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Marzo 2009 | n.29

PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI

NUMERO SPECIALE GIORNATE DI VESTIBOLOGIA 5a Edizione Simposio – Modena, 5-6 Settembre 2008

Il razionale diagnostico-terapeutico nella Vertigine Vascolare ANATOMO-FISIOLOGIA DEL MICROCIRCOLO LABIRINTICO Augusto Pietro Casani CLINICA DEI DISTURBI DEL CIRCOLO POSTERIORE Marco Manfrin I FATTORI DI RISCHIO E I MARKERS SPECIFICI E ASPECIFICI Daniele Nuti STRATEGIE TERAPEUTICHE LA RICERCA DEL RAZIONALE DELLA TERAPIA MEDICA NELLE VERTIGINI VASCOLARI Sandra Sigala, Francesca Parini



Otoneurologia 2000

5a Edizione Giornate di Vestibologia Simposio – Modena, 5-6 Settembre 2008

PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI

Serie editoriale:

CLINICAL CASE MANAGEMENT

Aggiornamento periodico:

OTONEUROLOGIA 2000 Marzo 2009 / n.29

Coordinamento Scientifico: Dr. Giorgio Guidetti Direttore del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda Unitaria Sanitaria Locale di Modena e-mail: g.guidetti@ausl.mo.it

NUMERO SPECIALE Il razionale diagnostico-terapeutico nella Vertigine Vascolare L’appuntamento con le “Giornate di Vestibologia” di Modena, giunto alla quinta edizione con il coordinamento scientifico di Giorgio Guidetti, ha offerto ampia materia di formazione e aggiornamento per i partecipanti ad un corso ECM accreditato di specializzazione sull’argomento complesso delle vertigini, presentato e discusso da clinici, ricercatori e tecnici, specialisti in ORL, Audiologia, Audiometria, Neurologia, Otoneurologia, Psicologia e Farmacologia. Un focus dedicato al “Razionale diagnostico-terapeutico nella Vertigine Vascolare” ha consentito ai relatori di mettere a fuoco, con un approfondimento multidisciplinare, i progressi raggiunti nella gestione e nel trattamento farmacologico di questa patologia di difficile inquadramento nosologico ed eziologico

SOMMARIO Coordinamento editoriale Grafica e Prestampa: Mediserve Editoria & Formazione Redazione: Adriana Russo

Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico . . . . . . . . . . . . . ? Augusto Pietro Casani

Clinica dei disturbi del circolo posteriore . . . . . . . . . . . . . . . . . ? Marco Manfrin

I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ? Daniele Nuti

Strategie terapeutiche . . . . . . . . . . . . . . . 32 La ricerca del razionale della terapia medica nelle vertigini vascolari Sandra Sigala, Francesca Parini

© 2009 MEDISERVE S.r.l Milano - Firenze - Napoli



numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico Augusto Pietro Casani Dipartimento di Neuroscienze, Sezione ORL - U.O. ORL I, Università degli Studi di Pisa

M essaggi chiave 1. La vertigine è considerata il sintomo più frequente e precoce (talvolta l’unico) di insufficienza vertebro-basilare (IVB), per la sensibilità alle diminuzioni di flusso ematico caratteristica del distretto anatomico che comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio. 2. Precarietà fisiologica del circolo V-B e peculiarità anatomo-funzionale di circolo terminale della micorcircolazione labirintica offrono una base razionale all’inquadramento eziopatogenetico di alcuni quadri clinici (quali sordità improvvisa e/o vertigine) come deficit irrorativo dell’orecchio interno. 3. La capacità autoregolatoria del microcircolo è compromessa dai meccanismi di risposta al danno dell’endotelio, sensibile (soprattutto nei distretti microcircolatori) agli stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico che degradano lo strato di glicosaminoglicani (GAGs) del glicocalice della parete vasale. 4. La sintomatologia cocleo-vestibolare del deficit labirintico rimanda alla fisiologia del territorio in cui può essersi prodotta un’ischemia totale o parziale per ostruzione dell’arteria uditiva interna (AUI) o di uno dei suoi rami, oppure per danno immuno-mediato da vasculite. 5. Nelle forme vertiginose acute da danno microcircolatorio è fondamentale valutare gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice, e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci “di parete” (GAGs come ad es. il sulodexide) hanno un ruolo terapeutico significativo.

I ntroduzione

C ircolo posteriore e IVB

La Vertigine Vascolare rappresenta uno dei temi di maggiore inte-

L’apporto vascolare al labirinto e alle strutture vestibolari centrali è

resse della Vestibologia. L’argomento è da lungo tempo affrontato in campo otoneurologico, sia dai clinici che dai ricercatori, interessati alla definizione di criteri clinici o strumentali utili ad una diagnosi certa di vertigine di origine vascolare, da cui trarrebbe ovviamente vantaggio la gestione farmacologica del paziente vertiginoso. Strumenti terapeutici molto validi sono infatti disponibili per il paziente la cui vestibulopatia periferica o centrale sia da ricondurre ad una problematica di tipo circolatorio. Il razionale di impiego dei farmaci emoreologici si basa su criteri anatomici e clinici ben evidenti, se si considera che la maggior parte delle strutture coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio si trovano nell’area cerebrale compresa sotto il circolo vertebro-basilare, la cui portata di 200 ml/min corrisponde all’incirca al 20% del circolo anteriore. Praticamente, il circolo posteriore si trova in una condizione di precarietà fisiologica rispetto al circolo anteriore; questa evidenza, illustrata da William e Wilson già nel 1962, giustifica il fatto che la vertigine possa essere considerata il sintomo più frequente e più precoce dell’insufficienza vertebro-basilare. Questi brevi cenni introduttivi da soli bastano a sottolineare l’importanza delle problematiche legate all’anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico.

di competenza del circolo posteriore vertebro-basilare. Poiché si tratta di un distretto anatomico scarsamente irrorato, necessita di una grande quantità di metaboliti ed è particolarmente sensibile alle diminuzioni di flusso ematico. Questa area comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio: ne consegue che la vertigine rappresenta il sintomo più frequente e precoce di insufficienza vertebro-basilare (IVB) (Figura 1). Un aspetto significativo dell’anatomia del distretto vertebro-basilare da evidenziare è che, a differenza del circolo anteriore, quello posteriore è caratterizzato da un’elevatissima incidenza di variazioni anatomiche. Ad esempio, molto spesso il calibro delle due arterie vertebrali inferiori – posteroinferiore (PICA) e anteroinferiore (AICA) – è molto differente; è frequente inoltre la ipoagenesia o addirittura la completa agenesia di una arteria vertebrale. Le numerose variabili del circolo posteriore potrebbero giustificare ulteriormente la particolare suscettibilità al danno ischemico, sia trombo-embolico che emo-dinamico, delle strutture del distretto vertebro-basilare (Figura 2) in cui, essendo vascolarizzato dall’arteria uditiva interna, è compreso l’orecchio interno, cioè il labirinto auricolare che si compone di coclea (organo dell’udito) e di apparato vestibolare (organo dell’equilibrio). Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

S indromi vertiginose da IVB centrale e periferica

Figura 1. Peculiarità del circolo posteriore vertebro-basilare e sintomatologia vertiginosa da insufficienza vascolare.

L’orecchio interno è un elemento ancora più complesso, perché l’arteria uditiva interna è un ramo puramente terminale, cioè non vi sono reti anastomotiche rilevanti. È quindi chiaro che questi distretti sono i più suscettibili e che, all’interno di queste aree, la zona posta sotto il controllo dell’arteria vestibolare anteriore (calibro più piccolo rispetto agli altri), è ulteriormente esposta ai possibili danni ischemici. La sindrome di Lindsay-Hemenway, ad esempio, è la conseguenza di un’ostruzione del ramo vestibolare anteriore: l’insulto ischemico a carico del canale semicircolare laterale e a carico dell’utricolo può dar luogo ad un distacco otolitico, a sua volta responsabile delle crisi posizionali recidivanti dopo l’episodio acuto. Esiste la possibilità che, attraverso il ramo vestibolare della vestibolococleare, il canale semicircolare posteriore e anche il sacculo rimangano indenni dall’insulto ischemico: si giustifica in tal modo il fatto che nell’ambito delle forme vascolari si possano verificare delle manifestazioni vertiginose che si caratterizzano per un interessamento del sistema vestibolare centrale, oppure delle forme periferiche. Al riguardo esiste in letteratura una nutrita serie di dati bibliografici: l’elevata incidenza della vertigine, come sintomo iniziale, ha l’insufficienza vertebro-vestibolare come causa comune di vertigine in soggetti di età superiore ai 50 anni (Figura 3).

Figura 2. Decorso delle arterie vertebrali dalle quali origina l’arteria basilare che, attraverso l’arteria uditiva interna, vascolarizza l’apparato cocleo-vestibolare. Legenda: PICA= arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferiore.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 3. Approccio vestibologico alle forme centrali e periferiche di Insufficienza Vertebro-Basilare. Legenda: UVL=unilateral vestibular loss; PPV=paroxysmal positional vertigo; SI=synchronization indices; AVA=anterior vestibular artery

Nel caso di un’ostruzione dell’arteria nella fossetta laterale del bulbo, si può manifestare la sindrome di Wallenberg, associata a sintomi neurologici, ma questa viene affidata al neurologo. • Quali sono i casi che il vestibologo deve considerare? Certamente i casi in cui la vertigine è isolata. • È possibile dunque che esista una forma monosintomatica di insufficienza vertebro-basilare? Questo è un aspetto che va studiato, perché si tende a sovrastimare, per carenza di supporti diagnostici-strumentali validi, l’eziologia di alcune sindromi vertiginose. Questa sovrastima non è scorretta, poiché numerose patologie che possono essere indicate come episodio acuto di tipo periferico, in realtà riconoscono un’origine centrale. Sempre nell’ambito delle forme periferiche, gli episodi di “unilateral vestibular loss”, improvvisi o meno, seguiti da una vertigine posizionale, rientrano nell’ambito della sindrome di LindsayHemenway. Questi esempi sottolineano l’importanza clinica di

valutare un’origine centrale e vascolare di problemi che apparentemente sembrano solo periferici, come bene evidenziato da un recente lavoro (Lee et al, Neurology 2006) confermato da altri studi, in cui si dimostra che almeno il 10% dei pazienti con infarto cerebellare isolato hanno una situazione di vertigine come unico sintomo della manifestazione ischemica; questo è un dato molto importante (Figura 4). L’esperienza del nostro Dipartimento nel valutare pazienti con sindrome vestibolare acuta, anche da un punto di vista centrale, ha permesso, nell’arco di 4 mesi, di raccogliere 5 pazienti con infarto cerebellare, a dispetto delle resistenza incontrate nell’eseguire una risonanza urgente, aspetto che evidenzia come il problema della diagnosi differenziale sia squisitamente pratico. Nella clinica pratica un esame fondamentale per questi casi è il test di Halmagyi, che rappresenta uno dei criteri diagnostici differenziali più importanti, soprattutto in caso di normalità del test, ed è un ottimo indicatore per l’esecuzione degli accertamenti neuro-radiologiOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Figura 4. Vertigine isolata come criterio diagnostico differenziale nell’infarto cerebellare. Legenda: PICA=arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferior; SCA=arteria cerebellare superiore

ci, risonanza e angio-risonanza, che confermano poi l’origine centrale e vascolare della maggior parte dei casi di questi quadri clinici, di riscontro quotidiano nella pratica clinica della audio-vestibologia. Nelle forme vascolari dell’orecchio interno ha un ruolo centrale la fisiopatologia del microcircolo, la porzione del sistema vascolare che finalizza il trasporto del sangue, cioè che porta nutrimento ai tessuti attraverso l’endotelio.

I principali aspetti da sottolineare delle funzioni endoteliali sono: • la capacità di sintetizzare i costituenti della matrice extracellulare, che sono gli elementi basali per l’adesione della cellula e regolano il tono vascolare (es. endotelina - EDRF, endothelium-derived relaxing factor); • il ruolo nell’angiogenesi (es. regolazione VEGF); • il ruolo nei meccanismi della flogosi e dell’immunità, dato importante per la clinica.

A utoregolazione del microcircolo e

Come si è detto, la risposta della parete vasale è modulata dalla attività del glicocalice, attraverso il meccanismo di signaling, con lo scambio di informazioni flusso-parete, in maniera molto simile a quello che accade con i batteri nell’ambito del biofilm (Tabella 1).

risposta al danno endoteliale L’endotelio, definito di recente gatekeeper, rappresenta l’unità funzionale vascolare più suscettibile a stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico, soprattutto nei distretti microcircolatori. Alcuni autori lo definiscono “organo endoteliale”, per le numerose funzioni che svolge nella regolazione della permeabilità ad ossigeno e metaboliti e della emostasi, che in ultima analisi definisce l’emoreologia del flusso e ne condiziona l’emodinamica (Figura 5). L’endotelio non è una barriera inerte tra le macromolecole e i tessuti, bensì un’unità funzionale fondamentale per la regolazione del microcircolo. SIGNALING. Di particolare interesse è l’interfaccia attiva fra endotelio e flusso, definita glicocalice, che consiste di un sottile film di glicosaminoglicani (GAGs), e garantisce lo scambio continuo di informazioni fra elementi in circolo e struttura endoteliale, con un processo definito signaling, che assicura la modulazione della permeabilità capillare, della viscosità ematica e quindi influenza i meccanismi che sono alla base di una ipossia tissutale.

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MECCANISMO DI SIGNALING DEL GLICOCALICE Elemento centrale nella stabilità fisiologica del microcircolo: tono vascolare, permeabilità e bilancia emostatica vengono regolati dai glicosaminoglicani (GAGs) a seconda degli stimoli (ad es. pressori) • • • • • •

Lo spessore del glicocalice va da un minimo di 0.5 μm dei capillari ai 4.5 μm della carotide. I GAGs più rappresentati sono Eparina/Eparansolfato, Dermatansolfato e Condroitinsolfato. Regola l’uptake di macromolecole. Attività antitrombotica specie per la presenza di Dermatansolfato che inattiva la trombina tramite il Cof Hep II. Protegge dai processi flogistici e protrombotici che si avviano sulla parete vasale. Il glicocalice contiene anche Glicoproteine (Selectine ed Integrine) che lo legano alla cellule endoteliali.

TABELLA 1 – Il glicocalice di GAGs modula la risposta della parete vasale (“signaling”).


Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 5. Nell’autoregolazione del microcircolo, in cui intervengono parete vascolare ed endotelio, il glicocalice di GAGs ha un ruolo centrale di interfaccia attiva tra endotelio e flusso ematico.

In pratica questa struttura modula il tono vascolare e la permeabilità delle diverse esigenze metaboliche, per esempio in condizioni di aumento o riduzione pressoria, o condizioni di stasi ematica e il glicocalice di GAGs è di fondamentale importanza per evitare che si verifichino eccessi di permeabilità capillare, che comporterebbero una ipossia tissutale, oppure un’attivazione di meccanismi protrombotici che possono determinare la formazione di un coagulo capace di bloccare il circolo e quindi determinare a sua volta ipossia tissutale.

GAGs e fisiopatologia del microcircolo Il ruolo chiave del glicocalice nei processi fisiopatologici dei distretti microcircolatori si può riassumere considerando che ogni alterazione circolatoria, quale ipertensione, ipotensione, diabete, processi aterotrombotici, conducono ad una scorretta

risposta endoteliale che, in ultima analisi, si traduce in un processo ischemico a carico delle strutture cocleo-vestibolari (Figura 6). Un aspetto particolare, spesso misconosciuto, delle patologie vestibolari di origine vascolare, è quello della ipotensione, che può essere legata alla stasi, dunque ad un problema del circolo venoso, che come l’iperviscosità e l’iperlipemia creano alterazioni del glicocalice, delle cellule endoteliali e a cascata: un aumento della adesione piastrinica e dei leucociti alla parete vascolare, alterazioni di permeabilità e microtrombi che hanno come esito finale il processo ischemico. Un aspetto fondamentale del funzionamento del glicocalice di GAGs è rappresentato dalla carica negativa, cioè dai gruppi solfato (SO4--), che respingono le piastrine ed i leucociti inibendo l’adesione di questi mediatori infiammatori e trombogenici, garantendo le condizioni fisiologiche della parete vascolare. Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Figura 6. Il danno endoteliale e la conseguente degradazione dei glicosaminoglicani (GAGs) producono nel microcircolo una cascata di eventi fisiopatologici culminanti nel processo ischemico.

Se un paziente ha un danno endoteliale indotto da patologie vascolari di base (quali ipertensione, diabete, iperlipemia, iperviscosità ematica), l’alterazione dello strato di glicosaminoglicani produce una serie di conseguenze emoreologiche e tissutali. In particolare, si verificano: 1. una riduzione dell’attività contrattile (riduzione CBF – Cochlear Blood Flow) e della fibrinolisi che aumentano la viscosità ematica ed il rischio trombotico (adesione piastrine, leucociti e formazione di microtrombi); 2. un’attivazione del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), che da un lato iperpermeabilizza alle macromolecole la parete vascolare, riducendo l’ossigenazione e dall’altro favorisce la degradazione della matrice extracellulare sbilanciando la produzione di enzimi, quali le metallo-proteasi, che regolano con

i loro inibitori (TIMPs) la produzione di collageno e definiscono la tenuta delle struttura endoteliale (Tabella 2). Prove di questi meccanismi fisiopatologici a livello dell’orecchio interno sono state portate da recenti studi su cavie con sindrome di Alport, in cui c’è un’alterazione chiara dell’omeostasi labirintica ed un innalzamento della metallo-proteasi (Gratton et al, Am J Pathol, 2005).Tali caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle riscontrabili nei pazienti aterosclerotici laddove ci sia una flogosi endoteliale. Un altro studio, tra l’altro italiano, mostra come nelle cavie esposte a shock acustico ci sia un aumento della espressione del VEGF, che segue il processo flogistico endoteliale iniziale, condizione correlata ad una contemporanea riduzione del flusso ematico (Picciotti et al, Hear Res 2006) (Tabella 3).

DANNO ENDOTELIALE E DEGRADAZIONE DELLO STRATO DI GAGS Conseguenze Tissutali: • Iperpermeabilità ed infiltrati leucocitari da cui deriva una diminuzione della perfusione di O2. • Diminuzione dell’attività contrattile e proliferazione dei periciti per produzione di VEGF con ispessimento della membrana basale. • Degradazione della matrice extracellulare per aumento di Metalloproteasi (MMP) che si accumula negli spazi extracellulari. Conseguenze Emoreologiche: • Adesione di piastrine e leucociti e formazione di aggregati prodromi di fenomeni microtrombotici. • Rilascio di fattori protrombotici (Tissue Factor) e riduzione di fattori inibenti l’attività della trombina. • Ridotta attività fibrinolitica. • Ridotto flusso ematico (stasi) per inibizione alla produzione di NO e prevalenza dei radicali liberi di ossigeno (Alterazione della bilancia NOx (ossido nitrico)/ROS (radicali liberi di ossigeno).

TABELLA 2 – Modello di risposta al danno endoteliale nella fisiopatologia del microcircolo.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

STUDI RECENTI HANNO FORNITO PROVE DEI MECCANISMI FISIOPATOLOGICI ATTIVATI DAL DANNO ENDOTELIALE A LIVELLO DELL’ORECCHIO INTERNO. •

Gratton MA, et al. Matrix Metalloproteinase Dysregulation in the Stria Vascularis of Mice with Alport Syndrome. Implications for Capillary Basement Membrane Pathology. Am J Pathol 2005 Le cavie con sindrome di Alport, caratterizzate da alterazioni dell’omeostasi labirintica, mostrano un innalzamento dei livelli di MMP 2-9 (proteasi di degradazione della matrice endoteliale) tipici del rimodellamento vasale osservabile nella aterosclerosi che segue la flogosi endoteliale. • Picciotti PM, et al. Vascular endothelial growth factor (VEGF) expression in noise-induced hearing loss. Hear Res 2006 Il flusso ematico dell’orecchio interno si riduce in esposizione al rumore. Nelle cavie esposte al rumore si è riscontrato un del VEGF, espressione del processo flogistico endoteliale.

TABELLA 3 – Vertigini e Microcircolo.

In sintesi nell’orecchio interno ritroviamo alcuni elementi patologici che si possono riscontrare in tutti gli altri distretti circolatori, ragion per cui le anomalie del microcircolo cocleovestibolare possono essere elementi causali di numerose manifestazioni vestibolari e uditive che noi riscontriamo nella pratica clinica.

V asculiti e danno immuno-mediato dell’orecchio interno È noto che una patologia dell’endotelio e del microcircolo può causare un problema a carico dell’orecchio interno, così come si riconosce che le vasculiti non sono altro che processi infiammatori della parete vasale. Se si ha dunque un’alterazione della parete vasale su base infiammatoria, in questo caso su base autoimmunitaria, è logico ipotizzare tutti quei meccanismi di alterazione del glicocalice e la cascata di eventi tissutali ed emoreologici alla base del meccanismo ischemico, come nella sindrome di Chung-Strauss, la granulomatosi di Wegener, e tutte le patologie dei piccoli vasi (Tabella 4, Figura 7). VASCULITI DEI PICCOLI VASI • Granulomatosi di Wegener • Sindrome di Churg Strauss

Figura 7. Nelle vasculiti, l’alterazione del glicocalice può risultare dai processi infiammatori (su base autoimmune) della parete vasale.

Già da tempo si è visto come l’arterite a cellule giganti abbia un’incidenza di vertigine posizionale che è del 20% verso il 2% della popolazione generale, dato oggettivo che non può essere trascurato; così come un lavoro sulla crioglobulinemia mista essenziale del nostro gruppo ha evidenziato delle anomalie del microcircolo e dei piccoli vasi ed ha riscontrato un’elevata incidenza di vertigine parossistica posizionale. Queste evidenze orientano a considerare anche nei casi immunitari il ruolo del microcircolo nella genesi di questi disturbi. Ancora più interessante risulta lo studio dei pazienti con la sindrome di Susac, rari fortunatamente, ma utilissimi per comprendere gli aspetti vascolari che nella clinica quotidiana sono apparentemente meno visibili. In questi pazienti ci sono delle anomalie a carico dei piccoli vasi, indotte praticamente da vasculite, per la quale si evidenziano infiltrati perivascolari, senza necrosi fibrinoide che riducono il flusso ematico, tant’è che l’aspetto tipico della risonanza è quella delle aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale (Figura 8, Tabella 5).

VASCULITI DEI VASI MEDI • Poliangioite Microscopica • Porpora di Schonlein-Henoch • Vasculite Crioglobulinemica • Vasculite Cutanea Leucocitoclastica • PoliArterite Nodosa (PAN) • Malattia di Kawasaki • Vasculite Isolata del SNC VASCULITI DEI GRANDI VASI • Arterite Temporale a Cellule Giganti (GCA) • Arterite di Takayasu

TABELLA 4 – Classificazione delle vasculiti in base al calibro del vaso.

Figura 8. Aspetto tipico della risonanza magnetica nei pazienti con sindrome di Susac: aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale, esito dei microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi.

