Raccolta IoRoma -2016

Page 1



5

a cura di Ing. G. Monti Ing. G. Scalora commissione Interventi sulle costruzioni esistenti visto da: Ing. A. Bozzetti

CENTRI STORICI ANTISISMICI. UNA STRATEGIA POSSIBILE C’è urgente necessità di sviluppare un itinerario metodologico e operativo per intervenire con adeguata consapevolezza nei nostri centri storici per proteggerli da futuri eventi sismici che potrebbero letteralmente trasformarli in città fantasma, come purtroppo in molti casi, anche in tempi recenti, abbiamo osservato con tristezza mista a rassegnazione. L’idea è di proporre un approccio conoscitivo integrato (e ripercorribile da tutti) che permetta al progettista, al di là dagli approcci puramente tecnico-scientifici, di riconoscere i valori storici, cul-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


6

turali, morfologici ed estetici del centro storico in cui si trova ad operare e che al contempo si configuri come strumento progettuale per gli interventi di conservazione e restauro degli edifici e per lo sviluppo di politiche di riqualificazione urbana. Ogni professionista, ad esempio, dovrebbe interrogarsi sul ruolo che il “suo” singolo edificio (o aggregato di edifici) ha nell’ambito complessivo del contesto circostante, così come anche il rapporto – spaziale e temporale – tra ciò che appare oggi e ciò che, nel passato, lo ha generato.

Per aiutarlo in questo processo, l’Autorità competente dovrebbe fornire al professionista tutte le informazioni necessarie a cogliere ciò che è rilevante nel processo di formazione e trasformazione del centro storico in cui si opera. Partendo, infatti, dalla sua struttura originale insediativa (se si vuole: l’archetipo), la sua forma attuale è il risultato di una continua interazione fra la natura e l’uomo, ossia fra l’azione distruttrice della natura e la reazione (ri)costruttrice dell’uomo. Nel guardare un edificio o un aggregato, è evidente come il ruolo dell’uomo nel processo di cambiamento sia stato determinante. I bisogni primari (sole, acqua, aria, terra) hanno guidato i primi insediamenti ed hanno posto un segno univoco e permanente. Ciò che è avvenuto in epoche successive rappresenta invece il frutto di aggiustamenti, di reazioni agli eventi naturali (crolli, sismi, inondazioni, etc.), di desiderio di ordine e di produzione di spazio e di relazioni. Esistono quindi insiemi di regole imposte dall’uomo e dalla natura che occorre saper riconoscere. Ci sono regole che sono insite nell’essere umano e che si trovano immutate a tutte le latitudini, ma ci sono anche regole “locali” legate alla storia, alla tecnica, ai materiali, al clima, all’organizzazione sociale, all’economia, alla religione. E allora bisogna sapersi dotare di strumenti di lettura del costruito, che si aggiungano e completino quelli crudamente tecnicistici, che consentano di oscillare fra regole generali e regole particolari, con la consapevolezza che non si stanno cercando formule matematiche di trasformazione di stato, bensì si sta leggendo nel cuore degli uomini che hanno camminato in quelle strade e abitato quelle case. L’esercizio non è ovviamente privo di rischi, ma può giovarsi di un insieme di regole per le analisi che guardano ai diversi livelli di lettura, più ampi di quelli riguardanti il singolo sistema edilizio, ma che dovrebbero spaziare su scala più ampia fino a includere l’ambito, il tessuto e addirittura la scala urbana. Il punto di partenza non deve quindi essere l’oggetto dell’intervento, quale, ad esempio, la particella di un isolato. È bensì necessario interpretare criticamente le profonde affinità che sussistono ad esempio tra orditura viaria e disposizione degli isolati, tra sviluppo della maglia aggregativa e moduli urbanistici, tra tessuti e spazi aperti, tra ampliamenti urbani e direttrici strutturali. Il professionista si accorgerà, con stupore, della quantità e qualità di informazioni, utili allo sviluppo del proprio modello di calcolo e del proprio progetto di rafforzamento sismico, che riuscirà ad ottenere dallo studio di queste relazioni.

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

81


roma

82

Questo ragionamento si traduce nel passaggio da un approccio puramente esplicativo, rivolto alla spiegazione materiale e costruttiva delle cose, ad uno caratterizzato da uno sguardo capace di leggere gli elementi e le relazioni spaziali in profondità e in una visione d’insieme. Ne deriva che il progetto non è più solo l’espressione di un eventuale atto di miglioramento, adeguamento o riparazione dell’oggetto, ma di per sé contiene anche una possibile evoluzione delle relazioni funzionali, estetiche e morfologiche tra i diversi elementi, e sistemi di elementi, presenti nell’ambiente. In questa prospettiva il progetto deve essere ogni volta una nuova esperienza per ciascun progettista, in quanto tentativo di ricerca delle soluzioni più adeguate al caso particolare. In questo senso, la forma degli oggetti costituisce il referente base anche per il progetto di miglioramento strutturale. Le limitazioni geometriche imposte dalla normativa tecnica (spessori murari, distanze tra muri di controvento, eccetera) possono trovare una risoluzione attraverso l’attivazione di risorse materiali in una porzione di tessuto più ampia di quella relativa al singolo edificio, ovvero coinvolgendo nella distribuzione delle forze sismiche un maggior numero di cellule. Anche una rigida idea di rafforzamento sismico, se si confronta con uno studio critico della struttura fisica degli edifici, può prevedere all’interno delle sue possibilità operative interventi quali la ricostruzione di pareti oppure la riqualificazione formale di cellule murarie o la demolizione di volumi provvisori ed incongrui, indirizzando i propri sforzi alla comprensione critica di qualcosa di più complesso e maggiormente dotato di significato. All’interno di questo quadro teorico-metodologico, gli interventi nelle città storiche vanno articolati e organizzati secondo un possibile ordine “appropriato” e “conveniente”, di comfort e di sicurezza sismica.

La qualità del progetto non deriverà da capacità innate o trascendentali del progettista incaricato, e neppure dall’applicazione meccanica di dati tecnici (i codici di pratica!), ma da un esercizio critico di riconoscimento, incessantemente applicato al costruito della città per generare un’opera di qualità. La parola progetto sottolinea il senso delle responsabilità culturali ed etiche dell’individuo progettista, ma anche del committente, pubblico o privato. L’obiettivo principale del progetto è quindi quello di incrementare il valore del luogo, rendendolo, allo stesso tempo, più funzionale ai modelli abitativi odierni. E’ possibile, all’interno delle fabbriche, riconfigurare i vuoti residuali dei cortili/recinti, ricostruire o riqualificare pareti e cellule murarie, perfino demolire i volumi provvisori ed incongrui (le sopraelevazioni e le superfetazioni). L’individuazione e la selezione degli interventi deve quindi implicare un’analisi del tessuto urbano che va oltre i singoli volumi edilizi. L’intero aggregato deve essere il referente base anche per il progetto strutturale che, per i diversi stati limite e le differenti modalità di collasso, può attivare risorse materiali nell’ambito del contesto fisico di pertinenza, coinvolgendo nella distribuzione delle forze sismiche l’insieme spaziale delle cellule. Volendo favorire questa consapevolezza, la normativa vigente mira a identificare, come ambito minimo di studio e d’intervento, la cosiddetta Unità Strutturale (US), alla quale devono essere estese tutte le fasi di diagnostica, modellazione, analisi e, se necessario, intervento. Comunemente, l’US comprende più unità immobiliari. Esiste purtroppo, fra i professionisti, un’evidente – e forse comprensibile – resistenza culturale a cimentarsi in analisi che si estendano “al di fuori” dell’unità immobiliare oggetto dell’incarico. Essi giustificano questa loro ritrosia con l’obiettiva difficoltà ad acquisire tutte le informa-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma

83

zioni necessarie a realizzare un modello affidabile (per tacere dei costi aggiuntivi che queste operazioni richiedono). In pochi commendevoli casi lo studio può arrivare a comprendere l’interazione, pre e post intervento, con le zone contermini. In altri rari(ssimi) casi, più professionisti si possono “aggregare” attorno ad un’US con l’ambizioso obiettivo di condividere informazioni, modelli, strategie e risultati, con l’intento di ottimizzare i costi della diagnostica e dell’intervento stesso. E’ quest’ultimo, ad esempio, il caso degli aggregati aquilani, per i quali si sta tentando di seguire, fra non poche difficoltà, questa strada. Va da sé che, se le Autorità competenti sviluppassero piani urbanistici prestazionali, il compito dei professionisti sarebbe grandemente semplificato, poiché ognuno di essi si troverebbe a operare nell’ambito di una griglia prestabilita, proveniente da uno studio di livello superiore, che detta linguaggi, regole e criteri operativi. In tal modo, professionisti differenti, anche in tempi differenti, si troverebbero ad operare all’interno di una coordinata azione progettuale estesa a tutta la città storica. Sotto la guida del Piano, si giungerebbe a conferire a tutto

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


Paganica. Edificio in via dellĘźOlivo. Riconoscimento delle fasi evolutive con particolare riguardo alla successione delle stratificazioni tettoniche.

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma il tessuto una qualità e una prestazione sismica sufficientemente uniforme (Scalora e Monti 2013). Nella maggioranza dei casi, tuttavia, si può fare riferimento alle mappe catastali, in genere sempre disponibili, oppure, in mancanza di queste, ad un rilievo visivo dei prospetti esterni. Già, comunque, da queste due fonti d’informazione – e dall’interpretazione della forma dell’aggregato in rapporto al tessuto circostante – è possibile ricavare indizi utili alla realizzazione di un modello di calcolo che si estenda ben oltre l’unità immobiliare oggetto dell’incarico (Scalora e Monti 2010). Al tecnico è quindi richiesta una particolare sensibilità critica che va oltre la semplice conoscenza delle regole applicative: il processo della conoscenza, e ancora di più quello della progettazione dell’intervento, ha un andamento necessariamente iterativo, fra continui rimandi e affinamenti, alla ricerca della soluzione ottimale. In questo quadro s’inseriscono gli studi applicativi eseguiti recentemente (ad es., Monti e

Vailati 2009, 2013), con l’obiettivo di sviluppare un quadro teorico solido, ma anche uno strumento pratico per l’analisi degli aggregati edilizi, affidabile e al tempo stesso di semplice impiego. Seguendo, infatti, i dettami della NTC-08, si tiene conto del fatto che “l’analisi di un’US secondo i metodi utilizzati per edifici isolati, senza un’adeguata modellazione oppure con una modellazione approssimata dell’interazione con i corpi di fabbrica adiacenti”, assume un significato convenzionale. Di conseguenza, si ammette che l’analisi della capacità sismica globale dell’US possa essere verificata attraverso metodologie semplificate. In particolare, si riconosce che la verifica convenzionale di un’US può essere svolta, anche per edifici con più di due piani, mediante l’analisi statica non lineare analizzando e verificando separatamente ciascun interpiano dell’edificio, e trascurando la variazione della forza assiale nei maschi murari dovuta all’effetto dell’azione sismica. Dopo un periodo di validazione dei risultati in ambito accademico,

Percorso metodologico d’intervento.

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

85


roma si è giunti a contribuire allo sviluppo di un programma di calcolo, denominato VENUS (VErifica Nonlineare delle Unità Strutturali), dedicato alla valutazione sismica degli aggregati,

con l’obiettivo di fornire ai professionisti uno strumento di facile impiego, rapido nell’esecuzione delle verifiche, di uso intuitivo e solido dal punto di vista teorico. ■

86 Bibliografia Monti G., Vailati M., Procedura di analisi non lineare statica per la valutazione sismica degli edifici in aggregato, XIII convegno ANIDIS “L’ingegneria Sismica in Italia”, Bologna, 2009. Monti G., Vailati M., Analisi di vulnerabilità sismica di edifici in aggregato: un caso di studio, XIII convegno ANIDIS “L’ingegneria Sismica in Italia”, Bologna, 2009. Monti G., Vailati M., VENUS: Un programma per l’analisi non lineare semplificata di aggregati edilizi, XV convegno ANIDIS “L’ingegneria Sismica in Italia”, Padova, 2013. Scalora G., Monti G., La conservazione dei centri storici in zona sismica. Un metodo operativo di restauro urbano. Academia Universa Press, Milano, 2010, ISBN: 978-88-6444-0019. Scalora G., Monti G., Città storiche e rischio sismico. Il caso studio di Crotone. LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2013, ISBN: 978-88-6242-0785.

Studio ABDR - Stazione Tiburtina (Roma) Copyright © Moreno Maggi ÿ ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


Quaderno

a cura di Ing. G. Monti, Ing. M. Vailati, Ing. R. Marnetto commissione Interventi sulle costruzioni esistenti visto da: Ing. A. Bozzetti

ISOLAMENTO E SPOSTAMENTO DI UN EDIFICIO STRATEGICO SOTTO TUTELA ARCHITETTONICA ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma

Introduzione Sempre più spesso l’ingegnere si trova a dover progettare interventi di rafforzamento sismico su edifici di grande valore storico-culturale, in cui si pone la questione di conciliare il rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dalla normativa, che richiedono interventi anche molto invasivi, con le esigenze di tutela del bene, che in-

vece mirano a ridurre al minimo l’alterazione della fisionomia dell’edificio ed alla conservazione della forma architettonica del manufatto. In molte situazioni, l’adozione della strategia del miglioramento consente di calibrare in maniera adeguata l’intervento, riducendone l’impatto visivo, ma al tempo stesso accettando un rischio maggiore per l’edificio. Tuttavia, ci sono dei casi in cui la necessità di perseguire l’adeguamento completo dell’edificio è più stringente, se, ad esempio, l’edificio ospita delle funzioni strategiche di grande rilevanza per la collettività. Diviene allora irrinunciabile produrre un progetto di intervento che realizzi una completa protezione sismica dell’edificio. Risulta molto più impegnativo in questi casi operare senza alternarne, o addirittura modificarne in maniera irreversibile, l’aspetto. In questo articolo è trattato un esempio tipico che ricade appieno nella fattispecie sopra esposta: si tratta infatti di un edificio, progettato alla fine degli anni ’50, che ospita funzioni di grande importanza strategica in cui, però, qualsiasi intervento di rafforzamento degli elementi strutturali ne avrebbe comportato lo svilimento della figura architettonica. L’edificio in questione è stato progettato in assenza di normativa tecnica e di nozioni teoriche per la progettazione antisismica: esso è realizzato con una struttura a piano pilotis, che notoriamente non assicura un comportamento ideale in condizioni sismiche. Gli edifici a piano pilotis hanno infatti dimostrato, in passato e nei recenti eventi sismici, scarsa resistenza alle azioni orizzontali: la parte superiore rimane sostanzialmente rigida, così che la domanda di spostamento si concentra sui pilastri del piano terra, pertanto le cerniere plastiche si formano unicamente alla estremità dei pilastri, che solitamente non sono in grado di dissipare adeguatamente l’input di energia del terremoto, sia perché resi fragili dalla presenza del carico assiale che ne riduce la duttilità disponibile, sia perché affetti da significativi effetti P-delta. Nel caso in esame, inoltre, i pilastri del piano pilotis hanno una caratteristica forma “a fungo”, che, se da una parte contribuisce a caratterizzare architettonicamente l’edificio, dall’altra dà luogo a un pericoloso comportamento elastofragile, per di più aggravato da una preoccupante carenza di armatura trasversale. La valutazione di sicurezza sismica ha fornito un indice di rischio (dato dal rapporto capacità/domanda, espressa in termini di accelerazione al piede) largamente inferiore all’unità, per cui si è deciso di procedere al suo adeguamento. Qualsiasi strategia d’intervento si fosse adottata avrebbe dovuto rispettare due requisiti fondamentali:

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

59


roma

60

a) da parte del Committente, le operazioni di cantiere non dovevano interferire con le attività lavorative svolte nell’edificio, b) da parte della Soprintendenza, la fisionomia caratteristica dei pilastri “a fungo” non doveva essere modificata. Fra le diverse possibili strategie, si è alla fine optato per l’isolamento alla base dell’edificio, traendo vantaggio proprio dal punto debole costituito dal piano pilotis, la cui presenza ha invece reso più agevoli le lavorazioni per la realizzazione dell’intervento. L’inserimento dei dispositivi d’isolamento sotto i pilastri “a fungo”, avrebbe infatti consentito di ottenerne la completa protezione senza che l’aspetto venisse alterato. Tale strategia si è rivelata in effetti ottimale sotto tutti i punti di vista – tecnico, architettonico, funzionale – ed ha consentito di pervenire ad un completo adeguamento sismico del fabbricato. Inoltre, le lavorazioni si sono svolte senza interferire con le attività svolte all’interno del fabbricato, mantenendo i frequentatori degli uffici in completa sicurezza. L’intervento globale è stato completato da rafforzamenti locali dei pilastri del primo livello, con l’obiettivo di eliminare il possibile insorgere di meccanismi di rottura fragili, migliorandone la bassa capacità a taglio, vista la carente armatura trasversale presente. Un aspetto di particolare interesse e di assoluta innovatività riguarda poi il modo in cui si è affrontato il problema degli spostamenti elevati cui è soggetta una struttura isolata alla base nel corso dell’evento sismico. L’edificio è infatti

costituito da tre corpi giuntati fra loro – ali e corpo centrale – con giunti di ampiezza decisamente insufficiente a consentire gli spostamenti previsti in condizioni sismiche. Per evitare quindi che le porzioni giuntate della struttura martellassero fra loro, i giunti esistenti sono stati ampliati “allontanando” le ali laterali dal corpo centrale.

L’edificio strategico esistente L’edificio oggetto dello studio è mostrato in figura 1. Esso è costituito da tre corpi di fabbrica, come mostrato nella pianta in figura 2. La struttura è costituita da telai in calcestruzzo armato ottenuti dalla solidarizzazione in opera di pilastri prefabbricati per centrifugazione. Una sezione trasversale dell’edificio è mostrata in figura 3. Ognuno dei due piani pilotis è costituito da 24 pilastri, i quali presentano una conformazione “a fungo”, come mostrato in figura 4, e sono dotati di sezione circolare cava per accomodare i condotti di scarico delle acque. La particolare conformazione dei pilastri, che contribuisce al valore architettonico dell’edificio, è in realtà l’elemento maggiormente responsabile della sua vulnerabilità sismica. La presenza del foro interno produce inoltre una notevole riduzione della sezione resistente a taglio, soprattutto nella porzione inferiore del pilastro. È stato possibile attuare la soluzione dell’isolamento alla base, grazie alla presenza al piano interrato di setti in cemento armato perimetrali e di pilastri centrali di notevoli dimensioni, collegati da travi di altezza considerevole, posti in

Figura 1 - Panoramica dell’edificio.

