Tratto dalla Rivista IoRoma consultabile al sito: http://rivista.ording.roma.it
L’EDITORIALE DEL
DIRETTORE
LA BIOINFORMATICA E LA POTENZIALITÀ DELL’INGEGNERIA PIÙ RECENTE Ingegnere
U
na richiesta di parere all’Ordine sul progetto di costituire un nuovo corso di laurea in bioinformatica afferente alla facoltà di medicina, mi ha dato lo spunto per questo editoriale sulle potenzialità e complessità ingegneristiche in rapporto a quelle biologiche e mediche. Nel nostro settore le complessità delle problematiche possono variare significativamente. Se prendiamo come unità di misura l’ordine di grandezza della numerosità delle componenti o stati del problema, ad esempio, abbiamo per il settore civile problematiche strutturali dell’ordine di 102 o 103. Nel settore industriale possiamo avere ordini di 104 o 105 considerando gli stati connessi al movimento nel tempo. Infine, nel settore dell’informazione, possiamo raggiungere facilmente complessità di 1010 o 1011 considerando la velocità tipica dei processori di elaborazione più comuni o le velocità di trasmissione dei dati (miliardi di operazioni o di bit trasmessi al secondo). In confronto, i sistemi biologici hanno una complessità almeno di 1013 considerando il numero totale delle cellule e il numero dei microorganismi che ci considerano “casa”, così importanti nell’equilibrio generale tanto da esser ritenuti da molti costituire un “secondo cervello”. Se guardiamo il tutto in una prospettiva storica mentre ciò che è studiato dalla biologia e dalla medicina è sostanzialmente lo stesso da migliaia se non milioni di anni, ciò che è studiato dall’ingegneria informatica cambia in tempi sempre più brevi ed è soggetto ad una tale crescita esponenziale connessa alla correlata crescita della potenza elaborativa e della capacità trasmissiva da poter prevedere, in meno di una decade, un sorpasso con le attuali complessità biologiche. Alcuni, addirittura, pensano e scrivono che si possano ridefinire i tempi di vita medi degli stessi organismi viventi, ed attualmente vengono investiti capitali notevoli da parte delle aziende ICT di punta nelle ricerche sul tema con scenari potenzialmente fantascientifici. Altri sostengono che i nuovi modelli digitali diventeranno essi stessi l’attuale realtà e quest’ultima finirà per essere un elemento marginale testimone di un’era che fu. Comunque tale variazione ontologica impatta fortemente il livello epistemologico con forti implicazioni sulle priorità e sul tipo di strutturazione efficace per un corso di laurea di bioinformatica che deve avere, in fase di varo, almeno una vision di 5 se non di 10 anni. Gli altri settori dell’ingegneria hanno già semplificato molta della loro complessità tradizionale digitalizzando molti dei propri strumenti e tecniche. Si pensi al CAD o ai tanti programmi di calcolo e/o di simulazione. Anche nel settore medico le migliaia di app software disponibili stanno permettendo a medici o sistemi esperti remoti di grande autorevolezza, di offrire consulti quasi immediati e gratuiti, ad esempio, su nei sospetti o altri fenomeni tracciabili dalla moderna sensoristica associabile al cellulare o dalle loro stesse fotocamere sempre più a maggiore risoluzione. Gli ultimi smartwatch inoltre, grazie alla loro standardizzazione, rendono possibili nuovi e rivoluzionari approcci in crowdsourcing su scala globale. Dai campioni asfittici fatti di 100 o 500 casi alla base degli attuali articoli scientifici medici possiamo passare di colpo, con una vera disruptive innovation, ai 10.000 o 100.000 casi su un bacino potenziale di crescita di 109 tanti sono gli smartphone e dunque i potenziali utenti. Infine, la disponibilità di soluzioni in cloud con l’adozione di piattaforme virtualizzate as a service, mette a disposizione capacità di calcolo potenzialmente infinita a costi minimali e soprattutto a posteriori con forti impatti sulle capacità finali di ricerca, operatività ed innovazione generale soprattutto nei settori a maggior complessità come quello medico. Pertanto, alla luce di quanto detto, risulta chiaro sempre di più che, per poter dire qualcosa di nuovo nel nuovo contesto globale, occorre contenere le declinazioni bio all’interno della famiglia ingegneristica pur nella massima cooperazione e contaminazione con i mondi medicali e biologici. Questo approccio oltre che fondato permette inoltre, come attualmente avviene per la bioingegneria, di inquadrare i nuovi professionisti triennali o magistrali all’interno del sistema ordinistico con il plusvalore etico sempre più necessario in contesti così delicati. Francesco Marinuzzi Direttore editoriale
Francesco Marinuzzi Direttore editoriale
3 ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA