OSSOLA.it n7 Inverno

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La rivista turistica delle Valli dell’Ossola anno III - numero 7 - 2010

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Editore Faggiana Riccardo Tel. 329 2259589 Sede e redazione Via Madonna di Loreto, 7 28805 Vogogna (VB) Tel/Fax 0324 88665 info@ossola.it

Sommario A proposito di... Natale

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Oscure presenze nel paesaggio alpino...

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Andar con le ciaspole

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Direttore Responsabile Massimo Parma

Il Pizzetto e Il Monte Alom

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Direttore Editoriale Riccardo Faggiana

Il libro Ciaspole in Valdossola

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Capo Redattore Claudio Zella Geddo

Alpe Genuina

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da Coipo a Giovera...

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Gastrofilosofia

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Oira e Case d’Ossola

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Pagine fragili

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James Bond

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Snowboard le nuove tendenze

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Neve

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Alpe lusentino

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Redattori Paolo Crosa Lenz, Rosella Favino, Giulio Frangioni, Uberto Gandolfi, Cecilia Marone, Adriano Migliorati, Marilena Panziera, Massimo Parma, Paolo Pirocchi, Fabio Pizzicoli, Michela Zucca. Coordinamento grafico e impaginazione Eleonora Fiumara - eleonora@ossola.com Collaboratori Stefano De Luca, Tonino Galmarini, Davide Iardella, Felice Jerich, Anna Proletti, Diovuole Proletti, Giorgio Rava, Paola Rovelli, Maria Antonia Sironi Diemberger, Carlo Solfrini, Marco Valsesia. Hanno collaborato a questo numero Provincia del Verbano Cusio Ossola, Grossi Editore Comune di Vogogna, Patrick Bacher, Paolo Cerutti. Fotografia Archivio © Riccardo Faggiana Andrea Giordan, Adriano Migliorati, Sara Nazzaro

San Domenico

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Traduzioni Chiara Cane, Anna Maria Bacher, Cristian Veldman

Alpe Devero

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Stampa PRESS GRAFICA S.r.l. - Gravellona Toce (VB)

Formazza

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Positivity

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Legno e neve

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Ossola.it è un periodico registrato presso il Tribunale di Verbania in data 10/04/08 con il n. 3/08.

© 2010: É vietata la riproduzione anche parziale di foto, testi e cartine senza il consenso dell’editore. Tutti i diritti sono riservati.

Anno III - N. 7 - 2010

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a proposito di ...

Natale di Marilena Panziera

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L

e celebrazioni natalizie e altri momenti importanti della stagione invernale, hanno secondo alcuni origini comuni e collegate, il Solstizio, il Natale, i 12 giorni del Natale che durano sino al 6 gennaio, cioè la Befana, l’Hannukkà ebraica. Hanno tutte in comune la luce, come forma di collegamento fra la luce spirituale e l’umanità, nonché la ricerca, anche inconsapevole da parte delle persone, della necessità di elevarsi ad ideali più mistici. È festa per la riuscita, la rinascita, la ricostruzione di quanto pareva perduto con l’anno appe-

del sole e della vita sulle tenebre e sulla morte. Nelle tradizioni ancor più antiche, che si ritrovano in modo simile in vari culti, si può identificare la nascita di Horus, dio egizio, come avvento dell’essere divino fatto uomo. Si racconta della sua nascita, in seguito all’unione di Iside e Osiride, e dalla sua discesa in forma di materia per la necessità di salvare il mondo, così come Cristo viene per salvare l’uomo, che sta portando in rovina grazie alla sua empietà. Il Solstizio d’Inverno per le popolazioni nordiche rappresentava il “Natale” del-

na trascorso. Le tradizioni sono comuni a molti popoli, infatti da sempre si parla di una forza portatrice di luce, di energia e conoscenza per l’uomo da risvegliare. La notte del 25 dicembre secondo i cristiani nasceva Gesù, ma già secondo i Persiani nasceva Mitra, incarnazione della vita eterna, messia salvifico. Nasceva la notte del solstizio invernale (che allora era qualche giorno dopo rispetto ad oggi) a mezzanotte, cioè nel momento di passaggio dal massimo dell’oscurità al ricominciare la riconquista della luce, nella notte più lunga dell’anno, quale simbolo di vittoria

la luce, la forza vittoriosa sulla tenebra, la luce della conoscenza che sconfigge l’ignoranza, quindi la ricerca della verità e di valori sacrali, intimi ed eterni. Al Solstizio invernale il sole tocca il punto più basso dell’orbita reale descritta dalla Terra intorno ad esso; pare tramontare e sparire nel buio ma subito dopo risorge con nuovo vigore e nuova vita, aprendo un nuovo ciclo. I Romani chiamavano questo periodo dell’anno “saturnale”, lo identificavano con la nascita della città di Roma, poi adattato alle esigenze della popolazione convertitasi al cristianesimo spostandola di qualche

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giorno per soppiantare il culto pagano. Più probabilmente il passaggio fu graduale e senza traumi, in una società che si riconosceva sempre più nei valori cristiani. Le luci che a Natale sistemiamo un po’ ovunque derivano da queste tradizioni, sono una sorta di aiuto per vincere il buio e la notte più lunga, ogni luce rappresenta anche la scintilla di un’anima e le stelle del firmamento (“ogni uomo è una stella...”). I 12 giorni di Natale, consacrati dalla tradizione anglosassone, assomigliano al mito egizio dei giorni aggiuntivi dell’anno, cioè un periodo in cui nascevano gli dei oppure succedevano cose, alle quali noi oggi diamo la seguente definizione “poteva succedere solo a Natale...”. La tradizione più controversa e contestata del pianeta natalizio è quella legata alla figura di Babbo Natale, partito da San Nicola di Mira, vescovo cristiano del IV° secolo d.c., da qui la barba lunga e l’alto copricapo, si è via via occidentalizzato fino ad essere accostato nella tradizione tedesca al dio Odino. Nel ‘600 Oliver Cromwell, dopo aver abbattuto temporaneamente la monarchia inglese, abolì Babbo Natale, che venne poi riabilitato alla sua caduta con un processo farsa, dove gli inglesi di allora cercarono di mettere in evidenza il lato buffo di questa circostanza. In realtà la guerra a Babbo Natale prosegue tutt’oggi a voce di chi contesta l’aspetto commerciale della festa. Nella nostra società secolarizzata e consumistica forse, i regali anziché testimonianze di affetto, come le voleva la tradizione, stanno diventando sempre più affermazione di status sociale e chi si lamenta ha ragione.

Buon Natale e Felice 2011!!!

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di Michela Zucca

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B

uche delle streghe. Piana delle streghe. Boschi delle streghe. Sassi delle streghe. Laghi delle streghe. E poi: case dei pagani. Castelli dei pagani. Ponti del diavolo. Muri del diavolo... e chi più ne ha più ne metta. Sembra che gli antichi abitatori delle montagne abbiano lasciato innumerevoli tracce della loro presenza prima di essere eliminati per sempre (ma non cancellati dalla memoria!). D’altra parte, non è facile dimenticare, eliminare dal ricordo popolare quello che oggi potremmo definire un maxi processo, che si celebrò contro le donne della Valle Antigorio, che venivano dai paesi di Croveo e di Baceno, tra il marzo 1610 e il dicembre 1611: tre secoli esatti, troppo pochi per dissolvere e perdonare la morte di dieci donne nelle carceri vescovili di Novara. Donne che adoravano gli antichi dei, e che si riunivano per ballare, e gruppi che rifiutavano di aderire alla nuova fede devono nascondersi, trovare un riparo, inventarsi dei sistemi per procurarsi da mangiare. Talvolta anche gli insospettabili sono costretti all’illegalità: come quei mercanti ambulanti ossolani perseguiti come eretici calvinisti perché, spinti dal bisogno e da una tradizione millenaria, si spingevano lungo le antiche vie che scavalcavano i versanti, portando le mercanzie fino in Svizzera, nazione che nel frattempo - senza che magari loro se ne fossero mai accorti, abituati com’erano, da migliaia di generazioni, ad “andare di là” dal Neolitico in poi - era diventata protestante. Loro da buoni cristiani, in terra straniera andavano a messa la domenica, senza porsi troppi problemi di rituale: anche perché probabilmente, il tedesco liturgico lo capivano ben poco e assistere alla funzione era più un atto dovuto che un’espressione di sincera convinzione religiosa.... e così al ritorno, si trovavano sotto processo con gli inquisitori che li accusavano di aver fatto soltanto il loro dovere! Di fatto, diversi ordinanze vescovili cercano di proibire - o quanto meno di limitare - il traffico di mercanti, artigiani e “spalloni” fra l’Ossola e la Svizzera, senza mai riuscirci.

Di sicuro i sentieri delle terre alte erano percorsi di notte e di giorno, da gente che si muoveva su e giù per i versanti, camminando su vie quasi indistinguibili agli occhi di cittadini e di prelati, che non sapevano distinguere i segni della natura e i segnali che l’uomo aveva lasciato sulle montagne per indicare le antiche strade. Tutte queste notizie sembrano proprio, ai nostri occhi di cittadini del XX° secolo, abituati alle cronache di guerre e di intolleranze epocali, le tracce di un popolo in fuga: profughi delle foreste e delle cime. Erano gli ultimi aborigeni delle valli, disadattati e ridotti a vivere in clandestinità da gruppi umani che progressivamente si andavano amalgamando con genti venute da fuori, oppure da situazioni climatiche peggiorate, che costringevano gli abitanti delle valli ad abbandonare i paesi in cerca di un futuro migliore. Erano già degli “extralegali” che si accompagnava a quanti, allora, abitavano la selva che copriva l’Europa quasi completamente, lasciando pochi spazi vuoti in cui c’erano città e villaggi, collegati da strade mal tenute, che attraversavano la frontiera costituita dalla linea degli alberi, il mondo selvatico in antitesi con quello civile. Per non parlare poi, di quella che molti studiosi chiamano “popolation flottante”, popolazione errante, invisibile, spesso clandestina, che si nascondeva fra le foreste e le grotte delle montagne. Oltre alle streghe e ai pagani, ai diavoli e ai briganti, agli eretici e ai contrabbandieri, ai disertori e all’ebreo errante (tutte figure ben presenti nella tradizione alpina), stiamo parlando dei folli, di persone comunque portatrici di un qualche disagio psichico, o di qualche disavventura, di gente bandita dalla comunità, lebbrosi, donne “perdute”, picari, mendicanti, “chierici erranti” e così via: quelli, insomma, che avevano una qualche ragione per far dimenticare la propria esistenza, e si davano alla macchia: erano loro che circolavano liberamente nel bosco, e di sicuro avranno acquisito un aspetto alquanto selvaggio, parlato un proprio gergo incomprensibile ai più, assunto i compor-

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tamenti tipici dei marginali odierni. Ed erano loro che si mescolavano, si incrociavano e, spesso, si confondevano, con l’Antico Popolo. D’altra parte, anche oggi, i profughi in terra straniera frequentano gli stessi posti, e si confondono, con emarginati e delinquenti di vario genere: basti pensare agli zingari. Ma esiste un rapporto fra stregoneria e paesaggio? Sembra proprio di sì. Come mai non ci sono streghe né spiriti che si aggirano fra le periferie metropolitane? Eppure gli sfondi possono essere tanto spaventosi quanto quelli dei precipizi alpini, e il senso dell’horror non fa difetto né alle discariche urbane né ai parcheggi sotterranei. Ma le presenze non ne vogliono sapere di insediarsi dove c’è troppa gente, forse perché corrono il rischio di essere disturbate.... o vai a sapere.... comunque chi vuole ancora incontrare “qualcosa” deve prendere la via delle vette, o rivolgersi ai castelli scozzesi. In effetti, fra le proposte che attirano di più i turisti esiste l’enorme patrimonio artistico e culturale, soprattutto in un continente come l’Europa, antropizzato e civilizzato da molti millenni. Il modello classico di vacanza, basato sulle “tre S”, Sun, Sand & Sex, sta perdendo di appeal anche a livello di massa. Chi investe parte del suo denaro in una vacanza, specie se deve prendere un aereo per raggiungere il luogo di soggiorno, non si accontenta più di “natura e paesaggio” sulle Alpi, o di “mare e discoteca” sulle coste, o di “gastronomia e tranquillità” nell’entroterra. Cerca qualche cosa di diverso, di particolare, che lo faccia sognare, che lo faccia “entrare” in maniera profonda nella cultura del paese che sta visitando, gli faccia fare esperienze strane e indimenticabili, colorate, da poter “fissare” con la macchina fotografica; piene di musica, da poter ascoltare e far ascoltare: scampoli di vita vissuta proprio da lui, di cui poi, al ritorno, potersi vantare con gli amici. Ecco quindi che sempre più spesso anche chi sceglie la vacanza in spiaggia non disdegna la visita alle città d’arte o ai siti archeologici più vicini e facilmente raggiungibili; o si lascia tentare da un concerto di musica an-