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma

61

Figura 2 - Pianta del fabbricato al piano pilotis. L’atrio centrale funziona da smistamento dei flussi per le due ali laterali, dove sono localizzati gli uffici.

Figura 3 - Sezione sull’ala Ovest.

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma

62

Figura 4 - Sezione del tipico pilastro “a fungo” e della successione degli strati di finitura. Si noti la cavità verticale interna al pilastro che ospita i condotti di scarico.

Figura 5 - Foto d’epoca che mostra la geometria della struttura interrata

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma corrispondenza dei pilastri “a fungo” superiori (fig. 5). La struttura del piano interrato forniscequindi una consistente superficie di appoggio, nell’intorno di ogni pilastro, dove collocare i dispositivi di sollevamento per inserire sotto i pilastri gli isolatori sismici, evitando l’insorgere di pericolose concentrazioni di carico in punti non idonei della struttura esistente.

63 Figura 6 - Applicazione del sistema CAM sui pilastri “a fungo”, preventivamente bonificati.

L’intervento di adeguamento sismico L’intervento è stato previsto in tre fasi: rafforzamento dei pilastri “a fungo”, isolamento alla base e spostamento dell’edificio. • Il rafforzamento dei pilastri con CAM Il rafforzamento dei pilastri è stato eseguito con l’obiettivo di modificarne il comportamento, da elastico-fragile a duttile, consentendo quindi alla sezione di sommità di raggiungere eventualmente lo snervamento. L’intervento di rinforzo è stato effettuato con la tecnica CAM (Confinamento Attivo dei Manufatti) che prevede l’applicazione di nastri di acciaio inox pretesi (fig. 6). Le verifiche mostrano che i pilastri rinforzati plasticizzano prima di raggiungere la capacità a taglio e quindi presentano un comportamento duttile, in accordo al criterio della progettazione in capacità. • L’isolamento alla base L’efficacia del sistema d’isolamento alla base dei corpi di fabbrica laterali, le “ali”, è stata accertata mediante analisi modale con spettro di risposta. Il sistema d’isolamento, costituito da isolatori elastomerici a elevata dissipazione, è stato rappresentato da elementi visco-elastici lineari equivalenti con parametro di smorzamento viscoso equivalente pari al 16%. In genere, gli isolatori vengono distribuiti in pianta in maniera simmetrica per evitare l’insorgere di effetti torsionali indesiderati. Purtroppo, alcuni pilastri ospitavano i discendenti di scarico delle acque e quindi sotto di essi non sarebbe stato possibile installare dei dispositivi elastomerici, poiché ciò avrebbe comportato la realizzazione di fori all’interno di questi, con evidenti complicazioni di carattere tecnologico. Si sono allora adottati dei dispositivi a scorrimento (fig. 7), denominati “tripodi” poiché poggiano su tre punti, nei quali è stato più semplice prevedere un foro per il passaggio delle condutture. Questi sono stati impiegati in numero maggiore rispetto a quello strettamente necessario, in modo da posizionare il centro delle rigidezze il più possibile vicino al centro delle masse e quindi minimizzare gli effetti torsionali. La figura 8 mostra il loro posizionamento sotto un pilastro “a fungo”, dal quale è stata rimossa, tagliandola, la porzione inferiore. Per evitare danni alle connessioni e alle tuba-

zioni, si sono resi opportunamente flessibili gli impianti in corrispondenza dell’attraversamento delle interfacce, soprattutto i condotti di scarico verticali presenti all’interno dei pilastri “a fungo”, adottando giunzioni di raccordo spiralate in plastica che si deformano senza determinare danni e malfunzionamenti. • Lo spostamento L’aspetto che ha più caratterizzato l’intervento è stato lo spostamento dei corpi laterali, isolati

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

Figura 7 - Il “tripode”: vista e sezione. Si noti il particolare del condotto di scarico dotato di gomito deformabile.


roma

64

Figura 8 - Inserimento dei “tripodi” sotto i pilastri, preventivamente tagliati alla base.

Figura 9 Rappresentazione dell’isolatore elastomerico, predeformato al massimo spostamento. Alla rimozione del blocco (in viola), esso ritorna in posizione centrata facendo traslare l’edificio sovrastante.

Figura 10 - Rilascio dei fabbricati: sistema di tiranti ancorati a carpenterie metalliche inghisate all’intradosso del primo solaio.

alla base, rispetto al corpo centrale, sostanzialmente rigido. Come già detto, i giunti fra tali corpi di fabbrica dovevano essere ampliati in modo da permettere, in condizioni sismiche, il corretto funzionamento del sistema d’isolamento, senza impedimenti al libero spostamento delle parti isolate. Di fatto, il giunto esistente era di ampiezza molto limitata, come spesso si riscontra nella quasi totalità degli edifici realizzati in Italia. La NTC-08 prevede, fra le varie tecniche d’intervento, anche l’ampliamento dei giunti. Questo però non è sempre facilmente perseguibile. Nel caso in esame, invece, il piano pilotis e la presenza di un piano interrato molto rigido hanno facilitato l’operazione, consentendo la traslazione dei due corpi di fabbrica laterali verso l’esterno, dopo aver eseguito l’installazione dei tripodi e degli isolatori elastomerici, questi ultimi pre-deformati nella posizione di progetto a SLC e ivi bloccati con apposite carpenterie (fig. 9). Dopo la rimozione dei bloccaggi, i dispositivi tendono a ritornare elasticamente alla loro posizione indeformata, spostando “naturalmente” l’edificio sovrastante. La fase di rilascio è stata bilanciata da un sistema di tirantature (fig. 10) che collegava i due edifici tra di loro, in grado di assorbire la forza conseguente al richiamo degli isolatori deformati. Ciò ha consentito, in prima battuta, di poter liberare tutti gli isolatori dalle carpenterie di blocco, assorbendone la reazione, quindi di controllarne l’azione di richiamo arrivando allo spostamento finale delle due ali. La figura 11 mostra un’immagine di due isolatori elastomerici al momento della rimozione del blocco. In questa configurazione, gli isolatori sono al loro massimo spostamento corrispondente allo SLC e ciò costituisce una sorta di collaudo in corso d’opera delle capacità deformative del sistema, nonché della sua stabilità nei confronti dei carichi verticali. La figura 12 mostra invece la porzione inferiore di un pilastro “a fungo” in cui l’isolatore elastomerico è ormai ritornato nella posizione indeformata recuperando la deformazione iniziale: l’edificio sovrastante si è dunque spostato della stessa quantità. Carter metallici verniciati e trattati contro la corrosione, sono infine stati adottati quali elementi di protezione dei dispositivi, oltre che di raccordo formale con la parte superiore del pilastro. La soluzione adottata si è distinta per l’impatto architettonico molto contenuto, fattore particolarmente apprezzato dalla soprintendenza. Il risultato finale è nel complesso molto equili-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

4


roma

5

65

Figura 11 - Due isolatori elastomerici predeformati, prima della fase di rientro elastico in posizione centrata. In questa fase l’azione di richiamo è bilanciata dalle tirantature.

Figura 12 - Un pilastro con l’isolatore elastomerico dopo il ritorno elastico alla posizione indeformata.

a Figura 13 - Il piano pilotis ad intervento ultimato. a) uno degli ingressi al blocco centrale posto alla testa delle ali. b) un allineamento sul tratto carrabile di ingresso al fabbricato.

12

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

b


roma

66

brato, come mostrano le immagini riportare nella figura 13. Tutto lo studio è stato interamente orientato a valutare la fattibilità dell’intervento, riducendo via via le incertezze che inizialmente accompagnavano la proposta, fi-

no a renderla realizzabile. Si è così addivenuti a una soluzione certamente delicata nelle fasi realizzative, ma in grado di superare i molti vincoli derivanti dalla straordinarietà dell’intervento.

Arch. A. Libera - Palazzo delle Poste (Roma) Copyright © Moreno Maggi ÿ ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


L'articolo è tratto dal Quaderno IoRoma n° 1/2015














L'articolo è tratto dal Quaderno IoRoma n° 1/2015




























a cura di 3F9: : .H?G9DIBG 3F9: : 2>99JIDJ commissione !IGEIBFJBH visto da: 3F9: : ): %0)<<DI=G 3F9: ,: G;;IEEJ

VERIFICA DI CAPACITÀ PORTANTE DI FONDAZIONI DIRETTE IN FASE SISMICA "H 7IDJ<JBH @J BH?HBJE+ ?GDEHFEI @J <GF@H;JGFJ @JDIEEI JF <HAI AJA=JBH6 BG=I DJB4JIAEG @HCCI * .-// 6 FIBIAAJEH C0H@G;JGFI @J G??GDE>FI <GD=>CI A7J8 C>??HEI H ?HDEJDI @H JF@H9JFJ A?IDJ=IFEHCJ I AE>@J EIGDJBJ B4I EIF9HFG BGF8 EG @I9CJ I<<IEEJ @ICC0H;JGFI AJA=JBH A>C AJAEI=H EIDDIFG8<GF@H;JGFI: Premessa , BH>AH @ICCI <GD;I @J JFID;JH JF@GEEI @HC AJA=H FIC EIDDIFG HC @J AGEEG @ICCH <GF@H;JGFI @JDIEEH AJ ?> =HFJ<IAEHDI >FH DJ@>;JGFI @IC BHDJBG CJ=JEI: ,C =G=IFEG CH FGD=H FGF <GDFJABI IA?CJBJEH JF@JBH8 ;JGFI A> &>HCI =IEG@G >EJCJ;;HDI ?ID CH 7IDJ<JBH @J BH?HBJE+ ?GDEHFEI JF <HAI AJA=JBH6 CHABJHF@G @J8 ABDI;JGFHCJE+ HC ?DG9IEEJAEH: 3F CIEEIDHE>DH BG=?HJGFG @J7IDAJ =IEG@J EDH B>J J =IEG@J @J .HABGFI6 HGC>BBJ IB ID6 H>9IDJ I 2JB4HD@A B4I 7IDDHFFG EDHEEHEJ JF AI9>JEG:

Verifiche agli stati limite ultimi "H FGD=HEJ7H @I<JFJABI @>I @J<<IDIFEJ H??DGBBJ ?DG9IEE>HCJ6 G9F>FG BHDHEEIDJ;;HEG @H BG=1JFH;JGFJ @IJ BGI<<JBJIFEJ ?HD;JHCJ #H=?CJ<JBH;JGFI @ICCI <GD;I6 DJ@>;JGFI @IJ ?HDH=IEDJ @J DIAJAEIF;H I 9CG1HCJ'6 CHABJHF@G CH ABICEH HC ?DG9IEEJAEH A> &>HCI H??DGBBJG >EJCJ;;HDI: ,??DGBBJG 5 .G=1JFH;JGFI 5( ,5 5 25 .G=1JFH;JGFI -( ,- - 2 ,??DGBBJG -( ,5 5 2 *IC BHAG AEHEJBG 7HC9GFG J BGI<<JBJIFEJ ?HD;JHCJ @J H=?CJ<JBH;JGFI @ICCI H;JGFJ I @J DJ@>;JGFI @ICCI DI8 AJAEIF;I DJ?GDEHEJ FICCI EH1ICCI :-:36 :-:336 : :3 @ICCI * . FIC BHAG AJA=JBG J BGI<<JBJIFEJ @J H=?CJ<J8

2%3*) %)!"3 3*!)!*)23 %)"", 2 3*.3, %3 2 ,


BH;JGFI @ICCI H;JGFJ AGFG ?GAEJ ?HDJ H@ 5 BGF >F BGFAI9>IFEI H99DH7JG AI AJ >EJCJ;;H CH BG=1: - @ICC0,??DGBBJG 5 JF &>HFEG GCEDI HCCH DJ8 @>;JGFI @ICCH DIAJAEIF;H 9CG1HCI BGFEI=?CH CH DJ@>;JGFI @IJ ?HDH=IEDJ 9IGEIBFJBJ: 3F =IDJEG HC BGI<<JBJIFEI ?HD;JHCI 26 CI * .-// @JAEJF9>GFG EDH <GF@H;JGFJ A>?ID<JBJHCJ I <GF@H8 ;JGFJ @J =>DJ @J AGAEI9FG6 @I<JFIF@G @>I @J7IDAJ BGI<<JBJIFEJ @J AJB>DI;;H 2 ?ID CH 7IDJ<JBH @J BH8 ?HBJE+ ?GDEHFEI #EH1ICCH 5 I -': ID J =>DJ @J AGAEI9FG ?DI7JAEG >F BGI<<JBJIFEI JF<IDJGDI B4I ?ID=IEEI >F @J=IFAJGFH=IFEG ?J DIHCJAEJBG @ICCI <GF@H;JGFJ:

Definizione dell’azione sismica secondo la normativa vigente ,C ?HDH9DH<G :55: : :5 * .-// 6 A>CCH AJB>DI;8 ;H @IC BG=?CIAAG <GF@H;JGFI8EIDDIFG6 AJ HB8 BIFFH HCCH valutazione della resistenza con approcci pseudo-statici se la determinazione delle azioni discende da un’analisi pseudostatica: "H .JDBGCHDI F: 5 @IC -// HC ?HDH8 9DH<G :55: : :5 EDHEEH JC EI=H @ICCI <GF@H;JGFJ A>?ID<JBJHCJ JF BGF@J;JGFJ AJA=JB4I JFEDG@>BIF@G J EI=J @J JFEIDH;JGFI JFID;JHCI I BJFI=HEJBH @IC AJAEI=H EIDDIFG8AED>EE>DH8ICI7H;JGFI( l’azione del sisma si traduce in accelerazioni nel sottosuolo (effetto cinematico, Khk ) e nella fondazione, per l’azione delle forze d’inerzia generate nella struttura in elevazione (effetto inerziale, Khi ). "H .JDBGCHDI &>JF@J @JAEJF9>I @>I BGI<<JBJIFEJ AJA=JBJ GDJ;;GFEHCJ I @I<JFJABI JF <>F;JGFI @J BG8 AH BHCBGCHDCJ( Khi BG=I DH??GDEG # ' I CI9H Khk HJ 7HCGDJ @J FGD=HEJ7H A?IBJ<JBHEJ ?ID J ?IF@JJ I &>JF@J HC BGI<<JBJIFEI @J DIH;JGFI GDJ;;GFEHCI @IC EIDDIFG kh B4I H A>H 7GCEH @J?IF@I @H A #BGI<<J8 BJIFEI @J DJ@>;JGFI @ICC0HBBICIDH;JGFI =HAAJ=H HEEIAH HC AJEG ?ID J ?IF@JJ' I @H H=H #HBBICIDH8 ;JGFI GDJ;;GFEHCI =HAAJ=H HEEIAH HC A>GCG':

"H .JDBGCHDI ?DGAI9>I <GDFIF@G JF@JBH;JGFJ A>J ?HDH=IEDJ @H =G@J<JBHDI FIC BHCBGCG @IC BHDJBG CJ=JEI #?HDH9DH<G :55: : :5': Metodo di Cascone J1CJG9DH<JBH=IFEI6 JC =IEG@G B4I ?J AJ H77JBJ8 FH H &>HFEG @IABDJEEG FICCH .JDBGCHDI &>ICCG @J .HABGFI B4I IA?CJBJEH @>I <HEEGDJ BGDDIEEJ7J @H H??CJBHDI HC BGI<<JBJIFEI * @J BH?HBJE+ ?GDEHF8 EI AEHEJBG: effetto cinematico effetto inerziale

Tabella 1 - Coefficienti parziali R per le verifiche agli stati limite ultimi STR e GEO di muri di sostegno (tab. 6.5.I NTC2008) VeriďŹ ca

CoefďŹ ciente parziale (R1)

CoefďŹ ciente parziale (R2)

CoefďŹ ciente parziale (R3)

.H?HBJE+ ?GDEHFEI @ICCH <GF@H;JGFI

2 $ 5:/

2 $ 5:/

2 $ 5:

BGDDJ=IFEG

2 $ 5:/

2 $ 5:/

2 $ 5:5

2IAJAEIF;H @IC EIDDIFG H 7HCCI

2 $ 5:/

2 $ 5:/

2 $ 5:

Tabella 2 - Coefficienti parziali R per le verifiche agli stati limite ultimi di fondazioni superficiali (tab. 6.4.I NTC2008) VeriďŹ ca .H?HBJE+ ?GDEHFEI BGDDJ=IFEG

CoefďŹ ciente parziale (R1) 2 $ 5:/

CoefďŹ ciente parziale (R2) 2 $ 5:

CoefďŹ ciente parziale (R3) 2 $ -:

