliggendo sanzioni per un totale complessivo di 2 milioni di euro a tre fra i maggiori gestori telefonici: Tim, Vodafone e Wind3. Ognuno dei gruppi dovrà pagare 696 mila euro di multa perché «la condotta è risultata inoltre in contrasto - come informa ufficialmente la stessa Autorità Antitrust - con quanto previsto dalla delibera n. 326/10/CONS, che obbliga gli operatori a far cessare immediatamente la connessione dati nel caso in cui il credito disponibile sia completamente esaurito e a riattivarla soltanto dopo aver ricevuto un’espressa manifestazione di volontà da parte dei clienti. L’Autorità ha altresì accertato la violazione da parte dei tre operatori degli obblighi in materia di trasparenza delle informative rese in occasione di alcune variazioni delle condizioni economiche di offerte di rete mobile. Nel caso di WindTre, è stata sanzionata anche l’introduzione di un costo associato alla navigazione internet illimitata a 128Kb allorche ́ sia stato esaurito il bundle dati associato all’offerta sottoscritta». Agcom ha sottolineato anche che l’aspetto più importante è il principio di base affermato, che riguarderà anche le future modifiche contrattuali da parte dei gestori. Alla base del provvedimen-
to, una sentenza del Consiglio di Stato (la n. 8024 del 2019), che per la prima volta ha limitato il diritto di variazione in capo all’operatore. «Con la decisione assunta - si legge infatti nel comunicato stampa - l’Autorita ̀ si pone in sintonia con quanto affermato in relazione allo jus variandi dal Consiglio di Stato per il quale “l’art. 70, comma 4, del Codice, non può applicarsi a qualsivoglia tipo di variazione del contenuto del contratto, dovendosi riconoscere in via ermeneutica due tipologie di limiti: in primo luogo, le modifiche unilaterali possono riguardare soltanto la variazione di condizioni già contemplate nel contratto; in secondo luogo, i mutamenti delle condizioni preesistenti non possono mai raggiungere il livello della novazione del preesistente rapporto obbligatorio”». Un principio che dà ragione alle associazioni che difendono i diritti dei consumatori che da tempo sostengono un duro scontro con le aziende telefoniche per il loro comportamento spesso disinvolto nella gestione delle opzioni contrattuali. Quella contestata in questo caso da Agcom riguarda l’operazione che è stata fatta avviare automaticamente a tutti gli utenti nel momento della fine del credito mensile. Prima, quando si esaurivano i soldi sulla scheda non si poteva più telefonare, mandare sms o navigare su rete mobile. Dopo la modifica, le compagnie telefoniche come Vodafone e Wind 3 hanno cominciato a conteggiare un pre-addebito di 0,99 euro, dando la possibilità così di continuare a utilizzare, per due giorni,
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l’offerta telefonica (Tim di 0,90 euro al giorno per due giorni). Soldi che venivano poi recuperati al momento della ricarica: quindi un prolungamento del servizio in sostanza non dovuto e non richiesto e che è stato considerato una fonte di guadagno auto-procurato per le aziende. Generalmente, infatti, gli utenti utilizzano ricaricabili con offerte che includono una certa quantità di traffico, si riattivano ogni 30 giorni e scalano il costo dal credito residuo. In questo caso, esiste la possibilità che la persona non abbia immediatamente il credito sufficiente alla riattivazione mensile. La riattivazione “forzata” è stata vista come una specie di “tassa” sul ritardo. Inoltre, mantenendo un “diritto alla variazione”, per l’Agcom gli operatori possono cambiare un contratto secondo la loro convenienza attivando qualunque servizio aggiuntivo senza l’autorizzazione il consenso del cliente, al quale rimane solo la possibilità di disdire gratuitamente il contratto senza poter contestare nulla, mentre, come già ricordato, la sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che la variazione può riguardare soltanto i servizi già presenti nei contratti e non se ne possono aggiungere altri. Soddisfatte le associazioni dei consumatori come è ovvio dunque, e secco il commento del presidente di Codacons, Carlo Rienzi: «Questa prassi portava gli utenti a spendere inconsapevolmente soldi per chiamate o traffico internet, anche in caso di esaurimento del credito: una pratica che guarda caso, ancora una volta finiva a discapito dei consumatori».
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cover IL 5G, LA RIVOLUZIONE IN CORSO - TRA VELOCITÀ DI CONNESSIONE, ROBOT E APPLICAZIONI INEDITE
Così cambierà la nostra vita con la tecnologia “super-smart” Novità di forte impatto in ambito sanitario, della robotica, dell’agricoltura, nei settori dell’automotive, della vendita al dettaglio e in quasi tutti quelli industriali. Occhiali per la realtà aumentata ci aiuteranno nella vita domestica e nel lavoro, mentre guidare l’auto sarà un’esperienza piena di sorprese.
2020: come successo nelle precedenti decadi, anche questa vedrà una nuova tecnologia di rete per le comunicazioni radiomobili. A differenza di quanto accaduto con le passate generazioni però, quello che ci aspetta è una vera rivoluzione, grazie alle enormi potenzialità che le due principali caratteristiche di questa nuova tecnologia, la bassa latenza e l’elevata velocità, ci offriranno. Le applicazioni saranno veramente tantissime, dalla robotica (in cui oggi i robot devono essere collegati via cavo
te per tutto quel mondo denominato Smart City, che vedrà l’esplosione dei servizi disponibili all’interno delle città e l’ottimizzazione di quelli offerti al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Il Comune di Genova ha costituito l’Associazione Genova Smart City per spingere, attraverso finanziamenti e bandi, la ricerca in questo campo. Per delineare gli impatti che avrà sulla società il 5G, la Commissione Europea ha realizzato l’infografica riportata nella Figura 1 (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/towards-5g) Guardando al mondo realtà virtuale e aumentata, gli attuali visori VR e AR sono piuttosto ingombranti perché la tecnologia necessaria per ottimizzare la connessione e lo scambio dei dati
saranno in grado di dialogare istantaneamente e in modo del tutto autonomo con i server in cloud. Le possibili applicazioni saranno immense: ad esempio, indossando un paio di occhiali per la realtà aumentata, si potranno ottenere indicazioni a video per risolvere un problema a casa o in azienda (come le istruzioni per utilizzare un macchinario o risolvere problemi su impianti elettrici o idraulici avendo sul visore gli schemi di progetto). Sui caschi indossati dai vigili del fuoco potrebbero ad esempio essere installati schermi per la realtà aumentata nei quali saranno sovrapposti gli schemi degli edifici così da capire immediatamente come muoversi anche in presenza di fumo.
fisico), al settore automotive, ai dispositivi sanitari, alla vendita al dettaglio, all’agricoltura e a quasi tutti i settori industriali. Questa tecnologia sarà inoltre abilitan-
deve essere integrata sul dispositivo ed è necessaria spesso una connessione costante con un computer. Con l’avvento del 5G, i visori possono diventare molto più leggeri e i dispositivi
Un’altra caratteristica della tecnologia 5G è il “network slicing”, cioè la capacità di suddividere la banda da parte dei fornitori di servizi, creando reti end-to-end virtuali su misura con ca-
Matteo Gentile
Consigliere Ordine Ingegneri Genova Delegato “Information and Communication Technology”
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cover ratteristiche dedicate al tipo di applicazione, come mostrato nella Figura 2. 5G e il mondo dell’automobile La tecnologia 5G sarà abilitante per raggiungere la “guida autonoma”, perché con le reti 3G o 4G si possono avere dei “buchi di comunicazione” anche di qualche decimo di secondo, che per un’auto che viaggia a 120 Km/h si traduce in un ritardo di frenata che può
causare incidenti. Sarà anche possibile la connessione tra i sistemi di bordo di due (o più) veicoli e permettere frenate improvvise per evitare incidenti, o cambiare percorso perché una certa strada è intasata dal traffico. Tutto questo grazie ai sistemi avanzati di assistenza alla guida, i cosiddetti ADAS, che sfrutteranno il 5G per effettuare lo scambio dati tra vetture (V2V, Vehicle-to-Vehicle) o tra un’auto e l’ambiente circostante (V2X, Vehicle-to-everything, compresa l’infrastruttura stradale e i semafori) in tempo praticamente reale. Alcuni esempi sono i sistemi di sterzo automatico, il controllo degli angoli ciechi o la frenata automatica, gli abbaglianti automatici, la videocamera per la visione notturna ad infrarossi, i sistemi di specchietti digitali con videocamera, le videocamere a 360 gradi, il parcheggio automatico e così via. Si stanno sperimentando le prime integrazioni di applicazioni su rete stradale pubblica con l’utilizzo di infrastrutture esistenti (come i lampioni della luce) per ospitare non solo nodi di rete 5G, ma anche sistemi di analisi del traffico, di riconoscimento dei veicoli in arrivo, di capacità di scambio dati con i veicoli in zona fino, ad esempio, ad indirizzarli al parcheggio libero, e anche a prevedere situazioni pericolose che il singolo veicolo non riesce ad intravedere.
COSÌ CAMBIERÀ LA NOSTRA VITA CON LA TECNOLOGIA “SUPER-SMART”
Oggi circolano auto a guida autonoma “limitata o parziale”, mentre sono attese per il 2021 quelle in grado di guidare in condizioni ambientali ordinarie, gestendo accelerazione, frenata e direzione, mentre il guidatore interviene in situazioni problematiche in caso di richiesta del sistema o se lui stesso verifichi condizioni avverse. Le auto a guida autonoma potranno essere coinvolte in incidenti: la respon-
sabilità civile e penale di tali incidenti è argomento di dibattiti e analisi ed è il maggiore problema in quanto la responsabilità va individuata fra il proprietario dell’auto, l’azienda che produce l’auto e l’azienda che produce il software di guida. Le implicazioni sul piano penale non sono ancora chiare, dal momento che la responsabilità penale, almeno nel nostro ordinamento, deve essere strettamente personale. La necessaria collaborazione di numerosi soggetti nella realizzazione del veicolo e dei suoi sottosistemi potrebbe rendere impossibile l’individuazione del soggetto fisico che per “negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” abbia realizzato il componente che ha dato origine al sinistro. A riguardo occorre sottolineare che anche questo aspetto rientra tra i campi di applicazione della fisica, e quindi richiederebbe una fase di progettazione e collaudo guidata dalla figura dell’Ingegnere dell’informazione iscritto all’albo, che, come avviene negli altri campi dell’ingegneria, contribuisca in modo significativo a salvaguardare la salute e la sicurezza pubblica. 5G e il mondo sanitario Quello sanitario è un altro campo in cui ci si attende moltissimo dall’avvento del 5G, sia per la possibilità di eseguire
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interventi chirurgici “da remoto” in cui un chirurgo comanda un robot che agisce in sala operatoria, che per offrire assistenza sanitaria in luoghi remoti o supportare il personale di pronto intervento che potranno inviare dati in tempo reale ai medici e ottenere istruzioni operative. Esistono apparecchiature che combinando i dati rilevati con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possono rilevare un ictus: si tratta però di macchine troppo complesse e costose da inserire in ogni ambulanza: grazie al 5G si potranno usare dispositivi molto più economici e compatti perché l’intelligenza artificiale che elaborerà i dati raccolti si troverà sui server dell’ospedale o sul cloud. La popolazione sta invecchiando rapidamente, e molti anziani vogliono rimanere nelle loro case invece di trasferirsi nelle strutture ospedaliere o in altri centri assistenziali. Il 5G permetterà al personale medico di assistere i pazienti a distanza, di ricevere in tempo reale i dati sullo stato di salute di ciascun soggetto, soprattutto di coloro che necessitano di un monitoraggio continuo e a lungo termine. Grazie all’utilizzo dei vari sensori, i pazienti potranno restare a casa propria senza subire lo stress di spostarsi periodicamente in ospedale per controlli e screening. 5G e IoT Il 5G è la tecnologia abilitante dell’Internet of Things, perché consentirà ad un numero sempre maggiore di dispositivi di potersi connettere, con anche un aumento delle prestazioni ed una maggiore efficienza nella loro gestione, grazie al Massive Machine Type Communication (mMTC). Secondo alcune stime il 5G consentirà all’IoT di passare dagli attuali 20 miliardi di dispositivi connessi ai 76 miliardi ipotizzati per il 2025. L’adozione delle tecnologie IoT permetterà di introdurre il paradigma del “digital twins”, cioè di realizzare la “copia digitale” dei macchinari presenti ad esempio negli impianti o nei cantieri, grazie alla miriade di sensori impiegati. Questo concetto potrà essere applicato anche alle infrastrutture civili come ponti, strade e dighe, aiutando a predire, attraverso la rappresentazione digitale dell’infrastruttura, possibili danni o collassi. Applicando intensivamente queste tecnologie nell’edilizia civile una enorme mole di dati verrà generata e trasmessa dai vari sensori a delle infrastrutture basate su server o cloud in grado di elaborarli attraverso l’uso dell’Intelligenza Artificiale e memorizzarli per fare analisi storiche comparative. Una delle sfide più importanti legate a 5G e IoT sarà la gestione della sicurezza, che non potrà più essere centralizzata ad esempio sui router della rete.