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tica, specie se viene ambientato in un luogo “d’atmosfera”; per non parlare poi di fiere e mercati di prodotti tipici e di antiquariato, considerati ormai delle attrattive turistiche di prim’ordine. Tutto questo, poi, senza contare il turismo d’arte vero e proprio, in costante aumento ogni anno, destagionalizzato, molto redditizio per il paese ospite perché generalmente è composto da persone disposte a spendere in beni di qualità e in servizi, meno distruttivo per l’ambiente (e quindi più “sostenibile”) perché non necessita di grande infrastrutture, in quanto il materiale da sfruttare, il patrimonio culturale, esiste già, ed ad essere fruito nei dovuti modi non solo non si deteriora, ma può anche accrescersi e migliorare. E se proporre obiettivi e attività impegnativi può in certi casi risultare elitario, l’enorme ricchezza della cultura popolare europea, invece, si presta ottimamente anche al connubio col turismo di massa, e può riuscire anche a far “partecipare” il turista alla vita della gente del luogo, e quindi ad affezionarlo ad una determinata località, e a farlo tornare l’anno seguente, rendendolo ciò che ogni operatore turistico sogna: un habituée. Noi, che ci abitiamo e ci lavoriamo, non siamo abituati a considerare le Alpi come possibile meta del turismo d’arte, perché le uniche risorse sfruttate fino ad ora sono quelle ambientali e sportive. Ciò è assolutamente errato e perfino autolesionista, in quanto la catena alpina è stato luogo di insediamento umano fin dalla preistoria, e, fino al Rinascimento, una delle zone economicamente e culturalmente più ricche d’Europa. Le testimonianze artistiche di quell’epoca sono molte e ben conservate, sia a livello di architettura signorile e religioso, sia per quanto riguarda l’architettura spontanea e popolare. Per non parlare del patrimonio culturale, fatto di feste e tradizioni, gastronomia e artigianato, paesaggi agrari, miti, leggende, musiche, costumi, minoranze etniche e linguistiche: cose a cui non è mai stato assegnato una quotazione di mercato, ma che, nell’immaginario turistico e identitario, sono un vero capitale non sfruttato. Che l’arco alpino


è stato capace di conservare attraverso i secoli. Il retaggio sciamanico, poi, lasciato dalla civiltà delle montagne e delle foreste, è ancora ben vivo nella tradizione, e, da quando la Chiesa ha allentato la morsa del controllo sociale e della denigrazione dell’antica religione animista, residenti e turisti hanno ricominciato ad identificare nelle streghe i genii loci per eccellenza, i simboli portafortuna, le protettrici della natura selvaggia ma anche delle case degli uomini: tanto che i pupazzi in forma di fattucchiera sono fra i suovenirs più venduti, e le sale in cui si parla di questo argomento sono sempre piene. Di ospiti, così come di abitanti della zona, ansiosi di sentirsi raccontare le “storie della propria storia”. Questo processo è stato favorito dalla presenza, sul territorio alpino, di testimonianze artistiche preistoriche di origine celtica, che rimandano direttamente alla cultura arcaica: dolmen, menhir, cromlech, di immediata individuazione e interpretazione da parte del grande pubblico. E poi dalla permanenza, sotto forma cristiana, di divinità e riti legati alla civiltà precedente: in questo caso, la comprensione non è così facile, ma va mediata attraverso una spiegazione dell’esperto, condotta in maniera da far partecipare turisti e residenti. Per creare il turismo a partire dalla cultura popolare, può essere decisivo lo sfruttamento, in termini turistici, della sfera dell’immaginario, di cui le nostre civiltà nascondono le vestigia sotto secoli di cristianizzazione. In tutta Europa, come anche in America e in molte altre parti del globo. l’Inquisizione e i missionari hanno egregiamente funzionato, ma hanno lasciato nella gente il rimpianto e la nostalgia per qualcosa che non hanno potuto né conoscere né scegliere; per una religione più vicina all’uomo; per divinità con cui si può dialogare; per esseri fantastici da evocare; per una morale più libera e meno repressiva; per una natura intatta. Si tratta di riscoprire forme di religiosità arcaica, che, però, spesso sono ancora vive e vegete travestite da cerimonie più ortodosse; metterle in rapporto col patrimonio artistico, tradi-

zionale, musicale; andare alla ricerca della memoria archetipa e in sostanza del genius loci di un posto; organizzare delle iniziative in cui il turista si senta parte di questo lavoro di ricerca, e delle manifestazioni che facciano rivivere l’antica spiritualità, il senso della festa, il retaggio arcaico che ci portiamo dietro senza saperlo. Il tema della magia, come espressione di cultura popolare, è affascinante e molto attraente per gli operatori del turismo: pensiamo alla Scozia e all’Irlanda, che organizzano i ghost tours (viaggi dei fantasmi), al lago di Loch Ness col suo celebre mostro, ai castelli altoatesini dove si fanno i week end alla scoperta dell’assassino senza testa, alla fortuna dei “paesi delle streghe” sui Pirenei spagnoli, ai raduni dei giochi di ruolo... C’è la possibilità, fra l’altro, di riunire le località “magiche” in circuito, in modo da poter confezionare un’offerta integrata, e da stringere contatti per iniziative culturali e turistiche comuni. Inoltre, quando si “vende” una località, si offre anche l’artigianato, la gastronomia, l’ambiente, le feste, le testimonianze storiche e architettoniche. La magia può essere il catalizzatore di tutta una serie di interessi, di possibilità di fare del turismo integrato nell’ambito di uno sviluppo sostenibile, recuperando la propria identità, il patrimonio storico, architettonico, ecologico, agricolo, e così via.

souls in Alpine lane Hidden dscapes.... magic toursim and evaluation of territory

Does a relationship between witchcraft and landscape exist? It seems yes. Among the proposals that attract more tourists there is an enormous cultural and artistic heritage, especially in a continent like Europe, civilized for many millennia. The classic model of vacation, based on the “three S”, Sun, Sand & Sex, is losing appeal. The magic and traditional heritage based on ancient Alpine culture could be a new idea for a new kind of tourism.

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Andar con le

ciaspole di Marco Valsesia

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iaspole, il termine utilizzato nelle Alpi orientali per definire gli attrezzi che, calzati, permettono di muoversi su terreni innevati, aprendo così un mondo nuovo a chi non appartiene a quella categoria (gli scialpinisti) che d'inverno si muove con sci e pelli. Ciaspole, dicevamo, è ormai diventato il termine comune per definire le “racchette da neve”, sino a pochi anni fa costituite da un semplice telaio in legno e corde intrecciate (una grossolana racchetta da tennis senza manico) per lo più

utilizzate da qualche raro appassionato o da operatori della montagna per muoversi in ambienti di lavoro. Quelle odierne nulla hanno a che vedere, sotto l'aspetto estetico, con i vecchi modelli ma, grazie alla tecnologia, svolgono ancora meglio le funzioni allora demandate a questi attrezzi, il galleggiamento sulla neve in primis. Quasi tutte in plastica e metallo, leggerissime, facili da calzare e spesso munite di ramponcini per affrontare eventuali pendii gelati. L'attrezzo ha subito un'evoluzione che lo


ha reso altamente affidabile e pratico, alla portata di tutti, ma non tutti ancora in grado di utilizzarlo in modo appropriato. E non mi riferisco alla parte tecnica, relativamente facile da apprendere ma alla conoscenza dell'ambiente che, grazie alle ciaspole, possiamo frequentare. Un percorso, anche molto semplice fatto in estate, può presentare caratteristiche e difficoltà completamente diverse con la neve, diventa fondamentale quindi, conoscere le dinamiche e le proprietà del manto nevoso, così come le regole base di comportamento in ambiente innevato non controllato. Basterebbe poco per frequentare la montagna con maggior sicurezza; seguire qualche semplice corso che sempre più spesso le sezioni del Club Alpino Italiano o le Guide Alpine organizzano, consultare i bollettini meteo e valanghe e, anche all'ultimo momento, ascoltare i consigli di chi da anni vive sul posto. A questo punto la ciaspolata, oltre che indimenticabile, diventa un'esperienza sicura (rinunciare oggi, nel dubbio, vuol dire andare comunque una prossima volta in condizioni ottimali e in tutta sicurezza). Con queste premesse si apre un mondo affascinante, innumerevoli percorsi immersi nella natura, e un sano movimento accompagnato da sensazioni primordiali di pace e tranquillità. Il tutto a costi contenuti: l'acquisto (intorno ai 100 euro se ne trovano di ottime) o il noleggio (circa 7 euro al giorno) delle ciaspole e la voglia di muoversi (costa solo un po' di sana fatica), sono l'indispensabile. Per chi volesse cimentarsi in tutta tranquillità su percorsi sicuri, troviamo in Val Formazza, a Riale e San Michele due

percorsi ad anello, esclusivamente per ciaspolatori, di circa 5 km l'uno. Ad una quota intorno ai 1700 mt. il primo, con panorami di ampio respiro tra la conca di Riale e i pendii della Cascata del Toce, più pianeggiante e più “intimo” il secondo (intorno ai 1200 mt di quota) nei boschi tra San Michele e Chiesa e lungo le sponde del fiume Toce. Curati da ATCF (Associazione Turismo Commercio Formazza) e dai gestori delle piste di fondo, entrambi i percorsi sono segnalati e battuti all'occorrenza ed il loro utilizzo è completamente gratuito. Per chi non le avesse, presso i centri del fondo è comunque possibile noleggiare le ciaspole e sia in valle che in quota, nelle immediate vicinanze, troviamo numerosi punti di ristoro. Per i più intraprendenti poi, itinerari classici, negli ultimi anni, sono diventati quelli che conducono ai rifugi Maria Luisa e Margaroli (per quest'ultimo è consigliato l'utilizzo della seggiovia del Sagersboden nel primo tratto) e mano a mano che si acquisisce esperienza tantissime sono le cime e i percorsi che la montagna fiabescamente innevata ci può offrire lungo tutto l'inverno durante il giorno o in una romantica notte di luna piena!

i nfo

Centro Fondo Formazza (San Michele) Tel. 0324 63223 Centro Fondo Riale Tel.329 1256379 Rifugio Margaroli Tel.0324 63155 Rifugio Maria Luisa Tel.0324 63086 Seggiovia Sagersboden-Formazzaski Tel. 348 0941964 Ufficio Turistico Formazza Tel. 0324 63059

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Il Pizzetto e Il Monte Alom di Adriano Migliorati

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ono trascorsi quasi 20 anni da quando abbiamo iniziato a calzare le ciaspole, girovagando nelle Valli Ossolane alla ricerca dei posti migliori. Eravamo delle mosche bianche, allora i frequentatori invernali della montagna erano quasi esclusivamente scialpinisti. Capitava spesso di condividere delle salite in loro compagnia che ci guardavano stupiti, osservando le nostre curiose calzature, era solo questione di tempo poi inevitabilmente scattava la loro do-

superato come numero di praticanti gli scialpinisti. Bisogna sottolineare che tra le due discipline non corre buon sangue in quanto i racchettari non sono visti di buon occhio da chi pratica scialpinismo a causa dei buchi creati dalle racchette nella traccia degli sci. Fortunatamente grazie alla grande capacità che possiede la montagna di unire le persone e non di dividerle è nata una sorta di buona convivenza. Nel tempo questi attrezzi hanno subi-

manda: Ma poi come fate a scendere? Scendiamo nello stesso modo di come siamo saliti semplicemente camminando: ciò suscitava la loro perplessità. In questi anni la musica è cambiata grazie alle racchette che hanno dato la possibilità di andare in montagna in inverno ad escursionisti che non utilizzano gli sci, si può dire che i ciaspolatori probabilmente hanno addirittura

to un’evoluzione radicale, inizialmente erano costruite in legno e corda la classica racchetta detta “a fagiolo” per la forma originale che ricorda il legume, si potevano utilizzare esclusivamente su terreni pianeggianti, ora non vengono più usate fanno solamente bella mostra appese nelle taverne. Poi i materiali plastici hanno preso il posto del legno garantendo leggerezza e una buona

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portanza in neve fresca grazie alle loro generose dimensioni. Oggi sono ulteriormente migliorati i materiali riducendo così le numerose rotture e le dimensioni garantendo un comodo utilizzo e con l’applicazione nella parte inferiore d’un rampone metallico che assicura una buona tenuta in condizioni di neve ghiacciata o indurita dal vento (neve ventata). Grazie a questi accorgimenti sono aumentate notevolmente le performance possibili con queste ciaspe: non è raro incontrare chi ne fa uso su itinerari scialpinistici impegnativi, come il Breithorn (3438 m) nella zona del Sempione oppure la Punta d’Arbola in Val Formazza (3235 m). Ora le racchette sono entrate di prepotenza anche nel mondo dell’agonismo, si organizzano infatti nell’arco alpino numerose competizioni che attirano una moltitudine di atleti e semplici amanti della montagna da tutt’Italia. Ne è un esempio “La Traccia Bianca” che si tiene nell’incantevole scenario dell’alpe Devero, un anello molto spettacolare di 8 Km che comprende l’attraversamento del lago ghiacciato di Codelago. un evento che richiama ogni anno tantissime persone, basta pensare che la prima edizione nel 2005 contava 540 concorrenti, mentre l’ultima nel 2010 ben 1280. certo numeri distanti dalla regina delle ciaspolate che si chiama appunto “La Ciaspolada” che si organizza in val di Non in Trentino con 6000 partecipanti, ma nel nostro piccolo possiamo sicuramente dire la nostra senza sfigurare. In Ossola le zone più adatte per ciaspolare sono l’Alpe Devero l’alta Val Formazza e la Val Bognanco. In questo numero vogliamo descrivere due escursioni che possono essere intraprese sia con le ciaspole che con gli sci, meno conosciute ma non per questo meno interessanti.