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RARA SINDROME CAUSATA DA UNA ENCEFALOPATIA SUBACUTA MULTIFOCALE ASSOCIATA A SINTOMI AUDIOVESTIBOLARI E OCULARI CAUSATI DA FENOMENI DI MICROANGIOPATIA DA VASCULITE ANCHE IN ASSENZA DI ALTERAZIONI SIEROLOGICHE TIPICHE. • Cefalea, disturbi della memoria comportamentali, cognitivi e atassia. La RM mostra aree iperintense in T2 diffuse sia a livello sopra che sotto-tentoriale (DD con SM) indotte da microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi (infiltrati perivascolari ma non necrosi fibrinoide). • Ipoacusia bilaterale neurosensoriale a rapida progressione o improvvisa (F medio-basse). Vertigini ed instabilità con segni sia periferici (per ripetuti microinfarti del labirinto) che centrali. • Alterazioni segmentali bilaterali del campo visivo causate da occlusione di rami dell’arteria centrale della retina. Diagnosi con Fluoroangiografia. •

Prognosi buona se diagnosi precoce e terapia con steroidi e immunosoppressori.

TABELLA 5 – Sindrome di Susac.

aspetti diagnostici

terata emostasi, era fortemente aumentato, così come i livelli di fibrinogeno e di lipoproteine, sia nella fase acuta sia nel follow-up di questi pazienti (Figura 9).

Gli studi sperimentali, di anatomo-patologia e di microscopia elettronica permettono dunque di analizzare numerosi elementi del microcircolo, ma è nella traduzione clinica che queste informazioni acquisiscono un peso nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche dell’audiologo e del vestibologo. Gli aspetti diagnostici sono essenziali, dalla ricerca dei fattori di rischio vascolare nella anamnesi cardio-vascolare del paziente, ai reperti degli esami strumentali (Eco-Color-Doppler Sovraortrico, ECD-TC, RMN, etc.), ai biomarkers emato-chimici dei test di laboratorio, come ad esempio il D-dimero, il fibrinogeno e le lipoproteine, che danno una indicazione eziopatogenetica come riportato in figura 9, confrontando un gruppo di pazienti con una forma acuta periferica rispetto ad un gruppo di menièrici, si è visto che il D-dimero, espressione di un’al-

In letteratura non esistono dati certi. Un lavoro epidemiologico tedesco recente ha valutato l’associazione delle patologie comuni alla vertigine incrociando i registri e riscontrando che statisticamente c’è una correlazione con iperlipemia e ipertensione, mentre invece il diabete non ha mostrato questo tipo di rapporto con il problema vertigine (Neuhauser et al, Neurology 2005); in un altro lavoro del 2006 è stato notato come i pazienti con sordità improvvisa mostrino un incremento del fibrinogeno (Rudack et al, Thromb Haemost 2006), dato confermato peraltro da numerosissimi studi sperimentali sulla sordità, che non trova ancora però una piena conferma nella patologia vestibolare (Tabella 6).

A. Il livello ematico delle lipoproteine(a) si abbassa durante la fase acuta di una forma vertiginosa periferica, mentre si innalzano gli indici generici di flogosi (CRP, fibronogeno, citochine ecc.).

B. Aumento dei livelli di fibrinogeno, D-dimero, lipoproteine(a), leucociti nei pz con APV, sia nella fase acuta che nel periodo di followup,rispetto a pz con malattia di Menière.

S indromi vertiginose:

Figura 9. Le alterazioni di alcuni biomarkers emato-chimici (D-dimero, fibrinogeno lipoproteine) danno una indicazione eziopatogenetica, nella diagnostica della vertigine vascolare. Legenda: APV=patologia vertiginosa acuta.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

VERTIGINI E MICROCIRCOLO • Rudack C, et al. Vascular risk factors in sudden hearing loss. Thromb Haemost 2006 Possibile una correlazione tra livelli serici di Fibrinogeno e Sordità improvvvisa. Correlazione non significativa tra Lipidi ematici e Sordità improvvisa nei pz con infarto miocardio. •

Neuhauser HK, et al. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population. Neurology 2005 Iperlipemia ed Ipertensione sono correlabili all’insorgenza di vertigini di origine vestibolare mentre l’associazione con il diabete appare meno significativa.

TABELLA 6 – Iperlipemia e ipertensione correlano con la vertigine. L’iincremento del fibrinogeno correla con la sordità improvvisa.

Tra i fattori di rischio cardiovascolari quello che sembra più correlato con la flogosi endoteliale sembra essere la CPR, la proteina C-reattiva, che molti magari prescrivono quando hanno di fronte un paziente con tonsilliti recidivanti, ma che in realtà è considerato uno dei markers di rischio vascolare più importanti.

Recentemente è stato dimostrato come una frazione delle gamma-GT può essere considerata un elemento importante predittivo di rischio vascolare; la gamma-GT sembra possedere un’azione pro-ossidante, quindi ci sarebbe uno squilibrio del rapporto tra agenti ossidanti e ossido nitrico. Effettivamente esiste la possibilità che questo marker, analizzato in maniera adeguata, possa essere ulteriormente utilizzato per orientare la diagnosi. Partendo dal presupposto che è impossibile avere una diagnosi di vertigine vascolare su base strumentale, poiché i referti descrivono variazioni anatomiche del circolo vertebro-basilare mal correlate con il dato clinico, è utile considerare i dati clinico-anamnestici e soprattutto i fattori di rischio vascolari, basandoci su di una ipotesi microcircolatoria ricca di riferimenti clinici in altri distretti e di riscontri sperimentali nel distretto anatomico proprio, quello cocleo-vestibolare. Tali elementi pongono il danno microcircolatorio quale fattore causale rilevante delle forme vertiginose acute su base vascolare: è fondamentale, quindi valutare i markers, cioè gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci di parete possono avere un ruolo significativo (Figura 10).

Figura 10. I Glicosaminoglicani come il Sulodexide inibiscono la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire la parete del vaso (glicocalice) e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche --) grazie ai gruppi solfati (SO4--).

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

B ibliografia • • • • • • • • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Augusto Pietro Casani, Dipartimento di Neuroscienze - Sezione ORL, Università degli Studi di Pisa – via Savi 10 56126 Pisa e-mail: a.casani@ent.med.unipi.it

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numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Clinica dei disturbi del circolo posteriore Marco Manfrin Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Rianimatorie-Riabilitative e dei Trapianti d’Organo, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia – Pavia

Messaggi chiave 1. Le manifestazioni di deficit labirintico sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. 2. Nella ischemia del ramo vestibolare propriamente detto la sintomatologia uditiva è assente, mentre è importante il quadro vestibologico (s. di Lindsay-Hemenway). 3. Un’ischemia del ramo cocleare propriamente detto determina esclusivamente sintomi uditivi improvvisi, senza fluttuazione. 4. Un deficit acuto del ramo cocleo-vestibolare si associa a instabilità posturale intensa, spesso anche a nistagmo verticale-rotatorio verso il basso, ipoacusia sulle frequenze acute e acufene. Di riscontro l’assenza dei VEMPs. 5. Il deficit cronico dell’arteria uditiva interna può presentare ipoacusia percettiva “in discesa” associata a instabilità e iporeflettività vestibolare. 6. L’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare.

I ntroduzione La ricerca di sintomi e segni del deficit labirintico su base vascolare, obiettivamente riconducibili ad un evento vascolare di qualsivoglia natura all’interno delle varie strutture, è possibile sul versante uditivo ma non su quello vestibolare. Si parla quindi di una semeiotica otoneurologica, perché ipoacusia, acufeni, vertigini, instabilità possono essere legati ad un evento dell’orecchio interno, ad un evento dell’VIII nervo cranico, ad eventi del parenchima intra-assiale del tronco e anche a livello del lobo cerebellare. Le manifestazioni di deficit labirintico che possono presentarsi all’audiologo e al vestibologo sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. Le differenze sono rilevanti perché cambiano le strategie terapeutiche, la prognosi, le decisioni e l’atteggiamento clinico.

D eficit labirintico acuto e cronico La risonanza magnetica – esame che peraltro non viene eseguito in acuto – non ha capacità discriminante per identificare dal punto di vista clinico il deficit labirintico di natura vascolare. Questo aspetto è stato bene sottolineato da un recentissimo lavoro su casi di sordità associata a vertigine improvvisa esaminati con RMN (Son et al. Laryngoscope, 2007), dal quale risulta che solo il 35% dei pazienti è positivo per patologie vascolari e affini, cioè per altre

patologie che avevano probabilmente come ultimo effettore un evento vascolare (Figura 1). Dai quadri radiologici è risultato che l’1,1% dei casi è imputabile all’orecchio interno responsabile di perdita improvvisa della funzione cocleo-vestibolare; il 6,5% di patologie è identificabile in risonanza magnetica a livello del condotto uditivo interno dell’angolo ponto-cerebellare; il 3,4% è attribuibile a patologie a carico del tronco e il 22% a carico delle strutture intra-assiali del sistema nervoso centrale. L’emorragia intra-labirintica è l’unico elemento distintivo certo, che in RMN si può vedere con l’inconfondibile segnale iperintenso in T1 legato alla presenza di sangue all’interno del labirinto membranoso, nelle prime ore di un evento acuto a carico dell’orecchio interno.

Vascolarizzazione dell’orecchio interno e danno ischemico Come fare diagnosi differenziale? Sono di aiuto alcune considerazioni sulla vascolarizzazione dell’orecchio interno (Figura 2). Nella maggioranza dei casi l’arteria uditiva interna (AUI) è un vaso che nasce dall’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA); si tratta cioè di una circolazione di tipo terminale, anche se si comincia a considerare rilevante il fatto che a livello microscopico le zone recettoriali sono alimentate da due circuiti arteriosi: uno preferenziale detto metabolico, e un altro per la quota di sangue che “shunta” assicurando un parziale compenso emodinamico del microcircolo a livello di singole zone recettoriali. Esistono inoltre dei piccoli circoli perforanti provenienti dall’AICA soprattutto nel tratto prossimale dell’AUI che coadiuvano la circoOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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lazione, motivo per cui una patologia estrinseca occlusiva a questo livello può creare un danno vascolare a valle tanto più importante, quanto più distale è l’occlusione; questo spiega ad esempio perché piccole neoformazioni all’interno del condotto uditivo interno abbiano una discreta quota (5%) nei casi di sordità improvvisa e di vertigine acuta, come ad esempio nei casi di neurinoma intra-canalicolare. Un’altra considerazione di carattere fisiopatologico riguarda la distinzione fra eventi vascolari di natura emorragica e di tipo ischemico. Nell’ambito dei meccanismi intrinseci che possono sostenere l’ischemia, i meccanismi tromboembolici sono rari, in ragione della posizione anatomica dell’arteria uditiva, la cui emergenza ad angolo retto rispetto all’AICA garantisce una certa protezione dai meccanismi embolici provenienti dalla sezione sinistra del cuore. Tuttavia, la posizione ad angolo retto dell’arteria uditiva espone l’intima del vaso a zone di turbolenza (alterazioni emodinamiche), dunque a maggiori probabilità di danno endoteliale e attivazione di quei meccanismi trombotici che conducono ad un evento vascolare acuto. Sul piano clinico si può concludere che un evento Figura 1. Il segnale iperintenso in T1 è legato alla presenza di sangue all’interno del vascolare acuto è più probabile di un infarto dell’orecchio interno, e che fra gli eventi vascolari acuti le labirinto membranoso. Legenda: CUI = condotto uditivo interno; APC = angolo ponto-cerebellare; SNC = sistema trombosi dell’arteria uditiva interna sono più probanervoso centrale. bili di un’embolia.

Figura 2. Vascolarizzazione dell’orecchio interno. Le aree segnalate dai circoli individuano le afferenze sensoriali che innervano singoli territori cocleovestibolari.

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Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

ARTERIA

TERRITORIO

SEMEIOTICA CANALARE

SEMEIOTICA OTOLITICA

SEMEIOTICA COCLEARE

Uditiva interna

Orecchio interno

Ny spontaneo orizzontale-rotatorio, persistente, stazionario monodirezionale, pluriposizionale diretto verso il lato sano

Ocular tilt reaction verso il lato Anacusia, acufeni leso Verticale visiva soggettiva inclinata verso il lato leso VEMPs assenti

Vestibolare anteriore o superiore

Utricolo CSL CSA

Idem

OTR sfumata VVS patologica VEMPs presenti

Vestibolo-cocleare

Sacculo Ny spontaneo verticale-rotatorio OTR sfumata CSP verso il basso VVS normale Giro basale della coclea VEMPs assenti

Ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti, acufeni

Giro intermedio Giro apicale della coclea

Ipoacusia neurosensoriale in salita sui gravi e sui medi, acufeni

Cocleare propria

Assente

Normale

Normoacusia

TABELLA 1 – Semeiotica del deficit labirintico acuto su base vascolare.

Danno ischemico da deficit acuto Negli eventi vascolari acuti, quindi, il danno si può estrinsecare a carico di tutta l’arteria uditiva interna, ovvero su una parte dell’orecchio interno, partizione che ha anche un corrispettivo dal punto di vista neurale, in ragione della posizione delle afferenze sensoriali che innervano singole aree cocleo-vestibolari, accentrandosi poi nelle varie branche del nervo vestibolare a livello cocleare. • L’arteria vestibolare anteriore o superiore, o ramo vestibolare propriamente detto, ha il compito di fornire l’apporto arterioso al canale semicircolare superiore e a quello laterale, oltre che all’utricolo. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, permane l’attività del circolo posteriore, del sacculo e della coclea: la sintomatologia cocleare è completamente assente ma vi è un importante quadro riferito caratterizzato della sindrome di Lindsay-Hemeway (vertigini intense che si accentuano con i cambiamenti del capo e vomito intenso), legata alla presenza di otoliti che si distaccano dalla macula dell’utricolo e attivano il canale semicircolare posteriore perfettamente conservato. • Esiste poi una zona intermedia vascolarizzata dall’arteria cocleo-vestibolare, che ha in comune l’area recettoriale del canale circolare posteriore, la macula del sacculo e il giro basale della coclea. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, dal punto di vista della semeiotica si distingue un quadro molto complesso, con instabilità posturale intensa di durata variabile, sintomatologia vestibolare legata alla patologia maculare spesso con nistagmo verticale-rotatorio di tipo transitorio, e comparsa di deficit uditivo monolaterale sulle frequenze acute di grado variabile, associato ad acufene. • Il deficit acuto del ramo cocleare propriamente detto, che è responsabile della perfusione arteriosa del giro intermedio e apicale, si presenta con ipoacusia improvvisa sulle frequenze medie e gravi, senza segni né sintomi vestibolari. • Il limite tra il ramo cocleare dell’arteria cocleo-vestibolare ed il ramo cocleare propriamente detto è la porzione di coclea relativa alla frequenza 4KHz, che viene considerata come “l’ultimo prato dell’ultimo prato” a livello cocleare, fatto che ne comporta una maggiore esposizione a danni vascolari e di altra natura.

Sulla base di queste considerazioni sulle modalità di presentazione di una manifestazione clinica parziale o totale, l’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare. In tabella 1 è riportata una sinossi della semeiotica cocleare, canalare e otolitica del deficit vascolare acuto dell’orecchio interno; in rosso sono segnalati gli elementi più significativi. • Se il danno è nell’arteria uditiva interna, la lesione interessa tutto l’orecchio interno – Elementi di semeiotica: nistagmo spontaneo orizzontale o rotatorio con le caratteristiche della perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale; sintomi otolitici acuti (ad es. ocular tilt reaction verso il lato leso, verticale visiva alterata, VEMPs assenti); il soggetto si presenta fortemente ipoacusico o ipoacusico con acufeni. • Se il danno riguarda l’arteria vestibolare anteriore o superiore, sono lesionati l’utricolo, il sacculo e il canale semicircolare anteriore o superiore – Elementi di semeiotica: il quadro si presenta con lo stesso tipo di nistagmo come l’arteria uditiva interna; la semeiotica otolitica è sfumata, per il precipuo coinvolgimento dell’utricolo che entra piuttosto nella verticale visiva patologica; caratteristicamente VEMPs presenti; soprattutto normoacusia. • Se il danno avviene nel contesto vestibolo-cocleare, la lesione interessa sacculo, canale semicircolare posteriore e giro basale della coclea – Elementi di semeiotica: compare un nistagmo acuto verticale rotatorio verso il basso che non è di facile riscontro in posizione primaria di sguardo a paziente seduto e non lo si vede frequentemente, poiché si perde l’afferenza tonica di un solo canale semicircolare posteriore, mentre tutti gli altri canali e gran parte del sistema otolitico funzionano ancora. Questo nistagmo è quindi più di tipo posizionale, ed ovviamente non parossistico. Questo tipo di nistagmo spontaneo verticale rotatorio verso il basso si associa alla scomparsa dei VEMPs per danno sacculare e si ha ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti (tipicamente scende dai 4 KHz in giù) con acufeni. • Se c’è compromissione dell’arteria cocleare propria a livello del giro intermedio e apicale della coclea – Elementi di semeiotica: assenza di nistagmo e di deficit otolitici; ipoacuOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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sia neurosensoriale in salita sui toni gravi e medi che frequentemente viene interpretata anche come idrope endolinfatica. Se consideriamo valida questa classificazione, l’unico dato che manca riguarda i casi di sordità improvvisa su tutte le frequenze, per la quale è poco probabile un’origine vascolare, ad eccezione dei casi in cui alla sordità improvvisa pan-frequenziale si associa l’assenza dei VEMPs, dato che indica un coinvolgimento del sistema otolitico.

D iagnosi differenziale Una forma di deficit acuto del labirinto su base vascolare o di altra natura è praticamente indistinguibile da un evento emorragico o ischemico nel territorio dei rami laterali della PICA, poiché si manifesta con uno stesso quadro nistagmico. La prognosi è chiaramente molto differente nei due casi e la diagnosi differenziale può essere fatta con la semeiotica al letto del paziente, per esempio eseguendo il test di Halmagyi e con la stimolazione simultanea fredda. L’episodio potrebbe essere confuso anche come una sordità improvvisa, segno di come una vertigine acuta possa essere espressione di una sofferenza di un ramo dell’AICA, ovvero il prodromo iniziale di una sindrome di Wallenberg in cui subentrino cluster di sintomi neurologici come la paralisi del facciale, la disartria, etc. . Questa considerazione motiva la necessità del ricovero e del monitoraggio nelle prime 48-72 ore per i pazienti con cocleo-vestibolopatie in acuto. La stimolazione fredda simultanea permette inoltre di escludere gli eventi a livello del sistema nervoso centrale, poiché in questo caso i due labirinti porterebbero ad una inibizione simultanea e il nistagmo spontaneo non si modificherebbe.

Figura 3. Quadro audiometrico di ipoacusia da deficit cocleare.

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La diagnosi differenziale più frequente in clinica è quella di esclusione dell’evento infettivo neuronitico vestibolare, per la quale si considerano un insieme di caratteri e criteri clinici (dalla tipologia di paziente, al tipo di neurite:vestibolare/cocleare/cocleo-vestibolare), ma anche criteri epidemiologici, eziologici, radiologici, audiologici e terapeutici. • Le forme di nevrite infettiva a carico del nervo vestibolare colpiscono in età diversa da quella standard per gli eventi vascolari (over 50) – prevalentemente quindi interessano giovani privi di fattori di rischio cardiovascolari – e presentano una certa periodicità. • Esistono poi criteri eziologici per i quali è ormai accertata l’incidenza dell’origine virale di queste forme di neurite, soprattutto da Herpes simplex, agente patogeno che arriverebbe molto facilmente attraverso le anastomosi acustico-facciali al nervo vestibolare superiore (molto importante lo studio dei VEMPs). • Si considerano inoltre i criteri audiologici, secondo i quali qualora sia coinvolto il nervo cocleare, difficilmente ci può essere un recupero e di frequente risulta pan-frequenziale. • Nei criteri radiologici si discute molto se sia possibile con la risonanza magnetica vedere una neurite infettiva. Non esistono tuttavia dati certi da un punto di vista statistico, piuttosto segnalazioni di esperienze personali su prese di contrasto in T1 con gadolinio multifocali del nervo, che non hanno trovato riscontro in altri studi. • Fra i criteri terapeutici ex juvantibus, si riscontra un netto miglioramento con l’impiego dell’antivirale e del cortisonico nelle forme d’origine infettiva. Sul versante cocleare quando si ha un’ipoacusia come quella riportata in figura 3, è difficile capire cosa sia successo nell’orecchio interno o lungo il nervo cocleare.


Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

Questo quadro può essere comune alle due forme (neuronite – deficit su base vascolare), ma l’assenza dei VEMPs segnala l’esistenza di un problema di tipo vascolare all’interno del vestibolo cocleare. Infatti, in presenza di un evento acuto ischemico, le cel-

lule ciliate interne sono le prime a perdere funzionalità, come nel caso riportato in figura 4, caratterizzato da una curva tonale che interessa le frequenze gravi e medie: l’ipoacusia che supera i 60 decibel interessa la zona di competenza di queste cellule.

Figura 4. Quadro audiometrico di ipoacusia che supera i 60 decibel, interessando la zona di competenza delle cellule ciliate interne.

Quindi il deficit acuto su base vascolare si può distinguere facilmente da un primo attacco idropico, perché difficilmente nella

malattia di Menière si ha un’ipoacusia che supera i 60 decibel e il danno prevalente è a carico delle cellule ciliate esterne (Figura 5).

Figura 5. Quadro audiometrico di ipoacusia che non supera i 60 decibel, compatibile con attacco di idrope endolinfatica. La zona d’interesse è quella delle cellule ciliate esterne.

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Deficit labirintico cronico su base vascolare Il deficit labirintico cronico su base vascolare sfuma in un quadro di aspecificità sul versante cocleare e sul versante labirintico posteriore. In tabella 2 è segnalata la vertigine parossistica posizionale nei soggetti vascolari, ma in realtà in una popolazione di pazienti labirinto-litiasici i segni vascolari accertati sono compresi dal 2% all’11% dei casi. Per quanto riguarda la coclea, la semeiotica strumentale indica SEDE

SINTOMI

un’ipoacusia neurosensoriale che ha una morfologia variabile, poiché il deficit della coclea su base vascolare s’intreccia oltre che con una comorbilità sistemica di ordine endocrinologico, metabolico, diabetico, ecc. anche con altre patologie multifattoriali dell’orecchio interno come ad esempio la presbiacusia, il trauma acustico, il vasospasmo, il difetto arterioso in corso di trauma acustico e, come nella patogenesi vascolare, anche con l’idrope endolinfatica. SEMEIOTICA FISICA

SEMEIOTICA STRUMENTALE

COCLEA

Ipoacusia (bilaterale) Acufeni (+/-)

Negativa

Ipoacusia neurosensoriale (<60 dB) con morfologia variabile (piatta, in discesa, in salita); recruitment (+/-)

LABIRINTO POSTERIORE

Instabilità

Negativa NyPP da CSP o CSL

Iporeflettività bilaterale VEMPs (+/-)

TABELLA 2 – Semeiotica del deficit labirintico cronico su base vascolare.

CASO CLINICO. Nella pratica clinica quotidiana dell’audiologo e del vestibologo l’età è spesso l’unico elemento di discrimine per valutare la probabilità che un evento vascolare dell’orecchio interno si sia verificato o possa verificarsi nel soggetto esaminato. L’età di un soggetto anziano e una storia anamnestica delle eventuali patologie cardiovascolari acute e croniche sono le uniche informazioni sulle quali orientare il sospetto diagnostico nella maggior parte dei casi. In realtà, è possibile in diversi casi trarre ulteriori indicazioni semplicemente dall’osservazione dell’orecchio esterno; la plicatura del lobulo è infatti una circolazione di tipo terminale e un segno di distrofia in questa sede (Figura 6) rivela quasi sempre un soggetto iperteso, infartuato o dislipidemico; è quindi un indicatore delle condizioni della microcircolazione del paziente nell’area anatomica di interesse.