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cover IL 5G, LA RIVOLUZIONE IN CORSO - ESPERTI IN SEMINARIO RIUNITI DA CONFINDUSTRIA
Operare col laser da 15 Km? Why not? Il nuovo è già avanzato Nei campi della sanità come della mobilità e della privacy, gli esempi degli specialisti in un confronto a cui ha partecipato anche l’Ordine degli Ingegneri di Genova. Il problema della sicurezza sempre in primo piano Marco Marchegiano
Come recita un modo di dire fra gli addetti ai lavori, «la tecnologia nasce negli Stati Uniti oppure in Asia, ma le norme per regolarla vengono fatte in Europa». A sentire gli esperti, accadrà così anche per il 5G, e quando gli esperti si riuniscono sotto un unico tetto per confrontarsi sulle loro esperienze, capita spesso di ritenersi testimoni privilegiati. Prendiamo il seminario della Confindustria che il 17 ottobre ha messo insieme - grazie alla collaborazione di Aeit, Ordine degli Ingegneri di Genova e Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Aict, Università degli Studi di Genova e Liguria Digitale, alcune fra i migliori specialisti sul tema “Infrastrutture con fibra ottica e reti 5G. Opportunità di sviluppo sociale ed economico del territorio”. E lasciamo semplicemente a loro la parola, pescando qualche frase dai loro interventi. Edda Boccia, ingegnere biomedico dell’ospedale San Raffaele di Milano: «Nel giorni scorsi il professor Trimarchi, otorinolaringoiatra, grazie al 5G ha compiuto un intervento di microchirurgia laser su una laringe trovandosi a 15 chilometri di distanza, nel Vodafone Village. Questa tecnologia, che apre una nuova stagione nel capo dell’assistenza sanitaria, consente di effettuare esami radiologici a distanza, di monitorare da remoto lo stato dei pazienti che abbiano patologie respiratorie, di connettere con la struttura ospedaliera le ambulanze che stiano trasportando un paziente e dunque di recuperare le cartelle con la sua storia clinica, in modo che quando giungerà al Pronto Soccorso si abbiano già pronte le terapie da somministrare». Da qui la possibilità di creazione di team sanitari multidisciplinari, con medici iperspecializzati che dialogano a distanza in tempo reale fornendo al paziente un trattamento personalizzato. In rampa di lancio pure il robot umanoide R1, che si occuperà di fornire nelle sale d’aspetto tutte le informazioni ai pazienti in attesa e a loro parenti. Ingegner Stefano Bianchi, di Softeco: «Nel campo della mobilità le applicazioni saranno infinite: pensate alla possibilità di ridurre gli incidenti, magari facendo arrivare in tempo reale alle vetture la comunicazione che a metà della galleria che quella stesse auto stanno
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imboccando c’è un mezzo pesante di traverso». Ingegner Paolo Piccardo, di Bv Tech: «Il futuro del Paese dipenderà da questa tecnologia, a differenza del passato quando la supremazia di una nazione era legata alla forza della sua industria bellica o infrastrutturale. Per quanto riguarda i rischi che può creare l’universo 5G, a differenza delle centrali telefoniche che erano legate all’hardware, ora tutto dipenderà dal software, per cui il punto nodale è: chi si occuperà di gestire tutte queste reti e tutte le informazioni connesse? A tal proposito dobbiamo avere una consapevolezza: sarà impossibile realizzare reti che siano sicure al 100%. Se in una catena c’è un anello debole, è ovvio che io cercherò di passare da lì. Dunque, è necessario che l’Unione Europea doti i propri aderenti di un livello di protezione uniforme, non servirebbe a nulla che qualcuno fosse protetto a sufficienza ed altri no. Non dimentichiamolo: lo sviluppo delle reti 5G si intreccia con tematiche di natura geopolitica». Non a caso, i servizi segreti di uno dei Paesi più importanti del mondo hanno di recente chiesto ad Amazon di verificare minuziosamente ventimila computer acquistati, e questo ha permesso di rilevare che era stato inserito un chip la cui presenza non era illustrata nella scheda madre del Paese di provenienza. Quando si parla di sicurezza il riferimento è legato alla privacy, non alla salute delle persone, come invece era stato paventato in un primo momento in molti reportage. Raffele Bolla, docente della Scuola Politecnica dell’Università di Genova: «Attualmente, con il 4G non ci sono molto antenne, ma ognuna di esse ha molta potenza, perché deve portare le informazioni a grande distanza. Con il 5G, invece, ci saranno molte più antenne ma meno potenti, perché dovranno trasportare le informazioni a breve distanza. Tutto ciò limiterà i rischi per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico». Roberto Orvieto, del Consiglio nazionale degli ingegneri, eletto a Genova: «Nel 2005 il numero di dispositivi connessi alle rete era inferiore a quello degli abitanti della Terra; nel 2015 era invece
superiore di 3 volte. Nel 2020 sarà 7 volte maggiore. Dunque, ogni dispositivo connesso crea nuove “opportunità” di essere attaccato. Le statistiche dimostrano che il rischio per le aziende di subire danni a causa del terrorismo è del 6%, a causa delle catastrofi naturali del 16% mentre per il cyber crime è addirittura del 29%. Ma anche le opportunità saranno tante. Ci sarà ad esempio la necessità di avere esperti di crimini digitali che collaborino con la magistratura. Sarà dunque compito
dell’Università far crescere un numero sempre maggiore di ingegneri che abbiano queste competenze». Rodolfo Zunino, docente della Scuola Politecnica dell’Università di Genova: «A proposito di paradossi legati alla privacy, quando ad esempio mi arriva un messaggio sul cellulare che mi comunica quale strada devo fare per trovare meno traffico, vuol dire che non solo qualcuno conosce la situazione della viabilità ma anche quale strada farò, dunque conosce le mie abitudini. Certo, posso disabilitare l’applicazione, ma questo vuol dire che non mi verrà più fornita l’informazione, non che chi conosce le mie abitudine smetta di averle...». Intanto si parla già di 6G: considerato che per passare dal 2G al 3G, e dal 3G al 4G ci sono voluti circa dieci anni, si dovrebbe concretizzare intorno al 2030. Secondo alcuni il 6G fungerà come un sesto senso per gli umani e per le macchine, grazie al quale la biologia si unirà all’intelligenza artificiale per creare un sistema completo. Ma ci sarà tempo per saperlo...
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cover IL 5G, LA RIVOLUZIONE IN CORSO - LE TAPPE DELLO SVILIPPO DELL’IT E I SUCCESSI DELLA RICERCA
Il rinnovato momentum dell’IoT L’influenza dell’evoluzione dell’hardware per la funzionalità e la semplicità d’uso dei nostri dispositivi: la ricerca continua: presto una novità sarà rivelata in un evento con l’Ordine degli Ingegneri Raffaele Rialdi
Presidente di DotNetLiguria Senior Software Architect and Consultant Se osserviamo le innovazioni del passato in ambito IT, non c’è dubbio che l’hardware sia l’autentico trigger delle più grandi rivoluzioni. L’avvento del Personal Computer con IBM, il mouse con Xerox, l’interfaccia a finestre di Gem e la crescita esponenziale della potenza delle CPU hanno portato a grossi salti di qualità in termini di funzionalità e servizi offerti dal software. In epoca più recente, le GPU (Graphics Processing Unit), gli schermi ultrapiatti e le nuove generazioni di WiFi e della rete cellulare sono solo alcuni degli esempi di nuove rivoluzioni tecnologiche che hanno fornito la possibilità ai progettisti software di fornire streaming video in tempo reale sul cellulare. Queste accelerazioni tecnologiche sono ovviamente arrivate anche sull’hardware di taglia più piccola. I microcontrollori, che prima avevano potenza estremamente ridotta, sono gradualmente cresciuti conquistando ogni singolo apparato che governa le nostre vite, siano essi frigoriferi, forni, automobili, ma anche i più semplici asciugacapelli e bilance. Il clock di un microcontrollore PIC12 a 3.3 Volt con 8 pin è balzato da 4MHz a 32MHz contro i 4,77MHz del primo PC IBM, mentre quelli più potenti sono arrivati a potenze paragonabili all’Intel Pentium III. La maggior potenza ha reso più semplice l’uso e la programmazione dei microcontrollori anche grazie ad Arduino, un’azienda italiana leader mondiale delle schede open source basate su microcontrollori. Tra queste spiccano quelle basate su ESP32, un dual core a 240MHz e 16MB di SRAM, un‘altra basata su SAMD21 di Microchip con una FPGA a bordo che permette di generare via software segnali HDMI, o un’altra ancora basata su STM32 di STMicroelectronics a 480MHz e GPU a bordo. Se una volta il microcontrollore poteva semplicemente raccogliere dati sul campo ed eseguire semplici elaborazioni, oggi progettisti ed amatori possono impiegare queste schede per processare in tempo reale segnali complessi, fare trasformate di Fourier per l’analisi in frequenza o altre tipologie di filtraggio e controllo. A completare la scacchiera c’è il Cloud, un termine molto confuso e ambiguo per riassumere Storage, Servizi e Calcolo distribuiti su Internet, fornendo la più grossa occasione per la piccola elettronica di fare un ulteriore salto di qualità: Internet of Things. L’idea è tanto semplice quanto efficace: raccogliere
i dati sul campo, spedirli sul Cloud e, dopo averli opportunamente omogeneizzati, renderli fruibili tramite servizi. Questo è ciò che rende possibile, per esempio, collegare i dati della bilancia “smart” con quelli del cardiofrequenzimetro e del GPS per fornire ponderati consigli sulla dieta. Tra il grosso supercomputer che ci teniamo in tasca, volgarmente chiamato cellulare, e i microcontrollori ci sono i sistemi embedded. Tra questi il più famoso è il Raspberry PI, diventato popolare per costare solamente 35$, ma esibendo tutte le caratteristiche di un vero computer. Il sistema operativo nativo è chiamato Raspbian, una distribuzione Linux derivata da Debian, con tanto di desktop grafico e applicazioni office, spesso usato come computer nei paesi più poveri. A differenza di un computer tradizionale, il Raspberry PI ha 40 pin di I/O programmabili, ideale per la raccolta di dati sul campo ma anche per elaborazioni più sofisticate. In mezzo a tanta potenza, come si può scegliere il dispositivo più adatto? Naturalmente una risposta esaustiva dipende dal caso d’uso, ma ci sono alcuni elementi che influenzano fortemente la decisione. In primis la necessità di elaborare in tempo reale i segnali acquisiti. Se per esempio stiamo acquisendo dei dati da un giroscopio a 9 assi (velocità angolare, accelerazione lineare e bussola) non possiamo permetterci alcuna latenza tipica di un sistema operativo (né Windows né Linux sono real-time). Prima di decidere l’adozione di un sistema operativo real-time, è bene valutare la scelta di un sistema meno complesso (e quindi meno prono ai bug) basato su microcontrollore. Grazie alle potenze esibite da questo hardware, possiamo elaborare i dati sul dispositivo stesso, diminuendo perciò in modo significativo anche i dati da trasmettere al sistema centrale. Un altro fattore decisivo è la sicurezza. Anche se oggi troviamo mi-
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crocontrollori dotati di wifi, è bene valutare con attenzione se usare una comunicazione wireless che è in vorticosa evoluzione e che vede montagne di nuovi attacchi ogni anno. Inoltre, l’eventuale utilizzo di certificati digitali rende difficile il loro rinnovo sul dispositivo. Non dimentichiamo che tenere aggiornato un piccolo microcontrollore è molto più complesso rispetto ai dispositivi basati su un sistema operativo. Questo è il motivo per cui dietro ai microcontrollori che raccolgono i dati sul campo ci sono spesso dei gateway locali, spesso basati su sistemi embedded alla stregua del Raspberry PI, che si occupano di fare da scudo ed imbucare i dati sul Cloud o esporre una piccola interfaccia web per la gestione remota. Su questo fronte, la grossa novità è Azure Sphere, un microcontrollore creato da Microsoft e basato su Linux, tutto improntato alla sicurezza. Il punto focale è quello di chiudere in hardware le porte degli attacchi isolando un sottosistema dal mondo esterno. Il fortino che ne risulta repelle i tentativi di programmare un firmware di versione più vecchia e ammette solo comunicazioni certificate tramite un sistema fornito ad hoc sul Cloud. Ovviamente anche i sistemi embedded non sono rimasti a guardare e, per esempio, grazie alla versione 4 del Raspberry PI, ho avuto abbastanza potenza a disposizione da poter utilizzare delle librerie di Machine Learning sul dispositivo per riconoscere oggetti e persone in tempo reale dalla videocamera integrata. Di più non posso rivelare perché questa sarà una delle demo che mostreremo nel prossimo evento su IoT che abbiamo organizzato noi di DotNetLiguria insieme all’Ordine degli Ingegneri. Sulle possibili evoluzioni basta lasciare andare la fantasia: pensiamo solo che unendo tutto ciò ad un Lidar (un radar ottico) e al Machine Learning, una parte importante del problema della visione artificiale puó essere risolto a costi ridicoli rispetto ai risultati ottenuti. Le vorticose previsioni di crescita dell’IoT, che gli esperti fecero 5 anni fa, sono state abbastanza rispettate ma non è affatto azzardato pensare che l’accelerazione data dalle nuove tecnologie hardware fornirá un’ulteriore spinta per i prossimi anni. Raffaele Rialdi è un consulente sullo sviluppo software che ha lavorato in ambito manufacturing, racing, healthcare e financial. Ha ricevuto il titolo di Most Valuable Professional da Microsoft a fine del 2003. È trainer e speaker in conferenze in diversi paesi tra cui USA, Russia, Romania e Italia.
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cover IL 5G, LA RIVOLUZIONE IN CORSO - IL RAPPORTO LA TRA NUOVA TECNOLOGIA E LA SALUTE
Ma è vero che è nocivo? Finora nessuno lo ha dimostrato Come è già avvenuto per altre innovazioni tecnologiche precedenti, anche questa è sottoposta a monitoraggi continui del Ministero della Salute e di vari istituti di ricerca, e nonostante una maggiore densità urbana di microantenne ad alta frequenza, la capacità di penetrazione è minore e non vengono assorbite dal corpo umano. Secondo l’OMS non esistono studi scientifici che ne attestino la pericolosità
Matteo Gentile
Consigliere Ordine Ingegneri Genova Delegato “Information and Communication Technology”
Il 5G prevede una rete trasmissiva capil-
larmente distribuita e - come già detto nei servizi precedenti - sarà la tecnologia determinante e abilitante non solo per l’IoT, ma anche per la diffusione di tutte le altre come blockchain, agrifood, pagamenti digitali, controllo a distanza, monitoraggi, big data e intelligenza artificiale che sono basate sulla raccolta e scambio di dati, diventando una delle due gambe, assieme al cloud, necessarie per camminare sulla strada della digital transformation. Che effetti avranno le onde elettromagnetiche usate nel 5G? - Le onde impiegate dalla rete 5G hanno una minore capacità di penetrazione attraverso l’aria, la vegetazione e le pareti degli edifici rispetto alle tecnologie precedenti, e richiedono dunque una più elevata densità urbana di micro-antenne che agiscano da ripetitori. Essendo onde ad alta frequenza, la loro intensità, ossia l’energia trasportata per unità di tempo e di superficie (e quindi la capacità di penetrazione), sarà molto bassa. I dispositivi IoT comunicheranno utilizzando in particolare onde elettromagnetiche di frequenza appartenente alla banda 26,5-27,5 GHz, indicate spesso come “onde millimetriche”, anche se queste corrispondono più precisamente alle frequenze comprese tra 30 e 300 GHz (lunghezze d’onda comprese tra 1 e 10 mm).