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Tipo itinerario: su dorsale quota di partenza (m): 800 quota della vetta (m): 1879 dislivello complessivo (m): 1079 difficoltà: MR (Medi racchettari) esposizione: Nord-Est località partenza: Frazione Fontane (Bannio) Valle Anzasca. cartografia: C.N.S. Mischabel n° 284 1: 50.000 / Monte Moro n° 1349 1: 25.000 Descrizione itinerario: Uscire dalla superstrada del Sempione a Piedimulera e proseguire per Macugnaga. A Pontegrande prima della strettoia deviare a sinistra per Bannio e raggiungerne la Frazione Fontane, parcheggiando negli spiazzi sulla strada. Iniziare la salita nel bosco seguendo la mulattiera che conduce alle baite della località Balmo, poi proseguire fino a sbucare in campo aperto sulle piste da sci abbandonate del Provaccio. Guadagnare quota su pendenze più sostenute toccando le baite dell’Alpe Loro, in questo punto inizia la percorrenza dell’ampia dorsale, quindi si rientra nel bosco fino a sbucare alla Rausa di Bannio. Affrontare ancora un’impennata che porta alla Rausa di San Carlo dove fa bella mostra di sè Villa Samonini, e proseguire su terreno pianeggiante (Campo Aostano) in direzione ovest nel bosco, sfiorando sulla destra un piccolo chalet in legno. ora salendo sulla sinistra si raggiunge la cresta che con alcuni saliscendi ci permette di arrivare alla cima del Pizzetto, bel panorama sul Monte Rosa. N.B. Itinerario molto sicuro in caso di pericolo valanghe, grazie alle modeste pendenze, percorribile anche dopo una abbondante nevicata.

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Tipo itinerario: su dorsale quota di partenza (m): 480 quota vetta (m): 2011 dislivello complessivo (m): 1531 difficoltà: BS (Bravi sciatori) esposizione prevalente: Sud-Ovest località di partenza: Frazione Ranco Masera (VB) cartografia: C.N.S. Valle Antigorio foglio 275 Descrizione itinerario: Uscire dalla superstrada del Sempione a Masera e salire in auto fino alla frazione Ranco, poco prima della sbarra, parcheggiare a destra nella piazzetta della chiesetta di san Rocco. Se le condizioni d’innevamento lo permettono calzare gli sci e avviarsi sulla strada, altrimenti a piedi imboccare il sentiero segnalato a sinistra che, attraversando il borgo permette di accorciare sbucando di nuovo sulla carrozzabile poco prima di Avonso (Onzo). Da qui sci ai piedi percorrere la strada battuta dalle motoslitte, fino all’alpe Pescia. Proseguire fino all’ultimo gruppo di baite in alto a sinistra ed entrare nel bosco nella stradina ben visibile, mantenendo la direzione dell’altura denominata “La Sella“ (nord/est) fino ad una radura, raggiunta l’ampia cresta deviare a sinistra spostandosi sul versante valle Vigezzo, poi con taglio orizzontale pianeggiante oltrepassare una cappelletta e prendere la dorsale. Tenendo il più possibile il filo di cresta, in qualche tratto eventualmente appoggiandosi sul versante sinistro (Valle Isorno / Fenecchio), toccare prima la Croce di Rovareccio e successivamente il Monte Alom, contrassegnato da un’altra croce di legno. N.B. Fare attenzione nella parte finale alla formazione di eventuali cornici, con relativi lastroni sul versante Valle Vigezzo.

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IL LIBRO di Claudio Zella Geddo

Ciaspole in Valdossola 132 pagine, 40 splendide fotografie, esaurienti cartine, 38 itinerari questi sono gli ingredienti di successo dell’ultima guida di Paolo Crosa Lenz e Giulio Frangioni Ciaspole in Valdossola edita nella primavera 2010 per i tipi di Grossi Edizioni Domodossola. Il volume è un ulteriore prezioso tassello di quella precisa e accattivante opera di valorizzazione e descrizione che i due autori, nel corso degli anni, hanno dedicato alle mille bellezze della Valdossola. Mancava appunto una guida che descrivesse, illustrasse le possibili escursioni invernali praticabili con le racchette da neve (o ciaspole) ai piedi. Attività sportiva, veramente per tutti, che sta ottenendo un sempre più grande riscontro fra chi ama gli incantati paesaggi alpini e questo modo del tutto silenzioso per gustare, anche nella stagione meno favorevole, la natura. Preceduta da utili pagine dedicate alla nivologia ed alle necessarie precauzioni da prendere per evitare le valanghe, la guida offre all’appassionato molteplici possibilità di divertimento graduate secondo livelli di difficoltà. Dalle alture da cui si può ammirare il Lago Maggiore (Monte Faiè ), al limitare della Val Grande (Alpe Scaredi), ai laghi alpini che durante la stagione bianca riposano (Lago d’Andromia), agli antichi villaggi walser (Salecchio), al Grande Nord dell’alta Val Formazza.

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Insostituibile dunque nello zaino questa guida è un vero e proprio vademecum per trascorrere momenti indimenticabili nella magica atmosfera delle terre alte che, ammantate di bianco, ancor più suscitano emozione e desiderio di percorrerle tra la memoria di antichi insediamenti e il più nascosto profilo dell’ambiente naturale.

Paolo Crosa Lenz Giulio Frangioni Ciaspole in Valdossola, Edizioni Grossi - 2010, Euro 20,00 www.grossiedizioni.it


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Alpe Genuina 1711m

Estratto da Ciaspole in Valdossola di Paolo Crosa Lenz e Giulio Frangioni Edizione Grossi

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Itinerario Luogo di partenza: Viceno - Foppiano 1200 m Dislivello: 511 m Tempo di salita: ore 2,30 Difficoltà: Escursionistico Una tipica gita di pieno inverno, quando si può partire tardi, la meta è libera e la neve rimane sempre in buone condizioni. L’itinerario si svolge interamente, anche sulla dorsale, nella grande foresta che copre i versanti montuosi della “riviera antigoriana” sopra Crodo. Nella parte bassa si cammina nella faggeta con betulle che stanno accerchiando gli alpeggi; nella parte alta nel bosco misto di conifere con abeti rossi e larici. La dorsale della Colmine di Crevola separa la Valle Antigorio ad est dalla Val Divedro ad ovest. Dal Passo della Colmine il cammino per raggiungere l’alpe Genuina, in equilibrio tra le due valli, avviene per dossi ondulati e vasti pianori boscati dove ognuno può liberamente tracciare il proprio percorso e dove è interessante leggere le trasformazioni della neve nel bosco. L’ampia radura dell’alpe Genuina è un modello d’insediamento rurale in montagna e d’adattamento all’ambiente: le baite di pietra, i muri di recinzione a separare i poderi, i pozzi scavati per raccogliere e conservare la pioggia perché sulla dorsale non vi sono sorgenti. Tutto è armonioso nel silenzio dell’inverno. A Genuina la tradizione popolare racconta che vivesse un bellissimo drago dalla pelle variopinta e dalle ali azzurre, ma fu scacciato dagli uomini che lo volevano come ambito trofeo di caccia.

te provvista di traccia ben battuta, si entra pianeggiando nel bosco e, guadagnando dolcemente quota a destra, si raggiunge l’alpe Camplero con belle baite ammodernate e ampi pendii. Sopra le baite si sale in diagonale verso sinistra per raggiungere i rustici dell’alpe Cavoraga per poi uscire ancora a sinistra lungo un’ampia pista che guadagna rapidamente quota nel bosco e porta alla sella del Passo della Colmine. Dal valico (cartelli segnaletici) si prosegue a sinistra in direzione sud e per dolci pianori fra gli alberi si guadagnano 100 m di dislivello, per raggiungere l’alpe Genuina, camminando liberamente lungo l’ampia dorsale. Note Sentiero G7. Punto di appoggio: albergo Pizzo del Frate (Tel. 0324 61233). Dal Passo della Colmine a Genuina il percorso è segnalato con bolli arancioni sugli alberi e su rocce; sono da seguire con attenzione, diversamente si corre il rischio di perdersi. Con buone condizioni d’innevamento e traccia presente, si può tornare al luogo di partenza lungo un itinerario ad anello. Da Genuina si scende velocemente al grande alpe di Cheggio e quindi dalla Cappella con lunga diagonale si raggiunge Flecchio. Qui si risale a Camplero e all’itinerario di andata.

Da Crodo si sale a Mozzio e quindi a Viceno; su strada asfaltata mantenuta percorribile durante l’inverno si raggiunge l’alpe Foppiano. Di fronte all’albergo “Pizzo del Frate” si lascia l’auto e, ciaspole ai piedi, si percorrono a sinistra i vasti pianori innevati. Lungo una strada consortile, solitamen-

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da Coipo a Giovera... di Adriano Migliorati

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Itinerario Tipo itinerario: pendii ampi Quota di partenza (m): 750 Quota della vetta (m): 1630 Dislivello complessivo (m): 880 Difficoltà: MR (Medi racchettari) Esposizione: Sud Sviluppo: 14 Km a/r Località partenza: Frazione Altoggio di Montecrestese Cartografia: C.N.S. Valle Antigorio n° 275 1:50.000 Note Bella zona panoramica sulla piana ossolana, con esposizione sud. Da sfruttare dopo una nevicata in quanto estremamente sicura. Ottima per racchette. Descrizione itinerario Uscire dalla superstrada del Sempione a Montecrestese e raggiungere la frazione più alta (Altoggio). All'inizio del paese girare a sinistra e percorrere la strada poderale Valle Agarina fino al primo tornante, dove generalmente termina la pulitura della strada oppure entrare nella frazione e poco prima della piazza svoltare a dx, proseguendo fino alla chiesa, possibilità di parcheggio. Il sentiero a fianco dell'ultima casa da inizio alla salita della dorsale, poco dopo si incrocia la strada poc'anzi citata. Alla prima deviazione seguire l'indicazione Coipo, sfruttando l'arteria solitamente battuta dal gatto e da qualche sporadica motoslitta, fino alla Madonna di San Luca. (Dove è possibile tagliare nel rado bosco, seguendo il sentiero estivo segnavia bianco/rosso sugli alberi). Proseguendo in campo aperto su dolce pendio, si toccano

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le località Ul Puzz (Il pozzo), Cascine Bertolini e successivamente Coipo 1400m. Rimanendo su percorso obbligato, mantenendo il versante destro Valle Isorno, si ragggiunge Giovera di sotto e a breve distanza Giovera di sopra, contrassegnato da un grande prato immerso nella faggeta con una manciata di baite.


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LA TRIDIMENSIONALITà DEGLI ALIMENTI

a cura di Pizzico Da Chef

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SCEGLIERE GLI INGREDIENTI SECONDO LA QUALITà

cco finalmente una nuova rubrica di carattere enogastronomico, che non pretende di insegnare nulla a nessuno. Invece di darvi ricette, che poi ognuno prepara a modo suo, o è costretto ad adattare ai propri gusti personali, approfittiamo dello spazio su Ossola.it, per darvi importantissime e decisive informazioni riguardo il vero grande segreto di tutti i cuochi: la scelta degli ingredienti. Si! Perché sono gli ingredienti giusti al posto giusto che fanno la differenza tra un cuoco e l’altro. Gli chef più esperti lo sanno benissimo, ma non lo dicono a nessuno: la buona cucina è soprattutto quella fatta con ingredienti di altissima qualità. Se l’ingrediente è assolutamente buono, il cuoco, attraverso l’utilizzo delle tecniche di cottura (ovvero di trasformazione chimico fisica dell’alimento organico) può solo penalizzarne le caratteristiche originarie. L’ingrediente perfetto fa grandi i cuochi, (oltre ovviamente alla per-

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fetta padronanza delle tecniche di preparazione e cottura. Ma questo è un altro discorso). Ma quando un alimento è buono? Quando soddisfa livelli di qualità assoluta sia in senso orizzontale sia in senso verticale. Cosa significa? Quando vogliamo cucinare un crostaceo come i gamberi, prima di tutto valuteremo in senso orizzontale quale gambero utilizzare: a) quelli dell’Oceano Indiano, b) Oceano Atlantico, c) Mar Mediterraneo? Imparare a valutare la qualità orizzontale, richiede solo una forte dose di esperienza. E’ solo provando tutte le qualità presenti sul mercato, che il cuoco è in grado di decidere e scegliere la varietà migliore. La globalizzazione, di fatto ha reso difficilissimo questo compito di selezione orizzontale, perché ha riversato sulle nostre tavole, una quantità enorme di prodotti, provenienti da ogni parte dell’universo, in ogni giorno dell’anno, obbligandoci a provarli e sperimentarli uno ad uno, prima di definire quel-


lo adatto al nostro uso. Pensate che per ogni singolo alimento esistono in commercio, centinaia di varietà. E’ cosi per le patate i peperoni e l’insalata, ma anche per le carni di manzo, vitello, coniglio, pollo tacchino, e ancora per i condimenti come il burro, l’olio e via discorrendo. Alcune di queste varietà si sono (più o meno giustamente) meritate fama e successo sul mercato globale, ma moltissime altre restano ancora assolutamente sconosciute al grande pubblico. Dopo avere individuato il miglior ingrediente in senso orizzontale, allora vi toccherà essere in grado di riconoscere la qualità verticale. La qualità verticale è relativamente più semplice da riconoscere rispetto alla qualità orizzontale. E’ data principalmente dal rispetto delle qualità organolettiche originarie del prodotto alimentare. Anche qui però le variabili sono infini-

te, e ogni alimento ha le proprie. Pensate alla nocciola del Piemonte: è senza dubbio un prodotto di qualità orizzontale eccellente, e allora lo utilizziamo con fiducia per le nostre creazioni gastronomiche, preferendola, ad altri tipi di nocciole, di provenienza estera. Adesso immaginate la stessa nocciola, mal trattata dal punto di vista di raccolto, e lavorazione, confezionamento, stoccaggio, ecc. Ecco, quello che vi viene consegnato è una nocciola piemonte i.g.p. di pessima qualità verticale. Avete capito? La qualità è difficile da valutare perché ha una dimensione tridimensionale. Ecco lo scopo di questa nuova rubrica: VALORIZZARE gli alimenti prodotti nella nostra provincia, analizzandone gli aspetti tridimensionali. Nel prossimo numero parleremo di Miele. Chi volesse segnalarci ingredienti da trattare, può farlo al nostro indirizzo gastrofilosofia@ossola.it

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L’angolo del gusto a cura del Ristorante Lago delle Rose

Ravioli di brasato al burro nero Ingredienti Ravioli di Brasato - burro - spicchio d’aglio - rosmarino - formaggio grana PREPARAZIONE Mettere a bollire i ravioli. Nel frattempo fate scaldare il burro in una pentola fino a farlo diventare nero, questa è la parte più delicata, prestate attenzione al burro, da nocciola diventerà piu scuro. In questa fase aggiungete lo spicchio d’aglio schiacciato e il rosmarino, continuate la cottura osservando sempre il colore del burro che via via diventerà nero sul fondo, questo è il momento in cui togliere la padella dal fuoco. Nel frattempo i ravioli in bollitura, una volta saliti in superfice verranno scolati e sistemati su un piatto piano cosparsi di formaggio grana grattuggiato, fine e a scagliette. Bene tutto è pronto, con un mestolo cospargete di burro i ravioli che produrranno una schiuma superficiale. Il piatto e’ pronto e da servire immediatamente. A questo piatto lo chef ci consiglia in abbinamento un vino bianco tutto ossolano il Dicrodo. Questo vino bianco sarà gradevole poichè detergerà il palato dal grasso del burro, ed è un ottimo vino. Note Le pentole di ferro di una volta sono perfette per questa preparazione, qui abbiamo usato una pentola di alluminio.

