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“Effimera Resilienza“ – essere o non essere La nostra vita non è statica ci muoviamo, viviamo, amiamo, odiamo, soffriamo e ci rialziamo. Ognuna di queste azioni può rinvigorire la nostra forza oppure può spezzarla, più o meno gravemente. Possiamo subire ferite fisiche ma anche (e soprattutto) ferite emotive. Ognuna incide più o meno profondamente in noi, lasciando segni che a volte ci accompagnano per tutta la vita. Quando una ciotola, una teiera o un vaso prezioso cadono frantumandosi in mille cocci, noi li buttiamo con rabbia e dispiacere. Eppure c’è un’alternativa, una pratica giapponese che fa l’esatto opposto: evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore all’oggetto rotto. Si chiama kintsugi Nell’oggetto riparato si vede esaltata questa bellezza Effimera poiché si ricompone in maniera sempre nuova e sempre più bella nella sua Resilienza. “Essere o non essere”? È forse questa la frase più famosa dell’Amleto di Shakespeare pronunciata proprio da Amleto nella prima scena del terzo atto. Si tratta di un interrogativo esistenziale del vivere soffrendo (essere) o del ribellarsi rischiando di morire (non essere). Il dubbio sul senso e sulla validità della vita e le conseguenti difficoltà di scelta e di giudizio. Il dubbio amletico è tra i più attuali del nostro tempo: E’ forse più nobile affrontare la traversata nel mare della vita combattendo o sopportando la sorte stoicamente arrivando fino al nichilismo? Qual è la vera nobiltà?