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A queste frequenze le onde elettromagnetiche vengono riflesse o assorbite superficialmente a livello della pelle, senza quindi penetrare all’interno del corpo: essendo di così elevata frequenza, non riescono a penetrare attraverso gli edifici o comunque a superare ostacoli, ed inoltre vengono facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie. Per questo motivo sarà necessario utilizzare, in maggiore misura rispetto alle attuali tecnologie di telefonia mobile, le cosiddette small cells, aree di territorio coperte dal segnale a radiofrequenza le cui dimensioni che possono andare da una decina (indoor) a qualche centinaio di metri (outdoor), sono molto inferiori a quelle delle macrocelle che possono essere estese anche diversi chilometri. Ciò comporterà, come si diceva, l’installazione di numerose antenne, e questa sembra essere una delle principali cause di preoccupazione dei cittadini circa possibili rischi per la salute connessi all’aumento di emissioni elettromagnetiche legate appunto alla tecnologia del 5G. Il Ministero della salute ha finanziato, presso il Centro nazionale di controllo delle malattie, il progetto triennale CAMELET (salute e Campi Elettromagnetici), sviluppato dall’Istituto superiore di sanità, che, tra le altre cose, ha creato un sito tematico (http://old.iss.it/elet/), finalizzato a fornire ai cittadini un quadro globale dei risultati delle ricerche delle più innumerevoli organizzazioni nazionali e internazionali delle normative di protezione e delle strutture preposte al controllo dei campi elettromagnetici. Effetti a breve termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza - Secondo i dati di questo centro, gli unici effetti sulla salute umana dei campi elettromagnetici a radiofrequenza che siano stati accertati dalla ricerca scientifica, sono quelli a breve termine, di natura termica, dovuti a meccanismi di interazione tra i campi e gli organismi biologici ben compresi. L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica incidente sul corpo umano, viene in parte riflessa, in parte assorbita ed in parte trasmessa dal corpo stesso. L’energia elettromagnetica assorbita dai tessuti viene convertita in calore, provocando quindi un aumento della temperatura del corpo, generalizzato o localizzato a seconda delle modalità di esposizione. L’entità di que-
sto fenomeno dipende dai meccanismi di termoregolazione corporea, come l’accelerazione della circolazione sanguigna, della sudorazione o della respirazione. Queste reazioni biologiche rallentano il processo di riscaldamento e limitano la temperatura a cui si stabilisce l’equilibrio termico. L’organismo può tollerare aumenti di temperatura inferiori a 1°C, soglia al di sotto della quale non si verificano pertanto effetti dannosi per la salute. Il 5G, come le attuali tecnologie di telefonia
mobile di seconda, terza e quarta generazione (2G, 3G e 4G), non richiede segnali elettromagnetici di intensità tale da indurre aumenti significativi della temperatura corporea dei soggetti esposti, per cui non è prevedibile alcun problema per quanto riguarda gli effetti noti dei campi elettromagnetici. Effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza - Secondo i dati di questo centro inoltre la possibilità di rischi a lungo termine per la salute, connessi alle esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza a livelli inferiori a quelli raccomandati dagli standard internazionali di protezione, è stata e continua ad essere oggetto di numerosissimi studi scientifici, sia di tipo osservazionale direttamente sugli esseri umani (epidemiologici), sia di tipo sperimentale su animali in vivo e su cellule in vitro. L’insieme dei “report” disponibili è stato esaminato, nel corso degli anni, da diverse
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cover commissioni nazionali e internazionali di esperti. In particolare, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha valutato nel 2011 le evidenze scientifiche sulla cancerogenicità dei campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari, da antenne radiotelevisive e antenne fisse per telefonia cellulare, nonché da apparecchiature di notevole potenza usate in ambito industriale. Secondo la IARC, il complesso degli studi esaminati non supporta l’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici, e li ha classificati - assieme a quelli a radiofrequenza - solo come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2B) e non come “probabilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2A), né come “cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 1, in cui sono compresi ad esempio la radiazione solare e il radon - gas radioattivo di origine naturale che espone a radiazioni ionizzanti - presente nelle abitazioni). La stessa IARC, in una recente pubblicazione divulgativa sul proprio sistema di classificazione delle evidenze di cancerogenicità, afferma che «i campi a radiofrequenza sono classificati nel gruppo 2B perché c’è un’evidenza tutt’altro che conclusiva che possano provocare il cancro negli esseri umani». L’Icnirp (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, un’organizzazione no-profit internazionale) ha diffuso una nota in cui viene affermato che «Sono stati pubblicati due recenti studi sugli animali che indagano il potenziale carcinogenico dell’esposizione a lungo termine ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (EMF) associati ai telefoni cellulari: uno dal Programma nazionale di tossicologia degli Stati Uniti (NTP 2018a, b) e l’altro dall’Istituto Ramazzini (Falcioni et al. 2018). Questi studi, tra gli altri, sono stati presi in considerazione durante la revisione delle linee guida sull’esposizione alla radiofrequenza di Icnirp. Tuttavia, entrambi gli studi hanno incongruenze e limitazioni, che influenzano l’utilità dei loro risultati per la definizione di linee guida sull’esposizione, ed entrambi devono essere considerati nel contesto di altre ricerche di cancerogenicità su animali e persone. Complessivamente, sulla base delle considerazioni esposte di seguito, Icnirp conclude che questi studi non forniscono una base affidabile per la revisione delle linee guida esistenti sull’esposizione alla radiofrequenza». In conclusione, i dati disponibili non fanno ipotizzare particolari problemi per la salute della popolazione connessi all’introduzione del 5G. Tuttavia è importante che l’introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione (come del resto avviene già attualmente per le attuali tecnologie di telefonia mobile) e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine. Le norme sull’esposizione ai campi elettromagnetici - Esistono delle norme che regolano l’esposizione ai campi elettroma-
MA È VERO CHE È NOCIVO? FINORA NESSUNO LO HA DIMOSTRATO
gnetici da radiazioni non ionizzanti (NIR), come la Raccomandazione del Consiglio Europeo 1999/519/CE del luglio 1999, che ha portato i vari Stati europei ad adottare una legislazione propria, ed alcune norme CEI come la 211-7 e la 211-10. A livello nazionale, la materia dei limiti di emissioni elettromagnetiche ha trovato la sua regolamentazione nella Legge 22 febbraio 2001, n. 36, recante “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, la cui impostazione riflette il principio di precauzione di cui all’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e ha istituito il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico. Il DPCM dell’8/07/2003 ha fissato in 6 V/m l’intensità massima del campo elettrico ammissibile in Italia per le frequenze da 0.1 Mhz a 300 GHz ed una intensità di campo magnetico di 0.016 A/m, tra i valori più bassi in Europa e nel resto del mondo (in Germania e Francia si ha un limite di 58 V/m); a livello europeo, solo l’Italia, la Bulgaria, la Polonia e il Belgio (sia pur con alcune diversità) hanno adottato un limite pari a 6 V/m. Le grandezze fisiche di riferimento utilizzate per fissare i limiti sono il sar (specific absorption rate) misurato in w/kg (watt per chilogrammo), che misura la potenza assorbita dal corpo, e la densità di potenza (p) in w/m2 (watt per metro quadro), che è la grandezza fisica caratterizzante la propagazione dell’onda elettromagnetica nell’ambiente. Il fattore di sicurezza applicato dalle linee guida internazionali è pari a 50 per la popolazione generale esposta al campo. E dunque i limiti fissati dalle raccomandazioni sono 50 volte inferiori rispetto ai valori di soglia minima per i quali sono stati osservati degli effetti sanitari. I fatti - Lo scorso 15 Ottobre la Camera dei Deputati ha visto una “Discussione delle Mozioni sulle iniziative sulla tutela della salute e la tecnologia 5G” in cui è stato ribadito che al momento non sussistano rischi dimostrati per la salute pubblica derivanti dall’impiego di questa tecnologia. Un fatto certo dal suo avvento sarà che alcune frequenze fino ad oggi utilizzate dal digitale terrestre verranno usate per la rete 5G, cioè la banda dei 700 MHz, quella più “preziosa” perché con maggiore facilità di penetrazione all’interno degli edifici; ciò comporterà la nascita di una “nuova generazione” di digitale terrestre, la tecnologia DVB-T2 che diventerà il nuovo standard con l’aggiornamento del nuovo digitale terrestre al posto della vecchia DVB-T, per cui se si possiedono decoder o TV compatibili con solo questo standard sarà presto necessario l’acquisto di apparecchi compatibili con DVB-T2. L’infrastruttura radiomobile già oggi è controllata costantemente dagli enti preposti, e in fase di autorizzazione delle installazioni delle nuove antenne le Arpa regionali ac-
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certeranno che non venga superato il limite previsto, negando il permesso in caso di requisiti non soddisfatti. Una volta installata l’antenna il campo elettromagnetico verrà monitorato costantemente affinché il livello di esposizione della popolazione non superi i limiti di legge. Un’analisi della società Ernst & Young evidenzia come le implicazioni economiche correlate alla disponibilità di reti e servizi 5G sul sistema Paese, siano pari a circa lo 0,3% del PIL in media per i primi 15 anni a partire dal 2020, con un impatto di circa 5-6 miliardi di euro all’anno, tenendo conto sia dei maggiori investimenti generati
dalle piattaforme 5G-enabled nei vari ambiti applicativi, sia dei risparmi conseguenti all’utilizzo di tali piattaforme. Esistono molte teorie strampalate, come l’idea che le onde elettromagnetiche del 5G abbiano una frequenza tale da stimolare una risonanza delle molecole d’acqua, «cuocendo il nostro corpo come in un forno a microonde» o che “qualcuno” potrebbe «prendere il controllo dei nostri corpi». Tornando alla realtà, dal punto di vista clinico al momento non esistono studi scientifici che dimostrino la pericolosità di onde con le frequenze del 5G, né delle onde con le frequenze utilizzate finora dalle generazioni di reti mobili precedenti, come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (https://www.who.int/ en/news-room/fact-sheets/detail/electromagnetic-fields-and-public-health-mobile-phones).
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genova 2018-2048 VIADOTTO SUL POLCEVERA - PARLA L’ING. ROBERTO CARPANETO DI RINA CONSULTING SPA
«Direzione dei lavori? Non solo» PMC, il “motore” del cantiere Le estese responsabilità della società del Gruppo Rina, che opera con una squadra di 80 persone, quasi tutti ingegneri, e si pone fra il committente e le imprese, pensando a tutti gli aspetti di direzione lavori, coordinamento in fase di esecuzione, controllo qualità, supporto alla struttura commissariale. «Nonostante la possibilità di farlo, mai derogato a nulla, cerchiamo di prevedere anche i più piccoli contrattempi e prevenirli. E con il lavoro di tutti riusciamo a superare situazioni complicatissime: il cantiere è in mezzo alla città e i genovesi ci stimolano continuamente a fare presto» Gianfranco Sansalone
Nell’elenco delle prime 50 società di ingegneria italiane del 2019, stilato dall’agenzia di ricerca e promozione milanese Guamari, risulta per fatturato (dati 2018) al quinto posto - avendone guadagnato uno rispetto all’anno precedente - quattro poltrone sotto l’Italferr, che siede in cima al podio. Rina Consulting Spa, con decreto 12 del 5 dicembre 2018, firmato dal Commissario straordinario per la ricostruzione del viadotto Polcevera, Marco Bucci, è il PMC (Project Management Consulting) per dirla in breve, del cantiere più noto d’Italia e spesso sotto i riflettori dei media internazionali per la tragedia che quel maledetto 14 agosto costò la vita a 43 persone per il crollo del ponte Morandi. Lavori in mezzo mondo, un fatturato di 256 milioni di euro lo scorso anno, 400 dipendenti ospitati proprio dalla fine dello scorso gennaio nei 4.200 metri quadri dell’edificio di via Cecchi alla Foce che fu sede di imprese storiche genovesi dai brand gloriosi come Piaggio e Saiwa, dentro il piccolo acronimo che in Italia non molti conoscono, la società racchiude una serie di funzioni basilari per il funzionamento del cantiere. Dal coordinamento progettuale alla direzione lavori, dal controllo qualità al supporto alla struttura commissariale nell’ambito dell’appalto o degli appalti pubblici dei lavori per la realizzazione, in estrema urgenza, di tutte le opere di demolizione e di costruzione necessarie al ripristino strutturale e funzionale del viadotto Polcevera in Genova, come si legge nei decreti 11 e 13 del Commissario. Project Director e interlocutore di tutti gli attori che gravitano attorno alla realizzazione dell’opera, dal Commissario ai Rup per la demolizione e la costruzione Roberto Tedeschi e Maurizio Michelini, al consorzio demolitore (Fratelli Omini, Fagioli, Ireos, IPE Progetti) e al Consorzio costruttore PerGenova (Fincantieri e Salini Impregilo), al direttore artistico Renzo Piano e a tutte le altre figure professionali impegnate a vario titolo, è Roberto Carpaneto, 60 anni, ingegnere civile strutturista e AD di Rina Consulting. Sul ruolo del Project management, ma anche di molte altre cose legate al lavoro nel cantiere, parliamo con lui proprio il giorno in cui viene elevato, con non poche difficoltà per la posizione e le cattive condizioni meteo, il secondo impalcato metallico da 100 metri di lunghezza sul nuovo Ponte, proprio quello che scavalca il Polcevera, sulle pile 9 e 10, e al quale verrà prossima-
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mente collegato il terzo e ultimo pezzo della stessa dimensione (gli altri sono da 50 metri) che passerà sopra la massicciata ferroviaria. Ingegner Carpaneto, c’è qualcosa di diverso nel ruolo di PMC svolto nel cantiere del viadotto sul Polcevera rispetto ad altri incarichi uguali che avete rivestito in altre realtà? Direi sostanzialmente due, entrambe tipiche del nostro lavoro. La prima è il Planning, che è stato finalizzato fin da subito affinché i lavori potessero svolgersi in maniera parallela anziché sequenziale. O meglio, nei cantieri si cerca sempre di fare operazioni ottimizzate per guadagnare tempo, ma in questo caso l’intensità, la forza e il vigore impiegati sono stati davvero particolari, ed è servito molto. La seconda è la capacità di scendere fino al minimo dettaglio, affinché ogni singola operazione non sia mai lasciata più di tanto a singoli eventi inattesi. Per quasi tutto, anzi direi tutto, anche le operazioni più piccole, si cerca di valutare i rischi e identificare fin da subito possibili azioni di rimedio che modifichino la sequenza, magari minima, della singola operazione; ma senza mettere a repentaglio il flusso generale e quindi l’andamento del cantiere o di una certa fase nel suo complesso. Il tutto attraverso un aggiornamento praticamente quotidiano del planning, a seconda delle eventuali perturbazioni che avvengono sul cantiere. Per esempio? La rottura di una macchina piuttosto che l’assenza di un operaio da una squadra che magari rimane bloccato sul treno, oppure il maltempo che si prolunga più del previsto o cose di questo genere. Di fronte a eventi inattesi ma prevedibili, che sono frequentissimi, non è concepibile dire “vediamo come si mette e poi decidiamo”. No, si prevede e si attua subito un aggiustamento del cantiere. Questo è puro management, pura pianificazione nei minimi dettagli per evitare disguidi. Questo intendo quando dico “andare molto nello specifico”. Un’attività che svolgiamo, sia chiaro, fin dalla prima fase della demolizione. Il fatto che il 28 giugno dello scorso anno, quando abbiamo fatto implodere le pile 10 e 11 del Morandi e tutto si è svolto alla perfezione, non è stato un caso, ma il risultato di uno sforzo di tutti per prevedere il prevedibile. Almeno ci abbiamo provato… La regola del nostro lavoro giornaliero, ha tenuto conto di tre fasi fin da subito: demolizione, sovrapposizione e sovracostruzione.