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Ristorante

Lago delle Rose SpecialitĂ ossolane e di pesce Ampia sala ristorante per cerimonie Pesca sportiva

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Borghi da scoprire

Oira di Crevoladossola di Cecilia Marone

Località Canova O ira è uno di quei piccoli gioielli architettonici ossolani. Le tracce documentarie, nella tipologia architettonica unica, risalgono almeno al 1100, quando la “via Francisca”, strada di collegamento fra Italia, Svizzera e Francia portava pellegrini, viandanti e commerci e soldati tra le nostre montagne. La località Canova, che è chiamata anche Villa di sotto, fu un possedimento della famiglia nobiliare dei Da Rodis, a lungo feudatari della valle Antigorio. Oggi il piccolo centro conserva nella decina

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di case che lo compongono un’architettura che, grazie a un importante restauro conservativo, è preso come modello costruttivo, consolidando l’interesse a livello internazionale.


A

SSOCIAZIONE CANOVA

Fondata nel 2001, l’Associazione Canova, gruppo senza scopo di lucro mutua il proprio nome dalla bella località in cui ha sede, nel comune di Crevoladossola. Lo scopo dell’Associazione “è il recupero e la valorizzazione dell’architettura rurale in pietra; accanto a questo trovano spazio la promozione di attività artistiche quali ad esempio: concerti, mostre ed esposizioni”. L’Associazione crea e promuove il recupero mirato delle abitazioni rurali

che, mai come oggi, devono essere protette e conservate, senza dimenticare la loro funzione primaria: essere case tecnologicamente efficienti, in grado di soddisfare, con la magia del fascino che emanano, le esigenze della domotica integrata. Per ogni informazione è utile consultare il sito dell’associazione www.canovacanova.com dal quale si possono eventualmente ricavare indirizzo mail e notizie utili ad un primo approccio con i soci e i loro intenti.

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CASE d’OSSOLA di Cecilia Marone

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Canova la casa dell'arte

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U

na costruzione disposta su due piani, risalente al 1600 come riporta la data sul camino che la sormonta, racconta quattro secoli di storia tanto che anticamente l’attuale taverna era adibita a scuderia per il cambio dei cavalli che percorrevano la via del Gries, nodo di comunicazione commerciale tra Milano e Berna, percorso da viandanti, viaggiatori, eserciti, pellegrini venditori e

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compratori. Una casa in cui i proprietari Anna e Paolo hanno messo passione cuore, impegno e devozione che traspaiono in ogni angolo, in ogni oggetto sistemato in una nicchia temporale che lo colloca, come se non potesse avere altra vita fuori da quelle possenti pietre, in una specie di viva esposizione artistica. La distribuzione interna degli ambienti della casa ricalca fedel-


mente la tipologia spaziale delle case rurali: taverna e cantine al piano terra, sopraelevazione della cucina, del salotto e della sala da bagno, ricavata ovviamente in un secondo momento da un’intercapedine; stanze da letto e sala biblioteca-studio al piano superiore, con mansarda e tor-

più possibile la struttura originale, come il grande camino che troneggia nella sala, accompagnando il vissuto con soluzioni amate dalla famiglia. La scala di collegamento fra i due piani ad esempio è una scultura contemporanea, rivestita con cangianti formelle provenienti

retta dalla quale recentemente è stata ricavata la camera da letto padronale. Il restauro è stato coscienzioso, affinché gli spazi vitali accogliessero i proprietari con le necessarie innovazioni tecnologiche della vita contemporanea fusa alla peculiarità dell’ambiente che già vi era. Si è deciso quindi di mantenere il

dall’Isola di Murano; le pareti della zona cottura e della sala da bagno sono state rivestite con ceramiche Kamares, la cui produzione e vendita è affidata ai proprietari stessi. Ampio spazio è stato dato anche a materiali ossolani antichi, recuperati e reinseriti nella ristrutturazione: da un palazzo storico domese sono stati ricavati alcune travi e il

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pavimento, insieme ad alcune pietre proviene da una baita situata in valle Antigorio. E’ nell’arredo degli ambienti che la passione di Anna e Paolo traspare: lui ha disegnato il tavolo del salotto, studiato la disposizione della zona cottura, seguito le

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fasi lavorative e dipinto i quadri che ingentiliscono le pareti. Anna con grazia femminile e una forte creatività, ha realizzato vasi e sculture e si è occupata di ogni minimo dettaglio, insieme hanno reso la casa un piccolo gioiello tutto ossolano.


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PAGINE FRAGILI

di Rosella Favino

Viaggio di una signora intorno al Monte Rosa E

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ra il 1859: Quintino Sella non aveva ancora salito il Monviso e il Club Alpino Italiano non esisteva; l’Italia, del resto, come Stato nazionale era un’ambizione non ancora realizzata dei reali Piemontesi e le Alpi erano meta di viaggi avventurosi che venivano poi raccontati nei salotti del nord Europa. La parola turismo stessa si stava affermando per descrivere un modo di viaggiare fatto di esplorazione, contatto con la natura, sfida con se stessi. In quell’anno l’editore Longman pubblicava a Londra le memorie di tre intensi viaggi svolti intorno al Monte Rosa tra il 1850 e il 1858 da una coppia inglese, il giudice Henry W. Cole con la moglie Eliza Robinson Cole. Il racconto si rivolge a quanti, donne specialmente, vorranno seguire l’esempio dell’autrice nel visitare le valli che contornano il massiccio del Monte Rosa, montagna definita Regina delle Alpi, la cui bellezza indusse l’autrice a prefigurare un futuro sviluppo turistico con locande e rifugi anche in luoghi impervi all’epoca inimmaginabili. Per tre volte, alla fine dell’estate, a cavallo tra agosto e settembre, Lady Cole insieme al marito, un figlio e alcuni amici si avventurò nelle valli intorno al Monte Rosa, visitando Gressoney, Aosta e Cogne, Zermatt e la Valle del Rodano, il Sempione e Domodossola, attraverso

la Val Divedro, poi Macugnaga per ben due volte, e ancora Alagna, Varallo... Instancabile, entusiasta della natura e del paesaggio, pronta ad assorbire ogni emozione, Lady Cole viaggiava a piedi, a dorso di mulo o a cavallo, su carrozze e carretti affidandosi alla gente del luogo, in un mondo alpino povero ancora di strutture turistiche. Cosa portava con sé questa intrepida turista d’altri tempi? Ce lo racconta lei stessa …


“Qualche parola sull’abbigliamento non è fuori luogo nel resoconto del viaggio di una signora, che potrebbe indurre altre a fare lo stesso. Le signore che visitano i passi alpini non dovrebbero portare con sé altro che l’indispensabile […] Certamente ogni signora impegnata in un viaggio nelle Alpi dovrà indossare un cappello a tesa larga, che la solleverà dall’impaccio di un parasole. Dovrebbe avere anche un abito di lana leggera, come la vigogna o l’alpaca che, in caso di cattivo tempo, non abbia l’aspetto trasandato una volta inzuppato e asciugato. Piccoli anelli dovrebbero essere inseriti nelle cuciture dell’abito, con un cordino passato attraverso, le estremità del quale dovranno essere annodate insieme in modo che l’intero abito possa essere sollevato all’altezza richiesta con poco preavviso. Se l’abito è troppo lungo, si impiccia nelle pietre, specialmente in discesa, e le fa rotolare verso valle. […] Un abito da signora è scomodo per viaggiare in montagna, anche prestando la massima attenzione, perciò dovrà essere adottato ogni sistema per renderlo meno d’impaccio. Anche una gonna da cavallerizza, senza il corpetto, che possa essere messa e tolta rapidamente, è di valore incalcolabile: dovrebbe essere fatta di stoffa impermeabile leggera, lunga abbastanza per coprire i piedi cavalcando. Questo accorgimento evita di sporcare l’abito e in caso di cattivo tempo aiuta a mantenersi asciutti. Saranno utili anche un plaid scozzese o due, che possono fare da scialle, coperte o anche da lenzuola, secondo le esigenze e le circostanze, e una cappa impermeabile con cappuccio. Ma una delle cose più importanti di tutte è un paio di comodi e forti scarpe, dalla pianta larga e con una buona suola, in cui andranno messi alcuni chiodi, più piccoli ma dello stesso di tipo di quelli usati per gli scarponi maschili da caccia; e sebbene, prima della partenza, si considerino con orrore tali pesanti calzature, ho riscontrato con l’esperienza

“A few words about dress may not be out of place in the account of a Lady’s Tour, which may perhaps induce others to make the same journey. Ladies who visit the Alpine passes should take nothing with them which can possibly be dispensed with […]. Of course every Lady engaged on an Alpine journey will wear a broad-brimmed hat, which will relieve her from the incumbrance of a parasol. She should also have a dress of some light woollen material, such as carmelite or alpaca, which, in case of bad weather, does not look utterly forlorn when it has once been wetted and dried. Small rings should be sewn inside the seams of the dress, and a cord passed through them, the ends of which should be knotted together in such a way that the whole dress may be drawn up at a moment’s notice to the requisite height. If the dress is too long, it catches the stones, especially when coming down hill, and sends them rolling on those below. […] A lady’s dress is inconvenient for mountain travelling, even under the most careful management, and therefore every device which may render it less so should be adopted. A riding skirt, without a body, which can be slipped on and off in a moment, is also invaluable: it should be made of light waterproof cloth, only just long enough to cover the feet when riding. This prevents the dress from being soiled, and in case of bad weather also serves to keep one dry. A Scotch plaid or two, which may serve as shawls, blankets or even sheets, according to the exigency or circumstances, and a macintosh cape with hood, will be found most useful. But one of the most important things of all is to have a pair of easilyfitting strong, treble-soled, broad-footed boots, in which some hob-nails should be put - smaller but of the same kind of those used for gentlemen’s shooting boots; and although, before leaving home, one looks with perfect horror at such heavy boots, I have found from experience that they save

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che esse salvano i piedi dalle ammaccature nella discesa su sentieri petrosi, e che in qualche giorno, dopo avere sperimentato la loro protezione, si impara a considerarli con grande compiacimento e gratitudine. I cosiddetti “tacchi militari” sono pericolosi e devono essere evitati; ma il tacco deve essere sufficientemente elevato per evitare che la suola sia troppo liscia e piana. Se le suole sono spesse abbastanza da permettere il montaggio di chiodi da ghiaccio di Lund, in caso di necessità, l’attraversamento di un ghiacciaio avverrà con un maggiore senso di sicurezza. La semplice sensazione di avere i piedi protetti dà confidenza e davvero aiuta a prevenire le scivolate. Il viaggiatore dovrebbe anche possedere una piccola borsa impermeabile, grande abbastanza per contenere l’indispensabile “Manuale” di Murray, alcune buone mappe, un piccoli binocolo, alcuni lacci di riserva e veli per attraversare i nevai. E’ sempre prudente tenere in questa borsa una borraccia, un panino, biscotti o qualcosa da mangiare, da prendere facilmente all’occorrenza, senza dover spacchettare le provviste portate per il pranzo. Questa borsa dovrebbe avere anche un laccio col quale fissarla alla sella o per portarla a mano, e dovrebbe essere dotata di una chiusura. Una grande difficoltà che si incontra viaggiando sul versante Italiano è trovare selle per signora; generalmente non si trovano nemmeno cavalli, di solito solo un mulo e a volte nulla più di un asino, e nessuna sella per signora per alcuno di essi. […]”

the feet from bruises in coming down stony paths, and that in a few days , after having felt the protection they afford, one learns to regard them with great complacence and gratitude. What are called “military heels” would be dangerous, and must be avoided; but the heel should be just sufficiently raised to prevent the sole being too smooth and level. If the soles are thick enough to admit of having Lund’s glacier nails screwed into them, when necessary, great additional security will be felt in walking over a glacier. The mere feeling of surefootedness gives confidence, and actually saves one from slipping. The traveler should also have a small waterproof bag, large enough to contain Murray’s indispensable “Handbook”, some good maps, a small opera-glass, a few spare straps, and veils for crossing the snow. It is always prudent to keep in this bag a flask, with a roll, biscuit or some trifling thing to eat, and to which one can get access at the moment it is required, without the trouble of unpacking the provisions carried for lunch. This bag should have a strap round it, by which it may be fastened to the saddle or carried in the hand, and should be provided with a lock. One great difficulty in travelling on the Italian side is to find sidesaddles for ladies; indeed, as a general rule, no horse can be obtained, usually only a mule, and sometimes nothing but a donkey, and no sidesaddle for either. […]”