2 $ 5:/

2 $ 5:5

2 $ 5:5

Altri metodi di calcolo della capacitĂ portante di fondazioni dirette in condizioni sismiche %H HFFJ AGFG FHEJ 7HDJ =IEG@J ?ID 7HC>EHDI JC BH8 DJBG CJ=JEI <GF@H;JGFI EIDDIFG JF BGF@J;JGFJ AJ8 A=JB4I B4I BGFAJ@IDHFG C0I<<IEEG BJFI=HEJBG #<GD;I @J JFID;JH H9IFEJ A>C AJAEI=H <GF@H;JGFI8 EIDDIFG' H9JDI FGF AGCG A>C BGI<<JBJIFEI * =H HFB4I A>CCI HCEDI BG=?GFIFEJ @ICCH <GD=>CH;JG8 FI EDJFG=JH @J BH?HBJE+ ?GDEHFEI @J DJFB4 HF8 AIF: HCJ =IEG@J6 HCB>FJ @IJ &>HCJ BGFAJ@IDHEJ >F0IAEIFAJGFI @J EHCI <GD=>CH6 BGFAJ@IDHFG @IJ BGI<<JBJIFEJ BGDDIEEJ7J B4I EIF9HFG H??>FEG BGF8 EG @ICC0JFEIDH;JGFI BJFI=HEJBH EDH <GF@H;JGFI I EIDDIFG: ,CB>FJ @J &>IAEJ =IEG@J BGFAJ@IDHFG HFB4I C0JF8 <C>IF;H @ICCH BH?HBJE+ ?GDEHFEI @HC BGI<<JBJIFEI AJA=JBG 7IDEJBHCI6 ?HDJ HCCH =IE+ @IC BGI<<JBJIFEI GDJ;;GFEHCI: Metodo di Paolucci e Pecker 3C =IEG@G EJIFI BGFEG @I9CJ I<<IEEJ BJFI=HEJBG I JFID;JHCI >AHF@G >F H??DGBBJG BJFI=HEJBG #FG8 EG BG=I yield design theory' I BGFAJ@IDH CH BH8 ?HBJE+ ?GDEHFEI JF BH=?G AJA=JBG ?DG@GEEG @IC 7HCGDI JF BH=?G AEHEJBG I @J EDI BGI<<JBJIFEJ <>F8 ;JGFI @HC BHDJBG GDJ;;GFEHCI @IDJ7HFEI @HCCH AG8 7DHAED>EE>DH6 @HCC0JFID;JH @IC EIDDIFG I @HCC0IB8 BIFEDJBJE+ @IC BHDJBG:

@G7I( BHDJBG GDJ;;GFEHCI @HCCH AG7DHAED>EE>DH(

JFID;JH @IC EIDDIFG @J <GF@H;JGFI(


IBBIFEDJBJE+ @IC BHDJBG(

.GF@J;JGFI FIBIAAHDJH ?ID >EJCJ;;HDI vi B4I AJH kh<tan : %H 7HDJI HFHCJAJ @IC =IEG@G6 AJ I7JFBI B4I C0I<8 <IEEG BJFI=HEJBG =G@IAEG DJA?IEEG H9CJ I<<IEEJ JFID;JHCJ @G7>EJ HCCI H;JGFJ AJA=JB4I EDHA=IAAI @HCCH AG7DHAED>EE>DH: Metodo di Maugeri HCI =IEG@G AEHEG GEEIF>EG @H >FH AIDJI @J HFHCJAJ F>=IDJB4I BGF@GEEI BGF H??DGBBJG ?AI>8 @G8AEHEJBG BGFAJ@IDHF@G AJH C0I<<IEEG BJFI=HEJBG B4I JFID;JHCI: >IAEI HFHCJAJ 4HFFG @IEID=JFHEG J <HEEGDJ @J BH?HBJE+ ?GDEHFEI AJA=JBJ ?ID G9FJ BGFEDJ1>EG I DH??GDEHF@GCJ BGF J DJA?IEEJ7J 7HCGDJ AEHEJBJ 4HFFG ?GDEHEG HCCH 7HC>EH;JGFI @IJ EDI BGI<<JBJIFEJ BGDDIEEJ7J hgf, hcf, hqf @H H??CJBHDI HJ <HEEGDJ @J BH?HBJE+ AEHEJBH AIBGF@G CH AI9>IFEI <GD=>CH;JGFI(

J9>DH 5( Dati iniziali per il dimensionamento della fondazione nel caso in esame.

@G7I( <HEEGDI @J ABGDDJ=IFEG(

<HEEGDI @J BGIAJGFI(

<HEEGDI @J AG7DHBBHDJBG(

3 BGI<<JBJIFEJ 6 .6 %6 )6 I 3 AGFG <>F;JGFJ @J tan : Metodo di Richards !CJ H>EGDJ 4HFFG DJBH7HEG CI IA?DIAAJGFJ @I9CJ HF9GCJ ,) I ) B4I @I<JFJABGFG CI ;GFI @J A?JF8 EH HEEJ7H I ?HAAJ7H FIC =IBBHFJA=G @J DHF@EC I J BGI<<JBJIFEJ @J A?JFEH HEEJ7H I ?HAAJ7H ,) I ) JF <>F;JGFI @ICC0HF9GCG @0HEEDJEG @IC EIDDIFG6 @ICC0HF9GCG @J HEEDJEG EIDDIFG8?HDIEI I @ICCI HB8 BICIDH;JGFJ AJA=JB4I 7 I 4: 3 BGI<<JBJIFEJ @J BH8 ?HBJE+ ?GDEHFEI ?GAAGFG &>JF@J <GD=>CHDAJ BGF(

J9>DH -( Variazione della larghezza B della fondazione e del coefficiente di sicurezza FS in funzione del metodo adottato nei due approcci considerati.

Esempio numerico 3F &>IAEG ?HDH9DH<G 7JIFI H<<DGFEHEG >F BHAG @J ?DHEJBH ?DG9IEE>HCI JFIDIFEI JC @J=IFAJGFH=IFEG @ICCH <GF@H;JGFI @JDIEEH @ICCH A?HCCH @J >F AGEEG8 ?HAAG6 BGF<DGFEHF@G J =IEG@J ?DIBI@IFEI=IFEI

J9>DH ( Confronto dei risultati ottenuti dall’applicazione dei vari metodi nei due approcci considerati per la determinazione della larghezza B della fondazione dell’esempio in esame.

2%3*) %)!"3 3*!)!*)23 %)"", 2 3*.3, %3 2 ,


@IABDJEEJ6 >EJCJ;;HF@G CI AGCCIBJEH;JGFJ @IDJ7HFEJ @HCCH BG=1JFH;JGFI - @ICC0,??DGBBJG 5 I @HCCH BG=1JFH;JGFI @ICC0,??DGBBJG - @ICCI * .-// : "0G?IDH ?DIAH JF IAH=I @I7I DIAJAEIDI AG?DHE8 E>EEG H A?JFEI GDJ;;GFEHCJ HFHCG9H=IFEI H >F =>DG @J AGAEI9FG6 =H @I7I HFB4I EDHA=IEEIDI CI H;JGFJ 7IDEJBHCJ6 EDHA=IAAI @HCC0J=?HCBHEG HC EIDDIFG: ID EHCJ =GEJ7J AJ HAA>=I @J AI9>JEG B4I C0G?IDH FGF ?GAAH A>1JDI A?GAEH=IFEJ I &>JF@J JC = @J DJ@>;JGFI @ICC0H;JGFI AJA=JBH ?GAEG ?HDJ H 5 #?HDH9DH<G :55: :-:5 * .-// ': ID CH @I<JFJ;JGFI @IJ BGI<<JBJIFEJ ?HD;JHCJ J AJ <HD+ DJ<I8 DJ=IFEG HCCH Tabella 1 A?IBJ<JBH ?ID CI 7IDJ<JB4I H9CJ AEHEJ CJ=JEI >CEJ=J 2 I !) @IJ =>DJ @J AG8 AEI9FG: *ICCI EH1ICCI I FIJ 9DH<JBJ AJ DJ?GDEHFG J @HEJ @ICC0IAI=?JG I J DJA>CEHEJ GEEIF>EJ H??CJBHF@G J @J7IDAJ =IEG@J IA?GAEJ FIJ ?HDH9DH<J ?DIBI@IFEJ HCCI @J7IDAI BG=1JFH;JGFJ6 BGFAJ@IDHF@G >FH <GF@H;JGFI FHAEDJ<GD=I JC B>J ?JHFG @J ?GAH H 56 = @HC ?JHFG BH=?H9FH: ID AI=?CJBJE+ AJ BGFAJ@IDH 7$/: # J99:56-6 ':

Conclusioni %HCC0IAI=?JG DJ?GDEHEG I @H HCEDJ ?DIAIFEJ JF CIE8 EIDHE>DH6 DJA>CEH B4I H??CJBHDI CH <GD=>CH @J DJFB48 HFAIF HC BHAG AJA=JBG AIF;H >CEIDJGDJ 7HC>EH;JGFJ6 ?GDEJ H >F @J=IFAJGFH=IFEG =IFG BH>EICHEJ7G DJA?IEEG H@ HCEDJ =IEG@J B4I JF7IBI JFBC>@GFG IA?CJBJEH=IFEI 9CJ I<<IEEJ @IC AJA=H: 3FGCEDI I7J@IFEI B4I6 H ?HDJE+ @J =IEG@G6 C0,?8 ?DGBBJG 5 BGF@>BH AI=?DI H @J=IFAJGFJ @J <GF8 @H;JGFJ =H99JGDJ6 G HC ?J >9>HCJ6 DJA?IEEG HC8 C0,??DGBBJG -: %IEEG BJ 6 FICCH ?DHEJBH ?DG9IEE>HCI6 J @>11J @IJ ?DG<IAAJGFJAEJ 7IDEGFG ?DJFBJ?HC=IFEI A>CCI AI8 9>IFEJ &>IAEJGFJ B4I DJ=HF9GFG E>EEGDH JDDJAGCEI( 5' CH ?GAAJ1JCJE+ @J >EJCJ;;HDI >F =IEG@G @J 7IDJ8 <JBH @J7IDAG @H &>ICCG HBBIFFHEG FICCH .JD8 BGCHDI B4I AJH 9J>AEJ<JBH1JCI I @J BG=?DG7H8 EH H<<J@H1JCJE+ -' CH ?GAAJ1JCJE+ @J H11HEEIDI C0H;JGFI AJA=JBH >EJCJ;;HF@G J BGI<<JBJIFEJ A6 1HAHF@G &>IAEH HAA>F;JGFI A> @HEJ EIGDJBG8A?IDJ=IFEHCJ B4I G99J H??HJGFG BHDIFEJ ' CH ?GAAJ1JCJE+ @J @J<<IDIF;JHDI I BGFEIAE>HCJ;8 ;HDI J BGI<<JBJIFEJ @J AJB>DI;;H ?ID JC BHAG AJ8 A=JBG ' CH ?GAAJ1JCJE+ @J 7HC>EHDI &>HCJ BGI<<JBJIFEJ DJ8 @>EEJ7J ?DIAIFEJ FICCH <GD=>CH EDJFG=JH ?DIF8

@IDI JF BGFAJ@IDH;JGFI FIC BHAG AJA=JBG I &>HCJ FG #H@ IAI=?JG J BGI<<JBJIFEJ @J JFBCJFH8 ;JGFI @IC BHDJBG': 2J9>HD@G JC &>HDEG ?>FEG JF<HEEJ6 JFAIDIF@G CI AGCCIBJEH;JGFJ JF <HAI AJ=JBH6 EIFIF@G BGFEG @IC8 CH ?HD;JHCJ;;H;JGFI @ICCH AI;JGFI6 @IJ BGI<<J8 BJIFEJ @J JFBCJFH;JGFI @IC BHDJBG6 @ICC0H11HEEJ8 =IFEG @IJ ?HDH=IEDJ =IBBHFJBG89IGEIBFJBJ @IJ EIDDIFJ6 I @IJ BGI<<JBJIFEJ DJ@>EEJ7J ?ID JC BHAG AJ8 A=JBG6 AJ ?GEDI11I BGDDIDI JC DJAB4JG @J >FH @DH8 AEJBH I JDDIHCJAEJBH DJ@>;JGFI @ICCH BH?HBJE+ ?GD8 EHFEI6 BGF JC BGFAI9>IFEI AG7DH@J=IFAJGFH8 =IFEG @ICCI <GF@H;JGFJ: 3 =IEG@J ?DIAIFEJ JF CIEEIDHE>DH G<<DGFG <GD=>CH8 ;JGFJ B4I @JABIF@GFG @H BGFBIEEJ I H??DGBBJ ?DG9IEE>HCJ AGAEHF;JHC=IFEI @J7IDAJ: 3F <>E>DG H>A?JBH1JCI B4I BGC ?DG9DI@JDI @I9CJ AE>@J @ICCH 9IGEIBFJBH AJA=JBH6 9DH;JI HCC0H>=IFEG @ICCH BGFGABIF;H @IJ ?HDH=IEDJ @IC EIDDIFG I BGF C0>8 EJCJ;;G @J =IEG@J @J BHCBGCG AI=?DI ?J AG<JAEJBH8 EJ6 AJ 9J>F9H H@ >FH <GD=>CH;JGFI B4I FGF CHABJ A?H;JG HJ @>11J HEE>HC=IFEI JF BGDAG: ,C =G8 =IFEG CH DHBBG=HF@H;JGFI &>ICCH @J ?DI<IDJDI <GD=>CH;JGFJ @J BHCBGCG A?IBJ<JB4I ?ID JC BHAG AJ8 A=JBG6 GEEIF>EI @H AE>@J ?J DIBIFEJ I @IEEH9CJH8 EJ: ID >F0HFHCJAJ ?J H=?JH I H??DG<GF@JEH I ?ID >F BGF<DGFEG EDH 7HDJ =IEG@J BGFGABJ>EJ ?ID JC @J8 =IFAJGFH=IFEG @ICCI <GF@H;JGFJ A>?ID<JBJHCJ JF BGF@J;JGFJ AJA=JB4I #JF ?DIAIF;H @J EIDDIFJ AH18 1JGAJ' AJ DJ=HF@H HCC0HDEJBGCG @J DHFBIAB4JFJ :6 .HD1GFICCH 2:6 2JA?GCJ : #-/5-':

" " # "# *>G7I FGD=I ?ID CI BGAED>;JGFJ @IC -// .H8 ?JEGCJ 8 : .JDBGCHDI F: 5 -// 3AED>;JGFJ ?ID C0H??CJBH;JG8 FI @ICCI *>G7I FGD=I EIBFJB4I ?ID CI BGAED>;JG8 FJ @J B>J HC % 5 9IFFHJG -// .H?JEGCG : .GCCIAICCJ : HF;IFJ ,: #-/5 '( HC>EH;JGFI @ICCH BH?HBJE+ ?GDEHFEI @ICCI <GF@H;JGFJ @JDIEEI I ?DG<GF@I JF BGF@J;JGFJ AJA=JB4I BGF =G@ICCJ AI=?CJ<JBHEJ : I=JFHDJG .3, IDGFH: DHFBIAB4JFJ : .HD1GFICCH 2: 2JA?GCJ : #-/5-'( .HCBGCG @ICCH BH?HBJE+ ?GDEHFEI JF ;GFH AJA=JBH @J <GF@H;JGFJ A>?ID<JBJHCJ JF EIDDIFJ AH18 1JGAJ( HFHCJAJ @IJ ?DJFBJ?HCJ =IEG@J @J BHCBGCG6 DJ8 A7GCEJ FGD=HEJ7J I@ H??CJBH;JGFJ F>=IDJB4I : ! ,6 /8 :

2%3*) %)!"3 3*!)!*)23 %)"", 2 3*.3, %3 2 ,












a cura di Ing. G. Monti commissione Interventi sulle costruzioni esistenti

LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA DELLE COSTRUZIONI ESISTENTI

visto da: Ing. A. Bozzetti

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


51

L’ingegnere che deve eseguire la valutazione dell’adeguatezza sismica di una costruzione esistente organizzerà la propria attività in tre fasi, che riguarderanno: la valutazione della sicurezza corrente, la concezione e progettazione dell’eventuale intervento di miglioramento o adeguamento sismico e infine la verifica dell’efficacia di tale intervento. Ogni fase sarà nel seguito esaminata criticamente, evidenziando alcune criticità che è bene aver presenti per affrontare adeguatamente il proprio percorso e giungere allo sviluppo di un progetto che risulti corretto

nella forma ed efficace nella sostanza. Quando si opera sulle costruzioni, incluse pertanto quelle esistenti, è bene che il progettista sia consapevole che non esiste una definizione assoluta di sicurezza sismica. Questa si valuta infatti con riferimento ad uno o più livelli prestazionali, o Stati Limite (SL), identificati dalla NTC08 come: operatività (SLO), contenimento del danno (SLD), salvaguardia della vita umana (SLV), prevenzione del collasso (SLC), cui corrispondono valori crescenti dell’intensità dell’azione sismica e per i quali si ammettono valori de-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma

52

crescenti della probabilità di superamento. Sia la valutazione dello stato di fatto sia l’eventuale progetto di rafforzamento sismico si configurano quindi come processi multi-obiettivo, nei quali si controllano tre proprietà fondamentali di ogni struttura: la rigidezza, la resistenza e la duttilità. Queste proprietà sono tutte ugualmente importanti e inscindibilmente legate per ottenere un comportamento ottimale in condizioni sismiche. La rigidezza deve esser tale che, per terremoti frequenti, quindi di bassa intensità, gli spostamenti massimi attinti dalla struttura, che è previsto debba rimanere in campo sostanzialmente elastico, non diano luogo a significativi danneggiamenti della stessa né di elementi di carattere secondario, quali a titolo di esempio le tamponature (SLD). La resistenza deve consentire alla struttura di sopportare terremoti più rari, quindi di alta intensità, sviluppando meccanismi a danneggiamento controllato, salvaguardando però la costruzione (SLV); infine, la duttilità deve consentire alla struttura di sopravvivere ad eventi sismici molto rari, quindi di altissima intensità, deformandosi in maniera anche significativa senza tuttavia collassare (SLC). Si osservi che, poiché ad ognuno di questi Stati Limite citati corrisponde una diversa probabilità

di superamento, il progetto ottimale produce strutture le cui tre proprietà fondamentali ora elencate (rigidezza, resistenza, duttilità) hanno diverse probabilità di “non funzionare” correttamente nel periodo di riferimento. In particolare, ad esempio nel corso di un anno, in una struttura convenzionale (quindi con VN≥50 e CU=1,0) “ben progettata” le probabilità che dette proprietà “non funzionino” sono, rispettivamente, del 2%, dello 0,21% e dello 0,10%, cioè l’inverso dei periodi di ritorno associati a ciascuno SL. La sicurezza sismica è quindi inevitabilmente differenziata sui vari livelli prestazionali. In aggiunta, nelle costruzioni esistenti, poiché si riconosce l’impossibilità di ottenere un comportamento ottimale, il committente e il progettista, congiuntamente, decidono quali e quanti SL vadano rispettati, ma sempre comprendendo fra questi lo SLV. Sugli altri, è possibile derogare. Si avranno quindi, per gli SL non trattati nel progetto di intervento, valori di probabilità di fallimento annuali, oltre che diversi, anche maggiori dei valori sopra riportati. Nella fase successiva di progettazione dell’intervento, il progettista, sempre di comune accordo con il committente, deve prendere una decisione riguardo l’obiettivo che intende perseguire: se l’adeguamento o il miglioramento della co-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


roma struzione. E’ forse superfluo ricordare che una tale decisione riguarda unicamente il comportamento sismico, mentre per i carichi verticali l’unica scelta ragionevolmente possibile è quella dell’adeguamento. In genere si sceglie il miglioramento sismico se l’adeguamento non è attuabile, vuoi perché richiederebbe interventi strutturali troppo invasivi, vuoi perché il costo potrebbe essere superiore al budget disponibile. Sebbene la Normativa vigente consenta, fatte salve alcune condizioni, ciascuna delle due scelte, essa trascura di chiarire un’importante conseguenza che potrebbe sfuggire al progettista meno accorto: la scelta della strategia del miglioramento implica un rischio maggiore per la costruzione in esame, rispetto a quella dell’adeguamento. Infatti, utilizzando nel progetto di miglioramento un’azione sismica di intensità minore, la probabilità che, nel periodo di riferimento adottato si verifichi un evento sismico più forte di quello di progetto è, ovviamente, maggiore e, di conseguenza, maggiore è anche la probabilità di superare lo SL corrispondente. Ad esempio, la Normativa stabilisce per le costruzioni convenzionali (senza particolare valenza strategica; vedi le caratteristiche precedentemente indicate in termini di VN e CU) che il terremoto con cui eseguire il controllo del requisito di salvaguardia della vita (SLV) sia quello che ha una probabilità del 10% di essere superato in intensità in un arco di tempo di 50 anni. Si ha quindi che un qualsiasi progetto ottimale di adeguamento allo SLV ha una probabilità del 10% di eccedere il valore nominale dello SLV almeno una volta in 50 anni. Si osservi che il progetto di adeguamento, essendo eseguito con i valori medi delle resistenze, implica una probabilità di fallimento (condizionata al terremoto di SLV) pari al 50%, per cui la sua probabilità totale (scondizionata dal terremoto di SLV) di fallimento è pari al 5% in 50 anni. Si noti l’implicita assunzione che non è possibile ottenere una protezione totale rispetto ai terremoti: quel 5% rappresenta il rischio accettato dalla Normativa – e quindi dalla Collettività – rispetto alla salvaguardia delle vite umane, nel periodo di riferimento. E’ utile ripetere anche che il rischio annuale accettato è 0,10%. Quando si esegue invece un progetto di miglioramento sismico, si adotta un’intensità ridotta dell’azione sismica e quindi si fa riferimento ad un valore inferiore del periodo di ritorno; questa operazione implica però un aumento del rischio annuale. Se si riduce, ad esempio, l’accelerazione al suolo (PGA) al 60% rispetto a quella di riferimento di legge, si ha che il rischio annuale aumenta da 0,10% a circa 0,13%, con un incremento di quasi il 25%. Infatti, definita la frazione

αPGA della PGA di domanda, l’incremento di rischio annuale è dato in media sul territorio nazionale da: ∆α=α-0,41 . Un tale progetto di miglioraPGA mento al 60% ha dunque una probabilità annuale di fallimento di quasi il 25% più grande di uno di adeguamento. Questa è una ragionevole conseguenza dell’approccio seguito, però è bene che il progettista, ma soprattutto il committente, abbia piena consapevolezza di ciò. Per quanto riguarda le strategie d’intervento, queste sono di due tipi: selettive, in cui si opera su un numero limitato di elementi strutturali, e globali, in cui si modifica l’impianto strutturale nel suo insieme, ad esempio inserendo nuovi ed ulteriori elementi strutturali. Ad esempio, per gli edifici in calcestruzzo armato, i principi ispiratori delle strategie d’intervento selettive sono: • Eliminazione di tutti i meccanismi di collasso di tipo fragile: si deve intervenire rinforzando a taglio gli elementi che presentano tale problema; in genere sono le travi tozze, i pilastri in corrispondenza dei mezzanini delle scale, i nodi trave-pilastro; • Eliminazione di tutti i meccanismi di collasso di piano (“piano soffice”): questo è uno dei problemi più sentiti nel nostro parco edifici. Molte costruzioni presentano, infatti, una configurazione a piano pilotis, che, per quanto appetibile dal punto di vista architettonico, presenta purtroppo un’elevatissima vulnerabilità nei confronti dei terremoti. E’ d’obbligo ricordare che non si deve intervenire sui pilastri del piano pilotis con l’intento di incrementarne la capacità deformativa: ciò porta a collassi rovinosi per effetto P-delta; • Aumento della capacità deformativa globale (duttilità) della struttura. Questa, negli edifici in cemento ar-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

53


roma

54

mato, opera sulle cosiddette cerniere plastiche (o, più propriamente, zone dissipative) che sono quelle zone di estremità degli elementi dove si dissipa, attraverso il danneggiamento, l’energia immessa nella costruzione dal terremoto. Sono zone dove le armature trasversali (staffe) giocano un ruolo fondamentale per assicurare un corretto comportamento dissipativo. Questa strategia è conseguibile in uno dei seguenti modi: - Incrementando la capacità rotazionale delle potenziali cerniere plastiche, senza variarne la posizione: in tal modo si mantiene l’assetto strutturale esistente, conferendo più capacità deformativa agli elementi che si danneggiano per primi, siano essi travi o pilastri. E’ una strategia di minor costo, ma richiede la verifica puntuale del comportamento di ogni elemento in condizioni sismiche; - Rilocalizzando le potenziali cerniere plastiche nel rispetto del criterio della gerarchia delle resistenze: in tal modo si persegue l’obiettivo di rendere la struttura un meccanismo stabile ad elevata dissipazione di energia, facendo sì che il danno si concentri solo nelle travi e non nei pilastri,

che, notoriamente, sono dotati di minore duttilità. E’ una strategia di maggior costo, ma richiede solo la verifica a priori del rispetto della gerarchia delle resistenze. Le strategie d’intervento globali si riferiscono invece alla modifica del comportamento d’insieme della costruzione. In genere, esse implicano interventi di una certa complessità e invasività, quali ad esempio l’inserimento di nuovi elementi strutturali o la trasformazione di elementi non strutturali, quali le tamponature, in elementi strutturali. In tutti questi casi è bene essere consapevoli che l’equilibrio complessivo della costruzione è alterato, come anche il trasferimento dei carichi al terreno: ognuno degli interventi sopra citato non potrà, infatti, prescindere da un’attenta verifica dell’impianto di fondazione, che potrebbe divenire a sua volta oggetto di ulteriori e più pesanti interventi di rafforzamento. Il passo finale di validazione dell’efficacia dell’intervento deve comprendere le seguenti attività: • Scelta motivata del tipo di intervento; • Scelta delle tecniche e/o dei materiali; • Dimensionamento preliminare dei rinforzi; • Analisi strutturale che tenga conto delle caratteristiche della struttura post-intervento. Quest’ultimo punto è di particolare importanza poiché la valutazione della sicurezza pre e post-intervento è un processo quantitativo, che richiede l’emissione di un giudizio sulla sicurezza basato su dei numeri che provengono dall’analisi della costruzione in condizioni sismiche. Questi numeri sono in genere misure di capacità e misure di domanda. Si osservi come oggi si preferisca parlare di capacità e di domanda, piuttosto che di resistenza e di carichi. Si è infatti detto che la “resistenza” non è sufficiente, da sola, a descrivere la triade di proprietà che una costruzione deve avere (ancora: rigidezza, resistenza, duttilità), mentre la dizione “carichi” esclude dal novero delle domande su una costruzione tutta una serie di azioni che vanno dall’accelerazione imposta dal terremoto, alle varie deformazioni, spostamenti e rotazioni che si presentano in condizioni sismiche. E’ bene perciò che i professionisti si abituino a definire ogni loro progetto come la realizzazione di un confronto positivo fra capacità e domanda. Per quanto riguarda le tecniche d’intervento che possono essere utilizzate, la scelta di quella più adeguata a ricondurre la costruzione in sicurezza è a carico del professionista. E’ bene sottolineare che non esiste una soluzione unica per ogni problema, ma un ventaglio di possibili tecniche fra le quali scegliere quella che soddisfa il criterio di massimizzazione di un dato rapporto beneficio/costo. ■

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA


INGEGNERIA

CIVILE AMBIENTALE a cura di Ing. S. Gissara commissione

Protezione Civile visto da: Ing. R. Sarracino Ing. M. Pasca

Terremoto dell’Aquila 2009

RENDERE LE CITTÀ RESILIENTI Una Campagna delle Nazioni Unite sostiene lo sforzo delle comunità locali per la riduzione dei disastri. 14 ordine degli ingegneri della provinCia di roma


CIVILE AMBIENTALE

LA RESILIENZA È UN CONCETTO CHE IN INGEGNERIA DEI MATERIALI INDICA LA CAPACITÀ DI UN MATERIALE DI RESISTERE A SOLLECITAZIONI DINAMICHE SENZA SPEZZARSI. sessione della “piattaforma mondiale per la riduzione dei rischi di catastrofe” e nel febbraio 2008 l’italia ha istituito la “piattaforma nazionale per la riduzione del rischio da disastri”. in questo quadro di riferimento, l’Unisdr, United Nations International Strategy for Disaster Reduction, ha lanciato nel 2010 la Campagna mondiale “Making Cities Resilient”, a cui hanno già aderito 1864 città, di cui 41 italiane. lo scorso 11 aprile 2014, nella giornata conclusiva del “7° World Urban Forum” a medellin, in Colombia, le seguenti organizzazioni hanno espresso il loro impegno a lavorare a stretto contatto sulla resilienza urbana: il programma delle nazioni Unite per gli insediamenti Umani (UnHabitat), l’Ufficio delle nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi (Unisdr); il gruppo banca mondiale, il Fondo globale per la riduzione delle catastrofi e la ripresa (gFdrr), la interamerican development bank (idb), la Fondazione rockefeller, il “100 Resilient Cities Centennial

I

n occasione della seconda Conferenza mondiale delle nazioni Unite sulla riduzione dei disastri, tenutasi in giappone nel gennaio 2005, venne sottoscritta la “Hyogo Declaration” ed approvato lo “Hyogo Framework for Action, 2005-2015”, il piano per ridurre i rischi provocati dalle calamità naturali e costruire la resilienza delle nazioni e delle comunità alle catastrofi. nel giugno 2007 si è tenuta a ginevra la prima

15 ordine degli ingegneri della provinCia di roma


CIVILE AMBIENTALE

I 10 PUNTI PROPOSTI DALLA CAMPAGNA DELL’UNISDR ”MAKING CITIES RESILIENT: LA MIA CITTÀ SI PREPARA” PER RENDERE LE CITTÀ “RESILIENTI”.

1) Fare in modo che nell’ambito dell’amministrazione locale sia istituita una struttura di coordinamento per individuare e ridurre il rischio di disastri, basata sulla partecipazione dei gruppi di cittadini e su alleanze con la società civile. Assicurare che tutti i settori dell’amministrazione siano consapevoli del loro ruolo nella riduzione del rischio di disastri e preparati ad agire. 2) Stanziare risorse specifiche per ridurre il rischio di disastri e incentivi ai proprietari di abitazioni, famiglie a basso reddito, imprese e alla comunità in generale, perché investano nella riduzione del rischio. 3) Mantenere aggiornato un sistema di dati sui rischi e le vulnerabilità locali, realizzare valutazioni di rischio e tenerne conto come base nei piani e nelle decisioni sullo sviluppo urbanistico delle città. Assicurare che queste informazioni e i piani per la resilienza della città siano facilmente accessibili al pubblico e siano stati discussi pubblicamente. 4) Investire nelle infrastrutture che riducono i rischi, quali opere per la regimentazione idrica, garantendone la manutenzione e gli adeguamenti al cambiamento climatico. 5) Verificare la sicurezza di tutte le scuole e delle strutture sanitarie e adeguarle se necessario. 6) Introdurre e applicare criteri adeguati ai rischi nei regolamenti edilizi e nella pianificazione dell’uso dei suoli. Identificare ove possibile terreni sicuri da destinare ai cittadini a basso reddito e sviluppare programmi di riqualificazione degli insediamenti non regolamentati. 7) Garantire che siano messi in atto programmi di formazione e educazione sulla riduzione dei rischi di disastri nelle scuole e nelle comunità locali. 8) Proteggere gli ecosistemi e le zone che naturalmente fungono da prevenzione, per mitigare gli effetti delle esondazioni, degli eventi meteo-climatici intensi e altri eventi verso cui la città è vulnerabile. Adattarsi al cambiamento climatico tramite azioni efficaci di riduzione dei rischi. 9) Implementare sistemi locali di monitoraggio per il sistema di allerta preventivo e piani di gestione delle emergenze e realizzare regolarmente esercitazioni che coinvolgano la cittadinanza. 10) Dopo ogni disastro, garantire che i bisogni delle vittime siano posti al centro della ricostruzione e che essi e le organizzazioni civili siano coinvolti direttamente nella definizione delle soluzioni, tra cui la ricostruzione delle abitazioni e della vita precedente al disastro.

Programme”, il “C40 Cities Climate Leadership Group” ed iClei (governi locali per la sostenibilità). la Campagna delle nazioni Unite è finalizzata alla sensibilizzazione di sindaci e amministratori locali sulle azioni da mettere in campo per aumentare la “resilienza”, intesa come capacità della comunità (singoli cittadini, istituzioni, strutture operative, ecc.) di affrontare gli eventi calamitosi, di superarli e di uscirne addirittura rafforzata. Capacità che si raggiunge attraverso

16 ordine degli ingegneri della provinCia di roma

la conoscenza, la prevenzione, la mitigazione dei rischi e la preparazione all’evento. la resilienza è un concetto che in ingegneria dei materiali indica la capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni dinamiche senza spezzarsi. negli ultimi anni si è diffuso rapidamente in ambiti disciplinari molto diversi, arrivando ad essere accostato agli ecosistemi e ai sistemi sociali. nella prospettiva della protezione civile, la resilienza di una città è la capacità di resistere alle sollecitazioni dinamiche che si presentano nella forma di disastri naturali e di cambiamenti climatici. la campagna dell’Unisdr ”Making Cities Resilient: La mia città si prepara” propone agli amministratori locali, per rendere le città resilienti, un decalogo di azioni (vedi riquadro sopra), quali: • la predisposizione di un’organizzazione e un coordinamento che veda la partecipazione di gruppi di cittadini e della società civile; • l’assegnazione di un budget per la riduzione dei rischi di catastrofe; • la valutazione della sicurezza di tutte le scuole e strutture sanitarie e, se necessario, il loro adeguamento; • la considerazione e il rispetto, nella pianificazione territoriale e nei regolamenti edilizi, dei livelli di rischio presenti nel territorio;


CIVILE AMBIENTALE

Nella prospettiva della protezione civile, la resilienza di una città è la capacità di resistere alle sollecitazioni dinamiche che si presentano nella forma di disastri naturali e di cambiamenti climatici.

UNA RISORSA NON TRASCURABILE, PER TRADURRE LE BUONE INTENZIONI DI SINDACI ED AMMINISTRAZIONI COMUNALI È RAPPRESENTATA DALLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO DI PROTEZIONE CIVILE. • la predisposizione, nelle scuole e nelle comunità locali, di programmi di comunicazione, istruzione e formazione in materia di riduzione dei rischi; • l’installazione di sistemi di allarme precoce; • il possesso di elevate capacità di gestione delle emergenze, da ottenere mediante regolari esercitazioni che coinvolgano anche i cittadini. in qualche modo e con vari livelli di preparazione, tutti dovremmo essere “protezione civile”: se non per aiutare gli altri, almeno per aiutare noi stessi a reagire ad un evento calamitoso e a superarlo nel migliore dei modi. dovremmo, cioè, passare da un atteggiamento “passivo”, di chi aspetta che qualcun altro ci

tolga da una situazione di crisi, ad un atteggiamento “attivo”, di chi si adopera con tutti i mezzi a sua disposizione (e insieme agli altri e alle istituzioni) per affrontarla e uscirne fuori. per far ciò, i singoli cittadini e le comunità devono conoscere i rischi presenti sul territorio in cui vivono, essere consapevoli delle misure, individuali e collettive, da poter adottare per prevenire i disastri, conoscere le azioni da intraprendere per partecipare attivamente al superamento delle crisi. Una risorsa non trascurabile, per tradurre le buone intenzioni di sindaci ed amministrazioni comunali (espresse con la sottoscrizione della Campagna dell’Unisdr) in “pratiche”, è rappresentata dalle organizzazioni di volontariato di protezione civile ed, in particolare, dai “gruppi comunali ed intercomunali di protezione civile”. i volontari di protezione civile possono rappresentare l’anello principale del processo verso l’auto-protezione di ciascun cittadino e verso il miglioramento della “resilienza” delle città, in quanto, da una parte, sono semplici cittadini, ma dall’altra, proprio perché hanno operato la scelta di diventare volontari di protezione civile, sono cittadini informati e formati a gestire le varie situazioni connesse con le tematiche della previsione, prevenzione e soccorso (in tanti casi sono professionisti iscritti ai rispettivi ordini).

17 ordine degli ingegneri della provinCia di roma


CIVILE AMBIENTALE

L’ANCI HA PROMOSSO LA CAMPAGNA “CITTÀ RESILIENTI” NELL’AMBITO DEL VII CONVEGNO NAZIONALE DEI COMUNI SULLA PROTEZIONE CIVILE, “CODICE ROSSO”, TENUTOSI A BRINDISI NELL’OTTOBRE 2011.