Figura 6. L’atrofia del lobo dell’orecchio esterno è un segno indicatore di deficit della microcircolazione nell’area anatomica di riferimento.

B ibliografia • • • • •

Lee H, Ahn BH, Baloh RW. Sudden deafness with vertigo as a sole manifestation of anterior inferior cerebellar artery infarction. J Neurol Sci 2004;222:105-7. Lee H, Sohn S-I, Cho YW, Lee S-R, Ahn BH, Park B-R, Baloh RW. Cerebellar infarction presenting isolated vertigo. Frequency and vascular topographical patterns. Neurology 2006;67:1178-83. Newman-Toker DE, Kattah JC, Alvernia JE, Wang DZ. Normal head impulse test differentiates acute cerebellar strokes from vestibular neuritis. Neurology 2008;70:2378-85. Seemungal BM, Bronstein AM. A practical approach to acute vertigo. Pract Neurol 2008;8:211-21. Son EJ, Bang JH, Kang JG. Anterior inferior cerebellar artery infarction presenting with sudden hearing loss and vertigo. Laryngoscope 2007;117:556-8.

Corrispondenza: Prof. Marco Manfrin, Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia - P.le Golgi, 2 27100 PAVIA e-mail: m.manfrin@smatteo.pv.it

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I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici nelle vertigini vascolari Daniele Nuti U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte - Università degli Studi di Siena

Messaggi chiave 1. La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie succlavie, delle vertebrali e della basilare. 2. Nei pazienti con disturbi dell’equilibrio (dizziness) bisogna considerare fattori favorenti il sintomo vertiginoso, come l’ipotensione o le malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare. 3. La vertigine è il sintomo cardine anche nella sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione della testa (“sindrome dell’arciere”), per interruzione del flusso da compressione meccanica, se coesistono una agenesia di una vertebrale e una spondilosi controlaterale. 4. Altro fattore predisponente è a dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni e tortuosità del sistema vertebro-basilare, congenita nei giovani o espressione di arteriosclerosi negli anziani. 5. L’emicrania basilare, che si presenta con una serie di sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, è un fattore di rischio di malattie vascolari.

A spetti di diagnosi differenziale Un “marker” classico delle vertigini vascolari, che non è un fattore di rischio nel senso stretto del termine, è rappresentato dal tipo di vertigine del paziente. Quando il soggetto racconta di ripetuti episodi vertiginosi che durano alcuni minuti e sono abbastanza ben raggruppati in un certo lasso di tempo (15, 20 giorni, un mese), fra le possibilità sul campo la più probabile è quella che si tratti di una vertigine di origine vascolare. Questo è stato appurato da lavori di epidemiologia ben fatti della scuola di Los Angeles. Un’altra possibilità è che si tratti di una vertigine di tipo emicranico, che è comunque un tipo di affezione che può riguardare la circolazione, rientrando nell’ambito delle vasculopatie. Questo tipo di vertigini può presentarsi associato o meno ad altri sintomi di tipo neurologico e nei casi di crisi ripetute nel tempo, si associa ad altri sintomi di tipo tronco-encefalico, quali disartria, dismetria, ecc. In questi casi la possibilità che si tratti di una vertigine di tipo vascolare aumenta senz’altro. Fra le vertigini vascolari, quelle meglio identificabili sono dovute a una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare con ischemia simultanea di più aree a livello periferico e/o centrale; quando è tutto il sistema vertebro-basilare ad essere ipoperfuso, la sede di origine va ricercata dal cuore ai grossi vasi del torace, al collo, all’arteria vertebrale, e all’arteria basilare In molti casi comunque la ipoperfusione avviene a carico di un singolo vaso, quindi con una ischemia ben circoscritta quale può essere quella del territorio

vestibolare solamente, o quella del territorio uditivo. La sede di origine in questi casi è vicina all’origine del piccolo vaso (Tabella 1). VASCULITI DEI PICCOLI VASI • Ipoperfusione del sistema Vertebro-Basilare, con ischemia simultanea di più aree (periferiche e centrali) • Possibile sede di origine: cuore, grossi vasi del torace, collo, arterie vertebrali, arteria basilare • Ipoperfusione di un singolo vaso, con ischemia di un’area circoscritta • Sede di origine: vicina alla origine del piccolo vaso

TABELLA 1 – Possibile sede d’origine dell’ischemia nelle vertigini vascolari.

Quando la vertigine vascolare è caratterizzata da un’ischemia di un piccolo vaso è praticamente impossibile effettuare una diagnosi differenziale tra vertigini di tipo vascolare e vertigini di tipo virale, essendo clinicamente analoghi i quadri di deficit da neurite vestibolare e da ischemia del territorio dell’arteria vestibolare. Si utilizzano allora criteri indicativi valutando, ad esempio, se il soggetto è anziano, iperteso, ipercolesterolemico, diabetico, casi nei quali sarà più probabile che si tratti di una vertigine di tipo vascolare. Le due categorie, cioè ipoperfusione di tutto il sistema oppure di un ramo terminale non sono mutualmente esclusive, quindi si possono sommare e questa è l’evenienza più frequente. È possibile, infatti, avere un’assenza di sintomi nell’affezione dei piccoli vasi per Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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il compenso di rami collaterali, mentre quando si somma, si realizza una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare e allora l’espressione sintomatica può essere di ischemia focale o infarto. La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie succlavie, delle vertebrali e della basilare (Figura 1).

zione atriale che danno origine a embolia o trombo-embolia, malattie del ritmo cardiaco (Tabella 3). • • • • • • • • • • •

Ipertensione Fumo Diabete Ipercolesterolemia-iperlipidemia lipoialinosi Ipertrofia ventricolare Fibrillazione atriale (embolia) Malattie del nodo del seno-asistolia-blocco A-V Sesso Età Familiarità

TABELLA 3 – Fattori di rischio.

Figura 1. Un ictus ischemico può derivare da patologie delle arterie di maggiore calibro o dei vasi di piccolo calibro (arterie perforanti). Legenda V=Rami perforanti.

Meno frequenti, ma comunque possibili sono gli emboli, la dissezione e le arteriti, la policitemia, la tromboangioite, le sindromi da ipercoagulazione ed anche ovviamente i traumi e in particolare alcuni tipi di trauma (Tabella 2). CAUSE • Arteriosclerosi delle arterie succlavie, vertebrali e basilare • Emboli • Dissezione • Arteriti-vasculiti • Policitemia • Tromboangioite obliterans • S. da ipercoagulazione • Traumi

TABELLA 2 – L’eziologia su base arteriopatica è la più frequente.

Oltre ai fattori di rischio maggiore (età, ipertensione, fumo, diabete, ipercolesterolemia) che danno indicazioni sul trattamento da effettuare, ce ne sono altri come l’ipertrofia ventricolare, la fibrilla-

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Uno dei fattori di rischio più importanti è sicuramente la familiarità per le malattie cerebro-vascolari, anche nei pazienti giovani che abbiano avuto nella famiglia episodi di ictus o ischemia a carico del miocardio; questi soggetti sono maggiormente predisposti rispetto a quelli che non hanno familiarità ischemica cerebrale; se poi la familiarità di ictus si somma a una familiarità per ipertensione, diabete o ipercolesterolemia, ovviamente il rischio di contrarre una vertigine di tipo vascolare aumenta esponenzialmente. L’identificazione di markers di ipotetico danno endoteliale del microcircolo dell’orecchio interno (Tabella 4). può essere importante, ma non sempre ci si può basare esclusivamente su questi, come ad esempio nei pazienti che non hanno vere vertigini, crisi vertiginose, vertigini ricorrenti, o grandi vertigini isolate, ma piuttosto dei disturbi dell’equilibrio (dizziness) o delle presbiastasie, per i quali bisogna considerare anche fattori di rischio o favorenti il disturbo vertiginoso, come l’ipotensione, le malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare, la compressione estrinseca e l’emicrania. • • • •

D-dimero (Alterazione del sistema emostatico) Lipoproteine (Diminuzione livello ematico durante forma vertiginosa acuta) Proteina C-reattiva (Marker dei processi arteriopatici) Fibrinogeno, citochine (Aumento dei comuni indici di flogosi)

TABELLA 4 – Markers del danno endoteliale del microcircolo labirintico.

IPOTENSIONE. È un fattore favorente il disturbo vertiginoso con una dualità di sintomi: il sintomo da ipotensione ortostatica, che esprime un ridotto afflusso cerebrale diffuso, non è una vera vertigine, ma piuttosto un’instabilità; protraendosi nel tempo, l’ipoafflusso può provocare un vero episodio vertiginoso, a causa dell’insorgere di una ischemia transitoria o meno. MALFORMAZIONI ARTERIOSE CONGENITE O ACQUISITE. Sono sicuramente un fattore di rischio vascolare importante per le


Nuti – I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici

vertigini, soprattutto se sommate a una compressione estrinseca. L’asimmetria di calibro tra le arterie vertebrali anche significativa è presente nel 50% delle persone. Nel 20% degli individui l’arteria vertebrale è emodinamicamente insufficiente; i neurologi e gli specialisti che si occupano di angiografia ritengono che un calibro di almeno 2 mm sia indispensabile per un buon flusso. Quindi, il riscontro di una arteria vertebrale normale e di una arteria vertebrale ipoplasica, se non addirittura assente, è un indicatore certo che il cervelletto, il tronco e il labirinto sono esposti ad un rischio maggiore di possibile sofferenza da ipoafflusso, specialmente se coesiste una spondilosi cervicale che in qualche modo può comprimere il vaso più grande e pervio. La spondilosi cervicale è molto frequente soprattutto dopo una certa età, ma sono molto rari i casi documentati di compressione meccanica sulle arterie vertebrali. Le lesioni arteriosclerotiche riguardano principalmente l’origine delle vertebrali e della succlavia, mentre il secondo e il terzo segmento delle arterie vertebrali sono più vulnerabili ai traumi, alla dissecazione spontanea, alla displasia fibrosa e alla compressione da parte di osteofiti che è comunque abbastanza rara. Sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione della testa Una forma non frequente di insufficienza vertebro-basilare (IVB) è quella descritta come Bow Hunter Syndrome, cioè la “sindrome dell’arciere”, che ruota la testa a 90° rispetto all’asse sagittale, movimento che in casi aprticolari può determinare un meccanismo per cui l’arteria vertebrale controlaterale compressa provoca un’ischemia a livello tronco-encefalico (Figura 2). La sede dell’ostruzione di solito è antero-occipitale e si tratta di una compressione meccanica dell’arteria vertebrale da parte di estensioni muscolari e/o tendinee, di osteofiti o altre modificazioni degenerative derivanti da spondilosi cervicale. Deve coesistere inoltre una stenosi o malformazione del vaso verso cui si ruota la testa (ipo-

plasia dell’arteria vertebrale, sua confluenza nella PICA). La rotazione della testa verso un lato a circa 90° determina la compressione verso la vertebrale controlaterale; se la testa ruota verso il lato stenotico viene compressa l’arteria vertebrale dominante e si ha un’interruzione del flusso con la vertigine come sintomo cardine. Ci possono essere anche acufeni e se l’occlusione diventa importante si avranno anche altri sintomi da deficit irrorativo. Questa IVB, descritta da autori della scuola tedesca, è caratterizzata da un nistagmo di tipo irritativo, però si può avere spesso un nistagmo di tipo eccitatorio. Tale condizione comporta un rischio imminente di infarto cerebellare e la diagnosi si fa con il doppler trans-cranico, che mette in evidenza un significativo decremento della velocità di flusso nell’arteria vertebrale con la rotazione della testa; in alternativa si esegue un’angiografia dinamica, più specifica. CASI CLINICI. Un paziente con disturbi dell’equilibrio, trattato con delle manipolazioni cervicali di tipo rotazionale, non stretching, ha sviluppato immediatamente singhiozzo e vertigine prolungata, ed è giunto alla nostra osservazione mostrando segni analoghi ad una sindrome di Wallenberg causata da torsioni del collo. Se gli arcieri sono pochi e i fisioterapisti sono tanti, i golfisti sono addirittura milioni ed esiste una “sindrome del golfista” che dipende dalla necessità di ruotare in modo importante le spalle, condizione che può realizzare quanto sopra descritto. In letteratura sono descritti casi di stroke vertebro-basilari in giocatori di golf, avvenuti durante la partita. Dolicoectasia vertebro-basilare Un altro fattore di rischio predisponente alle vertigini è la dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni, allungamenti e tortuosità del sistema vertebro-basilare (Figura 3). Questa può essere l’espressione di una arteriosclerosi negli anziani, cioè l’arteria vertebrale o comunque il sistema vertebro-basilare si può dilatare enormemente e quindi rallenta il flusso di sangue che deve arrivare al

Figura 2. Sindrome dell’arciere, in un quadro di spondilosi cervicale (++ a livello atlanto-assiale C1-2).

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cervello, ma può essere anche dovuta nei giovani a un difetto congenito della parete vasale. Questa sindrome può avere un decorso asintomatico, ma può dare anche disturbi neurologici, da compressione del deflusso liquorale, da compressione sul tronco, sui nervi cranici, tipo conflitto neurovascolare, e più facilmente determina una compromissione dell’apporto ematico al sistema vertebro-basilare. In uno studio su 23 pazienti con deficit condolico-basilare, il 52% aveva vertigini ricorrenti per minuti e ore e il 13% aveva avuto un unico episodio di vertigine prolungata. In molti di questi pazienti c’era un deficit unilaterale, ma in ben 4 su 23 c’era un deficit vestibolare bilaterale, quindi il deficit di flusso interessava entrambi i labirinti. I sintomi uditivi e vestibolari possono avere origine per compressione sul nervo o più facilmente per difetto di perfusione delle strutture labirintiche. Emicrania L’emicrania può essere considerata come un importante fattore di rischio per le vertigini vascolari e iniziano ad essere numerosi i lavori che lo comprovano. Si tratta di una malattia genetica, multigenica, ed esistono molte sindromi emicraniche dovute a mutazioni dei geni dei canali ionici. La più nota è l’emicrania familiare emiplegica, che si accompagna a volte a vertigine, a nistagmo riscontrabile in molti familiari, ma anche nell’emicrania basilare è stato individuato un gene, la cui mutazione è causa della malattia. I canali ionici del calcio, potassio e sodio sono critici per il mantenimento del potassio nell’endolinfa e per l’eccitabilità neuronale (il calcio entra e il potassio esce). Un loro difetto provoca una reversibile depolarizzazione delle cellule ciliate e gli attacchi vertiginosi tipici della vertigine ricorrente benigna dell’adulto, ma giustifica anche la possibilità di un’associazione tra emicrania e malattia di Menière. Ma per il coinvolgimento del gene del calcio si può avere un vasospasmo delle branche vestibolari dell’arteria uditiva interna. Quindi sono numerose le segnalazioni di vertigini emicraniche con ischemia o con infarto del labirinto e d’altra parte la International Headhache Society fra le complicanze dell’emicrania riconosce la

Figura 3. Angiografia digitale di dolicoectasia vetebro-basilare.

possibilità di un infarto emicranico che può riguardare il sistema vertebro-basilare, oltre quello carotideo. Il torcicollo parossistico infantile, che è un precursore della vertigine parossistica infantile, è stato attribuito ad una possibile aura senza cefalea per ischemia del tegmentum mesencefalico; anche nei bambini quindi l’emicrania sarebbe un fattore di rischio di malattie vascolari. L’emicrania basilare, di cui recentemente da una scuola italiana è stato identificato il gene responsabile, si presenta con una serie di sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, quindi anche questo costituisce un fattore di rischio importante. Nei pazienti emicranici vi è un elevato rischio di sviluppare la vertigine posizionale parossistica, presumibilmente per un danno ricorrente dell’orecchio interno da vasospasmo che predispone ad un disturbo del microcircolo e che può facilitare il distacco otolitico.

B ibliografia • • • • • • • • •

Brandt T, Baloh RW. Rotational vertebral artery occlusion: a clinical entity or various syndromes? Neurology 2005;65:1156-7. Choi KD, Shin HY, Kim JS, Kim SH, Kwon OK, Koo JW, Park SH, Yoon BW, Roh JK. Rotational vertebral artery syndrome: oculographic analysis of nystagmus. Neurology 2005;65:1287-90. Horowitz M, Jovin T, Balzar J, Welch W, Kassam A. Bow hunter's syndrome in the setting of contralateral vertebral artery stenosis: evaluation and treatment options. Spine 2002;27:E495-8. Maroon JC, Gardner P, Abla AA, El-Kadi H, Bost J. "Golfer's stroke": golf-induced stroke from vertebral artery dissection. Surg Neurol 2007;67:163-8. Passero S, Nuti D. Auditory and vestibular system findings in patients with vertebrobasilar dolichoectasia. Acta Neurol Scand 1996;93:50-55. Sorensen BF. Bow hunter's stroke. Neurosurgery 1978;2:259-61. Strupp M, Planck JH, Arbusow V, Steiger HJ, Brückmann H, Brandt T. Rotational vertebral artery occlusion syndrome with vertigo due to "labyrinthine excitation". Neurology 2000;54:1376-9. Taniguchi A, Wako K, Naito Y, Kuzuhara S. [Wallenberg syndrome and vertebral artery dissection probably due to trivial trauma during golf exercise] Rinsho Shinkeigaku1993;33:338-40. Young YH, Chen CH. Acute vertigo following cervical manipulation. Laryngoscope 2003;113:659-62.

Corrispondenza: Prof. Daniele Nuti, U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte – Viale Bracci 16 53100 Siena email: nutid@unisi.it

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Strategie terapeutiche La ricerca del razionale della terapia medica nelle vertigini vascolari Sandra Sigala, Francesca Parini, PierFranco Spano Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie, Sezione di Farmacologia - Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F. "Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia

Messaggi chiave 1. L’impiego dei farmaci emoreologici nella vertigine vascolare mira al ripristino della funzione dell’organo endoteliale nella fisiologica autoregolazione del microcircolo, quando l’equilibrio emostatico è compromesso da un danno della parete e del glicocalice nel sistema cocleovestibolare. 2. I fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manifestazione di una vertigine vascolare. 3. Le alterazioni del glicocalice e dei glicosaminoglicani (GAGs) che lo costituiscono provocano, a livello della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di tipo emoreologico con la formazione di microtrombi. 4. Nel paziente con una vertigine di tipo vascolare bisogna certamente trattare il sintomo, ma è molto importante procedere con una terapia di tipo causale. 5. L’associazione GAGs/eparina (come il Sulodexide) inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche negative) grazie ai gruppi SO4 --. 6. Grazie alle componenti (80% Eparina-20% Dermatansolfato) Sulodexide presenta attività antitrombotica-profibrinolitica e inibizione dei processi infiammatori a carico della parete vascolare, con indiretto effetto antiaggregante.

E ndotelio: un organo con diverse funzioni Le basi razionali dell’uso di farmaci emoreologici e dell’applicazione di strategie terapeutiche antitrombotiche nelle vertigini vascolari poggiano sul ruolo dell’organo endoteliale nella patogenesi ischemica e trombotica, che trova riscontro nel distretto cerebrale

(Small Vessel Disease) e nei prati terminali del sistema cocleo-vestibolare, dove le variazioni emodinamiche (flusso), emoreologiche (fibrinogeno) ed emostatiche (microtrombi), locali o sistemiche, favoriscono un impoverimento dell’apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule nervose nei diversi letti microcircolatori (Figura 1). L’endotelio non è infatti una semplice barriera tra il sangue e la parte extracellulare, ma è un organo estremamente vitale e dinamico (Tabella 1), caratterizzato da una struttura funzionale denominata glicocalice (vedi Box). RAPPRESENTA UNA BARRIERA CON PERMEABILITÀ SELETTIVA • Funge da filtro di “segnali” originati nel sangue • È sia l’origine che il target di fattori che modificano la risposta biologica • Modula eventi fisiopatologici locali REGOLA IN MODO DINAMICO: • I fenomeni di emostasi e di trombosi • Il tono vascolare • La crescita ed il rimodellamento vascolare • Le reazioni immunitarie ed infiammatorie

Figura 1. Meccanismi patogenetici delle vertigini vascolari.

TABELLA 1 – Funzioni dell’organo endoteliale.

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GLICOCALICE STRUTTURA DELL’ENDOTELIO

• • – – –

FUNZIONALE

Garantisce coesione tra le cellule endoteliali Influenza: permeabilità capillare viscosità ematica processi coagulativi

Anche in cardiologia lo studio di endotelio e glicocalice è sempre più importante nella indagine fisiopatologica, tanto da aprire spazi di formazione nei corsi universitari sulla farmacologia dell’endotelio. L’azione dei nuovi farmaci cardiovascolari è mirata al ripristino di una corretta funzionalità sia dell’endotelio che del glicocalice. L’endotelio è un organo che bilancia i fattori pro-aggreganti con quelli anti-aggreganti (bilancia emostatica) e questo equilibrio nel microcircolo diventa estremamente delicato (Figura 2). L’endotelio inoltre produce monossido d’azoto ad azione vasodilatante, e subisce un’azione vasocostrittrice ad opera dell’angiotensina II oppure ad opera dell’endotelina. Esistono poi l’azione anticoagulante svolta dagli anticoagulanti fisiologici come l’eparina e un’azione pro-coagulante svolta da una serie di fattori dell’emostasi. Un aspetto rilevante da sottolineare è che il glicocalice di GAGs è il reservoir di una serie di interleuchine pro-infiammatorie che si liberano quando la struttura di glicosaminoglicani viene alterata in condizioni patologiche, cioè sotto l’azione di fattori di rischio vascolari meccanici (es. IVB), metabolici (iperglicemia, alterazioni ormonali) e trombotici. Il glicocalice inoltre limita il legame delle citochine circolanti all’endoltelio e quindi l’attivazione di tutti i processi infiammatori (Tabella 2).

Il glicocalice è una pellicola estremamente idratata, simile a un gel, con uno spessore variabile da 0.5 a 3 micron che riveste la parte luminale dell’endotelio di tutto l’albero circolatorio, dal microcircolo ai vasi di maggiore calibro. Ha un ruolo importante, in particolare a livello dei capillari che costituiscono la più ampia area di scambio con i tessuti e che sono costituiti da solo endotelio. Il film semifluido del glicocalice è costituito da un intreccio di glicoproteine, glicosaminoglicani (GAGs), proteoglicani e proteine plasmatiche.. In superficie (zona esterna) è composto prevalentemente da GAGs, rappresentati soprattutto da eparina, dermatansolfato ed eparansolfato (acido ialuronico). Numerosi GAGs vanno a coniugarsi con proteine (formando proteoglicani) o con lipidi (formando glicolipidi). Un aspetto fisiologico fondamentale del glicocalice è la presenza di cariche negative esposte verso il lume endoteliale, costituite da gruppi solfidrilici e carbossilici, le quali respingono leucociti e piastrine (soprattutto i leucociti che hanno carica negativa), impedendo che inizino il processo di rimarginazione, adesione e fissazione all’endotelio che attiva i processi di infiammatori della parete vascolare. All’interno di questa struttura estremamente idratata si trovano tutta una serie di proteine che hanno un ruolo importante per il mantenimento della funzionalità del microcircolo, come l’aantitrom bina III (fattore anti-coagulante), la superossido-dismutasi extracel lulare, cioè un enzima che riduce la quantità di radicali liberi circolanti. Oltre a queste proteine esiste una serie di sostanze che hanno un’azione anti-coagulante contenute a livello del glicocalice e liberate nel sangue, fra le quali la lipoproteinlipasi che influisce sulla lipidemia. Altri fattori di crescita, come il VEGF, stimolano la proliferazione sia della muscolatura che del connettivo dei vasi e la superossido-dismutasi.