ABBIAMO OPERATO CON TUTTI I PARERI PREVISTI NONOSTANTE LA DEROGA Per questi lavori è stata fatto un decreto, nominato un commissario, stabilito un regime di deroga con la possibilità di non essere strettamente legati al codice degli appalti. Al di là delle polemiche che ci sono state soprattutto nella prima fase, quanto vi ha aiutato tutto questo? Le dico francamente che la scelta di chi avrebbe dovuto demolire e costruire attiene alla struttura commissariale che ha applicato una normativa europea, in deroga al Codice degli appalti. Devo invece sfatare una cosa che è nel pensiero comune ma non corrisponde alla verità: tutto ciò che è previsto a livello autorizzativo per le opere pubbliche italiane di questo genere, ovvero tutte le autorizzazioni prescritte sono state ugualmente richieste, sottoposte e ottenute, sia per la fase di demolizione che per quella costruttiva. Non è stata saltata nessuna autorizzazione. Siamo passati attraverso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il Ministero dell’Ambiente, dagli infiniti permessi che abbiamo dovuto chiedere all’Autorità Metropolitana cioè la ex Provincia, alle Asl, a tutte le altre autorità competenti. Io non so perché, forse per la velocità con la quale abbiamo proceduto, si è diffusa la credenza che abbiamo saltato delle fasi autorizzative, cosa assolutamente falsa. Se lei legge il decreto, il Commissario avrebbe potuto agire in regime di deroga per larga parte di questo, ma invece è stato fatto tutto. È stato un problema di impegno, più forte del solito da parte di tutti. La legislazione che avrebbe potuto aiutarci, che ci consentiva di andare in deroga, come le ripeto, non è stata utilizzata. Il Commissario, non io, avrebbe potuto decidere di non chiedere niente ai Lavori Pubblici, invece lo abbiamo fatto, abbiamo ricevuto i loro commenti, li abbiamo implementati; avremmo potuto evitare di fare una valutazione di impatto ambientale, invece l’abbiamo fatta. Si è passati dalla Commissione Via normalmente, solo che lo si è fatto in tempi più brevi con impegno di molti, e invece di riunirci una volta al mese lo abbiamo fatto quasi tutti i giorni… Per lei qual è la differenza del cantiere del viadotto Polcevera con un’opera normale? Che i tempi con cui sono state ottenute tutte queste autorizzazioni, di cui si è discusso con il Consiglio dei Lavori Pubblici o col Ministero, sono stati effettivamente molto ridotti rispetto a
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genova 2018-2048 quella che è la normale vicenda autorizzativa di molte altre opere. Se lei mi chiede il motivo le rispondo che forse le autorità hanno usato un occhio speciale, che il progetto ha lavorato con un’intensità speciale, sta di fatto che il tempo consumato per la fase autorizzativa è stato minore del dovuto. Ma nulla è stato saltato! Una cosa questa che non tanti hanno compreso. Forse non l’ha comprese nemmeno un suo collega, il presidente dell’Ance, il quale l’altro giorno ha detto che in Italia per fare un lavoro superiore ai 100 milioni di euro ci vogliono in media 15 anni, e che Genova è andata in deroga su tutto… Sono d’accordo con lei, conosco molto bene il presidente dell’Ance, l’ho incontrato molte volte, ma le garantisco che in questo progetto è come le sto dicendo io. Magari anche noi dovremmo divulgare di più questa informazione. Poi tutti ci prendono come esempio perché abbiamo fatto presto, o ci usano per dire che la burocrazia avanza. Ma noi abbiamo semplicemente cambiato i tempi della burocrazia, rendendoli più contenuti. Può darsi che in questo progetto abbia anche inciso una particolare carica emotiva perché tutti ci hanno stimolati a lavorare di più, in fretta e meglio... IL “MODELLO GENOVA”? NIENTE DI SPECIALE, SOLO TANTO LAVORO In 18 mesi siete passati - in alcuni giudizi ma che sono circolati tanto - da quelli che facevano tutto male a quelli che il cosiddetto “modello Genova” deve essere applicato anche per sconfiggere il coronavirus. Per conto del M5S, è stata presentata dal vice ministro alle infrastrutture e trasporti Giancarlo Cancellieri una proposta di legge al premier Conte, per migliorare ed estendere il decreto Genova ai casi urgenti per recuperare 80 miliardi di lavori bloccati in questo momento in italia. Non tutti l’hanno però apprezzata, e fra questi appunto il presidente dell’Ance, che è partito dagli stessi presupposti per poi concludere che è meglio lasciare tutto com’è. Lei che cosa ne pensa? Guardi, io sono anche il vice presidente dell’Oice, che è l’organizzazione delle società di ingegneria. Faccio parte del consiglio generale e dell’ufficio di presidenza. Tra di noi stiamo discutendo proprio quella bozza che lei ha citato. Devo dire che nemmeno noi siamo particolarmente tifosi di questa bozza. Il punto è che secondo me il “modello Genova” non è una cosa speciale, e gliel’ho detto prima che mi facesse questa domanda. Noi abbiamo fatto le stesse cose che si fanno normalmente, solo in un tempo molto inferiore. Allora forse il problema è che quando imprese, progetti, committenti, autorità competenti, si parlano un risultato è buono, ma i metodi sono i soliti, bisogna solo farli in tempi e modi più giusti. Se questo accadesse anche negli altri appalti che ci sono sarebbe buona cosa. Non è necessario fare sempre cose speciali e straordinarie. Le cose si possono fare bene anche in maniera normale. Non dobbiamo essere sempre in emergenza. Voglio dire che non vorrei che passasse il messaggio che sono venuti i marziani e hanno fatto il modello Genova. Non c’è nessun marziano. Ci sono dei bravi ingegneri, escluda me, delle persone che si sono date da fare, e anche le
«DIREZIONE DEI LAVORI? NON SOLO» PMC, IL “MOTORE” DEL CANTIERE
autorità che erano ben presenti: il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici si è riunito in seduta fiume per “enne” volte, anche di domenica; molte persone si sono date tanto da fare, e questo è il risultato… Come Rina Consulting, fra le tante altre cose, a voi compete anche la gestione dei rapporti con le imprese, in una situazione in cui la committenza pubblica rappresentata da un commissario straordinario nominato dal governo, che è anche il sindaco di Genova, sembra farsi notare per una particolare tendenza alla rigidità, alla pressione perché i termini sottoscritte vengano rispettati, per una certa rigidità. Almeno così appare. Ora, al di là dei contratti, delle penali, delle scadenze, voi come PMC agite fra il committente e le aziende in situazioni spesso difficili. Le chiedo: si sono manifestate situazioni complicate da gestire e in quali ambiti? Non mi interessa il gossip, ma la parte gestionale del vostro ruolo. Sicuramente quest’argomento ha investito il ruolo di PMC, perché interessa la pianificazione e altro, però devo ricordare che Nira ricopre anche la direzione lavori e il direttore lavori ha la sua squadra - noi siamo 80 persone, non poche - ed è il responsabile ultimo delle attività. Davanti alla legge responsabili sono il direttore lavori e il Rup. L’altra figura chiave, in quando a responsabilità, è il coordinatore della sicurezza in fase esecutiva, e anche questa è espressione del Rina. Detto ciò, si può anche leggere sui giornali che Bucci fa pressioni. Questo significa che noi ascoltiamo e condividiamo la premura e la voglia di fare in fretta ma facciamo quello che si può fare non con premura, perché lavoriamo comunque senza discussioni e in sicurezza, cercando di garantire la qualità, che è un’ulteriore responsabilità non solo del direttore dei lavori ma di Rina, come il controllo del cantiere. Quindi non ci sono deroghe su questo. Anzi, le dico, molte volte capita come ultimamente, si dire che la trave sarà sollevata domenica, poi lunedì mattina, invece abbiamo finito stanotte, martedì, che potrebbe essere inteso come un ritardo di più di 12 ore. Ma dietro tutto questo c’è un lavoro enorme, lunghissimo, di preparazione, e noi dobbiamo stare attenti a fare le cose bene: siamo andati più lenti del dovuto sul fiume perché dovevamo essere sicuri che tutto si muovesse con la massima sicurezza, requisito essenziale assieme alla qualità. Tenendo anche presente però che il tempo è un fattore importante, dobbiamo studiare le operazioni siano fatte prima possibile. E qui, come le dicevo, entra in campo il Planning.Ma questo si può fare se si ha un rapporto collaborativo con l’impresa. Non è sempre facile, è inutile nascondersi, però devo dare atto che questo è stato inteso, e devo dire che PerGenova, pur intendendo ognuno il proprio punto di vista, ha un atteggiamento collaborativo. Che si vede, non è di facciata. Inoltre abbiamo uno spettatore incredibile che si chiama “popolazione di Genova”, che soffre senza questo ponte. Le persone devono fare un giro più largo, passare da via Guido Rossa, allungare il percorso di mezz’oretta…La gente ci ferma per strada, ci dice: “Ah ma lei è quello che lavora per il ponte? Mi raccomando fate un buon lavoro ma fate presto!” . Questa frasetta
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che sembra una sciocchezza, ce la sentiamo rivolgere tutti i giorni e ci responsabilizza. È un fattore aggiunto che magari altri progetti non hanno e si vede. Sono tante le componenti in questo progetto. Sappiamo tutti che ogni giorno di ritardo significa, al di là dei disagi, un impatto anche economico sulla città, sul nostro Paese, quindi cerchiamo di andare avanti e fare il prima possibile mantenendo sicurezza, qualità, facendo una cosa fatta bene. E si può fare: finora ci siamo riusciti, ci riusciremo anche per gli ultimi mesi di questo cantiere, senza andare in quegli atteggiamenti di pressioni inutili che citava prima lei. Le difficoltà maggiori, in questi 18 mesi, quali sono state, ci sono stati…”muri” da abbattere per raggiungere il risultato? No, muri da abbattere mi sembra una definizione forte. Qualche difficoltà, anche operativa, si. Una sicuramente è quella legata al fatto che il cantiere si trova nel bel mezzo di una città e quindi logisticamente può capire… Tra l’altro Genova è tra due valli, la Valbisagno e la Valpolcevera. Vicino al ponte ci sono circa 60-70 mila residenti, e gravitano su quattro strade: noi le tagliamo tutte. Immagini cosa vuol dire conciliare tempi ristretti, spazi ristretti, con una viabilità urbana che non potevamo chiudere privando la gente di 4 strade contemporaneamente; abbiamo cercato sempre di limitare le chiusure nella stragrande maggioranza dei casi a una sola strada su 4, solo in pochi casi a due, mai a tre. È stata una grande difficoltà operativa per noi, volendo lavorare veloci, per costruire mentre si demolisce, e in mezzo a realtà industriali. Non dimentichiamo che il cantiere, tanto per dire, è a dieci metri dai cancelli dell’Ansaldo, un luogo produttivo da cui escono macchinari, turbine, che devono raggiungere il porto. Non potevamo e non possiamo certo chiudere il ponte per una situazione viaria in cui i nostri mezzi si incrociano con quelli privati e di altre aziende che hanno le loro esigenze, che noi dobbiamo cercare di rispettare. Vicino a noi c’è anche la Saip e m S a n Giorgio, altro nome importante: qualcuno pensa che sia facile conciliare il lavoro di un grosso cantiere in una situazione logistica così Ph Nira Consulting
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genova 2018-2048 complessa? Un’altra grossa difficoltà. un po’ inaspettata, almeno nella prima fase è stata la questione amianto. Ci siamo trovati di fronte a un’attenzione estremamente amplificata rispetto a quello che quest’aspetto effettivamente meritava. Pensi che abbiamo eseguito più di 450 campioni che è un numero incredibile. Abbiamo trovato delle condizioni di amianto veramente marginali, tipologie che non possono disperdersi in atmosfera, che avevano contenuti soltanto in meno dell’1% dei campioni e al di sotto delle soglie ammesse. Ma detto questo, il problema di essere dentro una città ci ha imposto di trattare la cosa che se fosse comunque estremamente critica. La conseguenza è stata che rispetto a un progetto normale abbiamo trovato delle soluzioni - ad esempio riguardo l’implosione - che sono delle prime assolute, mai praticate, come le vasche piene d’acqua che abbiamo allestito per soffocare le polveri, e sulle quali abbiamo lavorato molto in termini di studio, preparazione, realizzazione. Ma non sono le uniche applicazioni inedite che abbiamo provato. Alcune sono andate male, ma alla fine tutto si è risolto bene con nostra grande soddisfazione. Non semplice è stato anche il sollevamento del secondo impalcato da 100 metri sulle pile 9 e 10, che scavalca il torrente Polcevera e va a unirsi al primo della stessa lunghezza, sulle pile 8 e 9, sollevato tra il 12 e il 13 febbraio. Si, l’ultimo, varato nella notte tra il 9 e 10 marzo ha presentato, dal punto di vista costruttivo, diverse difficoltà. Intanto bisogna dire che è stato la fine di un lavoro cominciato molto tempo prima, e ha risentito delle avverse condizioni meteo che hanno causato un po’ di ritardo sul previsto. Si è trattato di far passare una trave di quasi 100 metri e circa 2 mila tonnellate, facendole attraversare una strada senza le strisce, come dicevamo per fare una battuta in cantiere, e anche un fiume a sbalzo. Purtroppo non siamo stati molto fortunati col tempo, appunto perché è piovuto quando eravamo proprio a metà dello sbalzo e sostanzialmente parcheggiare questo neanche piccolino oggetto in una posizione che prevedeva una tolleranza di qualche millimetro, diciamo che più che critica è stata un’attività intensa che non capita proprio tutti i giorni e che ha visto tutti coinvolti, come sempre. Lei ha parlato di alcune cose fatte per la prima volta in questo cantiere, tipo l’implosione con caratteristiche diverse rispetto al solito, e
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altro. Posso chiederle se questa esperienza ha avuto un valore aggiunto anche per voi, se avete imparato qualcosa di nuovo e che cosa? Beh, forse l’esercizio di interazione delle operazioni sviluppato con Salini è andato oltre quello che solitamente facciamo. Quindi abbiamo imparato quella che è la gestione del cantiere finalizzata a garantire ciò che le ho detto. L’altra cosa è che anche le soluzioni non tanto progettuali, che per certi versi sono innovative ma senza una “prima” dal punto di vista strutturale, quanto dal punto di vista costruttivo, ci hanno dato modo di imparare qualcosa. Ricordo ad esempio uno studio molto dettagliato con applicazioni molto estese e faticose - realizzate nel giusto spirito di collaborazione con l’impresa - per trovare delle miscele di calcestruzzo che garantissero caratteristiche particolari in tempi brevi per accelerare la salita delle pile in funzione delle condizioni idrometriche di Genova, che cambiavano nel corso dell’anno. Quindi anche con le società che fornivano i calcestruzzi sono stati fatti degli studi, delle prove estremamente approfondite, e sono un bell’esempio su come abbiamo lavorato insieme. Queste sono cose sulle quali abbiamo cercato di imparare e magari ci siamo riusciti. Abbiamo ad esempio queste cassaforme rampanti, e non potevamo permetterci, sempre nell’ottica di ottimizzare i tempi, di attendere tutto il tempo necessario richiesto da un normale semplice calcestruzzo. Volevamo costruire velocemente le pile e allora abbiamo fatto un progetto di ricerca di calcestruzzo, che come lei ben sa risente anche delle condizioni igrometriche del momento, temperatura e umidità. Abbiamo lavorato moltissimo su questo, e direi che i risultati sono stati positivi. Forse qualcuno potrà condividere questa esperienza con la comunità scientifica, perché sono state fatte delle cose interessanti. Voi lavorate molto anche all’estero, avete seguito esperienze come questa in altri Paesi? Si, le faccio due esempi. Ci sono casi di progetti di grandi infrastrutture come l’energia. li abbiamo visti in Africa, in Papua, nel Nord Europa, che magari hanno spinte di altro genere, ad esempio nell’Oil & Gas, dove ci sono magari Oil Companies che vogliono spingere per fare qualcosa e hanno tempi analoghi a questo. Oppure nel settore delle infrastrutture legate alla mobilità adesso stiamo seguendo un grande progetto a Tel Aviv per la realizzazione di 8 linee metropolitane nell’area urbana,