Anci.it, il sito ufficiale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani

Interventi sul territorio della Protezione Civile. (Immagine tratta dal sito www.protezionecivilesmdg.it)

18 ordine degli ingegneri della provinCia di roma

Un aspetto che, comunque, non può essere trascurato è quello relativo al rafforzamento, oltre che della resilienza delle città, anche della resilienza psicologica del volontario, intesa sia come resistenza allo stress e alle situazioni potenzialmente traumatiche, sia come capacità (per un soccorritore traumatizzato da un’esperienza toccante) di recuperare la propria salute e la completa capacità di portare avanti le proprie missioni.

nel portare avanti la campagna delle nazioni Unite per “rendere le Città Resilienti”, un lavoro proficuo è già stato avviato dal dipartimento nazionale della protezione Civile, a cui è affidato il coordinamento del nucleo e della “piattaforma” nazionale per la riduzione del rischio da disastri, il quale assicura anche la rappresentanza internazionale, in coordinamento con il ministero degli affari esteri. anche il mondo delle professioni, così come l’associazione nazionale dei Comuni italiani, (anCi), sta promuovendo la Campagna “Città resilienti” delle nazioni Unite. l’anCi ha promosso la Campagna nell’ambito del vii Convegno nazionale dei Comuni sulla protezione Civile, “Codice rosso”,


CIVILE AMBIENTALE

tenutosi a brindisi nell’ottobre 2011, in occasione della XXviii assemblea annuale dell’anCi e l’ha rilanciata in occasione della XXX assemblea annuale dell’associazione, tenutasi a Firenze dal 23 al 25 ottobre 2013. da sottolineare, inoltre, che nel dicembre 2013, roma Capitale è risultata fra le prime 33 città “resilienti” scelte dalla Fondazione Rockefeller per l’assegnazione di un milione di dollari finalizzati a potenziare la capacità di ripresa urbana e prepararla ad affrontare al meglio le sfide del XXi secolo. la Fondazione rockefeller ha stanziato complessivamente 100 milioni di Us dollari, in occasione del suo centenario, per il progetto “100 Resilient Cities Centennial Challenge”. in conclusione, se l’isdr ha il grande merito di aver lanciato la Campagna ”Making Cities Resilient: La mia città si prepara”, utile a sensibilizzare le istituzioni locali su problematiche importanti per la riduzione del rischio da disastri,

adesso è maturo il tempo per monitorare e valutare anche in italia l’attuazione degli impegni assunti dalle Città con l’adesione alla Campagna, i risultati raggiunti, le risorse investite, ecc., per dare, così, concretezza alle dichiarazioni di principio e valutare l’effettivo sviluppo del processo avviato, senza però trascurare la necessità che, anche in questo caso, nell’ambito del servizio nazionale di protezione civile, trovino piena applicazione i principi costituzionali della sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. è auspicabile pertanto l’attivazione di un “Fondo” dello stato che incentivi il raggiungimento dei risultati sottesi agli impegni assunti dalle Città, da utilizzare come uno dei parametri per sostenere e premiare (con incentivi e contributi finanziari) proprio le amministrazioni locali “virtuose” e maggiormente impegnate ad aumentare la resilienza della propria comunità, anche con il coinvolgimento del mondo accademico e delle professioni. ■

RIFERIMENTI Di seguito si riportano alcuni riferimenti utili per approfondire gli argomenti trattati nell’articolo (dai quali sono state estratti parte dell’articolo stesso): – Hyogo Framework for Action 2005-2015: Building the Resilience of Nations and Communities to Disasters – Sito web dell’UNISDR (United Nations International Strategy for Disaster Reduction) – Campagna “Making Cities Resilient”: http://www.unisdr.org/campaign/resilientcities/ – Sito web del Dipartimento della Protezione Civile (Presidenza del Consiglio dei Ministri): http://www.protezionecivile.gov.it – Sito web dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) – Sezione Protezione Civile: http://www.protezionecivile.anci.it – VII Convegno Nazionale dei Comuni sulla Protezione Civile “Codice Rosso” (Brindisi, 7-8 ottobre 2011): Le città resilienti e la riduzione dell’impatto delle catastrofi naturali – Sito web di “The Rockefeller Foundation – 100 Resilient Cities – Centennial Challenge”: http://100resilientcities.rockefellerfoundation.org/cities/entry/romes-resilience-challenge – Antonio Ragonesi, Marianna Cerillo, Sebastiano Gissara: “La nuova protezione civile. Guida pratica per i Sindaci e gli operatori di protezione civile”. Collana “Amministrazione e Management”. Maggioli Editore, marzo 2013, Cap. 2 - I Comuni e le novità introdotte in materia di protezione civile (di Sebastiano Gissara)

19 ordine degli ingegneri della provinCia di roma


Quaderno

ANALISI DELLA RISPOSTA DI MURI DI SOSTEGNO SOTTO AZIONE SISMICA 4BRMNQ JQJGQIQ EOJJOMO EKOHFKKR HPMMQ KQLRBPMNQ JFLLR JNKFNNFKR HQ JOJNRDMO QM NRKGQMQ HQ IOMJQHRKRBOLQ HRAOKGPCQOMQ ERKGPMRMNQ a cura di <MD: : &PBPLLO commissione /RONRIMQIP visto da <MD: $: 4: 3 4AAKRGO <MD: 9: ,OCCRNNQ

QDFKP

Le opere di sostegno NKFNNFKR HQ JOJNRDMO HQ BPKQO NQEO EKRJRMNQ QM PKRR JQJGQIPGRMNR PNNQBR@ 8FPLQ GFKQ HQ JOJNRDMO@ JEPLLR HQ EOMNQ@ HQPAKPGGQ P J>PLCO O PMIOKPNQ R GFKQ QM NRKKP PKGPNP IOJNQNFQJIOMO AKR8FRMNRGRMNR HRDLQ RLRGRMNQ RJJRMCQPLQ MRLLP KRPLQCCPCQOMR HQ QMAKPJNKFNNFKR HQ NKPJEOKNO@ 8FPLQ@ PH RJRGEQO@ JNKPHR@ ARKKOBQR O JNKFNNFKR EOKNFPLQ: 4BRMNQ JQJGQIQ HQ GRHQP O RLRBPNP QMNRMJQN* KRDQJNKPNQ QM EPJJPNO ?PMMO EKOHONNO HPMMQ KQLRBPMNQ JFLLR JNKFNNFKR HQ JOJNRDMO NQEQIPGRMNR QM NRKGQMQ HQ IOMJQHRKRBOLQ HRAOKGP= CQOMQ ERKGPMRMNQ HRLLP JNKFNNFKP R@ MRQ IPJQ EQ DKPBQ@ QL IOLLPJJO 6AQDFKP HPMMO JF QMAKPJNKFNNFKP BQPKQP P JRDFQNO HQ NRKKRGONO I?R ?P QMHONNO JEOJNPGRMNQ JFL GFKO HQ JONNOJIPKEP7: M KPCQOMPLR PEEKOIIQO ERK BPLFNPKR LP BFLMRKP>QLQN* JQJGQIP HRLLR OERKR HQ JOJNRDMO JONNO PCQOMQ JQ= JGQI?R HRBR JRMC;PLNKO >PJPKJQ JF IKQNRKQ EKRJNPCQOMPLQ: 9LIFMQ JNKFGRMNQ MOKGPNQBQ QNPLQPMQ R IOGFMQ= NPKQ 6-:':&:$: " "(( @ 3:$: ( ( @ 4& = 7 R LR LQMRR DFQHP HRLL;9JJOIQPCQOMR /RONRIMQIP <NP= LQPMP 69:/:<:@ "(( 7 PMMOBRKPMO QL GRNOHO HRDLQ JEOJNPGRMNQ NKP Q EOJJQ>QLQ GRNOHQ HQ PMPLQJQ HQMPGQ= IP JRGELQAQIPNP@ QM EPKNQIOLPKR ERK LO JNFHQO HRL IOGEOKNPGRMNO JQJGQIO HRLLR OERKR HQ JOJNRDMO P DKPBQN*: 2P BPLFNPCQOMR HRDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGPMRMNQ I?R FM GFKO HQ JOJNRDMO EF! JF>QKR QM JRDFQNO PH FM RBRMNO JQJGQIO KPEEKRJRMNP FMP BPLQHP PLNRKMPNQBP EKODRNNFPLR PLLP EQ IOMJFRNP PMPLQJQ EJRFHOJNP= NQIP QM IFQ JQ QMHQBQHFP FMP IOMHQCQOMR HQ IOLLPJJO QMHQERMHRMNRGRMNR HPLL;RMNQN* HRDLQ JEOJNPGRMNQ

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9


ERKGPMRMNQ I?R EOJJOMO GPMQARJNPKJQ R QM IFQ LP IPKPNNRKQCCPCQOMR HRL NRKKRGONO@ PMPLODPGRMNR P 8FPMNO PBBQRMR QM PLNKQ JRNNOKQ HRLL;QMDRDMRKQP@ . RAARNNFPNP JQMNRNQIPGRMNR PNNKPBRKJO FM FMQIO BPLOKR HRLL;PIIRLRKPCQOMR@ KQNRMFNO KPEEKRJRMNPNQBO HRL JQJGP: PLR BPLOKR BQRMR QM DRMRKR PJJFMNO EPKQ PLLP GPJJQGP PIIRLRKPCQOMR HQ EKODRNNO PNNRJP PL JQNO@ OBBRKO EPKQ PH FMP JFP PLQ8FONP: 'RK L;PEELQIPCQOMR HRL GRNOHO HRDLQ JEOJNPGRMNQ . MRIRJJPKQO HRNRKGQMPKR QL IORAAQIQRMNR JQJGQIO IKQNQIO HRL JQJNRGP GFKO=NRKKRMO: <M NPLR PMPLQJQ . MRIRJJPKQO KQARKQKJQ PH FM EKRAQJJPNO IQMRGPNQJGO@ OBBRKO QL GRIIPMQJGO IOM QL 8FPLR L;OERKP HQ JOJNRDMO GPMQARJNP JEOJNPGRMNQ ERKGPMRMNQ P IPFJP HRLLR PCQOMQ QMJNP>QLQCCPMNQ I?R@ NRGEOKPMRPGRMNR@ JFERKPMO LR KRJQJNRMCR: <M LQMRP HQ EKQMIQEQO@ NFNNPBQP@ FM 8FPHKO IOGELRNO HRLLP KQJEOJNP HRL JQJNRGP NRKKRMO=JNKFNNFKP HQ JO= JNRDMO QM IOMHQCQOMQ JQJGQI?R EF! RJJRKR ONNRMFNO APIRMHO KQIOKJO PQ GRNOHQ HRLL;PMPLQJQ MFGRKQIP@ GP L;FJO HQ NPLQ JNKFGRMNQ HRBR RJJRKR DQFJNQAQIPNO HPLL;QGEOKNPMCP HRLL;OERKP I?R JQ JNP EKODRNNPMHO: 'RK Q EKO>LRGQ EQ IOGFMQ ERKNPMNO@ FM;PMPLQJQ PDLQ JEOJNPGRMNQ NKOBP GPDDQOKR PEELQIP>QLQN* KQJERN= NO PH PMPLQJQ HQMPGQI?R IOGELRNR AOKMRMHO IOGFM8FR BPMNPDDQ KQJERNNO PLLP BPLFNPCQOMR EJRFHO= JNPNQIP HRL IOGEOKNPGRMNO JQJGQIO HRLLR OERKR HQ JOJNRDMO P DKPBQN*: 9H RJRGEQO@ L;PMPLQJQ PDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGRNNR FMP EKODRNNPCQOMR HQ IPKPNNRKR EKRJNPCQOMPLR@ IOMAKOMNPMHO Q BPLOKQ HRDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGPMRMNQ PNNRJQ@ ERK FM RBRMNO JQJGQIO HQ KQARKQGRMNO@ IOM Q BPLOKQ HRDLQ JEOJNPGRMNQ KQNRMFNQ NOLLRKP>QLQ 6JNPNO LQGQNR FLNQGO O HQ RJRKIQCQO7 MOMI? @ 8FQMHQ@ FMP EKODRNNPCQOMR KPCQOMPLR RH RIOMOGQIP HRLLR OERKR R FM;PAAQHP>QLR BPLFNPCQOMR HRL LOKO IOGEOKNPGRMNO MRQ IOMAKOMNQ HQ RBRMNQ JQJGQIQ HQ AOKNR QMNRMJQN*:

La spinta sulle opere di sostegno 2P JEQMNP JFLLR OERKR HQ JOJNRDMO IOMJQJNR MRLLP JEQMNP RJRKIQNPNP HPQ NRKKRMQ P NRKDO O IOGFM8FR@ QM DRMRKPLR@ HPQ NRKKRMQ P IOMNPNNO IOL GPMFAPNNO@ HQ HQBRKJP NQEOLODQP@ JIRLNO HPL EKODRNNQJNP 8FPLR GQDLQOKR JOLFCQOMR EOJJQ>QLR: 5RLL;PG>QNO HRQ GFKQ HQ JOJNRDMO LP JEQMNP JF>=OKQCCOMNPLR HRLL;PGGPJJO NRKKOJO JQ IOGEOMR IOL ERJO EKOEKQO HRL GFKO QM FMP KQJFLNPMNR JF>=BRKNQIPLR: 2P JEQMNP BQRMR IOJ HRBQPNP QM AOMHPCQOMR R HQ IOMJRDFRMCP 8FRJN;FLNQGP HRBR RJJRKR PHRDFPNPGRMNR HQGRMJQOMPNP: PLR JEQMNP HQERMHR HPLLR EKOEKQRN* DRONRIMQI?R HRQ NRKKRMQ R HRLLR KOIIR EKRJRMNQ MRL JQJNRGP DRONRIMQIO; QM RJPGR R HP RBRMNFPLQ JOBKPIIPKQI?Q R PLNKR AOKCR RJNRKMR JR EKRJRMNQ: 'RK IQ! I?R IOMIRKMR DLQ JNFHQ JFL IOGEOKNPGRMNO JQJGQIO HRLLR OERKR HQ JOJNRDMO@ MRL EPJJPNO@ 8FRJNQ JOMO JNPNQ QMHQKQCCPNQ RJILFJQBPGRMNR PLLP HRNRKGQMPCQOMR HRL KRDQGR HRLLR EKRJJQOMQ LPNRKPLQ R PLLP LOKO HQJNKQ>FCQOMR@ QM 8FPMNO RLRGRMNQ RJJRMCQPLQ ERK QL IPLIOLO HRLLR JEQMNR OBBRKO ERK LP EKODRN= NPCQOMR HRQ GFKQ: 3;PLNKP EPKNR . BRKO PMI?R I?R LR OERKR HQ JOJNRDMO JOMO JFJIRNNQ>QLQ HQ IOGEQRKR JEOJNPGRMNQ P IPFJP HRLLR PCQOMQ I?R JQ GO>QLQNPMO MRL NRKKPEQRMO R PLL;QMRKCQP HRL GFKO I?R JQ HR= JNPMO 8FPMHO QMJOKDR FMP AOKCPMNR HQMPGQIP@ HOBFNP PH RJRGEQO HP FMP JOKDRMNR HQ BQ>KPCQOMQ O FM RBRMNO JQJGQIO: PLQ JEOJNPGRMNQ GOHQAQIPMO QL KRDQGR HRLLR EKRJJQOMQ R JQ QMJNPFKP 8FQMHQ FM AR= MOGRMO HQ QMNRKPCQOMR NRKKRMO=JNKFNNFKP HFKPMNR QL 8FPLR QL JQJNRGP GFKO=NRKKRMO@ QM R8FQLQ>KQO HQMP= GQIO@ AOKMQJIR FMP KQJEOJNP I?R HQERMHR MOM JOLNPMNO HPLLR JFR IPKPNNRKQJNQI?R DROGRNKQI?R R GRI= IPMQI?R GP PMI?R HPLLP AOKCPMNR RJNRKMP: 5OM I;. PLIFMP HQAARKRMCP JOJNPMCQPLR AKP GFKQ IOJNQNFQNQ QMNRKPGRMNR HP GPNRKQPLR JNKFNNFKPLR@ GFKQ P GRMJOLP QM IPLIRJNKFCCO PKGPNO@ R OERKR QM NRKKP KQMAOKCPNP QL AFMCQOMPGRMNO DLO>PLR . PMPLODO@ GRMNKR LR HQAARKRMCR KQJQRHOMO MRLLP KQEPKNQCQOMR QMNRKMP HRLLR PCQOMQ AKP RLRGRMNQ JNKFNNFKPLQ R NRKKRMO: 9MI?R QL IOGEOKNPGRMNO JQJGQIO DLO>PLR HRLLR HQBRKJR OERKR HQ JOJNRDMO . IOMIRNNFPLGRMNR JQGQ= LR: 2R PCQOMQ JQJGQI?R JOMO IOJNQNFQNR HP FM QMIKRGRMNO HQ JEQMNP@ QMHONNO HPLLR PCQOMQ QMRKCQPLQ JFL NRKKPEQRMO R JFLLP GPJJP DRMRKPLGRMNR JQDMQAQIPNQBP HRLL;OERKP:

L’analisi pseudostatica e l’analisi dinamica semplificata /KPM EPKNR HRLLR PNNQBQN* HQ KQIRKIP@ JQP JERKQGRMNPLR I?R NROKQIP@ JQ . AOIPLQCCPNP JF JNKFNNFKR HQ JO= JNRDMO KQDQHR 8FPLQ Q GFKQ HQ JOJNRDMO P DKPBQN* I?R@ HQ MOKGP@ KPDDQFMDOMO LR IOMHQCQOMQ HQ KONNFKP PNNKPBRKJO IQMRGPNQJGQ HQ IOLLPJJO HQ IOKEO KQDQHO@ OBBRKO # NKPJLPCQOMR # KQ>PLNPGRMNO # QMJNP>QLQN* DLO>PLR: 9 8FRJNQ NKR IQMRGPNQJGQ JQ HRBR PDDQFMDRKR PMI?R LP EOJJQ>QLQN* I?R BRMDP KPDDQFMNO@ QMBRIR@ QL IPKQIO LQGQNR QM AOMHPCQOMR R I?R 8FQMHQ JQ P>>QP FM IQMRGPNQJGO I?R IOQMBOLDR QL NRKKRMO HQ AOMHP= CQOMR: 9LLO JNPNO PNNFPLR@ LP EKODRNNPCQOMR HQ JNKFNNFKR HQ JOJNRDMO KQDQHR . NQEQIPGRMNR >PJPNP JFLL;QGEQRDO