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Figura 2. L’endotelio è un organo che mantiene in equilibrio i fattori proaggreganti e anti-aggreganti (bilancia emostatica).


Sigala et al. – Strategie terapeutiche

FATTORI VASCOLARI Antitrombina III Cofattore Eparinico II TFPI

FGFr Ec-SOD IL2, 3, 4, 5, 7, 8, 12 RANTES (CCL5)

FUNZIONI VASCOLARI PRINCIPALI Potente inattivatore di proteasi pro-coagulanti quali: trombina, fattori Xa e IXa; l’attività viene amplificata dall’eparina e dal glicocalice di GAGs. Inattivazione della trombina. Viene attivato dal dermatansolfato nel glicocalice endoteliale. Anticoagulante - Inibitore del Tissue Factor plasmatico (fattore VII attivato) Proteina anticoagulante che blocca il fattore VIIa e Xa. LPL Enzima coinvolto nel breakdown delle lipoproteine a bassa densità. VEGF Potente stimolatore dell’angiogenesi. TGF‚1/2 Fattore di crescita che regola la differenziazione delle cellule muscolari lisce, il tono vascolare e la reattività. Fattore di crescita coinvolto nella proliferazione cellulare e nella angiogenesi. Quencher extracellulare di specie reattive dell’ossigeno. Chemiotassi dei leucociti nel sub-endotelio; coinvolto nella adesione e diapedesi. Il glicocalice riduce il legame delle citochine ai recettori della superficie della parete.

TABELLA 2 – Fattori vascolari la cui funzione fisiologica dipende dalla interazione con il glicocalice endoteliale (Reitsma et al. Pflugers Arch – Eur J Physiol, 2007).

L’analisi in vivo della sezione trasversale di un capillare (Figura 3) mostra le strutture polisaccaridiche anioniche (formate da glicoproteine, proteoglicani e GAGs) che associate a plasma-proteine (es. albumina, fibrinogeno), fattori di crescita (es. VEGF), enzimi (es. LPL, SOD) acqua, costituiscono uno strato idratato simile ad un gel e mantengono la pellicola di glicocalice in posizione. Risulta

A. La sezione trasversale di un capillare miocardico in vivo mostra nel lume endoteliale: - Glicocalice e strutture polisaccaridiche

evidente come la funzione endoteliale sia espressione del glicocalice: infatti, questa interfaccia flusso-endotelio è sensibile all’azione di enzimi degradanti i glicosaminoglicani come la ialuronidasi, che determina l’avvio dell’infiammazione con la formazione di edema perivascolare e l’attivazione e la perdita della funzionalità endoteliale.

B. Dopo un’ora di perfusione con ialuronidasi, il capillare mostra: - Perdita del glicocalice - Sviluppo di edema perivascolare

Figura 3. Lume endoteliale di un capillare miocardico (sezione trasversale in vivo) prima (A) e dopo perfusione con enzima degradante il glicocalice (B) (van den Berg et al. Circ Res 2003).

I fattori di rischio vascolare influenzano la costituzione del glicocalice e la funzionalità endoteliale. Una recentissima meta-analisi dei lavori sperimentali e clinici pubblicati (Tabella 3) ha mostrato come una serie di fattori di rischio vascolare, tra i quali la stasi e/o il basso shear stress di parete del flusso, così come l’iperglicemia, il diabete e l’iperlipidemia provochino danni a livello della struttura del glicocalice, con conseguente perdita di produzione del monossido d’azoto (NO) a livello endoteliale e contestuale riduzione della vasodilatazione capillare (Figura 4). La produzione del monossido

d’azoto è fondamentale per l’emodinamica dei distretti vascolari e la sua regolazione sembra essere legata alle proteine che fluttuano all’interno del glicocalice e trasmettono alla parete i segnali meccanici (pressione), chimici (es. glicemia) e biologici (es. enzimi) che circolano nel flusso ematico, garantendo una fine modulazione che adegua, momento per momento, la risposta vascolare alle esigenze metaboliche. È noto che i fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manife-

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Aree di shear stress insufficiente • Stimolo del flusso insufficiente per la produzione di NO (Caro et al., Kelly and Snow, Arisaka et al.) Iperglicemia • Azzeramento della risposta allo shear stress (Kelly et al.) • Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.) Diabete • Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.) Iperlipidemia • Danno endoteliale (Vink et al.) • Riduzione della resistenza capillare (Constantinescu et al.) • Adesione dei leucociti (Constantinescu et al.)

TABELLA 3 – Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici su costituzione del glicocalice e funzionalità endoteliale (Noble et al. QJM 2008).

Figura 4. Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici sul glicocalice endoteliale e le sue funzioni. (Noble et al. QJM 2008).

stazione di una vertigine vascolare. Le alterazioni del glicocalice e dei glicosaminoglicani che lo costituiscono provocano, a livello della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di tipo emoreologico con la formazione di microtrombi (Tabella 4).

DISFUNZIONE ENDOTELIALE AREA COCLEO-VESTIBOLARE

Su queste basi, quando un paziente arriva all’osservazione con una vertigine di tipo vascolare, bisogna certamente trattare il sintomo, ma se esiste il razionale per una vertigine vascolare, è molto importante procedere con una terapia di tipo causale.

MECCANISMO FISIOPATOLOGICO

FISIOPATOLOGIA VASCOLARE

Iperpermeabilità

Alterazione equilibrio perilinfa/endolinfa (Na+/K+)

Alterazione funzione Hair Cells (Na+/K+ dipendente)

Perdita funzione Cocleo-Vestibolare

Infiammazione

Microcircolo Cocleo-Vestibolare

Disfunzione endoteliale - Adesione leucociti - Adesione piastrine - produzione NO

Disfunzione microcircolo - Iperpermeabilità - Microtrombi - Tono vascolare

Trombogenesi

Microcircolo cerebrale

Disfunzione endoteliale - Microtrombi (es. Arteria uditiva interna)

Disfunzione microcircolo - Ischemia

Tono vascolare ( NO)

Microcircolo Cocleo-Vestibolare

TABELLA 4 – Alterazione del glicocalice di GAGs nel microcircolo cocleo-vestibolare).

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Sigala et al. – Strategie terapeutiche

Figura 5. Terapia sintomatica dell’attacco vertiginoso.

S trategie terapeutiche Terapia sintomatica Per definire la strategia terapeutica è fondamentale definire il razionale dell’impiego di determinati farmaci ed il loro scopo. È dunque importante chiarire che per terapia sintomatica generalmente ci si riferisce a una terapia soppressiva della funzione vestibolare e alla terapia anti-emetica (Figura 5). I farmaci utilizzati in quest’ambito vanno proprio ad agire sui neurotrasmettitori che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione di queste funzioni, quali il GABA, l’istamina, l’acetilcolina e la dopamina. Si tratta quindi di farmaci che agiscono sui recettori per l’istamina (antistaminici), per l’acetilcolina (anticolinergici), per la dopamina (antidopaminergici), per il GABA (benzodiazepine); un discorso a parte meritano la betaistina e la flunarizina, in quanto farmaci con meccanismi d’azione particolari (vedi Box). La maggioranza dei farmaci sintomatici non presentano una selettività d’azione, nel senso che non sono in grado di agire su un solo recettore, ma agiscono su più recettori. Terapia causale Nella patogenesi delle vertigini di origine vascolare il ruolo dell’endotelio, del microcircolo e dei glicosaminoglicani (glicocalice) è fondamentale come precedentemente descritto. Su queste basi è pos-

sibile individuare, per la terapia causale, i farmaci che mirano al trattamento dei fattori all’origine della vertigine vascolare. Si tratta dunque di farmaci che agiscono sulla coagulazione del sangue, tra i quali gli antiaggreganti, gli anticoagulanti ed i farmaci di parete. ANTIAGGREGANTI. Acido acetilsalicilico (ASA) e ticlopidina sono i farmaci maggiormente usati (Figure 7, 8). • L’ASA viene utilizzato come antiaggregante ad una dose di 100 mg al giorno ed è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica, andando a inibire la sintesi del trombossano 2, che è una sostanza con una forte azione pro-aggregante, attraverso l’inibizione irreversibile della ciclo-ossigenasi, enzima che catalizza la formazione del trombossano a partire dall’acido arachidonico. L’ASA agisce anche a livello della cellula endoteliale, andando ad inibire la sintesi di prostacicline, sostanza con proprietà antiaggreganti (al contrario del trombossano): dunque l’effetto antiaggregante si limita al flusso e non coinvolge la parete. Infine l’ASA risulta ototossico, aspetto che esclude ogni possibile ruolo causale nella terapia delle vertigini vascolari. • La ticoplidina è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica mediante l’inibizione dell’aggregazione ADP-mediata, nel senso che si lega a un recettore per l’adenosina presente sulle piastrine, e va ad aumentare la produzione dell’AMP-ciclico con conseguente inibizione dell’aggregazione piastrinica. Viene impiegata a dosi di 250 mg fino a due volte al giorno. Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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TERAPIA SINTOMATICA SOPPRESSIVA DELLA FUNZIONE VESTIBOLARE ANTISTAMINICI. Non agiscono esclusivamente sui recettori H1 e, soprattutto quelli di prima generazione, presentano anche un’azione anticolinergica, alfalitica e antidopaminergica, il che rende ragione degli importanti effetti collaterali, primo tra tutti la sedazione. Per ovviare al problema della sedazione la ricerca ha creato farmaci sempre più selettivi, rappresentati dagli antistaminici di ultima generazione, tra i quali la classe delle difenilpiperazine che presentano, oltre a un’attività propriamente emoreologica, anche un’attività calcio-antagonista. Il più usato è la cinnarizina che oltre ad agire come antistaminico è in grado di inibire la vasocostrizione periferica. A questa famiglia appartiene anche la flunarizina che presenta un meccanismo d’azione specifico, comportandosi da calcio-antagonista e bloccando i canali per il calcio di tipo T. BENZODIAZEPINE. Il farmaco più impiegato è il diazepam, che potenzia l’azione del neurotrasmettitore inibitorio GABA, importante a livello dei circuiti nervosi che regolano la funzione vestibolare ed il centro del vomito. L’attività GABA-ergica delle benzodiazepine viene inoltre sfruttata per l’effetto ansiolitico e sedativo. ANTICOLINERGICI (ANTAGONISTI DEI RECETTORI MUSCARINICI). Vengono impiegati quelli a struttura non quaternaria, che permette loro di passare la barriera ematoencefalica, e tra questi, la scopolamina. ANTIDOPAMINERGICI. Antagonizzano i recettori della dopamina sia a livello centrale che periferico. Vene utilizzata soprattutto la trietilperazina, che appartiene alle classi delle fenotiazine: è in grado di agire sui recettori per la dopamina; presenta anche un’attività ·1-bloccante e anticolinergica. BETAISTINA. Analogo strutturale della istamina, da un punto di vista farmacodinamico viene classificata come agonista dei recettori H1 per l’istamina e soprattutto come antagonista dei recettori H3 dell’istamina; agisce sui vasi, sul sistema nervoso centrale e sull’orecchio interno e il suo meccanismo d’azione viene ricondotto sia perifericamente che centralmente. Perifericamente va ad agire da antagonista sui recettori H3, quindi aumentando innanzitutto il flusso ematico vestibolo-cocleare e riducendo anche il funzionamento asimmetrico degli organi vestibolari. Centralmente agisce sugli auto-recettori H3, che sono dei recettori presinaptici deputati alla regolazione e al feedback negativo del rilascio di istamina. La betaistina, agendo da antagonista, va ad aumentare il rilascio di istamina dai nuclei vestibolari.

ANTICOAGULANTI. Nei pazienti che presentano un elevato rischio cardiovascolare può essere indicato l’impiego di anticoagulanti orali, farmaci con impatto di maggiore entità sulla coagulazione, ma meno maneggevoli, soprattutto per l’elevato rischio di sanguinamento. Acenocoumarolo e warfarin, sostanze analoghe da un punto di vista chimico, si differenziano per caratteristiche farmacocinetiche. • Il warfarin presenta un’emivita più lunga. Sono in grado di inibire la coagulazione del sangue andando ad inibire l’enzima epossido-reduttasi, che riattiva la vitamina K che è stata consumata nel cosiddetto processo di carbossilazione, dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. FARMACI DI PARETE. L’organismo possiede anticoagulanti fisiologici – le eparine e i glicosaminoglicani (anche l’eparina è un glicosaminoglicano) – che sono definiti “farmaci di parete” perché permettono di mantenere l’integrità dell’endotelio attraverso un’azione che si esplica con: riduzione di adesione di piastrine e di leucociti al lume endoteliale; inibizione dell’attivazione piastrinica; inibizione dell’accrescimento del trombo; lisi di un trombo già costituito; hanno inoltre un’attività pro-fibrinolitica (Tabella 5). • Esistono due forme di eparina: le eparine ad alto peso molecolare (eparina calcica – 30.000 Dalton) ed eparine a basso peso molecolare (EBPM) (3-6.000 Dalton). La differenziazione in base al peso molecolare delle eparine si traduce in clinica nell’utilizzo delle EBPM per via iniettiva, come anticoagulanti in fase acuta, e dei glicosaminoglicani (es. sulodexide), per via iniettiva e/o orale, come antitrombotici di parete.

Figura 7. L’attività di antiaggregante piastrinico dell’acido acetilsalicilico consiste nell’inibire la sintesi di Trombossano A2 (TXA2), determinando l’acetilazione irreversibile di una Ser vicina al sito attivo della COX 1. Inoltre inibisce il fattore trascrizionale NF-kB

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Sigala et al. – Strategie terapeutiche

• La principale differenza nel meccanismo d’azione fra anticoagulanti (EBPM) e antitrombotici di parete (glicosaminoglicani-GAGs) consiste nel fatto che i primi inibiscono selettivamente il Fattore Xa, importante nella fase acuta di embolizzazione (distacco dalla parete vascolare) del trombo formato, mentre i secondi inibiscono anche gli altri fattori della cascata coagulativa, fondamentali nella formazione del trombo sulla parete vascolare danneggiata. Le EBPM hanno il pentasaccaride, strettamente specifico per il fattore Xa, e un numero inferiore a 13 di unità di saccaridiche. Tutti i GAGs a basso e medio peso molecolare (3-9.000 Dalton) (Chest ACCP 2008) a differenza della Eparina calcica, hanno un’attività limitata sul Fattore IIa (antiaggregante), determinante per il rischio emorragico delle eparine. Tali caratteristiche rendono, da un punto di vista pratico (sicurezza e maneggevolezza), le EBPM e gli Antitrombotici di Parete (es. Sulodexide) rispettivamente utili nel Tromboembolismo Arterioso (TEA) e nel trattamento/prevenzione delle microtrombosi a carico dei sistemi microcircolatori.

Figura 8. Ticlopidina e clopidogrel inibiscono l’aggregazione ADP-dipendente, inibendo in modo irreversibile (formazione di un ponte S-S) il recettore per l’adenosina P2Y12 (che induce aggregazione piastrinica in seguito ad inibizione della produzione di cAMP).

Nuove prospettive terapeutiche dell’associazione GAGs/Eparina Eparine e glicosaminoglicani giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’integrità della funzione endoteliale. L’associazione GAGs/eparina inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche negative) grazie ai gruppi SO4 --. • Sulodexide è un’associazione tra eparina e glicosaminoglicani. È costituito per l’80% da eparina a basso e medio peso molecolare (6-8.000 Dalton) e per il 20% da dermatansolfato (antitrombotico fisiologico). • Presenta attività farmacologiche che sono da ricondurre all’attività di entrambe le componenti che lo costituiscono (Figura 9). 1. Alla frazione eparinica (80%) spetta l’azione antitrombotica di parete che Sulodexide esplica mediante l’inibizione sui fattori IIIa e Xa, e l’inibizione dell’adesione piastrinica all’endotelio, attraverso la ricostituzione del glicocalice di parete.

FARMACI DI PARETE: EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE (EBPM) e GLUCOSAMINOGLICANI (GAGs) • Conferiscono atrombogenicità al lume vasale (ridotta adesione di piastrine e leucociti) • Inibiscono la formazione del trombo (inibizione dell’attivazione piastrinica) • Inibiscono l’accrescimento del trombo (inibizione del Cof Eparinico II) • Favoriscono la lisi di un trombo già costituito (attività anti-Xa) • Stimolano la fibrinolisi (azione emoreologica su tPA e PAI)

TABELLA 5 – Anticoagulanti fisiologici: eparine e glucosaminoglicani (GAGs).

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Figura 9. Attività farmacologiche del Sulodexide riconducibili alle componenti: eparina (80%) e dermatansolfato (20%).

2. Alla frazione dermatanica spetta un’azione antitrombotica dovuta all’inibizione specifica del Cofattore II dell’eparina, determinante nel depostio di trombina al trombo in formazione adeso alla parete endoluminale e importante anche nel rilascio di un fattore pro-trombotico come il Tissue Factor (TF). 3. La componente dermatanica presenta anche una potente azione fibrinolitica perché aumenta la liberazione dell’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) e riduce la liberazione dell’inibitore del plasminogeno attivato (PAI), che insieme costituiscono la bilancia fibrinolitica fisiologica. • L’azione più importante, evidenziata con gli studi più recenti, riguarda l’inibizione dei processi infiammatori a carico della parete vascolare, che sono quasi sempre alla base dei processi ischemici (iperpermeabilità e riduzione del tono vascolare) e trombotici (adesione piastrinica e cascata coagulativa). Un effetto indiretto, ma di fondamentale importanza riguarda l’azione antiaggregante per la riduzione dell’aggregazione piastrinica mediata dai leucociti. Infine è da sottolineare che una delle prime azioni scoperte per questo farmaco di origine biologica riguarda l’attività di normalizzazione dei valori lipidici, per aumento della liberazione delle lipoproteinlipasi, dal quale deriva l’unità di misura ULS (Unità Lipasemiche Sistemiche). La figura 10 riassume l’attività antitrombotica del Sulodexide, dovuta sia alla componente eparinica che dermatanica, e l’attività fibrinolitica dovuta alla componente dermatanica.

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Una prova dell’azione antiflogistica di parete (ridotta adesione dei leucociti alla parete vascolare) del Sulodexide riguarda l’inibizione dei valori di proteina C-reattiva (PCR) in circolo, cioè di un marker specifico di rischio cardiovascolare. Uno studio del 2005nel ha valutato la capacità del Sulodexide di inibire il valore di PCR, dimostrando una riduzione della sua produzione e del suo deposito a livello dell’endotelio. Analoga inibizione avviene per le frazioni di complemento che costituiscono il MAC, per cui si riduce l’attivazione del complemento e il suo deposito a livello delle cellule endoteliali. Sulodexide si è dimostrato inoltre efficace anche nella riduzione della percentuale di zona infartuata suscettibile a riperfusione cardiaca, indicando un’altra possibile indicazione nella riduzione del rischio di riperfusione in seguito ad ischemia. Altri studi recenti hanno inoltre dimostrato un’azione favorevole del Sulodexide nelle microangiopatie diabetiche, per la capacità di ridurre la proteinuria, riconosciuta a livello internazionale (Società di Diabetologia e Ipertensione) come importantissimo biomarker del Rischio Cardio-Vascolare per tutti i letti vascolari e non più solo per quello renale. La proteinuria rappresenta la quantità di albumina che passa dal microcircolo alle urine ed è un indice affidabile della permeabilità endoteliale. Nei soggetti microalbuminurici (30300 µg/dl) e macro-albuminurici (> 300 µg/dl) l’eccesso di albumina che passa nelle urine indica una iperpermeabilità microcircolatoria. Per i soggetti diabetici e/o ipertesi l’aumento della proteinuria è un marker del danno endoteliale su tutti i letti vascolari, com-


Sigala et al. – Strategie terapeutiche

Figura 10. Attività antitrombotica-profibrinolitica del Sulodexide.

preso quello sovraortico cerebrale, che muove il Rischio CV di eventi acuti, TIA ed Ictus compresi da 2 a 8 (odd ratio) rispetto ai pazienti ipertesi e/o diabetici con normoalbuminuria. La normalizzazione della proteinuria da parte di farmaci come il Sulodexide riduce la progressione della microangiopatia diabetica e, nel caso di disturbi audio-vestibolari di origine microangiopatica, mostra un forte razionale di terapia causale. Da un punto di vista farmacocinetico Sulodexide presenta due picchi ematici, segno che viene captato da organi di deposito come l’endotelio e viene lentamente rilasciato. Presenta infatti un volume di distribuzione di 71 lt, elevato quindi, tipico dei farmaci che vengono accumulati negli organi di deposito; l’escrezione è prevalentemente urinaria. Da sottolineare inoltre la scarsità degli effetti collaterali soprattutto in termini di un basso rischio di sanguinamento.

In conclusione, per una terapia causale nei disturbi audio-vestibolari di origine vascolare, è da considerare il ruolo dell’endotelio e del glicocalice dove il Sulodexide mostra un razionale in termini di mantenimento dell’integrità dell’endotelio. • Da un punto di vista clinico, il razionale è stato testato da diversi studi, fra i quali citiamo il Vascular Vertigo, (Vasc Vert Study) che ha mostrato l’efficacia del Sulodexide nell’ambito delle vertigini vascolari. I soggetti con diagnosi di vertigine vascolare studiati, dopo essere stati stratificati in base ai fattori di rischio, sono stati suddivisi in base al trattamento: quelli già trattati con ASA o con ticlopidina hanno continuato questa terapia; quelli non ancora in trattamento sono stati messi in terapia con Sulodexide. Dopo due mesi di terapia, sia gli antiaggreganti sia il Sulodexide si sono dimostrati efficaci nella riduzione dei sintomi, intesi come stabilità posturale e anche sintomi neurovegetativi.

B ibliografia • • • • • •

Albers GW, Amarenco P, Easton JD, Sacco RL, Teal P; American College of Chest Physicians. Antithrombotic and thrombolytic therapy for ischemic stroke: ACCP Evidence-Based Clinical Practice Guidelines (8th Edition). Chest 2008;133:630S-669S. Constantinescu AA, Vink H, Spaan JAE. Elevated capillary tube hematocrit reflects degradation of endothelial cell glycocalyx by oxidized LDL. Am J Physiol Heart Circ Physiol 2001;280:1051-7. Guidetti G. La terapia della vertigine vascolare nella pratica ambulatoriale: esperienza multicentrica (Studio VascVert). Otorinolaringol 2005;55:237-46. Guth PS. The pharmacology of betahistine in the context of the vestibular system. Acta Otorhinolaryngol Ital 2001;3(Suppl 66): 16-23. Kelly RF, Snow HM. Characteristics of the response of the iliac artery to wall shear stress in the anaesthetized pig. J Physiol 2007;582(Pt 2):731-43. Lacour M, Sterkers O. Histamine and betahistine in the treatment of vertigo: elucidation of mechanisms of action. CNS Drugs 2001;15:853-70.