che sarà il nuovo sistema di trasporto israeliano, dove il commitment delle autorità competenti, delle amministrazioni, è molto forte e siamo in condizioni del tutto analoghe a quelle del ponte. Le cose si fanno con un Planning e determinazione molto forti. Anche in questi casi svolgete il ruolo di PMC? Si, è un ruolo analogo, siamo Independent Consulting, si chiama così, ma è la stessa cosa. Le faccio una domanda che le sembrerà forse provocatoria, ma su questo giornale abbiamo affrontato diverse volte il tema della vita delle strutture. L’architetto Piano ha detto che questo Ponte è fatto per durare mille anni. Secondo lei, che è un ingegnere strutturista, quanto durerà? Allora, io non so quanti anni durerà. Mettiamola così: le posso dire che il ponte è stato pensato tenendo conto di molte cose. Proprio in questi giorni stiamo facendo ancora prove necessarie per la verifica di tutti gli appoggi speciali, che sono “molto speciali”, per la trave continua. Sono acquistati in Germania perché purtroppo in Italia non esistono più società che producono questo tipo di apparecchiature, e sono comunque sottoposte a diversi test per garantire una performance che sia negli anni molto elevata e molto precisa. Ma questo vale anche sul piano della manutenzione, che è un aspetto della progettazione di cui è stato tenuto conto fin dall’inizio. Quindi, al di là dei famosi robottini che faranno le ispezioni, è proprio la concezione, il disegno del ponte, che ha dentro i concetti di manutenzioni in modo che siano facilmente realizzabili, che abbiano un impatto economico non eccessivo, che siano ridotti al minimo, che abbiano i tempi giusti, e quindi un approccio un po’ diverso e più moderno della manutenzione, che teoricamente dovrebbero garantire una durata molto elevata del ponte. Noi consegneremo le chiavi dell’opera finita assieme a un bel manuale di manutenzione al quale saranno allegati, diciamo così, i macchinari necessari per fare il famoso robottino e avere il pacchetto completo. E finalmente si parla di un’infrastruttura considerando non esclusivamente la sua efficacia immediata nell’intero ciclo di vita. Anche perché, come lei sicuramente sa, il progetto di questo ponte è stato sviluppato in ambiente BIM, e stiamo cercando di utilizzare al massimo questi strumenti, che ormai non sono più nuovi, ma offro-
Il secondo impalcato da 100 m. sul Polcevera? Difficoltà ma tutto ok, e il terzo è già pronto
È andato tutto bene dopo una lunga preparazione e molti imprevisti, dovuti soprattutto al maltempo, con il secondo impalcato da quasi 100 metri (94) finito di assemblare in cantiere con la collocazione anche di sette carter (le ali) per lato e sollevato a 40 metri d’altezza. Grazie alla potenza degli strand jack, martinetti idraulici ai quali è stata fissata con cavi di acciaio alle estremità, la “trave”, pesante 1.800 tonnellate, è arrivata a destinazione alla velocità di 5 metri l’ora, per essere fissata ai conci sulle pile 9 e 10, dopo un viaggio iniziato la sera del 9 e finito il 10 marzo alle 6 del mattino. Dopo un lungo lavoro che ha coinvolto praticamente tutto il cantiere, anche perché gli inconvenienti - in un’opera-
zione già di per sé molto complessa - non sono mancati. Intanto - come hanno spiegato i tecnici è stato necessario traslare nel greto del torrente dove era stato preparato un percorso su piazzali compattati e livellati che in un primo momento erano stati danneggia-
L’interno dell’impalcato del Ponte sul Polcevera
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genova 2018-2048 no un nuovo approccio alla progettazione. Per questo le rispondo che questo ponte rimarrà per duemila anni non per mille. Ultima domanda. Come mai in questo Paese un lavoro da 200 milioni di euro in un anno si fa in poco più di un anno non andando in deroga e il Italia in media ce ne vogliono 15? Lei come se lo spiega? Le rispondo dal punto di vista personale e poi da tecnico. Prima la risposta personale. È possibile che in altri ambiti quella intensità di impegno che ho cercato di spiegare non sia così tanta e ci perdiamo tutti, compresi noi progettisti o direzione lavori, ci perdiamo nella burocrazia e nei suoi tempi, in cui siamo passati anche qua ma con tempistiche ridotte rispetto al normale. La risposta più tecnica invece è molto più seria, ed è uno dei cavalli di
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battaglia di noi di Oice, o almeno mia: il ruolo di PMC, di Project management, che non è riconosciuto nel Codice appalti, è un ruolo fondamentale, tanto che all’estero esiste ed è normalmente usato. Ma il PMC cos’è? È uno strumento attraverso il quale si può migliorare lo sviluppo del progetto perché ne segna, ne batte il tempo e cerca da una posizione indipendente di conciliare le diverse esigenze dei diversi attori, facendo sì che il RUP o il cliente finale comprenda le esigenze dell’impresa e viceversa, cercando di evitare situazioni di conflitto. Il PMC fatto da un tecnico che conosce le problematiche dell’impresa ma contemporaneamente anche le esigenze del cliente finale - in un appalto pubblico si chiama RUP ma il committente potrebbe essere una qualunque
azienda privata - e magari altrove ricopre il ruolo di progettista di direttore lavori e quindi comprende le problematiche essendo stato dall’altra parte del tavolo, è fondamentale. In questo progetto si è visto e si vede quest’opera di pianificazione ma anche di mediazione e di identificazione delle soluzioni, smussando possibili condizioni di conflittualità. Quindi il PMC è una figura che - come oggi stiamo cercando di spingere perché sia prevista nella nuova versione del Codice appalti perché è il Project Manager che fa la pianificazione dei tempi, al di sopra delle esigenze del committente e delle richieste dell’impresa, nella comprensione delle esigenze di entrambe ma nella conoscenza degli obiettivi di sicurezza, di qualità di mantenimento dei tempi e dei costi. È veramente un ruolo chiave per lo sviluppo dei grandi progetti e credo che pian pianino si arriverà. Se vuole chiamare “modello Genova” un sistema in cui il PMC sia una delle componenti chiave, sarei assolutamente d’accordo con questa definizione. (Servizio fotografico Commissario per la ricostruzione)
Tre momenti del sollevamento dell’impalcato sul torrente Polcevera, con la salita dalla base sopra il livello di via Trenta Giugno fino in cima alle Pile 9 e 10 nella notte del 10 marzo
ti dal maltempo, e su cui l’impalcato metallico ha compiuto il percorso fino alle pile, a bordo di due carrelli ognuno di 40 assi, livellati e predisposti in modo da compiere una sorta di giravolta collocando la trave alla base delle due pile, con precisione millimetrica, superando l’altezza di via 30 Giugno, che solo all’ultimo momento possibile è stata chiusa al traffico per evitare disagi ai cittadini. Quindi è iniziata la manovra di salita. La pioggia battente non ci ha certo aiutato, hanno spiegato, per il Consorzio PerGenova, Ziro Dal Zotto e Francesco Poma, però alla fine tutta l’operazione, che ha richiesto attenzione, delicatezza, lentezza e molta precisione, si è svolta sempre in piena sicurezza. Quindi sono cominciate le operazioni di saldatura per la chiusura del varco che era stato predisposto in quota fra la pila 8 e la 9, ne-
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cessaria per permettere la salita e la collocazione dell’impalcato. E col prossimo varo, quello che riguarderà lo scavalcamento della ferrovia, il terzo e ultimo impalcato da 100 metri, a che punto siamo? Risponde Del Zotto: la campata è in fase di finitura, avanzata per attività preliminari e strutture secondarie, le saldature sono completate, la verniciatura è iniziata. Varo previsto: prima di fine marzo. Ma le limitazioni sanitarie per il coronavirus come incideranno nel lavoro del cantiere? Roberto Carpaneto, di Rina Consulting: avviata la verifica della provenienza di tutto il personale, limitazione delle visite, sono in corso incontri continui con tutti gli attori interessati e le autorità sanitarie per stabilire e conciliare le modalità di applicazione delle misure previste dal governo.
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qui ordine LA PRIMA TORNATA DI MARZO SEGUITA DA ALTRE DUE SENZA IL QUORUM DEL 20% DEI VOTANTI
Dal 16 al 26 il voto per l’Inarcassa Ingegneri e Architetti rinnovano in tutt’Italia i loro rappresentanti nel Consiglio Nazionale dei Delegati dell’Istituto previdenziale dei liberi professionisti. Per la prima volta ci si esprimerà attraverso una piattaforma web. Ecco cosa bisogna sapere e, passo passo, come fare Ing. Felice Lombardo
Ingegneri e Architetti al voto in tutt’Italia per il rinnovo dei loro rappresentanti nel Comitato Nazionale dei Delegati di Inarcassa - ente gestore della previdenza obbligatoria per i liberi professionisti come l’Inps lo è per lavoratori dipendenti ed artigiani, commercianti, coltivatori diretti e collaboratori - per il quinquennio 20202025. Da lunedì 16 a venerdì 20 marzo 2020, ore 9-19, si svolgerà la prima tornata. Il numero di delegati per ciascun Albo è 115, nella misura di 1 per ogni Consiglio territoriale esclusi Roma (3) e Napoli e Milano (2). Il corpo elettorale per gli ingegneri nell’ambito del nostro Ordine Territoriale è costituito da 1.143 iscritti. Nel caso in cui non si dovesse raggiungere il quorum del 20% (229 voti) degli iscritti, le ulteriori tornate elettorali sono previste tra il 6 e il 10 aprile e tra il 4 e l’8 maggio. Per la prima volta, il regolamento prevede la costituzione di un unico seggio nazionale con possibilità di esprimere la propria preferenza attraverso internet. Il corpo elettorale attivo è costituito da tutti gli associati in possesso dei requisiti per l’iscrizione e coloro iscritti alla data di indizione delle elezioni o di svolgimento delle stesse. Gli elettori cittadini di uno Stato membro dell’UE residenti all’estero, possono votare nell’ambito dell’assemblea provinciale corrispondente al domicilio professionale in Italia. Per gli associati iscritti ad entrambi gli Albi professionali vale quello di prima iscrizione a Inarcassa. La commissione elettorale è composta da cinque membri titolari e cinque supplenti,
Il sito Inarcassa all’indirizzo: https://www.inarcassa.it
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estratti a sorte tra gli iscritti che abbiano presentato apposita istanza. Come si esercita il proprio diritto di voto Sarà possibile votare accedendo alla propria Area Riservata nella sezione iOL all’indirizzo https://www.inarcassa.it/site/home. html, dove, dal 16 marzo 2020 è attivo il link che rimanda alla piattaforma di votazione Sky-Vote. l’accesso alla quale è possibile da computer, tablet e smartphone, utilizzando i seguenti browser: Chrome (versione 60 o superiore), Firefox (versione 56 o superiore), Safari (versione 10 o superiore) ed Edge (versione 17 o superiore). Durante la procedura di accesso, l’elettore dovrà esprimere il proprio consenso al trattamento dei dati personali da parte di SkyVote, leggendo e sottoscrivendo l’informativa della privacy. Dovrà poi autocertificare il possesso dei requisiti di elettorato attivo e confermare la propria PEC e numero di cellulare. Qualora i dati non dovessero risultare corretti o aggiornati, dovranno essere modificati sulla piattaforma iOL utilizzando la funzione “Gestione Contatti” nella sezione “Dati personali” prima di procedere al voto. Per ragioni di sicurezza, l’accesso alla piattaforma si interrompe dopo 15 minuti di inattività. Una volta concluse le procedure preliminari di verifica, l’elettore “entra” nel Seggio Virtuale, dove troverà l’elenco dei candidati della sua provincia e categoria, in ordine alfabetico, con l’indicazione dell’anzianità d’iscrizione e contribuzione. È anche possibile consultare lo Statuto e il Regolamento Elettorale, oltre che il video tutorial per chi avesse ancora dubbi sulle modalità di voto. Svolgimento delle votazioni Solo tra le ore 9 e le 19 della prima tornata è attivo il tasto di accesso alla Cabina Elettorale virtuale. Ogni elettore potrà esprimere una sola preferenza o scegliere “scheda bianca”. Si può votare una sola volta e non è possibile modificare il proprio voto in una fase successiva. Per votare è essenziale essere in possesso di un telefono cellulare con
sim corrispondente al numero di telefono registrato su iOL. Il telefono, al momento del voto, deve essere acceso e agganciato alla rete telefonica. Per votare è sufficiente selezionare il candidato cliccando sul riquadro corrispondente al nome. Una volta selezionato il candidato (o scheda bianca) l’elettore dovrà confermare il proprio voto e richiedere la OTP (One TIme Password), che gli verrà trasmessa via sms al numero di cellulare registrato. Questo codice dovrà essere inserito per confermare il proprio voto entro 2 minuti. In caso di errore di inserimento dell’OTP, la procedura si interrompe e dovrà essere ripetuta accedendo nuovamente a iOL. Per ragioni di sicurezza, la sessione di voto scade automaticamente dopo 5 minuti di permanenza nella Cabina Elettorale. Per questo è bene che gli elettori individuino il candidato preferito prima dell’accesso alla Cabina. Al termine della procedura di votazione, verrà mostrata all’elettore e successivamente inviata via PEC, la ricevuta di voto in cui saranno riportati il giorno, l’orario e il codice identificativo della votazione. Scrutinio Se tutte le province ed entrambe le categorie (Architetti ed Ingegneri) raggiungeranno il quorum del 20%, al termine di una delle tre tornate di votazione, la Commissione Elettorale dichiarerà chiuse le operazioni di voto e procederà allo scrutinio. Nel caso in cui una o più province o una delle due categorie non dovesse raggiungere il quorum richiesto in nessuna delle tre tornate elettorali, la Commissione Elettorale dichiarerà comunque chiuse le operazioni e prenderà atto della mancata elezione del Delegato che esprime la provincia o categoria corrispondente. Si procederà comunque allo scrutinio delle sole province e categorie che avranno raggiunto il quorum. Risultati del voto Proclamazione degli eletti Per entrambe le categorie risulteranno eletti i delegati che avranno riportato il maggior numero di preferenze. In caso di parità sarà eletto il più anziano per periodo di iscrizione e contribuzione e, perdurando la parità, verrà eletto il più giovane. Entro 10 giorni dalla conclusione delle operazioni elettorali, il Consiglio di Amministrazione proclamerà gli eletti e pubblicherà l’elenco dei nuovi Delegati sul sito web dell’Associazione.