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9

"


"

QDFKP "

QDFKP

HQ GRNOHQ EJRFHOJNPNQIQ MRQ 8FPLQ DLQ RAARNNQ HRL JQJGP JOMO HRJIKQNNQ PNNKPBRKJO LP NROKQP HRLLP JEQMNP HQ $OMOMO>R=-1P>R@ O JF EKOIRHFKR HQMPGQI?R JRGELQAQIPNR ERK LP BPLFNPCQOMR HRDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGPMRMNQ QMHONNQ HPLLP PCQOMR JQJGQIP@ HRKQBPNR HPL GRNOHO HQ 5R GPK1: < GRNOHQ EJRFHOJNPNQIQ JOMO >PJPNQ JF HFR EKQMIQEPLQ NROKQR HQ >PJR LP NROKQP HRLL;R8FQLQ>KQO LQGQNR I?R RJNRMHR QL IOJQHHRNNO GRNOHO HQ &OFLOG> 6O GRNOHO HRL IFMRO HQ JEQMNP7 PLLR IOMHQCQOMQ HQMP= GQI?R R LP NROKQP HRLL;PMPLQJQ LQGQNR@ >PJPNP JFQ NROKRGQ HQ RJNKRGO: 9 HQJERNNO HRLLR HKPJNQI?R PEEKOJJQGPCQOMQ QMNKOHONNR MRLLP BPLFNPCQOMR HRLLP KQJEOJNP JQJGQIP@ L;R= JERKQRMCP PI8FQJQNP MRL IOKJO HRDLQ PMMQ ?P GOJNKPNO I?R Q GRNOHQ NKPHQCQOMPLQ AOKMQJIOMO FMP BPLF= NPCQOMR KPDQOMRBOLGRMNR JOHHQJAPIRMNR HRLLR PCQOMQ JQJGQI?R JFLLR JNKFNNFKR HQ JOJNRDMO KQDQHR@ PL= GRMO ERK PLNRCCR MOM NKOEEO RLRBPNR R 8FPMHO PL NRKKRMO P NRKDO HRL GFKO JQPMO IOMJRMNQNR HRAOK= GPCQOMQ NPLQ HP KPDDQFMDRKR LR IOMHQCQOMQ HQ R8FQLQ>KQO LQGQNR PNNQBO 6 ?QNGPM@ (7: 3;PLNKP EPKNR@ L;PEEKOIIQO EJRFHOJNPNQIO JQ HQGOJNKP EOIO PAAQHP>QLR QM EKRJRMCP HQ NRKKRMQ I?R JBQLFEEPMO MONR= BOLQ JOBKPEEKRJJQOMQ QMNRKJNQCQPLQ O GOJNKPMO FM HRIPHQGRMNO HRLLP KRJQJNRMCP GPDDQOKR HRL HFKPMNR LP JIOJJP JQJGQIP 6 KPGRK@ 7: <L GRNOHO HRDLQ JEOJNPGRMNQ QMBRIR ERKGRNNR HQ JNQGPKR@ P JRDFQNO HQ FM EKRAQJJPNO JQJGP OBBRKO HPNO FM IRKNO PIIRLRKODKPGGP@ LO JEOJNPGRMNO HRLL;OERKP 6I?R HRBR KQJFLNPKR IOGEPNQ>QLR IOM LP AFMCQOMPLQN* HRLL;OERKP JNRJJP R IOM 8FRLLP HQ RBRMNFPLQ JNKFNNFKR O QMAKPJNKFNNFKR QMNRKPDRMNQ IOM RJ= JP7 O HQ EKODRNNPKR L;OERKP JFLLP >PJR HRDLQ JEOJNPGRMNQ PGGQJJQ>QLQ: 2;PMPLQJQ HQ FM;OERKP HQ JOJNRDMO IOL GRNOHO HRDLQ JEOJNPGRMNQ BQRMR IOMHONNP JFLLP >PJR HRLLR IP= KPNNRKQJNQI?R HRL NRKKRGONO HQ EKODRNNO@ HRL GFKO R HRQ EPKPGRNKQ AQJQIO=GRIIPMQIQ HRL NRKKRMO PLLR JEPLLR R PL HQ JONNO HRLLP JNKFNNFKP: < GRNOHQ HRDLQ JEOJNPGRMNQ HQJEOMQ>QLQ QM LRNNRKPNFKP KPEEKRJRMNPMO FM;RJNRMJQOMR HRL GRNOHO HQ 5R GPK1 6 7 PQ GFKQ HQ JOJNRDMO: 2;PEEKOIIQO HQ 5R GPK1@ EKOEOJNO ERK L;PMPLQJQ HQ JNP>QLQN* HRQ ERMHQQ R HRLLR HQD?R QM NRKKP@ PJJQGQLP LP GPJJP EONRMCQPLGRMNR QMJNP>QLR PH FM >LOIIO KQDQHO I?R JIQBOLP LFMDO FM EQPMO QMILQMPNO HONPNO HQ PNNKQNO 6AQDFKP "7: FPMHO LR AOKCR H;QMRKCQP QMHONNR HPL NRKKRGONO@ JOGGPNR PLLR AOKCR JNPNQI?R@ JF= ERKPMO LP KRJQJNRMCP HQJEOMQ>QLR LFMDO LP JFERKAQIQR HQ KONNFKP@ QL >LOIIO QMQCQP P JEOJNPKJQ: 2;QMNRDKP= CQOMR HRLLR R8FPCQOMQ HRL GONO ERK QL >LOIIO KQDQHO EOKNP PLLP BPLFNPCQOMR HRDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGP= MRMNQ IPFJPNQ HPL JQJGP: <L GRNOHO NKPJIFKP L;RAARNNO HRLL;PIIRLRKPCQOMR BRKNQIPLR RH QEONQCCP I?R DLQ JEOJNPGRMNQ PBBRMDPMO MRLLP JOLP HQKRCQOMR HQ JIQBOLPGRMNO: 2;PEELQIPCQOMR HRL GRNOHO HQ 5R GPK1 KQI?QRHR LP BPLFNPCQOMR HRLL;PIIRLRKPCQOMR LQGQNR@ HRNNP PM= I?R PIIRLRKPCQOMR IKQNQIP@ I?R HRNRKGQMP QL KPDDQFMDQGRMNO HRLLR IOMHQCQOMQ HQ QMJNP>QLQN* HRL >LOI= IO@ JRDFQNP HPLL;QMNRDKPCQOMR HRLL;R8FPCQOMR HRL GONO ERK DQFMDRKR P BPLFNPKR DLQ JEOJNPGRMNQ: 2;PIIRLRKPCQOMR IKQNQIP PI + 1I D BQRMR HR= NRKGQMPNP FNQLQCCPMHO QL GRNOHO EJRFHO=JNPNQ= IO@ KQIRKIPMHO QL BPLOKR HRL IORAAQIQRMNR JQ= JGQIO OKQCCOMNPLR 1? + P? D PJJOIQPNO PL APNNO= KR HQ JQIFKRCCP DLO>PLR FMQNPKQO ERK QL 8FPLR JQ FDFPDLQPMO LR KRJQJNRMCR R LR PCQOMQ LFMDO LP JFERKAQIQR HQ JIOKKQGRMNO@ QMILQMPNP HQ KQ= JERNNO PLL;OKQCCOMNPLR 6AQDFKP "7: <L IPLIOLO HRLLO JEOJNPGRMNO ERKGPMRMNR QM= HONNO HPL JQJGP BQRMR RAARNNFPNO GRHQPMNR HOEEQP QMNRDKPCQOMR HRLL;R8FPCQOMR HQAARKRM= CQPLR HRL GONO KRLPNQBO

N )K6N7HN@ FNQLQCCPMHO L;PIIRLRKODKPGGP HQ EKODRNNO@ HRL >LOIIO KQ= DQHO KQJERNNO PLLO JNKPNO HQ >PJR MRDLQ QMNRKBPL= LQ NRGEOKPLQ QM IFQ L;PIIRLRKPCQOMR P?6N7 . GPD= DQOKR HRLL;PIIRLRKPCQOMR LQGQNR 9I@ PJJFMNP IOJNPMNR MRL NRGEO@ R QM NFNNQ DLQ QJNPMNQ QM IFQ LP BRLOIQN* KRLPNQBP GFKO=NRKKRMO . EOJQNQBP 6AQ= DFKP 7: 9MI?R 8FPMHO L;PIIRLRKPCQOMR QGEOJNP NOKMP PH RJJRKR QMARKQOKR PL BPLOKR IKQNQIO@ QL >LOIIO IOMNQMFP P GFOBRKJQ AQMO P 8FPMHO LP BRLO= IQN* KRLPNQBP MOM JQ PMMFLLP ERK RAARNNO HRLLR AOKCR HQ PNNKQNO NKP >LOIIO R EQPMO HQ JIOKKQ= GRMNO: 2O JEOJNPGRMNO ERKGPMRMNR IFGFLP=

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9


NO JQ ONNQRMR ERK JOGGPNOKQP HRDLQ JEOJNPGRMNQ EPKCQPLQ IPLIOLPNQ MRQ JQMDOLQ QMNRKBPLLQ NRGEOKPLQ QM IFQ LP BRLOIQN* KRLPNQBP . EOJQNQBP 6AQDFKP 7:

Un modello analitico per il sistema muro-cuneo di terreno 3OEO LP >KRBR HQJPGQMP IOMHONNP JFQ GRNOHQ HQ PMPLQJQ EJRFHOJNPNQIP R JFL GRNOHO HRDLQ JEOJNP= GRMNQ MRL JRDFQNO BRMDOMO GOJNKPNQ Q EPJJPDDQ LODQIQ R PLDR>KQIQ I?R ?PMMO IOMHONNO PLLP HRKQBPCQO= MR # HRL IORAAQIQRMNR IKQNQIO 1I # PH FM;R8FPCQOMR ERK LP JEQMNP # PLL;R8FPCQOMR HRL GONO HP FNQLQCCPKR ERK LP JNQGP HRLLO JEOJNPGRMNO AQMPLR ERK FM GFKO HQ JOJNRDMO MRLL;QEONRJQ I?R JQ PNNQBQ FM IQMRGPNQJGO HQ NKPJLPCQOMR KQJERNNO PL EQPMO HQ AOMHPCQOMR PEELQIPMHO QL GRNOHO HQ 5R GPK1: <L GOHRLLO PMPLQNQIO@ KQDOKOJPGRMNR JBQLFEEPNO R I?R ?P NKOBPNO BPLQHPCQOMR R IOMARKGP QM PMPLQJQ MFGRKQI?R PBPMCPNR@ KQRJIR P AOKMQKR ERK QL IQMRGPNQJGO HQ IOLLPJJO P NKPJLPCQOMR FM ONNQGO PIIOK= HO IOQ KQJFLNPNQ MFGRKQIQ QM NRKGQMQ HQ # JEOJNPGRMNQ KRLPNQBQ PIIFGFLPNQ HPLLP JNKFNNFKP HQ JOJNRDMO # BPKQP>QLQN* HRLLP JEQMNP HQMPGQIP JFL GFKO PL JFERKPGRMNO HRL IORAAQIQRMNR IKQNQIO 1I: 2O JI?RGP HQ KQARKQGRMNO ERK QL GOHRLLO PMPLQNQIO 6AQDFKP 7 . IOJNQNFQNO HP FM DRMRKQIO GFKO P JO= JNRDMO HQ FM NRKKPEQRMO P EKOAQLO OKQCCOMNPLR IQO. Q + (O: <M 8FRJNP PMPLQJQ QL IFMRO BQRMR HRMOGQMPNO IOGR IOKEO 9 R QL GFKO HQ JOJNRDMO IOGR IOKEO , RH RMNKPG>Q BRMDOMO PJJQGQLPNQ P IOKEQ KQDQHQ: <L IFMRO@ HQ IOMJRDFRMCP@ . HONPNO HQ FM ERJO 96 7 R JFLLP JFERKAQIQR HQ JIOKKQGRMNO JQ PBK* FMP AOKCP MOKGPLR 59 R FMP AOKCP NPMDRMCQPLR 9: FQ L;PMDO= LO HQ PNNKQNO . 8FRLLO HRL NRKKRMO R ERKNPMNO BPLR I?R

"

9 + 59 NPM <L EPKPGRMNO QMNRKMO HRL GFKO R QL IFMRO JQ JIPG>QPMO QMBRIR L;PCQOMR KRIQEKOIP R . L;PMDOLO HQ PNNKQNO HRLL;QMNRKAPIIQP@ JQII? LP AOKCP . QMILQMPNP HQ KQJERNNO PLLP MOKGPLR PL EPKPGRMNO JNRJJO: <L EPKPGRMNO QMNRKMO EF! RJJRKR EOQ QMILQMPNO HQ FM PMDOLO KQJERNNO PLLP BRKNQIPLR: <L IOKEO ,@ OBBRKO QL GFKO HQ JOJNRDMO@ . QMBRIR JODDRNNO PL ERJO EKOEKQO ,@ PLLP JEQMNP HQMPGQIP GRMNKR QM AOMHPCQOMR JOMO EKRJRMNQ FMP AOKCP MOKGPLR 5, R FMP AOKCP NPMDRMCQPLR ,: FQ L;PMDOLO HQ PNNKQNO . > R ERKNPMNO BPLR I?R , + 5, NPM > <M AQDFKP JOMO GOJNKPNR LR PIIRLRKPCQOMQ HRL NRKKRMO MRLLR JFR IOGEOMRMNQ OKQCCOMNPLR 1?D R BRKNQ= IPLR 1BD PNNR P APBOKQKR QL GONO HRL JQJNRGP GFKO=IFMRO BRKJO BPLLR: 9L AQMR HQ JRGELQAQIPKR QL EKO>LRGP . KQIOMOJIQFNO PMI?R QM LRNNRKPNFKP I?R LP IOGEOMRMNR BRKNQIPLR 1BD DQOIP FM KFOLO GPKDQMPLR IOJQII? @ PQ AQMQ EKPNQIQ@ JQ EF! KPDQOMRBOLGRMNR JFEEOKKR LP JOLP EKRJRMCP HRLL;PIIRLRKPCQOMR OKQCCOMNPLR 1?D: <EONQCCPMHO FM IQMRGPNQJGO HQ IOLLPJJO P NKPJLP= CQOMR BRMDOMO KQIPBPNQ QL IORAAQIQRMNR HQ PIIRLRKP= CQOMR IKQNQIP R FM;R8FPCQOMR HRL GONO ERK QL JQJNR= GP GFKO=IFMRO: 2P HOEEQP QMNRDKPCQOMR EOKNP@ PL JOLQNO@ PLLP BPLFNPCQOMR HRDLQ JEOJNPGRMNQ ERKGP= MRMNQ IPFJPNQ HPL JQJGP: <M PDDQFMNP JQ KQIPBP PM= I?R FM;RJEKRJJQOMR ERK LP AOKCP JQJGQIP : < IPKHQMQ >PJR ERK QGEOJNPKR LR R8FPCQOMQ JOMO Q JRDFRMNQ # IOM KQARKQGRMNO PLLR GPJJR EONRMCQPLGRMNR QMJNP>QLQ@ LP LOKO PIIRLRKPCQOMR PJJOLFNP EF! RJJRKR JIKQNNP IOGR JOGGP HRLL;PIIRLRKPCQO= MR PLLP >PJR P> R HRLL;PIIRLRKPCQOMR KRLPNQBP PK@ OBBRKO P + P> PK # BPLR QL JRIOMHO EKQMIQEQO HRLLP HQMPGQIP

G P + ( -03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9

QDFKP

QDFKP


&OM KQARKQGRMNO PLLP AQDFKP R IOMDKFRMNRGRMNR PLLP MONPCQOMR QBQ QMHQIPNP . EOJJQ>QLR JIKQBRKR ERK IQPJIFMO IOKEO I?R )697 + )>697 )K697

"

B% 697 + B% >697 B% K697 R )6,7 + )>6,7 )K6,7 B% 6,7 + B% >6,7 B% K6,7 OJJRKBPMHO EOQ I?R L;PIIRLRKPCQOMR HRL NRKKRMO ?P JOLO IOGEOMRMNR OKQCCOMNPLR 1?D )>697 + )>6,7 + = ?D B% >697 + B% >6,7 + ( RDFOMO OKP PLIFMR EOJQCQOMQ IQMRGPNQI?R MRIRJJPKQR PLLP KQJOLFCQOMR HRL EKO>LRGP 7 QL IFMRO MOM EF! JF>QKR JEOJNPGRMNQ KRLPNQBQ QM HQKRCQOMR MOKGPLR PLLP JFERKAQIQR HQ JIOKKQGRMNO QMILQMPNP HQ FM PMDOLO "7 GFKO R IFMRO MOM EOJJOMO JF>QKR JEOJNPGRMNQ KRLPNQBQ QM HQKRCQOMR MOKGPLR PL EPKPGRMNO QMNRK= MO HRL GFKO QMILQMPNO HQ FM PMDOLO 7 QL GFKO MOM EF! JF>QKR JOLLRBPGRMNQ OBBRKO LP JFP PIIRLRKPCQOMR KRLPNQBP BRKNQIPLR B% 6,7K . MFLLP: 9LLOKP ERK QL IOKEO , . QGGRHQPNO I?R )6,7 + 1?D )K6,7 B% 6,7 + ( GRMNKR ERK QL IOKEO 9 )697 + 1?D )K697 B% 697 + B% K697 'RK Q BQMIOLQ IQMRGPNQIQ QGEOJNQ HRBR KQJFLNPKR QMRBQNP>QLGRMNR I?R

R I?R

HQ IOMJRDFRMCP ERK 9 JQ ?P@ AQJJPMHO QM BQP HRAQMQNQBP )K6,7 + )K@ I?R

R ERK , JQ ?P

9EELQIPMHO QL JRIOMHO EKQMIQEQO HRLLP HQMPGQIP QM HQKRCQOMR PLLO JI?RGP HQ AQDFKP ERK QL IFMRO 6IOKEO 97@ NRMFNP QM IOMJQHRKPCQOMR LP IOMBRMCQOMR EOJQNQBP PHONNPNP