Il viaggio iniziava a casa, con l’ascolto e la lettura dei resoconti di altri viaggiatori e nei circoli dell’alta società inglese, dove l’appartenenza all’Alpine Club era un segno distintivo di coraggio, capacità tecnica, vera esperienza alpinistica. Il giudice Cole ne era membro ma restò negli annali soprattutto per la sua capacità di scovare le parti poco note delle Alpi; d’altro can-

to, i suoi viaggi erano mossi non tanto dall’ambizione per le alte vette o dallo spirito di ricerca scientifica quanto dall’indole dell’esploratore, e la compagnia della moglie era in questo fondamentale. Lady Cole portava con sé libri su fiori e animali delle Alpi, mappe e una carta geologica, e raccomandava “di ridurre con coraggio e fermezza la libreria di viaggio entro limiti ra-


gionevoli.” Ella confrontava costantemente le autorevoli descrizioni di chi l’aveva preceduta nel tour con la realtà del suo viaggio, meticolosamente pesando la qualità dell’ospitalità e la durata dei trasferimenti, la bellezza del paesaggio e il carattere dei personaggi incontrati nel cammino. Fondamentale nel viaggio inglese era infine il ritorno a casa, tour è letteralmente a journey out and home again, perché il viaggio a questo serviva: dare luce, brio e nuova ricchezza alla propria vita di sempre. A Lady’s Tour round Monte Rosa, with visits to the Italian Valleys of Anzasca, Mastalone, Camasco, Sesia, Lys, Challant, Aosta, and Cogne, London: Longman, Brown, Green, Longmans, and Roberts, 1859. E. Robinson Cole, Viaggio di una signora intorno al Monte Rosa, Art Point Libreria Antiquaria, Courmayeur, 2008.

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di Uberto Gandolfi

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elebritĂ , cortigiani, sceicchi, politici, grossi industriali, agenti di spionaggio, ricchi borghesi. Sino alla metĂ del secolo scorso furono centinaia le personalitĂ che attraversarono il tunnel ferroviario del Sempione a bordo degli sfarzosi vagoni del primo treno di gran classe della storia, il cui nome, ancor oggi, rievoca atmosfere da "Belle epoque" con carrozze finemente arredate con ottoni ed i legni pregiati, e camerieri in livrea che servono ai tavoli flut di champagne e tartine di caviale. L'Orient Expres, il treno piĂš famoso del mondo, inaugurato nel 1919 per la rotta che da Parigi giungeva a Istanbul, attraversando la galleria transalpina del Sempione (aperta nel 1906) e passando per Milano, Venezia, Trieste e Belgrado, fu anche lo scenario perfetto dove ambientare romanzi, spesso intricati gialli, come il celebre "Assassinio sull'Orient Express" di Agatha Christie, ma anche storie di spionaggio, come la prima scritta da Ian Fleming, era il 1957, che

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aveva come protagonista l'agente segreto più famoso della storia, ovvero Jemes Bond. L'agente 007 al servizio di Sua Maestà Britannica, nel romanzo "From Russia with love", vive infatti una movimentata avventura proprio attraversando il tunnel del Sempione. Purtroppo nella riproposizione cinematografica del romanzo, il film "Dalla Russia con amore" interpretato nei primi anni '60 da Sean Connery, l'azione viene spostata in Jugoslavia, per dar modo di chiudere la vicenda a Venezia, dove 007 accompagnerà l'immancabile avvenente pupa in una romantica gita su una gondola. Ben diverso quanto raccontato da Ian Fleming nel suo romanzo: "Il treno cominciò a perdere velocità. Domodossola. La frontiera italiana- così nel libro edito da Garzanti nel 1965- E la dogana? Ma Bond si ricordò che per i passeggeri in transito non era prevista alcuna formalità prima di arrivare a Vallorbe. (il confine tra Svizzera e Francia ndr.) Non c'era altro suono se non il continuo rimbombo del treno che attraversava il Sempione, il tintinnio del bicchiere e lo scricchiolio del rivestimento di legno". Ed ancora "Il galoppo fragoroso del treno risuonò poco a poco più vuoto. Con un rimbombante ruggito finale. L'Orient Express sfrecciò fuori, sotto la luce della luna, e rallentò la velocità. Bond si alzò pigramente e scostò la tendina. Vide dei depositi e dei binari morti. Dei fasci di luce splendevano sui vagoni merci in attesa. Buone, potenti luci. Le luci della Svizzera. Il treno si fermò lentamente". La storia fu poi trasportata in fumetti e pubblicata per le Edizioni Camillo Conti di Roma, i disegni di John Mc Lusky ritraggono l'Orien Express che sfreccia dentro e fuori la galleria del Sempione, ma senza mai nominare Domodossola. Una citazione più recente del Sempione in un fumetto si ritrova nel 1976 per la Collana Metal Hurlant, Serie Nera, delle Edizioni

Nuova Frontiera, dove il protagonista Stephane Clement fugge dalla Francia e giunge in Italia, prima pensando di farlo a bordo della corriera Gstein- GabiDomodossola, ma poi passando a piedi per la vecchia via dei contrabbandieri, sopra il Monscera, giungendo infine a San Lorenzo. A Domodossola recupererà del denaro e salirà sul treno, ovviamente l'Orient Express, diretto ad Istanbul.

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di Davide Iardella

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egli ultimi anni le tavole da snowboard hanno subito delle variazioni, non tanto nella costruzione, che in linea di massima si è standardizzata, anche se comunque le ditte principali propongongo sul mercato dei modelli ad alto costo costruiti con materiali all’avanguardia. I cambiamenti principali si focalizzano invece sul profilo laterale, quindi sullo snowboard visto di taglio. Dopo l’immissione sul mercato di alcune tavole diverse dallo standard, ora ogni marca propone la sua idea, facendo credere che la sua forma e il piccolo particolare che ha introdotto, o più che altro leggermente modificato per questioni di copyright, ti faccia andare da paura o tirare dei trick impensabili fino a quel momento. Beh, non è del tutto così: in realtà è solo per vendere di più ed è normale che sia così. Anche se un discorso a parte va fatto per le nuove freestyle con camber inverso che vanno davvero bene. Ora spiego il mio parere sulle quattro forme base a cui poi le ditte apTRADITIONAL CAMBER portano piccoli cambiamenti. A - camber classico o convex camber: reattività, precisione in conduzione, spinta uscita di curva, stabilità in atterraggio e in transizione sia in pipe che in kiker. In fresca tende leggerConvex rise from contact points mente ad affondare. Maggiore difficoltà o sforzo nel cambio lamina. B - camber piatto, definito ZERO CAMBER flat camber: consigliata per rail. Trovo comunque che non sia una grande scoperta, una volta le tavole che perdevano il ponte venivano scartate a malincuore perché comunque dovevi spendere per fartene una nuova, quindi perché comBANANA CAMBER prarle piatte nel 2010? C - camber inverso o concave camber o bananata: Buon compromesso nel jibbing. Gal-

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leggia in neve fresca, adatta per imparare perchè dà meno possibilità di agganciare di lamina, risulta più facile nel jibbing. Assorbe il cambiamento del terreno. Instabile a forte velocità e in atterraggio. D - camber ibido: è un mix Combination of camber in cui al centro è per una piccola porzione concave e sulle estremità invece convex: difficile da giudicaconvex camber convex camber re, la prima ed unica cosa che mi viene in mente è che, essendo così incasinata, potrebbe essere buona per piste con condizioni variabili di terreno, ma pecca di brutto nei rail perconcave camber ché sicuro sbilancia.

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Negli anni ottanta fino al novanta le tavole avevano comunque già una forma un po’ bananata, in seguito però vennero eliminate per vent’anni, fino a tornare alla ribalta negli ultimi tempi. Con il loro ritorno la mente inizia a macinare possibilità di nuove sensazioni in neve fresca. Nel mio laboratorio, ho creduto che le nuove tavole bananate potessero dare buone fedd in fresca e quindi al volo a realizzare dei prototipi cercando di tirar fuori delle tavole simili ad una marca che spacca. Il fatto è che non sono stato soddisfatto delle loro idee e di come si comportavano le tavole in certe situazioni o condizioni di neve non buona e, dato che non viviamo in Alaska, dovevo fare assolutamente qualcosa di meglio. Non abbandono il progetto e continuo a pensare a un’innovazione che rimedi a dei difetti evidenti. In seggiovia con un mio amico mi viene l’idea di introdurre un concetto costruttivo dei nuovi sci da fresca. Il mix, pochi giorni dopo, è pronto su un nuovo prototipo e viene provato dando qualche risultato migliore. Ma non va ancora bene, non

riesco ad essere veloce come vorrei e sento il tutto troppo ingombrante. Dopo vari tentativi di misure ecco che esce dalla mia pressa una tavola nuova che non è mai stata realizzata da nessuna marca, una forma unica ...contento, la uso giù duro in ogni condizione per cercare di capire il più possibile. Footjob, questo è il suo nome, è una tavola sbananata, da neve fresca, che fa venire i brividi per facilità e leggerezza nel riding, sensazioni di totale controllo e libertà inarrivabile nella distribuzione dei pesi. Snowbordando con un passo centrale e largo si provano cose mai provate prima in powder. Ora, dopo un anno di utilizzo forsennato, per la nuova stagione footjob è stata allungata qualche cm nel nose dando una nuova punta veramente tosta e un tail mai visto prima su uno snowboards. Diminuendo lo sbananamento per raggiungere velocità maggiori ho introdotto anche un nuovo legno più spesso del precedente per darle maggior concretezza in velocità e annullare ogni vibrazione. Giù duro!

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di Giulio Frangioni

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L

a vita di un cristallo di neve inizia nell’atmosfera dove il vapore acqueo, quindi l’umidità dell’aria, per ragioni fisiche assai complesse rimane allo stato liquido anche in presenza di valori negativi che possono arrivare anche -30°, e oltre. Basta però la collisione con una particella di pulviscolo che immediatamente l’acqua ghiaccia, dando vita al cristallo che può avere svariate forme; in presenza di basse temperature solitamente è ramificata a 6 punte, ma presenta anche strutture ad ago, a colonna o miste. Il cristallo aggregandosi ad altri cristalli raggiunge dimensioni e peso tali da precipitare al suolo; nella discesa incontra temperature positive può sciogliersi e quindi avremo della pioggia o viceversa, una nevicata. Il limite della trasformazione in acqua è legato alla quota dove si incontra lo zero termico cioè la linea di passaggio fra temperature positive e negative ed è riferita ad una massa di aria posta in atmosfera libera, quindi lontano dall’influenza di montagne come ad esempio sopra la Pianura Padana.

E’ inoltre ininfluente l’ora del giorno o alla notte. Infatti una massa d’aria è praticamente insensibile ai raggi del sole diretti, mentre si scalda o si raffredda passando su rocce, ghiacciai, terreno o neve. In inverno è naturale che lo zero termico sia spesso al livello del suolo è questa è la ragione per cui i bollettini meteorologici seri danno anche i valori di temperatura a 1500 o 2000 metri di quota. Dall’altitudine dello zero termico si ricava facilmente a che quota sarà il livello della nevicata e quella che si fermerà al suolo; anche qui per ragioni abbastanza complesse, generalmente la nevicata sarà 300 metri sotto lo zero ed anche con temperature di 1 o 2 gradi positive. Per ragioni di micro clima dovute in parte anche all’azione del vento che mescola le masse d’aria, in montagna e nelle vallate lo zero termico può essere più basso anche di 800/900 metri rispetto al valore teorico in atmosfera libera, quindi si possono avere precipitazioni nevose anche 1000/1200 metri al di sotto di questo dato. Il cristallo di neve ha un solo destino, quello di ritornare acqua e questo può avvenire in un secondo, in un ora, in un giorno od in anni, come accade ai fiocchi di neve d’alta montagna che si trasformano in nevati racchiusi nei ghiacciai. Queste trasformazioni, che il cristallo subisce, sono chiamate dagli esperti metamorfismi e classificati in modi diversi: chi li definisce di neve secca o neve umida, costruttivi o distruttivi o legati alla temperatura. In questo ultimo caso avremo 3 tipi di metamorfismo: da gradiente, da isotermia e da fusione ognuno di essi tipico per un determinato manto, indicativi di un certo periodo dell’anno, ma talvolta addirittura presenti nella stessa struttura. Ancora una volta le variabile presenti in una massa nevosa sono così tante che stabilire con certezza la fragilità del manto diventa assai difficile. Per il calore accumulato durante l’estate, e in parte per quello geotermico, la temperatura al suolo anche in pieno inverno