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qui ordine
DAL 16 AL 26 IL VOTO PER L’INARCASSA
I due candidati dell’Ordine di Genova Ing. Gianluigi Calzetta
Ing. Andrea Chiaiso
Nato a Genova il 29/04/1953, laurea Ingegneria civile edile Facoltà Ingegneria UNIGE anno 1979, tesi “Interazione fra strutture in acciaio e pareti esterne”, 3° premio concorso CISIA Milano anno 1978/79, pubblicata su rivista Acciaio 11/1980, Esame di Stato 1979, Albo Ingegneri Genova n. 4840A dal 1980, Consigliere Ordine Ingegneri Genova dal 2005 al 2017, Tesoriere dal 2007 al 2017, Responsabile Segreteria Organizzativa ACP dal 2014, Commissario Esami di Stato Giugno - Novembre 2005 e 2009, Commissario aggregato Esami di Stato Giugno - Novembre 2010, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17. Attività di Progettista, Direttore lavori, Collaudatore statico, Collaudatore tecnico amministrativo, Coordinatore sicurezza progettazione ed esecuzione, per Committenti Privati, Imprese e Pubbliche Amministrazioni.
Consigliere dell’Ordine di Genova, 40 anni, past segretario Consiglio Disciplina, Responsabile anticorruzione e trasparenza, libero professionista nell’ambito dell’Ingegneria Forense, membro del GdL di Ingegneria Forense presso il CNI. Laurea nel 2005 presso l’università di Genova, polo di Savona, in Ingegneria Gestionale (e contemporaneo impiego presso Hewlett-Packard). Lavoro presso primaria società di consulenza aziendale: servizi presso Hutchison Whampoa Limited, Erisksson, H3G, Consorzio Coop, Microsoft, Enel. Da 10 anni libera professione presso gli studi di Genova e Milano assieme a mia moglie e collega Chiara nell’ingegneria forense in ambito industriale ed ICT. Frequenza master presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e corso di Perfezionamento presso l’Università di Milano, inoltre corsi e certificazioni di società terze.
La mia candidatura al CND Inarcassa è finalizzata alla risoluzione dei problemi previdenziali ed assistenziali mediante il metodo ingegneristico del problem solving. Tale modus operandi ha sempre caratterizzato la mia attività professionale sia nella fase pre-ordinistica (22 anni di professione senza sostanziali contatti con l’Ordine) sia in quella ordinistica (Consigliere 12 anni, Tesoriere 10 anni, RSO ACP 6 anni). In tale periodo l’Ordine ha effettuato un salto di qualità nei rapporti sia con il mondo esterno che con gli Iscritti, grazie anche all’obbligatorietà della formazione professionale. Il costante rapporto con i Colleghi mi ha permesso di maturare una capacità di ascolto ed una sensibilità alle varie problematiche. La corretta impostazione e l’indirizzamento delle problematiche ha permesso la risoluzione di molti casi con piena soddisfazione degli stakeholders. Con lo stesso entusiasmo mi propongo quale rappresentante del CND Inarcassa, allo scopo di raccordare le esigenze degli Iscritti con le esigenze degli Organi Collegiali. Ecco alcune tematiche che desidero affrontare: 1) Quanto c’è di vero nelle affermazioni che la Polizza RC Professionale e Tutela legale costi poco ma non tuteli correttamente, e perché il TAR ha sancito che Inarcassa ha disatteso le norme sulla concorrenza (nel merito forse anche a favore dell’iscritto). 2) Quanto c’è di vero nelle affermazioni che la convenzione RBM Salute abbia molti casi di disservizio e, se vero, quali sono le motivazioni di diniego. 3) Quanto c’è di vero nei rumors che indicano in itinere una modifica del Regolamento elettorale che escluda i Consiglieri degli Ordini dalle cariche elettive del CND, e quali sono le motivazioni, atteso che i rappresentanti eletti degli Ordini sono presenti a livello territoriale e a diretto contatto con la base ordinistica e le relative problematiche previdenziali ed assistenziali.
Inarcassa rappresenta una realtà di 170 mila iscritti, oltre 11 miliardi di patrimonio, che eroga 39 mila pensioni e distribuisce oltre 30 milioni di euro l’anno in prestazioni assistenziali. Un patrimonio che tutti noi contribuiamo quotidianamente a formare e una garanzia della quale tutti dobbiamo poterne unanimemente beneficiare! L’attività del Delegato Inarcassa ritengo si possa definire duplice: da un lato rappresenta il punto di riferimento sul territorio e un canale diretto con l’Ente per risposte a dubbi, domande e supporto al disbrigo di pratiche; dall’altro, con l’attiva partecipazione al Consiglio nazionale, contribuisce con il proprio voto e le capacità di mediazione, alle sue scelte strategiche sulle politiche gestionali e sull’andamento economico-finanziario. Con questa visione propongo dunque la mia candidatura e il mio impegno anche per ragioni che mi toccano da vicino. Come giovane che deve ancora versare molti contributi prima di andare in pensione; come persona sensibile ai problemi delle donne ingegnere, madri lavoratrici, vivendo l’esperienza di mia moglie; come testimone delle esigenze di molti colleghi già pensionati o o che magari intendono continuare la professione, in modo anche ridotto. Allora, quali proposte? Eccone alcune. Rendere sistematica e positiva la presenza pubblica della categoria, in collaborazione con gli Ordini provinciali e nazionali ad esempio ottenendo il coinvolgimento dei liberi professionisti su verifica, gestione e rinnovo/sostituzione del patrimonio immobiliare e infrastrutturale; operare per una gestione capace di incrementare l’entità delle pensioni attese (col sistema contributivo serve omogeneità nella carriera e nei versamenti) e a consolidare le prestazioni assistenziali (per supportare chi ha bisogno con aiuti significativi); ottenere la modifica della tassazione degli investimenti dalla cassa; assicurare una presenza sul territorio, continuando ad essere a disposizione dei colleghi in difficoltà.
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qui ordine DAL MASTER DI INGEGNERIA DELLA JOHN MOORES UNIVERSITY PER VISITARE IL VIADOTTO POLCEVERA
Da Liverpool a Genova 43 studenti a lezione all’Ordine e poi in cantiere L’impegno per accogliere i ragazzi e i loro insegnanti organizzando in pochi giorni un seminario formativo con docenti e ingegneri sui vari aspetti delle infrastrutture in Italia. Commenti positivi dai giovani per un’esperienza preziosa di confronto fra realtà diverse, ma anche soddisfazione da parte degli ospiti genovesi per aver contribuito a incentivare lo spirito del “viaggio” che fa parte della professione
Antonio Brencich
Professore associato di Tecnica delle Costruzioni Direttore Tecnico dei Laboratori DICCA Scuola Politecnica Unige Quando si parla di “comunità di Ingegneri” ci si riferisce di solito agli Ingegneri iscritti all’Albo; da un punto di vista genovese, poi, la definizione spesso viene, implicitamente, declinata nella visione ligure di una Genova non esattamente proiettata verso l’esterno. Ma è veramente così? Il 14 gennaio di quest’anno, 43 studenti del master della Liverpool John Moores University (LJMU) sono venuti a Genova, inizialmente con l’intenzione di visitare il cantiere di costruzione del nuovo ponte sul Polcevera. Quando venni contattato da Iacopo Carnacina per aiutarlo nella gestione del sopralluogo tecnico, mi fu subito chiaro che il solo sopralluogo al cantiere del ponte avrebbe lasciato nei ragazzi di Liverpool un’impressione di Genova troppo legata alla tragedia del ponte sul Polcevera, così come il tempo piovoso non avrebbe certo lasciato dell’Italia il ricordo del paese del sole. Che fare? La risposta non era difficile:
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perché non organizzare un seminario preliminare alla visita al cantiere del ponte sul Polcevera? Ma la sfida era enorme, dovendolo organizzare in pochi giorni. Non appena ne cominciai a parlare trovai subito l’entusiastico appoggio del Presidente dell’Ordine, Maurizio Michelini, e del Segretario, Enrico Sterpi, di alcuni colleghi, dei docenti inglesi, degli ingegneri genovesi. E non solo siamo riusciti ad organizzare il seminario nella sala conferenze dell’Ordine, ma è stato anche un seminario tenuto in inglese (incredibile dictu!): Luigi Gambarotta dell’Università di Genova, Scuola Politecnica, ha discusso di ponti in muratura, una tipologia di ponte presente con oltre 60.000 esemplari solo sulla rete ferroviaria nazionale e oltre 200.000 ponti nell’Unione Europea, e che necessita di manutenzione e verifiche sia nei confronti dei nuovi e maggiori carichi ferroviari che delle azioni sismiche; Simone Varni, di Seteco, ha discusso due
esempi di ponti in acciaio esistenti sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria che necessitavano di importanti opere di manutenzione e hanno dato occasione di discutere le diverse risposte meccaniche dei ponti a cassone aperto e a cassone chiuso, argomento molto cool nella zona del Polcevera; Stefano Mosconi, di PerGenova ha presentato alcuni aspetti della progettazione, della cantierizzazione e della logistica del ponte in costruzione; Io, last and hopefully not least, ho discusso dei ponti in cemento armato costruiti negli anni ’50 e ’60, accomunati da un entusiasmo nelle capacità del cemento armato che il tempo ci ha insegnato a smorzare e afflitti da una serie non marginale di problemi di conservazione e manutenzione. Gli allievi hanno posto alcune domande, guidati dagli altri due accompagnatori Denise Lee e William Atherton, dalle quali sono emersi alcuni temi d’interesse gene-
Un momento delle lezioni con gli studenti di Liverpool
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qui ordine
SOCIETY OF ENGINEERS OF GENOA COUNTY
UNIVERSITY OF GENOA – POLYTECHNIC SCHOOL
DICCA Dept. of Civil, Chemical and Environmental Engeneering
piazza della Vittoria 11
16th of January 2020 - 9.30-12.30
“Ho trovato l’Ordine degli Ingegneri di Genova molto ospitale e un eccellente padrone di casa». Ma l’entusiasmo di Liam, quando gli si chiede un giudizio sulla sua esperienza di studente di ingegneria civile e strutturale in visita di studio a Genova dalla città patria dei Beatles, tocca gli argomenti delle lezioni dei singoli docenti «perché mi hanno fatto capire le difficoltà che incontrano gli ingegneri strutturisti quando devono gestire ponti in acciaio e in cemento armato, consentendomi di migliorare la mia conoscenza sullo stato attuale delle infrastrutture in Italia». Molto apprezzata anche la visita al cantiere per la costruzione del nuovo ponte, organizzata dal consorzio PerGenova, e introdotta da un seminario sui vari aspetti dell’opera, dalla progettazione alla realizzazione. Per gli studenti, sicuramente un’opportunità preziosa. L’evento, però, dal punto di vista di un genovese, ha un altro e ben più importante significato: la dimensione dell’Ordine professionale ha lasciato il perimetro della Provincia e si è aperto anche all’estero che, poi, se ci pensiamo, con la facilità di spostamento moderna (fatte
WELLCOMING THE STUDENTS FROM LIVERPOOL
rale come: - la scoperta che le strutture degli anni ’50 e ’60 sono tutt’altro che esenti da difetti sia di progettazione che di esecuzione, tema che smentisce la vox populi che vorrebbe le strutture del passato realizzate meglio di quelle moderne (an insight into the challenges facing bridge engineers, especially in regards to the maintenance of infrastructure (un approfondimento delle sfide che devono affrontare gli ingegneri strutturisti, in particolare per quanto riguarda la manutenzione delle infrastrutture); - la tecnologia, molto avanzata, impiegata per la sostituzione di un impalcato dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria; - i ponti in muratura, per i quali è emerso con chiarezza come siano centrali sia nel sistema infrastrutturale europeo che nella pratica professionale dell’ingegnere civile: «Very beneficial and helped to further my knowledge on FEA» / «molto utile per approfondire le mie conoscenze sui metodi agli elementi finiti» ha commentato uno degli allievi, Liam McAdam, che come i suoi compagni si è detto particolarmente soddisfatto, forse anche grazie alla corposa ospitalità culinaria che l’Ordine ha concesso al termine del seminario: «I found the Society of Engineers of Genoa to be very accommodating and an excellent host» /
DA LIVERPOOL A GENOVA 43 STUDENTI A LEZIONE ALL’ORDINE E POI IN CANTIERE
LETʼS DISCUSS OF BRIDGES……
…….OLD…..NEW….. ….STEEL….REINFORCED CONCRETE…… …..MASONRY 9.30 WELLCOME
Maurizio Michelini – Chair of the Eng.ng Society
10.00 SOME HINTS ON R.C. BRIDGES DATING BACK TO THE ʻ50S &ʻ60S
Antonio Brencich
10.30 OPEN AND CLOSED STEEL GIRDER BRIDGES: THE WINNER IS…….. Pierangelo Pistoletti and Simone Varni
11.00 – QUESTION TIME 11.20 THE NEW BRIDGE ON THE POLCEVERA RIVER Stefano Mosconi, Per Genova 11.50 MASONRY BRIDGES:
A POPULATION COMING FROM THE PAST Luigi Gambarotta
12.20 – QUESTION TIME
salve le ultime settimane) è il perimetro in cui un giovane Ingegnere si troverà ad operare nella sua vita professionale.