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9


EOKDR

" 9MPLODPGRMNR@ PEELQIPMHO QL JRIOMHO EKQMIQEQO HRLLP HQMPGQIP QM HQKRCQOMR @ NRMFNP QM IOMJQHRKP= CQOMR LP IOMBRMCQOMR EOJQNQBP PHONNPNP

EOKDR

NQLQCCPMHO LR IOMHQCQOMQ HQ R8FQLQ>KQO JOEKP NKOBPNR R LP IOMHQCQOMR LQGQNR HPNP HPLLP 9 + 9@LQG + 59

NPM R KQJOLBRMHO KQJERNNO PLL;QMIODMQNP JQ ?P

BPLQHP QM 8FRJNP AOKGP ERK ? 1I RJJRMHO EKRJRMNR QL NRKGQMR )K: 'RK ( 1? 1I >PMPLGRMNR

9LLO JNRJJO GOHO PEELQIPMHO QL JRIOMHO EKQMIQEQO HRLLP HQMPGQIP ERK QL IOKEO , 6QL GFKO7 QM HQKRCQO= MR

EOKDR

R QM HQKRCQOMR

EOKDR

NQLQCCPMHO LR IOMHQCQOMQ HQ R8FQLQ>KQO JOEKP NKOBPNR R QGEOMRMHO LP IOMHQCQOMR HQ R8FQLQ>KO LQGQNR

KPIIODLQRMHO QM GOHO OEEOKNFMO R JOJNQNFRMHO L;RJEKRJJQOMR HQ 8FPMHO ( 1? 1I

HPLLP 8FPLR JQ ONNQRMR L;RJEKRJJQOMR HRL IORAAQIQRMNR IKQNQIO 1I -03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9


(

FPMHO 1? 1I BPLR QMBRIR I?R

ONNKPRMHO L;R8FPCQOMR BPLQHP ERK ( 1? 1I IOM L;R8FPCQOMR NKOBPNP ERK 1? 1I JQ ONNQRMR L;R8FP= CQOMR HRL GONO ERK QL JQJNRGP QM RJPGR

PIRMHO OKP LR JRDFRMNQ EOJQCQOMQ

JOJNQNFRMHO MRLL;RJEKRJJQOMR HQ BPLQHP ERK 1? 1I@ L;RJEKRJJQOMR HQ )K PEERMP NKOBPNP R QL 1I@ HQ= BQRMR HRAQMQNQBPGRMNR

I?R HRJIKQBR ERKNPMNO QL BPLOKR HRLLP JEQMNP 8FPMHO 1? JFERKP QL BPLOKR IKQNQIO 1I: &OM LR EOJQCQOMQ APNNR . EOJJQ>QLR KQJIKQBRKR L;R8FPCQOMR HRL GONO IOGR JRDFR

Q AP QMAQMR EKRJRMNR I?R QL ERJO HRL GFKO , HQERMHR HRLLP JFP DROGRNKQP@ I?R . BPKQP>QLR@ R BP IPLIOLPNO ERKIQ! ERK QL IPJO JERIQAQIO@ GRMNKR 8FRLLO HRL IFMRO 9 EF! RJJRKR KQIPBPNO R@ HRNNO N QL ERJO JERIQAQIO HRL NRKKRMO R ?G L;PLNRCCP HRL GFKO@ DRMRKPLQCCPMHO PMI?R KQJERNNO PLLP ERMHRMCP Q HRL EKOAQLO HRL NRKKRMO JQ ?P I?R

<L GOHRLLO PMPLQNQIO 8FQ JBQLFEEPNO@ IOGR DQ* PMNQIQEPNO PLL;QMQCQO@ ?P NKOBPNO BPLQHPCQOMR R IOMARKGP QM PMPLQJQ MFGRKQI?R PBPMCPNR PLLR HQAARKRMCR AQMQNR 6AQDFKP 7:

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9


5RLL;QEONRJQ HQ IQMRGPNQJGO HQ IOLLPJJO P NKPJLP= CQOMR@ IOGR JQ RBQMIR HPQ DKPAQIQ PLLRDPNQ 6AQDFKP 7@ JFJJQJNR@ QMAPNNQ@ FM ONNQGO PIIOKHO NKP Q KQJFL= NPNQ HRL GOHRLLO PMPLQNQIO R LR PMPLQJQ MFGRKQI?R QM NRKGQMQ HQ # JEOJNPGRMNQ KRLPNQBQ PIIFGFLPNQ HPLLP JNKFNNF= KP HQ JOJNRDMO # BPKQP>QLQN* HRLLP JEQMNP HQMPGQIP JFL GFKO PL JFERKPGRMNO HRL IORAAQIQRMNR IKQNQIO 1I: <L GOHRLLO GFKO=IFMRO . ERKNPMNO FMP BPLQHP@ EKPNQIP R EQ KPEQHP PLNRKMPNQBP P IOGELRJJR PMPLQJQ MFGRKQI?R Q IFQ NRGEQ IOGEFNPCQOMPLQ JERJJO KQJFLNPMO RLRBPNQ: -KP@ EFK MOM EONRMHO PKKQBPKR P IOMJQHRKPCQOMQ HRAQMQNQBR JFL AFMCQOMPGRMNO HQ FMP QMNRKP ILPJ= JR HQ OERKR@ JQ . DQFMNQ P FNQLQ KQJFLNPNQ@ 8FPLQ QL GOHRLLO GFKO=IFMRO@ R JQ JOMO AOKMQNQ QGEOKNPMNQ QMHQIPCQOMQ R JNKFGRMNQ ERK PEEKOAOMHQGRMNQ AF= NFKQ:

-03<54 34/2< <5/4/540< 34229 '0- <5&<9 3< 0-$9

QDFKP


da pag 8 a 128:io-roma 24/04/14 10.41 Pagina 28

Quaderno

a cura di Ing. v. Capogreco Ing. A. Jacuzzi commissione geotecnica visto da: Ing. M. e. D’effremo Ing. A. Bozzetti

L’EFFETTO DELL’AZIONE SISMICA NELLE FASI COSTRUTTIVE DI UN’OPERA DI SOSTEGNO Il dimensionamento e la verifica di un’opera di sostegno devono essere condotti sia in condizioni statiche che in condizioni sismiche. Nella pratica professionale può succedere che vengano chiesti chiarimenti in merito all’applicazione dell’azione sismica nelle fasi di realizzazione dell’opera di

ORDINe DeglI INgegNeRI DellA PROvINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 24/04/14 10.41 Pagina 29

roma

29

sostegno. Ma, come indicato da normativa, l’azione sismica nelle simulazioni numeriche viene considerata a opera ultimata, pertanto ci si chiede, non sarebbe opportuno valutare il caso in cui il sisma avvenisse durante la fase costruttiva? Sull’applicazione dell’azione sismica, relativamente alla durata prevista per le strutture in fase costruttiva, la normativa vigente precisa che “le verifiche sismiche di opere provvisorie o strutture in fase costruttiva possono omettersi quando le relative durate previste in progetto siano inferiori a 2 anni” (§2.4.1 del D.M.2008). Di conseguenza risulterebbe legitti-

mo omettere le verifiche sismiche nelle fasi intermedie del modello di calcolo. In fase di realizzazione dell’opera però può verificarsi un rallentamento se non una interruzione della costruzione dell’opera stessa dovuta ad imprevisti geologici o a problematiche legate alla impresa preposta alla realizzazione materiale, per cui i 2 anni previsti da normativa potrebbero essere superati. Fermo restando le prescrizioni normative, è interessante capire come il sisma applicato nelle fasi costruttive, e non solo nella fase finale ad opera ultimata, influisca sulla stabilità dell’opera.

ORDINe DeglI INgegNeRI DellA PROvINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 30

roma

30

Pertanto, sono stati realizzati semplici modelli numerici che simulano paratie di pali ø1000 mm disposti ad interasse 1.20 su cui sono stati applicati tre diversi valori dell’azione sismica caratterizzati dalla stessa vita nominale, ma differente accelerazione orizzontale massima attesa sul sito di riferimento rigido ag. L’azione sismica è rappresentata da un carico esterno applicato sull’altezza di scavo della paratia e calcolato con il metodo di Mononobe-Okabe ed è stata applicata sia durante le fasi costruttive che nella configurazione finale, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza dell’applicazione del sisma in fase costruttiva.

Modello e analisi numeriche Si considera la configurazione in fase costruttiva di una doppia paratia per realizzare una galleria artificiale. Si considerano quindi gli step di calcolo inerenti le diverse fasi per arrivare alla quota dello scavo finale, tralasciando la configurazione finale di inserimento del vincolo in testa. Non considerando il vincolo in testa nella configurazione finale, essendo un modello simmetrico è stata studiata metà paratia. Le analisi sono state condotte con un software agli elementi finiti. La paratia è costituita da pali di diametro ø1000 mm, con interasse 1.2 m. Sono previsti 4 ordini di tiranti ad interasse orizzontale di 2.4 m armati con 4 trefoli e con tiro iniziale pari a 400 kN. La stratigrafia di riferimento è riportata in Tabella 1. Le analisi numeriche sono svolte in condizioni piane e la schematizzazione del fenomeno fisico è del tipo ‘trave su suolo elastico1 - alla Winkler. La parete di sostegno è schematizzata da una serie di elementi finiti verticali il cui comportamento flessionale è definito dalla rigi-

Stratigrafia [da p.c.] Tabella 1 – Stratigrafia di riferimento

Tabella 2 – Valori del coefficiente di intensità sismica orizzontale kh impiegato nelle analisi.

Formazione

peso specifico gkN/m3)

dezza flessionale; il terreno è simulato da elementi finiti monodimensionali con legge costitutiva di tipo elasto-plastico; gli altri elementi strutturali quali i tiranti sono schematizzati tramite molle puntuali convergenti in alcuni nodi della parete. Per non aumentare il numero di variabili si considera il terreno a monte orizzontale e la falda assente. Sono stati analizzati più modelli di calcolo aventi la stessa altezza di scavo, ma soggetti a tre diverse intensità di azione sismica. Per quanto riguarda l’azione sismica applicata si considerano tre siti: Lecco, Ragusa e L’Aquila con vita nominale 50 anni, ma differenti classi di utilizzo dell’opera per ottenere coefficienti di intensità sismica crescenti. Le fasi di calcolo adottate nel modello di calcolo, coincidenti con le fasi di realizzazione della paratia, sono: 1. inizializzazione del modello con fase geostatica e realizzazione dei pali 2. scavo per la realizzazione del primo ordine di tiranti (T1) 3. inserimento del primo ordine di tiranti (T1) 4. scavo per la realizzazione del secondo ordine di tiranti (T2) 5. inserimento del secondo ordine di tiranti (T2) scavo per la realizzazione del terzo ordine di tiranti (T3) 6. inserimento del terzo ordine di tiranti (T3) 7. scavo per la realizzazione del quarto ordine di tiranti (T4) 8. inserimento del quarto ordine di tiranti (T4) 9. scavo finale 10. applicazione dell’azione sismica Sono stati creati 5 modelli di calcolo, che differiscono tra di loro solo per l’applicazione temporale del sisma. Si ipotizza cioè che il sisma

coesione c’ (kPa)

angolo di resistenza al taglio f’ (°)

da 0 a 5 m

unità1

19.0

5

35

≥5m

unità2

18.5

20

20

SISMA

sito

Vn

Cu

Cat

H

us

kh (SLV)

Lecco

50

II

B,T1

13

0.065

0.025

Ragusa

50

II

B,T1

13

0.065

0.110

L’Aquila

50

IV

C,T2

13

0.065

0.182

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 31

roma

Tabella 3 – Fasi costruttive relative ai modelli di calcolo – S1

Tabella 4 – Fasi costruttive relative ai modelli di calcolo – S2

possa manifestarsi in una fase intermedia di realizzazione dell’opera diversa da quella finale. La consuetudine professionale di considerare l’azione sismica nella fase finale ad opera ultimata coincide con il modello n. 5. Successivamente sono stati creati altri 5 modelli di calcolo, in cui, diversamente dai primi 5, l’azione sismica è stata applicata due volte, una volta in fase costruttiva, variandola modello per modello, una volta in fase finale.

Risultati Dalle analisi sono stati estrapolati e confrontati tra loro i valori massimi dei momenti flettenti e degli spostamenti di ciascun modello analizzato. Si riportano i risultati ottenuti applicando l’azione

sismica di riferimento per il sito di Ragusa. Nei grafici che seguono sulle ordinate sono riportati i modelli di calcolo, da 1 a 5, in cui con S1 si indicano i modelli in cui l’azione sismica è stata applicata una sola volta durante la realizzazione dell’opera e con S2 i modelli in cui l’azione sismica è stata applicata due volte, una in configurazione intermedia e una in configurazione finale. Gli stessi risultati della Figura 1 sono riportati in Figura 2 in forma adimensionale, cioè rapportati ai valori di momento flettente e spostamenti ottenuti dal modello 5 che, come detto prima, rappresenta la consuetudine professionale di considerare l’azione sismica nella fase finale ad opera ultimata.

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 32

roma

32

Dal confronto dei grafici riportati in Figura 1 e Figura 2 si nota come i valori del momento flettente siano gli stessi. Al contrario, per quanto riguarda gli spostamenti c’è un incremento dei valori, tra l’azione sismica applicata una sola volta e applicata due volte nel corso delle fasi, dovuto ad un accumulo di deformazioni. Inoltre, nel modello n. 4 in cui l’azione sismica è applicata dopo l’esecuzione dello scavo per l’inserimento del tirante T4, si hanno valori di momento e spostamenti maggiori rispetto al modello n. 5 preso a riferimento. In particolare, in questo caso, comporta un aumento del momento flettente del 15%, e del 5% per quanto riguarda gli spostamenti. Le stesse analisi sono state ripetute variando l’azione sismica con i valori del coefficiente di intensità sismica orizzontale kh inerenti il sito di

Lecco e dell’Aquila e riportati in Tabella 2. Dalle analisi eseguite sono stati estrapolati e confrontati tra loro i massimi valori del momento flettente e degli spostamenti di ciascun modello analizzato. Nei grafici che seguono sulle ordinate sono riportati i modelli di calcolo, con S1 si indicano i modelli in cui l’azione sismica è applicata una sola volta e con S2 i modelli con l’azione sismica applicata due volte nelle fasi di calcolo dei modelli. Gli stessi risultati in Figura 3 sono riportati in Figura 4 in forma adimensionale cioè rapportati ai valori di momento flettente e spostamenti ottenuti dal modello 5 che, come detto prima, rappresenta la consuetudine professionale di considerare l’azione sismica nella fase finale ad opera ultimata. Si nota ancora che il sisma nel modello 4, cioè

Figura 1 – Grafici in cui sono riportati i risultati ottenuti dai modelli in cui è stata applicata l’azione sismica inerente il sito di Ragusa.

Figura 2 – Grafici in cui sono riportati i risultati adimensionalizzati

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 33

roma

33

Figura 3 – Confronto tra i risultati ottenuti con l’applicazione dell’azione sismica di Ragusa, Lecco e L’Aquila

Figura 4 – Grafici in cui sono riportati i risultati adimensionalizzati

applicato dopo l’esecuzione dello scavo per la realizzazione del quarto livello di tiranti T4, comporta spostamenti e momenti flettenti maggiori rispetto al modello n. 5 preso a riferimento. In particolare si ha un aumento del momento flettente del 15% - 20 % a seconda dell’azione sismica di riferimento, e del 5% per quanto riguarda gli spostamenti.

Conclusioni È consuetudine nella progettazione di opere di sostegno, considerare l’azione sismica nella configurazione finale, ad opera ultimata, come da indicazioni normative NTC ‘08. Fermo restando le prescrizioni normative, è in-

teressante capire come il sisma influisca se applicato nelle fasi costruttive. Scopo di questo articolo è evidenziare la differenza analitica che sussiste ipotizzando a priori la possibilità che l’azione sismica solleciti l’opera solo dopo la sua realizzazione piuttosto che nelle fasi precedenti. Tra gli obiettivi futuri c’è l’idea di sondare diverse casistiche e cercare di creare un abaco funzione dei parametri più sensibili per quanto riguarda la risposta sismica di un’opera di sostegno, per dare al progettista uno strumento di riferimento per stimare di quanto potrebbe incrementarsi il momento flettente e lo spostamento massimo rispetto all’analisi semplificata condotta. ■

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 36

Quaderno

IL COMPORTAMENTO SOTTO SISMA DELLE STRUTTURE METALLICHE DEDICATE A VANO CORSA ASCENSORE, LEGATE AD EDIFICI ESISTENTI: PROBLEMI E SOLUZIONI a cura di Ing. G. Cavanna commissione Ascensori e scale mobili visto da: Ing. G. Andreani Ing. M. Domenicucci

Le strutture metalliche che costituiscono il vano di corsa di un impianto elevatore (ascensore o piattaforma elevatrice) possono essere realizzate in 2 modi distinti: • strutture slegate autoportanti, ovvero strutture che, indipendentemente dagli edifici cui sono asservite, sopportano da sole tutti i carichi (statici, dinamici, sismici, da vento, etc…): trattandosi di fatto di strutture snelle, non appena l’altezza diviene significativa, per la realizzazione è richiesto l’impiego di profili molto robusti, controventature su tutti i lati della torre, adeguato dimensionamento del plinto di fondazione per impedirne il ribaltamento (15 – 20 m³ di c.a. già per strutture di media altezza); per evitare fenomeni di martellamento reciproco tra edificio ed SMVC in caso di sisma vanno inoltre valutate e previste opportune distanze di rispetto e, a rigore, la realizzazione di pas-

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 37

roma serelle scorrevoli per l’accesso e lo sbarco dalla cabina. Quanto finora descritto determina spesso l’irrealizzabilità, in vano scala, di un impianto ascensore, con conseguente impossibilità di abbattimento delle barriere architettoniche ivi presenti1: • strutture legate all’edificio (non autoportanti): in tal caso le strutture metalliche che realizzano il vano corsa hanno il solo compito di sostenere l’impianto elevatore ed i carichi statici e dinamici derivanti dall’esercizio dello stesso, oltre ai carichi statici relativi al peso proprio ed alla tamponatura del vano. Il calcolo rigoroso del comportamento sotto sisma della SMVC andrebbe eseguito realizzando un unico modello di calcolo strutturale comprendente sia l’edificio,sia la SMVC. La difficoltà risiede spesso, per non dire sempre, nel disporre dei progetti originari dell’edificio e nella conformità di quanto realizzato al progetto originario. A tutela dello strutturista, anche nel caso di disponibilità del progetto originario, andrebbero eseguiti sondaggi e verifiche sull’edificio e sulla sua fondazione per verificarne la coerenza col progetto iniziale, andrebbe poi ricostruito un modello di calcolo plausibile per l’edificio, introdotta la struttura metallica e verificato il comportamento dell’insieme. Non in ultimo i costi di dette indagini, dei rilievi e della progettazione conseguente rischierebbero di essere comparabili, se non superiori, con l’opera finita. Una ulteriore strada percorribile è quella di realizzare smvc che riducano al minimo l’interferenza con l’esistente, separando pertanto la progettazione della smvc dalla verifica del comportamento sotto sisma dell’edificio (ed agli eventuali interventi necessari per migliorarne la stabilità)2. Dal punto di vista dell’edificio esistente si tratta in pratica di avvicinarsi il più possibile alla condizione di strutture slegate ed indipendenti, mentre dal punto di vista della smvc si tratta di valutarne il comportamento sotto le deformazioni imposte dall’edificio; infatti, a meno di scostamenti minimi, le deformazioni dell’edificio si ritrovano invariate sulla struttura metallica; ciò è tanto più vero quanto più la smvc è realizzata con profili leggeri. Quanto sopra porta ad indirizzarsi verso strutture metalliche che contemporaneamente: – sopportino i carichi indotti dall’impianto elevatore; – modifichino il meno possibile il comportamento strutturale dell’edificio sotto sisma; – sopportino le deformazioni imposte dall’edificio in caso di sisma; Quanto sarà descritto nel seguito farà esplicito

riferimento ad un impianto oleodinamico in taglia, ma può certamente essere esteso, con opportune considerazioni ed accorgimenti, a tutti gli impianti elevatori. L’esempio applicativo che sarà descritto nel seguito fa riferimento ad una SMVC da realizzarsi nella città de L’Aquila presso un condominio adibito a civile abitazione.