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Nieuwdorp M, van Haeften TW, Gouverneur MCLG, et al. Loss of endothelial glycocalyx during acute hyperglycemia coincides with endothelial dysfunction and coagulation activation in vivo. Diabetes 2006;55:480-6. Noble MIM, Drake-Holland AJ, Vink H. Hypothesis: arterial glycocalyx dysfunction is the first step in the atherothrombotic process. QJM 2008;101: 513-8. Reitsma S, Slaaf DW, Vink H, van Zandvoort MA, Oude Egbrink MG. The endothelial glycocalyx: composition, functions, and visualization. Pflugers Arch-Eur J Physiol 2007;454:345-59. van den Berg BM, Vink H, Spaan JA. The endothelial glycocalyx protects against myocardial edema. Circ Res 2003;92:592-4. Vink H, Constantinescu AA, Spaan JAE. Oxidized lipoproteins degrade the endothelial surface layer: implications for platelet-endothelial cell adhesion. Circulation 2000;101:1500-2.

Corrispondenza: Prof. Sandra Sigala, Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie – Sezione di Farmacologia – Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F. "Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia – viale Europa, 11 25123 Brescia e-mail: sigala@med.unibs.it

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Otoneurologia 2000

5a Edizione Giornate di Vestibologia Simposio – Modena, 5-6 Settembre 2008

PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI

Serie editoriale:

CLINICAL CASE MANAGEMENT

Aggiornamento periodico:

OTONEUROLOGIA 2000 Marzo 2009 / n.29

Coordinamento Scientifico: Dr. Giorgio Guidetti Direttore del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda Unitaria Sanitaria Locale di Modena e-mail: g.guidetti@ausl.mo.it

NUMERO SPECIALE Il razionale diagnostico-terapeutico nella Vertigine Vascolare L’appuntamento con le “Giornate di Vestibologia” di Modena, giunto alla quinta edizione con il coordinamento scientifico di Giorgio Guidetti, ha offerto ampia materia di formazione e aggiornamento per i partecipanti ad un corso ECM accreditato di specializzazione sull’argomento complesso delle vertigini, presentato e discusso da clinici, ricercatori e tecnici, specialisti in ORL, Audiologia, Audiometria, Neurologia, Otoneurologia, Psicologia e Farmacologia. Un focus dedicato al “Razionale diagnostico-terapeutico nella Vertigine Vascolare” ha consentito ai relatori di mettere a fuoco, con un approfondimento multidisciplinare, i progressi raggiunti nella gestione e nel trattamento farmacologico di questa patologia di difficile inquadramento nosologico ed eziologico

SOMMARIO Coordinamento editoriale Grafica e Prestampa: Mediserve Editoria & Formazione Redazione: Adriana Russo

Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico . . . . . . . . . . . . . ? Augusto Pietro Casani

Clinica dei disturbi del circolo posteriore . . . . . . . . . . . . . . . . . ? Marco Manfrin

I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ? Daniele Nuti

Strategie terapeutiche . . . . . . . . . . . . . . . 32 La ricerca del razionale della terapia medica nelle vertigini vascolari Sandra Sigala, Francesca Parini

© 2009 MEDISERVE S.r.l Milano - Firenze - Napoli



numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico Augusto Pietro Casani Dipartimento di Neuroscienze, Sezione ORL - U.O. ORL I, Università degli Studi di Pisa

M essaggi chiave 1. La vertigine è considerata il sintomo più frequente e precoce (talvolta l’unico) di insufficienza vertebro-basilare (IVB), per la sensibilità alle diminuzioni di flusso ematico caratteristica del distretto anatomico che comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio. 2. Precarietà fisiologica del circolo V-B e peculiarità anatomo-funzionale di circolo terminale della micorcircolazione labirintica offrono una base razionale all’inquadramento eziopatogenetico di alcuni quadri clinici (quali sordità improvvisa e/o vertigine) come deficit irrorativo dell’orecchio interno. 3. La capacità autoregolatoria del microcircolo è compromessa dai meccanismi di risposta al danno dell’endotelio, sensibile (soprattutto nei distretti microcircolatori) agli stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico che degradano lo strato di glicosaminoglicani (GAGs) del glicocalice della parete vasale. 4. La sintomatologia cocleo-vestibolare del deficit labirintico rimanda alla fisiologia del territorio in cui può essersi prodotta un’ischemia totale o parziale per ostruzione dell’arteria uditiva interna (AUI) o di uno dei suoi rami, oppure per danno immuno-mediato da vasculite. 5. Nelle forme vertiginose acute da danno microcircolatorio è fondamentale valutare gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice, e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci “di parete” (GAGs come ad es. il sulodexide) hanno un ruolo terapeutico significativo.

I ntroduzione

C ircolo posteriore e IVB

La Vertigine Vascolare rappresenta uno dei temi di maggiore inte-

L’apporto vascolare al labirinto e alle strutture vestibolari centrali è

resse della Vestibologia. L’argomento è da lungo tempo affrontato in campo otoneurologico, sia dai clinici che dai ricercatori, interessati alla definizione di criteri clinici o strumentali utili ad una diagnosi certa di vertigine di origine vascolare, da cui trarrebbe ovviamente vantaggio la gestione farmacologica del paziente vertiginoso. Strumenti terapeutici molto validi sono infatti disponibili per il paziente la cui vestibulopatia periferica o centrale sia da ricondurre ad una problematica di tipo circolatorio. Il razionale di impiego dei farmaci emoreologici si basa su criteri anatomici e clinici ben evidenti, se si considera che la maggior parte delle strutture coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio si trovano nell’area cerebrale compresa sotto il circolo vertebro-basilare, la cui portata di 200 ml/min corrisponde all’incirca al 20% del circolo anteriore. Praticamente, il circolo posteriore si trova in una condizione di precarietà fisiologica rispetto al circolo anteriore; questa evidenza, illustrata da William e Wilson già nel 1962, giustifica il fatto che la vertigine possa essere considerata il sintomo più frequente e più precoce dell’insufficienza vertebro-basilare. Questi brevi cenni introduttivi da soli bastano a sottolineare l’importanza delle problematiche legate all’anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico.

di competenza del circolo posteriore vertebro-basilare. Poiché si tratta di un distretto anatomico scarsamente irrorato, necessita di una grande quantità di metaboliti ed è particolarmente sensibile alle diminuzioni di flusso ematico. Questa area comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio: ne consegue che la vertigine rappresenta il sintomo più frequente e precoce di insufficienza vertebro-basilare (IVB) (Figura 1). Un aspetto significativo dell’anatomia del distretto vertebro-basilare da evidenziare è che, a differenza del circolo anteriore, quello posteriore è caratterizzato da un’elevatissima incidenza di variazioni anatomiche. Ad esempio, molto spesso il calibro delle due arterie vertebrali inferiori – posteroinferiore (PICA) e anteroinferiore (AICA) – è molto differente; è frequente inoltre la ipoagenesia o addirittura la completa agenesia di una arteria vertebrale. Le numerose variabili del circolo posteriore potrebbero giustificare ulteriormente la particolare suscettibilità al danno ischemico, sia trombo-embolico che emo-dinamico, delle strutture del distretto vertebro-basilare (Figura 2) in cui, essendo vascolarizzato dall’arteria uditiva interna, è compreso l’orecchio interno, cioè il labirinto auricolare che si compone di coclea (organo dell’udito) e di apparato vestibolare (organo dell’equilibrio). Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

S indromi vertiginose da IVB centrale e periferica

Figura 1. Peculiarità del circolo posteriore vertebro-basilare e sintomatologia vertiginosa da insufficienza vascolare.

L’orecchio interno è un elemento ancora più complesso, perché l’arteria uditiva interna è un ramo puramente terminale, cioè non vi sono reti anastomotiche rilevanti. È quindi chiaro che questi distretti sono i più suscettibili e che, all’interno di queste aree, la zona posta sotto il controllo dell’arteria vestibolare anteriore (calibro più piccolo rispetto agli altri), è ulteriormente esposta ai possibili danni ischemici. La sindrome di Lindsay-Hemenway, ad esempio, è la conseguenza di un’ostruzione del ramo vestibolare anteriore: l’insulto ischemico a carico del canale semicircolare laterale e a carico dell’utricolo può dar luogo ad un distacco otolitico, a sua volta responsabile delle crisi posizionali recidivanti dopo l’episodio acuto. Esiste la possibilità che, attraverso il ramo vestibolare della vestibolococleare, il canale semicircolare posteriore e anche il sacculo rimangano indenni dall’insulto ischemico: si giustifica in tal modo il fatto che nell’ambito delle forme vascolari si possano verificare delle manifestazioni vertiginose che si caratterizzano per un interessamento del sistema vestibolare centrale, oppure delle forme periferiche. Al riguardo esiste in letteratura una nutrita serie di dati bibliografici: l’elevata incidenza della vertigine, come sintomo iniziale, ha l’insufficienza vertebro-vestibolare come causa comune di vertigine in soggetti di età superiore ai 50 anni (Figura 3).

Figura 2. Decorso delle arterie vertebrali dalle quali origina l’arteria basilare che, attraverso l’arteria uditiva interna, vascolarizza l’apparato cocleo-vestibolare. Legenda: PICA= arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferiore.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 3. Approccio vestibologico alle forme centrali e periferiche di Insufficienza Vertebro-Basilare. Legenda: UVL=unilateral vestibular loss; PPV=paroxysmal positional vertigo; SI=synchronization indices; AVA=anterior vestibular artery

Nel caso di un’ostruzione dell’arteria nella fossetta laterale del bulbo, si può manifestare la sindrome di Wallenberg, associata a sintomi neurologici, ma questa viene affidata al neurologo. • Quali sono i casi che il vestibologo deve considerare? Certamente i casi in cui la vertigine è isolata. • È possibile dunque che esista una forma monosintomatica di insufficienza vertebro-basilare? Questo è un aspetto che va studiato, perché si tende a sovrastimare, per carenza di supporti diagnostici-strumentali validi, l’eziologia di alcune sindromi vertiginose. Questa sovrastima non è scorretta, poiché numerose patologie che possono essere indicate come episodio acuto di tipo periferico, in realtà riconoscono un’origine centrale. Sempre nell’ambito delle forme periferiche, gli episodi di “unilateral vestibular loss”, improvvisi o meno, seguiti da una vertigine posizionale, rientrano nell’ambito della sindrome di LindsayHemenway. Questi esempi sottolineano l’importanza clinica di

valutare un’origine centrale e vascolare di problemi che apparentemente sembrano solo periferici, come bene evidenziato da un recente lavoro (Lee et al, Neurology 2006) confermato da altri studi, in cui si dimostra che almeno il 10% dei pazienti con infarto cerebellare isolato hanno una situazione di vertigine come unico sintomo della manifestazione ischemica; questo è un dato molto importante (Figura 4). L’esperienza del nostro Dipartimento nel valutare pazienti con sindrome vestibolare acuta, anche da un punto di vista centrale, ha permesso, nell’arco di 4 mesi, di raccogliere 5 pazienti con infarto cerebellare, a dispetto delle resistenza incontrate nell’eseguire una risonanza urgente, aspetto che evidenzia come il problema della diagnosi differenziale sia squisitamente pratico. Nella clinica pratica un esame fondamentale per questi casi è il test di Halmagyi, che rappresenta uno dei criteri diagnostici differenziali più importanti, soprattutto in caso di normalità del test, ed è un ottimo indicatore per l’esecuzione degli accertamenti neuro-radiologiOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Figura 4. Vertigine isolata come criterio diagnostico differenziale nell’infarto cerebellare. Legenda: PICA=arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferior; SCA=arteria cerebellare superiore

ci, risonanza e angio-risonanza, che confermano poi l’origine centrale e vascolare della maggior parte dei casi di questi quadri clinici, di riscontro quotidiano nella pratica clinica della audio-vestibologia. Nelle forme vascolari dell’orecchio interno ha un ruolo centrale la fisiopatologia del microcircolo, la porzione del sistema vascolare che finalizza il trasporto del sangue, cioè che porta nutrimento ai tessuti attraverso l’endotelio.

I principali aspetti da sottolineare delle funzioni endoteliali sono: • la capacità di sintetizzare i costituenti della matrice extracellulare, che sono gli elementi basali per l’adesione della cellula e regolano il tono vascolare (es. endotelina - EDRF, endothelium-derived relaxing factor); • il ruolo nell’angiogenesi (es. regolazione VEGF); • il ruolo nei meccanismi della flogosi e dell’immunità, dato importante per la clinica.

A utoregolazione del microcircolo e

Come si è detto, la risposta della parete vasale è modulata dalla attività del glicocalice, attraverso il meccanismo di signaling, con lo scambio di informazioni flusso-parete, in maniera molto simile a quello che accade con i batteri nell’ambito del biofilm (Tabella 1).

risposta al danno endoteliale L’endotelio, definito di recente gatekeeper, rappresenta l’unità funzionale vascolare più suscettibile a stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico, soprattutto nei distretti microcircolatori. Alcuni autori lo definiscono “organo endoteliale”, per le numerose funzioni che svolge nella regolazione della permeabilità ad ossigeno e metaboliti e della emostasi, che in ultima analisi definisce l’emoreologia del flusso e ne condiziona l’emodinamica (Figura 5). L’endotelio non è una barriera inerte tra le macromolecole e i tessuti, bensì un’unità funzionale fondamentale per la regolazione del microcircolo. SIGNALING. Di particolare interesse è l’interfaccia attiva fra endotelio e flusso, definita glicocalice, che consiste di un sottile film di glicosaminoglicani (GAGs), e garantisce lo scambio continuo di informazioni fra elementi in circolo e struttura endoteliale, con un processo definito signaling, che assicura la modulazione della permeabilità capillare, della viscosità ematica e quindi influenza i meccanismi che sono alla base di una ipossia tissutale.

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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

MECCANISMO DI SIGNALING DEL GLICOCALICE Elemento centrale nella stabilità fisiologica del microcircolo: tono vascolare, permeabilità e bilancia emostatica vengono regolati dai glicosaminoglicani (GAGs) a seconda degli stimoli (ad es. pressori) • • • • • •

Lo spessore del glicocalice va da un minimo di 0.5 μm dei capillari ai 4.5 μm della carotide. I GAGs più rappresentati sono Eparina/Eparansolfato, Dermatansolfato e Condroitinsolfato. Regola l’uptake di macromolecole. Attività antitrombotica specie per la presenza di Dermatansolfato che inattiva la trombina tramite il Cof Hep II. Protegge dai processi flogistici e protrombotici che si avviano sulla parete vasale. Il glicocalice contiene anche Glicoproteine (Selectine ed Integrine) che lo legano alla cellule endoteliali.

TABELLA 1 – Il glicocalice di GAGs modula la risposta della parete vasale (“signaling”).


Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 5. Nell’autoregolazione del microcircolo, in cui intervengono parete vascolare ed endotelio, il glicocalice di GAGs ha un ruolo centrale di interfaccia attiva tra endotelio e flusso ematico.

In pratica questa struttura modula il tono vascolare e la permeabilità delle diverse esigenze metaboliche, per esempio in condizioni di aumento o riduzione pressoria, o condizioni di stasi ematica e il glicocalice di GAGs è di fondamentale importanza per evitare che si verifichino eccessi di permeabilità capillare, che comporterebbero una ipossia tissutale, oppure un’attivazione di meccanismi protrombotici che possono determinare la formazione di un coagulo capace di bloccare il circolo e quindi determinare a sua volta ipossia tissutale.

GAGs e fisiopatologia del microcircolo Il ruolo chiave del glicocalice nei processi fisiopatologici dei distretti microcircolatori si può riassumere considerando che ogni alterazione circolatoria, quale ipertensione, ipotensione, diabete, processi aterotrombotici, conducono ad una scorretta

risposta endoteliale che, in ultima analisi, si traduce in un processo ischemico a carico delle strutture cocleo-vestibolari (Figura 6). Un aspetto particolare, spesso misconosciuto, delle patologie vestibolari di origine vascolare, è quello della ipotensione, che può essere legata alla stasi, dunque ad un problema del circolo venoso, che come l’iperviscosità e l’iperlipemia creano alterazioni del glicocalice, delle cellule endoteliali e a cascata: un aumento della adesione piastrinica e dei leucociti alla parete vascolare, alterazioni di permeabilità e microtrombi che hanno come esito finale il processo ischemico. Un aspetto fondamentale del funzionamento del glicocalice di GAGs è rappresentato dalla carica negativa, cioè dai gruppi solfato (SO4--), che respingono le piastrine ed i leucociti inibendo l’adesione di questi mediatori infiammatori e trombogenici, garantendo le condizioni fisiologiche della parete vascolare. Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Figura 6. Il danno endoteliale e la conseguente degradazione dei glicosaminoglicani (GAGs) producono nel microcircolo una cascata di eventi fisiopatologici culminanti nel processo ischemico.

Se un paziente ha un danno endoteliale indotto da patologie vascolari di base (quali ipertensione, diabete, iperlipemia, iperviscosità ematica), l’alterazione dello strato di glicosaminoglicani produce una serie di conseguenze emoreologiche e tissutali. In particolare, si verificano: 1. una riduzione dell’attività contrattile (riduzione CBF – Cochlear Blood Flow) e della fibrinolisi che aumentano la viscosità ematica ed il rischio trombotico (adesione piastrine, leucociti e formazione di microtrombi); 2. un’attivazione del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), che da un lato iperpermeabilizza alle macromolecole la parete vascolare, riducendo l’ossigenazione e dall’altro favorisce la degradazione della matrice extracellulare sbilanciando la produzione di enzimi, quali le metallo-proteasi, che regolano con

i loro inibitori (TIMPs) la produzione di collageno e definiscono la tenuta delle struttura endoteliale (Tabella 2). Prove di questi meccanismi fisiopatologici a livello dell’orecchio interno sono state portate da recenti studi su cavie con sindrome di Alport, in cui c’è un’alterazione chiara dell’omeostasi labirintica ed un innalzamento della metallo-proteasi (Gratton et al, Am J Pathol, 2005).Tali caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle riscontrabili nei pazienti aterosclerotici laddove ci sia una flogosi endoteliale. Un altro studio, tra l’altro italiano, mostra come nelle cavie esposte a shock acustico ci sia un aumento della espressione del VEGF, che segue il processo flogistico endoteliale iniziale, condizione correlata ad una contemporanea riduzione del flusso ematico (Picciotti et al, Hear Res 2006) (Tabella 3).

DANNO ENDOTELIALE E DEGRADAZIONE DELLO STRATO DI GAGS Conseguenze Tissutali: • Iperpermeabilità ed infiltrati leucocitari da cui deriva una diminuzione della perfusione di O2. • Diminuzione dell’attività contrattile e proliferazione dei periciti per produzione di VEGF con ispessimento della membrana basale. • Degradazione della matrice extracellulare per aumento di Metalloproteasi (MMP) che si accumula negli spazi extracellulari. Conseguenze Emoreologiche: • Adesione di piastrine e leucociti e formazione di aggregati prodromi di fenomeni microtrombotici. • Rilascio di fattori protrombotici (Tissue Factor) e riduzione di fattori inibenti l’attività della trombina. • Ridotta attività fibrinolitica. • Ridotto flusso ematico (stasi) per inibizione alla produzione di NO e prevalenza dei radicali liberi di ossigeno (Alterazione della bilancia NOx (ossido nitrico)/ROS (radicali liberi di ossigeno).

TABELLA 2 – Modello di risposta al danno endoteliale nella fisiopatologia del microcircolo.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

STUDI RECENTI HANNO FORNITO PROVE DEI MECCANISMI FISIOPATOLOGICI ATTIVATI DAL DANNO ENDOTELIALE A LIVELLO DELL’ORECCHIO INTERNO. •

Gratton MA, et al. Matrix Metalloproteinase Dysregulation in the Stria Vascularis of Mice with Alport Syndrome. Implications for Capillary Basement Membrane Pathology. Am J Pathol 2005 Le cavie con sindrome di Alport, caratterizzate da alterazioni dell’omeostasi labirintica, mostrano un innalzamento dei livelli di MMP 2-9 (proteasi di degradazione della matrice endoteliale) tipici del rimodellamento vasale osservabile nella aterosclerosi che segue la flogosi endoteliale. • Picciotti PM, et al. Vascular endothelial growth factor (VEGF) expression in noise-induced hearing loss. Hear Res 2006 Il flusso ematico dell’orecchio interno si riduce in esposizione al rumore. Nelle cavie esposte al rumore si è riscontrato un del VEGF, espressione del processo flogistico endoteliale.

TABELLA 3 – Vertigini e Microcircolo.

In sintesi nell’orecchio interno ritroviamo alcuni elementi patologici che si possono riscontrare in tutti gli altri distretti circolatori, ragion per cui le anomalie del microcircolo cocleovestibolare possono essere elementi causali di numerose manifestazioni vestibolari e uditive che noi riscontriamo nella pratica clinica.

V asculiti e danno immuno-mediato dell’orecchio interno È noto che una patologia dell’endotelio e del microcircolo può causare un problema a carico dell’orecchio interno, così come si riconosce che le vasculiti non sono altro che processi infiammatori della parete vasale. Se si ha dunque un’alterazione della parete vasale su base infiammatoria, in questo caso su base autoimmunitaria, è logico ipotizzare tutti quei meccanismi di alterazione del glicocalice e la cascata di eventi tissutali ed emoreologici alla base del meccanismo ischemico, come nella sindrome di Chung-Strauss, la granulomatosi di Wegener, e tutte le patologie dei piccoli vasi (Tabella 4, Figura 7). VASCULITI DEI PICCOLI VASI • Granulomatosi di Wegener • Sindrome di Churg Strauss

Figura 7. Nelle vasculiti, l’alterazione del glicocalice può risultare dai processi infiammatori (su base autoimmune) della parete vasale.

Già da tempo si è visto come l’arterite a cellule giganti abbia un’incidenza di vertigine posizionale che è del 20% verso il 2% della popolazione generale, dato oggettivo che non può essere trascurato; così come un lavoro sulla crioglobulinemia mista essenziale del nostro gruppo ha evidenziato delle anomalie del microcircolo e dei piccoli vasi ed ha riscontrato un’elevata incidenza di vertigine parossistica posizionale. Queste evidenze orientano a considerare anche nei casi immunitari il ruolo del microcircolo nella genesi di questi disturbi. Ancora più interessante risulta lo studio dei pazienti con la sindrome di Susac, rari fortunatamente, ma utilissimi per comprendere gli aspetti vascolari che nella clinica quotidiana sono apparentemente meno visibili. In questi pazienti ci sono delle anomalie a carico dei piccoli vasi, indotte praticamente da vasculite, per la quale si evidenziano infiltrati perivascolari, senza necrosi fibrinoide che riducono il flusso ematico, tant’è che l’aspetto tipico della risonanza è quella delle aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale (Figura 8, Tabella 5).