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è di poco inferiore a zero gradi, a volte solo di mezzo grado. Se dopo una nevicata, ad esempio di un metro di neve, la temperatura dell’aria esterna sarà di -20°, vuol dire che in quel manto nevoso ci sarà una differenza di 20° fra i due punti: uno a contatto dell’aria e l’altro a contatto del terreno. Dato che la natura tende a livellare gli estremi e raggiunge in ogni caso l’equilibrio, ci sarà una migrazione di calore dal punto relativamente più caldo a quello più freddo. Ciò comporta anche uno spostamento di umidità (è un po’ difficile pensare all’umidità con temperature negative), che determina la modifica dei cristalli che andranno ad assumere forme angolate e quindi con poca stabilità dell’intero manto nevoso. Con basse temperature sono necessarie anche settimane prima che si assista ad un consolidamento piuttosto significativo. Nel caso invece che la differenza di temperatura sia costante andremo incontro ad un metamorfismo da isotermia, come ad esempio durante una nevicata o, nel periodo primaverile, con la formazione di neve vecchia e granulare. L’ultimo tipo di metamorfismo è quello di

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fusione, quando le temperature del manto nevoso sono prossime agli zero gradi e quindi all’interno della neve circola dell’acqua che, lubrificando i vari strati, ne determina la rottura con la creazione di grosse valanghe di fondo, che arrivano sino al terreno, inglobando anche le parti più superficiali del suolo. Durante la notte l’abbassarsi delle temperature ricompatta il manto che sarà di nuovo ben solido. E’ la condizione tipica della primavera inoltrata ed estiva, anche in alta quota, dove al mattino si cammina su neve dura e compatta mentre nel primo pomeriggio si sfonda, anche di parecchio, muovendosi su neve fradicia. Oltre ai cambiamenti creati dall’innalzamento termico un manto nevoso può essere rimaneggiato anche per cause meccaniche, quali il sovraccarico dovuto al peso di nuove nevicate, che comprimono i preesistenti strati, il vento che rimaneggia e sposta grandi quantità di neve, il passaggio di animali o di sciatori. Tendenzialmente il cambiamento dovuto ad agenti meccanici è positivo in quanto tende a stabilizzare tutto il manto nevoso in tempi abbastanza rapidi. Tipico esempio è la battitura delle


piste di cui i pendii più ripidi, se non trattati, potrebbero essere soggetti di distacco valanghe. Esistono infinità di cristalli e qualcuno ha anche tentato di contarli, ma per chi si muove in montagna, per fortuna, solo pochi tipi di neve, anche se nello stesso manto se ne possono incontrare di diversi. La neve fresca è molto leggera: dai 60 ai 120 Kg di peso per metro cubo, soffice, difficilmente comprimibile (non si riesce ad appallottolare), contiene molta aria e con i cristalli a stella che si agganciano fra di loro e a qualunque superficie, anche verticale, essendo molto adesiva. Poco dopo la nevicata con il rialzo termico, i cristalli perdono la parte periferica per ingrossare al centro ed assumere una forma più arrotondata, perdendo così la feltratura e l’adesività. Si ha così una compressione del manto nevoso con la possibilità di caduta di valanghe spontanee, cioè senza l’intervento dell’uomo, e a debole coesione. La neve ventata è un manto fortemente rimaneggiato dal vento con una superficie molto accidentata, caratterizzata da forti erosioni e relative zone di accumulo. La superficie si presenta molto dura e compatta; e sopravento sarà ben assestata ma negli accumuli sicuramente si troveranno dei pericolosi lastroni. Già con un vento a 10 km all’ora, poco più di una brezza, la neve inizia a rotolare ed essere spostata. La neve crostosa è il frutto del gelo e rigelo in cui la superficie, molle durante il giorno, si solidifica la notte creando uno strato di neve dura e compatta, anche se al proprio interno può nascondere strati molto meno coesi. A volte regge il peso di uno sciatore, in altri viene facilmente bucata. In caso di nuove precipitazioni costituisce un perfetto piano di scivolamento per gli strati superiori, con conseguente pericolo di valanghe che si trascina a lungo, sino a tarda primavera. Il firn, di origine tedesca, è il termine usato per definire lo stato della neve primaverile in cui durante il giorno solo la parte superficiale si rammolla mentre il resto rimane

molto compatto: ottimo per le gite di scialpinismo ma anche per tutte le escursioni in generale. La brina di superficie e una formazione cristallina che si produce quando l’umidità dell’aria, a contatto con il manto nevoso più freddo, sublima in ghiaccio ed è il tipico fenomeno delle notti fredde e stellate. I cristalli sono generalmente di forma piana e raggiungono dimensioni ragguardevoli, anche di alcuni centimetri; camminandoci sopra danno la sensazione del vetro che si frantuma. In presenza di ulteriori nevicate non legano con i sottostanti strati e diventano un punto di rottura molto pericoloso per il distacco di valanghe, che si protrae per lungo tempo sino a quando non si sono innescati fenomeni di metamorfismo da fusione, e cioè in tarda primavera. Con lo stesso principio e con le stesse caratteristiche, ma con l’apporto del calore e dell’umidità generate dal terreno, anche sul fondo si possono creare questi cristalli che, in gergo, sono definiti come “brina di profondità”. Anche loro si formano quando fà molto freddo ed il manto nevoso non è troppo spesso. Questi cristalli hanno effetti deleteri su tutto il soprastante manto nevoso, con situazioni di forte instabilità che possono generare valanghe di fondo, anche in pieno inverno. Da questa breve esposizione si comprende come la natura di un manto nevoso includa in sè diverse caratteristiche, a volte contrastanti, che rendono complicato capire il reale stato della neve su cui si cammina. E’ utile seguire l’andamento delle precipitazioni nevose durante la stagione sino dalla prima nevicata, abbinandole alle condizioni meteo. Per esempio: dopo o durante una nevicata soffia il vento si saranno formati lastroni, repentini innalzamenti della temperatura portano ad un generico innalzamento del pericolo valanghe, periodi di lungo freddo non assestano il manto nevoso, mentre temperature piuttosto alte e costanti lo solidificano a breve termine. Ma questi sono solo dei piccoli esempi che vanno confrontati con la realtà.

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nta = 70 Nero = 10 (Pantone DE 197-1)

%

9 stazioni, 150 km di piste

un solo skipass stagionale

per il Verbano Cusio Ossola

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De mooiste bergen voor iedereen in Ossola.

NL

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eem de kans om te genieten op de meest simpele manier van de grote emoties die de bergtoppen, skiebanen met meer dan negen startpunten met een totale afstand van ongeveer 150 km bieden. Een mogelijkheid om niet te missen en geschikt voor ieder; zowel voor beginners als voor personen met ervaring; voor het hele gezin, atleten en 'snowboard'-artiesten, liefhebbers van de bochten tussen de betoverende bossen en fabelachtige scènes, of voor verkenners met sneeuwschoenen. Vrij baan dus, via skieliften van de nieuwste generatie: de afdaling van de 'Baitina' van Druogno; de afdaling van de vlakte van Vigezzo, in een vallei zonder grenzen met een bijna altijd blauwe hemel; de afdaling naar Devero, beslist een 'must' voor de liefhebbers van sneeuw; de afdaling van Domobianca, boven Domodossola, de meest noordelijke stad van de provincvie, de echte 'entree' van de Alpen. En ook in de richting van de Simplonpass langs het 'kantwerk' van rots en sneeuw van de Cairasca vallei tot aan het levendige en komfortabele San Domenico geflankeerd door het profiel van de Monte Leone. Velen hebben de dichterlijke omgeving van de 'Walser'valleien ontdekt zoals Formazza en Anzasca en zijn geintrigeerd geraakt door de rijkdom van de natuur in de omgeving van Macugnaga onder het profiel van de Monte Rosa. Al de betoveringen van de meren en bovenal de skie-pistes zoals Pian di Sole de zonnige vlakte boven Verbania of van de Mottarone die aan zijn bezoekers de mogelijkheid biedt zich onder te dompelen in de sneeuw, skieend of met sneeuwschoenen, tussen het 'Lago Maggiore' en de Borromee eilanden. Maar dat is nog niet alles; Verbano, Cusio Ossola biedt ook uitzonderlijke gastronomische mogelijkheden: de zeer gewaardeerde rauwe ham uit Val Vigezzo, de grote variatie alpenkazen, de karaktervolle wijnen met een jarenlange traditie, de vele verlokkingen van wildbraad in kombinatie met de traditionele 'polenta' (maispap). Kortom een komplete wereld van kleuren, smaken en emoties die opengaat - vooral ook in de winterperiode - voor de liefhebber ongerepte natuur en eeuwenoude tradities.

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Alpe Lusentino divertimento a 360째

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A

solo 10 chilometri da Domodossola un’ora e mezza da Milano, gli appassionati di neve, sci e snowboard potranno scoprire la bellezza di Domobianca. La meta ideale di tutti coloro che prediligono le sciate anche infrasettimanali tra piste di ogni difficoltà sempre sciabili grazie a moderni impianti d’innevamento artificiale. I tracciati di Domobianca propongono agli sciatori 21 km di piste dall’Alpe Lusentino ai 1900 m. del Moncucco,

la di Sci ove si può prendere lezioni da Maestri federali. Per i più golosi e per un attimo di relax, al Lusentino troviamo il Rifugio, che offre ottimi piatti ossolani, il Bar Ristorante Domobianca, situato all’arrivo della prima seggiovia, arricchito di ampio salone, self service e Solarium, con una vasta scelta di panini, piadine e piatti di gustosa selvaggina con polenta. Più su, appena sotto l’arrivo della seconda seggiovia,

quattro piste nere (4km) immerse in uno straordinario scenario alpino, sette piste rosse (15.3 km) e una pista verde (1.7 km). Inoltre, alcune di queste discese sono omologate per gare FISI e FIS in grado di ospitare competizioni a livello nazionale ed internazionale. Il comprensorio sciistico è dotato di sei impianti di risalita, quattro seggiovie, due skilift, nonché di postazioni di pronto soccorso e della Scuo-

direttamente sulle piste, lo Skibar, offre ristoro di caffetteria, ottimi panini e piadine. I fanatici dello snowboard non possono poi perdere l’occasione di provare il Luse Park, un nuovissimo snowpark con salti di varie misure, dai 2 ai 12 metri, e con diverse strutture per assaporare un divertimento a 360 gradi tra linee di kickers, adatte a tutti i livelli, linee con rail e box. Il tutto in un ambiente rilassato e gioviale ove

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spesso si organizzano contest e feste. Ma non basta ogni venerdì sera, dalle ore 19.00 alle 23.00, Domobianca è anche sci notturno, lungo una pista di 3 km, illuminata a giorno e servita da due impianti di seggiovie che portano gli sciatori su fino ai 1.700 metri dell’Alpe Casalavera. Un’esperienza unica! DOMOBIANCA SKI INFO: Biglietteria Alpe Lusentino Tel. 0324.44652 www.domobianca.it info@domobianca.it Noleggio Attrezzature e Scuola Sci Tel. 0324.44150 scuolascidomobianca@libero.it

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San Domenico

Alpe Ciamporino-Trasquera Una localitĂ in pieno rilancio

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S

an Domenico di Varzo, frazione alpina del comune di Varzo, è il punto di partenza d’inverno per le piste da sci dell’Alpe Ciamporino (1.420m - 2.550m). La località di San Domenico, il cui abitato sorge a quota 1.420m, offre 30 km di piste da sci, infrastrutture per lo snowboard e il freestyle, spazi aperti e percorsi per gli appassionati di passeggiate nella natura, sci alpinismo e ciaspole il tutto accompagnato da un’offerta ristorativa e ricettiva di qualità. Numerose NOVITA’ impreziosiscono la stagione 2010/2011, frutto dell’ambizioso progetto di valorizzazione della località già iniziato la scorsa stagione e in pieno corso di sviluppo. Un progetto che mira a fare di San Domenico il punto di riferimento per le attività invernali nell’Ossola e più in generale nell’alto Piemonte. Dal punto di vista delle attività sportive invernali, che la propria passione sia lo sci alpino, lo snowboard o il freeride, San Domenico è in grado di soddisfare appieno ogni aspettativa. La ski area si sviluppa su un dislivello di più di 1.100m dai 1.420m dell’abitato di San Domenico fino ai 2.550m del Dosso attraversando l’assolata e accogliente conca dell’Alpe Ciamporino a quota 1.950m. L'apertura degli impianti di risalita è garantita da inizio dicembre a inizio maggio grazie a un innevamento naturale di altissima qualità che non ha paragoni in tutta l’Ossola e che probabilmente risulta tra i migliori di tutto l’arco alpino. La collocazione geografica della maggior parte dei pendii al di sopra dei 2.000m, l’esposizione favorevole e la frequenza delle precipitazioni sono infatti ingredienti che configurano un quadro ideale da questo punto di vista. Per lo sci alpino, 30 km di piste preparate in modo professionale e servite da 6 impianti di risalita sono a disposizione degli sciatori. Le piste facili e ampie dell’Alpe Ciamporino attendono i principianti per consentirgli di avvicinarsi allo sci o perfezionare la propria tecnica in tutta tranquillità approfittando volendo anche della professionalità e della simpatia dei maestri della Scuola Sci San Domenico. Piste come la “Salarioli” e la “Campo Scuola” hanno infatti pendenze dolci intorno al 10-12% e ampiezza del tracciato battuto