Valutazione dello spostamento imposto In assenza di dati esatti lo spostamento da imporre alla SMVC verrà calcolato (come suggerito dagli Uffici Tecnici del Genio Civile di Roma) a partire da una oscillazione di riferimento posta pari ad 1/100 dell’altezza della struttura misurata dal piano di fondazione moltiplicata per ag S / 0.5 g (≤ 1) (D.M. “Infrastrutture” 14.01.2008 § 7.2.2). Il D.M., parlando di “distanza di rispetto tra costruzioni contigue”, indica implicitamente l’entità dello spostamento orizzontale massimo che la costruzione dovrebbe manifestare sotto sisma. Con buona approssimazione la SMVC (legata alla costruzione esistente) subirà lo stesso spostamento e dovrà essere verificata in tali condizioni di deformazione. Il modello di calcolo adottato prevede la valutazione dell’oscillazione di riferimento secondo la formula sopra menzionata; viene poi realizzato un edificio fittizio, la cui unica funzione è quella di generare spostamenti in quota pari a quelli calcolati, ed infine viene legata all’edificio la SMVC, così da imporle i medesimi spostamenti. Sull’edificio fittizio non viene eseguita alcuna verifica.

Dati e ipotesi iniziali Senza togliere generalità al calcolo è opportuno fissare alcuni parametri relativi al luogo di installazione, all’edificio, alla torre metallica ed all’impianto elevatore ed assumere alcune ipotesi iniziali. Il sistema di riferimento adottato è cartesiano destrogiro (XYZ) con l’asse Z disposto verticalmente. I segni + e – che saranno indicati nel seguito si riferiscono al sistema di riferimento adottato. Come accennato l’edificio è sito in L’Aquila ed è adibito a civile abitazione; ha forma parallelepipeda e presenta le seguenti dimensioni: 14x20xh=15 (m). La SMVC sarà posta internamente all’edificio (in vano scala) oppure esternamente, in adiacenza ad esso. La SMVC ha le seguenti dimensioni: 1150x1300xh=17000 (mm). L’impianto elevatore ha le seguenti caratteristiche: corsa = 12 m; fossa = 1.5 m; testata = 3.5 m; fermate 4; cabina: 80x120 (cm); peso totale stimato cabina = 350 daN. Nel caso in esame con categoria

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA

37


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 38

roma

38

suolo di fondazione C e categoria topografica T1 risulta, allo stato limite SLV, ag = 0.261; S = 1.331; pertanto l’entità dell’oscillazione di riferimento da applicare alla quota più alta della struttura metallica deve essere almeno pari a 108 mm. La struttura è realizzata in profili di lamiera pressopiegata con spessore 30/10 mm. Si assume che la smvc e l’edificio appoggino su fondazioni rigide ed indeformabili: nel caso, reale, di fondazioni su suolo alla Winkler, quanto esposto mantiene validità purché il terreno abbia caratteristiche uniformi. Le connessioni della SMVC all’edificio vanno realizzate in modo da evitare fenomeni di martellamento reciproco: ciò si ottiene garantendo la coerenza degli spostamenti orizzontali tra smvc ed edificio. I tasselli di ancoraggio vanno dotati di rondelle ammortizzanti ed alloggiati in fori opportunamente dimensionati per compensare gli spostamenti relativi. Per semplicità in questa sede è stata considerata una forzante unica applicata al colmo della torre così da assecondare, almeno parzialmente, il primo modo di vibrare dell’insieme SMVC – edificio. Il comportamento della torre metallica può essere assimilato a quello di una trave verticale incastrata nel terreno: a seguito di uno spostamento orizzontale, imposto in quota perpendicolarmente ad una faccia della torre, 2 montanti verranno sottoposti a trazione mentre gli altri 2 a compressione. Generalmente, non appena gli spostamenti orizzontali superano i pochi mm, le sollecitazioni che si manifestano alla base della torre sono molto intense (sia sui montanti sia sulla platea di fondazione della SMVC). Per ridurre tali sollecitazioni è possibile introdurre dei vincoli elastici (su Z) alla base dei montanti: in tal modo gli spostamenti orizzontali in quota si tradurranno in piccoli spostamenti verticali alla base della torre; in pratica si passa da una deformazione ad una rotazione-deformazione di tutta la struttura, certamente meno impegnativa dal punto di vista delle sollecitazioni in gioco. Operativamente il vincolo elastico può essere realizzato in modo piuttosto semplice predisponendo un supporto elastomerico3 (mecstred ®4, nel seguito) opportunamente dimensionato tra la platea di fondazione e le piastre di ancoraggio dei montanti e tra queste ed i tirafondi. Va subito detto che non si tratta di isolatori sismici, dal momento che la loro funzione non è quella di isolare la smvc dal terreno. La caratteristica elastica di questi supporti può essere considerata approssimativamente lineare almeno nell’intorno del punto di esercizio5.

Analisi svolte e risultati Verranno brevemente descritte nel seguito le analisi numeriche eseguite ed i relativi risultati raggiunti; i casi di carico considerati sono quelli relativi: • ai carichi permanenti (peso proprio della struttura, peso dei solai e della copertura, peso delle tamponature); • ai carichi variabili (accidentale solai); • alle azioni indotte dal sisma (statico equivalente): – SLU con angolo d’ingresso 0° e 90° ed eccentricità + e –; – SLD con angolo d’ingresso 0° e 90° ed eccentricità + e –; Le combinazioni di carico generate sono, nel caso in esame, 110. Sono state eseguite 5 differenti analisi numeriche relative ad altrettante configurazioni così distinte: Analisi 01: edificio senza smvc; Analisi 02-A: edificio con smvc interna – vincoli di base rigidi alla traslazione6; Analisi 02-B: edificio con smvc interna – vincoli di base elastici su Z; Analisi 03-A: edificio con smvc esterna – vincoli di base rigidi alla traslazione; Analisi 03-B: edificio con smvc esterna – vincoli di base elastici su Z. Sono state individuate 4 combinazioni di carico (16-17-28-29) che generano nell’edificio gli spostamenti massimi nelle direzioni principali X ed Y. Senza togliere generalità all’analisi numerica svolta i risultati ottenuti in termini di spostamenti (mm), di carichi alla base dei montanti (daN) e di sfruttamento dei materiali (%)7 della smvc,saranno riferiti, per comodità di confronto, a queste combinazioni; i valori massimi assunti da ciascuno dei parametri analizzati si manifestano generalmente in combinazioni di carico differenti, ma risultano comunque dello stesso ordine di grandezza di quelli esposti. La Tabella 1 pone in evidenza, come previsto, che gli spostamenti massimi dell’edificio nelle direzioni X ed Y non subiscono sostanziali modifiche dovute all’inserimento della SMVC all’interno o in adiacenza all’edificio stesso. I risultati sopra esposti mostrano un sostanziale abbattimento dello sfruttamento del materiale mediante l’introduzione di dispositivi elastici alla base della SMVC. La raccolta delle immagini seguenti pone in luce i risultati ottenuti.

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 39

roma Analisi 01 02A 02B 03A 03B Analisi

CMB

KZ

spX max ED

VAR%

spX T

17 16 17 16 17 16 17 16 17 16

5000 5000 5000 5000

+ 121,6 - 121,6 + 120,9 - 120,8 + 121,9 -121,7 + 119,8 - 119,6 + 122,5 - 122,1

-0,58% -0,66% 0,25% 0,08% -1,50% -1,67% 0,73% 0,41%

+ 105,9 - 105,8 + 107,5 -107,3 + 121,7 - 121,5 + 125,3 - 124,8

CMB

KZ

spY max ED

VAR%

spY T

5000 5000 5000 5000

+ 130,4 - 132,0 + 129,8 - 131,4 + 130,4 - 131,9 + 129,4 - 131,1 + 130,5 - 132,2

-0,46% -0,46% 0,00% -0,08% -0,77% -0,69% 0,08% 0,15%

+ 99,7 - 101,1 + 101,3 - 102,8 + 96,3 - 97,7 + 97,9 - 99,3

01

28 29 02A 28 29 02B 28 29 03A 28 29 03B 28 29 LeGeNDA

CMB: KZ: spX(Y) max eD (mm): VAR%: spX(Y) T (mm): spZ BMT (mm): FZ (spX T) (daN): SFR%:

FZ (spX T) + 8717 + 7436 + 987 + 1950 + 9682 + 8318 + 1079 + 2221

- 9054 - 10008 - 2609 - 1316 - 9941 - 11040 - 2883 - 1408

FZ (spY T) + 7322 + 8549 + 1421 + 1309 + 8965 + 10420 + 1939 + 1426

- 9916 - 8939 - 2216 - 2263 - 11870 - 10670 - 1755 - 2601

spZ BMT + 2,0 + 3,9 + 2,2 + 4,4

- 5,2 - 2,6 - 5,8 - 2,8

spZ BMT + 3,2 + 2,6 + 3,9 + 2,9

- - 3,3 - 4,5 - 3,5 - 5,2

SFR% 121,1

39

52,0 128,8 52,4 SFR% 121,1 52,0 128,8 52,4

combinazione; costante elastica del vincolo in direzione Z (daN/cm = N/mm); spostamento massimo in direzione X(Y) dell’edificio; variazione % di spX(Y) max eD rispetto alla condizione di edificiolibero; spostamento in direzione X(Y) della torre metallica (al colmo della struttura)– questo spostamento di fatto coincide con quello dell’edificio nella zona dove è posizionata la SMVC; spostamento in direzione Z della torre metallica (alla base della struttura); azioni vincolari sulla torre raccolte alla base dei montanti; sfruttamento percentuale dell’acciaio della torre.

Tabella 1

Figura 1 – Modello solido dell’edificio

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 40

roma

40

Figura 2 - Modello solido edificio + smvc interna (Analisi 02-A e 02-B)

Figura 3 - Modello solido edificio + smvc esterna (Analisi 03-A e 03-B)

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 41

roma

41

Figura 4 – Confronto qualitativo tra le deformate in CMB 29 (Analisi 02-A e 02-B) (la deformata è stata volutamente amplificata per apprezzare le differenze locali di comportamento)

Figura 5 – Confronto qualitativo tra le deformate in CMB 17 (Analisi 03-A e 03-B) (la deformata è stata volutamente amplificata per apprezzare le differenze locali di comportamento)

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 42

roma

42

Figura 6 – Sfruttamento massimo materiale (Analisi 02-A e 02-B) normalizzato al 100%

Figura 7 – Sfruttamento massimo materiale (Analisi 03-A e 03-B) normalizzato al 100% Nota: gli elementi disegnati a tratto sottile (alla base della torre) presentano uno sfruttamento superiore al 100%.

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA


da pag 8 a 128:io-roma 22/04/14 15.05 Pagina 43

roma I risultati ottenuti possono essere brevemente così riassunti: • l’introduzione di elementi elastici (in direzione Z) alla base dei montanti di smvc legate ad edifici esistenti riduce l’influenza (di per sé già modesta) relativa alla introduzione di una struttura nuova all’interno di (o in adiacenza ad) una esistente8; • allo stesso tempo si manifesta un consistente abbattimento delle sollecitazioni negli elementi (traverse e montanti) e nei nodi delle SMVC, siano esse installate internamente che esternamente, in adiacenza all’edificio; • i carichi statici dovuti al peso proprio ed a quello delle tamponature del vano corsa si trasmettono alla platea in modo analogo al caso tradizionale di assenza degli elementi elastici; in condizioni sismiche alla platea di fondazione vengono trasmessi carichi addizionali ridotti rispetto al caso tradizionale (pari alla deformazione dell’elemento elastico sotto carico sismico per la sua costante elastica); • le deformazioni verticali degli elementi elastici sono in genere molto contenute anche a fronte di spostamenti orizzontali consistenti in quota; • dal confronto qualitativo delle deformate (Figg. 04 e 05) si nota che la deformazione degli elementi strutturali (Analisi tipo A) si porta verso una rotazione-deformazione (Analisi tipo B) e ciò è valido sia per i montanti sia per le traverse9; di conseguenza anche i nodi della struttura risultano meno sollecitati; • nel caso di strutture esterne esposte a dilatazione termica nei mesi estivi, la presenza di elementi elastici di compensazione è certamente utile; • elementi elastici in gomma, quale quelli qui proposti, hanno l’ulteriore vantaggio di possedere un effetto naturalmente smorzante sui carichi dinamici; • va evidenziato che si tratta di traslazioni verticali dei montanti molto modeste e che la torre rimane pur sempre ancorata al suolo dai tirafondi; non si tratta pertanto di movimenti macroscopici della struttura, bensì

del recupero di qualche millimetro di spostamento in direzione verticale all’interno di un elemento elastico, in grado tuttavia di apportare, a parere di chi scrive, i benefici esposti. ■ 1

2

3

4

5

6

6

7

8

A titolo esemplificativo basti pensare ad un vano scala standard con 2 rampe da 120 cm di ampiezza: per normativa VVFF tale ampiezza può ridursi al massimo a 80 cm lasciando di conseguenza 80 cm per il posizionamento della torre ascensore; considerando una distanza di rispetto prossima a 10 mm per ogni m di altezza, già in un edificio di 3 piani tale distanza (che dunque può essere stimata in 10 mm x (corsa + fossa + testata) = 10 mm x (9 + 1.5 + 3.5) = 10 mm x 14 = 140 mm per lato) ridurrebbe l’ampiezza utile della torre a 52 cm: ma per contenere le oscillazioni in caso di sisma a valori accettabili di una torre alta 14 m e larga 52 cm occorrerebbe (riuscendoci!) l’impiego di profili molto robusti e a loro volta molto ingombranti che ridurrebbero di fatto a valori non proponibili la larghezza della cabina. e’ poco probabile che smvc anche molto robuste possano sostenere l’edificio in caso di sisma evitandone il crollo: di fatto se un edificio è destinato al collasso sotto sisma ciò avviene comunque, indipendentemente dalla robustezza della smvc; potrebbe invece accadere, come verrà chiarito nel seguito, che una smvc eccessivamente robusta legata ad un edificio esistente (e magari posta in posizione eccentrica rispetto alla pianta dell’edificio) introduca, a seguito di un evento sismico, delle torsioni anomale dell’esistente, peggiorandone il comportamento e la stabilità. Si tratta delle stesse mescole utilizzate nella realizzazione dei sistemi di isolamento sismico che possiedono vita paragonabile a quella della struttura. MeCSTReD (Mechanical STress ReDucer = riduttore di sollecitazione meccanica) (brevetto RM2012U000051). In sede di montaggio i supporti elastici andranno eventualmente precaricati (precompressi mediante i tirafondi) così da compensare l’abbassamento della struttura dovuto al peso proprio ed alla tamponatura del vano corsa a montaggio ultimato. I vincoli alla base dei montanti sono considerati come cerniere (impediscono cioè le traslazioni lasciando libere le rotazioni); nel caso vengano considerati come incastri (assenza di traslazioni e rotazioni) lo sfruttamento del materiale aumenta, nei casi esaminati, di circa il 5%. I vincoli alla base delle guide sono considerati, in questa sede, come cerniere. Lo sfruttamento del materiale è un parametro sintetico che riassume in un solo numero quanto complessivamente il materiale viene sfruttato rispetto alle sue possibilità massime (100%). L’introduzione di decimali sia nei valori degli spostamenti che in quello dello sfruttamento ha ovviamente significato puramente numerico e non pratico. Ciò è di regola tanto più vero quanto più i profili sono leggeri; nel caso di profili normali (L, UPN, H, etc.) l’influenza è più evidente. Gli scostamenti rimangono comunque minimi, come era logico attendersi, considerando comunque la considerevole differenza di massa. Riducendo il valore della costante elastica la struttura ruota di più e si deforma di meno; parimenti aumenta la deformazione sotto carico statico e questo potrebbe comportare difficoltà operative in sede di montaggio.

ORDINe DeGLI INGeGNeRI DeLLA PROVINCIA DI ROMA

43


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.