VASCULITI DEI VASI MEDI • Poliangioite Microscopica • Porpora di Schonlein-Henoch • Vasculite Crioglobulinemica • Vasculite Cutanea Leucocitoclastica • PoliArterite Nodosa (PAN) • Malattia di Kawasaki • Vasculite Isolata del SNC VASCULITI DEI GRANDI VASI • Arterite Temporale a Cellule Giganti (GCA) • Arterite di Takayasu

TABELLA 4 – Classificazione delle vasculiti in base al calibro del vaso.

Figura 8. Aspetto tipico della risonanza magnetica nei pazienti con sindrome di Susac: aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale, esito dei microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi.

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

RARA SINDROME CAUSATA DA UNA ENCEFALOPATIA SUBACUTA MULTIFOCALE ASSOCIATA A SINTOMI AUDIOVESTIBOLARI E OCULARI CAUSATI DA FENOMENI DI MICROANGIOPATIA DA VASCULITE ANCHE IN ASSENZA DI ALTERAZIONI SIEROLOGICHE TIPICHE. • Cefalea, disturbi della memoria comportamentali, cognitivi e atassia. La RM mostra aree iperintense in T2 diffuse sia a livello sopra che sotto-tentoriale (DD con SM) indotte da microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi (infiltrati perivascolari ma non necrosi fibrinoide). • Ipoacusia bilaterale neurosensoriale a rapida progressione o improvvisa (F medio-basse). Vertigini ed instabilità con segni sia periferici (per ripetuti microinfarti del labirinto) che centrali. • Alterazioni segmentali bilaterali del campo visivo causate da occlusione di rami dell’arteria centrale della retina. Diagnosi con Fluoroangiografia. •

Prognosi buona se diagnosi precoce e terapia con steroidi e immunosoppressori.

TABELLA 5 – Sindrome di Susac.

aspetti diagnostici

terata emostasi, era fortemente aumentato, così come i livelli di fibrinogeno e di lipoproteine, sia nella fase acuta sia nel follow-up di questi pazienti (Figura 9).

Gli studi sperimentali, di anatomo-patologia e di microscopia elettronica permettono dunque di analizzare numerosi elementi del microcircolo, ma è nella traduzione clinica che queste informazioni acquisiscono un peso nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche dell’audiologo e del vestibologo. Gli aspetti diagnostici sono essenziali, dalla ricerca dei fattori di rischio vascolare nella anamnesi cardio-vascolare del paziente, ai reperti degli esami strumentali (Eco-Color-Doppler Sovraortrico, ECD-TC, RMN, etc.), ai biomarkers emato-chimici dei test di laboratorio, come ad esempio il D-dimero, il fibrinogeno e le lipoproteine, che danno una indicazione eziopatogenetica come riportato in figura 9, confrontando un gruppo di pazienti con una forma acuta periferica rispetto ad un gruppo di menièrici, si è visto che il D-dimero, espressione di un’al-

In letteratura non esistono dati certi. Un lavoro epidemiologico tedesco recente ha valutato l’associazione delle patologie comuni alla vertigine incrociando i registri e riscontrando che statisticamente c’è una correlazione con iperlipemia e ipertensione, mentre invece il diabete non ha mostrato questo tipo di rapporto con il problema vertigine (Neuhauser et al, Neurology 2005); in un altro lavoro del 2006 è stato notato come i pazienti con sordità improvvisa mostrino un incremento del fibrinogeno (Rudack et al, Thromb Haemost 2006), dato confermato peraltro da numerosissimi studi sperimentali sulla sordità, che non trova ancora però una piena conferma nella patologia vestibolare (Tabella 6).

A. Il livello ematico delle lipoproteine(a) si abbassa durante la fase acuta di una forma vertiginosa periferica, mentre si innalzano gli indici generici di flogosi (CRP, fibronogeno, citochine ecc.).

B. Aumento dei livelli di fibrinogeno, D-dimero, lipoproteine(a), leucociti nei pz con APV, sia nella fase acuta che nel periodo di followup,rispetto a pz con malattia di Menière.

S indromi vertiginose:

Figura 9. Le alterazioni di alcuni biomarkers emato-chimici (D-dimero, fibrinogeno lipoproteine) danno una indicazione eziopatogenetica, nella diagnostica della vertigine vascolare. Legenda: APV=patologia vertiginosa acuta.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

VERTIGINI E MICROCIRCOLO • Rudack C, et al. Vascular risk factors in sudden hearing loss. Thromb Haemost 2006 Possibile una correlazione tra livelli serici di Fibrinogeno e Sordità improvvvisa. Correlazione non significativa tra Lipidi ematici e Sordità improvvisa nei pz con infarto miocardio. •

Neuhauser HK, et al. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population. Neurology 2005 Iperlipemia ed Ipertensione sono correlabili all’insorgenza di vertigini di origine vestibolare mentre l’associazione con il diabete appare meno significativa.

TABELLA 6 – Iperlipemia e ipertensione correlano con la vertigine. L’iincremento del fibrinogeno correla con la sordità improvvisa.

Tra i fattori di rischio cardiovascolari quello che sembra più correlato con la flogosi endoteliale sembra essere la CPR, la proteina C-reattiva, che molti magari prescrivono quando hanno di fronte un paziente con tonsilliti recidivanti, ma che in realtà è considerato uno dei markers di rischio vascolare più importanti.

Recentemente è stato dimostrato come una frazione delle gamma-GT può essere considerata un elemento importante predittivo di rischio vascolare; la gamma-GT sembra possedere un’azione pro-ossidante, quindi ci sarebbe uno squilibrio del rapporto tra agenti ossidanti e ossido nitrico. Effettivamente esiste la possibilità che questo marker, analizzato in maniera adeguata, possa essere ulteriormente utilizzato per orientare la diagnosi. Partendo dal presupposto che è impossibile avere una diagnosi di vertigine vascolare su base strumentale, poiché i referti descrivono variazioni anatomiche del circolo vertebro-basilare mal correlate con il dato clinico, è utile considerare i dati clinico-anamnestici e soprattutto i fattori di rischio vascolari, basandoci su di una ipotesi microcircolatoria ricca di riferimenti clinici in altri distretti e di riscontri sperimentali nel distretto anatomico proprio, quello cocleo-vestibolare. Tali elementi pongono il danno microcircolatorio quale fattore causale rilevante delle forme vertiginose acute su base vascolare: è fondamentale, quindi valutare i markers, cioè gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci di parete possono avere un ruolo significativo (Figura 10).

Figura 10. I Glicosaminoglicani come il Sulodexide inibiscono la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire la parete del vaso (glicocalice) e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche --) grazie ai gruppi solfati (SO4--).

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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

B ibliografia • • • • • • • • • • • •

Amor-Dorado JC, Llorca J, Costa-Ribas C, Garcia-Porrua C, Gonzalez-Gay MA. Giant cell arteritis: a new association with benign paroxysmal positional vertigo. Laryngoscope 2004;114:1420-5. Baldus S, Rudolph V, Roiss M, et al. Heparins increase endothelial nitric oxide bioavailability by liberating vessel-immobilized myeloperoxidase. Circulation 2006;113:1871-8. Cosmi B, Cini M, Legnani C, et al. Additive thrombin inhibition by fast moving heparin and dermatansulfate explains the anticoagulant effect of sulodexide, a natural misture of glycosaminoglycans. Thromb Res 2003;109:333-9. Gratton MA, Rao VH, Meehan DT, Askew C, Cosgrove D. Matrix Metalloproteinase Dysregulation in the Stria Vascularis of Mice with Alport Syndrome. Implications for Capillary Basement Membrane Pathology. Am J Pathol 2005;166:1465-74. Lauver D, Erin A, Booyh AJ, et al. Sulodexide attenuates myocardial ischemia/reperfusion injury and the deposition of C-reactive protein in areas of infarction without affecting hemostasis. J Pharmacol Exp Ther 2005;312:794-800. Lee H, Sohn S-I, Cho YW, Lee S-R, Ahn BH, Park B-R, Baloh RW. Cerebellar infarction presenting isolated vertigo. Frequency and vascular topographical patterns. Neurology 2006;67:1178-83. Mehta D, Asrar B. Signaling mechanisms regulating endothelial permeability. Physiol Rev 2006;86:279-367. Neuhauser HK, von Brevern M, Radtke A, Lezius F, Feldmann M, Ziese T, Lempert T. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population. Neurology 2005;65:898-904. Nieuwdorp M, Meuwese MC, Vink H, Hoekstra JB, Kastelein JJ, Stroes ES. The endothelial glycocalyx: a potential barrier between health and vascular disease. Curr Opin Lipidol 2005;16:507-11. Picciotti PM, Fetoni AR, Paludetti G, Wolf FI, Torsello A, Troiani D, Ferraresi A, Pola R, Sergi B. Vascular endothelial growth factor (VEGF) expression in noise-induced hearing loss. Hear Res 2006;214:76-83. Rudack C, Langer C, Stoll W, Rust S, Walter M. Vascular risk factors in sudden hearing loss. Thromb Haemost 2006;95:454-61. Susac JO, Egan RA, Rennebohm RM, Lubow M. Susac’s syndrome: 1975-2005 microangiopathy/autoimmune edotheliopathy. J Neurol Sci 2007;257:270-2.

Corrispondenza: Prof. Augusto Pietro Casani, Dipartimento di Neuroscienze - Sezione ORL, Università degli Studi di Pisa – via Savi 10 56126 Pisa e-mail: a.casani@ent.med.unipi.it

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numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Clinica dei disturbi del circolo posteriore Marco Manfrin Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Rianimatorie-Riabilitative e dei Trapianti d’Organo, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia – Pavia

Messaggi chiave 1. Le manifestazioni di deficit labirintico sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. 2. Nella ischemia del ramo vestibolare propriamente detto la sintomatologia uditiva è assente, mentre è importante il quadro vestibologico (s. di Lindsay-Hemenway). 3. Un’ischemia del ramo cocleare propriamente detto determina esclusivamente sintomi uditivi improvvisi, senza fluttuazione. 4. Un deficit acuto del ramo cocleo-vestibolare si associa a instabilità posturale intensa, spesso anche a nistagmo verticale-rotatorio verso il basso, ipoacusia sulle frequenze acute e acufene. Di riscontro l’assenza dei VEMPs. 5. Il deficit cronico dell’arteria uditiva interna può presentare ipoacusia percettiva “in discesa” associata a instabilità e iporeflettività vestibolare. 6. L’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare.

I ntroduzione La ricerca di sintomi e segni del deficit labirintico su base vascolare, obiettivamente riconducibili ad un evento vascolare di qualsivoglia natura all’interno delle varie strutture, è possibile sul versante uditivo ma non su quello vestibolare. Si parla quindi di una semeiotica otoneurologica, perché ipoacusia, acufeni, vertigini, instabilità possono essere legati ad un evento dell’orecchio interno, ad un evento dell’VIII nervo cranico, ad eventi del parenchima intra-assiale del tronco e anche a livello del lobo cerebellare. Le manifestazioni di deficit labirintico che possono presentarsi all’audiologo e al vestibologo sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. Le differenze sono rilevanti perché cambiano le strategie terapeutiche, la prognosi, le decisioni e l’atteggiamento clinico.

D eficit labirintico acuto e cronico La risonanza magnetica – esame che peraltro non viene eseguito in acuto – non ha capacità discriminante per identificare dal punto di vista clinico il deficit labirintico di natura vascolare. Questo aspetto è stato bene sottolineato da un recentissimo lavoro su casi di sordità associata a vertigine improvvisa esaminati con RMN (Son et al. Laryngoscope, 2007), dal quale risulta che solo il 35% dei pazienti è positivo per patologie vascolari e affini, cioè per altre

patologie che avevano probabilmente come ultimo effettore un evento vascolare (Figura 1). Dai quadri radiologici è risultato che l’1,1% dei casi è imputabile all’orecchio interno responsabile di perdita improvvisa della funzione cocleo-vestibolare; il 6,5% di patologie è identificabile in risonanza magnetica a livello del condotto uditivo interno dell’angolo ponto-cerebellare; il 3,4% è attribuibile a patologie a carico del tronco e il 22% a carico delle strutture intra-assiali del sistema nervoso centrale. L’emorragia intra-labirintica è l’unico elemento distintivo certo, che in RMN si può vedere con l’inconfondibile segnale iperintenso in T1 legato alla presenza di sangue all’interno del labirinto membranoso, nelle prime ore di un evento acuto a carico dell’orecchio interno.

Vascolarizzazione dell’orecchio interno e danno ischemico Come fare diagnosi differenziale? Sono di aiuto alcune considerazioni sulla vascolarizzazione dell’orecchio interno (Figura 2). Nella maggioranza dei casi l’arteria uditiva interna (AUI) è un vaso che nasce dall’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA); si tratta cioè di una circolazione di tipo terminale, anche se si comincia a considerare rilevante il fatto che a livello microscopico le zone recettoriali sono alimentate da due circuiti arteriosi: uno preferenziale detto metabolico, e un altro per la quota di sangue che “shunta” assicurando un parziale compenso emodinamico del microcircolo a livello di singole zone recettoriali. Esistono inoltre dei piccoli circoli perforanti provenienti dall’AICA soprattutto nel tratto prossimale dell’AUI che coadiuvano la circoOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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lazione, motivo per cui una patologia estrinseca occlusiva a questo livello può creare un danno vascolare a valle tanto più importante, quanto più distale è l’occlusione; questo spiega ad esempio perché piccole neoformazioni all’interno del condotto uditivo interno abbiano una discreta quota (5%) nei casi di sordità improvvisa e di vertigine acuta, come ad esempio nei casi di neurinoma intra-canalicolare. Un’altra considerazione di carattere fisiopatologico riguarda la distinzione fra eventi vascolari di natura emorragica e di tipo ischemico. Nell’ambito dei meccanismi intrinseci che possono sostenere l’ischemia, i meccanismi tromboembolici sono rari, in ragione della posizione anatomica dell’arteria uditiva, la cui emergenza ad angolo retto rispetto all’AICA garantisce una certa protezione dai meccanismi embolici provenienti dalla sezione sinistra del cuore. Tuttavia, la posizione ad angolo retto dell’arteria uditiva espone l’intima del vaso a zone di turbolenza (alterazioni emodinamiche), dunque a maggiori probabilità di danno endoteliale e attivazione di quei meccanismi trombotici che conducono ad un evento vascolare acuto. Sul piano clinico si può concludere che un evento Figura 1. Il segnale iperintenso in T1 è legato alla presenza di sangue all’interno del vascolare acuto è più probabile di un infarto dell’orecchio interno, e che fra gli eventi vascolari acuti le labirinto membranoso. Legenda: CUI = condotto uditivo interno; APC = angolo ponto-cerebellare; SNC = sistema trombosi dell’arteria uditiva interna sono più probanervoso centrale. bili di un’embolia.

Figura 2. Vascolarizzazione dell’orecchio interno. Le aree segnalate dai circoli individuano le afferenze sensoriali che innervano singoli territori cocleovestibolari.

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Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

ARTERIA

TERRITORIO

SEMEIOTICA CANALARE

SEMEIOTICA OTOLITICA

SEMEIOTICA COCLEARE

Uditiva interna

Orecchio interno

Ny spontaneo orizzontale-rotatorio, persistente, stazionario monodirezionale, pluriposizionale diretto verso il lato sano

Ocular tilt reaction verso il lato Anacusia, acufeni leso Verticale visiva soggettiva inclinata verso il lato leso VEMPs assenti

Vestibolare anteriore o superiore

Utricolo CSL CSA

Idem

OTR sfumata VVS patologica VEMPs presenti

Vestibolo-cocleare

Sacculo Ny spontaneo verticale-rotatorio OTR sfumata CSP verso il basso VVS normale Giro basale della coclea VEMPs assenti

Ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti, acufeni

Giro intermedio Giro apicale della coclea

Ipoacusia neurosensoriale in salita sui gravi e sui medi, acufeni

Cocleare propria

Assente

Normale

Normoacusia

TABELLA 1 – Semeiotica del deficit labirintico acuto su base vascolare.

Danno ischemico da deficit acuto Negli eventi vascolari acuti, quindi, il danno si può estrinsecare a carico di tutta l’arteria uditiva interna, ovvero su una parte dell’orecchio interno, partizione che ha anche un corrispettivo dal punto di vista neurale, in ragione della posizione delle afferenze sensoriali che innervano singole aree cocleo-vestibolari, accentrandosi poi nelle varie branche del nervo vestibolare a livello cocleare. • L’arteria vestibolare anteriore o superiore, o ramo vestibolare propriamente detto, ha il compito di fornire l’apporto arterioso al canale semicircolare superiore e a quello laterale, oltre che all’utricolo. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, permane l’attività del circolo posteriore, del sacculo e della coclea: la sintomatologia cocleare è completamente assente ma vi è un importante quadro riferito caratterizzato della sindrome di Lindsay-Hemeway (vertigini intense che si accentuano con i cambiamenti del capo e vomito intenso), legata alla presenza di otoliti che si distaccano dalla macula dell’utricolo e attivano il canale semicircolare posteriore perfettamente conservato. • Esiste poi una zona intermedia vascolarizzata dall’arteria cocleo-vestibolare, che ha in comune l’area recettoriale del canale circolare posteriore, la macula del sacculo e il giro basale della coclea. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, dal punto di vista della semeiotica si distingue un quadro molto complesso, con instabilità posturale intensa di durata variabile, sintomatologia vestibolare legata alla patologia maculare spesso con nistagmo verticale-rotatorio di tipo transitorio, e comparsa di deficit uditivo monolaterale sulle frequenze acute di grado variabile, associato ad acufene. • Il deficit acuto del ramo cocleare propriamente detto, che è responsabile della perfusione arteriosa del giro intermedio e apicale, si presenta con ipoacusia improvvisa sulle frequenze medie e gravi, senza segni né sintomi vestibolari. • Il limite tra il ramo cocleare dell’arteria cocleo-vestibolare ed il ramo cocleare propriamente detto è la porzione di coclea relativa alla frequenza 4KHz, che viene considerata come “l’ultimo prato dell’ultimo prato” a livello cocleare, fatto che ne comporta una maggiore esposizione a danni vascolari e di altra natura.

Sulla base di queste considerazioni sulle modalità di presentazione di una manifestazione clinica parziale o totale, l’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare. In tabella 1 è riportata una sinossi della semeiotica cocleare, canalare e otolitica del deficit vascolare acuto dell’orecchio interno; in rosso sono segnalati gli elementi più significativi. • Se il danno è nell’arteria uditiva interna, la lesione interessa tutto l’orecchio interno – Elementi di semeiotica: nistagmo spontaneo orizzontale o rotatorio con le caratteristiche della perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale; sintomi otolitici acuti (ad es. ocular tilt reaction verso il lato leso, verticale visiva alterata, VEMPs assenti); il soggetto si presenta fortemente ipoacusico o ipoacusico con acufeni. • Se il danno riguarda l’arteria vestibolare anteriore o superiore, sono lesionati l’utricolo, il sacculo e il canale semicircolare anteriore o superiore – Elementi di semeiotica: il quadro si presenta con lo stesso tipo di nistagmo come l’arteria uditiva interna; la semeiotica otolitica è sfumata, per il precipuo coinvolgimento dell’utricolo che entra piuttosto nella verticale visiva patologica; caratteristicamente VEMPs presenti; soprattutto normoacusia. • Se il danno avviene nel contesto vestibolo-cocleare, la lesione interessa sacculo, canale semicircolare posteriore e giro basale della coclea – Elementi di semeiotica: compare un nistagmo acuto verticale rotatorio verso il basso che non è di facile riscontro in posizione primaria di sguardo a paziente seduto e non lo si vede frequentemente, poiché si perde l’afferenza tonica di un solo canale semicircolare posteriore, mentre tutti gli altri canali e gran parte del sistema otolitico funzionano ancora. Questo nistagmo è quindi più di tipo posizionale, ed ovviamente non parossistico. Questo tipo di nistagmo spontaneo verticale rotatorio verso il basso si associa alla scomparsa dei VEMPs per danno sacculare e si ha ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti (tipicamente scende dai 4 KHz in giù) con acufeni. • Se c’è compromissione dell’arteria cocleare propria a livello del giro intermedio e apicale della coclea – Elementi di semeiotica: assenza di nistagmo e di deficit otolitici; ipoacuOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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sia neurosensoriale in salita sui toni gravi e medi che frequentemente viene interpretata anche come idrope endolinfatica. Se consideriamo valida questa classificazione, l’unico dato che manca riguarda i casi di sordità improvvisa su tutte le frequenze, per la quale è poco probabile un’origine vascolare, ad eccezione dei casi in cui alla sordità improvvisa pan-frequenziale si associa l’assenza dei VEMPs, dato che indica un coinvolgimento del sistema otolitico.

D iagnosi differenziale Una forma di deficit acuto del labirinto su base vascolare o di altra natura è praticamente indistinguibile da un evento emorragico o ischemico nel territorio dei rami laterali della PICA, poiché si manifesta con uno stesso quadro nistagmico. La prognosi è chiaramente molto differente nei due casi e la diagnosi differenziale può essere fatta con la semeiotica al letto del paziente, per esempio eseguendo il test di Halmagyi e con la stimolazione simultanea fredda. L’episodio potrebbe essere confuso anche come una sordità improvvisa, segno di come una vertigine acuta possa essere espressione di una sofferenza di un ramo dell’AICA, ovvero il prodromo iniziale di una sindrome di Wallenberg in cui subentrino cluster di sintomi neurologici come la paralisi del facciale, la disartria, etc. . Questa considerazione motiva la necessità del ricovero e del monitoraggio nelle prime 48-72 ore per i pazienti con cocleo-vestibolopatie in acuto. La stimolazione fredda simultanea permette inoltre di escludere gli eventi a livello del sistema nervoso centrale, poiché in questo caso i due labirinti porterebbero ad una inibizione simultanea e il nistagmo spontaneo non si modificherebbe.

Figura 3. Quadro audiometrico di ipoacusia da deficit cocleare.

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La diagnosi differenziale più frequente in clinica è quella di esclusione dell’evento infettivo neuronitico vestibolare, per la quale si considerano un insieme di caratteri e criteri clinici (dalla tipologia di paziente, al tipo di neurite:vestibolare/cocleare/cocleo-vestibolare), ma anche criteri epidemiologici, eziologici, radiologici, audiologici e terapeutici. • Le forme di nevrite infettiva a carico del nervo vestibolare colpiscono in età diversa da quella standard per gli eventi vascolari (over 50) – prevalentemente quindi interessano giovani privi di fattori di rischio cardiovascolari – e presentano una certa periodicità. • Esistono poi criteri eziologici per i quali è ormai accertata l’incidenza dell’origine virale di queste forme di neurite, soprattutto da Herpes simplex, agente patogeno che arriverebbe molto facilmente attraverso le anastomosi acustico-facciali al nervo vestibolare superiore (molto importante lo studio dei VEMPs). • Si considerano inoltre i criteri audiologici, secondo i quali qualora sia coinvolto il nervo cocleare, difficilmente ci può essere un recupero e di frequente risulta pan-frequenziale. • Nei criteri radiologici si discute molto se sia possibile con la risonanza magnetica vedere una neurite infettiva. Non esistono tuttavia dati certi da un punto di vista statistico, piuttosto segnalazioni di esperienze personali su prese di contrasto in T1 con gadolinio multifocali del nervo, che non hanno trovato riscontro in altri studi. • Fra i criteri terapeutici ex juvantibus, si riscontra un netto miglioramento con l’impiego dell’antivirale e del cortisonico nelle forme d’origine infettiva. Sul versante cocleare quando si ha un’ipoacusia come quella riportata in figura 3, è difficile capire cosa sia successo nell’orecchio interno o lungo il nervo cocleare.


Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

Questo quadro può essere comune alle due forme (neuronite – deficit su base vascolare), ma l’assenza dei VEMPs segnala l’esistenza di un problema di tipo vascolare all’interno del vestibolo cocleare. Infatti, in presenza di un evento acuto ischemico, le cel-

lule ciliate interne sono le prime a perdere funzionalità, come nel caso riportato in figura 4, caratterizzato da una curva tonale che interessa le frequenze gravi e medie: l’ipoacusia che supera i 60 decibel interessa la zona di competenza di queste cellule.

Figura 4. Quadro audiometrico di ipoacusia che supera i 60 decibel, interessando la zona di competenza delle cellule ciliate interne.

Quindi il deficit acuto su base vascolare si può distinguere facilmente da un primo attacco idropico, perché difficilmente nella

malattia di Menière si ha un’ipoacusia che supera i 60 decibel e il danno prevalente è a carico delle cellule ciliate esterne (Figura 5).

Figura 5. Quadro audiometrico di ipoacusia che non supera i 60 decibel, compatibile con attacco di idrope endolinfatica. La zona d’interesse è quella delle cellule ciliate esterne.

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Deficit labirintico cronico su base vascolare Il deficit labirintico cronico su base vascolare sfuma in un quadro di aspecificità sul versante cocleare e sul versante labirintico posteriore. In tabella 2 è segnalata la vertigine parossistica posizionale nei soggetti vascolari, ma in realtà in una popolazione di pazienti labirinto-litiasici i segni vascolari accertati sono compresi dal 2% all’11% dei casi. Per quanto riguarda la coclea, la semeiotica strumentale indica SEDE

SINTOMI

un’ipoacusia neurosensoriale che ha una morfologia variabile, poiché il deficit della coclea su base vascolare s’intreccia oltre che con una comorbilità sistemica di ordine endocrinologico, metabolico, diabetico, ecc. anche con altre patologie multifattoriali dell’orecchio interno come ad esempio la presbiacusia, il trauma acustico, il vasospasmo, il difetto arterioso in corso di trauma acustico e, come nella patogenesi vascolare, anche con l’idrope endolinfatica. SEMEIOTICA FISICA

SEMEIOTICA STRUMENTALE

COCLEA

Ipoacusia (bilaterale) Acufeni (+/-)

Negativa

Ipoacusia neurosensoriale (<60 dB) con morfologia variabile (piatta, in discesa, in salita); recruitment (+/-)

LABIRINTO POSTERIORE

Instabilità

Negativa NyPP da CSP o CSL

Iporeflettività bilaterale VEMPs (+/-)

TABELLA 2 – Semeiotica del deficit labirintico cronico su base vascolare.

CASO CLINICO. Nella pratica clinica quotidiana dell’audiologo e del vestibologo l’età è spesso l’unico elemento di discrimine per valutare la probabilità che un evento vascolare dell’orecchio interno si sia verificato o possa verificarsi nel soggetto esaminato. L’età di un soggetto anziano e una storia anamnestica delle eventuali patologie cardiovascolari acute e croniche sono le uniche informazioni sulle quali orientare il sospetto diagnostico nella maggior parte dei casi. In realtà, è possibile in diversi casi trarre ulteriori indicazioni semplicemente dall’osservazione dell’orecchio esterno; la plicatura del lobulo è infatti una circolazione di tipo terminale e un segno di distrofia in questa sede (Figura 6) rivela quasi sempre un soggetto iperteso, infartuato o dislipidemico; è quindi un indicatore delle condizioni della microcircolazione del paziente nell’area anatomica di interesse.

Figura 6. L’atrofia del lobo dell’orecchio esterno è un segno indicatore di deficit della microcircolazione nell’area anatomica di riferimento.

B ibliografia • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Marco Manfrin, Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia - P.le Golgi, 2 27100 PAVIA e-mail: m.manfrin@smatteo.pv.it

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I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici nelle vertigini vascolari Daniele Nuti U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte - Università degli Studi di Siena

Messaggi chiave 1. La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie succlavie, delle vertebrali e della basilare. 2. Nei pazienti con disturbi dell’equilibrio (dizziness) bisogna considerare fattori favorenti il sintomo vertiginoso, come l’ipotensione o le malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare. 3. La vertigine è il sintomo cardine anche nella sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione della testa (“sindrome dell’arciere”), per interruzione del flusso da compressione meccanica, se coesistono una agenesia di una vertebrale e una spondilosi controlaterale. 4. Altro fattore predisponente è a dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni e tortuosità del sistema vertebro-basilare, congenita nei giovani o espressione di arteriosclerosi negli anziani. 5. L’emicrania basilare, che si presenta con una serie di sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, è un fattore di rischio di malattie vascolari.

A spetti di diagnosi differenziale Un “marker” classico delle vertigini vascolari, che non è un fattore di rischio nel senso stretto del termine, è rappresentato dal tipo di vertigine del paziente. Quando il soggetto racconta di ripetuti episodi vertiginosi che durano alcuni minuti e sono abbastanza ben raggruppati in un certo lasso di tempo (15, 20 giorni, un mese), fra le possibilità sul campo la più probabile è quella che si tratti di una vertigine di origine vascolare. Questo è stato appurato da lavori di epidemiologia ben fatti della scuola di Los Angeles. Un’altra possibilità è che si tratti di una vertigine di tipo emicranico, che è comunque un tipo di affezione che può riguardare la circolazione, rientrando nell’ambito delle vasculopatie. Questo tipo di vertigini può presentarsi associato o meno ad altri sintomi di tipo neurologico e nei casi di crisi ripetute nel tempo, si associa ad altri sintomi di tipo tronco-encefalico, quali disartria, dismetria, ecc. In questi casi la possibilità che si tratti di una vertigine di tipo vascolare aumenta senz’altro. Fra le vertigini vascolari, quelle meglio identificabili sono dovute a una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare con ischemia simultanea di più aree a livello periferico e/o centrale; quando è tutto il sistema vertebro-basilare ad essere ipoperfuso, la sede di origine va ricercata dal cuore ai grossi vasi del torace, al collo, all’arteria vertebrale, e all’arteria basilare In molti casi comunque la ipoperfusione avviene a carico di un singolo vaso, quindi con una ischemia ben circoscritta quale può essere quella del territorio

vestibolare solamente, o quella del territorio uditivo. La sede di origine in questi casi è vicina all’origine del piccolo vaso (Tabella 1). VASCULITI DEI PICCOLI VASI • Ipoperfusione del sistema Vertebro-Basilare, con ischemia simultanea di più aree (periferiche e centrali) • Possibile sede di origine: cuore, grossi vasi del torace, collo, arterie vertebrali, arteria basilare • Ipoperfusione di un singolo vaso, con ischemia di un’area circoscritta • Sede di origine: vicina alla origine del piccolo vaso

TABELLA 1 – Possibile sede d’origine dell’ischemia nelle vertigini vascolari.

Quando la vertigine vascolare è caratterizzata da un’ischemia di un piccolo vaso è praticamente impossibile effettuare una diagnosi differenziale tra vertigini di tipo vascolare e vertigini di tipo virale, essendo clinicamente analoghi i quadri di deficit da neurite vestibolare e da ischemia del territorio dell’arteria vestibolare. Si utilizzano allora criteri indicativi valutando, ad esempio, se il soggetto è anziano, iperteso, ipercolesterolemico, diabetico, casi nei quali sarà più probabile che si tratti di una vertigine di tipo vascolare. Le due categorie, cioè ipoperfusione di tutto il sistema oppure di un ramo terminale non sono mutualmente esclusive, quindi si possono sommare e questa è l’evenienza più frequente. È possibile, infatti, avere un’assenza di sintomi nell’affezione dei piccoli vasi per Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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il compenso di rami collaterali, mentre quando si somma, si realizza una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare e allora l’espressione sintomatica può essere di ischemia focale o infarto. La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie succlavie, delle vertebrali e della basilare (Figura 1).

zione atriale che danno origine a embolia o trombo-embolia, malattie del ritmo cardiaco (Tabella 3). • • • • • • • • • • •

Ipertensione Fumo Diabete Ipercolesterolemia-iperlipidemia lipoialinosi Ipertrofia ventricolare Fibrillazione atriale (embolia) Malattie del nodo del seno-asistolia-blocco A-V Sesso Età Familiarità

TABELLA 3 – Fattori di rischio.

Figura 1. Un ictus ischemico può derivare da patologie delle arterie di maggiore calibro o dei vasi di piccolo calibro (arterie perforanti). Legenda V=Rami perforanti.

Meno frequenti, ma comunque possibili sono gli emboli, la dissezione e le arteriti, la policitemia, la tromboangioite, le sindromi da ipercoagulazione ed anche ovviamente i traumi e in particolare alcuni tipi di trauma (Tabella 2). CAUSE • Arteriosclerosi delle arterie succlavie, vertebrali e basilare • Emboli • Dissezione • Arteriti-vasculiti • Policitemia • Tromboangioite obliterans • S. da ipercoagulazione • Traumi

TABELLA 2 – L’eziologia su base arteriopatica è la più frequente.

Oltre ai fattori di rischio maggiore (età, ipertensione, fumo, diabete, ipercolesterolemia) che danno indicazioni sul trattamento da effettuare, ce ne sono altri come l’ipertrofia ventricolare, la fibrilla-

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Uno dei fattori di rischio più importanti è sicuramente la familiarità per le malattie cerebro-vascolari, anche nei pazienti giovani che abbiano avuto nella famiglia episodi di ictus o ischemia a carico del miocardio; questi soggetti sono maggiormente predisposti rispetto a quelli che non hanno familiarità ischemica cerebrale; se poi la familiarità di ictus si somma a una familiarità per ipertensione, diabete o ipercolesterolemia, ovviamente il rischio di contrarre una vertigine di tipo vascolare aumenta esponenzialmente. L’identificazione di markers di ipotetico danno endoteliale del microcircolo dell’orecchio interno (Tabella 4). può essere importante, ma non sempre ci si può basare esclusivamente su questi, come ad esempio nei pazienti che non hanno vere vertigini, crisi vertiginose, vertigini ricorrenti, o grandi vertigini isolate, ma piuttosto dei disturbi dell’equilibrio (dizziness) o delle presbiastasie, per i quali bisogna considerare anche fattori di rischio o favorenti il disturbo vertiginoso, come l’ipotensione, le malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare, la compressione estrinseca e l’emicrania. • • • •

D-dimero (Alterazione del sistema emostatico) Lipoproteine (Diminuzione livello ematico durante forma vertiginosa acuta) Proteina C-reattiva (Marker dei processi arteriopatici) Fibrinogeno, citochine (Aumento dei comuni indici di flogosi)

TABELLA 4 – Markers del danno endoteliale del microcircolo labirintico.

IPOTENSIONE. È un fattore favorente il disturbo vertiginoso con una dualità di sintomi: il sintomo da ipotensione ortostatica, che esprime un ridotto afflusso cerebrale diffuso, non è una vera vertigine, ma piuttosto un’instabilità; protraendosi nel tempo, l’ipoafflusso può provocare un vero episodio vertiginoso, a causa dell’insorgere di una ischemia transitoria o meno. MALFORMAZIONI ARTERIOSE CONGENITE O ACQUISITE. Sono sicuramente un fattore di rischio vascolare importante per le


Nuti – I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici

vertigini, soprattutto se sommate a una compressione estrinseca. L’asimmetria di calibro tra le arterie vertebrali anche significativa è presente nel 50% delle persone. Nel 20% degli individui l’arteria vertebrale è emodinamicamente insufficiente; i neurologi e gli specialisti che si occupano di angiografia ritengono che un calibro di almeno 2 mm sia indispensabile per un buon flusso. Quindi, il riscontro di una arteria vertebrale normale e di una arteria vertebrale ipoplasica, se non addirittura assente, è un indicatore certo che il cervelletto, il tronco e il labirinto sono esposti ad un rischio maggiore di possibile sofferenza da ipoafflusso, specialmente se coesiste una spondilosi cervicale che in qualche modo può comprimere il vaso più grande e pervio. La spondilosi cervicale è molto frequente soprattutto dopo una certa età, ma sono molto rari i casi documentati di compressione meccanica sulle arterie vertebrali. Le lesioni arteriosclerotiche riguardano principalmente l’origine delle vertebrali e della succlavia, mentre il secondo e il terzo segmento delle arterie vertebrali sono più vulnerabili ai traumi, alla dissecazione spontanea, alla displasia fibrosa e alla compressione da parte di osteofiti che è comunque abbastanza rara. Sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione della testa Una forma non frequente di insufficienza vertebro-basilare (IVB) è quella descritta come Bow Hunter Syndrome, cioè la “sindrome dell’arciere”, che ruota la testa a 90° rispetto all’asse sagittale, movimento che in casi aprticolari può determinare un meccanismo per cui l’arteria vertebrale controlaterale compressa provoca un’ischemia a livello tronco-encefalico (Figura 2). La sede dell’ostruzione di solito è antero-occipitale e si tratta di una compressione meccanica dell’arteria vertebrale da parte di estensioni muscolari e/o tendinee, di osteofiti o altre modificazioni degenerative derivanti da spondilosi cervicale. Deve coesistere inoltre una stenosi o malformazione del vaso verso cui si ruota la testa (ipo-

plasia dell’arteria vertebrale, sua confluenza nella PICA). La rotazione della testa verso un lato a circa 90° determina la compressione verso la vertebrale controlaterale; se la testa ruota verso il lato stenotico viene compressa l’arteria vertebrale dominante e si ha un’interruzione del flusso con la vertigine come sintomo cardine. Ci possono essere anche acufeni e se l’occlusione diventa importante si avranno anche altri sintomi da deficit irrorativo. Questa IVB, descritta da autori della scuola tedesca, è caratterizzata da un nistagmo di tipo irritativo, però si può avere spesso un nistagmo di tipo eccitatorio. Tale condizione comporta un rischio imminente di infarto cerebellare e la diagnosi si fa con il doppler trans-cranico, che mette in evidenza un significativo decremento della velocità di flusso nell’arteria vertebrale con la rotazione della testa; in alternativa si esegue un’angiografia dinamica, più specifica. CASI CLINICI. Un paziente con disturbi dell’equilibrio, trattato con delle manipolazioni cervicali di tipo rotazionale, non stretching, ha sviluppato immediatamente singhiozzo e vertigine prolungata, ed è giunto alla nostra osservazione mostrando segni analoghi ad una sindrome di Wallenberg causata da torsioni del collo. Se gli arcieri sono pochi e i fisioterapisti sono tanti, i golfisti sono addirittura milioni ed esiste una “sindrome del golfista” che dipende dalla necessità di ruotare in modo importante le spalle, condizione che può realizzare quanto sopra descritto. In letteratura sono descritti casi di stroke vertebro-basilari in giocatori di golf, avvenuti durante la partita. Dolicoectasia vertebro-basilare Un altro fattore di rischio predisponente alle vertigini è la dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni, allungamenti e tortuosità del sistema vertebro-basilare (Figura 3). Questa può essere l’espressione di una arteriosclerosi negli anziani, cioè l’arteria vertebrale o comunque il sistema vertebro-basilare si può dilatare enormemente e quindi rallenta il flusso di sangue che deve arrivare al

Figura 2. Sindrome dell’arciere, in un quadro di spondilosi cervicale (++ a livello atlanto-assiale C1-2).

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cervello, ma può essere anche dovuta nei giovani a un difetto congenito della parete vasale. Questa sindrome può avere un decorso asintomatico, ma può dare anche disturbi neurologici, da compressione del deflusso liquorale, da compressione sul tronco, sui nervi cranici, tipo conflitto neurovascolare, e più facilmente determina una compromissione dell’apporto ematico al sistema vertebro-basilare. In uno studio su 23 pazienti con deficit condolico-basilare, il 52% aveva vertigini ricorrenti per minuti e ore e il 13% aveva avuto un unico episodio di vertigine prolungata. In molti di questi pazienti c’era un deficit unilaterale, ma in ben 4 su 23 c’era un deficit vestibolare bilaterale, quindi il deficit di flusso interessava entrambi i labirinti. I sintomi uditivi e vestibolari possono avere origine per compressione sul nervo o più facilmente per difetto di perfusione delle strutture labirintiche. Emicrania L’emicrania può essere considerata come un importante fattore di rischio per le vertigini vascolari e iniziano ad essere numerosi i lavori che lo comprovano. Si tratta di una malattia genetica, multigenica, ed esistono molte sindromi emicraniche dovute a mutazioni dei geni dei canali ionici. La più nota è l’emicrania familiare emiplegica, che si accompagna a volte a vertigine, a nistagmo riscontrabile in molti familiari, ma anche nell’emicrania basilare è stato individuato un gene, la cui mutazione è causa della malattia. I canali ionici del calcio, potassio e sodio sono critici per il mantenimento del potassio nell’endolinfa e per l’eccitabilità neuronale (il calcio entra e il potassio esce). Un loro difetto provoca una reversibile depolarizzazione delle cellule ciliate e gli attacchi vertiginosi tipici della vertigine ricorrente benigna dell’adulto, ma giustifica anche la possibilità di un’associazione tra emicrania e malattia di Menière. Ma per il coinvolgimento del gene del calcio si può avere un vasospasmo delle branche vestibolari dell’arteria uditiva interna. Quindi sono numerose le segnalazioni di vertigini emicraniche con ischemia o con infarto del labirinto e d’altra parte la International Headhache Society fra le complicanze dell’emicrania riconosce la

Figura 3. Angiografia digitale di dolicoectasia vetebro-basilare.

possibilità di un infarto emicranico che può riguardare il sistema vertebro-basilare, oltre quello carotideo. Il torcicollo parossistico infantile, che è un precursore della vertigine parossistica infantile, è stato attribuito ad una possibile aura senza cefalea per ischemia del tegmentum mesencefalico; anche nei bambini quindi l’emicrania sarebbe un fattore di rischio di malattie vascolari. L’emicrania basilare, di cui recentemente da una scuola italiana è stato identificato il gene responsabile, si presenta con una serie di sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, quindi anche questo costituisce un fattore di rischio importante. Nei pazienti emicranici vi è un elevato rischio di sviluppare la vertigine posizionale parossistica, presumibilmente per un danno ricorrente dell’orecchio interno da vasospasmo che predispone ad un disturbo del microcircolo e che può facilitare il distacco otolitico.

B ibliografia • • • • • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Daniele Nuti, U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte – Viale Bracci 16 53100 Siena email: nutid@unisi.it

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Strategie terapeutiche La ricerca del razionale della terapia medica nelle vertigini vascolari Sandra Sigala, Francesca Parini, PierFranco Spano Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie, Sezione di Farmacologia - Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F. "Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia

Messaggi chiave 1. L’impiego dei farmaci emoreologici nella vertigine vascolare mira al ripristino della funzione dell’organo endoteliale nella fisiologica autoregolazione del microcircolo, quando l’equilibrio emostatico è compromesso da un danno della parete e del glicocalice nel sistema cocleovestibolare. 2. I fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manifestazione di una vertigine vascolare. 3. Le alterazioni del glicocalice e dei glicosaminoglicani (GAGs) che lo costituiscono provocano, a livello della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di tipo emoreologico con la formazione di microtrombi. 4. Nel paziente con una vertigine di tipo vascolare bisogna certamente trattare il sintomo, ma è molto importante procedere con una terapia di tipo causale. 5. L’associazione GAGs/eparina (come il Sulodexide) inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche negative) grazie ai gruppi SO4 --. 6. Grazie alle componenti (80% Eparina-20% Dermatansolfato) Sulodexide presenta attività antitrombotica-profibrinolitica e inibizione dei processi infiammatori a carico della parete vascolare, con indiretto effetto antiaggregante.

E ndotelio: un organo con diverse funzioni Le basi razionali dell’uso di farmaci emoreologici e dell’applicazione di strategie terapeutiche antitrombotiche nelle vertigini vascolari poggiano sul ruolo dell’organo endoteliale nella patogenesi ischemica e trombotica, che trova riscontro nel distretto cerebrale

(Small Vessel Disease) e nei prati terminali del sistema cocleo-vestibolare, dove le variazioni emodinamiche (flusso), emoreologiche (fibrinogeno) ed emostatiche (microtrombi), locali o sistemiche, favoriscono un impoverimento dell’apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule nervose nei diversi letti microcircolatori (Figura 1). L’endotelio non è infatti una semplice barriera tra il sangue e la parte extracellulare, ma è un organo estremamente vitale e dinamico (Tabella 1), caratterizzato da una struttura funzionale denominata glicocalice (vedi Box). RAPPRESENTA UNA BARRIERA CON PERMEABILITÀ SELETTIVA • Funge da filtro di “segnali” originati nel sangue • È sia l’origine che il target di fattori che modificano la risposta biologica • Modula eventi fisiopatologici locali REGOLA IN MODO DINAMICO: • I fenomeni di emostasi e di trombosi • Il tono vascolare • La crescita ed il rimodellamento vascolare • Le reazioni immunitarie ed infiammatorie

Figura 1. Meccanismi patogenetici delle vertigini vascolari.

TABELLA 1 – Funzioni dell’organo endoteliale.

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GLICOCALICE STRUTTURA DELL’ENDOTELIO

• • – – –

FUNZIONALE

Garantisce coesione tra le cellule endoteliali Influenza: permeabilità capillare viscosità ematica processi coagulativi

Anche in cardiologia lo studio di endotelio e glicocalice è sempre più importante nella indagine fisiopatologica, tanto da aprire spazi di formazione nei corsi universitari sulla farmacologia dell’endotelio. L’azione dei nuovi farmaci cardiovascolari è mirata al ripristino di una corretta funzionalità sia dell’endotelio che del glicocalice. L’endotelio è un organo che bilancia i fattori pro-aggreganti con quelli anti-aggreganti (bilancia emostatica) e questo equilibrio nel microcircolo diventa estremamente delicato (Figura 2). L’endotelio inoltre produce monossido d’azoto ad azione vasodilatante, e subisce un’azione vasocostrittrice ad opera dell’angiotensina II oppure ad opera dell’endotelina. Esistono poi l’azione anticoagulante svolta dagli anticoagulanti fisiologici come l’eparina e un’azione pro-coagulante svolta da una serie di fattori dell’emostasi. Un aspetto rilevante da sottolineare è che il glicocalice di GAGs è il reservoir di una serie di interleuchine pro-infiammatorie che si liberano quando la struttura di glicosaminoglicani viene alterata in condizioni patologiche, cioè sotto l’azione di fattori di rischio vascolari meccanici (es. IVB), metabolici (iperglicemia, alterazioni ormonali) e trombotici. Il glicocalice inoltre limita il legame delle citochine circolanti all’endoltelio e quindi l’attivazione di tutti i processi infiammatori (Tabella 2).