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che in alcuni punti supera i 150m: caratteristiche ideali per un apprendimento e un miglioramento assicurato! Le piste più impegnative e tecniche del Passo Sella e del Dosso sono invece dedicate agli sciatori più esigenti e agli atleti delle squadre agonistiche. Le pendenze raggiunte e il grado di difficoltà tecnica di queste piste sono infatti tali da aver consentito a San Domenico di ottenere dal comitato internazionale di sci FIS l’omologazione per l’organizzazione di gare internazionali (FIS) di discipline veloci (Discesa Libera e Super G): riconoscimento che solo San Domenico ha in tutta l’Ossola! Piste come “La Sella”, “Diei” e le varianti “Bondolero 1, 2 e 3” offrono muri tecnici con pendenze fino al 55%, cambi rapidi di direzione, compressioni e decompressioni in grado di mettere alla prova anche la tenuta dello sciatore più avanzato! Grande NOVITA’ della stagione 2010/2011 è la nuovissima pista Casa Rossa – San Domenico che si snoda con un tracciato spettacolare nei boschi incantati che dall’Alpe Ciamporino scendono fino all’abitato di San Domenico. Dal punto di vista dello snowboard, San Domenico vanta una lunga e affermata tradizione che affonda le sue origini agli albori della disciplina. I pendii innevati di San Domenico, soprattutto quelli sofficemente imbiancati e incontaminati al di fuori dei tracciati battuti, sono da decenni meta di una flotta consistente di appassionati. Per i principianti, la Scuola Sci San Domenico mette a disposizione maestri di snowboard specializzati per apprendere al meglio e insicurezza la migliore tecnica. L’offerta si arricchisce poi quest’anno con una grandissima NOVITA’: uno snow park totalmente rinnovato con attrezzature nuove dove sperimentare acrobatiche evoluzioni e salti in un’area appositamente dedicata e delimitata ai piedi del massiccio dei “Salarioli” che con la sia imponenza regala un ambiente mozzafiato. Per gli amanti del Freeride, gli ampi spazi

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liberi e coperti da una spessa coltre nevosa dei pendii al di sopra dei 2.000m sono terreno ideale per i rider più esigenti. "Cavalcate" in tutta sicurezza sono possibili su percorsi che si snodano dai 2.500m del Dosso fino all’abitato di San Domenico a quota 1.420m. L’offerta nell’ambito dello sci e dello snowboard si completa poi con un noleggio attrezzature moderno e affidabile direttamente in quota, sulle piste da sci, presso il Rifugio 2000. Per coloro che preferiscono attività più rilassanti e meno impegnative, la località offre la possibilità di passeggiate a piedi o con le ciaspole su sentieri innevati che salgono sia verso l’Alpe Ciamporino sia che scendono verso la conca di Ponte Campo, una vallata dal paesaggio da cartolina attraversata dal torrente Cairasca ai piedi del Monte Leone (3.552 m). Per gli appassionati di sci di fondo, a Trasquera, una bella pista di media difficoltà lunga 5 km si snoda in un incantevole bosco di conifere in località La Sotta. La ricettività e la ristorazione sono di primissimo livello grazie alle attente iniziative di rilancio avviate anche in questo settore a partire dallo scorso anno. In quota, il rinnovato Rifugio 2000 offre servizio di ristorante, bar e albergo con 45 posti letto direttamente sulle piste da sci. Particolarmente emozionanti sono le cene in quota organizzate presso il Rifugio 2000 dove i partecipanti raggiungono la struttura a bordo di un gatto delle nevi speciale adibito al trasporto persone su un tracciato innevato nella magia dell’Alpe Ciamporino in notturna al chiaro di luna. In San Domenico paese invece, l’accoglienza è garantita dal rinato Albergo Ristorante Cuccini. In un ambiente raffinato ma allo stesso famigliare, la struttura assicura un’offerta culinaria di qualità con piatti tipici ed elaborati nonché la possibilità di pernottare in stanze dotate di tutti i comfort per un piacevole soggiorno in una delle zone più incantevoli e caratteristiche nelle Alpi Lepontine.

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Il Residence Orso Bianco è situato in posizione panoramica e in un suggestivo scenario naturale, nel pieno centro di San Domenico a pochi passi dagli impianti di risalita per il Ciamporino e per la piana dell' Alpe Veglia e gode di un'immensa quiete nel verde dei boschi di larici e dei pascoli alpini. I 5 appartamenti indipendenti con vista panoramica e balcone sono completamente arredati e corredati con cucina e bagno con doccia, termoautonomi e con servizio di biancheria, TV, Internet WII FII e box. La struttura inoltre è dotata di sauna, piscina coperta e riscaldata e pub, dove poter trascorrere momenti divertendovi con sfide a biliardo e a calcetto oppure degustando le ottime birre o i taglieri tipici con formaggi d'alpe che potrete poi trovare in vendita nel nostro rifornito market. Facilmente raggiungibile e a soli 100 km da Milano, San Domenico e l'Orso Bianco sono i posti perfetti per trascorrere una sana vacanza e godersi tanto relax. Vi aspettiamo.

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Alpe Devero

un capolavoro della natura

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’Alpe Devero è soprattutto una scoperta, un incanto. Nella stagione invernale, da novembre ad aprile, propone agli appassionati, bambini e adulti, esperti e principianti, molte possibilità per praticare lo sci in ogni sua specialità: dallo sci alpino allo sci di fondo, su piste di diverse difficoltà. La conca del Devero è anche il regno incontrastato degli amanti dello snowboard, del freeride e del fuoripista. Imperdibile allora il freeride sulla pista di Misanco, cavallo di battaglia di tutti i riders: tra canali da surfare che alzano l'adrenalina e caricano per affrontare le varianti di percorso nella discesa, accanto a cliff o roccioni, fino al pianoro di 200 m che porta alla partenza della nuova seggiovia. Lo skilift più in alto ovvero il Cazzola Tre dà inoltre la possibilità di costruire bei saltoni oppure di una bella discesa in fresca su pendenze che possono anche diventare molto ripide a prova di vertigine. Un funbox, un quarter e un rail si trovano poi sotto la seggiovia. In più agli amanti dello snowboard, l’Alpe Devero offre il “Jambopark”, una zona ben attrezzata per evoluzioni e salti in perfetto freestyle. Tre impianti di risalita raggiungono la cima del Monte Cazzola: permettendo di sciare fino a un’altitudine di 2212 metri su 4 piste battute, per una lunghezza complessiva di 8 km e lungo infiniti percorsi in fuoripista, tra i boschi. I fondisti amanti del pattinato o del passo classico trovano invece sinuosi tracciati, brevi e facili, che si snodano lungo la piana per un totale di 7 km. Per chi invece ama anche d’inverno guardare oltre l’orizzonte da quest'anno è disponibile un nuovo percorso che dall'Alpe Devero sale dal "Vallaro" per raggiungere Crampiolo e quindi il Lago del Devero. Sciare sulla superficie ghiacciata del lago, avvolti e protetti dalle meravigliose montagne che lo circondano, è un’emozione unica ed autentica praticabile da dicembre a febbraio. Più in là il percorso completo da Devero a Codelago è un anello di 18 km. che fa

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dell'Alpe il nuovo ed esclusivo paradiso dei fondisti. Molti, anno dopo anno, gli escursionisti con le racchette da neve che amano addentrarsi nel bosco per un esperienza unica e coinvolgente immersi nel bianco tra abeti e larici. I sentieri invernali portano dalla conca del Devero all’Alpe Sangiatto o su verso il Monte Cazzola; itinerari dove si possono anche trovare piste immacolate per i praticanti dello sci alpinismo.

PARCHEGGIO Il costo del biglietto giornaliero è di € 5,00. All’acquisto dello skipass giornaliero tale impporto viene rimborsato. Rimborso di € 3,00 con skipass di mezza giornata. NOLEGGIO Possibilità di noleggiare l’attrezzatura completa per snowboard, sci, ciaspole e slittini. SCHEDA TECNICA Altitudine: 1640 m Km di piste: 7 km Piste di sci alpino Altitudine: 1640 - 2212 m Impianti di risalita: 4 Km di piste: 8 km Difficoltà: 1 facile, 3 medie, 1 campo scuola Piste di sci di fondo DEVERO SKI INFO: Società Impianti Tel. 0324.619106 deveroski@libero.it www.alpedeveroski.com Fondo - Alpe Devero Tel. +39.0324.619126 Tel. +39.0324.62101

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Servizi taxi - Gestione parchegg i - Gestione aree attrezzate Alpe Devero trasporto bagagli con motoslitte e mezzi elettrici Sostituzione autisti per enti pub blici - Gestione strutture private


FORMAZZA VALDO e SAGERSBODEN

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ormazza è una delle poche località in cui i campi da sci sono a ridosso del paese e le piste consentono il rientro nelle strutture di accoglienza e nelle case, con gli sci ai piedi. Per lo sci alpino esiste un ottimo campo scuola in frazione Valdo, con parco giochi per bambini e neve programmata. La seggiovia del Sagersboden permette di sciare sulla “pista dei campioni”, completamente rinnovata in tutta la sua lunghezza. Qui i più esperti troveranno le giuste pendenze per praticare una sciata aggressiva. Un tracciato verticale, tanto che, sembra di volare sull'abitato di Formazza. Una bella sensazione, che grazie a piste ben battute tutti possono affrontare. Il moderno snowboarder troverà qui spazio per entusiasmanti discese, tagli in fresca e il nuovissimo FoRail Snow Park servito da uno skilift dedicato.

Altitudine: da 1286 m a 1796 m Impianti di risalita: 4+2 Km di piste: 10 Difficoltà: 3 facili - 1 medio - 1 difficile FORMAZZASKI - Frazione Valdo Tel. 0324 63114 biglietteria impianti Cell. +39 348 0941964 Orari Biglietteria: tutti i giorni dalle 9.00 alle 16.30

Scuola Sci Val Formazza nel periodo natalizio e dal mese di gennaio si organizzano corsi di sci per bambini e ragazzi

La Scuola Italiana Sci Formazza è interamente composta da maestri di sci e snowboard qualificati F.I.S.I. specializzati in discipline alpine. La sede di discesa è in frazione Valdo, in posizione ottimale, adiacente la strada statale e alla partenza degli impianti del campo scuola.

Fraz. Valdo FORMAZZA (VB)

Tel. +39.0324.63027 Tel. +39.336.1958942

70www.scuolasciformazza.it - mail@scuolasciformazza.it


I

l Forail Park è un idea nata da un gruppo di amici Patrick, Tia,Willi e Walter che lo scorso anno grazie ai contributi economici ottenuti dal Comune di Formazza e l’A.T.C.F (associazione turistica commercianti Formazza), hanno potuto portare a termine il progetto nato come rail park da dove prende il nome Forail (For=Formazza e rail). Per il primo anno di vita è andato bene il park era composto da tre linee una con rail doppio tubo 3m, box piatto 5m x 25cm, rail scatolato piatto discesa e bonk bidone, la seconda linea era formata da un kick di 5m e un pic-nic table, la terza linea era composta da rinbow di 7m x 25cm e poi un box da 6m x 17cm. Questo anno il Forail si ripropone con un park raddoppiato e situato sulla pista dello skilift “Ponte”, a fianco dalla seggiovia Sagersboden, quindi lo skilift sarà pratica-

mente solo per il park,il progetto e di creare 4 table con diverse linee e un quorter in chiusura, il primo table sarà composto da bonk e poal jam,il secondo con kick da 2m e uno 3m e, il terzo table avrà kick da 4m 6m 8m, il quarto table sarà formato da kick di 6m 9m 12m, le strutture che sono a disposizione sono le stesse dello scorso anno, con l’aggiunta di un wall e un box da 5m x 40cm, ma da questa stagione è a disposizione materiale di Doors snowpark structures ditta n.°1 in Italia nella creazione di strutture per snowpark. Insieme a loro a fine stagione sarà organizzato un rail contest. sicuramente questa non sarà l’unica festa in programma perché il Forail ospiterà la prima edizione del winter Positivity e per il secondo anno le monkey invitational open. Si ringrazia A.T.C.F, Comune di Formazza, Formazzaski, Doors e D.S.O (dipartimento snowboard ossola) perché credono nel nostro progetto che mira a incrementare il turismo giovanile in Valle grazie al Forail Park. L’apertura del park e prevista per le vacanze natalizie, neve permettendo. Il giornaliero park costerà solo 10 euro, vi aspettiamo numerosi!!