Una parte dei giovani nella Sala Frixia dell’Ordine durante il seminario
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qui ordine L’UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ DELL’ ATENEO GENOVESE
“Da Leonardo alla Luna” nei corsi di UniTE, piace l’area Ingegneria Il programma scientifico si articola in cinque settori, ma tutti sono collegati idealmente - anche quello sociale e umanistico, da un unico filo conduttore. Insegnano docenti universitari e la partecipazione è alta. Il programma per gli ingegneri - che per alcune lezioni si giova dei CFU concessi dall’Ordine - è ricco è molto frequentato, con argomenti che vanno dalle nuove tecnologie, alla sicurezza, alle infrastrutture alle escursioni didattiche in altre regioni
Prof. Arch. Sara De Maestri Coordinatrice corso Area Ingegneria UniTE
L’istituzione dell’Università della Terza Età rappresenta senza dubbio un utile strumento di arricchimento della persona e di aggregazione sociale. Lo testimonia il numero sempre crescente dei partecipanti ai suoi corsi, che quest’anno, nell’Ateneo genovese ha raggiunto quota 1.643 iscritti, il doppio rispetto all’a.a. 2016-2017. I corsi, aperti a persone che hanno compiuto i 45 anni, sono articolati nelle aree Architettura, Ingegneria, Medicina e Farmacia, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Sociale e Umanistica. Il successo delle proposte di UniTE è dovuto alla qualità dell’offerta formativa garantita dai professori dell’Ateneo e da giovani ricercatori che offrono la loro collaborazione a titolo volontario. Per le diverse aree in cui è organizzata l’UniTE, ogni anno viene individuato un comune filo conduttore dei corsi: per quest’anno è stato scelto “Da Leonardo alla Luna”, riconducibile a due importanti anniversari del 2019: il cinquecentenario dalla scomparsa del Genio di Vinci e i cinquant’anni dallo sbarco dell’uomo sulla luna. Area Ingegneria: l’avanzare delle nuove tecnologie e le implicazioni nella sicurezza Il programma del corso dell’area Ingegneria, che quest’anno ho avuto l’incarico di organizzare, vuole rendere omaggio alla figura del genio universale, Illustrando alcune esperienze significative in atto nei
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diversi campi dell’ingegneria. In particolare viene fatto riferimento all’avanzare delle nuove tecnologie, che costituiscono la base della ricerca universitaria della sede genovese nei diversi campi (ambiente e territorio, costruzioni edili, energia, robotica, bioingegneria, trasporti, telecomunicazioni, impiantistica…) e alle implicazioni nella sicurezza. Negli ultimi decenni l’avanzamento delle nuove tecnologie è sempre più accelerato, basti pensare alle nuove realtà nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni (internet), della robotica, dell’energia, che hanno profondamente modificato la nostra vita e che avranno sempre maggiori influenze sul futuro del nostro pianeta. L’evoluzione e lo sviluppo tecnologico comportano tuttavia una serie enorme di nuove problematiche legate alla sicurezza, intesa sia per le persone (safety), che per le infrastrutture (security). Nel nostro Ateneo, e in particolare presso la Scuola Politecnica, sono attive numerose ricerche e collaborazioni internazionali nei diversi settori: il ciclo di lezioni dell’UniTE si propone di illustrare in forma divulgativa gli aspetti principali di queste nuove realtà. Nel programma del corso il legame più diretto agli studi di Leonardo sarà
costituito dalla illustrazione dello studio sull’Ornitottero, l’apparecchio ad ali rotanti progettato dal genio vinciano, e dalla sua trasposizione all’odierno Quadrirotore, drone a pala rotante. Queste, come altre lezioni, sono organizzate in comune con altri corsi d’area e con l’Ordine degli Ingegneri di Genova, nell’ambito dell’attività formativa dello stesso. Dall’inizio del corso a oggi sono state affrontate le tematiche legate alle nuove tecnologie, e implicazioni relative, nei settori dell’informatica e telecomunicazioni, della salute e qualità della vita, della robotica e automazione del futuro. Si è trattato dapprima dell’evoluzione nelle tecnologie delle telecomunicazioni (5G)
Università di Genova, la Scuola Politecnica a Villa Cambiaso
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qui ordine
“DA LEONARDO ALLA LUNA” NEI CORSI DI UNITE, PIACE L’AREA INGEGNERIA
Un’immagine della Galleria del Vento alla Scuola Politecnica
e internet delle cose (IoT), considerando anche tecnologie di intelligenza artificiale, che hanno anche implicazioni nella sicurezza informatica (cyber security). Per passare poi al settore della salute e qualità della vita, dove sono in corso molteplici sviluppi tecnologici, interagendo con le più svariate discipline: robotica, neuroscienze, biomateriali e biotecnologie. Dai nostri docenti della Scuola Politecnica, dai ricercatori dell’IIT e da esperti del mondo industriale, ci è stato poi Illustrato come l’automazione sempre più diffusa estenda le metodologie tipiche della robotica e dei processi digitalizzati, ai diversi settori, da quello industriale (Industria 4.0), con implicazioni sempre più estese nella realizzazione dei sistemi, processi e prodotti, a quello della domotica e della vita quotidiana. È stato quindi affrontato il tema dell’energia, in particolare delle rinnovabili, della loro sempre maggiore diffusione, della integrazione nella rete elettrica esistente e delle problematiche di gestione predittiva e globale. Nelle prossime lezioni si parlerà
anche degli aspetti energetici-ambientali nel mondo navale (elettrificazione delle banchine) e delle nuove tecnologie per la propulsione navale pulita. Dal MOSE al Morandi uno sguardo anche alle infrastrutture
tri sul Ponte Morandi: prima e dopo, dalla progettazione, alla demolizione alla costruzione del nuovo ponte - ing Pistoletti, ing Coppe e Risso, ing. Michelini. Legato al settore delle infrastrutture quello dei trasporti, nella realtà odierna sempre più evoluti: si tratterà dei veicoli a guida autonoma e, nell’ambito navale, della logistica portuale e dell’innovazione nel trasporto marittimo, nonché dei mezzi subacquei innovativi. Il corso si chiuderà con le tematiche legate all’ambiente e il territorio, dove gli aspetti di monitoraggio sono sempre più sofisticati e globali. Si parlerà di meteorologia, piogge in ambiente urbano, smart cities… Verranno trattate le tecnologie di ripresa con l’impiego di radar, droni, etc, e di elaborazione di immagini satellitari, per analizzare effetti e rischi alluvioni, frane, erosione delle coste (DTM), e gli aspetti innovativi (come rilievo
Un settore di grande attualità anche per le problematiche a livello genovese è quello delle infrastrutture, sempre più importanti nella realtà odierna, che implicano tutta una serie di nuove tecnologie sia in fase progettuale, anche con l’impiego di simulazioni e/o prove su modelli (galleria del vento), che per il monitoraggio e la gestione. È previsto l’intervento di esperti che a vario titolo partecipano al progetto e Macchine volanti di Leonardo alla verifica di infrastrutture attuali di grande rilevanza. e rappresentazioni digitali) nel monitoragÈ già stato effettuato ad esempio quello sul gio e recupero del costruito e nelle verifiche MOSE di Venezia dai prof. Stura e Vernazdi progetto. za, che ha riscosso un grande successo di Sono inoltre previste alcune visite a realtà presenze (anche dell’Ordine) e prossimatecnologicamente interessanti a Genova mente sarà realizzata una serie di incon(Fondazione Ansaldo, Galleria del vento DICCA) e a Milano (Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Se un bilancio si può trarre finora è che i corsi di Ingegneria - che si svolgono nelle sedi universitarie di Villa Cambiaso, di via Montallegro 1, Aula A4, e di Via all’Opera Pia, Padiglione G, Aula G2A - organizzati in due incontri settimanali ognuno di 2 ore, contano 60 iscritti. Per buona parte sono ingegneri in pensione, ma anche in attività (per alcune lezioni l’Ordine riconosce i CFU per la formazione obbligatoria) e per alcuni eventi in cui si registra una partecipazione si ricorre alle Aule Magne da 130-140 posti.
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professione RIFLESSIONE DOPO IL CONVEGNO DI ANCONA SULLE OPERE PUBBLICHE
Il RUP, un vero “motore” che nella P.A. va valorizzato Il Responsabile del procedimento svolge compiti di grande responsabilità e deve avere competenze multidisciplinari, ma spesso il suo ruolo non è riconosciuto come merita. Eppure nel Codice dei contratti questo termine è citato 154 volte su 220 articoli
Viviana Caravaggi Vivian*
Nel Convegno che si è svolto ad Ancona nel novembre 2019 fra professionisti del settore (vedi sintesi sull’ultimo numero di “A&B” dello scorso anno), sono stati molti i temi affrontati nel fitto dibattito dedicato al mondo degli appalti. Numerose le difficolta e le responsabilità rilevate in uno scenario di certo non caratterizzato da certezza normativa ed uniformità interpretativa, che spesso non permettono di imboccare la strada giusta per gestire l’iter realizzativo di un’opera pubblica. Il soggetto che fa si che questa si realizzi e possa dare un valore aggiunto al processo per la sua realizzazione è il Responsabile unico del procedimento (RUP). “Il Parafulmine - si è ricordato - è un sistema di protezione, degli edifici e degli oggetti, dalle scariche atmosferiche. La protezione offerta dal parafulmine consiste in una deviazione del percorso del fulmine in modo che esso venga a colpire solo l’asta, che lo scarica a terra senza danni per l’ambiente circostante”. La figura del RUP nelle Pubbliche Amministrazioni è nata probabilmente quale filtro alle responsabilità politiche e gli sono state assegnate numerose responsabilità. Tradizionalmente non ha mai suscitato un particolare interesse, e pur enfatizzando la sua importanza quale motore del procedimento, è evidente come questa figura sia stata sempre considerata, dal punto di vista normativo, una flessione dell’istituto generale statuito dall’art. 4 e succ. della Legge n. 241/1990. Sulla scorta del Bando tipo dell’ANAC, si è invece
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designata l’idea, per gli appalti di un modello differente di procedimento, giustificando un RUP con mansioni gestionali “dirigenziali” a cui non segue un riscontro almeno sul piano economico. Si è venuto a differenziare un procedimento ordinario (L. n. 241/1990) e una dinamica contrattuale dell’azione amministrativa con differenti prerogative per il Responsabile del procedimento. Contrariamente a quanto affermato sopra, è evidente che la L. 241/1990 fissa principi generali lasciando alla norma primaria (legge) o secondaria (regolamenti) il dettaglio nelle discipline specifiche, come ben chiarito al comma 8 dell’art. 30 del D. Lgs. n. 50/2016 «Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legget 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile». L’assunto sembrerebbe corretto ma rischia di banalizzare la specificità e l’originalità che caratterizza la figura del RUP nella contrattualistica pubblica. Progressivamente, tali specificità sono andate aumentando in forza di modifiche legislative che si sono susseguite ed hanno esteso le competenze e le responsabilità del Responsabile del procedimento. Sono infinite, le funzioni e le competenze che caratterizzano il ruolo del RUP nell’ambito dell’intero “ciclo di vita” dell’opera pubblica, dalla programmazione alla fase pubblicistica (gara), dalla fase civilistica (esecuzione e collaudo), alla gestione fino alla dismissione o conversione dell’opera stessa, basti pensare alla “rigenerazione urbana” presente in trattati normativi anche a livello regionale, a cui il RUP deve comunque dare risposta. Vengono attribuiti al RUP molteplici adempimenti, come indicato al comma 3 dell’art. 31 del D. Lgs. n. 50/2016, dove si evidenzia che «il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal
presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti». Banalizzando, si evidenzia che solo digitando i termini “RUP ” o “responsabile del procedimento” nel testo del Codice dei Contratti, essi siano presenti per ben 154 volte, in un documento dove gli articoli in tutto sono 220, trascurando altri testi normativi quali le soft law, e/o Decreti Ministeriali che pur con enfasi riportano articoli normativi con funzioni attribuite al RUP; è evidente come lo stesso RUP sia la figura centrale nel procedimento. Sono numerose le pronunce giurisprudenziali che si sono occupate dell’istituto e che ne hanno comunque delineato gli ambiti di competenza, fino ad arrivare a parlare di dominus unico del procedimento, «in quanto titolare di tutti i compiti prescritti, salve specifiche competenze affidate ad altri soggetti (TAR Veneto - Venezia sez. In. 695/2018)». La declinazione dell’istituto del RUP, delineata nella nuova normativa, prevede una figura diversa rispetto al passato. Con il D. Lgs. n. 50/2016 è stato rafforzato il suo ruolo, con ampi compiti, sostanziando funzioni istruttorie e programmatorie, oltre che decisorie. Il RUP dovrebbe fornire l’impulso al processo, svolgendo infinite funzioni che sono anche al di fuori della sfera codicistica, basti pensare che lo stesso svolge tali incombenze non in perfetta solitudine ma si avvale, come statuito nella norma, del supporto di altri dipendenti della stazione appaltante; in questa fattispecie vengono attribuite allo stesso funzioni che rientrano, appunto, nell’organizzazione delle risorse umane. È ovvio pensare che non possono, però, essere scisse le incombenze conseguenti il procedimento, che rimangono in capo al RUP in quanto unico e unico deve restare di fronte alle responsabilità. Si manifesta che le “qualità” chieste al RUP sono organizzative e propositive in misura molto maggiore di quanto non lo sia la sola capacità tecnica di un architetto o un ingegnere o dei colleghi geometri che soddisfano tali condizione normativa con il requisito dell’esperienza maturata sul campo. La qualità e la professionalità reclamate, non trovano poi risvolti economici ade-
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profesione
guati. Nella P.A. a fronte di tali responsabilità non viene riscontrata un’appropriata retribuzione, come indicato all’art. 113 del Codice, a tali funzioni viene concesso, come in una scatola cinese, una parte dell’80%, del 2% dell’importo necessario per la realizzazione dell’opera. Ad esempio per un importo di lavori di 5 milioni di euro, al responsabile del procedimento potrebbe essere riconosciuta (dipende anche da regolamenti interni) una cifra pari a circa 20 mila euro, da condividere fra le varie figure di supporto, e che valutata in circa 4 o 5 anni (durata presunta del procedimento) si concretizzerebbe in 2-3 mila euro l’anno lordi. Inoltre, oggi più che mai, la figura del RUP deve essere di natura manageriale, con conoscenze non solo tecnico-amministrative ma anche con competenze di tipo contabile-finanziario, gestionali, organizzative, capacità decisionali, comunicative, oltre che di governare la rete di relazioni, sapendo ricercare e raccogliere stimoli utili a sviluppare nuove idee e favorire il confronto. Stiamo infatti assistendo, negli ultimi anni, ad un cambiamento normativo che tende alla qualificazione delle PA, a cui non segue un cambiamento delle professionalità del pubblico impiego. Ci sono forti squilibri, l’età media eleva-
IL RUP, UN VERO “MOTORE” CHE NELLA P.A. VA VALORIZZATO