Il glicocalice è una pellicola estremamente idratata, simile a un gel, con uno spessore variabile da 0.5 a 3 micron che riveste la parte luminale dell’endotelio di tutto l’albero circolatorio, dal microcircolo ai vasi di maggiore calibro. Ha un ruolo importante, in particolare a livello dei capillari che costituiscono la più ampia area di scambio con i tessuti e che sono costituiti da solo endotelio. Il film semifluido del glicocalice è costituito da un intreccio di glicoproteine, glicosaminoglicani (GAGs), proteoglicani e proteine plasmatiche.. In superficie (zona esterna) è composto prevalentemente da GAGs, rappresentati soprattutto da eparina, dermatansolfato ed eparansolfato (acido ialuronico). Numerosi GAGs vanno a coniugarsi con proteine (formando proteoglicani) o con lipidi (formando glicolipidi). Un aspetto fisiologico fondamentale del glicocalice è la presenza di cariche negative esposte verso il lume endoteliale, costituite da gruppi solfidrilici e carbossilici, le quali respingono leucociti e piastrine (soprattutto i leucociti che hanno carica negativa), impedendo che inizino il processo di rimarginazione, adesione e fissazione all’endotelio che attiva i processi di infiammatori della parete vascolare. All’interno di questa struttura estremamente idratata si trovano tutta una serie di proteine che hanno un ruolo importante per il mantenimento della funzionalità del microcircolo, come l’aantitrom bina III (fattore anti-coagulante), la superossido-dismutasi extracel lulare, cioè un enzima che riduce la quantità di radicali liberi circolanti. Oltre a queste proteine esiste una serie di sostanze che hanno un’azione anti-coagulante contenute a livello del glicocalice e liberate nel sangue, fra le quali la lipoproteinlipasi che influisce sulla lipidemia. Altri fattori di crescita, come il VEGF, stimolano la proliferazione sia della muscolatura che del connettivo dei vasi e la superossido-dismutasi.

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Figura 2. L’endotelio è un organo che mantiene in equilibrio i fattori proaggreganti e anti-aggreganti (bilancia emostatica).


Sigala et al. – Strategie terapeutiche

FATTORI VASCOLARI Antitrombina III Cofattore Eparinico II TFPI

FGFr Ec-SOD IL2, 3, 4, 5, 7, 8, 12 RANTES (CCL5)

FUNZIONI VASCOLARI PRINCIPALI Potente inattivatore di proteasi pro-coagulanti quali: trombina, fattori Xa e IXa; l’attività viene amplificata dall’eparina e dal glicocalice di GAGs. Inattivazione della trombina. Viene attivato dal dermatansolfato nel glicocalice endoteliale. Anticoagulante - Inibitore del Tissue Factor plasmatico (fattore VII attivato) Proteina anticoagulante che blocca il fattore VIIa e Xa. LPL Enzima coinvolto nel breakdown delle lipoproteine a bassa densità. VEGF Potente stimolatore dell’angiogenesi. TGF‚1/2 Fattore di crescita che regola la differenziazione delle cellule muscolari lisce, il tono vascolare e la reattività. Fattore di crescita coinvolto nella proliferazione cellulare e nella angiogenesi. Quencher extracellulare di specie reattive dell’ossigeno. Chemiotassi dei leucociti nel sub-endotelio; coinvolto nella adesione e diapedesi. Il glicocalice riduce il legame delle citochine ai recettori della superficie della parete.

TABELLA 2 – Fattori vascolari la cui funzione fisiologica dipende dalla interazione con il glicocalice endoteliale (Reitsma et al. Pflugers Arch – Eur J Physiol, 2007).

L’analisi in vivo della sezione trasversale di un capillare (Figura 3) mostra le strutture polisaccaridiche anioniche (formate da glicoproteine, proteoglicani e GAGs) che associate a plasma-proteine (es. albumina, fibrinogeno), fattori di crescita (es. VEGF), enzimi (es. LPL, SOD) acqua, costituiscono uno strato idratato simile ad un gel e mantengono la pellicola di glicocalice in posizione. Risulta

A. La sezione trasversale di un capillare miocardico in vivo mostra nel lume endoteliale: - Glicocalice e strutture polisaccaridiche

evidente come la funzione endoteliale sia espressione del glicocalice: infatti, questa interfaccia flusso-endotelio è sensibile all’azione di enzimi degradanti i glicosaminoglicani come la ialuronidasi, che determina l’avvio dell’infiammazione con la formazione di edema perivascolare e l’attivazione e la perdita della funzionalità endoteliale.

B. Dopo un’ora di perfusione con ialuronidasi, il capillare mostra: - Perdita del glicocalice - Sviluppo di edema perivascolare

Figura 3. Lume endoteliale di un capillare miocardico (sezione trasversale in vivo) prima (A) e dopo perfusione con enzima degradante il glicocalice (B) (van den Berg et al. Circ Res 2003).

I fattori di rischio vascolare influenzano la costituzione del glicocalice e la funzionalità endoteliale. Una recentissima meta-analisi dei lavori sperimentali e clinici pubblicati (Tabella 3) ha mostrato come una serie di fattori di rischio vascolare, tra i quali la stasi e/o il basso shear stress di parete del flusso, così come l’iperglicemia, il diabete e l’iperlipidemia provochino danni a livello della struttura del glicocalice, con conseguente perdita di produzione del monossido d’azoto (NO) a livello endoteliale e contestuale riduzione della vasodilatazione capillare (Figura 4). La produzione del monossido

d’azoto è fondamentale per l’emodinamica dei distretti vascolari e la sua regolazione sembra essere legata alle proteine che fluttuano all’interno del glicocalice e trasmettono alla parete i segnali meccanici (pressione), chimici (es. glicemia) e biologici (es. enzimi) che circolano nel flusso ematico, garantendo una fine modulazione che adegua, momento per momento, la risposta vascolare alle esigenze metaboliche. È noto che i fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manife-

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Aree di shear stress insufficiente • Stimolo del flusso insufficiente per la produzione di NO (Caro et al., Kelly and Snow, Arisaka et al.) Iperglicemia • Azzeramento della risposta allo shear stress (Kelly et al.) • Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.) Diabete • Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.) Iperlipidemia • Danno endoteliale (Vink et al.) • Riduzione della resistenza capillare (Constantinescu et al.) • Adesione dei leucociti (Constantinescu et al.)

TABELLA 3 – Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici su costituzione del glicocalice e funzionalità endoteliale (Noble et al. QJM 2008).

Figura 4. Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici sul glicocalice endoteliale e le sue funzioni. (Noble et al. QJM 2008).

stazione di una vertigine vascolare. Le alterazioni del glicocalice e dei glicosaminoglicani che lo costituiscono provocano, a livello della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di tipo emoreologico con la formazione di microtrombi (Tabella 4).

DISFUNZIONE ENDOTELIALE AREA COCLEO-VESTIBOLARE

Su queste basi, quando un paziente arriva all’osservazione con una vertigine di tipo vascolare, bisogna certamente trattare il sintomo, ma se esiste il razionale per una vertigine vascolare, è molto importante procedere con una terapia di tipo causale.

MECCANISMO FISIOPATOLOGICO

FISIOPATOLOGIA VASCOLARE

Iperpermeabilità

Alterazione equilibrio perilinfa/endolinfa (Na+/K+)

Alterazione funzione Hair Cells (Na+/K+ dipendente)

Perdita funzione Cocleo-Vestibolare

Infiammazione

Microcircolo Cocleo-Vestibolare

Disfunzione endoteliale - Adesione leucociti - Adesione piastrine - produzione NO

Disfunzione microcircolo - Iperpermeabilità - Microtrombi - Tono vascolare

Trombogenesi

Microcircolo cerebrale

Disfunzione endoteliale - Microtrombi (es. Arteria uditiva interna)

Disfunzione microcircolo - Ischemia

Tono vascolare ( NO)

Microcircolo Cocleo-Vestibolare

TABELLA 4 – Alterazione del glicocalice di GAGs nel microcircolo cocleo-vestibolare).

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Sigala et al. – Strategie terapeutiche

Figura 5. Terapia sintomatica dell’attacco vertiginoso.

S trategie terapeutiche Terapia sintomatica Per definire la strategia terapeutica è fondamentale definire il razionale dell’impiego di determinati farmaci ed il loro scopo. È dunque importante chiarire che per terapia sintomatica generalmente ci si riferisce a una terapia soppressiva della funzione vestibolare e alla terapia anti-emetica (Figura 5). I farmaci utilizzati in quest’ambito vanno proprio ad agire sui neurotrasmettitori che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione di queste funzioni, quali il GABA, l’istamina, l’acetilcolina e la dopamina. Si tratta quindi di farmaci che agiscono sui recettori per l’istamina (antistaminici), per l’acetilcolina (anticolinergici), per la dopamina (antidopaminergici), per il GABA (benzodiazepine); un discorso a parte meritano la betaistina e la flunarizina, in quanto farmaci con meccanismi d’azione particolari (vedi Box). La maggioranza dei farmaci sintomatici non presentano una selettività d’azione, nel senso che non sono in grado di agire su un solo recettore, ma agiscono su più recettori. Terapia causale Nella patogenesi delle vertigini di origine vascolare il ruolo dell’endotelio, del microcircolo e dei glicosaminoglicani (glicocalice) è fondamentale come precedentemente descritto. Su queste basi è pos-

sibile individuare, per la terapia causale, i farmaci che mirano al trattamento dei fattori all’origine della vertigine vascolare. Si tratta dunque di farmaci che agiscono sulla coagulazione del sangue, tra i quali gli antiaggreganti, gli anticoagulanti ed i farmaci di parete. ANTIAGGREGANTI. Acido acetilsalicilico (ASA) e ticlopidina sono i farmaci maggiormente usati (Figure 7, 8). • L’ASA viene utilizzato come antiaggregante ad una dose di 100 mg al giorno ed è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica, andando a inibire la sintesi del trombossano 2, che è una sostanza con una forte azione pro-aggregante, attraverso l’inibizione irreversibile della ciclo-ossigenasi, enzima che catalizza la formazione del trombossano a partire dall’acido arachidonico. L’ASA agisce anche a livello della cellula endoteliale, andando ad inibire la sintesi di prostacicline, sostanza con proprietà antiaggreganti (al contrario del trombossano): dunque l’effetto antiaggregante si limita al flusso e non coinvolge la parete. Infine l’ASA risulta ototossico, aspetto che esclude ogni possibile ruolo causale nella terapia delle vertigini vascolari. • La ticoplidina è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica mediante l’inibizione dell’aggregazione ADP-mediata, nel senso che si lega a un recettore per l’adenosina presente sulle piastrine, e va ad aumentare la produzione dell’AMP-ciclico con conseguente inibizione dell’aggregazione piastrinica. Viene impiegata a dosi di 250 mg fino a due volte al giorno. Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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TERAPIA SINTOMATICA SOPPRESSIVA DELLA FUNZIONE VESTIBOLARE ANTISTAMINICI. Non agiscono esclusivamente sui recettori H1 e, soprattutto quelli di prima generazione, presentano anche un’azione anticolinergica, alfalitica e antidopaminergica, il che rende ragione degli importanti effetti collaterali, primo tra tutti la sedazione. Per ovviare al problema della sedazione la ricerca ha creato farmaci sempre più selettivi, rappresentati dagli antistaminici di ultima generazione, tra i quali la classe delle difenilpiperazine che presentano, oltre a un’attività propriamente emoreologica, anche un’attività calcio-antagonista. Il più usato è la cinnarizina che oltre ad agire come antistaminico è in grado di inibire la vasocostrizione periferica. A questa famiglia appartiene anche la flunarizina che presenta un meccanismo d’azione specifico, comportandosi da calcio-antagonista e bloccando i canali per il calcio di tipo T. BENZODIAZEPINE. Il farmaco più impiegato è il diazepam, che potenzia l’azione del neurotrasmettitore inibitorio GABA, importante a livello dei circuiti nervosi che regolano la funzione vestibolare ed il centro del vomito. L’attività GABA-ergica delle benzodiazepine viene inoltre sfruttata per l’effetto ansiolitico e sedativo. ANTICOLINERGICI (ANTAGONISTI DEI RECETTORI MUSCARINICI). Vengono impiegati quelli a struttura non quaternaria, che permette loro di passare la barriera ematoencefalica, e tra questi, la scopolamina. ANTIDOPAMINERGICI. Antagonizzano i recettori della dopamina sia a livello centrale che periferico. Vene utilizzata soprattutto la trietilperazina, che appartiene alle classi delle fenotiazine: è in grado di agire sui recettori per la dopamina; presenta anche un’attività ·1-bloccante e anticolinergica. BETAISTINA. Analogo strutturale della istamina, da un punto di vista farmacodinamico viene classificata come agonista dei recettori H1 per l’istamina e soprattutto come antagonista dei recettori H3 dell’istamina; agisce sui vasi, sul sistema nervoso centrale e sull’orecchio interno e il suo meccanismo d’azione viene ricondotto sia perifericamente che centralmente. Perifericamente va ad agire da antagonista sui recettori H3, quindi aumentando innanzitutto il flusso ematico vestibolo-cocleare e riducendo anche il funzionamento asimmetrico degli organi vestibolari. Centralmente agisce sugli auto-recettori H3, che sono dei recettori presinaptici deputati alla regolazione e al feedback negativo del rilascio di istamina. La betaistina, agendo da antagonista, va ad aumentare il rilascio di istamina dai nuclei vestibolari.

ANTICOAGULANTI. Nei pazienti che presentano un elevato rischio cardiovascolare può essere indicato l’impiego di anticoagulanti orali, farmaci con impatto di maggiore entità sulla coagulazione, ma meno maneggevoli, soprattutto per l’elevato rischio di sanguinamento. Acenocoumarolo e warfarin, sostanze analoghe da un punto di vista chimico, si differenziano per caratteristiche farmacocinetiche. • Il warfarin presenta un’emivita più lunga. Sono in grado di inibire la coagulazione del sangue andando ad inibire l’enzima epossido-reduttasi, che riattiva la vitamina K che è stata consumata nel cosiddetto processo di carbossilazione, dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti. FARMACI DI PARETE. L’organismo possiede anticoagulanti fisiologici – le eparine e i glicosaminoglicani (anche l’eparina è un glicosaminoglicano) – che sono definiti “farmaci di parete” perché permettono di mantenere l’integrità dell’endotelio attraverso un’azione che si esplica con: riduzione di adesione di piastrine e di leucociti al lume endoteliale; inibizione dell’attivazione piastrinica; inibizione dell’accrescimento del trombo; lisi di un trombo già costituito; hanno inoltre un’attività pro-fibrinolitica (Tabella 5). • Esistono due forme di eparina: le eparine ad alto peso molecolare (eparina calcica – 30.000 Dalton) ed eparine a basso peso molecolare (EBPM) (3-6.000 Dalton). La differenziazione in base al peso molecolare delle eparine si traduce in clinica nell’utilizzo delle EBPM per via iniettiva, come anticoagulanti in fase acuta, e dei glicosaminoglicani (es. sulodexide), per via iniettiva e/o orale, come antitrombotici di parete.

Figura 7. L’attività di antiaggregante piastrinico dell’acido acetilsalicilico consiste nell’inibire la sintesi di Trombossano A2 (TXA2), determinando l’acetilazione irreversibile di una Ser vicina al sito attivo della COX 1. Inoltre inibisce il fattore trascrizionale NF-kB

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Sigala et al. – Strategie terapeutiche

• La principale differenza nel meccanismo d’azione fra anticoagulanti (EBPM) e antitrombotici di parete (glicosaminoglicani-GAGs) consiste nel fatto che i primi inibiscono selettivamente il Fattore Xa, importante nella fase acuta di embolizzazione (distacco dalla parete vascolare) del trombo formato, mentre i secondi inibiscono anche gli altri fattori della cascata coagulativa, fondamentali nella formazione del trombo sulla parete vascolare danneggiata. Le EBPM hanno il pentasaccaride, strettamente specifico per il fattore Xa, e un numero inferiore a 13 di unità di saccaridiche. Tutti i GAGs a basso e medio peso molecolare (3-9.000 Dalton) (Chest ACCP 2008) a differenza della Eparina calcica, hanno un’attività limitata sul Fattore IIa (antiaggregante), determinante per il rischio emorragico delle eparine. Tali caratteristiche rendono, da un punto di vista pratico (sicurezza e maneggevolezza), le EBPM e gli Antitrombotici di Parete (es. Sulodexide) rispettivamente utili nel Tromboembolismo Arterioso (TEA) e nel trattamento/prevenzione delle microtrombosi a carico dei sistemi microcircolatori.

Figura 8. Ticlopidina e clopidogrel inibiscono l’aggregazione ADP-dipendente, inibendo in modo irreversibile (formazione di un ponte S-S) il recettore per l’adenosina P2Y12 (che induce aggregazione piastrinica in seguito ad inibizione della produzione di cAMP).

Nuove prospettive terapeutiche dell’associazione GAGs/Eparina Eparine e glicosaminoglicani giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’integrità della funzione endoteliale. L’associazione GAGs/eparina inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche negative) grazie ai gruppi SO4 --. • Sulodexide è un’associazione tra eparina e glicosaminoglicani. È costituito per l’80% da eparina a basso e medio peso molecolare (6-8.000 Dalton) e per il 20% da dermatansolfato (antitrombotico fisiologico). • Presenta attività farmacologiche che sono da ricondurre all’attività di entrambe le componenti che lo costituiscono (Figura 9). 1. Alla frazione eparinica (80%) spetta l’azione antitrombotica di parete che Sulodexide esplica mediante l’inibizione sui fattori IIIa e Xa, e l’inibizione dell’adesione piastrinica all’endotelio, attraverso la ricostituzione del glicocalice di parete.

FARMACI DI PARETE: EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE (EBPM) e GLUCOSAMINOGLICANI (GAGs) • Conferiscono atrombogenicità al lume vasale (ridotta adesione di piastrine e leucociti) • Inibiscono la formazione del trombo (inibizione dell’attivazione piastrinica) • Inibiscono l’accrescimento del trombo (inibizione del Cof Eparinico II) • Favoriscono la lisi di un trombo già costituito (attività anti-Xa) • Stimolano la fibrinolisi (azione emoreologica su tPA e PAI)

TABELLA 5 – Anticoagulanti fisiologici: eparine e glucosaminoglicani (GAGs).

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Figura 9. Attività farmacologiche del Sulodexide riconducibili alle componenti: eparina (80%) e dermatansolfato (20%).

2. Alla frazione dermatanica spetta un’azione antitrombotica dovuta all’inibizione specifica del Cofattore II dell’eparina, determinante nel depostio di trombina al trombo in formazione adeso alla parete endoluminale e importante anche nel rilascio di un fattore pro-trombotico come il Tissue Factor (TF). 3. La componente dermatanica presenta anche una potente azione fibrinolitica perché aumenta la liberazione dell’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) e riduce la liberazione dell’inibitore del plasminogeno attivato (PAI), che insieme costituiscono la bilancia fibrinolitica fisiologica. • L’azione più importante, evidenziata con gli studi più recenti, riguarda l’inibizione dei processi infiammatori a carico della parete vascolare, che sono quasi sempre alla base dei processi ischemici (iperpermeabilità e riduzione del tono vascolare) e trombotici (adesione piastrinica e cascata coagulativa). Un effetto indiretto, ma di fondamentale importanza riguarda l’azione antiaggregante per la riduzione dell’aggregazione piastrinica mediata dai leucociti. Infine è da sottolineare che una delle prime azioni scoperte per questo farmaco di origine biologica riguarda l’attività di normalizzazione dei valori lipidici, per aumento della liberazione delle lipoproteinlipasi, dal quale deriva l’unità di misura ULS (Unità Lipasemiche Sistemiche). La figura 10 riassume l’attività antitrombotica del Sulodexide, dovuta sia alla componente eparinica che dermatanica, e l’attività fibrinolitica dovuta alla componente dermatanica.

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Una prova dell’azione antiflogistica di parete (ridotta adesione dei leucociti alla parete vascolare) del Sulodexide riguarda l’inibizione dei valori di proteina C-reattiva (PCR) in circolo, cioè di un marker specifico di rischio cardiovascolare. Uno studio del 2005nel ha valutato la capacità del Sulodexide di inibire il valore di PCR, dimostrando una riduzione della sua produzione e del suo deposito a livello dell’endotelio. Analoga inibizione avviene per le frazioni di complemento che costituiscono il MAC, per cui si riduce l’attivazione del complemento e il suo deposito a livello delle cellule endoteliali. Sulodexide si è dimostrato inoltre efficace anche nella riduzione della percentuale di zona infartuata suscettibile a riperfusione cardiaca, indicando un’altra possibile indicazione nella riduzione del rischio di riperfusione in seguito ad ischemia. Altri studi recenti hanno inoltre dimostrato un’azione favorevole del Sulodexide nelle microangiopatie diabetiche, per la capacità di ridurre la proteinuria, riconosciuta a livello internazionale (Società di Diabetologia e Ipertensione) come importantissimo biomarker del Rischio Cardio-Vascolare per tutti i letti vascolari e non più solo per quello renale. La proteinuria rappresenta la quantità di albumina che passa dal microcircolo alle urine ed è un indice affidabile della permeabilità endoteliale. Nei soggetti microalbuminurici (30300 µg/dl) e macro-albuminurici (> 300 µg/dl) l’eccesso di albumina che passa nelle urine indica una iperpermeabilità microcircolatoria. Per i soggetti diabetici e/o ipertesi l’aumento della proteinuria è un marker del danno endoteliale su tutti i letti vascolari, com-


Sigala et al. – Strategie terapeutiche

Figura 10. Attività antitrombotica-profibrinolitica del Sulodexide.

preso quello sovraortico cerebrale, che muove il Rischio CV di eventi acuti, TIA ed Ictus compresi da 2 a 8 (odd ratio) rispetto ai pazienti ipertesi e/o diabetici con normoalbuminuria. La normalizzazione della proteinuria da parte di farmaci come il Sulodexide riduce la progressione della microangiopatia diabetica e, nel caso di disturbi audio-vestibolari di origine microangiopatica, mostra un forte razionale di terapia causale. Da un punto di vista farmacocinetico Sulodexide presenta due picchi ematici, segno che viene captato da organi di deposito come l’endotelio e viene lentamente rilasciato. Presenta infatti un volume di distribuzione di 71 lt, elevato quindi, tipico dei farmaci che vengono accumulati negli organi di deposito; l’escrezione è prevalentemente urinaria. Da sottolineare inoltre la scarsità degli effetti collaterali soprattutto in termini di un basso rischio di sanguinamento.

In conclusione, per una terapia causale nei disturbi audio-vestibolari di origine vascolare, è da considerare il ruolo dell’endotelio e del glicocalice dove il Sulodexide mostra un razionale in termini di mantenimento dell’integrità dell’endotelio. • Da un punto di vista clinico, il razionale è stato testato da diversi studi, fra i quali citiamo il Vascular Vertigo, (Vasc Vert Study) che ha mostrato l’efficacia del Sulodexide nell’ambito delle vertigini vascolari. I soggetti con diagnosi di vertigine vascolare studiati, dopo essere stati stratificati in base ai fattori di rischio, sono stati suddivisi in base al trattamento: quelli già trattati con ASA o con ticlopidina hanno continuato questa terapia; quelli non ancora in trattamento sono stati messi in terapia con Sulodexide. Dopo due mesi di terapia, sia gli antiaggreganti sia il Sulodexide si sono dimostrati efficaci nella riduzione dei sintomi, intesi come stabilità posturale e anche sintomi neurovegetativi.

B ibliografia • • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Sandra Sigala, Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie – Sezione di Farmacologia – Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F. "Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia – viale Europa, 11 25123 Brescia e-mail: sigala@med.unibs.it

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