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Y T I V I T I S O P

di Patrick Bacher foto: A. Giordan

I

l Positivity è l’unico camp no profit a zero impatto ambientale delle alpi!! Situato a 2960 m. e raggiungibile solo a piedi o in elicottero, il piccolo nevaio del Sidel in Val Formazza ospita dal 2000, quando un gruppo di ragazzi ossolani decisero di organizzare la prima edizione del Positivity, un rifugio, il 3A e uno skilift entrambi gestiti dal’OMG (operazione mato grosso). Da allora nulla è cambiato se non il park, trasformato negli ultimi due anni in un park eco a zero impatto ambientale, con tutte le strutture in neve e legno. Il park si sviluppa su due piste, una molto divertente per tutti i livelli e l’altra con kick piu grossi per le session di foto e video dei numerosi pro rider. Quest’anno chi era presente ha potuto vedere in azione Lollo Barbieri, Stefano Munari, Ruggero Naccari,

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Aie Benusi, Lorenzo Buzzoni, Iannino Morell, Marco Feichtner, Renè Schnoeller, Sebi Müller, Matthieu Perez. Il park è nato dalla mente del gattista Stefan Plattner (Vans Penken Park di Mayrhofen park manager), degli organizzatori D.S.O (dipartimento snowboard ossola) Maurino Castellani, Mauro Cameroni, Andrea Giordan, e dal gruppo shapers Rabba, Diego, Alessandro Bina, Iannino Morell, Fabio Magni, Lollo Barbieri, Patrick Bacher, Giona Bucher. La struttura quest’anno era articolata in una medium line composta da un tronco da bonkare, pool jam, due kick in linea e un wall, un box in legno in discesa e un quarter, mentre la pro line era costituita da un kick da 15m e un kick da 19m. Questa edizione del Positivity ha visto oltre 90 partecipanti che si sono alternati nella due settimane di camp;anche se il tempo non è stato dei migliori tutti hanno raggiunto il nevaio e si sono divertiti parecchio!! Il Positivity si può considerare come uno stile di vita, infatti solo chi è appassionato a questo sport arriva al camp, facendosi due

ore di cammino magari con tutta l’attrezzatura in spalla per poi passare il week-end o la settimana in un rifugio fra il nulla, se non un panorama mozzafiato, le marmotte e per i piu fortunati “le foxi” una volpe che vive nelle vicinanze del rifugio. Comunque chi partecipa si porterà addosso alla fine del camp un ricordo bellissimo poiché il Positivity è una family dove si sta tutti insieme e se anche il tempo non permette di uscire in park si trova sempre un passatempo per divertirsi: carte, pin-pong, TV, chiacchierare con un po’ di musica di sottofondo... Invece per chi non riesce a togliersi lo snow dai piedi si può sempre creare un mini shred dietro al rifugio e divertirsi organizzando un trick contest; comunque la cosa più bella e che al Positivity si va tutti d’accordo!! La prossima edizione è già allestita per dicembre/gennaio si potranno avere info sulla data e i prezzi. Novità è l’organizzazione della prima edizione invernale, il Winter Posidivity, che si svolgerà nello snowpark di Formazza (Forail Park).

Albergo Ristorante

Rotenthal Ponte di Formazza (VB) Tel. +39.0324.63060 www.rotenthal.it rotenthal@rotenthal.it

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Legno e neve di Claudio Zella Geddo immagini Sara Nazzaro

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L

’inverno è tornato con tutti suoi colori, la sua atmosfera intima stagione adatta soprattutto per gli appassionati di neve e ghiaccio, sciatori e camminatori. La Valle Formazza nei primi anni del secolo scorso è stata la culla di un’applicazione ingegnosa ma soprattutto avventurosa: lo sci. Guido Matli, incuriosito da questi “pezzi” di legno, decise di farsene spedire un paio dalla svizzera e con grande abilità artistica ne riprodusse la fisionomia. I primi sci sono stati realizzati in legno resistente, frassino con l’aggiunta di cuoio e ferro per legarli agli scarponi. Con questo strumento i formazzini erano soliti muoversi tra le diversi frazioni in modo rapido e veloce. Vale la pena ricordare che ancora esiste il laboratorio degli sci di Guido Matli, gestito dal nipote Claudio, noto

e abile scultore ligneo della zona; osservando gli utensili, gli esemplari di sci ben s’intende l’accuratezza con cui venivano intagliati per essere pronti ad affrontare gelidi inverni. Si riallaccia alla tradizione formazzina la re-

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cente 1^ edizione “Pomatt Telemark” occasione in cui è riportata alla luce, anche grazie ad un abbigliamento ad hoc, questa antica tecnica sciistica. Il Telemark è un movimento a gambe sfalsate con il tallone libero come per lo sci di fondo. Si arretra con la gamba interna e l’Alpenstock, un lungo bastone in legno, si pone all’interno della curva facilitando così il cambio di direzione. Lo sci, lungo 2.10 m, flette sulla punta. Per chi pratica questo sport, il fuori pista apporta sicuramente più soddisfazione rispetto alla pista, an-

che se è da essa che si deve partire. È una sciata antica, affascinante da vedere, come una danza. Nel 2011 ricorrerà il centenario dello sci club Formazza, fondato da Don Rocco Beltrami nel 1911. Per ricordarlo verrà organizzata, a febbraio, la seconda edizione del Pomatt Telemark. Un repechage d’antan che ricreerà sulle piste atmosfere e suggestioni.

Gambrinus Ristorante - Pizzeria

Via Mazzorini, 6 Crevoladossola (VB)

Tel. +39 032445192

Aperto la sera dalle h 18 alle h 24 Chiuso il martedi

PIZZA FUNGHI PORCINI E BETTELMATT 76


La rivista delle Valli dell’Ossola la puoi trovare qui... • BACENO: Comune e Uffico Informazioni - Meublè Isotta - Albergo Vecchio Scarpone - Ristorante Pizzeria Cistella - Albergo Ristorante Villa Gina • Alpe Devero: Rifugio CAI Capanna Castiglioni - Bar Pensione Fattorini - Bar Pensione Funivia - Albergo Ristorante La Lanca - Casa Vacanze La Rossa - Agriturismo Alpe Crampiolo - Albergo Ristorante La Baita • BOGNANCO: Pro Loco - Albergo Edelweiss - Albergo Rossi - Hotel Panorama - Rifugio Alpe Laghetto - Yolki Palki Camping Village - Albergo Ristorante Da Cecilia - Rifugio San Bernardo • DOMODOSSOLA: Comune - Pro Loco - Edicola via Binda - Bar Roma - Bar Mignon - Bar Milano - Bar Caffè Regina - Bar Moderno - Caffè del Borgo - Acosta Cafè - Caffè Vecchia Domo - Caffè Istriano - Caffè Bistrot - GVM sport - Edicola sul Corso - Edicola Ultime Notizie Via Binda Lolli collezioni - Centro Commerciale Sempione - Ristorante La Meridiana - Edicola Via Galletti - Lucchini Foto Video - Residence Fiordaliso - Rifugio Lusentino - Edicola della Stazione - Buffet della stazione - Edicola Alagia Patrizia V. Giovanni XXIII - Simplon Caffè - Snack Bar Le Dune • DRUOGNO: Albergo Ristorante Stella Alpina - Bar Gelateria - Bar Tabacchi • CREVOLADOSSOLA: Centro Commerciale Val d’Ossola Shopping Center - Alimentari Tomà - Ristorante Gambrinus - Ristorante C’era una volta - Circolo Oira - Bistrot S. Germain - Bar Vecchio Mulino • CRODO: Albergo Ristorante Buongusto - Albergo Ristorante Edelweiss - Albergo Ristorante Pizzo del Frate - Ristorante Bar del Parco • FONDOTOCE: Ristorante La Gallina che fuma • FORMAZZA: Comune e uff. Turistico - Albergo Edelweiss - Albergo Ristorante Pernice Bianca - Albergo Ristorante Rotenthal - Edicola Zarini - B&B Schtêbli - Bar Barulussa - Ristorante Walser Schtuba - Ristorante Cascata del Toce - Rifugio Maria Luisa - Rifugio Città di Busto - Ristorante Igli • GALLARATE Libreria Carù • GRAVELLONA TOCE: Sportway Megastore e Sportway Kids • MACUGNAGA: Uff. Turistico - Hotel Cima Jazzi - Funivie Monterosa - Bar Mignon - Ristorante Roffel • MALESCO: Pro Loco - Bar Orso Bianco - Ristorante La Peschiera - Bar La Sosta • MASERA: Alimentari e Bed & Breakfast Tomà - Ristorante Del Divin Porcello - Edicola tabacchi - Bar Tati • MERGOZZO: Il Forno Shop - Gelateria Bar Aurora - Bar Calumet, Candoglia • MILANO: Libreria HOEPLI - Monti in Città, Viale Monte Nero • MONTECRESTESE: Osteria Gallo Nero - Bar Gufo’s • MONTESCHENO: Ufficio Turistico NOVARA: Sportway • OMEGNA: Pro Loco • ORNAVASSO: Comune - Bar Beba Bar Baraonda - Angel’s Caffè - Lago delle Rose - Edicola Tabacchi - Antica trattoria del Boden • PALLANZENO: Edicola PREMIA: Uff. Turistico - Albergo del Ponte - Albergo Minoli Miravalle - Albergo Monte Giove • PREMOSELLO: B&B Cà dal Preu - Bar Pasticceria - Supermercato Conad - Edicola Borella • PIEVE VERGONTE: Bar Hg • PIEDIMULERA: Supermercato Sisa - Bar Aurora - Bar Monterosa - Caffè Piemonte • S. MARIA MAGGIORE: Comune - Ufficio Turistico - Immobiliare Vigezzo - Centro Fondo • STRESA: Bar Idrovolante - Libreria Leone • SVIZZERA: Salone del turismo - Gondo - Simplon Dorf • VARZO: Sede Parco Naturale Veglia Devero - Hotel Sempione - Cartolibreria Borghi Wilmo - Ca’ del vino - Pub e Alimentari Orso Bianco • VERBANIA: Tecnobar co. Palazzo della Provincia - Ufficio turismo Pro Loco - Bar gelateria Milano - Gelateria Isola del Gelato - Bar Villa Giulia • VILLADOSSOLA: Edicola Rinaldi G. - Comune Bar Plaza - Bar Gelateria Settimo Cielo - Tabaccheria Pergrossi - Ristorante La Tavernetta - Ristorante Serenella - Erica Arioli Fotografa • VOGOGNA: Comune Bar Jolly - Tabaccheria Edicola - Pizzeria Roxy - Motel Bar Ristorante Monterosa - Centro Calzaturiero - B&B al Teatro - Supermercato Sisa - Albergo Ristorante Vecchio Borgo - Centro Calzaturiero - Casarotti Calzature. Per nuovi punti di distribuzione: info@ossola.it - 329 2259589

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Una selezione di ristoranti ossolani provati per voi, dove gustare i piatti e i prodotti locali

Vecchio Scarpone

Baceno

Via Roma, 48

0324 62023

La Meridiana

Domodossola

Via Rosmini,11

0324 240858

Moncalvese

Domodossola

Corso Dissegna, 32

0324 243691

Rifugio Alpe Lusentino Domodossola

Alpe Lusentino

0324 240468

Gambrinus

Crevoladossola

Via Mazzorini, 6

0324 45192

Buongusto

Crodo

Fraz. Mozzio

0324 61680

Del Parco

Crodo

Via Vegno, 3

0324 61018

Edelweiss

Crodo

Fraz. Viceno

0324 618791

Pizzo del Frate

Crodo

Fraz. Foppiano

0324 61233

Cistella

Croveo

Loc. Croveo

0324 62085

Walser Schtuba

Formazza

Loc. Riale

0324 634352

Rotenthal

Formazza

Loc. Ponte

0324 63060

z’Makanà Stubu

Macugnaga

Via Monte Rosa, 114

0324 65847

La Peschiera

Malesco

Via Peschiera, 23

0324 94458

Divin Porcello

Masera

Fraz. Cresta, 11

0324 35035

Trattoria Vigezzina

Masera

Via Statale 337, 56

0324 232874

Gallo Nero

Montecrestese

Fraz. Pontetto, 102

0324 232870

C’era una volta

Oira

Via Valle Formazza, 15

0324 33294

Lago delle Rose

Ornavasso

Via Pietro Iorio

333 982 9810

Antica Trattoria del Boden Ornavasso

P.zza Boden

345 555 2299

Ca’ del vino

Varzo

Via Domodossola, 2

0324 7007

Villa Giulia

Verbania Pallanza

Lungolago

392 3330826

La Tavernetta

Villadossola

C.so Italia, 4

0324 54303

Vecchio Borgo

Vogogna

P.zza Chiesa, 7

0324 87504

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Dal 1921 produciamo Vini Ossolani

Prünent Cà d’Matè Tarlap Ossolanum Dicrodo Grappa di Prünent Grappa di Cà d’Matè OIRA DI CREVOLADOSSOLA Via Valle Formazza, 13 Tel. 0324.33738 Fax 0324.247297 Cell. 335.7507609

www.cadmate.it - www.garronevini.it

Bed & Breakfast - Case Vacanza - Residence Baceno

Casa Vacanze La Rossa

Loc. Devero

( +39 335 458769

Baceno

La Beula

Croveo

( +39 347 3474453

Crevoladossola

La Toce

Fraz. Pontemaglio,15 ( +39 338 2245767

Crevoladossola

Cà d’Matè

Loc. Oira

( +39 335 7507609

Domodossola

Le Camelie

B.ta S. Quirico, 20

( +39 0324 220926

Formazza

Zumsteg

Loc. Ponte

( +39 0324 63080

Formazza

Eichorä

Loc. Riale

( +39 339 5331578

Formazza

Schtêbli

Loc. Riale

( +39 328 3391368

Masera

Casa Tomà

Via Menogno

( +39 0324 232084

Masera

Divin Porcello

Fraz. Cresta

( +39 0324 35035

Meina

Casa del Sole

Via Chiosi

( +39 347 5585486

Premosello

Cà dal Preu

Loc. Colloro

( +39 0324 88745

Vogogna

Palazzo del Gabelliere

Via Roma, 17/19

( +39 338 1749100

Vogogna

Al Teatro

Via Teatro, 3

Premia

Casa Vacanze La Meridiana Fraz. Cadarese, 13

Premia

Premia Vacanze

( +39 340 2415782 ( +39 0324 240858

79

Via Domodossola, 154 ( +39 392 3331484


a Vogogna e Piedimulera MACELLERIA DEL BORGO di Pella Mario e Asmondo Sebastiano V.

CARNE PIEMONTESE

80

Via Nazionale Dresio, 3 - Vogogna Tel. 0324 878805 Piazza Gramsci, 6 - Piedimulera (VB) Tel. 0324 83563


Il ristorante tipico ossolano

28855 MASERA (VB) - Fraz. Cresta, 11 - Tel. 0324.35035 - Cell. 348.2202612

info@divinporcello.it - www.divinporcello.it Per chi volesse pernottare disponiamo di accoglienti camere.

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