ta, senso di sfiducia e scarsa preparazione formativa. Si chiede la presenza di personale qualificato e aggiornato, garantista motivazionale dei processi innovativi, ma la risposta è scarsamente efficiente e efficace. Il passaggio necessario è dal modello burocratico a quello manageriale. Figure formate in coerenza con gli obiettivi istituzionali delle singole amministrazioni per permettere anche un controllo sull’efficacia e la qualità delle procedure, permettono una valorizzazione del personale e un miglioramento dei servizi pubblici. Non ci serve una procedura corretta ma ci serve produrre una capacità a compiere scelte e ottenere risultati concreti. Modernizzare la pubblica amministrazione dovrebbe essere una strategia. I profili necessari dovrebbero essere di rilevanza nelle competenze, si dovrebbero ridurre le resistenze interne al cambiamento e favorire pratiche, come già evidenziato, di natura manageriale: questo è necessario per rimettere in moto la pubblica amministrazione e tutto il Paese. Come scrivevamo proprio su A&B di dicembre «dobbiamo operare consapevoli che le opere pubbliche di architettura e ingegneria sono elementi che segnalano una svolta nella vita sociale, culturale ed
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economica del Paese. Le stesse (opere puntuali, infrastrutture, ecc.) - che devono essere realizzate bene e nei tempi senza gravami economici - non sono solo funzionali, sono espressione di innovazione, design, scienza sintesi di creatività progettuale, possono divenire esse stesse opere d’arte o simboli di un nuovo modo di pensare l’architettura e il Paese». Per fare questo è necessario avere personale, formato, preparato e con giusta retribuzione, cercando di capire come indirizzare la consapevolezza delle politiche pubbliche e, conseguentemente perfezionarne la capacità di risposta, per migliorare il benessere e la qualità della vita di cittadini e delle aziende. Questa potrebbe essere la mossa vincente. La qualità delle trasformazioni della città e del paesaggio inizia prima di tutto dalla qualità dei processi amministrativi! * Responsabile U.O. progettazione e Grandi Opere Comune di Ancona; Consigliere dell’Ordine degli Architetti provincia Ancona; Componente del gruppo operativo “Concorsi” Consiglio Nazionale Architetti PPC
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attualità
Nuove tecnologie per incentivare la mobilità sostenibile in città Diverse applicazioni per smartphone permettono di monitorare e certificare i percorsi in bici, a piedi o sui mezzi pubblici. In tal modo la pubblica amministrazione, ma anche un’azienda privata, può incentivare gli spostamenti in determinate fasce orarie e zone della città, e al contempo analizzare preziosi dati statistici sul traffico, resi disponibili dalle stesse app
Domenico Sarsano
Ingegnere informatico ciclista e ambientalista
Abbiamo già affrontato su questa rivista (n. 1 gennaio 2019) dei vari motivi per i quali vale la pena aumentare l’utilizzo della bicicletta in città quale vero e proprio mezzo di trasporto e non solo come attività ludica, cercando di confutare molti pregiudizi finora maggioritari in gran parte del nostro Paese. Scoraggiare l’uso dell’automobile privata e in parallelo incoraggiare quello di mezzi alternativi, in primo luogo trasporto pubblico e bicicletta, dovrebbe essere uno dei principali obiettivi del governo centrale e delle giunte locali. Il presente è infatti un momento storico che definirei drammatico già solo per le “normali” conseguenze, sulla salute pubblica e sull’efficienza generale del “sistema Italia”, causate dal preponderante traffico motorizzato su gomma, che da decenni opprime le città italiane e ci allontana sempre più dagli standard europei. Ora, per via dell’incombente cambiamento climatico, questi tempi difficili tendono a manifestarsi catastrofici. In altri Paesi europei, per cercare di bilanciare il rapporto fra auto, mezzi pubblici e bici, sono stati concepiti già da molti anni vari tipi di incentivi agli utenti della mobilità sostenibile da parte delle istituzioni. Con il diffondersi degli smartphone e
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loro applicazioni software, si è recentemente resa possibile per le stesse autorità la concessione di incentivi altamente mirati e non generalizzati “a pioggia”, potendo così ridurre considerevolmente il rischio di sprechi ed irregolarità. Partiamo dal presupposto che lo smartphone è un dispositivo personale di tipo “general purpose”, che cioè riassume in sé le caratteristiche di molti dispositivi specializzati in una sola funzione (telefono, fotocamera, calcolatrice, orologio, ecc.) e che ciascun utente porta con sé per la gran parte del suo tempo: leggerezza, piccolo ingombro e facilità d’uso ne fanno il compagno di viaggio preferito dalla maggioranza degli italiani (per non parlare della scommessa ancora in divenire sui dispositivi “indossabili” come gli smartwatch). Lo smartphone ha ormai una capacità di calcolo e di archiviazione dei dati paragonabile a quella di un computer desktop; in più possiede vari sensori, come il GPS, l’accelerometro e il giroscopio, che lo rendono il dispositivo più adatto a monitorare i percorsi fatti dal suo possessore, stabilendo al contempo con buona (anche se sicuramente migliorabile) probabilità il tipo di spostamento. Di seguito prendiamo ad esempio tre imprese che hanno già immesso sul mercato italiano una loro app a questo scopo. Wecity Quest’azienda di Modena ha creato un’app bella e semplice da usare: basta avviarla e premere il pulsante di Start; l’app comincia a registrare il percorso. Alla fine del tragitto, fermando la registrazione, il percorso sarà inviato al server centrale se c’è una connessione dati disponibile (o non appena questa lo sia). Il server effettua una validazione dei dati ricevuti, usando algoritmi proprietari che cercano di stabilire con ragionevole certezza il mezzo utilizzato. I dati raccolti, infatti, come posizione, velocità e accelerazioni, devono essere coerenti con il tipo di trasporto ipotizzato (a piedi, bicicletta, bus, automobile). Ho testato principalmente l’app in biciclet-
ta, installata su telefono Android (Asus Zenfone 2): molti problemi dell’app, che avevo ravvisato a inizio estate, sono stati poi corretti e a settembre l’app funzionava bene, convalidando quasi per intero i miei percorsi casa-lavoro in bici a pedalata assistita. L’“intelligenza artificiale” dell’algoritmo non è precisa al 100%: qualche tratto del percorso mi veniva quasi sempre scartato e, stranamente, non era tra quelli in cui, sfruttando la discesa, la bici prendeva velocità superiori a 30 km/h (in un punto potevo facilmente arrivare a 40 km/h): piuttosto si trattava di un tratto di strada probabilmente con scarsa copertura GPS (si passa sotto un ponte ferroviario) e dove c’è un semaforo che fa stare tutti fermi in coda e forse queste concause ingannavano l’app. In un altro caso mi sono spostato con l’auto, ma, andando piano e moderando le accelerazioni, il percorso mi è stato convalidato come se avessi usato un mezzo pubblico. A parte questi piccoli inconvenienti, sono rimasto favorevolmente impressionato. Alla fine della giornata, si può avere la cronologia dei propri spostamenti, visibili sulla mappa stradale, i tempi di percorso, la velocità media e quella di picco. E i chilogrammi di CO2 risparmiati grazie al mancato uso dell’auto privata. Tutti questi dati, in modalità aggregata per tutelare la privacy degli utenti, sono resi disponibili alle istituzioni pubbliche o alle aziende private convenzionate con Wecity: in tal modo è possibile effettuare data mining a livello statistico, capire ad esempio quali sono i principali flussi veicolari a seconda delle fasce orarie e dei giorni. Per un Comune come quello di Mantova, che ha deciso di remunerare tramite quest’app i percorsi casa-lavoro, significa disporre anche di dati preziosi e reali (non ipotizzati o simulati) per intercettare le esigenze dei cittadini e pianificare la mobilità urbana del futuro. PinBike È una startup di Bari che ha realizzato un’app con molti punti in comune alla
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attualità
NUOVE TECNOLOGIE PER INCENTIVARE LA MOBILITÀ SOSTENIBILE IN CITTÀ
Per strada a Timisoara, Romania (ph Domenico Sarsano)
precedente, ma che si differenzia per una particolare caratteristica: oltre ad usare i sensori del telefono, richiede la connessione via bluetooth tra il telefono e un apposito piccolo dispositivo hardware che si lega al mozzo della bici: quest’ultimo serve a conteggiare il numero di giri della ruota per misurarne la velocità e confrontarla con quella calcolata a partire dai dati forniti dal telefono (posizione gps). In questo modo riesce ancora più difficile, se non impossibile, ad un malintenzionato simulare spostamenti fittizi tramite applicazioni di tipo “fake gps”. Il collegamento a Internet è necessario a inizio e fine sessione e, come per Wecity, una miniera di dati statistici è messa a disposizione dei promoter: fanno già uso di quest’app istituzioni pubbliche (incentivi in denaro da parte del Comune di Bari) e aziende private e commercianti locali che vogliono farsi pubblicità tramite queste piattaforme, fornendo in cambio buoni acquisto agli utilizzatori. Una versione dell’app è poi dedicata agli utilizzatori del car pooling, ossia della condivisione dell’auto tra colleghi di lavoro. Entrambe le app hanno una loro sezione
“social” per divertire ed educare all’uso della bici tramite il gioco e la competizione tra gli utenti: sembrerebbe uno scherzo, ma il voler primeggiare nella classifica dei chilometri verdi e della CO2 risparmiata al pianeta, invoglia gli iscritti a usare anche più dello stretto necessario bici o mezzi pubblici. E l’app diventa anche un mezzo per conoscersi, fare amicizia, scambiarsi opinioni e informazioni utili. MoveCoin Un’ultima app che ho provato è MoveCoin. Tecnicamente funziona bene, in media riconosce i percorsi correttamente e come Wecity utilizza una quantità di RAM poco sotto ai 70 MB (per intenderci simile a quella di Whatsapp). La sua peculiarità, ma anche il suo punto opaco, sta nella trasformazione dei chilometri percorsi in movecoin, da convertire poi a scelta in cripto-valuta o in euro, scambiare sul mercato oppure trasformare in buoni spesa commerciali: in realtà a ottobre ho convertito per prova un po’ dei miei movecoin, prenotando sulla piattaforma dell’app un buono Amazon di 10 euro, pagando 5 euro reali tramite Paypal come commissione
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di acquisto. Questo buono in teoria dovrebbe essermi consegnato il 1 maggio 2020, ma il 30 novembre scorso i titolari dell’app hanno comunicato che la consegna non è certa. Poiché non è la prima volta che simili promesse non sono mantenute, la fiducia degli utenti è calata molto di livello, basta leggere i commenti sul forum web. Inoltre non è chiara la sede dell’azienda, che dovrebbe essere Milano. Francamente appare una bella idea, implementata in modo valido tecnicamente ma, dal punto di vista del marketing, quanto meno confuso. Conclusioni Queste app sono tecnicamente già mature per poter essere utilizzate dai Comuni al fine di incentivare in modo oculato la mobilità sostenibile. Si tratta di prodotti già chiavi in mano che possono ulteriormente essere configurati per un uso più adatto al singolo committente. Inoltre grandi e medie aziende e catene commerciali possono usarle per promuoversi in modo innovativo; e aziende e commercianti locali per fidelizzare i clienti sul proprio territorio.
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sommario A&B - Atti e Bollettino di Informazione degli Ordini degli Ingegneri della Liguria Periodico a cura dell’Ordine degli Ingegneri di Genova Codice Fiscale 95045940103 www.ordineingegneri.genova.it - PEC: ordine.genova@ingpec.eu Presidente: Maurizio Michelini Direttore Editoriale: Felice Lombardo Reg. Tribunale Genova n. 64 del 25 marzo 1949 Anno LXXI - Trimestrale Proprietà: Ordine Ingegneri provincia di Genova Rappresentante legale: Maurizio Michelini N. 1 - Gennaio-Marzo 2020 Chiuso in redazione il 14 marzo 2020 Direzione e Redazione: Piazza della Vittoria, 11/10 - 16121 Genova rivistaingegneri@ordineingegneri.genova.it Editore, impaginazione, stampa: Microart Srl - Il Geko Edizioni - Recco www.ilgekoedizioni.com - info@ilgekoedizioni.com Direttore Responsabile: Gianfranco Sansalone Hanno collaborato: Antonio Brencich, Gianluigi Calzetta, Andrea Chiaiso, Sara De Maestri, Matteo Gentile, Felice Lombardo, Marco Marchegiano, Maurizio Michelini, Alice Orvieto, Raffaele Rialdi, Stefano Rolli, Domenico Sarsano, Enrico Sterpi, Viviana Caravaggi Vivian. Foto: Aba News, Antonio Brencich, Mattia Di Stefano, Ericsson SpA, Mimmo Giordano, Key4biz.it, Nira Consulting SpA, PerGenova, Domenico Sarsano, Struttura Commissario Straordinario Ricostruzione viadotto Polcevera. Grazie per la collaborazione alle segreterie degli Ordini degli Ingegneri di Genova, Imperia, La Spezia e Savona Progetto editoriale: Agenzia Aba Comunicazione www.abacomunicazione.it - info@abacomunicazione.it Redazione giornalistica: redazione@abanews.it In copertina: Un Robot attivato con la tecnologia 5G e realizzato da Ericsson (ph. Ericsson SpA); la campata P9P10 sul Polcevera (ph. Mimmo Giordano)
Questo numero è scaricabile in pdf dal sito dell’Ordine degli Ingegneri di Genova e viene spedito in formato pdf a tutti gli oltre 4.600 iscritti all’Albo degli Ingegneri di Genova e agli altri Ordini provinciali Liguri per l’inoltro ai propri iscritti e ai propri contatti. Viene anche mandato agli Ordini tecnici liguri e nazionali, alle pubbliche istituzioni, ai giornalisti e ai soggetti di interesse per la categoria. Inoltre una apposita tiratura stampata su carta viene diffusa a vari soggetti e attraverso le attività formative interne e gli eventi organizzati o a cui l’Ordine di Genova partecipa. La riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei testi è consentita purché siano espressamente citati la fonte e gli autori. È vietato riprodurre, anche in modo parziale, l’impaginazione grafica senza espressa autorizzazione della proprietà. Le immagini riprodotte sono dell'Ordine, di autori regolarmente retribuiti o di archivi, oppure sono state reperite presso fonti pubbliche e libere. I marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari. Nel caso non sia stato possibile rintracciare eventuali detentori di diritti, l’editore si dichiara disponibile ad adempiere ai propri obblighi. Il prezzo dell’abbonamento è compreso nella quota di iscrizione annuale all’albo, le copie in abbonamento a titolo oneroso sono in percentuale non inferiore al 50% del totale delle copie spedite.
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1 Il Rullo... di Rolli Vignetta a cura di Stefano Rolli 2 L’intervista L’esperienza del nuovo ponte per sbloccare i cantieri con una nuova legge nazionale. Parla il presidente dell’Ordine Maurizio Michelini di Gianfranco Sansalone 2 Editoriale Il Modello Genova e il valore del “metodo prestazionale” di Felice Lombardo 5 Se l’ingegneria potesse aiutarci contro l’isolamento di Enrico Sterpi 6 Università, prove di futuro di Gianfranco Sansalone 6 «Giorno diverso da quello sognato ma è stata una festa lo stesso» di Alice Orvieto 8 Random 12 Cover Così cambierà la nostra vita con la tecnologia “super-smart” di Matteo Gentile 14 Operare col laser da 15 km? Why not? Il nuovo è già avanzato di Marco Marchegiano 15 Il rinnovato momentum dell’ IoT di Raffaele Rialdi 16 Ma è vero che è nocivo? Finora nessuno lo ha dimostrato di Matteo Gentile 17 Genova 2018-2048 Viadotto Polcevera - «Direzione dei lavori? Non solo» PMC, il motore del cantiere di Gianfranco Sansalone 22 Qui Ordine Dal 16 al 26 il voto per l’Inarcassa di Felice Lombardo 23 I due candidati dell’Ordine di Genova Gianluigi Calzetta e Andrea Chiaiso 24 Da Liverpool a Genova 43 studenti a lezione all’Ordine e poi in cantiere di Antonio Brencich 26 “Da Leonardo alla Luna” nei corsi di UniTe, piace l’area Ingegneria di Sara De Maestri 28 Professione Il RUP, un vero “motore” che nella P.A. va valorizzato di Viviana Caravaggi Vivian 30 Attualità Nuove tecnologie per incentivare la mobilità sostenibile in città di Domenico Sarsano
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